Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo

LA POESIA DI UN FILOSOFO

II.

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II.

 

L'opera di Sully Prudhomme non risolve adunque, rispetto alla forma, il dissidio fra scienza ed arte, o lo risolve male. Egli ha voluto dimostrare che la scienza non è fatale all'arte; ma di questa compatibilità l'arte sua fredda, compassata e didascalica ci fa dubitare. Resta da considerare in qual modo egli si diporta nella quistione etica: se l'arte è da lui sacrificata alla scienza, alla stessa scienza non dovrà egli sacrificare la fede?

Questa è infatti la soluzione che troviamo nei Destini. Appena la Terra esce dal Caos, il Male comincia ad operarvi, a ordirvi le sue trame spaventose. Raffinatamente, per nuocer meglio, esso mescola al dolore qualche piacere, che dia di tanto in tanto al genere umano una tregua, dalla quale questo esca fortificato, pronto a sopportare nuovi, maggiori dolori. Ma, nello stesso punto che il Male scendeva in campo, anche il genio del Bene si destava, e contrapponeva l'opera sua a quella del nemico. Creò da principio l'amore, e credette d'aver fatto così ciò che di meglio si poteva fare per la felicità del mondo; ma poi mutò opinione:

 

S'il est bon de sentir, meilleur est de pouvoir.

Oui, le couple est heureux de deux corps qui s'attirent

Pour fondre lentement deux âmes qui s'admirent,

Mais la possession suprême est de savoir...

 

Quel plaisir comparable à l'orgueil de connaître,

De suivre à l'infini dans la trame de l'être

Le long fil de la cause enchaînant les effets!

 

Ma neanche questo destino gli pare finalmente il più desiderabile. Un mondo di soli intelligenti, senza giusti, sarebbe perfetto? E sarebbe bello quel mondo dove non vi fossero eroi martiri?

 

Je veux que l'habitant de ce nouveau séjour

Réhausse en lui les dons de puissance et d'amour

Par une conquérante et généreuse vie

le vouloir travaille et le coeur sacrifie...

 

Il sapere, la scienza, non è dunque tutto il bene: c'è qualche cosa di più e di meglio:

 

Non, le meilleur être possible

N'est pas un lutteur invincible,

Un amant au bonheur fatal!

 

C'est un ignorant qui découvre,

Un captif à qui le ciel s'ouvre,

Un pèlerin de l'idéal.

 

Ma finora, lasciando parlare il genio benefico, lasciandolo operare contrariamente al Male, il poeta non esprime la sua opinione personale. Il Bene si è venuto purificando: prima consisteva nel piacere, poi nel sapere, da ultimo in un amore diverso da quello dei sensi, nell'amor mistico, nell'amore del sacrifizio, nell'amore secondo il Tolstoi. Ma quando il Bene è così perfetto, quando il poeta si trova dinanzi al Bene massimo ed al Male estremo, egli osserva, come il Tolstoi e il Nietzsche, che le prosperità sono impossibili senza i disastri, i piaceri senza i dolori, e che la vita e la morte lavorano insieme, una in faccia all'altra.

 

Car le Bien et le Mal se prospèrent l'un l'autre.

Qu'on rêve le meilleur ou le pire univers,

Tous deux, en vérité, n'en font qu'un, c'est le nôtre,

Contemplé tour à tour par l'endroit ou l'envers.

 

Notre regard captif, jouet de l'apparence,

Par ses courts horizons se laisse décevoir,

Mais des biens et des maux la vaine différence

S'effacera pour lui s'il doit un jour tout voir.

 

Contre les ancìens dieux l'âme humaine aguerrie

N'attend certes plus d'eux ni fléaux ni bienfaits,

Mais n'est-ce pas un reste obscur d'idolâtrie

De maudire ou bénir des sorts bons ou mauvais?

 

Fra le contrarie voci del Bene e del Male il poeta ne ode ora un'altra: quella della Natura: e la Natura dice che ella è la stessa ragione, che i destini dell'universo si svolgono infallibilmente; che non avendo esso avuto principio dovendo aver fine, così non è stato giovane ne può invecchiare; che l'equilibrio delle leggi e la costanza delle cause gli conferiscono un ordine contro del quale il tempo non può nulla; che solamente le forme apparenti delle cose cambiano. E la Natura non accetta dagli uomini voti ne sacrifizî; pregare è insultare le leggi naturali, dubitare della loro forza inevitabile. La Natura, come diceva quel vescovo australiano del quale parlammo, non ode le preghiere:

 

«N'attends de mes decrets ni faveurs ni caprices;

Place ta confiance en ma seule raison».

 

E se questo è l'ordine che la Natura, il poeta lo accetta integralmente. Il suo appoggio, il suo asilo è nella ferma ragione naturale: egli non griderà, non si lagnerà, accetterà anzi tutti i dolori, se i dolori suoi sono necessarî.

 

Pour nourrir une fleur de tout mon sang dispose,

Si quelque fleur au monde aspire un suc pareil;

Tu peux tuer un homme au profit d'une rose,

Toi qui, pour créer l'homme, éteignis un soleil.

 

Qui tanta è la forza della persuasione, tanta la sincerità del sentimento, che la stessa forma diventa veramente poetica: è difficile esprimere più poeticamente il concetto scientifico secondo il quale la terra, già ardente, diventò abitabile quando i suoi fuochi si spensero. E così alla scienza egli sacrifica la fede; o per meglio dire, la scienza, la ragione, diventa la sua stessa fede.

 

Anche nel Zenith canta:

 

Les paradis s'en vont; dans l'immuable espace

Le vrai monde élargi les pousse ou les dépasse.

Nous avons arraché sa barre à l'horizon,

Résolu d'un regard l'empyrée en poussières,

Et chassé le troupeau des idoles grossières,

Sous le grand fouet d'éclairs que brandit la Raison.

 

È vero che, dal primo suo giorno, il genere umano ha dischiuso come un calice il cuore verso il cielo, e che nel cielo

 

Plane son grand espoir, de sa raison vainqueur;

 

ma il filosofo sa che non si può dare la scalata al cielo per andare a leggere negli stessi occhi di Dio; e il poeta narra pertanto la semplice impresa degli areonauti, i quali arrischiano la vita per osservare qualche fatto e prendere qualche nota:

 

            La cause et la fin sont dans l'ombre;

Rien n'est sûr que le poids, la figure et le nombre:

Nous allons conquérir un chiffre seulement...

 

 


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