Federigo Tozzi
Bestie

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A diciannove anni mi venne l'idea che sarei morto tra qualche mese. Non so perché, tanto più che non ero ammalato né avevo mai tossito. Ma m'ero convinto, e basta.
Con l'ebbrezza della mia adolescenza mi sentivo doventare amico di tutte le cose, ed io mi preparavo a salutarle, qualche sera, quando la luce del tramonto si stendeva sopra i tetti di quella parte della città che guardavo, seduto su la mia poltrona dove sarei certamente morto. E nel tempo delle vacanze, non mi voltavo né meno verso il mio scaffale pieno zeppo dinanzi alla scrivania inclinata; della quale avevo contato scrupolosamente, con angoscia, tutte le macchie d'inchiostro.
Ma i tetti erano , cominciando dal mio davanzale, come un pendio che volesse precipitare la mia anima nell'oscurità silenziosa e diaccia della campagna. Qualche sera, escivo e andavo fuori di porta fino a Pescaia dove stava un contadino che teneva sette mucche. La mia malinconia aumentava con la sera; e i lumi a olio, che vedevo dentro la stalla di quel contadino, perché per lo più l'uscio lo lasciava aperto, mi tormentavano come una dolcezza che non potevo spegnere con me. Dopo di me avrebbero bruciato ancora; e forse, qualcuno li avrebbe guardati volentieri. E siccome non potevo mangiare, perché digerivo male, dicevo al contadino che volevo bevere un bicchiere di latte a pena avesse munto. Quando l'avevo bevuto, sempre con due sorsate che cercavo di fare uguali, guardavo le mucche che avevano il muso dentro la mangiatoia.

* * *


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