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Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo
IL GENIO E L'INGEGNO
I.
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»
Link alle concordanze:
Normali
In evidenza
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
I.
Veramente
il
Nordau
non
crede
di essersi
ribellato
al
Lombroso
, ed è
sicuro
di
essere
rimasto
d'
accordo
con
sè
stesso. Egli
distingue
i
genî
autentici
da quelli che ne
usurpano
il
nome
ed il
posto
; e
dice
che, mentre il
genio
falso
è certamente
degenerato
, il
vero
genio
non è
insano
; può talvolta
patire
gravi
disordini
cerebrali
, ma non già
perchè
nativamente
infermo
, bensì come
scotto
della
rara
potenza
dei suoi
organi
. Lo
scrittore
crede
pertanto di non
lasciarsi
cogliere
in
contraddizione
: se nel suo
primo
libro
diede
nominatamente
dell'
idiota
e del
mentecatto
a tanti
ingegni
novatori
,
ora
li
mette
tutti in un
fascio
,
biasimando
che si
chiami
genio
«l'
imbecille
estatico
che si
atteggia
a
profeta
o ad
artista
e che
sbalordisce
con la sua
assurda
stravaganza
la
parte
più
disgustosa
dell'
esercito
dei
filistei
: gli
snobs
estetizzanti
...».
Ma il
tentativo
del
Nordau
per
evitare
la
contraddizione
non è
riuscito
.
Lasciamo
per un
momento
da
parte
la
distinzione
fra
genî
autentici
e
pseudo-genî
, fra
genî
di
primo
e di
ultimo
ordine
:
consideriamo
il
genio
cui il
Nordau
concede
di
chiamarsi
tale. Come il
Gallerani
, egli
dice
che la
potenza
di questo
spirito
straordinario
, non solo non
dipende
da una
lesione
, da una
infermità
, ma è anzi l'
effetto
della
perfezione
,
organica
.
Note
anatomiche
speciali
egli
nega
al
semplice
ingegno
; negli
uomini
d'
ingegno
non si
troverebbe
un
sostrato
organico
particolare
, uno
sviluppo
tutto proprio dei
centri
nervosi
. Ogni
uomo
normalmente
costituito
può quindi
essere
uomo
d'
ingegno
e
riuscire
ottimamente
in una
disciplina
qualunque.
Portando
alle
ultime
conseguenze
questo suo
concetto
, il
Nordau
afferma
che l'
ingegno
non
esiste
, o almeno che con questo
nome
non bisogna
intendere
nulla di
specifico
: le
persone
che
emergono
in una
determinata
scienza
o
arte
debbono
questo
risultato
non ad una
speciale
qualità
del loro
cervello
, ma al
caso
, cioè alle
circostanze
esteriori
per
forza
delle quali furono
spinte
a
coltivare
quella
scienza
o quell'
arte
, e all'«
applicazione
», cioè alla
severità
, all'
assiduità
, alla
coscienza
con la quale la
coltivarono
.
Tale
modo
di
vedere
non
persuaderà
molti; già il
Sighele
ha
dichiarato
che, senza la sua
grande
ammirazione
per il
Nordau
, questa
proposizione
dello
scrittore
tedesco
lo
farebbe
sorridere
. Lo
scrittore
italiano
giustamente
osserva
come tra due
fanciulli
posti
nelle
identiche
condizioni
,
educati
allo stesso
modo
,
mandati
a
frequentare
la stessa
scuola
,
appariscano
attitudini
,
vocazioni
,
tendenze
diverse
ed
opposte
: il
fatto
si
ripete
ogni
giorno
sotto i nostri
occhi
, e non si può
spiegare
senza
ammettere
quelle
doti
innate
, quelle
capacità
originarie
che il
Nordau
disconosce
. La
vocazione
per una
determinata
attività
è il più delle
volte
, a suo
giudizio
, una cosa tutta
negativa
; in altre
parole
: un
giovane
si
mette
a
studiare
, per
esempio
, la
matematica
, non già
perchè
si
senta
chiamato
alla
scienza
, ma
perchè
è
negato
all'
arte
.
Ora
queste
repugnanze
, che sarebbero l'
origine
delle
vocazioni
, il
Nordau
le
spiega
con una
deficienza
organica
, con una
mancanza
di
sviluppo
. Per non voler
concedere
un
sostrato
organico
alle
attitudini
, egli lo
ammette
nelle
inattitudini
. È
lecito
dubitare
dell'
utilità
di questa
sostituzione
e
credere
che sarebbe
stato
più
semplice
assegnare
un
fondamento
anatomico
alle
capacità
.
Negate
le
naturali
qualità
dell'
ingegno
, egli le
riconosce
nel
genio
, ed
afferma
che l'
uomo
di
genio
differisce
dall'
uomo
normale
per uno
speciale
sviluppo
di due
centri
cerebrali
: i
centri
del
giudizio
e della
volontà
. Ma
dove
siano e come siano
fatti
questi
centri
, egli non
dice
e non può
dire
,
perchè
ancora nessuno li ha
visti
. «Quali sono»,
gioverà
riferire
le sue stesse
parole
, «questi
centri
, non
sappiamo
ancora
esattamente
; ma col
tempo
saranno
scoperti
». Siamo dunque nel
campo
della
pura
ipotesi
; e certo,
data
l'
angustia
dello
spirito
umano
paragonatamente
alla
formidabile
e
paurosa
grandezza
dei
problemi
che gli sono
proposti
, l'
ipotesi
non è uno
strumento
da
disprezzare
; ma,
prendendo
le
mosse
da
semplici
supposizioni
, il
Nordau
arriva
a
conclusioni
troppo
assolute
e
veramente
discordi
. La sua
massima
argomentazione
contro il
principio
lombrosiano
della
patologia
del
genio
è la
seguente
:
asserito
dapprima
che il
genio
è
evolutivo
, egli stesso
comincia
a
dubitarne
, e
presume
soltanto
che
consista
nella prima
comparsa
, in un
singolo
individuo
, di
funzioni
nuove
e perciò di
tessuti
nuovi
, o almeno
straordinariamente
modificati
, i quali
diverranno
«forse»
tipici
nella
intera
razza
; quindi
chiede
: «
Ora
c'
è
esempio
che una
neoplasia
patologica
sia
evolutiva
?» Egli ha già
dimenticato
il «forse» di due
righe
prima, ha
preso
per un
fatto
comprovato
ciò che è e che egli stesso
riconosce
essere
una
mera
ipotesi
. E
lasciamo
anche
andare
che, mentre nelle
operazioni
del
genio
assegna
una
parte
minima
al
caso
, vuole poi che questo
caso
sia
arbitro
dei
destini
dell'
ingegno
; e
lasciamo
anche
andare
che,
dopo
aver
fatto
dipendere
l'
ingegno
, oltre che dal
caso
, anche dall'«
applicazione
», la quale non è altro che
volontà
,
sostiene
poi che solo nel
genio
il
centro
della
volontà
è
straordinariamente
sviluppato
, mentre nell'
ingegno
resta
assolutamente
eguale
a quello di tutti gli
uomini
normali
.
Si
dovrà
pertanto
affermare
quel che il
Nordau
nega
, cioè che il
genio
e l'
ingegno
differiscono
in
quantità
, non mai in
qualità
? La
conclusione
non è questa. Tra la
costituzione
fisiopsicologica
dell'
uomo
comune
e dell'
uomo
d'
ingegno
, di un qualunque
militare
, per
esempio
, e di un
buon
condottiere
, non è
possibile
che non vi sia
differenza
alcuna,
nè
di
qualità
,
nè
di
quantità
; si potrà tutt'al più
concedere
che la
differenza
sia
soltanto
di
quantità
; ma quella che
passa
tra un
buon
condottiere
e
Napoleone
è senza
fine
maggiore
, così
profonda
e
radicale
, che
Napoleone
, l'
uomo
di
genio
,
pare
veramente
d'un'altra
tempra
. Il
concetto
lombrosiano
secondo
il quale la
diversità
consisterebbe
in una
anomalia
, ha
fautori
convinti
ed
avversarî
vivaci
: certo è però che il
Nordau
,
dopo
averlo
seguito
, lo
nega
senza
suggerirne
uno più
soddisfacente
.
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