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L’
APPOGGIO
Rutilio aveva la sua casa a mezza costa del poggio.
Un cubo bianco con due finestre davanti, due sulla destra, una sulla sinistra e dietro nulla.
La porta d’ingresso dava sopra un giardino, metà del quale era rimasto giardino e l’altra metà s’era trasformata in orto.
Sul tetto rosso strillavano i passerotti.
Così ogni angolo della casa era stato utilizzato dal previdente Rutilio; ed ogni giorno pensava qualche innovazione, qualche abbellimento.
Non gran che, mancandogli il più, ma insomma ci lavorava dattorno e aumentava insensibilmente le comodità.
Sotto la casa si stendeva il podere.
Quattro ettari, ci pensate? E Rutilio doveva camparci.
Per farlo bisognava che sorvegliasse il contadino, si può dire, giorno e notte, e siccome quello si ribellava, era una vita terribile.
All’alba Rutilio compariva sull’aia, di cui il tetto verdastro scendeva, con un dolce declive, da sotto le due finestre del lato destro della casa, in faccia alla distesa degli olivi.
Cominciava a rovistare nel pollaio, nella conigliera, nel forno.
Il contadino aggiogava i manzi, figurando di non aver visto il padrone, li spingeva giù per la viottola; ma appena era arrivato in fondo al campo, eccoti Rutilio, con le mani dietro la schiena, che speculava le piante da frutto e si chinava, ogni poco, a raccattare qualche pomo mezzo bacato.
Il sole ancora freddo, quasi d’argento, non aveva risalito l’arco del cielo, d’un azzurro pallido, e già qualche lodola, inebriata dall’odore umido delle zolle fra le quali s’era svegliata, si slanciava trillando con un volo obliquo verso la luce che la illuminava fino a farla confondere, scintilla brillante, al tremolio dell’aria.
Tutte le cose abbagliavano d’intorno, il dorso dei pampani, le vette dei pioppi, le frutta del pero, i poliedri duri delle zolle vangate e le chiome dei salci, lungo il torrente, si accendevano come torce.
– Signor padrone..... non le raccatti; o al maiale, «non tassando nessuno» non vuol serbar nulla?
Rutilio allora si muoveva, traballando, fra i blocchi delle zolle squadrati dalle vanghe, e veniva innanzi, sollevando una mela nel pugno, con piglio trionfale.....
– E questa roba qui, tu la vorresti dare al maiale?
– Sicuro! io «un» la mangio di certo. Non lo vede che, dentro, Cecco ci s’è bell’e fatto il suo buco?
– E io ti dico invece che il tuo ragazzo nel grembiule e la tua donna in seno, di questa roba qui ne portan via a corbellini.....
– Ma per che farne?
– Per venderla!
– A chi?!
– A Chele di Grillo che le mette in forno! e quando i ragazzi mangiano le mele cotte in forno collo zucchero, ingoiano il baco e ogni cosa.
– Lei sogna!
– E tu rubi!
– Se ne riparlerà a San Martino!
E tutti i giorni, ora per un fico brogiotto, ora per un ovo dimenticato nel pollaio, ora per un panello di stiacciatunta che la massaia regalava a qualche pigionale, erano scenate tremende.
Per le raccolte, Rutilio non si muoveva dal frantoio, dalle tinaie, dall’aia.
Eppure, un giorno, seppe che il contadino aveva il libretto (e per una cifra alta!) alla Posta!
Dunque il contadino rubava..... Come se era possibile che, mentre lui ci campava a mala pena, il contadino riuscisse a metter da parte?
Gli raccontarono che certo colono aveva, accortamente, praticato, uno sì e uno no, tanti vuoti sotto i mattoni dell’aia. Quando batteva il grano, la loppa e la pula si sparpagliavano per il portico, e i chicchi del grano, pesanti, per le fessure dei mattoni colmavano i vuoti. Poi, a notte alta, il capoccia alzava i mattoni e riempiva le staia.
Rutilio si grattò la zucca. Ma poi si decise e mandò a chiamare i muratori.
Il muratore trovò molte cose da ridire sulla casa di Rutilio e su quella del contadino, ma sopra tutto trovò da ridire sulla parete di tramontana che era senza finestre.
– Credete?
– O non la vede da sè com’è brutta quella parete cieca?
Rutilio si scordò del pavimento che voleva buttare a soqquadro per cercare i vuoti sotto i mattoni e decise di aprir la finestra.
Il muratore arrivò con la mestola e con la calcina, insieme a un bardotto, una faccia di scemo, due occhi piccini, da scoiattolo, sotto una fronte bassa tagliata dal ciuffo ciondoloni, e che rideva sempre.
Il muratore seguito da Rutilio, girò dietro la casa per orizzontarsi e tutt’a un tratto si tirò un gran pugno nel capo, dicendo: – «Mi sono scordato del meglio! Di chi è, scusi, questo terreno dove siamo ora noi altri?
– Questo terreno a confine con la parete della mia casa è del notaro Bertuelli.
– E lei mi ci faceva aprire una finestra?
Il notaro Bertuelli era un uomo molto rispettato, ed anche temuto, in paese, perchè non si levava mai, nè per mangiare, nè (dicevano) per dormire, la papalina col fiocco e gli occhiali grandi a stanghetta che certi sciocchi pretenderebbero che avessero inventato gli americani.
Ordinato, meticoloso, anzi afflitto dalla mania dell’ordine, il notaro Bertuelli, che passava le giornate a ricontare i travicelli e le mattonelle e a raccattare nella ciotola, badando bene che sul banco non ne restasse un granello, il polverino, caduto alla carta sugante, con uno zampetto di lepre, sentendo un certo armeggio sospetto, uscì fuori in veste da camera e in pianelle, con la papalina, di cui il fiocco gli ballava sul naso, e con gli occhiali a stanghetta, simile a certe figurine delle vecchie oleografie giù di moda.
Il notaro Bertuelli si affacciò, oltre la sua dimora, sul pezzettino di terreno prativo confinante con la casa di Rutilio e chiese, levandosi la pipa di bocca: «Si potrebbe sapere che cosa fanno?».
– Quel che mi pare! – rispose arrogantemente Rutilio il quale già si sentiva la senape al naso.....
– Quel che gli pare, lei lo deve fare in casa sua!
– Ha ragione. Guardi, siccome volevo aprire una finestra, farò fare l’apertura di dentro la mia casa e gettare all’interno lo scarico!
Il fiocco della papalina del Bertuelli schizzò per aria, si riabbassò sugli occhiali a stanghetta e tornò a ballargli sul cranio.
– Lei oserebbe – gridò il notaro con voce strangolata – di aprire una luce sul mio?
– Prego, sul mio!
– E lei, invece, mi concederà subito il diritto d’appoggio perchè io «vado» a fabbricare sul mio.
– Lei «vada» a fabbricare dove vuole, ma l’appoggio non glielo do.
E Rutilio si voltò intorno a cercare il consenso del muratore; ma questi intuendo che il notaro avrebbe avuto bisogno di lui, era già passato, in armi e bagaglio, dalla parte del nemico, mentre lo scemo rideva.
La mattina di poi sul terreno del Bertuelli sorgeva un breve muro, distante dalla parete di tramontana della casa di Rutilio, giusto, lo spessore di quello che i tecnici chiamano «il filo della mestola».
Rutilio che non ne capiva nulla, si infilò la giacchetta meno rammendata e andò dall’avvocato; e da quel giorno la pace fu perduta per lui. Nelle ore interminabili nelle quali aspettava il legale che non c’era mai, al ticchettio monotono della macchina da scrivere di una commessa miope, Rutilio sonnecchiava, sognando che il contadino fuggiva con due manzi attaccati al carro carico di tutti i raccolti del campo.
Finalmente il Tribunale ordinò a Rutilio che concedesse 1’appoggio mediante un diritto di mille lire per i primi tre metri d’altezza e di millecinquecento per gli altri tre; ma le spese, avendo egli promosso la causa, furono a carico suo, sicchè, per saldare la parcella, dovè mandare all’avvocato anche un barile d’olio dell’annata.
Via via che la casa del notaro Bertuelli, il quale assisteva personalmente ai lavori, col fiocco della papalina sugli occhiali a stanghetta e la pipa, cresceva, a Rutilio faceva l’effetto che diminuisse la sua; e mentre lui si struggeva dalla passione a vedere quella gran casa che adagio, adagio si mangiava quell’altra, il contadino si ripagava di tanti anni di schiavitù facendo il comodo proprio e saccheggiando il podere. La casa del notaro seguitava a salire e la casa di Rutilio a rimpiccinire come se la prima succhiasse il materiale alla seconda, e, caso strano, il notaro Bertuelli, forse per la contentezza, ingrassava, mentre Rutilio, ad ogni sasso che muravano, perdeva un’oncia di peso, anche perchè, come se tutto questo non bastasse, il contadino cantava gli stornelli nel campo, il muratore gli rispondeva dal tetto, ed il bardotto scemo, portando corbelli di calcina sulla testa, rideva.
Ma, quando, finalmente, Rutilio si avvide che sul tetto della sua casa c’erano entrati i topi perchè anche i passerotti avevano nidificato sotto gli embrici del notaro, aspettò il Bertuelli, di notte, e chi lo sa cosa sarebbe accaduto se non se ne fossero accorti in tempo e lo avessero portato al manicomio.