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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Il Migliorini è un uomo che lavora la terra a un tanto il
giorno; cambia padrone quasi tutte le stagioni, ed è bravo a potare le viti.
Egli comprò, da un suo amico rigattiere, la Gerusalemme e l'Orlando: dieci volumi
di quella carta che pare cencio, e con una piccola figura ogni canto. Quando è
l'ora di riposo cava dalla sporta, lasciata a un ramo di qualche pianta, un
volume, e lo legge agli altri.
L'anno che lo conobbi, se pioveva entrava dentro una porta vicina al mio
podere, dove ci potevano stare a pena in dieci, seduti sopra pezzi di legno
secco e avanzi di potature.
L'acqua sgocciolava da per tutto e colando dal tronco di un pesco, nato quasi a
traverso l'imbocco, faceva una pozzanghera proprio nel bel mezzo. Ma il
Migliorini, con la zappa, scavando un fossetto e alzando un argine con la terra
smossa, aveva provveduto in modo che le scarpe non se le bagnavano più. Poi,
acceso un poco di fuoco, arrostiva le fette del pane, infilandole ad una frusta
che egli girava, tenendo l'Orlando aperto sopra una coscia e stando in
ginocchio con l'altra gamba.
Io mi ci sarei indolenzito subito.
Ad ogni ottava, faceva il commento a modo suo, e poi:
- State a sentire com'è bella! Non pare vera?
E batteva le lunghe dita terrose sul libro. Sapeva dire in poche parole la
storia di ogni personaggio; e rispondeva a tutte le domande che gli facevano i
compagni. Aveva gli orecchi bucati; ma aspettava che morisse un suo zio che gli
avrebbe lasciato due anelli d'ottone. Portava i capelli lunghi da dietro, come
una ragazza a cui stanno per ricrescere dopo che le sono stati tagliati. Teneva
il cappello sopra gli occhi, ed era molto alto. Quando tornava a casa, infilava
la sporta al braccio fino al gomito: d'inverno aveva un pastrano turchino; e al
cappello, in vece del solito nastro, una trina nera da donna.
Una volta, veduto un rospo, insegnò come si uccidono: si prese di bocca, con un
dito, la cicca che biascicava e, messala in cima al coltello, gliela cacciò
dentro la gola. Il rospo cominciò a tremare, doventando quasi giallo; apriva e
chiudeva gli occhi, che parevano più piccoli e più lucidi. Quando venne il
padrone, perché l'ora del desinare era passata, con un calcio tirarono in fondo
alla balza la bestia già morta, dove facevano le fosse per le viti. E quando,
l'anno passato, ripulirono un gran frontone putrido e verde che pareva una
palude, di fianco a un bosco di querci e di castagni, pieno di macigni e di
radici nere, cavavano fuori dall'acqua i rospi con una rete fatta con il filo
di ferro, per metterli dentro un secchio. Quando il secchio era colmo, aprivano
una buca con una vanga; e ve li zeppavano dentro. Poi li ricoprivano di terra;
e sopra, dopo averci pigiato con i piedi, lasciavano uno di quei macigni più
pesi.
Io andavo da una pianta all'altra senza dir niente, perché sarebbe stato
impossibile farli smettere; con il cuore doventato mencio. Ma come mi s'empì la
bocca di saliva che pareva bava, quando vidi una rospa che pareva un grande
involto! E poi che ella mi guardava con quei suoi occhi di ragazza brutta,
forse più acuti dei miei, mi sentii venir male.
Ma due anni fa, dopo il vespro, per tornare a casa, io dovevo camminare lungo
un viottolo fatto sul margine di un torrente, scansando a ogni passo i salci e
i pioppi. La mia scontentezza cresceva come le ombre; e niente c'era di
peggiore della sera diaccia. Le nebbie salivano lungo il torrente, i salci
sgocciolavano, con le gocciole che si fermavano un poco in punta alle foglie
all'ingiù, i pioppi erano umidi. I poggi s'oscuravano, e le terre lavorate
doventavano più nere. A qualche podere vedevo una finestra con il lume. Le
chiese avevano già suonato, e i loro echi m'erano parsi di un azzurro così cupo
e taciturno come erano taciturni gli usci rossi delle capanne chiuse e le aie
deserte.
Siccome la strada era lunga, mi si faceva buio presto; e, se nessuno
s'accompagnava con me, camminavo più piano quantunque mi crescesse la fretta
d'arrivare. Che tristezza desolante e silenziosa! Qualche volta un rovo, i cui
tralci erano stesi in terra, mi si attaccava ai calzoni: prima di distrigarmi,
mi approfittavo d'esser stato fermato per sfogare la mia scontentezza guardando
l'ombra dietro a me. Ma tutto il torrente era pieno di rospi da dove ero venuto
a dove andavo, anche così lontano che gli ultimi a pena s'udivano; e la loro
voce che mi pareva tranquilla, ed è invece tremula, mi consolava. Tutti gli
altri che avevo veduto morti o agonizzanti ricordavo allora! Quello a cui con
una frusta di salcio avevano fatto un nodo scorsoio e l'avevano lasciato lì
ciondoloni; quello infilato, dal ventre, a una canna aguzzata: la canna
riesciva dalla bocca, e il sangue colava più grosso e scuro; quello a cui
avevano schiacciato con i sassi tutte e quattro le zampe; quello accecato con i
tizzi della brace; quello sbudellato con un colpo di falcino; quello
schiacciato dalle ruote del carro, a posta; quello lanciato in aria dando un
colpo sopra una tavoletta messa in bilico; quello pestato dai due fidanzati;
questi sono i rospi che ho visto morire, silenziosi, con quei loro occhi che di
notte luccicano.
* * *