Ferdinando Paolieri: Raccolta di opere
Ferdinando Paolieri
Uomini e bestie
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IL MUGHERINI

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IL MUGHERINI

 

 

Un tipo uguale a quello non lo troverò più, vivessi mill'anni.

Nessuno seppe mai il suo vero nome; lo chiamavano Mugherini e basta.

Aveva sempre campato, era sempre stato felice, e contento, e non aveva fatto mai nulla.

Viceversa, durava più fatica lui che cent'opre.

La sua occupazione consisteva nel tender lacci agli uccelli, raccattar funghi, cercar sassi, e chiappar farfalle.

Sassi? Sì, sassi. Chi lo vedeva doveva domandarne alle lavandaie della Greve, per il cui greto asciutto andava e veniva, anche di notte.

L'ho trovato io una sera, su per l'erta del Ferrone, che ansimava come un asino troppo carico.

— Cosa ci avete, costi dentro? Chiesi toccandogli la cacciatora di pelle di diavolo, usata, stinta, tutta gonfia di roba dura.

— Qui dentro, mi rispose, sbaglierò, ma questa volta ci ho messo da campar bene tutta la vita.

— Si potrebbe vedere?

— Se non vuol altro! Scusi, ci avrebbe una cicchettina? Grazie tante.... sa, è per la pipa, quella di radica che m'ha regalato il dottore... o guardi!

E rovesciava sul margine erboso della strada la carniera tutta piena di sassi, ciottoli tondi di fiume, bianchi, azzurri, rosei, neri.

— O che cos'è codesta roba?

— Lei ride? Lei scusi ride perchè non s'intende di scienza. Ma io, veda, con tutta questa roba, mi reco a Firenze alla Specola, e , scelgono e mi pagano a secondo dei pezzi che li interessano.

— E ve ne pigliano?

Sa, ora per esempio è qualche anno che non ne azzecco una, ma la girata a vòto non me la fanno far mai e un trentino lo rimedio sempre. E poi gli porto serpi, uccelli d'acqua, grilli, farfalle, lei m'ha bell'e capito, tutta roba di scienza.

Ne aveva sempre qualcuna da raccontare di quelle grosse.

Mi diceva: Avevo trovato una lepre a un laccio; che ti fo? l'agguanto, le do due botte sugli orecchi, e, così morta, me la ficco in carniera.

Avevo una cacciatora nova regalatami dal figliolo del Conte che non la portava più, che era una bellezza! Arrivato al borro della Calosina, per via del caldo grande, mi butto a giacere all'ombra dei pini, fra le scope; ma innanzi mi levo la cacciatora e la scaravento da una parte. Poi m'addormento. Quando mi svegliai la cacciatora non c'era più. La lepre, che non era morta bene, aveva preso il volo con la cacciatora e ogni cosa!

Una volta, però, ebbe fortuna davvero.

Trovò, sopra Strada in Chianti una specie di grande sasso liscio, piatto, leggèro.

Glielo dissero tutti, subito: Codesto... non è un sasso; è un osso e, se non fosse per la grandezza, parrebbe una enorme lisca di pesce.

Lo trovò a una grandissima profondità nel terreno scavato per cercarvi la mota adatta a una fornace di mattoni.

Alla Specola gli dettero cento lire. Un patrimonio per il Mugherini che seguitò un mese a chieder consiglio a tutti sul come dovesse spendere tutto quel denaro.

Pare che quel frammento fosse di una di quelle piastre, o corazze del palato di certi pesci antidiluviani i quali vivevano nell'acqua bollente, sottoterra.

Non mi provo nemmeno a parodiare il racconto del Mugherini il quale coloriva a modo suo la discussione che egli immaginava d'aver avuto col professore del Museo. Mi ricordo solamente che finiva col dire: Da ultimo, fra noi scienziati, ci si trovò perfettamente d'accordo.

Povero Mugherini! colla sua barba rossiccia, il cappelluccio unto e sfondato, la cacciatora che non ne poteva più, le scarpe ricucite che ridevano da tutte le parti, e le tasche vuote di quattrini e piene di sassi, era un uomo assolutamente felice.

Per esser felici bisogna ignorare il mondo; per questo v'ha chi cammina coll'occhio volto alle stelle e chi cammina coll'occhio rivolto alla terra.

Son due modi uguali per non vedere in faccia gli altri uomini.

E poi il vagabondo è l'unico grande filosofo che esista, perchè il vagabondo è colui il quale può vantarsi d'essere il più ricco della terra poichè, nulla possedendo, possiede tutto. Sue sono le grandi strade dove cammina, a caso godendo il sole, suoi i campi e i boschi dove s'infolta quando desidera, sua la solitudine agreste che egli riempie di canti, sue le fontane limpide, suoi i prati soffici d'estate, i fienili caldi nell'inverno, dove dorme i più bei sonni.

Il Mugherini provò tutte le delizie. Sdraiato sopra una brughiera guardando il cielo formicolare di stelle appicicava loro dei nomi fantastici e gli pareva d'esser diventato Galileo.

Curvo sul greto del fiume, vedeva l'intima vita delle creature inferiori svolgersi tra il fango e non invidiava le grandi scoperte del Swammerdam.

Se tutto è illusione quaggiù, il vagabondo è un mago straordinario che riesce a fingere, apposta per , qualunque meraviglioso mondo ideale.

Il Mugherini senza saper legger scrivere, senza aver mai posseduto una zolla, ci guardava tutti dall'alto in basso con un senso di compatimento mal celato in fondo agli occhi, da far rabbia! Mentre noi inseguivamo le chimere fallaci della nostra introvabile gioia, egli riusciva a chiappare a volo col cappellaccio sfondato, le Vanesse Atlante dai fiammeggianti colori e a vedere in un rotondo sasso di torrente le forme più divine a consolazione dei propri sensi. Egli che nel nulla trovava tutto fu veramente un ricco e un creatore, mentre noi non siamo che dei poveri e dei disgraziati impotenti.

 

 

 

 


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