Federico De Roberto: Raccolta di opere
Federico De Roberto
Il colore del tempo

VINCITORI E VINTI

I.

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I.

 

Nell'aprile del '98 Pierre Loti, il poeta del mare, il pittore dei paesaggi esotici, il romanziere delle signore, si trovava in Francia, a Hendaye, presso il confine spagnuolo, quando lesse sui fogli pubblici che gli Stati Uniti movevano guerra alla Spagna. Alla notizia dell'aggressione americana egli ebbe improvvisamente coscienza delle sue simpatie per gli aggrediti. Corse a Madrid con l'incerta speranza di poterli servire, di poter versare il proprio sangue per loro. Dissero alcuni che egli era andato per chiedere di poter fare il corsaro contro gli Americani: «Ahimè», scrive egli, «quanto rimpiango che non sia vero e neppure possibile!» Non glie ne manca il desiderio, bisognerebbe però avere una nave da corsa che potesse filare venti nodi, almeno.

Non potendo battersi, egli manifesta come può le sue simpatie per il popolo castigliano. Se, durante la guerra, gli Spagnuoli pensano a divertirsi e ad andare a spasso, dice che così rivelano la loro nobile fierezza. «Questo popolo è deciso e pieno di confidenza nel suo buon diritto, questo popolo ha il coraggio amabile, il coraggio allegro, la vecchia gaiezza latina, - comune agli Spagnuoli ed ai Francesi...». Lo scrittore chiede un'udienza alla Regina reggente, e la prega di voler gradire la reverente espressione delle simpatie francesi. Nella stessa Corte, non che nel paese, egli trova «la vera, la sana democrazia», la democrazia che è sentimento della fratellanza umana. E giudica che il popolo sia più sano che non in Francia, e ironicamente dice che esso ha bisogno di progresso, e dei benefizî dell'istruzione laica, e di molti giornali, e di meno incenso e di meno preghiere nelle vecchie chiese, per agguagliare la Francia... E rimpiange i tempi andati, quando la Spagna avrebbe sicuramente vinto, perchè il valore personale decideva le battaglie; mentre ora, ahimè, «la guerra è divenuta brutta, putente di carbon fossile, chimicamente barbara; e i nemici d'Oltremare hanno più denaro, più macchine, più petrolio...». Nondimeno, nel veder sfilare i soldati spagnuoli, «eroici sempre», prevede che gli Americani potrebbero ancora aver la peggio, e che forse dovranno provare qualche sanguinosa sorpresa. E grida: «Ollè, ollè, viva la vecchia Spagna, addormentata soltanto sotto la Spagna d'oggi, capace ancora di ridestarsi per una poesia, per una , per una furia di chitarre...».

Con meno eleganza di stile, le simpatie del romanziere per la Spagna furono espresse da moltissimi altri, l'anno scorso, in tutta l'Europa latina. Non furono tutte simpatie platoniche, si raccolsero anche denari: io conosco un ragazzetto di dieci anni che andò attorno con la sua brava scheda di sottoscrizione e mandò al ministro della guerra, a Madrid, un vaglia di dodici lire.

Molte cose spiegano questa simpatia. Tra i Latini, il sentimento dell'affinità di razza; tra i Latini e i non Latini la mancanza di cerimonie nella sfida americana, il presentimento che gli Spagnuoli fossero più deboli, e che dovessero quindi fatalmente soccombere nella lotta ineguale; e da ultimo la secreta paura che un giorno o l'altro gli Americani possano far sentire la loro potenza al resto d'Europa.

Nel caso di Pierre Loti noi vediamo l'influenza d'un'altra causa. Come artista, egli ama e difende la vecchia Spagna pittoresca, cavalleresca e poetica, la Spagna di Cervantes e Lope de Vega, di Velasquez e di Murillo; la Spagna di Granata e dell'Escurial. Tra gli artisti come lui questo sentimento è generale; tanto più notevole mi pare il caso d'un altro artista, latino come il Loti, che intende la forza e la grandezza americana.

 

 


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