Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo

LA POESIA DI UN FILOSOFO

I.

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I.

 

Non da oggi soltanto si dice che la scienza e l'arte, la poesia e la filosofia, il ragionamento e l'ispirazione sono incompatibili, o se non altro antagonistici. A chi ha espresso questa opinione si è risposto che l'antagonismo asserito non esiste; che anzi i due modi di attività possono andare e andarono infatti d'accordo, in altri tempi, nei primi tempi, quando poesia e filosofia erano una cosa sola.

È vero: l'arte fu un tempo scienza; ma è pur vero che la nostra vita intellettuale è infinitamente più ricca che non quella d'una volta, e che pertanto le attività umane si sono venute, come si dice, specializzando. Un oculista può, e all'occasione deve anzi, curare una polmonite; ma la sua capacità maggiore, la sua abilità particolare consiste nel curare i mali degli occhi. Ai tempi di Ippocrate e di Galeno questa divisione del lavoro non c'era. Così, anzi a fortiori, l'arte e la scienza, già confuse, si sono separate.

Il problema è anche più complesso. L'arte, un tempo, non era soltanto scienza, ma anche religione. Il poeta, il sapiente e il sacerdote facevano tutt'uno. Ma poichè la fede è immobile, mentre la scienza vuole andare avanti; poichè la prima è cieca, mentre la seconda è osservatrice; poichè quella si contenta di affermare, mentre questa vuol dimostrare; per queste ragioni il dissidio si è venuto lentamente operando e aggravando; finchè, ai nostri giorni, grazie al progresso scientifico veramente enorme compito ultimamente, è divenuto acutissimo. Alla scienza progredita e trionfante si sono chieste e si sono fatte dire troppe cose: i suoi idolatri, da una parte, hanno creduto soltanto in lei, e l'hanno opposta e anteposta alla fede; dalla parte contraria, quanti l'hanno vista incapace, come realmente è, di rispondere a certi quesiti estremi, l'hanno rinnegata e dichiarata in istato di fallimento.

A questo dissidio nella quistione etica fa riscontro un dissidio, egualmente grave, nella quistione estetica: noi vediamo un partito il quale vuole che l'arte, che la poesia, siano scientifiche, che dalla scienza traggano l'ispirazione ed alla scienza servano di sussidio: e un altro, il quale afferma che la scienza è fatale all'arte, e che la , se non l'ha già uccisa. Il Tolstoi, subordinando ogni cosa alla fede, al concetto religioso e morale, se la piglia, al modo che vedemmo, con la scienza e con l'arte ad una volta.

Sully Prudhomme ha espresso l'inquietitudine prodotta universalmente da questi antagonismi:

 

Comment prier, pendant qu'un profane astronome

Mesure, pèse et suit les mondes radieux?...

Comment chanter, pendant qu'un obstiné chimiste

Souffle le feu, penché sur son oeuvre incertain?...

Et quel amour goûter, quand dans la chair vivante

Le froid anatomiste enfonce le scalpel?...

 

La scienza sarebbe dunque fatale alla fede, alla poesia ed allo stesso amore?.. No! Il poeta protesta e si ribella. Chi ha detto, domanda, che la poesia sia incompatibile con la verità? Se l'osservazione paziente dello scienziato solleva a lembo a lembo il velo che nasconde il mistero delle cose, il vento della strofe lo può strappare d'un sol tratto.

 

Et c'est pourquoi, toute ma vie,

j'étais poète vraiment,

Je regarderais sans envie

Képler toiser le firmament.

 

Senza dubbio: il vero poeta non deve guardare con invidia l'astronomo che scruta il cielo, come l'astronomo non dev'essere neppur egli geloso del poeta: i due ufficî sono egualmente importanti e dignitosi; ma il vento della strofe non solleva nulla. Se bastasse mettersi a cantare per risolvere i problemi e discoprire le leggi della natura, chi si rovinerebbe più gli occhi e le mani sugli strumenti d'un gabinetto, chi vi si chiuderebbe a farvi calcoli sopra calcoli? Il poeta può soltanto ridire ciò che lo scienziato ha scoperto; ma la strofe del poeta dev'essere alata, vibrante, sfolgorante; e il linguaggio dello scienziato è tutt'il contrario: freddo, esatto, severo.

 

.... Le prisme, interrogeant leurs feux,

À ces faux paradis arrache des aveux...

J'ai vu chaque élément de leur essence vraie

Étaler sur l'écran sa redoutable raie.

 

Con questi versi Sully Prudhomme canta uno dei più mirabili processi scientifici: l'analisi spettroscopica. Ma dove egli adopera l'immagine poetica del prisma che confonde i falsi paradisi, non è molto scientifico; perchè col prisma non si strappano confessioni ai paradisi veri o falsi, si scompongono soltanto le luci; e quando si attiene più fedelmente alla scienza, accennando alle righe di Frauenhofer, non è molto poetico.

 

Dans l'éveil d'un muscle endormi

La foudre éparse se révèle,

Silencieuse, à Galvani.

Franklin l'annullait, terrassée;

Volta la gouverne, ammassée;

Ampère fait d'elle un aimant...

 

Neppure questa storia dell'elettricità è molto poetica; essa è inoltre poco scientifica, come poco precisa. Per dire che gli areonauti guardano il barometro, il poeta scrive:

 

Ils montent, épiant l'échelle se mesure

L'audace du voyage au déclin du mercure.

 

L'espressione è certo abilmente trovata, ma non somiglia un poco agli indovinelli che si propongono nelle conversazioni come passatempo? «Qual è quella scala dove si misura l'audacia del viaggio dall'altezza del mercurioRisposta: «La scala del barometro

 

Wenzel, Dalton, en leurs balances,

Révèlent qu'entre tous les corps

Par d'exactes équivalences

Le poids régit tous les accords.

 

Questa è la teoria atomica. Disgraziatamente, se la strofe non è molto ispirata, neppure un professore di chimica ne sarebbe contento: in chimica vi sono combinazioni, non già accordi. Sully Prudhomme canta ancora che i cieli non ci sono più sbarrati, perchè Euclide e Pitagora hanno

 

Dessiné du doigt dans le sable

Sur un triangle trois carrés,

Parce qu'ils les ont comparés...

 

Anche questo è un altro indovinello, del quale il lettore che ha dimestichezza con la geometria trova subito la spiegazione: il teorema del quadrato dell'ipotenusa, altrimenti detto il ponte degli asini; ma il geometra rammenterà al poeta che il triangolo dev'essere rettangolo....

Sully Prudhomme non mette soltanto in versi le scoperte scientifiche; espone anche la storia della filosofia:

 

Qu'est-ce que l'Univers? Il vit: quelle en est l'âme?

Quel en est l'élément? L'eau, le souffle, ou la flamme?

Thalès y perd ses jours, Héraclite en pâlit.

Démocrite en riant a broyé la matière;

Il livre à deux amours cette immense poussière,

Et le repos y naît d'un incessant conflit.

Phérécyde a crié: «Je ne suis qu'une ombre!

«Je sens de l'être en moi pour une éternité».

Et Pythagore, instruit dans les secrets du nombre,

Recompose le monde en triplant l'unité.

 

Nessuno è dimenticato, fra gli antichi fra i moderni: da Socrate a Fichte, da Platone a San Bonaventura, da Aristotile a Hegel: l'enumerazione non dura meno di diciotto pagine. Il poeta ci dice che

 

Condillac soutient Locke en fidèle héritier,

 

come pure che

 

Leibnitz divise l'Être en milliers de génies.

 

Egli ci narra:

 

Hobbes n'avait à l'homme octroyé de connaître

Que la ferme matière, unique fond de l'Être.

Dieu, l'esprit que sont-ils? Rien, des mots seulement,

Tout! répond Berkeley, car la matière ment...

 

La poesia scientifica e filosofica di Sully Prudhomme non è sempre così arida. Se scienza e arte poterono un tempo procedere insieme, ciò significa che fra le due attività non c'è antinomia assoluta. L'anima umana è una, e le sue facoltà, quando sembrano più distinte, sono insieme connaturate e confuse. Ma ciascuna di esse può avere naturalmente, o acquistare con l'esercizio, un diverso grado di forza, e trionfare dell'altra. L'esercizio delle native facoltà poetiche ha fatto di Sully Prudhomme un poeta squisito, armonioso, leggiadro, efficacissimo nell'esprimere gli stati d'animo ambigui, perplessi e fuggevoli; capace anche, secondo l'espressione del Lemaître, di vere invenzioni di sentimenti. Ma, dall'altro lato, l'abito dello studio severo, dell'indagine positiva, dell'osservazione paziente, del ragionamento astratto, ha impacciato il volo lirico e l'ispirazione vivace. Metterli d'accordo non è impossibile, ma non è facile. Egli vi è riuscito qualche volta. Il suo sonetto, nelle Èpreuves, che ha per tema Spinoza, è veramente bello:

 

C'était un homme doux, de chétive santé,

Qui, tout en polissant des verres de lunettes,

Mit l'essence divine en formules très-nettes,

Si nettes que le monde en fut épouvanté.

 

Ce sage démontrait avec semplicité

Que le bien et le mal sont d'antiques sornettes,

Et les libres mortels d'humbles marionnettes

Dont le fil est aux mains de la Nécessité.

 

Pieux admirateur de la Sainte-Écriture,

Il n'y voulait y voir un dieu contre nature;

A quoi la synagogue en rage s'opposa.

 

Loin d'elle, polissant des verres de lunettes,

Il aidait les savants à compter les planètes.

C'était un homme doux: Baruch de Spinoza.

 

Qui, per un incontro fortunato, c'è la scienza, c'è la filosofia, ma ci sono anche la poesia e l'arte che le animano. Sully Prudhomme deve però aver temuto che l'arte in questo sonetto sia troppa, e pensato che una poesia scientifica e filosofica debba essere più scientifica e filosofica; perchè, riprendendo lo stesso tema nel Bonheur, ecco come lo ha svolto:

 

Un juif cartésien, plus hardi que le maître,

Arrache, imperturbable, à ses leçons leurs fruits,

Et le condanne en forme à nommer Dieu tout l'Être,

Dont le temple infini soi-même se construit.

 

Spinoza dans la Bible est entré sans surprise;

Mais, pendant qu'il y plonge, il se sent la main prise

Dans le poignet de fer de la Nécessité!

Le front calme, à la suivre il n'a pas hésité.

 

L'Être assiste, éternel, au cours changeant des âges,

Le froid de la raison fait du monde un cristal;

L'homme en est une face des pâles images

Répètent l'univers sous un angle fatal....

 

 


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