Ferdinando Paolieri: Raccolta di opere
Ferdinando Paolieri
Novelle agrodolci
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GLI SPOSI

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GLI SPOSI

 

Quando Enzo tornò dalla guerra era profondamente mutato.

In paese non lo riconobbero neppure.

La mamma gli era morta durante quegli anni di passione e in casa trovò, oltre la vecchia zia che spadroneggiava fino da tempi immemorabili, anche una novità, la moglie del fratello, il quale amministrava i poderi.

Il fratello, subito dopo che Enzo ebbe cenato, lo chiamò nello scrittoio.

Enzo non ci voleva andare, ma quello insistè tanto, che, finalmente di malavoglia, si decise a contentarlo.

Lo studio era sempre lo stesso, colla vecchia scrivania di noce impiallacciato e intarlato, i registri colla costola di panno verde spelacchiato e il ritratto di Pio Nono e di Canapone alla parete, ai lati d'un crocifisso nero irriconoscibile sotto la patina d'unto.

- Se tu vuoi vedere le partite, - cominciò il fratello con voce melliflua, - questi sono i libri a tua disposizione. Con questa guerra gli affari sono peggiorati, ma io ho rialzato la rendita col commercio del vino; le cose vanno bene e se tu mi vorrai aiutare anderanno meglio in seguito.

- Ma tu credi - disse Enzo che io vorrò strascicarmi fra la casa e i poderi, senza far nulla, come prima?

- Non capisco!

- Chi lavora, secondo me, soltanto chi lavora, ha diritto di mangiare, oggi.

- E noi, scusa, che cosa si fa?

- Bella roba! andare, a guardar l'opre, fumando la pipa, e contare il vino e l'olio coi contadini che l'hanno prodotto!

- Enzo!

- E poi, te l'ho detto, io voglio lavorare.

- Allora vuoi andare a star da te!

- Secondo!

- Come, secondo?

- Prima di tutto, voglio pigliar moglie.

- E chi te lo impedisce? Capiterà di certo, qualche buona occasione; anzi avrei in ponte per te un certo affare....

- Ah! quanto a codesto, ho bello e provveduto da me.

Seguì un silenzio penoso.

- E.... di dov'è, se è lecito?

- Ma.... di lassù!

- Una «forestiera»!

- Una veneta.

- Sarà di buona famiglia.....

- Non ha più nessuno. Tutti inghiottiti dalla raffica, dalla guerra....

- E di dote?

- Il vestito che ha addosso.

- Dico, Enzo, ma che sei impazzito?

- Le voglio bene, mi vuol bene.... non basta?

- No, che non basta. Pensaci.

- Ci ho bell'e pensato.

- La sposi?

- L'ho sposata.

- E dove?

- A Firenze. Vo a pigliarla domattina. Se ce la volete in casa, bene. Se no, dammi la mia parte. Ora ho sonno.

- Non vuoi neanche ragionare con me delle nuove pretese dei contadini?

- I contadini hanno ragione.

- Come, ragione?

- Quelli che hanno fatto la guerra, hanno sempre ragione.

S'avviò, col suo passo dinoccolato, per andare a letto.

Il fratello, Giovanni, completamente disorientato, andò in cucina a cercar della moglie. La trovò esterrefatta davanti a un fiasco di vino, vuoto.

- Tutto, capisci, tutto se l'è bevuto il figliolo del contadino, l'ex attendente di quel bel signorino lassù! Oh! ma se crede d'esser ritornato per mandarci in rovina, la sbaglia di grosso. Ma che cosa hai? Non mi sembri più te?

- Cose grosse, Ernesta, cose gravi. Questo pazzo, domani, ci porta in casa la moglie....

- Come tu hai detto?

- Una di lassù, senza un soldo, una sconosciuta, una....

- Gesù, Giuseppe e Maria! Ne sa nulla la zia?

- E vuoi dirglielo ora, così sull'ora della digestione?

- C'è da farla morire d'un colpo!

Spensero i lumi e si ritirarono in camera, dove, spogliandosi, seguitarono a discorrere a voce bassa. Come furono a letto, lui disse piano: D'altronde, anche a dividerci, che cosa faremo?

- Ma io con una donna simile sotto lo stesso tetto non ci campo davvero!

- Ma non capisci che a dividerci si fa due lotti troppo piccoli; il patrimonio è debole.... invece stando uniti, col commercio del vino....

- O se quell'altro non vuol saperne di nulla!

- E poi, a una resa di conti, c'è gli avvocati, di mezzo, i periti, il ragioniere.... si viene a scoprire ogni cosa....

Cercarono d'addormentarsi, ma fu una brutta nottata.

La mattina, prestissimo, quasi di buio, Giovanni mescendosi il caffè, domandò alla vecchia  Rosa se avesse udito rumore in camera di Enzo, se le pareva che si fosse levato.

- Levato? È andato via che saranno state appena le cinque!

- A piedi?

- No, no.... ha attaccato la cavalla.

- La cavalla! Per Dio santissimo! ma ne avevo bisogno io! Qui la faccenda va a finir male.

Bevve il caffè, scottandosi, poi, a salti, montò le scale e andò dalla moglie.

- Quel pazzo è andato a Firenze!

- A pigliar la moglie?

- Probabilmente.

- E ora come si fa? Bisogna dirlo alla zia Amabile!

- Io non ho coraggio davvero!

Ma la zia Amabile aveva sentito un insolito trapestio e s'era bell'e levata. Si affacciò, a un tratto, in corset e in pianelle coi cernecchi ravvolti nei diavolini sopra le tempie vuote.

- Ditemi la verità, è successo qualcosa!

- Diglielo tu!

- Diglielo tu!

- Ma non mi tenete così sulle spine! Forse Enzo si vorrà dividere?

- E chi lo sa? Fatto sta che ha preso moglie.

- Moglie?!

- Moglie.

- Ma dove l'ha presa? chi ha preso?

- E chi lo sa? Dice che è una di lassù! e che non ha nemmeno la camicia addosso. Io non so altro.

Bisognò che allungassero una poltrona alla zia alla quale era preso il solito affanno; giungeva le mani e alzava gli occhi al cielo, come se fosse per spirare.

Passarono alcune ore d'angoscia consolandosi a vicenda, parlottando fra di loro a voce bassa, studiando che camera avrebbero dato agli sposi, che cosa avrebbero fatto da desinare, che contegno avrebbero tenuto verso l'intrusa.

Verso le dieci la zia si sentì meglio e potè, coll'aiuto della donna e della cognata, fare sparire un po' di biancheria che fu nascosta in un ripostiglio a muro, dietro la stanza dei caratelli. Quanto alle chiavi fu deciso che le avrebbe tenute lei per non far nascere discussioni fra le cognate.

Poco prima di mezzogiorno si sentì il calpestio del cavallo ed Enzo entrò sotto il portico schioccando la frusta.

I contadini e le contadine, avvisate dalla Rosa, corsero tutti a vedere.

Dal calesse scese una bella ragazza, un po' patita, bionda e cogli occhi celesti, vestita dimessamente di blù.

Le contadine e la Rosa notarono subito le sottane, eccessivamente corte, della signorina; e la zia, che mantenne un contegno freddo, mentre, invece la cognata abbracciò e baciò la sposina con grande effusione, non mancò di farglielo osservare. Poi le domandò se sapeva far da cucina.

Qui intervenne Enzo dichiarando che lui non voleva assolutamente che la moglie si sciupasse le mani; del resto, da cucina non sapeva fare, ma ricamare e insegnare, perchè aveva la patente di maestra.

A pranzo parlò quasi sempre la sposa; raccontò la sua vita, le sue sventure, disse del gran bene che voleva a Enzo il quale le aveva ridato la speranza e la vita.

La cognata a questo punto non potè fare a meno d'interromperla esclamando: Tutte illusioni, sai, bambina! i primi giorni del matrimonio la vita pare tutta di latte e miele, ma dopo un poco te n'avvedrai! Gli uomini sono tutti uguali e presto o tardi ci pigliano a noia.

La zia disse con il suo accento più agro: È per questo che io, che ho sempre avuto giudizio, non ho voluto marito!

Enzo a questo punto s'alzò, buttando via il tovagliolo con rabbia.

Quelle poche parole eran bastate a delineare le rispettive posizioni; ora, fra le cognate e la zia, c'era di mezzo un gran fosso e nessuna l'avrebbe potuto più saltare, neanche volendo,

La moglie di Enzo si faceva piccina piccina; era divenuta d'un umiltà quasi servile verso le altre due che la trattavano con alterigia, quasi fosse un'intrusa. La mattina si levavano a buio per bever loro il primo caffè e poi lasciavano il fuoco spento e mandavan la Rosa a fare la spesa; a tavola si servivano avanti, e mai un garbo, mai una gentilezza o un sorriso! Ma i contadini se la dicevano colla sposina e le portavano ova fresche e frutta per far dispetto a quell'altre che si consumavano dal livore. Allora la cognata andò a dire a tutti che la sposina prima d'esser moglie, era stata l'amante di Enzo e un giorno glielo disse anche a lei, per farle vedere che lo sapeva e per costringerla ad arrossire. Le passò un braccio attorno al collo e le sussurrò in un orecchio, con un sorriso da iena: O come tu hai fatto a non rimanere incinta, prima che ti sposasse?

Ma le signore del paese, quando si fu bene sparsa codesta ciarla, cominciarono a struggersi dalla curiosità e fu una gara a chi riuscisse per prima a conoscere la sposina; la invitarono di qua e di , le fecero un mucchio di complimenti e quando trovavano la zia o la cognata non mancavano mai di esclamare: «Quanto è carina la sposa d'Enzo»!» per farle crepar dal dispetto.

Enzo, alla resa dei conti, prese quel che gli dette il fratello senza neanche voler guardare i libri e, per la prima cosa, lui e la sposina fecero dir due messe ai defunti e vi assisterono personalmente. Dopo la messa andarono in sagrestia e lasciarono cinquanta lire per i poveri, con immensa edificazione del signor proposto.

La sposina rimase incinta e la cognata disse alla zia: Anderà tutto bene.... i figliuoli delle p.... hanno fortuna.

Ma la zia, a cui la nuova nipote aveva ricamato colle sue mani e regalato due stupende fodere colle iniziali a punto a giorno e i fiocchi celeste pallido, le voltò le spalle e si ritirò in camera sua sbattendo la porta.

La vecchia zitella sentiva qualche cosa dentro di che non sapeva spiegarsi. Una specie di rabbia e d'affetto, insieme, verso quell'intrusa che sorrideva sempre e non s'arrabbiava mai, verso quella strana creatura la quale era più elegante in casa che fuori, alla quale un nastro, una cintura, una gala bastavano per far rivivere un abito vecchio, per illuminare e render seducente una vestaglia usata.

La vecchia zia, imbronciata, si trattenne tutto il pomeriggio a rassettar la camera e a rimettere a posto, dopo averli spolverati, i gingilli sui cassettoni intarsiati coperti di tovagliolini colle frange in ricamo come gli altari.

Quando fu il crepuscolo, la vecchia spalancò  la finestra che dava sull'orto e si mise a guardare, con tenerezza, il verde dei limoni e delle aiòle da cui saliva un penetrante odore d'olea fragrans e di girani fioriti.

L'orto era tutto avvolto nella nebbia violetta del crepuscolo e le piante immobili nella calma perfetta di quel vespro sereno pareva ascoltassero attonite la melodia tranquilla delle campane della chiesa vicina e gli squilli velati e lontani che si rispondevano da tutti i monti. L'Angelus si diffondeva lievemente per l'aria olezzante, come se il profumo fosse esalato, a guisa d'incenso, dal suono; come se il suono fosse odoroso.

La casa era vuota e triste in quell'ora languida, la Rosa e la moglie di Giovanni dovevano essere in chiesa, Giovanni sarebbe tornato dai poderi all'un'ora.

La zia, appoggiata al davanzale, si sentì agitare da un malessere che non avrebbe potuto spiegarsi; le parve di dissolversi in una gran dolcezza, pensò di morire e si mise a pregare, mentalmente.

In quel punto apparvero Enzo e la sua sposa, abbracciati, fra l'aiole, soffermandosi ogni pochino a baciarsi. Sussurrarono:

- Quanto bene ci vogliamo noi?

- E chi può dirlo!

- È per questo, sai, che gli altri ci odiano, forse; perchè sentono che ne siamo troppo dissimili, che abbiamo raggiunto la verità nell'amore. Eppure, se immaginassero quanto bene vogliamo anche a loro! Che non desideriamo nulla, che non desideriamo il denaro, che ci basta la nostra quiete serena, il nostro cantuccio di mondo!

- Ma perchè saranno così cattivi?

- Cattivi? Non sono mica cattivi, sai? Soltanto, non hanno mai contemplato il dolore e non conoscono, quindi l'amore che nasce, logicamente, da lui. Se la zia sapesse quanto abbiamo sofferto, comprenderebbe il diritto che abbiamo alla felicità e, riversando il suo affetto su noi, troverebbe forse uno scopo alla vita, riempirebbe il vuoto che è nel suo cuore. Ma noi lavoreremo e insegneremo a lavorare anche a lui, a nostro figlio....

Ora le voci non s'udivano più; si erano perdute insieme alle due figure, strettamente avvinte, ravvolte ormai dall'ombra crescente che accendeva lumi nelle case e stelle nei cieli. La zia si staccò dalla finestra, si gettò traverso al letto e pianse, silenziosamente, a lungo.

Quando la chiamarono per la cena, la stanza era piena di vivo lume lunare e di tremule tirate di grilli.

La vecchia s'asciugò gli occhi, ma prima di scendere, andò al cassettone, prese il testamento con cui lasciava erede universale Giovanni e lo stracciò in mille pezzi.

 

 

 


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