Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo

VINCITORI E VINTI

III.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

III.

 

Ma se all'ammirazione del Loti per la Spagna noi abbiamo potuto contrapporre quella d'un artista come il Giacosa per l'America, troviamo un altro scrittore, un sociologo, il Guyot, il quale se la piglia direttamente coi fautori dei Castigliani in un libro severo come una requisitoria: l'Evolution politique et sociale de l'Espagne.

Mentre il Loti loda la vecchia fede castigliana, il Guyot trova nella superstizione una delle maggiori cause della decadenza del popolo iberico e della perdita delle sue colonie. La superstizione si accanì laggiù dapprima contro gli Ebrei ed i Mori; quando li vinse, li disperse e li uccise credendo di aver fatto una gran cosa, il paese del quale questi lavoratori avevano formato la ricchezza si trovò povero ed esangue. In ogni città conquistata sui Mori un terzo delle terre apparteneva alla Chiesa. Nel principio del secolo XVII c'erano nello Stato 120 mila chiese e cappelle, 200 mila preti, 10 mila conventi popolati da 100 mila frati e monache: mezzo milione di Spagnuoli appartenevano al clero. A Salamanca quindicimila studenti non studiavano altro che Aristotile e San Tommaso. Cervantes morì francescano. E quando non vi furono più Ebrei Mori da perseguitare, l'Inquisizione perseguitò gli stessi Spagnuoli cristiani. Essa imprigionò gli arcivescovi, vietò i bagni come costume pagano, si mescolò nelle cose civili sino ad occuparsi delle riscossioni doganali. In soli trent'anni del secolo scorso condannò quattordicimila persone e ne bruciò vive settecentottantadue.

Nelle colonie, sino ad ieri, il regime clericale era sovrano. Le Filippine pagavano un tributo di 66 milioni allo Stato, e di 116 milioni ai preti ed ai frati. L'insegnamento, in quelle isole, era affidato ai domenicani; i quali proibivano la lettura di Paolo e Virginia. Il governatore aveva il titolo di Vice-Patrono della Chiesa. Per reazione, 25 mila persone si erano raccolte in 180 logge massoniche; una setta misteriosa, il Katipunam, si proponeva di scuotere il giogo dei frati e degli Spagnuoli. Qual era il risultato economico di tale stato di cose? Era questo: che le Filippine importavano dalla Spagna, dalla madre patria, il solo tredici per cento, e tutto il resto dall'Inghilterra e dalle colonie inglesi.

E in America? Il Messico, Cuba, tutte quante le occupate sul principio dagli Spagnuoli erano popolatissime. I teologi discussero se gl'Indiani pelli-rosse avevano un'anima, mezza anima, o niente anima: finirono con l'accordare loro un'anima, e questa fu la rovina degl'infelici. I Mori e gli Ebrei erano stati scacciati dalla penisola iberica; gl'indigeni furono soppressi nelle colonie. Cortes bruciò vivi quelli che gli opponevano resistenza; Sandoval ne fece incenerire quattrocentosessanta in una città sola. Las Casas dovette presentare a Carlo V una memoria sulla Distruzione delle Indie; un concilio se ne occupò, e nel 1543 fu decretata la protezione degli indigeni. Ma gl'indigeni da proteggere erano ridotti a ben pochi: un milione di essi erano stati distrutti nel Perù, a Cuba ne restavano appena quattromila. Quando non ce ne fu più nessuno, i conquistatori si accorsero di aver fatto male a uccidere gli schiavi che lavoravano per loro; e allora cominciarono ad importare i Negri dall'Africa. Nel 1820 la tratta fu abolita ufficialmente, ma a Cuba continuarono ad arrivare da 30 a 60 negrieri l'anno. Nel 1885, data dell'abolizione definitiva, c'erano ancora venticinquemila schiavi. Anche qui le conseguenze di questo regime furono disastrose. Nonostante le tariffe combinate a posta per favorire il commercio della madre patria, nonostante tutti i monopolî, Cuba mandava alla Ispagna 38 milioni di franchi ogni anno, e agli Stati Uniti 340 milioni!

Un tempo, si osserverà, le cose non andarono così. Quando si pensa che il sole non tramontava mai negli Stati di Carlo V, quando si pensa che soltanto le colonie perdute dagli Spagnuoli durante questo nostro secolo si estendevano per sei milioni e mezzo di chilometri quadrati ed erano popolate da quaranta milioni di abitanti, si deve pur dire che, decaduta oggi, la Spagna fu strapotente in altri tempi. Il Guyot nega insino questa potenza passata. Egli riconosce che i Mori arricchirono la penisola, ma afferma che la miseria cominciò con la loro cacciata. Il tesoro pubblico si esaurì; Alfonso X, nel 1261, coniò monete calanti; il maestro di casa di Errico I non aveva più credito a Burgos, e non sapeva come fare per nutrire il suo padrone. Scoperta e conquistata l'America, l'oro rinsangua le esauste finanze nazionali: si calcola che ne sia entrato in Ispagna per quattro miliardi, cioè una media di quaranta milioni all'anno. Ma questo fiume d'oro serve ad alimentare la politica imperiale nei Paesi Bassi e in Germania; e le derrate crescono di prezzo, e la vanità e la boria nazionale aumentano, e con esse l'incapacità a lavorare. Invece d'un benefizio, quest'oro è una nuova causa di rovina. Filippo II, dopo San Quintino, non può continuare la guerra per mancanza di denaro: egli batte moneta in ogni modo, insino annobilendo gli Ebrei mediante una tassa di cinquemila ducati. Filippo V vende sessantamila ufficî municipali. Cervantes parla d'una proposta, secondo la quale ogni Spagnuolo dovrebbe essere obbligato a digiunare una volta il mese, ed a versare il prodotto di questa economia nel tesoro reale. Sotto Carlo II le difficoltà sono senza fine maggiori: vendite di pubblici impieghi, doni imposti alle città, tasse straordinarie sui ricchi, diminuzione e soppressione di paghe: tutto serve a far denaro. I banchieri genovesi ne prestano al 25 e al 40 per cento. Quando il re muore, il cardinale deve fargli recitare a proprie spese le messe funebri. L'esercito si compone di ottomila soldati, dei quali metà sono stranieri; la marina da guerra conta due soli vascelli in mediocri condizioni. La popolazione della penisola è ridotta a cinque milioni di abitanti, dei quali la marchesa di Villars dice che si nutrono «fiutando il sole».

Il quadro del Guyot ha tinte ancora più fosche.

Prima delle colonie d'America, la Corona spagnuola aveva perduto i Paesi Bassi. Secondo Grozio, l'Inquisizione aveva fatto laggiù centomila vittime. Il duca d'Alba vi portò la strage, il saccheggio, tutti gli orrori. Appena una parte di quelle provincie si rende indipendente, tosto prospera, s'arricchisce, commercia con la Cina e il Giappone; la parte rimasta alla Spagna si trascina nella miseria finchè non recupera anch'essa la libertà.

L'esperienza secolare non giova: Weyler, a Cuba, imita il duca d'Alba. Secondo i rapporti dello stesso governatore, nella provincia di Matanzas cinquantamila persone muoiono di fame e di miseria, centodiecimila in quella di Santa Clara, centotrentacinquemila in quella dell'Avana, ottantacinquemila in quella di Pinar del Rio; totale: trecentottantamila. Campos condanna alla deportazione, dalla quale nessuno ritorna, duemila Cubani sospetti; Weyler ottomila e quattrocento.

Fu guerra civile e fratricida quella dei Cubani e degli Spagnuoli? Ma gli Spagnuoli si sono dilaniati fra loro, nel loro stesso paese. Carlisti e Cristini hanno combattuto ferocemente durante mezzo secolo. Cabrera, dopo la battaglia di Moella, fece sgozzare cinquemila prigionieri. I «pronunciamenti» dei generali non si contano più: la parola castigliana è entrata nel patrimonio di tutte le lingue. Riego, Espartero, Narvaez e i loro compagni e seguaci sono a volta a volta padroni del paese, sciolgono e convocano le Cortes, fucilano le persone a centinaia senza giudizio, colmano le prigioni, vuotano il tesoro, confiscano i beni, incendiano le città....

Se il Guyot rammenta e mette in evidenza tutte queste cose, egli non è già mosso da eccessiva simpatia per gli Americani. Quando può, dice la verità anche a costoro. Le finanze spagnuole sono rovinate; ma le americane non prosperano. Per mantenere il regime protezionista ed esercitare in grande la corruzione elettorale, i governanti americani istituiscono le «pensioni liberali», trovano novecentomila veterani, vedove e figli di soldati della guerra di secessione; e, venticinque anni dopo che la guerra è finita, distribuiscono a tutti costoro le entrate delle dogane, settecento milioni di pensioni. E per proteggere i proprietarî delle miniere d'argento, il Tesoro pubblico è costretto a sovraccaricarsi ogni anno di quattro milioni e mezzo d'oncie del metallo invilito! E il debito pubblico sale a più di nove miliardi! E protezionisti a casa loro, questi Americani sfondano, per il vantaggio che ne sperano, le porte di Cuba tenute serrate dai protezionisti spagnuoli!

Nel dire tante amare verità agli ammiratori della Spagna, il Guyot è mosso pertanto da un altro sentimento: dal timore che la Francia sia trascinata ad una stessa sorte. Gl'Italiani che parteggiarono per il popolo iberico non avrebbero dovuto, per moderare i loro entusiasmi, temere dell'avvenire: sarebbe bastato che pensassero al passato. Il danno che noi avemmo dalla dominazione spagnuola fu tanto, che non è ancora cessato. Ecco un libro che lo denunzia e lo misura: la Descrizione del Regno di Napoli, composta nel 1713 da Paolo Mattia Doria, e pubblicata, dopo quasi due secoli, da Michelangelo Schipa. Per mantenere i loro dominî tra noi, gli Spagnuoli corruppero, inquinarono, pervertirono i nostri costumi: la servitù materiale, la schiavitù, sarebbe stata preferibile a quest'opera di dissoluzione sociale. Ma forse essi non intesero pervertirci, ci comunicarono semplicemente, naturalmente, i loro difetti e i loro vizî. E se riuscirono a comunicarceli, bisogna pure riconoscere che vi eravamo predisposti.

 

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License