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Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo
LA VOLONTÀ
II.
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Link alle concordanze:
Normali
In evidenza
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
II.
E il
Payot
non
tiene
conto
di un'altra
fatalità
del nostro
tempo
, dalla quale anche
dipende
l'
abulia
, l'
incapacità
di
volere
e di
agire
. Questa
fatalità
è il
trionfo
dell'
analisi
.
La
psicologia
dimostra
che un
atto
concepito
è un
atto
cominciato
, che fra l'
idea
dell'
atto
e l'
atto
stesso non
c'
è
differenza
essenziale
.
Dobbiamo
concluderne
che
pensiero
ed
azione
sono tutt'uno? In
fisica
abbiamo un certo
numero
di
forze
: la
luce
, il
calore
, l'
elettricità
. Uno
studio
attento
ha
portato
ad
affermare
che esse non sono tanto
diverse
quanto
sembrano
, che anzi l'una si può
mutare
nell'altra, e che insomma la
forza
è
unica
e
varie
ne sono
soltanto
le
manifestazioni
. Ma che cosa
importa
questa
nozione
?
Perchè
l'
elettricità
è o può
essere
calore
,
diremo
noi ad un
assiderato
di
prendere
in
mano
i
fili
di una
corrente
elettrica
per
riscaldarsi
?
Perchè
il
calore
è
luce
,
consiglieremo
a chi non ha
candele
di
mettersi
a
scrivere
dinanzi alla
bocca
di un
forno
? Nel
mondo
delle
forze
vi sarà
unità
fondamentale
; ma le
manifestazioni
dell'
unica
forza
sono tanto
diverse
come se
dipendessero
da
forze
realmente
diverse
. Così nel
mondo
della
materia
. Abbiamo in
chimica
una
quantità
di
sostanze
che si possono
considerare
come
risultanti
dal
diverso
aggruppamento
molecolare
di una
sostanza
unica
,
elementare
,
primordiale
; ma il
fiele
ed il
miele
, l'
acqua
e la
pietra
saranno perciò la stessa cosa?
Altrettanto
dicasi
del
mondo
morale
.
Vedemmo
già che la
riflessione
dalla quale
dipende
la
scienza
, e l'
ispirazione
dalla quale
nasce
l'
arte
, sono in
fondo
tutt'uno: ma
vedemmo
pure
che
arte
e
scienza
, non che
confondersi
, si sono sempre più
distinte
. L'
energia
vitale
è una
sola
: non si può
agire
senza
pensare
, non si può
pensare
senza
agire
; ma ciò non
vieta
che questi due
modi
dell'
attività
umana
si
distinguano
sino ad
opporsi
e ad
escludersi
. Chi si
butta
a
capo
fitto
in una
pugna
, e
dà
e
riceve
colpi
mortali
, non può
risolvere
casi
di
coscienza
.
Archimede
che
medita
sopra un
problema
, non solo non
fugge
all'
avvicinarsi
del
nemico
, ma non lo
sente
neppure
avvicinarsi
.
Ora
l'
abito
di
riflettere
continuamente
,
assiduamente
, troppo,
impedisce
, od
ostacola
la
capacità
di
risolversi
, di
agire
;
viceversa
l'
azione
incessante
diffusa
,
febbrile
, non è
compatibile
con la
meditazione
. Per
crederle
compatibili
, il
Maeterlinck
ha
dovuto
dire
che
agire
è «
aspettare
,
tacere
e [**Nell'
originale
"e e"]
raccogliersi
».
Appunto
uno dei
caratteri
del nostro
secolo
, di questo
tempo
progredito
,
sapiente
,
cosciente
, troppo
cosciente
, è la
preminenza
del
raccoglimento
, dell'
analisi
di
coscienza
, dell'
esame
interiore
, del
pensiero
speculativo
. Quella stessa
moltitudine
di
cognizioni
che
disvoglia
tanti dallo
studio
per la sua troppa
varietà
,
invoglia
altri allo
studio
; e che altro è lo
studio
se non
riflessione
ed
analisi
? E gli
uomini
di
studio
non sono, per l'
esperienza
che ogni
giorno
ne
vediamo
, tutto il
contrario
degli
uomini
d'
azione
? L'
infiacchimento
della
volontà
operosa
,
fattiva
, non è
soltanto
effetto
del
pensiero
riflessivo
; ma anche
causa
. Noi non
operiamo
molto
perchè
pensiamo
troppo; e
pensiamo
troppo
perchè
operiamo
poco. I due
fenomeni
sono ad un
tempo
causa
ed
effetto
l'uno dell'altro. La
guerra
contro i
simili
e contro la
natura
è la
dura
legge
dei
popoli
selvaggi
: essi non hanno
dimora
stabile
,
errano
di
luogo
in
luogo
come un
gregge
, si
riparano
,
combattono
,
agiscono
; non
pensano
, o
pensano
quel tanto che bisogna per
agire
. Le
società
civili
, che non
emigrano
più, che non si
dilaniano
più - o quasi - che sono
assicurate
quanto è
possibile
dai
nemici
naturali
,
studiano
,
meditano
,
pensano
.
Cercate
un
Amiel
tra gli
Unni
: sarà alquanto
difficile
trovarlo
;
viceversa
gli
Attila
sono - almeno per
ora
-
scomparsi
. Noi non abbiamo
grandi
cose
da fare, perciò
pensiamo
; e quanto più
pensiamo
, tanto meno
capaci
diventiamo
di
operare
.
Il
Payot
,
mettendo
come
condizione
della
volontà
operosa
la
riflessione
meditativa
,
nega
che tra le due vi sia
antinomia
. Egli
dice
che il
concetto
dell'
incompatibilità
dipende
da una
confusione
.
Azione
e
riflessione
sono
incompatibili
,
spiega
, se si
confondono
gli
agitati
con gli
uomini
d'
azione
veramente
degni
del
nome
. «L'
agitato
è il
contrario
dell'
uomo
d'
azione
. L'
agitato
ha
bisogno
d'
agire
: la sua
attività
si
manifesta
con l'
azione
frequente
,
incoerente
, fatta
giorno
per
giorno
. Ma siccome nella
vita
, in
politica
, etc., si
riesce
soltanto
per
mezzo
della
continuità
dello
sforzo
in una stessa
direzione
, quest'
agitazione
sussurrona
fa molto
rumore
, ma poco o
punto
profitto
. L'
attività
orientata
,
sicura
di
sè
stessa,
implica
la
meditazione
profonda
. E tutti i
grandi
attivi
, come
Errico
IV e
Napoleone
, hanno, prima d'
agire
,
lungamente
riflettuto
». Alle quali
osservazioni
si
risponde
che la
distinzione
fra
agitazione
e
attività
è
giusta
, ma non
prova
nulla, o ben poco. Certo: fra il
pensiero
profondo
e l'
agitazione
scomposta
e
pazzesca
c'
è
opposizione
evidente
; ma ciò non vuol
dire
che tra
riflessione
indefessa
e
attività
fruttuosa
vi sia
identità
. In alcuni
grandi
uomini
, molto
rari
, che sono per ciò
oggetto
di tanta
ammirazione
,
pensiero
ed
azione
possono
darsi
la
mano
; ma, se è
vero
che essi sono
eccezioni
, non bisogna
addurli
come
prova
della
regola
. Il
gas
dà
luce
e
calore
insieme
, ma ciò non vuol
dire
che non vi siano
calori
oscuri
e
luci
fredde
. E poi, se la
grandezza
dell'
azione
implica
la
grandezza
del
pensiero
, la
reciproca
non è altrettanto
vera
. Per fare
grandi
o anche
piccole
cose
, bisogna certo aver
pensato
poco o molto; ma si può
pensare
moltissimo senza far quasi nulla. E questo è
appunto
il
pericolo
, anzi l'
inconveniente
lamentato
.
Suggerire
di
meditare
per
agire
è
inutile
, se non
dannoso
. Non il
pensiero
ci fa
difetto
; al
contrario
: noi
pensiamo
troppo. A chi
affoga
non
pare
che sia da
offrire
un
bicchier
d'
acqua
.
È
vero
che il
Payot
consiglia
la
riflessione
meditativa
come
mezzo
di
affrancarsi
dai
pregiudizî
, di
confutare
i
luoghi
comuni
del
pensiero
volgare
,
pigro
e
fiacco
, di
eccitare
nell'
animo
gagliardi
impulsi
e
vivaci
repulsioni
. Non è
possibile
, in questo
senso
,
negare
l'
efficacia
dell'
abito
riflessivo
. I
cretini
e gli
apati
non
riescono
a far niente. La
grandezza
del
pensiero
interiore
è
condizione
delle
grandi
cose
, dei
grandi
fatti
; ma il
pensiero
può
esaurirsi
sterilmente
,
inutilmente
; e l'
abuso
è da
evitare
.
Altro
punto
della
quistione
. L'
energia
della
volontà
non è
possibile
in un
corpo
debole
: l'
educazione
dev'
essere
dunque non
soltanto
intellettuale
e
morale
, ma anche
fisica
. E questa cosa è certa. Certa cosa è
pure
, come
nota
il
Payot
, che non bisogna
confondere
la
salute
con la
forza
muscolare
, e che gli
esercizî
violenti
in
onore
presso gl'
Inglesi
e gli
Americani
sono tanto
criticabili
quanto
lodevoli
i
razionali
esercizî
ginnastici
ai quali si
dà
la
gioventù
svedese
. «Le
grandi
vittorie
umane
non si
guadagnano
più in nessun
luogo
coi
muscoli
, bensì con le
scoperte
, con i
grandi
sentimenti
, con le
idee
feconde
: e noi
daremmo
i
muscoli
di
cinquecento
lavoratori
della
terra
, più quelli
totalmente
inutili
di tutti gli
uomini
sportivi
, per la
poderosa
intelligenza
di un
Pasteur
, di un
Ampère
o di un
Malebranche
». Ma la
quistione
è
appunto
questa: che il
numero
dei
pensatori
, o più
semplicemente
degli
individui
pensanti
,
tende
sempre a
crescere
; e se i
Pasteur
, gli
Ampère
, i
Malebranche
sono
rari
,
numerosissimi
sono invece gl'
infelici
che
pagano
col
nervosismo
, con la
neurastenia
, con la
rovina
della
salute
, l'
abuso
delle
facoltà
intellettuali
. «È cosa
evidentissima
»,
dice
il
Payot
, «che l'
ufficio
della
forza
muscolare
diminuisce
di
giorno
in
giorno
,
poichè
l'
intelligenza
la
sostituisce
con le
forze
incomparabilmente
più
potenti
delle
macchine
; e da un'altra
parte
la
sorte
degli
uomini
dotati
di
muscoli
possenti
è di
essere
assimilati
sempre più alle
macchine
...». Ma, se l'
ufficio
della
forza
muscolare
diminuisce
di
giorno
in
giorno
,
diminuisce
per
conseguenza
la stessa
forza
: un
organo
non
adoperato
s'
indebolisce
, una
forza
non
esercitata
si
perde
. E questo è il
danno
del quale siamo
spettatori
: nelle
vene
della
classe
pensante
e
dirigente
scorre
un
sangue
pallido
; i suoi
muscoli
sono
flaccidi
, i suoi
nervi
troppo
impressionabili
. Non è sempre
vero
, come
afferma
il
Payot
, che «la
debolezza
corporea
va
accompagnata
con la
fiacchezza
della
volontà
, con la
brevità
e il
languore
dell'
attenzione
». Se ci
fosse
bisogno
di
addurre
esempî
per
dimostrare
come una
mente
altissima
, un'
intelligenza
sovrumana
, un'
anima
miracolosa
possano
sussistere
in un
corpo
stremato
ed
agonizzante
,
basterebbero
gli
esempî
del
Leopardi
e dello
Spinoza
. La
sensibilità
, l'
immaginazione
, tutte le
facoltà
che
dipendono
dal
sistema
nervoso
, sono
grandi
,
squisite
,
straordinarie
, a
costo
troppo
spesso
del
sistema
nervoso
, del suo
equilibrio
, della sua
salute
. Questo
fatto
dà
appunto
ragione
della
teoria
lombrosiana
sulla
nevrosi
del
genio
.
Vedete
: ciò che si
chiede
è una
generazione
capace
di
volere
, di
volere
fortemente
,
indefessamente
; orbene:
Vittorio
Alfieri
, per aver voluto in questo
modo
, è
stato
ascritto
, forse non senza
ragione
, tra i
psicopatici
.
Ma,
lasciando
stare i
genî
e la
psicopatia
,
guardando
la
media
umanità
, noi
vediamo
che l'
abuso
delle
facoltà
mentali
corrisponde
alla
depressione
della
volontà
e allo
squilibrio
nervoso
. Dallo
scoppio
dell'
epidemia
romantica
sino ai nostri
giorni
il
danno
è
andato
crescendo
. Esso è
fatale
, è lo
scotto
che bisogna
rassegnarsi
a
pagare
.
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