Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo

IL SECOLO AGONIZZANTE.

IV.

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IV.

 

Tale è, nelle sue grandi linee, il bilancio morale compilato dal Fierens-Gevaert. Non si può dire che egli abbia avuto la mano leggera. Pur troppo tutti questi motivi di tristezza esistono: la quistione è di valutarli. L'aritmetica non è un'opinione; ma le opinioni non si possono misurare coi numeri. Esse mutano troppo, troppo rapidamente, non solo da individuo a individuo, ma in una stessa persona.

Nei bilanci finanziarî vi sono certe somme che figurano all'entrata nello stesso tempo che all'uscita: esse si annullano reciprocamente e lasciano immutato il rapporto fra l'attivo e il passivo. Le contraddizioni, in fatto di opinioni, di credenze, di fedi, sono come chi dicesse le partite di giro dei bilanci morali. Ora le contraddizioni del pensiero moderno sono continue, flagranti. Se noi mettiamo all'attivo la scienza, ripromettendoci tutto da lei, e poi la mettiamo al passivo, disperandone, le due partite si elideranno, e la scienza resterà quella che è. Il misogino e il femminista, l'altruista cieco e l'egoista spietato si equivalgono: le donne e la morale restano quelle che sono.

Guardate ciò che avviene nell'arte, in un'arte speciale: quella del romanzo. Nel romanzo trionfa l'esoticismo di Pietro Loti e il cosmopolitismo di Paolo Bourget. Ma anche qui c'è una contraddizione evidente. Uno scrittore appena ieri sepolto fra l'universale rimpianto, e oggi più che mai vivo nelle opere, ha ottenuto ed ottiene la maggiore, la più pura ammirazione, per avere candidamente osservato e riprodotto il suo cantuccio natale. Mentre altri trionfa descrivendo i costumi giapponesi e la vita dei grandi alberghi cosmopoliti, Alfonso Daudet conquista la gloria descrivendo il Mezzogiorno, scoprendo Tarascona, creando Tartarin e Numa Roumestan. C'è dunque posto per tutti.

Torniamo alla filosofia; consideriamo il caso dello Schopenhauer. Lungamente disconosciuto, costui fu ed è onorato come pochi altri. Vuol forse dire che il pessimismo è l'ultima nostra parola? Sarebbe una cosa tutta negativa; ma, non riuscendo ad affermar nulla, avremmo pure une fiche de consolation sapendo almeno negare. E il secolo, cominciato coi turbamenti, con le delusioni e con le malinconie, potrebbe recitare compunto il credo disperato del filosofo di Francoforte. Se non che: studiate la sua vita, leggete il suo : vedrete che egli stesso operava contrariamente alla sua fede; i suoi atti e le sue idee facevano a pugni. «Egli che voleva conoscere la vita, il mondo, l'universo», sono parole del Rod, «trascurava poi di conoscere stesso; egli che additava la volontà di vivere come la sorgente di tutti i mali, e che faceva consistere nel lavorare a distruggerla lo scopo supremo della morale, manteneva poi accuratamente la volontà sua propria, senza diffidenza, senza accorgersene, con una specie di candore; egli che scopriva con occhio penetrante l'insieme delle illusioni delle quali siamo vittime, le accoglieva per conto suo: chiaroveggente quando ne stava lontano, cieco appena si accostava ad esse».

Ma questo dissidio è forse in lui solo? Non accade altrettanto in ciascuno di noi? Gli estremi non sono tanto vicini che si dànno la mano? Di estremi, di contraddizioni, di antinomie non è piena tutta quanta la storia dell'umanità? E per cento, per mille, per diecimila individui che amano gli eccessi, e non stanno fermi in uno solo, ma trascorrono dall'uno al contrario, non vi sono milioni di uomini di buon senso che rifuggono da tutti?

Il Fierens-Gevaert aspetta un nuovo Messia che venga a salvare il nostro povero mondo. Aspettiamolo pure: sarà il benvenuto, se non lo crocifiggeranno come il primo. Ma consoliamoci nel frattempo pensando che gli uomini sani continuano a credere e ad amare, semplicemente. E, a chi ben guardi, il secolo decimonono non è poi tanto singolare quanto sembra; si può dimostrare che somiglia non poco al diciottesimo, e si può scommettere che il ventesimo gli somiglierà.

 

 

 


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