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UN MERLO.
Il signor Ottavio, tranquillo possidente di campagna, ritornò da caccia prestissimo. Tanto presto, che non trovò nessuno della sua famiglia in casa. Ed era logico, perchè il signor Ottavio, fra le molte sue doti, possedeva anche quella di una meticolosità esasperante, e, per nulla al mondo, sarebbe tornato al desco familiare dalla consueta, infeconda caccia mattutina, un minuto prima o un minuto dopo il mezzogiorno.
Chè se, per caso, l'orologio gli andasse male o l'avesse ingannato il sole, nascondendosi tra le nubi, il signor Ottavio aveva la stoica fermezza di aspettare, fermo sulla prima cantonata del paese lo scòcco del «vuotapentole» dopo di che, misurando il passo, faceva in modo da metter piede sulla soglia di casa appena l'ultima nota della campana, con un ronzìo sonoro, svanisse nell'aria!
Eppure, codesta mattina, quando il signor Ottavio non entrò, ma si precipitò in cucina, erano appena le dieci.
Di cucina passò in salotto, dal salotto in salotto buono, dal salotto buono nelle camere e non trovò nessuno.
Convulso, si tolse la cartuccèra, posò il fucile, si sfibbiò i gambali, si levò la cacciatora e i pantaloni; si cambiò camicia e solino, senza arrabbiarsi, come al solito, per via della cravatta, si vestì a festa, prese il cappello duro, aprì il cassettone, e, riempitosi il portafoglio di biglietti di banca da cinquanta e da cento, scappò via come un ladro.
A piedi, sotto il bel sole settembrino, il signor Ottavio scendeva rapidamente la via provinciale, ma il suo volto tradiva una intensa commozione, tanto che il merciaio, Semini, il quale lo raggiunse a piè dello stradone dei cipressi col suo cavallino fidato e trottatore, non potè fare a meno di soffermare la bestia per domandargli se si sentiva male e se voleva approfittar del veicolo.
Il signor Ottavio non se lo fece dire due volte, montò, e, appena fu accanto al merciaio, a cassetta, gli domandò dove andava.
- A Firenze!
- Che mi potrebbe accompagnare? Devo recarmici anch'io e per un affare che non ammette dilazioni....
- Si figuri! O non l'ho invitato a salire apposta? Piuttosto, se è lecito, vorrei esser rassicurato sul suo stato di salute, perchè lei non se n'abbia a male, mi pare stravolto, strafigurito, e dimolto: c'è forse qualcheduno, in casa sua, che si sente male?
- Dio lo volesse!
- Sarebbe a dire?
- Sarebbe a dire che a tutto c'è rimedio, caro Semini, fuor che alla morte!
- Gesummaria! Ma.... allora è successa una disgrazia a qualcheduno dei suoi?
- Iddio mi perdoni la resìa, ma credo sul serio che sarebbe stato meglio!
- Lei mi spaventa! O che diavolo può essere accaduto di peggio?
- Senta, Semini, lei mi conosce e da un pezzo, e fra le nostre famiglie non c'è mai stato un dissapore, uno screzio.... se le confido un segreto, ma un segreto terribile, lei giura di custodirlo?
- Oh, sventuratamente, non le chiedo tanto; mi basta che lei faccia finta di non avermi veduto per tre o quattro giorni, finchè, insomma, non avrò fatto quello che vado a fare, per mia disgrazia, a Firenze.
- «Che Dio ci liberi! - pensava il merciaio fra sè tra incuriosito e dolente. - O cosa diavolo avrà fatto il povero signor Ottavio?». E frustava il cavallo, affrettandone il rapido trotto, finchè vedendo che il suo compagno rimaneva avvolto come se gli avessero murata la bocca, gli chiese: Vuole che pigli dalla scorciatoia? È strada peggiore, ma meno battuta....
Come furono in fondo alla scesa e cominciarono l'erta aspra che dura oltre due chilometri, Semini abbandonò le redini sul collo al suo baio e si voltò in aria interrogativa verso il signor Ottavio; perchè non lo dava a conoscere, ma, in fondo, bruciava dalla voglia di sapere ogni cosa.
E il sor Ottavio non si fece pregare: Lei, cominciò con voce bassissima, guarda in me un infelice che per mèra fatalità vede ora se stesso sull'orlo della galera e la famiglia sull'orlo del precipizio.
- Ma cosa dice?
- Mi scruti bene, e capirà prima che abbia finito di discorrere.
Di fatti era irriconoscibile; due solchi profondi gli scavavano le guancie colorite di vermiglio dal frequente uso di Bacco e gli occhi infossati, febbricitanti, gli rilucevano di lacrime.
- Sì - continuò sospirando - tal quale ora lei può contemplarmi, io non sono più un uomo, ma uno straccio; perchè stamattina, proprio stamattina, io ho ucciso una donna.
Semini fece appena a tempo ad agguantare le redini e a salvare il calesse, con uno strappone dalla rotata d'un carro di bovi carico di pietre che scendeva giù cigolando, poi squadrò bene, da capo a' piedi, il suo interlocutore per assicurarsi che non fosse ammattito.
- Lei?! ha ammazzato...?
- Una donna. Nel bosco della Verzeta, circa un'ora fa.
- E chi lo sa? Capirà bene che non mi son sentito il coraggio di star lì a guardarla; ma, appena avvenuta la disgrazia, ho levato quell'altra cartuccia dal fucile e son fuggito con quante gambe avevo.
- Ah! perchè.... è stata una disgrazia?
- Per forza! Voleva che mi fossi divertito ad ammazzarla apposta?
- Non dico questo.... insomma, com'è andata?
- Se le giuro che non lo so neppur io! M'è frullato un merlo e s'è posato sopra un macchione. Gli ho tirato subito, e quando sono andato per raccattarlo, dalla parte di là della macchia, invece del merlo, ci ho trovato una donna stecchita col suo bravo fastello di legna accanto.
- È terribile.
- Stia zitto! non mi ci faccia pensare!
E si stringeva la testa coi pugni come se avesse paura che gliela volessero portar via.
- E ora che cosa ha intenzione di fare?
- Veramente, ancora, non lo so neppur io....
- Non ne ho avuto il tempo... e poi, sul primo momento, non ho pensato che a scappare.... ma ora sono in angustie per quei poveretti!
Erano arrivati in cima alla salita e incrociavano appunto con un baroccino carico di sensali. Semini fermò e disse a uno di loro: Voi, Bòbo, andate al paese?
- Diritto come un fuso; ho una fame....
- Bè.... Potreste avvertire la famiglia, qui, del sor Ottavio, che un affare importantissimo l'ha obbligato a recarsi a Firenze e non tornerà forse neanche domani, nè domani l'altro?
- Volentieri!
E il barroccino si perse per la china, guaiolando come un cane schiacciato, con tutta la martinicca serrata.
- La prima cosa intanto, - disse allegramente Semini, - è accomodata; ora si penserà al resto. Non pretenderà mica di andare a costituirsi come un babbèo.
- Ecco.... lei cosa mi consiglia?
- Senta.... Ha denaro con sè? Se no, senza offenderla, gliene impresto io....
- Credo d'averci un migliaio di lire....
- N'avanza! Lei ora, appena in città, si reca da un avvocato, gli racconta il suo caso, e si mette nelle sue mani; poi, mentre lui fa le pratiche per la libertà provvisoria, piglia il treno e scappa a Livorno.... ai bagni!
- Crede che me l'accorderanno?
- Su questo non c'è dubbio possibile.
- E se a Livorno m'acchiappano? Dovrei rifare la strada.... ammannettato come un malfattore?
- Ma chi vuol che l'acchiappi? Lei scende all'albergo e dà un nome qualunque.... il mio, per esempio....
- Ha ragione! Non c'è da far che così. Creda, Semini, gliene sarò riconoscente per tutta la vita.
Dall'avvocato l'attesa non fu breve; l'eminente uomo di legge era al tribunale e non arrivò che verso la una; prima che avesse sbrigata tutta la gente la quale faceva coda in anticamera, erano più delle due e il legale, colla busta sotto il braccio, stava per andarsene, quando Ottavio gli cascò quasi in ginocchio davanti.
- Vediamo - disse l'avvocato - vediamo di che cosa si tratta, ma in due parole, mi raccomando, perchè sacco vuoto non sta in piedi.
Ottavio fu telegrafico; l'avvocato l'ascoltò, giocherellando colla penna stilografica, e consultando ogni due secondi l'orologio, poi concluse, alzandosi: Ritorni, verso le quattro o le cinque, e mi porti una diecina di mila franchi. Occorre versare una cauzione, che mi pare sia piuttosto forte, carta bollata, mance agli uscieri etc. ed io, attualmente, non sono in fondi. Allora, alle quattro! E sia puntuale.
Ed uscì.
Ottavio era restato senza una gocciola di sangue nelle vene. Tuttavia, benchè digiuno e disfatto a quel modo, trovò la forza di ricordarsi di un ricchissimo signore al quale vendeva vino e cereali a grosse partite e ci andò subito.
Lo incontrò sull'uscio, che usciva di casa col sigaro in bocca, e, accompagnandosi con lui, strada facendo, gli narrò il fatto.
Il ricchissimo signore non obiettò verbo; entrò da un tabaccaio, comprò una cambiale, e lì, per la strada, colla penna stilografica la riempì e la fece firmare al signor Ottavio; d'interessi non gli prese quasi nulla, un vero favore da amico, l'undici per cento, quasi quanto la Banca....
Ottavio tornò dall'avvocato, versò le diecimila lire, poi gli disse: Io scappo a Livorno.... ma come faccio a sapere quando lei avrà ottenuto il mandato di libertà provvisoria, in modo da poter ritornare in seno alla mia famiglia?
- Ha un indirizzo convenzionale?
- E se alla posta non mi consegnan la lettera?
- Faccia così; legga tutte le mattine il giornale; penserò io a far pubblicare la notizia, a pagamento, s'intende. Lei poi mi rifonderà queste piccole spese....
- Naturalmente.... ma.... crede che anderemo parecchio in su?
- Caro lei, se la famiglia della morta si costituisce parte civile, come è naturale, può dire addio al più grosso dei suoi poderi.
- Per un merlo?
- Un momento, scusi.... rettifichi: per una donna!
Ottavio, uscì, barcollando, come un ubriaco, e fece appena a tempo a salire in uno scompartimento di seconda classe del treno in partenza per Livorno. Dove, appena giunto, si sentì così solo, così avvilito, così miserabile che, adocchiato un albergo di lusso con restaurant, pensò, entrandoci: Qui è meno facile che la polizia venga a far delle sorprese.... e poi ci si deve mangiar bene; mi ubriacherò, se no come faccio a passare la notte?
E mangiò.... Oh! se mangiò! i camerieri si accennavano quel campagnolo tarchiato e rubicondo che ordinava portate su portate mandandoci dietro serque di bicchieri di vino. Dopo cena, chiese della propria camera perchè si sentiva scoppiare, ma fu pregato, cortesemente, a passar prima dal bureau.
Vi andò, un po' incerto, imaginandosi forse di dover pagare anticipato, ma invece, a bruciapelo, sentì chiedersi nome, cognome, provenienza, e professione.
Se gli avessero fatto scoppiare un petardo ai piedi sarebbe stato meno sorpreso. Perchè lì per lì, come in una vertiginosa proiezione cinematografica, gli passarono per il cervello le istruzioni di Semini. Soltanto.... non si ricordava più il nome del suo amico merciaio, perchè Semini non era che un soprannome!
Scorse, dunque, come in sogno, la faccia glabra del cameriere che aspettava, quella, inquisitoriale, del maitre, gli parve di vedere irrompere la Polizia.... ma, ormai era tardi! ogni minuto d'attesa di più non faceva che comprometterlo maggiormente e il pover signor Ottavio, chiudendo gli occhi, dètte il suo vero nome!
Fu molto sorpreso nel sentirsi rispondere semplicemente: Grazie! e nel vedersi consegnar la chiave del numero venticinque, ed entrò in camera come un automa. La notte fu angosciosa, interrotta da incubi, e quando, a tarda ora, prese sonno, si addormentò così profondamente che il cameriere, impensierito, pensò di destarlo, verso le undici, battendo alla porta dei colpi furiosi.
Il signor Ottavio balzò dal letto, cogli occhi fuori di testa.
- Ci siamo! - pensò fra sè - ora m'arrestano!
E con voce strangolata dalla commozione, articolò: Avanti!
Il cameriere gli chiese se avesse bisogno del caffè.
Ottavio disse di sì e chiese, facendosi forza: Vorrei anche un giornale.... per leggere qualche novità.
- Subito, signore, ma novità non ce ne sono... l'Italia, caro lei, dorme, come sempre e la stampa si sfoga colla cronaca; stamani si figuri, tutti i giornali sono pieni d'un misterioso delitto.... una donna trovata assassinata in un bosco....
- Portatemi subito il giornale!
Come l'ebbe, lo scórse cogli occhi fuori dell'orbite.... ma il misterioso delitto era successo in Abruzzo! E della donna uccisa da lui, nulla! Che non l'avessero trovata? Che l'avvocato fosse riuscito a comprare il silenzio della stampa? Ma poi, facendo il conto dei soli giornali esistenti in Toscana, scartò, rabbrividendo, tale ipotesi. Il guaio invece era che la vita, su quell'hotel doveva costare un occhio e lui non aveva che un migliaio appena di lire! Perciò, appena scese, chiese il conto. Duecento lire colla mancia compresa.... bisognava mutare albergo. E così fece, ma la seconda notte fu peggiore della prima. Animali e pensieri notturni ridussero quella perla di uomo metodico e tranquillo in uno stato da far pietà, tanto che a bruzzico girellava di già intorno alla stazione aspettando con ansia i giornali. E i giornali vennero, il signor Ottavio li sfogliò ansiosamente.... e non ci trovò nulla.
Ora andava, per le vie popolate d'operai che si recavano al lavoro, urtando questo e quello, come un sonnambulo, fermandosi spesso a domandarsi se tutto quanto gli era successo non fosse che un brutto sogno. E la moglie, e la figliola maggiore, e il ragazzo, e la Rosa? Che cosa ne sarà stato? Avessero arrestato loro, per veder di scoprire dove s'era rifugiato lui? Già! ma i giornali ne avrebbero parlato! si trattava, sì o no, d'un omicidio? In fin dei conti la morta c'era, e morta bene.
Per la prima volta gli si parò davanti agli occhi l'estinta, rigida, colla bocca aperta, rigata da un fil di sangue, con un braccio sotto la fascina ruzzolata a piè della macchia e l'altro ripiegato sul petto. La vedeva bene, lì sul marciapiede, fra lui e il lampione.... per andare avanti avrebbe dovuto scavalcarla.... e fece un passo indietro cacciando un urlo.
La gente principiava a voltarsi a guardarlo, ma lui sentiva che, ormai, la misura era colma; aveva bisogno, bisogno, bisogno di confidarsi a qualcuno, di gridare, forte, il suo delitto, di scaricarsi di quel peso insopportabile, di fare sparire, sacrificando se stesso, la morta. E, a un tratto, con una decisione fulminea, tornò sui suoi passi, andò alla stazione, prese un biglietto per Firenze e montò nel treno che, per fortuna, partiva in quel momento.
A Pisa un maresciallo dei carabinieri si affacciò allo scompartimento, guardò dentro un istante e fece per riscendere.
- Voleva me? - chiese Ottavio, tranquillo, stoico, sublime.
- No! Perchè?
- Così.... credevo....
Il graduato se ne andò, scuotendo la testa in aria di compassione.
Arrivato a Firenze il signor Ottavio balzò in un fiacre e si fece condurre dall'avvocato il quale appena lo vide, spalancò le braccia: Giusto lei!
- Non ne posso più! vengo a costituirmi....
- Ma che costituzione d'Egitto!
- Come? ha ottenuto forse la libertà provvisoria? però i giornali....
- Ma che giornali! Bel sugo spendere tanti soldi e far fare anche a me, di queste figure!
- Si spieghi, per carità, perchè io impazzo!
- O non ha capito che quella donna non l'ha ammazzata lei? che era morta, d'un accidente, da diverse ore?
Il signor Ottavio cascò in una poltrona, senza fiato, mentre l'avvocato continuava:
- Già, proprio così! Se avesse guardato bene, invece di fuggire, se avesse avuto un po' più di sangue freddo....
- Cosa vuol che le dica? Avevo tirato a un merlo....
- E non aveva colto neanche quello, si figuri! E poi si vantava d'avere ammazzato una donna!
- E quanto mi costerà.... tutto questo pasticcio?
- Così a occhio e croce non saprei dirglielo, ma, capirà, la spesa delle carte bollate io l'ho fatta, gli uscieri avranno contato venti viaggi dal Tribunale alla Questura e ai Carabinieri per saper qualche cosa, il mio giovane di studio poi s'è recato lassù, a fare un sopra luogo particolare, nell'interesse della causa, per ordine mio....
- Basta! mi lasci andare a riabbracciare la mia famiglia; tanto ho bell'e inteso che l'unico merlo colpito, in tutta questa faccenda, sono stato io!