IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
LA ZANZARA
Lo cercava, lo voleva trovare, a tutti i costi.
Passò fra mezzo ai banchi dei venditori, urtandoli e facendosi urlar dietro un sacco di vituperi, cozzò ne' gruppi de' sensali e de' contadini che si troncavano le mani per concludere i pateracchi e i negozii, rovistò il mercato delle bestie e quello delle pannine, ruppe a gomitate la folla che faceva cerchio intorno a una sonnambula bendata, fece ai pugni e buscò una legnata in un braccio; ma non gli riescì di scoprire il su' omo
Finalmente dopo le due, stracco, sudato, inferocito, lo scovò in fondo a un'osteria dove digeriva un fiasco di vino fumando a pipa e giocando a scopone.
Vederlo e saltargli addosso fu un punto solo.
— Esci fuori, che ti voglio ammazzare!
— M'hai abbindolato come un citrullo!
— Io?
— Te!
— Prima avrò diritto di discorrere...
E si ritirarono in disparte e quando Guglielmo gliene ebbe dette di cotte e di crude, Faìna spiegò tranquillamente la cosa.
— Vediamo... a che ora siete ritornato a casa?
— A mezzanotte.
— Un poco... ma poco.
— E lei?
— E la finestra?
— Come, la finestra?
— Oh! bella! aperta... siamo d'agosto.
— Voi siete un imbecille.
Il mugnaio a sentirsi dare dell'imbecille sul muso, con quella sicura tranquillità, perse le staffe; tutta l'ira gli sbolli, non fu più lui e il dubbio atroce lo riattenagliò, da capo: che avesse avuto ragione Faìna?
— Voi siete un imbecille, perchè non avete calcolato una cosa, questa: dalla finestra a terra è un salto. Se corre lungo il muro della gora, un uomo non si vede, nascosto com'è dall'ombra degli ontani... poi trova il canale che sbocca nel fiume, in fondo al canale fa una tura di sassi, ci mette due bertuelli, avvelena l'acqua col cloruro e vi piglia tre o quattro chili di pesci!
— Anche i pesci?!
— Sì. Come nel vostro canale, non ci fanno neppure nel fiume, eppoi il fiume è asciutto, dove son pesci invece è tutto buche profondissime e lui non sa nuotare. Capite, ora?
— Adagio!
— Io non ci voglio essere a niente; io ve l'ho detto perchè vi voglio bene e siamo amici; ma non mi avete a compromettere...
Di lì a poco, ritto sul barroccio vuoto, a gambe larghe per via delle scosse, picchiava col bacchetto della frusta sulle groppe del mulo che galoppava furiosamente soffermandosi un istante a sparare una coppia di calci e poi si ributtava a quella carriera pazzesca.
Sulla piazza dove il mercato sfollava fu un fuggi fuggi generale; ciascuno faceva a gara a mettere in salvo le proprie merci e se stesso riparandosi sotto i loggiati, e il fantastico barroccio col mulo che pareva impazzito traversò il paese come una versiera e si perse in una nube di polvere lungo la via provinciale.
La strada era lunga, la canicola atroce e quando Guglielmo consumato dalla rabbia e il mulo esausto dalla fatica arrivarono in cima al monte di dove si vedeva il molino accanto alla striscia argenta del fiume fra le due pareti a picco tutte verdi e tutte frescura, la notte era calata da varie ore.
Allora Guglielmo, mentre la bestia ripigliava fiato, si cavò le scarpe e le buttò nella cesta sotto il veicolo; poi levò la martinicca a risico che ogni cosa capitombolasse di sotto, barroccio e mulo, tolse a questo le sonagliere, strappò il bubbolo dall'uncino della sella tutta brillante di chiodi di ottone, spense la pipa, e, preso a mano l'animale, cominciò a calare adagino, come camminasse sull'ova.
Ma ogni tanto le ruote incespicavano in un sasso e il barroccio ricascava con un rimbalzo tremendo, o i ferri del mulo sgrigliolavano sopra una pietra liscia e, sdrucciolando sprizzavan faville; insomma era una pena che il mugnaio cercava d'alleggerire giurando e spergiurando a fior di labbra per tutti i santi del calendario.
Per fortuna si levò un vento leggero e gli ontani cominciarono a commuoversi a mormorare e a sfrusciare con un crollar di foglie lungo e continuo che attutiva tutti i romori.
E come Dio volle, Guglielmo arrivò in fondo, lungo il fiume grigio che d'estate non aveva parole; era quasi asciutto, salvo le solite buche profonde.
Il mugnaio buttò una coperta addosso al mulo, senza staccarlo, poi salì la scaletta di casa, come uno scoiattolo salirebbe lungo una quercia; aprì colla chiave e d'un balzo fu alla porta di camera... maledizione! era chiusa di dentro!
Dette una spallata all'uscio e lo sghangherò.
La luna non c'era, il lume era spento, ma allo spolverio fioco delle stelle Guglielmo discerneva il biancicore delle coperte, il luccichio velato dei vetri de' santi lungo le pareti e il profilo della moglie che, seduta sul letto, urlava disperatamente: chi è!?.
— Margherita!
Il respiro affannoso della donna si spandeva ora per tutta la stanza e di fuori pareva che il vento rispondesse colla ritmica armonia degli ontani che si crollavano, si crollavano, si crollavano, quasi chiacchierassero, basso basso, di tante cose fra loro.
— Margherita!
— Lo domanderò a te!
— A me? sei ubriaco? e perchè sei tornato?
— Cosa ci dovevo fare, a dormire sull'osteria?
— Finirai per isfiancare il mulo...
— Ti preme più il mulo di me, da un pezzo a questa parte!
— Faresti meglio a lasciarmi dormire... annacqualo!
— Falla finita! se non ho mangiato!
— In dispensa ce n'è fin che ne vòi!
— Perchè quando son sola ho pensato che è meglio...
— E perchè hai aperto la finestra?
— Si schianta, stanotte! Ma cosa ti piglia ora?—
— E io ti dico che quando non ci sono la finestra deve star chiusa... chiusa capisci?
— Sì! che non entri qualcuno a portarmi via!
— Rispondi a tòno!.... eppure, te lo avevo detto...
— E se mi fossi sentita soffocare?
— Ma se, prima, avevi paura delle zanzare!
— Le zanzare?
— Le zanzare, sì!
— Io non l'ho sentite.
— Ah! non l'hai sentite eh? non l'hai sentite?
— No.
— Ma io dico...
— Sta zitta sai? o ti rompo la faccia!
La donna si tacque borbottando, sbollendo pian piano, come fa l'acqua nella pentola, tirata via dal fuoco; poi, nella stanza non si udì più che il monotono, ritmico sfrusciare degli alberi che crollavano, si crollavano, si crollavano, al venticello leggero quasi chiacchierassero basso basso di tante cose fra loro, e, acuto, e distinto arrabbiato entrò dalla finestra e si sparse per tutta la camera il sibilo molesto d'una zanzara.
— La senti?
— E come entra quella, così n'entrano cento. — La senti?
— La sento? Embè? che vuol dire?
— Vuol dire (e Gruglielmo arrotava i denti) vuol dire che la gora è piena ed è lei che ce le manda, le zanzare; vuol dire che se tu vuoi tenere la finestra aperta io non voglio le zanzare....
— Cosa vuoi fare, cosa vuoi fare?
E la donna si alzò a sedere sul letto coi capelli sciolti sulle spalle e il seno che le sobbalzava sotto la camicia bianca.
— Cosa vuoi fare?
— Nulla... (e il marito sghignazzava) nulla! Riempio la gora...
— Perchè?
— Tu non facessi una cosa simile! — E scese dal letto.
— Ma di cosa hai paura?
— Come farò a lavare?
La donna accumulava ragioni su ragioni, discorrendo a precipizio, imbrogliandosi, balbettando, e l'uomo s'avviava all'uscio, ma quella si accostava al marito, gli cingeva il collo colle braccia grasse e nude...
— Sta' bono... vien via... o cosa ti salta, a quest'ora?
— Non voglio... non voglio...
L'uomo si era strascicato fino alla soglia della camera con la moglie sempre aggavignata addosso; la percoteva de' pugni ne' fianchi senza riuscire a staccarsela; pervenne a spalancare l'uscio; cercava ora con un braccio la maniglia della cateratta sul pianerottolo e l'altra sempre ostinata, a raccomandarsi: no! no! no!
Ma finalmente Guglielmo con una mossa violenta riuscì ad agguantare la campanella e a tirarla a sè, con uno sforzo supremo.
La Margherita s'attaccò al marito con tutto il peso del corpo, cercò di strappargli la mano dalla presa, gliela morse, si rotolarono tutti e due sui mattoni come bestie selvatiche ansando, bestemmiando, urlando.
Ma il rombo dell'acqua che dalla cateratta sollevata si precipitava nel canale fra scrosci e gorgoglii furibondi attutì ogni romore, coprì ogni voce...
Allora il mugnaio potè districarsi, levarsi in piedi e lanciando ferma e piangente la Margherita che singhiozzava in camicia sul pavimento, si precipitò per la scala, fuor della casa, a salti di lupo.
E quasi subito un'ombra umana con un fardello in braccio schizzò di sotto al letto, traversò d'un balzo la camera, disse qualcosa alla donna che s'alzava da terra un po' rintontita, e scomparve di dove era uscito il mugnaio.
Quando questi ritornò, fradicio intinto, la Margherita si era ricacciata nel letto e figurava di dormire voltata dalla parte del muro.
Guglielmo la chiamò, con voce dolce.
— Margherita?... Margherita?...
— Insomma? cosa c'è? non t'è passata ancora?
— Chi?
— Faìna, quel mascalzone! mi ha fatto tornare apposta, capisci? apposta!
— Per via di che?
— Perchè (dice lui) la notte mi pescavano i pesci nel canale della gora mettendo i bertuelli all'imbocco del fiume.
— E... invece?
— Nulla di nulla!
— Ammazzalo; ma lasciami dormire. Sei contento, ora, d'aver buttato via l'acqua della gora e di avermi sciupato il bucato, di farmi sbandar l'anatre e d'avermi macolata mezza?
— Ma perchè non m'hai lasciato far subito?
— Oh! bella! dovevo esser contenta che tu vuotassi la gora? Se tu me l'avevi detto, appena entrato, ti lasciavo fare e peggio per chi affogava.
E dir questo e rivoltarsi, tutta imbronciata, dalla parte del muro fu un punto solo.
Nella camera si rifece un gran silenzio.
Soltanto la zanzara ronzava sempre con un sibilo così acuto che pareva una vaporiera lontana.
Guglielmo si accostò al letto, si grattò la testa, indeciso, poi provò a chiamare ancora:
— Margherita?
— Ma, insomma?!.
— Margherita, facciamo la pace?
La donna non rispose. Dall'aperta finestra si vedevano scintillare le stelle come occhi curiosi nel cielo che battesser le ciglia, gli alberi lungo la gora, ormai asciutta, si crollavano, si crollavano, si crollavano al venticello leggero quasi chiacchierassero basso di tante cose fra loro, allegramente, ridicchiando in sordina, e la zanzara fischiava sempre.