Ferdinando Paolieri: Raccolta di opere
Ferdinando Paolieri
Novelle agrodolci
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NOTTE NUZIALE

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NOTTE NUZIALE

 - O te, ora, come tu campi?

La donna fece un gesto vago e abbassò il capo sul petto.

Ci fu una pausa, lunga, di silenzio, poi l'uomo riprese, parlando, più che a lei, a medesimo: Allora, ho capito, press'a poco, come campo io....

Erano seduti su quel muricciolino basso del ponticello che congiungeva la viottola, serpeggiante fra i campi, alla via maestra e sotto si sentiva gorgogliare appena il torrente, rammaricandosi tra i sassi che ne ritardavano il corso.

Il sole s'avvicinava al tramonto; si vedevano di già i monti aspettarlo per nasconderlo dietro le loro schiene gibbose tingendosi di turchino, ma la serata pareva annunziarsi splendida, uguale a quella giornata di principio d'inverno, in cui il cielo aveva brillato di luce e le case bianche ne erano state riverberate  in mezzo alle olivete luccicanti. Però tutto traspariva, netto, come lavato da poco. Ogni cosa lustrava pulita dal tramonto.

- E dove tu sei stata, tutt'oggi?

- L'ho fatta tonda. Ho girato dalle pinete di Cerbaia e sono scesa fino al Convento dei Passionisti. Costì mi son messa sulla soglia al calduccio, e, quando ha suonato mezzogiorno mi hanno empito il tegame di ben di Dio. Eccolo qui, ce n'ho d'avanzo anche per questa sera.... E a voi come la v'è andata?

- Già! tu fai bene a darmi del voi.... Non ti ricordi di quando?..<

- Acqua passata, caro Geppino, non macina più.

- Pur troppo! Si diceva? Ah! io.... io sono stato a Firenze, dal signor avvocato.... sai, quello che ha fatto i quattrini durante la guerra.... gli potavo il giardino, quando aveva ancora quella villuccia quassù.... ora invece.... ha i poderi, le fattorie, cose grosse, in Maremma....

- E perchè non vi fate pigliare con lui?

- Ma cosa vuoi tu che se ne faccia, d'un vecchio come me?

- Ci vedete bene, però....

- Ci veggo bene sicuro, ma son le gambe che non mi reggono! Sono peggio del cavallo del Ciolla, che aveva cento guidaleschi sotto la coda.... eccola qui, la nostra ricompensa! Dopo aver lavorato tutta quanta la vita, esserci rotti il fil della schiena collo zappone, esserci fracassati i denti a furia di pan secco, invece d'un letto e d'una scodella di zuppa, l'elemosina! E il mi' figliolo è morto per la patria! la patria? sarà la patria di quelli come l'avvocato, io, per conto mio....

- E non v'hanno dato nulla?

- Mah! dice che ancora non si sa come sia morto! Anzi, a me per morto non me l'hanno garantito mai.... Dice «disperso». Disperso, sì, ma dopo due anni, coi giornali, le ferrovie e ogni cosa? Disperso dove? nel deserto forse? è morto, cara Lena, è morto chi lo sa come e quando! morto, senza aver goduto neanche lui, in vita sua, un minutino di bene! Aveva dieci anni quando mi successe la disgrazia di cascar giù dal ponte e di rovinarmi le gambe, e gli toccò a ingegnarsi fino da quell'età.... a quindici gli morì quella buon'anima della sua mamma che.... accidenti a quando ci si prese!...

- Se vo' avevi sposato me....

- Ecco la ricompensa, lo vedi? Ah! su questo non m'azzardo a rifiatare. L'ho detto tante volto, sai, a me medesimo: Geppino, c'è un Dio! c'è! Ma cosa tu vuoi, con quelli di casa che non volevano, perchè frasca tu eri.... eh! frasca tu eri, altrimenti, ne convieni? non sarebbe successo quel che successe.... Dunque con quelli di casa che mi contrastavano e col bisogno alle costole, mi presi l'Argène....

- Bel crostino v'appiccicarono con tutti i suoi quattrini!

- I quattrini? la casuccia, che lei aveva di suo, fu mangiata pezzo per pezzo, calcinaccio per calcinaccio, spesa in medici e in medicine e miracolo che il ragazzo non si pigliò il mal sottile anche lui. Ma ci ha pensato la guerra! E ora, chi muore giace....

- E chi vive si 3 pace, caro voi! Vedete un po' a che vita tribolata mi son ridotta! Io mi sarei contentata d'un giorno solo di contentezza e invece.... quando lui morì dalle grandi sbornie, dopo avermi picchiato per tutto il tempo che si stette insieme, non mi lasciò altro che i debiti! La padrona mi messe fuor dell'uscio, col dire: si sa.... si sa ogni cosa.... di voi.... l'avete preso per interesse, più vecchio di voi perchè vu' avevi perso un ferro, da puledra.... andate pure.... la compassione io ce l'ho, ma la serbo per chi se la merita!

- Ah! ti disse così, la padrona? Che Dio non le dia bene in questo, in quell'altro mondo! E il mio, de' padroni, sai cosa mi disse? che aveva bisogno di quelle due stanze, ora che il figliolo non ce l'avevo più, e potevo farne di meno!

-Ah! canaglia! ma il figliolo però....

- Glielo feci osservare, ma lo sai come mi rispose? Mi rispose che a darmi il casotto sul margine del campo, mi dava anche troppo, perchè in fin dei conti il ragazzo a morire a quel modo aveva fatto il su' dovere e io, invece, m'ero persino ingegnato di dissuaderlo da andare! Ecco quel che mi rispose! Ma lo sai te perchè m'ha dato il casotto?

- Perchè è quarant'anni che lo servite....

- Quanto sei ingenua! me l'ha concesso perchè gli guardi il podere.

- O.... quell'avvocato di Firenze arricchito?

- Quello? Ah! quello, m'ha dato un incarico. Vuole che vada nel bosco e sbarbi un cipressino piccolo, di circa un metro, piantato di fresco....

- Bel sugo, rovinare una pianta così! per fare?

- Da quel che ho capito.... per far l'albero di Natale al suo ragazzo.... sai come usano.... ci mettono tanti candelini, attaccano ai rami i balocchi, i dolci, poi accendono....

- Roba da signori!

- Naturale.... eh! cara mia.... in questo mondo.... chi tutto.... e chi nulla!

- Già. Ma nulla.... è troppo poco!

I monti erano divenuti maestosi. Dietro di loro sfumava un ultimo bagliore dorato, i campi avevano preso tinte lilla e i boschi violette. Geppino s'alzò dal muricciolo. Sulle gambe arrembatesimili a quelle dei cavalli bolsi quando si fermano a ripigliar fiato all'erta, bilicò il suo torso affogato dentro una immensa cacciatora, non sua, tutta sdruci, s'appoggiò colla sinistra al bastone e colla destra si buttò il sacco in ispalla.

- Vieni in su?

- Sì. Stasera dormo nella stalla del Poverino.

- Ah! perchè?...

- Non ve l'ho detto? Son fuori di casa.

Andavano su per la salita, tra le macchie nude che protendevano le rame di lacca guarnite di spine. Nel cielo d'un blu sempre più cupo palpitava disperatamente una piccolissima stella pallida. Come furono vicini alla «maestà» dove ride l'imagine bianca e turchina di vecchia fattura del Ginori, colpita (come dice, sotto l'iscrizione) scelleratamente da un sasso, la vecchia tenendo colla sinistra le cócche del grembiule azzurro pieno di pane e di avanzi, fece colla destra il segno della croce e s'inginocchiò. Dal folto dei cipressi color verdone più sopra, una campanina tutta pepe squillava a distesa suscitando un allegro fumo dai pochi casolari rossi qua e tra mezzo ai campi, ormai opachi.

Geppino guardò la Lena e aspettò che avesse finito di pregare: poi le chiese:

- Ci credi, ancora, te?

- Io? Eh!... se mi levate questo!...

Fecero un altri po' di passi senza dir nulla, finchè la Lena, a cui il silenzio bruciava, disse:

- E quando glielo portate, il cipresso?

- Domani.... piglierò giù per la Bifonica.... lungo la via sbarberò il cipresso, e poi.... è tutta strada. Domani sera a quest'ora sarò dove siamo in questo momento. Perchè domani l'altro a mezzanotte è Natale!

Quando arrivarono in vista del paese, strascicavano tutt'e due, stanchi. Ai primi lumi Geppino voltò, brontolando: il mio casotto è laggiù.

E la Lena seguitò, sempre più adagio, fino alla stalla del Poverino dove si buttò a giacere nel fieno caldo, masticando, senza gusto, gli avanzi dei frati.

La sera dopo, nemmeno a farlo a posta, si ritrovarono sulla strada maestra alla medesima ora.

Non era più tanto sereno, anzi quando il sole calò dietro un grande strato di ovatta verde, non se ne accorsero neppure. Soltanto Geppino avvertì la Lena che il giorno di poi avrebbe spruzzato un po' di neve.

- Sicchè gliel'avete portato, il cipresso?

- Eccome! e ho visto certi balocchi, che, come vero Dio, a comperarli ci devono avere speso un patrimonio.

- E quanto v'hanno dato per la vostra fatica?

- Una carta da dieci lire.

- Si saranno sudati!

- Ma per quel che costa la moneta oggi, mi hanno dato una lira e ottanta!

- Gesù, Giuseppe e Maria!

- A proposito.... ci pensavo per la strada.... Si fa una cosa?

- Sentiamola.

- Si fa ceppo insieme? Io son solo, laggiù....

- Ma io vo alla messa, la notte di Ceppo....

- E io t'accompagno!

- Dite davvero, Geppino?

- E tu prepara da mangiare.... tieni, le dieci lire pigliale te.... compra mezzo chilo d'ossi.... una pentola ce l'ho.

- Qualcosa mi farò dare dalle monache....

- E io, domattina, vedrai quello che porterò a casa!... L'ho adocchiato, passando, nel bosco....

Nel bosco la mattina di poi c'era la neve, come aveva detto Geppino, ottima ragione perchè non vi si trovasse anima viva. Andò diritto, per le scorciatoie, traballando sulle sue zampe malate, e, da una catasta pronta per esser caricata, rubò dieci pezzi, li mise nel sacco, poi, adagio adagio, fermandosi ogni due scope a ripigliar fiato, tornò in su, verso il paese. Come fu in proda ai campi, dove principiava la scesa, agguantò per le barbe un tronco di pino già abbattuto per essere spezzato e se lo trascinò dietro, col braccio ancora fortissimo, come se avesse ucciso uno e ne trascinasse il cadavere per le chiome.

Portò ogni cosa nel casotto.

Mise i rotoli di legno nel cammino di mattoni, tolti via da una fornace inattiva, che s'era costruito da , quindi andò ad avvertire Gigiana d'avergli procurato «il ceppo».

Gigiana venne, silenziosamente, come una volpe, soppesò colle due braccia, passandoci sotto le palme callose, il tronco del pino, e stabilì per tre fiaschi di quello migliore.

Geppino, tutto contento, accese un fascio d'erbe secche e si mise a rifare il suo giaciglio, lo spianò, l'allargò, ci tirò sopra i due teli da tenda regalati dal signor tenente quando c'era il distaccamento e le coperte fuori d'uso regalate dal signor capitano, levò i ragnateli dai cantucci e aspettò che facesse buio.

A buio la Lena portò una grembiulata di ben di Dio. Fecero uno spuntarellino con pane e formaggio, poi lei si mise a trafficare intorno alla cena.

Trovò del pane raffermo, una pentola sana, un tegame sbocconcellato, due forchette, un coltello, un manico di scopa che faceva da mestolo, una gavetta da militari piena di sale, una scatola da carne in conserva, vuota e ripulita, con dentro del pepe, due stracci, un mezzo fiasco d'olio....

Disse, ammirando: Avete una casa fornita voi! Non vi manca nulla!

Alle undici, sotto lo stesso ombrello, andarono alla messa, lasciando il fuoco acceso, con la pentola accanto.

Quando usciron di chiesa spruzzolava più forte; cominciava a turbinare qualche fiocchetto bianco e la luna pareva un lumino a olio agonizzante. Ma la Lena si imbaccuccava tutta in un coltrone scucito e Geppino aveva rialzato fino agli orecchi il bavero del cappotto del suo povero figliolo morto che glielo aveva lasciato quando venne l'ultima volta in licenza.

Attorno al fuoco, asciugandosi, mangiarono di gusto. Geppino sopra tutto bevve. Un fiasco e mezzo di vino e la Lena ne avrà assaggiato forse un bicchiere.

- Dammi del tu! - diceva il vecchio.

- Non mi riesce! - rispondeva la donna.

Dopo cenato, intorpiditi dal calduccio, cascarono sul giaciglio.

Geppino smise di fumare a pipa perchè vedeva andar via i travicelli del tetto.

A un tratto, cacciò un grugnito e si voltò da una parte a occhi chiusi, per cercare di poter dormire; ma, prima, allungò una mano di sotto alle coperte e prese la destra della Lena, e la strinse.

La Lena corrispose alla stretta.

Poi rimase , colle pupille imbambolate, senza pensare a nulla, senza riuscire ad appisolarsi, dubitando sul serio di esser felice, la prima volta in vita sua.

 

 

 





3 Nell'originale "da". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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