Ferdinando Paolieri: Raccolta di opere
Ferdinando Paolieri
Uomini e bestie
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I DELFINI

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I DELFINI

 

 

— Non si può, assolutamente, più andare avanti così!

E dicendo queste parole con stizza non celata, padron Francesco detto comunemente «Schianta-catene» tirò fin dentro all'uscio dello stambugio che gli serviva di abitazione, un lembo della lunga rete che strascicava fuori sullo spiazzo battuto del piccolo porto, dietro la fila delle alte barche nere che parevano intente, ritirate in secco sull'alghe, a un perenne colloquio, dove loro non parlavano e solo avea voce, voce prepotente e terribile, l'eterno insonne, il gran mare.

Col lembo di rete miseramente forato, da cui era uscito, nella notte di pesca ansiosa e faticosa, metà del pesce sudatissimo che solo il povero «Schianta-catene» sapeva cosa gli costasse, entrò nella stamberga un filo di luce livida, che lo scirocco s'era alzato sul serio e tutta l'insenatura lunata dove le barche si difendevano traballando dietro la diga irta di macigni granitici, tremava e rombava come se mille demoni la scuotessero a prova.

Le nuvole pazze correvano da sud a nord-ovest sfilaccicandosi in mille guise stranissime, la nebbia velava le cime dirupate dell'isola, la foschia impediva di scorgere la terra al di del canale agitato, le donne colle pezzuole nere attorno alle teste bronzee dai grandi occhi profondi, cominciavano ad aggrupparsi sul molo, nascondendosi dietro il muro per non essere spruzzate dall'acqua, interrogando il mare se recasse sul dorso ballonzolante dei suoi verdi cavalloni dalle criniere di spuma le barche audaci che la speranza di buona pesca aveva spinto oltre il dovere, al largo o vicino alle coste pericolose dove le scogliere strapiombano taglienti come rasoi.

Non c'era agiatezza in casa di «Schianta-catene» e non c'era neppure la felicità.

Quel filo di luce livida e dubbia bastò a rivelarlo; la tavola non si ricordava, evidentemente d'essere stata mai apparecchiata, la piattaia si frangiava di spesse tele di ragno, un magro gatto stava rannicchiato, senza fusa, accanto a un focolare dove non eran che ceneri, e sopra il letto basso, vigilata da un ragazzetto spaurito, delirava una donna consumata dalla vampa di ardentissima febbre.

Come vide la rete strappata annaspò con le dita magre accennando il gesto di cucire, poi lasciò ricadere pesantemente le mani, le abbandonò sulla rimboccatura del lenzuolo bigiastro, simili a due povere cose morte e dètte improvvisamente nel piangere.

«Schianta-catene» che, sotto l'aspetto terribile della sua figura tagliata con l'accetta in un blocco di sasso, aveva un cuore tenero come l'acqua, borbottando fra i denti, alzò gli occhi al cielo per imprecare, poi subito si rimise, giungendo le mani sullo stomaco enorme e nudo e tastò inconsciamente il gruppetto dei «voti» che, per un filo di spargo, gli pendevano dal collo.

Stette un po' così, raccolto in stesso, poi, scaraventato il berretto di lana contro la parete, esclamò: E nessuno che mi voglia aiutare! Di più che cinquanta libbre di pesce, me n'è avanzato una zucca. E la guerra s'è preso Beppino, e i generi rincarano, e siamo sotto Natale, e bisogna mangiare! Mi raccomandai al signor Comandante, che ci mettesse lui un rimedio coi suoi soldati.... ma sì! quel brigante mi ha fatto una risata sul muso! Cosa crede, lui, di saperne più di noi, che non ha mai visto il mare in faccia! Eppure son sicuro che una schioppetata, assestata bene, basterebbe a levare a quei dannati la voglia di rovinare la gente così….

— Ma, babbo, azzardò con voce angosciata il ragazzetto che aveva subito quella tempesta di parole senza alzare il capo dal capezzale della malata, babbo, non avete detto che a tirare al delfino se ne ricorda e c'è da avere qualche brutta sorpresa?

— L'ho detto, l'ho detto.... l'ho detto perchè me l'avevano raccontato i miei vecchi; ma, per San Mamiliano benedettissimo, quando a un cristiano la gli va così, gioca di tutti, chè tanto di peggio non si potrebbe aspettare! — Sarà stata mezzanotte, quando si è cominciato a tirare la rete e intorno intorno pareva l'inferno. Contro uno strappo di nuvole, ho visto la coda a forca d'un di quei dannati e mi son subito detto: Ci siamo! Ma non credevo fossero tanti.... La povera «Clementina» scricchiolava per il gran peso mentre si davan l'ultime bracciate e io ho capito bene che s'era accerchiati. Meno di cinquanta non erano.... finalmente, un salto di qui, una capriola di , si son tuffati e hanno dato il cozzo. L'ho capito nell'attimo, quando uno di loro s'è alzato sopra un frangente e m'ha fatto quel certo verso colla bocca.... Oh! avessi avuto un fucile! Ma il comandante ride, Dio lo mandi alla guerra!

La malata (di cui la barca portava da tanti lustri pomposamente il nome che le fu imposto quando era civettuola dipinta in bianco e rosso e calafatata di fresco e ora invece gemeva e scricchiolava per mille avarie nel fasciame, tal quale come quel povero corpo) la malata aprì la bocca e gemè: Chi la riaccomoderà ora, la rete? Almeno Beppino ci fosse rimasto! A quest'ora avrebbe sposato la Caterina e ci sarebbe una donna per la casa.... quanta miseria, Vergine bella, quanta miseria!

Sotto l'inevitabile tacquero tutti e, nel gran silenzio non si sentiva altro che il respiro furibondo del mare e l'ansimo del petto secco e angustiato del povero «Schianta-catene», quando, come una folata di vento i bambini, i due ultimi, nati ad un parto, irruppero nella stanza in uno sventolio di gonnellini multicolori stinti e rattoppati.

Marsilio ha detto che viene Natale!

Stanotte arriva Ceppo coll'albero e i lumi! — Voglio lo zoccolo per metterlo fuori. — Anch'io lo voglio!

— Lo zoccolo!

— Lo zoccolo! lo zoccolo!

Buoni! buoni! gemeva la malata, buoni! se no quell'omo con la barba bianca e il cappuccio, invece di bene vi porterà male, è se non sarete buoni si trasformerà in un foròne1 e vi porterà via sulla groppa, all'isola di Montecristo, dove ha una grotta che non si vede la fine.... buoni! buoni!

— Io l'ho vista la grotta! saltò su il maggiore, fiero, nonostante il dolore, di ostentare la sua esperienza di piccolo navigatore. — Io l'ho vista e ho parlato con quelli che hanno conosciuto il Mago.

— Il Mago? rispose «Schianta-catene» illuminando il gran volto abbronzato tutto grinze e cicatrici incrociate in ogni senso — il Mago? Anch'io l'ho conosciuto. Si chiamava David Lazzaretti e stava in quella grotta a pregare…. poi l'ammazzarono, laggiù sotto Arcidosso! Ma quelli eran bei tempi di pesca e di poco dispendio e la «Clementina» pareva una rondine quando soffiava maestrale!

Di nuovo il ricordo degli anni passati prese tutte quell'anime miti, di nuovo l'ala del dolore presente sfiorò insensibile quelle fronti percosse, e anche i bambini si tacquero presentendo senza capirla l'imminente sventura.

Nell'isola non si trovava un medico, non una farmacia, non un conforto pietoso, il pesce era poco e i denari mancavano e la Clementina agonizzava proprio alla vigilia di Natale mentre l'altra Clementina, quella di legno, era tornata con un buco di più nella vela e la rete sfondata dai maledetti foròni, disperazione di tutti i pescatori del porto.

Guglielmo, il ragazzetto mezzano, stette a lungo colla fronte tra le mani, guardando tra le dita il babbo che cercava l'oblio in fondo a un boccale contenente gli ultimi litri d'ansonico gagliardo, poi, come lo vide addormentarsi contro la tavola, data un'occhiata alla mamma che si assopiva, uscì sul porto. Non aveva fatto due passi che incontrò Gabbriella, la ragazzina della posta che recava un telegramma.

Un telegramma?! per lui? Difatti era l'unico, in famiglia, che sapesse leggere e scrivere, ma le mani gli tremavano mentre apriva l'involucro giallo e come ebbe letto a stento non poteva credere ai suoi occhi.

Beppino ritornava! ritornava dal fronte in breve licenza, e a quest'ora era a Santo Stefano che passeggiava in su e in giù mordendosi le mani dalla gran bile perchè il piroscafo, la domenica, non faceva servizio! E dire che, colla sua venuta avrebbe rallegrato quella casa disperata, salvato forse la mamma! E poi avrebbe portato qualcosa, che lassù, non aveva occasione di spendere un soldo, e certo, a quell'ora i parenti di Santo Stefano, i quali odiavano «Schianta-catene» per via di questioni da giovani, ma adoravan Beppino, tanto laborioso e buono, lo avevano colmato di regali e di dolci per i ragazzi piccini.

Col telegramma spiegazzato in tasca, Guglielmo rimase a lungo sulla spiaggia taciturno, contemplando la «Clementina» che si cullava mollemente sull'onde sempre decrescenti, finchè il vento parve restare del tutto e nel cielo turchino che si sgombrava di nuvoli, alte, al disopra del profilo arcigno del Castello piantato ferocemente sulla cima granitica a picco sul mare, apparvero le bianche stelle dell'Orsa.

 

*

*        *

 

«Schianta-catene», curvo, barcollante irriconoscibile, se ne andava verso la chiesa di San Lorenzo, trascinandosi dietro i bambini che mugolavano chiedendo il Ceppo e fantasticando sullo zoccolo messo sul focolare spento, accanto al gatto senza fusa il quale non s'era più mosso, mentre un gaio sciame di gente felice s'affrettava, tappando le bocche coi lembi dei mantelli, verso la messa di Natale.

Il cielo era divino, le campane squillavano lietamente annunziando la nascita del Redentore del Mondo e gli uomini proni chiedevano pace, pensando ai mali che insanguinano la terra, mentre Guglielmo, zitto zitto scioglieva l'ormeggio, issava la vela, prendeva il timone e si abbandonava alla corrente drizzando la prora verso il gran promontorio d'argento che scintillava nell'ombra interrotto da insenature profonde che gli davano la strana parvenza di un enorme mostro marino addormentato sul pelo dell'acqua.

E subito parve che un invisibile zeffiro aliando sul placido pelago gonfiasse compiacentemente la vela; certo il favore del Cielo e del mare accompagnava la navicella pietosa nella sua traversata santa per quel rito d'amore.

La barca nera scivolava in silenzio in mezzo a una scia lunga di liquide gemme che pareva segnarle la strada. Era quella la bussola del buon Guglielmuccio, era quella che faceva le veci della cometa fatidica di cui gli avevan parlato accanto al modesto presepio che i fanciulli più ricchi dell'isola riuscivano a fabbricare ogni anno.

E sarebbero tornati, lui e il fratello venuto tanto di lontano, da una vita di sacrifici e di dolori, all'isola che già a quell'ora formicolava di gente preoccupata dalla sorte di quel povero fanciullo sperduto solo nel mare: sarebbero arrivati uguali ai Re Magi carichi di regali, i Re Magi che affrettavano nel presepio modesto il loro cammino verso l'umile capanna dove aspettava il bambino povero e nudo; la madre sofferente e il padre commosso dell'inaspettato affluire di donatori e di doni.

Il sublime sogno del piccolo pescatore si faceva realtà, man mano che lo zeffiro, incalzando e raddoppiando di forza, lo spingeva verso la terra che risplendeva sotto la luce rigida della bianca luna di Natale, come un gran blocco d'oro e d'argento.

E via, e via, e via e via ... ma il canale è largo, e fosse il freddo notturno o il dondolìo della barca, Guglielmo cadde sul fondo della povera «Clementina» che continuava a navigare in mezzo a liquide perle e diamanti, vi giacque, perdette a poco a poco la conoscenza e si assopì profondamente chiudendo gli occhi con dentro le pupille e l'anima la visione stellare del sereno cielo di Ceppo.

E gli pareva di essere come uno dei Re. Di tornare da paesi lontani, sopra una gran nave dal sartiame sonoro esperto di ogni tempesta, recando a bordo per la sua buona mamma, ora vecchia, tanto vecchia, per il suo babbo stroncato dal remo e dalla rete, per i fratellini fatti grandi, d'ogni sorta di ben di Dio, ogni genere di ricchezze, di ghiottonerie, di rarità.

Ed ecco giungeva proprio la notte di Ceppo, e li trovava tutti dispersi che piangevano, ma innanzi a lui, il vecchio Natale incappucciato di blu e colla barba bianca, era corso avanti a mettere, dalla cappa del camino, due monetine d'oro nello zoccoletto di un nipotino, del figliuolo di Beppe, il quale, poi che era scampato alla guerra, aveva sposato la Caterina ed era a far fortuna per mare.

Allora tutti gli pareva accorressero alle grida del bimbo che aveva trovato il tesoro e meravigliati esclamassero gridando al miracolo, finchè qualcuno, istintivamente, apriva la porta, correva fuori a trovare lui, con le braccia cariche d'ogni dovizia, intirizzito dal freddo che non aveva forza d'entrare!

E lo spingevano, lo portavano quasi, dentro, e mentre i più giovani esclamavano giubilanti alla vista dei regali, lui sentiva sciogliersi le membra al calore della fiammata subito accesa nel vecchio cammino e 1'anima al calore di tanti effetti suscitati e ricambiati, rifioriti, a un tratto, come il bucaneve dal ghiaccio, su dal cuore di ciascuno in quella santissima notte in cui tutti gli uomini buoni si senton fratelli; e gli parve che due tremule mani gli cercassero il capo, gli brancicassero la faccia, lo carezzassero sui capelli; le mani della mamma, della mamma, della mamma!

Fece per alzarsi ed abbracciarla …. e si svegliò.

Si svegliò in un letto caldo, circondato da gente curva amorosamente su lui, primo fra tutti Beppino, magro, abbronzato, vestito da soldato italiano, con un fregio d'argento al colletto.... Come ridire i dolci rimproveri, le esclamazioni, gli elogi?

Lo avevano trovato sul far dell'alba irrigidito in fondo alla barca che errava sola sull'acque tranquille, presa da una leggera corrente che la portava lontano dal porto, ma lontano altresì dal pericolo delle scogliere; 1'avevano rimorchiata fin , e ora la voce s'era sparsa per tutto, e la gente era accorsa, a interessarsi del piccolo eroe, a colmarlo di doni, di chicche, di lodi,

E perchè il vento si alzava minacciando di rinforzare, l'animoso Beppino e il bravo Guglielmo, appena questi si fu rimesso in piedi, essendo ormai giorno chiaro da un pezzo, decisero il ritorno.

La «Clementina» che pareva avesse ritrovato i suoi primi ardori, gonfiò la vela al greco-levante e doppiata la punta si slanciò verso l'isola radendo l'onde dalla piccola cresta bianca, come un gabbiano veloce.

Oltre metà del canale, rinforzando il greco-levante e preparandosi a dar luogo alla tramontana, che rende fulminei i grossi velieri, ma affonda le piccole barche, gl'isolani, i quali trepidanti aspettavano, videro la fragile imbarcazione che si avvicinava in una tragica alternativa di sobbalzi che la facevano scomparire e apparire.

Innanzi a tutti, investito dalle ondate che lo bagnavano da capo a piedi nel suo vestito impermeabile da pescatore, «Schianta-catene», sulla punta del molo, coi pugni tesi, si raccomandava e imprecava.

A tratti, nelle brevi soste del tramontano, da un gruppo di donne colle pezzuole nere che incorniciavano gli ovali dei volti cerei, inginocchiate tra due scafi, salivano i ritmi delle litanie, il campaniluccio del tetto roggio squillava disperatamente a tempesta e la preghiera e i lamenti e le deprecazioni si fondevano e dileguavano nel gran rombo senza riposo del vento.

Subitamente un delfino guizzò, agile come una freccia e ricadde nel grembo d'un maroso e un'altro lo seguì, e un altro ancora, e poi cinque, dieci, venti...

«Schianta-catene» non aveva più voce; istupidito guardava i suoi nemici, i foròni, che come una scorta trionfale, gli riconducevano la barca e due figli traverso la tempesta dell'onde.

E la barca cinta da una siepe di pesci guizzanti, come un'apparizione soprannaturale, entrò nello specchio dell'acque più calme, dove i delfini con un ultimo slancio elegante, si rituffarono e scomparvero, mutando, all'improvviso, la rotta.

Ma il dolce Natale della famiglia de' poveri pescatori, sorriso dalla grazia e confortato dall'eroismo di due figli, avverò il sogno del prodigioso fanciullo, il quale dieci anni più tardi, tornando in porto carico di ricchezze a bordo del suo magnifico veliero «Il foròne» che aveva a prua la figura scolpita di un delfino armato, scioglieva il suo voto sopra la tomba, nel bianco cimitero di tipo orientale, della madre che un giorno aveva salvata, ottenendone in ricompensa, dalla riconoscente preghiera, il favore dei mostri belli e misteriosi del mare.

 

 

 

 

 





1 Nel linguaggio dei maremmani rivieraschi «foròne» è il soprannome dato ai delfini.



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