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Possibile? Possibile che sotto un pergolato, come allora, ci fossero sempre, come allora, gli identici tavolini, forse gli stessi?
Eppure la stazione era quella, quello il berceau, quella la trattoria, dove trentacinque anni prima, egli era sceso dal «trenino» per aspettare il diretto di Roma!
Veniva, allora, dall'isola nativa, perduta in mezzo al Tirreno color di zaffiro e andava a Roma, dopo congedato dal servizio militare, compiuto a bordo delle torpediniere, con pochi soldi in tasca, una salute di ferro addosso e la mente piena di sogni rosei.
E i sogni s'erano avverati, in gran parte, se non tutti.
Il povero marinaro slanciatosi nei commerci, da Roma era passato a Napoli e da Napoli s'era imbarcato e via! in America. Aveva avuto fortuna e ora, tornava, agiato, se non ricco, ancora ben portante a poco più di sessant'anni, a rivedere il suo paese.
Storia vecchia quanto il mondo, banale e cucinata ormai in mille salse da mille novellieri diversi, nè varrebbe, proprio, la pena di raccontarla se fosse finita qui.
L'antico marinaro, che chiameremo Giorgio, non tornava al suo paese solamente per riposarsi e terminare la vita dov'era nato.
Ci tornava nella speranza di trovare il coraggio per romper quella solitudine che gli era stata compagna anche in mezzo ai tumulti delle grandi capitali e dei porti sonanti di traffici e di favelle diverse. In una parola tornava colla speranza di trovare, se non l'amore, la compagnìa. Ora era ricco e voleva realizzare il sogno della sua giovinezza.
Perchè, da giovine, aveva sognato (e non sempre invano!) di trovar l'anima gemella che lo comprendesse, che a lui, povero allora e derelitto, porgesse il conforto morale e materiale, che l'aiutasse a combattere e a vincere.
Codesto ideale aveva creduto di trovarlo, per un attimo, e in un attimo se l'era visto sfuggire.
E appunto in quella stazione solitaria, dove ora aspettava il trenino che non veniva mai, credè d'aver trovato la fortuna e la vide dileguare, a un tratto, così come gli era apparsa, simile a una visione notturna.
S'era seduto sotto il modesto pergolato, a un tavolinetto di legno, e guardava, aspettando che il cameriere gli portasse da mangiare, il gioco dell'ombre turchine e degli occhi di sole gialli sulla tovaglia azzurra costellata di macchie di vino, quando ebbe la sensazione che qualcuno lo fissasse, alle spalle.
Si voltò e vide una ragazza vestita modestamente, ma col cappello, la quale, appena si accorse che egli l'aveva notata, girò gli occhi da un'altra parte, affettando indifferenza.
Mentre il cameriere metteva in tavola, la fanciulla chiese se il trenino avrebbe ritardato, e avuto risposta che avrebbe avuto un ritardo d'un'ora, cominciò a smaniare temendo di perdere la coincidenza con un piroscafo, il quale, dal prossimo porto, doveva condurla in un paese della costa.
Allora lui, che aveva in tasca, per combinazione, un orario, lo sfogliò e potè rassicurarla, perchè il piroscafo si fermava oltre un'ora nel porto dove lei avrebbe dovuto imbarcarsi.
Fu questo lo spunto, banalissimo, d'una conversazione fra i due, in seguito alla quale l'uomo cambiò di posto per non voltar le spalle alla ragazza, e che diventò sempre più appassionata, finchè come obbedendo ad una mutua, improvvisa, inspiegabile simpatia, fecero tavola comune e finirono per confessarsi le vicendevoli aspirazioni.
Tutti e due avevano un desiderio solo.... di fermarsi! Cioè di trovare, subito, ora che eran giovani, una compagnia sicura per proseguire il viaggio della vita ben più pericoloso ed arduo di quello intrapreso allora.
Naturalmente, non se lo dissero, ma è facile imaginare che lei avrà sognato che il suo ideale, oltre che giovine e bello e intraprendente e onesto e leale e buono, fosse anche ricco, e lui avrà sognato che lei, oltre che bella, fosse giovine, ricca e capace di comprenderlo.
Non si dissero nulla di tutte queste cose, ma seguitarono a discorrere di mille nonnulla, per un'ora filata, scordandosi perfino di mangiare e accorgendosi sempre di più di piacersi reciprocamente.
Eppure proprio quando sarebbe stato così logico fosse venuto in mente ad entrambi che in quell'incontro e in quella simpatia c'era il dito del così detto destino e almeno ad uno, all'uomo, fosse venuta alle labbra questa constatazione la quale, forse, avrebbe potuto bastare a farli soffermare e a riflettere; proprio allora, bastò il fischio rauco dell'asmatico trenino che arrivava, arrancando e sbuffando faticosamente, di fra mezzo alle siepi alle quali regalava gli stracci dei fumo turchiniccio perchè li stendessero sui loro rami spinosi, bastò quel grido che ruppe la quiete simmetrica della stazioncina color carnicino e lillà, perchè tutti e due dimenticassero quel che era avvenuto fra loro, e sentissero soltanto la fretta di ripigliare il cammino, senza dirsi altro, senza una spiegazione, nulla, voltandosi le terga e scomparendo col segreto di quei sentimenti che le bocche s'eran rifiutate di rivelare, chiuso ermeticamente nel cuore.
L'uomo ora, pensava a codesto ricordo lontano guardando il piccolo berceau della modesta trattoria, allorchè, a quella stessa tavola vide seduta una persona alla quale non aveva fatto, fino a quel momento, attenzione.
E si stropicciò gli occhi, per osservar meglio, poi si alzò, rimase un istante perplesso e finalmente s'avvicinò all'oggetto della sua attenzione.
Era una donna, press'a poco della sua età, vestita modestamente ma col cappello.
Eppure quelle fattezze non gli riuscivano nuove.... quel volto non era a lui sconosciuto.
La donna accorgendosi d'esser fissata, colla franchezza che le conferiva l'età non più fresca, s'era voltata e osservava l'uomo.
L'uomo non era cambiato gran fatto. Aveva i capelli riccioluti, come tanti anni prima, salvo che, ora, eran grigi, ma conservava la medesima corporatura e la stessa vivacità nello sguardo, sicchè la donna (poi che si trattava proprio di lei) fu la prima a riconoscerlo, e a rompere quell'imbarazzante silenzio2....
E gli fece l'identica domanda che gli aveva fatto tanti anni avanti: Ritarderà molto il treno?
Fu questa domanda che illuminò, come un lampo di notte, il cervello dell'uomo. E riconobbe subito la donna.
- Questa domanda mi fu rivolta, in questo luogo, un'altra volta!
- Gliela rivolgevo io, allora! Sì.... son proprio io, ma ahimè! quanto cambiata!
- E io, dunque?
- Oh! meno di me! lei è ancora forte, ancora dritto, ancora capace di lottare, di vivere, io non son più che l'ombra di quel che fui.
- Grandissimi. La vita m'è stata nemica. Separata dal marito col quale non conobbi che lagrime, dopo che mia figlia è stata sposa, sono rimasta sola, perchè il genero non vuole la suocera in casa e soltanto permette, che due o tre volte all'anno vada a trovarli.... Sono vissuta così, senza amore e mi domando ancora perchè ho vissuto. Lei ha moglie?
- No.... avrei dovuto prenderla subito, quando trovai la creatura che mi piaceva infinitamente.... tanti anni or sono.... Invece, chissà perchè, non ebbi il coraggio di pronunciarmi, e, invece di fermarmi, proseguii la corsa inutile e pazzesca verso l'ignoto....»
- Lo sa che se avesse pronunziato una parola, allora, la nostra sorte sarebbe stata completamente diversa?
- Lo so.... Ho passato tutto questo lunghissimo tempo a domandarmi perchè, quel giorno, tacqui. Ma non ho saputo trovar la risposta.
- Forse....
- Taccia, taccia - comprendo. Forse tutti e due si fu trattenuti nell'impulso reciproco, che ci spingeva l'uno verso l'altra, da quelle considerazioni d'indole materiale che, nella vita umana, paralizzano e deviano il corso naturale del nostro destino. Io pensai che ella fosse ricca e non ebbi coraggio di crearmi una illusione per timore di vederla dileguare....
- Io pensai che lei fosse povero ed ebbi paura che la simpatia con la quale era venuto verso di me fosse frutto di un calcolo improvviso e feci forza a me stessa per proseguire a camminare senza voltarmi indietro.... Oh! ma perchè non mi fermai?
- In quell'istante, scioccamente, abbiamo dunque spezzato la nostra felicità, precipitato nel nulla il nostro avvenire!
- Precisamente. La natura provvidenziale prepara, per mezzo del così detto caso, le naturali combinazioni per mezzo di affinità spontanee....
- E gli uomini, invece d'affidarsi all'istinto, pretendono di ragionare....
- E, sbagliata la via, s'aggirano senza rimedio per viottoli tortuosi, chiamando invano il bene che intravidero e che abbandonarono e da cui il tempo li separa continuando a calare fra l'una persona e l'altra velarii sempre più impenetrabili d'anni.
- Così.... è così.... è così!
Nel silenzio della stazione, s'udiva trillare impertinente, insistente, monotono, noioso, il campanellino invisibile che annunciava l'imminenza del treno.
- E lei - chiese la donna - è ammogliato?
- No.... ma torno al mio paese per ammogliarmi.
- Ha dunque trovato....
- Nemmen per sogno. Ormai non mi resta che fare un matrimonio di calcolo; unirmi a qualche vedova, senz'amore e senza entusiasmo, così, con un contratto, come si forma una qualunque società commerciale.... unire insieme il reciproco capitale della gran noia della vita.... e assaporarne i frutti amari in due, finchè la morte non ci divida....
- Già.... io ho sofferto tanto, ed ho vissuto tanto per abbandonar tutto ed essere abbandonata da tutti.
- Io ho lavorato trent'anni per uno scopo ignoto e forse senza scopo....
- E non ha mai trovato, durante le sue lunghe peregrinazioni per così diversi paesi?...
- Il caso fa incontrare due anime una volta. Poi, basta!
La donna abbassò la testa, quindi, adagio, disse: Qualche volta le anime si ritrovano....
- Ma già divise dalla società umana. La società umana altera le leggi della natura.
- Gli uomini corrono dietro alla felicità mentre spesso la felicità è li, accanto a loro.
- Se l'umanità si fermasse....
- Eppure nessuno si ferma.
- Perchè tutti chiediamo «di più».
Un fischio acuto fece tremare gli smerli leggeri della piccola tettoia di lamiera, poi il diretto fragoroso e fumante entrò nella stazione con un gran cigolare di ferri.
Gente salì, gente discese; sopraggiunse il trenino gremito di gente povera con fagotti dì cenci, pallida nella luce mattinale, agli sportelli dei vagoni.
Si salutarono con un cenno.
L'uomo disse, afferrando la sua valigia e quasi parlando a se stesso: Perchè non fermarsi?
La donna rispose avviandosi al diretto: Non siamo più in tempo.
I due traini si mossero in direzioni opposte, carichi di persone che correvano, sfuggendo ai luoghi dove la natura le fece nascere, verso sconosciuti destini; e dal finestrino i due seguitarono a cercarsi cogli occhi finchè la curva della strada ferrata non li nascose l'uno all'altra, per sempre.
Per sempre? chi lo sa? un giorno tutti i corpi si fermano. E le anime? Si ricongiungono forse, se è vero che esse continuano, di là dallo spazio limitato del mondo, un loro cammino fatale.