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30 marzo
Un barrocciaio minaccia di accoltellare un mio collega, che deve applicare un regolamento rinnovato dal capostazione.
Adesso c’è una grande vendita di conigli, di galline e di oche. Tutti i venerdì, la panchina è ingombra di gabbie che attendono i treni diretti. Non ho né meno tempo per mangiare; e gli speditori vengono a sollecitarmi fin dentro l’osteria.
Ma i facchini gironzano intorno alle gabbie delle galline, e riescono a trarre fuori le uova di tra le stecche; aiutandosi con uno stecco lungo.
Il più abile è arrivato a beverne sette.
Ma io invidio tutta quella gente ricca ed elegante, che viaggia nei treni di lusso.
Stasera, quando un treno s’è rimesso in moto, ho intraveduto due sposi che, ritti in mezzo allo scompartimento, si baciavano. È il bacio più castamente appassionato che io potessi vedere. Tanto l’uomo che la donna dovevano aver dimenticato tutto, e con le bocche attaccate insieme pigliavano quella felicità che è concessa soltanto poche volte.
Facendo la strada lungo lo stecconato dei binarii, incontro l’innamorata del Capri. Non entra più in paese; e pensando ch’io
l’abbia vista schiaffeggiare, fa quasi l’atto di tornare a dietro e pare ebbra di vergogna. Ma quando siamo a pochi passi l’uno dall’altra, mi fissa con gli occhi chiarissimi che brillano; poi sparisce di corsa nel portone di casa. -
Io non ho fatto amicizia con nessuna persona del paese; e ho già chiesto ad un ispettore il mio trasloco in qualche città; a Firenze, per esempio.
È impossibile che io viva qui.
Oggi, in trattoria, ho trovato, vicino al mio posto, un collega processato per aver preso cinquecento lire dalla cassetta della stazione. Ma la benevolenza e l’amicizia dei testimoni lo hanno fatto assolvere; ed egli spera che l’Amministrazione lo riprenda in servizio. È solo e povero.
Noto con quanta disinvoltura parla con noi e quanto riesce a farsi rispettare. Nessuno lo disprezza. Passa, anzi, le giornate dentro il nostro ufficio, quantunque il capostazione glielo abbia
vietato.-
Con me s’è voluto giustificare, dicendo che tutti fanno così. E quando gli ho risposto che non è vero, mi ha guardato con un sorriso disprezzante.
Esagera sempre il suo tono d’importanza; anche con l’ostessa che deve avere da lui molti denari.
Desidera che lo mandino in qualche stazione solitaria della maremma; e si capisce che tenta di riabilitarsi; e sta sempre in orecchio che non sparlino di lui.
Farò male, - ma non mi sento a mio agio in compagnia di questo spostato; che mi dice, con rancore:
— Perché l’Amministrazione ha voluto tenermi qui? Io ho sempre chiesto di essere mandato in qualche stazione, dove possa, nelle ore libere, passeggiare solo tra i boschi, dove io possa stare molte ore senza parlare ad alcuno. Così io sarei felice.
Perché non ho voglia di alzare gli occhi, se c’è già la luna?
L’oscurità ch’è dentro di me m’inebria.
Perché mi piace di più questa tristezza più grande del chiaro di luna; mi piace tanto questo silenzio!
La luna se ne andrà senza ch’io abbia alzato gli occhi.
Il corno della luna, un poco storto e consumato da tutte quest’ore di vento, mi fa la stessa ,compassione dei cavalli di legno che si sbattono’ girando attorno al carosello perché son tagliati male.
Ma almeno il carosello mi dà un’allegrezza che mi stordisce, come se avessi bevuto troppo e come se tutta la mia giovinezza mi facesse sbattere la testa nel muro senza capire più
nulla. Al meno quei cavalli hanno lo stomaco e la bocca pieni di legno, e non sentono la fame.