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LO "SCIOFFÈ"
Il vecchio Emilio rimase in mezzo alla strada provinciale, ravvolto in un nugolone di polvere, stringendo in un pugno la gallina mezza sfracellata e tendendo l'altro ferocemente verso l'automobile che già non era che un punto scuro alla voltata lontana.
— Questa tu me la paghi!
E rientrato sotto il portico scaraventò la carcassa sanguinante della pollastra sull'ammattonato, incrociando le braccia e corrugando le sopracciglia irsute dalle pupille bieche di bestia male addomesticata.
— Questa tu me la paghi! Ora basta! canaglia d'uno «scioffè». Ma se fossero tue ci baderesti!
E si cacciava la pipa in bocca, e brandita la marra, se la poneva in spalla e pigliava la via del campo, torvo e tempestoso più del cielo grave di nuvole che metteva una luce livida su tutta la campagna in frutto. Confusamente, ora, Emilio rivangava il terreno, e, nel suo oscuro cervello di contadino, il passato.
Dal giorno in cui quel demonio del signor Pavesi aveva comprato la villa vicina, era finito il bene stare! Non gli bastava di aver fatto il capanno in proda al campo, sì che quando un uccello cascava nel suo gli scorazzavano a cercarlo per tutte le zolle pesticciandogli mezzi i maggesi; non gli bastava di dar la via ogni domenica ai palloni accesi di carta velina a rischio che bruciassero qualche pagliaio o la capanna del fieno, non era contento di tirare alle passere sui cipressi grandi vicino al cancello, di spaurire i piccioni torraioli, di avvezzargli anche i nipoti strascicandoseli a caccia, col fucile di giorno e di notte col frugnolo e col diavolaccio, ora, ogni tanto, passando coll'automobile a scatafascio in quel modo, gli spiaccicava qualche conigliolo o qualche gallina.
E, sulle prime, conigliolo e gallina erano stati pagati il loro prezzo di tariffa, allora, bei tempi! cinque lire l'uno... ora nossignori! Il signor Pavesi aveva tirato fuori un diavolo di regolamento municipale per cui i polli e i coniglioli non potevano più starsene in mezzo alla strada maestra... e glieli spiaccicava, gratis, molto tranquillamente.
Ma c'era di peggio, ci doveva esser di peggio, tanto che Emilio non osava neanche di affacciarne il dubbio a se stesso...
E siccome il sole declinava dietro le nuvole enormi e bige, il vecchio buttò via la vanga e cogli occhi fissi alla Villa Rosa che s'affacciava, violetta nel crepuscolo, tra il verde caldo dei cipressi e dell'acacie fronzute, si mise, rannicchiato a piè della macchia bassa, ad aspettare colla pazienza ostinata d'un animale rapace.
La campagna era piena di rumori indistinti, vibrante di suoni lontani; il mormorio della Pesa, giù tra i gattici, un canto lungo fra gli olivi di faccia, uno schioccar di frusta sulla via maestra, il chiocciare dei polli dalla casa vicina, il primo accordo d'un grillo, un blando soffio di vento; poi una nebbia violetta cominciò a salire dal fiume, gli oggetti circostanti illanguidirono ed un suono di campane si slanciò, allegro, da monte a valle.
Allora, sul viottolone della villa, che appariva e scompariva a lembi tra i fogliami, sbucò una figura svelta di ragazza vestita di turchino con in capo un fazzoletto scarlatto, vivace come una fiamma.
Emilio la guardava muoversi e camminare con un passo noncurante e a sbalzi, trattenendo il respiro.
Passò vicino a lui, che se si fosse alzato di scatto, l'avrebbe potuta afferrare, passò colla testa alta, un po' rovesciata all'indietro, un sorriso di beatitudine sulle labbra accese quasi fossero state baciate d'allora; si chinò un istante a cogliere un mazzo di salvastrella e continuò verso il fumo del casolare appiattato fra gli olmi aspirando quel profumo selvaggio colle narici palpitanti come quelle d'una puledra, poi scomparve al gomito della viottola.
Emilio segui la figlia finchè potè cogli occhi biechi di bestia male addomesticata sotto le sopracciglia irsute, poi levandosi in piedi si torse i pugni fino a farsi male.
Dunque non s'era ingannato! La Liduina veniva dalla villa; o di dove poteva venire a quell'ora e su quello stradale? Ma cosa ci andava a fare alla villa, che cosa?
Una visione fosca passò davanti alla mente del vecchio contadino, che si affrettava a respingerla con orrore; ma l'orribile idea fu pronta a riaffacciarglisi, a piantarsi nel suo cervello, più ostinata, più decisa che mai.
E tutti i ragionamenti che faceva per distruggerla non riuscivano invece che ad avvalorarla.
Di fatto, era chiaro: da un anno il Pavesi aveva comprato la villa, due mesi dopo c'era venuto a stare, e dopo poco la Liduina era stata chiesta dal figliolo del fattore. Un affare d'oro! Lei bella, con qualcosa di suo, lui giovane, denaroso e col posto pronto che il babbo gli serbava caldo per il momento opportuno... invece, nossignori! La Liduina non l'aveva voluto. E perchè non l'aveva voluto?
Intanto il Pavesi schiacciò la prima gallina e la pagò; schiacciò un conigliolo, e lo pagò; schiacciò una seconda gallina; e la pagò. Fu questo l'appiccagnolo per fare un po' di relazione. D'autunno cominciarono le veglie in cucina, accanto al camino grande. Si fecero le brigide, si sbucciarono le succiole, si giocò ai mercanti, alla fiera, al lupo, ai fidanzati... e il signorino non mancava mai! Poi portò l'organino... quello non avrebbe mai dovuto permetterlo, vecchio balordo che non era altro! coll'organino nacque l'idea del balletto, col balletto il pissi-pissi nei cantucci e il signor Pavesi, seccato smise d'andare a veglia e non volle più pagar le galline!
Ma chi fa intendere la ragione a una ragazza stregata e a un giovanotto innamorato?
Quelli seguitarono; di certo! Di nascosto; ma seguitarono... e ora Emilio aveva la prova, la prova lampante!
Il Pavesi non c'era, era andato in città, schiacciandogli un'altra gallina, ma aveva lasciato il figliolo a casa; e la Liduina... cosa poteva essere andata a fare la Liduina alla villa? Ma l'avrebbe saputo, e subito anche.
Arrivato a casa con cento diavoli per capello, Emilio entrò in cucina con aria feroce, ma appena si vide davanti la figliola rimase zitto, come al solito, poi balbettò delle frasi tronche, brontolò fra i denti delle parole incomprensibili, e tutto finì come certi uragani di Luglio che si preparano con ammassi spettacolosi di nuvole e dileguano in pochi borbottamenti di tuoni lontani.
Ed era sempre stato così, da che quella benedetta figliola aveva avuto l'uso della ragione, volendo, disvolendo, facendo tutte le carte lei, mangiando come il pane il babbo, la mamma, i fratelli che lavoravano peggio di ciuchi e che ne subivano il fascino e le monellerie, contenti di vederla crescere bella e prosperosa a quel modo, consolandosi l'un coll'altro colla solita speranza: In fin de' conti, sarà l'appoggio di casa col bel matrimonio che farà!
E anche, quando qualche mese più tardi, quello che era preveduto accadde e l'accaduto non si potè più nascondere, tutto il furore compresso d'Emilio sfumò come una bolla d'aria, restò lì mezzo rimbambito, vaneggiando e bamboleggiando, senza saper far altro che buttar le braccia al collo della sua vecchia e singhiozzare insieme come due anime perse.
Quanto alla ragazza non ci fu verso che aprisse bocca per spiegarsi, ma per paura del fratello prese la strada e se n'andò facendo capire che si recava a Firenze alla Maternità.
*
* *
La sera, il vecchio, consigliatosi anche coi suoi, fece un cor risoluto e andò alla villa. Il Pavesi aveva finito allora di desinare e leggeva il giornale, fumando, sdraiato in una poltrona di giunco. Era solo.
— Che c'è, fece di malumore allo chauffeur che gli annunziava la visita del confinante; che c'è ora di nuovo? un'altra gallina schiacciata? La cosa comincia a puzzarmi leggermente di ricatto... Ah! vuol passare a tutti costi e vuol parlare a me solo? Ma bene! contentiamolo sua eccellenza! Introducetelo.
Emilio rimase sull'uscio rigirando il cappello fra le mani, poi fece un passo innalzi senza sedersi sulla seggiola che gli accennava il Pavesi.
— Io vorrei sapere, cominciò, come la intenda di regolarsi questa volta!
— Come quell'altra. Siete in contravvenzione. Imparerete a non guardare le vostre pollastre.
— O cosa c'entrano le pollastre?
— Ma di che cosa parlate allora?
— Io discorro della mia figliola!
— La vostra figliola! cosa c'entra la vostra figliola? Oh! aspettate... credo di capire.... ho capito, via, ho capito tutto... E avete il coraggio di venire a romper le scatole a me? Io ne ho fin sugli occhi, ecco, di voi, delle vostre galline, del vostro podere, della vostra famiglia! Ma, perdio! — e il Pavesi alzatosi in piedi lasciava andare un pugno sulla tavola facendo tremare bicchieri e coltelli — Ma perdio! quando non si sa custodire le galline, quando si lasciano i conigli in giro, quando si da piena libertà alle ragazze, quando si è scemo, come siete voi, non può succedere diversamente!
— Lei ha mille ragioni...
— Ci avevi preso gusto a quei fogli da cinque per ciascuna delle vostre pollastre tubercolose, eh? ci avevi preso gusto a farvi pagare uno scudo sonante quei vostri coniglioli gialli per l'itterizia, eh? E invece, saresti stato voi che avreste dovuto pagare, perchè eravate perfettamente in contravvenzione! Più imbecille io, a darvela vinta!
— Lei ha mille ragioni...
— Ed ora cosa mi state a seccare colla vostra figliola? l'avevi a guardar meglio, la vostra figliola? Cosa volete che ci faccia io se.... se.... se... ma non mi fate discorrere, ma non mi fate arrabbiare, ma non mi fate andare il sangue alla testa!
— Lei ha mille ragioni...
— E se ho mille ragioni, cosa ci siete venuto a fare? A interrompermi la digestione? Maledetto il giorno in cui mi saltò l'estro di comprare questa bicocca. Basta! non sono il diavolo. Sentirò io, parlerò io, probabilmente; ma non vi ci attaccate, veh? probabilmente rimedierò io, e fra qualche giorno vi saprò dare una risposta, ma ora fatemi il sacrosanto piacere di levarvi di torno, perchè io pago le tasse come voi e più di voi, e ho diritto, capite? il pieno diritto, di fumare il mio sigaro in pace. Arrivederci.
E se n'andò nell'altra stanza, sbatacchiando la porta.
Emilio uscì all'aperto, rimbecillito, battendo negli stipiti, cercando d'aspirare quant'aria potesse perchè gli pareva di soffocare, mentre nel cervello gli risuonavano, gli s'incrociavano facendogli balenare scintille davanti agli occhi, tutte quelle parole strane: Le galline, i coniglioli, la ragazza, le tasse e il sigaro! cosa c'entravano le tasse e il sigaro in quella faccenda lì?! Ma sarebbe andato fino in fondo a costo di farsi ammazzare! In fin dei conti non era acqua da occhi... E con che modi glielo aveva detto! Pareva che avesse ragion da vendere!
Quando però il giorno dopo andò a cercar dei Pavesi, la villa era chiusa, non c'erano più!
Emilio chiamò il figliolo, gli fece vedere la porta della villa chiusa, e gli sussurrò sordamente all'orecchio: Ha fatto scappare il figliolo... l'ha mandato all'estero, quel mascalzone! e il giovane rispose con una frase sola, sintetica e torva: Ho capito...
Il pezzo di via provinciale che conduceva alla villa era composto di due svoltate secche, a serpe, del percorso d'un chilometro ardito. Ai lati i campi, in faccia ed in fondo i campi; di case, quella d'Emilio soltanto.
Per qualche mese consecutivo i due uomini, Emilio ed il suo figliolo maggiore, furono intenti ad una curiosa bisogna.
Il giovanotto appiattato all'ultima svoltata vicino alla villa, teneva teso un filo di ferro attraverso alla via, legato a un albero all'altra estremità.
Il vecchio nascosto dietro la siepe, a quell'altro gomito della strada di cui dominava un pezzo notevole, stava attento ai rari veicoli che venivano da quella parte e appena li avvistava faceva un fischio.
Il figliolo, sia che vedesse lui qualche persona o un barroccino, sia che sentisse il fischio paterno, lasciava cadere il filo.
Ma una volta o l'altra, (e nei voti era che ciò succedesse di notte) sarebbe arrivata l'automobile dei Pavesi colla solita velocità fantastica, allora il padre avrebbe fatto due fischi invece d'uno, il giovanotto avrebbe legato il filo all'albero accanto a sè e sarebbe fuggito, mentre i viaggiatori del primo sedile, sarebbero stati conciati per il dì delle feste da quella mannaia invisibile tesa da un capo all'altro dello stradale all'altezza prevista e calcolata, e l'automobile in balia di sè stessa avrebbe finito per isfracellarsi chi sa dove.
Vendetta da contadini, agguato da volpi.
Era un crepuscolo roseo trasparente e luminoso quando la sirena ben nota ai due uomini, fece udire in fondo alla ripida scesa il suo lungo ululato d'avviso. Emilio, col cuore che gli si schiantava nel petto si protese fuori della macchia facendo solecchio delle mani alla fronte, mentre il figliolo rapido, tendeva il filo pronto ad annodarlo.
Un altro ululato più vicino e la gran macchia rossa apparve, eran loro! Emilio mise le dita in bocca e cacciò due fischi, facendo l'atto di fuggire. Ma subito s'arrestò paralizzato dallo spavento, coi capelli rigidi sul capo, col busto eretto fuori della macchia senza curarsi che si scopriva, finchè gli si sciolse la voce e colle mani disperate e colla parola smozzicata, agitandosi come un ossesso, andava urlando: Fermate! fermate!...
Che sull'automobile aveva visto la Liduina col bimbo in collo, lei in carne e in ossa!
Ma la gran macchina abbandonata all'impeto della corsa furibonda strisciò fremendo e scomparve mentre Emilio s'abbatteva pesantemente come colpito da un maglio sul capo.
Quando si riebbe e riaprì gli occhi vide meravigliato come se si destasse da un sogno, le mura scabre della camera scalcinata e i santi coll'olivo attraverso tutto nero di mosche, e i travicelli spioventi colle ragnatele ad imbuto e laggiù in un cantuccio, nell'ombra, la figliola che piangeva col capo appoggiato al cassettone e accanto il fratello corrucciato, e interrogò cogli occhi ansiosi la sua vecchia che gli si chinava amorosamente sul viso.
— Ma ditemi la verità! cosa è successo? — È la Madonna santissima che ci ha fatto la grazia! Da un male invece è nato un gran bene! La Liduina, sapete? farà la signora...
— Come avete detto?
— La sposa? Dio Eterno! Lui? il.... signorino?!
E si alzò sul letto annaspando, frenetico dalla commozione; ma la moglie fu pronta a ghiacciargli l'eccesso dell'entusiasmo:
— Ma che signorino d'Egitto! o non avete capito ancora di chi si tratta? Si tratta di quello che porta i gambali gialli.... insomma lui... lo «scioffè». Ma l'è quasi la stessa....
Emilio rimase un poco interdetto, scrollò la testa arruffata, poi, come chi piglia un partito, con convinzione, concluse: Ci ho piacere anche così, ma specialmente per le galline....