Federigo Tozzi
Bestie

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Gli interessi tra mio padre e i miei fratelli ci facevano inasprire; e, a poco a poco, cominciammo a odiarci l'un l'altro come se fossimo i peggiori nemici. Evitavamo di parlarci, e quando non era possibile farne a meno, per quanto vivessimo tutti separati, le discussioni finivano sempre a pugni e a legnate; anzi una volta, ci mancò poco ch'io non ferissi, con una coltellata, mio padre. Quando li lasciavo, mi sentivo arso dall'odio; come se tutto il mio sangue doventasse veleno per loro, e le mie maledizioni attraversavano l'aria come quei lampi che vengono proprio sopra la testa. Un giorno o l'altro avrei minato le case!
Me ne tornavo, una volta, così pieno d'ira e d'odio che ne subivo, quasi immediatamente, una stupefazione densa, molle, paniosa, che soddisfaceva la mia anima. Alla mia anima appiccavo i miei fratelli e mio padre; e mi sentivo il sangue più arido della terra screpolata dall'estate; fermandomi a rompere con i tacchi qualche zolla entro la quale s'eran perfino seccati i fili di gramigna, le cui punte bianche apparivano fuori. Se qualcuno m'avesse raggiunto o m'avesse detto: "sono tutti morti" finalmente la mia anima si sarebbe riavuta. Ma no, no; mai!
Voglia Dio che l'azzurro che respirate, così bello e limpido, divenga fiele o così duro che moriate subito a bocca aperta con i denti troncati in vano per roderlo! Che le vostre case entrino dentro la terra; e sopra ci verrò a ballare con un'intera banda di musicanti che pagherò quanto vogliano! Cada il veleno dal cielo, e stasera sappia che siete affogati in quel fiume che vi farei bere per forza!
Quando fui in cima alla salita, vicino a un aratro, vidi una lucertola morta, con le gambe aperte all'insù, così sottile e pallida che singhiozzai.

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