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Falli passare; staremo a vedere chi sono. La domestica andò via e ritornò quasi subito introducendo due uomini di mezza età che si fermarono, in piedi, l’uno accanto all’altro, di fronte a me.
Io li vedevo contro la gran luce sfasciata che il sole di settembre riverberava dentro il quadro azzurro della finestra e non riuscivo a distinguerne le fisonomie; ma poichè uno, quello che lì per lì mi parve il più anziano, si voltò un poco, ne scorsi gli zigomi sporgenti e il naso ricurvo sopra la bocca sdentata.
S’era voltato per frugarsi la tasca interna della giacca d’onde estrasse un portafogli misero, di stoffa, intorno al quale armeggiò qualche istante.
Finalmente, riuscito a cavarne fuori un cartoncino rettangolare, me lo porse con un gesto pieno di dignità, ritornando poi sugli attenti, vicino al suo compagno taciturno.
Presi il biglietto, vi gettai un’occhiata, e stendendo le mani (per un’abitudine) sulle cartelle sparpagliate per la scrivania, chiesi a mezza voce:
– In che cosa posso servirli?
– Senta lei, quassù, è molto conosciuto.....
– Mio Dio..... ci sono, si può dire, nato.....
– Lei è una personalità, mi lasci dire, uno di quegli uomini ai quali non si dice di no.....
– Per carità! Egli è che, veda, io faccio una vita talmente ritirata..... Si figurino che mia moglie, per vezzo, mi chiama «orso».....
Protestarono tutti e due, calorosamente; poi, quello che aveva presa la parola per il primo, continuò:
– Lei poi, e questo non potrà negarlo, è un pezzo grosso del consiglio del Circolo dei Riuniti.....
– No..... no..... un pezzo grosso no..... e neppure del consiglio..... ma conto fra i consiglieri molti buoni amici.....
Non vedo però che cosa c’entri, con lor signori, il Consiglio della Società.....
– Scusi, commendatore, ma allora lei non ha letto bene il biglietto da visita che ho avuto l’onore di presentarle.
Abbassai istintivamente, gli occhi sul biglietto da visita e rilessi, sicuro di non sbagliare, «Alberto Sechi» e null’altro.
– Non conosce codesto nome? Non le dice, non le ricorda nulla? Ci pensi bene.....
– Ma veramente.....
– Alberto Sechi! il celebre tenore!
Frugavo nella mia memoria coll’energia della disperazione, senza riuscire a svegliare un ricordo.
In quel momento, forse uno di quei cirri d’argento che appaiono improvvisamente chi sa come e di dove, a macolare i più limpidi cieli, passò davanti al sole; perchè la stanza si oscurò; e allora in quella mezza luce verdastra vidi bene la figura di colui che mi parlava, e mi colpì la sua distinzione, la correttezza del suo portamento e del suo gesto, sotto le toppe di un vestito liso ai gomiti e sdrucito alle cuciture delle tasche, ma stirato amorosamente col ferro.
– Il celebre tenore! non ricorda? Eppure lei è un uomo di teatro..... s’occupa di teatro da venti anni..... è stato amico del povero Giacomo..... è amico di Giovacchino..... ha collaborato con lui.....
Io guardavo, sbalordito, Alberto Sechi, senza trovare la via di rispondergli.
– Lei non ha conosciuto Enrico? ho cantato con lui al Carlo Felice, alla Fenice, alla Scala... ma i più grandi trionfi li ho avuti al Colon... Povero Enrico! Nella “Fanciulla del West” era insuperabile, ma nelle opere del vecchio repertorio romantico, “Ballo in maschera”, “Trovatore”, ci s’era ridotti a cantare una sera per uno..... e quello che ci scapitava era lui.
» Io ce lo avevo detto: Enrico, gli anni passano per tutti..... non ti affaticare..... buttati all’opera wagneriana che è meno dannosa ai polmoni... fai come ha fatto Amedeo, s’intende, consigliato da me..... Ma non mi volle dar retta...
È inutile, era invidioso della mia gioventù, della mia resistenza..... e il mondo, ma specialmente l’America, ha perduto il suo usignolo».
Alberto Sechi si terse disinvoltamente, con il medio della mano sinistra, una furtiva lacrima; io trovai la forza, abbiosciato nella poltrona dallo stupore e dall’incomprensione, di mormorare: – Ma lei..... ma voi..... di quale Enrico parlate?
– E c’è stato forse nel mondo un altro Enrico? Io parlo di Caruso, del mio dilettissimo, più che amico, discepolo.....
» Oh! io non ho allievi..... ma imitatori..... ora, essendomi imbattuto in quel prediletto della natura, non volli che mi imitasse..... bensì che mi studiasse.....
«Ricordi (al compagno) i trionfi deliranti di New York? Quante volte, dopo il “Trovatore”, al Metropolitano, la folla mi ha staccato i cavalli dalla carrozza per portarmi, in collo, all’albergo?
» Poi venni in Italia, mi ammalai, feci delle speculazioni false, la guerra infine travolse tutto ed io non ebbi più i mezzi per tornare al paese dell’oro, mentre qui le scritture mancavano...
» Ora però vado a Milano dove il mio amico Toscanini mi ha promesso di farmi cantare, dopo oltre dieci anni, nell’“Aida”... Se lo figura lei il pubblico di Milano quando rivedrà il suo Radames?».
– Me lo figuro – risposi, ripigliando fiato e tentando di resistere alla specie di suggestione colla quale la sicurezza incredibile dell’interlocutore mi aveva schiacciato e rincretinito – me lo figuro..... solamente non riesco a capir bene, in questa faccenda, che cosa c’entri io e il Circolo dei Riuniti.....
Alberto Sechi mise una mano sulla spalla del suo compagno, sempre muto, che si limitò a lanciargli di tralice un’occhiata tra la supplica e lo spavento, e rispose:
– Questo, scusi se non gliel’ho presentato prima, è il Professore Eugenio Zini, sommo, quanto sfortunato.
» È perciò ch’io lo proteggo; perchè ho assistito con commozione d’italiano, a Varsavia, all’abbraccio che gli dette Paderewski dopo l’esecuzione della nona sinfonia del Beethoven... perchè l’ho presentato io stesso al Principe di Galles, allora giovinetto, ed ho cantato, accompagnato da lui, alla presenza dei Reali di Spagna.
» Mi ricordo, come se fosse stato ieri, che Guglielmo, prima di fare quella grossa corbelleria della guerra, da cui, nell’intimità, l’avevo sempre rispettosamente dissuaso.....
– Ma insomma, c’è da sapere, sì o no, quello che vogliono da me?
– Niente, caro commendatore, che possa recarle anche il menomo disturbo...
» Essendo di passaggio da questo ameno paese, da questa classica terra, che abbiamo vista fanciulli e che, perciò, amiamo come tutti, del resto, i più riposti cantucci della nostra dilettissima patria, abbiamo pensato di regalare a coloro che stimiamo quasi nostri concittadini, il piacere d’un concerto con un pianista e un tenore di cui fra poco le Americhe s’impadroniranno per sempre. E siccome Ella, commendatore, è persona influentissima, così ci siamo rivolti a lei, sicuri di non avere bussato invano alla sua porta ed al suo cuore d’artista e d’italiano.....
Mi girava la testa. Pensai: Qui se non mi alzo succede qualche cosa... bisogna reagire, violentemente, all’incubo.
Di scatto fui in piedi. – Ma signor mio, quando avrebbe ella intenzione di dare questo concerto?
– Stasera stessa.
– Stasera! Lei, scusi, è matto.
– Commendatore, ella dimentica che Toscanini aspetta alla Scala il suo Radames ideale.
– Ma che Toscanini, e che Radames! Per cantare qui, all’Impruneta, nel teatro del Circolo e non fare un fiasco completo, bisogna che il pubblico dei paesani e dei villeggianti sia avvertito almeno una settimana prima.....
» Bisogna fare stampare a Firenze gli affiches grandi e gli avvisi piccoli..... stabilire il prezzo del biglietto..... sottostare, sobbarcarsi alle formalità d’uso.....
– Scusi, commendatore, interruppe il celebre tenore, ma noi siamo superiori a codeste sciocchezze, noi lavoriamo quasi (si può dire) per beneficenza..... A metà del concerto, e poi a esecuzione ultimata, faremo un piccolo giro, con un piatto, rimettendoci all’intelligenza ed al buon cuore del rispettabile pubblico.
Fu come se, a colpo, mi avessero strappato una benda dagli occhi.
Per quanto il sole rifolgorasse sulla campagna dorata dai primi aliti del settembre e i miei interlocutori fossero ancora, contro luce, di fronte a me, vidi distintamente le loro facce patite e gli abiti lisi nei gomiti colle ricuciture all’orlo delle tasche.
Misi mano al portafogli e consegnai al Sechi due biglietti da dieci lire.
Egli ne dette uno al compagno, e mise in tasca il suo.
Quindi, facendo un passo innanzi ed inchinandosi con grande distinzione, mi stese la destra.
– Se le serve qualche cosa (non so se lo conosca personalmente) dal Toscanini, o meglio dal suo amico Forzano..... senza complimenti..... domani a quest’ora sarò alla Scala, nel gabinetto del Direttore.
» Mille grazie della sua cortesia e arrivederla».
Io, ancora rintontito, m’affacciai alla finestra, e detti un’occhiata alle circostanti colline tutte festose di case bianche e di cipressini, sotto un cielo turchino da parere dipinto, come nei libri di figure per i ragazzi.
Il celebre tenore passava, in quel momento, di sotto, e diceva al pianista: Ecco dove finirò col farmi la villa, per trascorrervi la vecchiezza tranquillo..... Sì.... questo posto, veramente, mi piace.....
Non ne ho saputo più nulla.