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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
O lui come avrà fatto a campare? Eppure campava, e, a modo suo, non gli mancava nulla....
All'uscita dalla messa delle dieci era bell'e al suo posto, accanto all'ultimo loggiato della chiesa, sotto l'orologio, colla moglie accanto e col cembalo in mano.
Sulla testa, quasi per ironia, nella pietra forte pomiciata e attaccata dal tempo, si leggeva ancora scritto: «I signori otto proibiscono di vendere davanti alla chiesa, pena due o più tratti di fune - Editto 1620.
Sedani, imperterrito, faceva le vendette dei venditori di storie, di ciambelle, di frutta e di polli, che nella stampa di Jacopo Callot si vedono occupati a farsi slogare le ossa dai famigli del Bargello in mezzo a una folla curiosa e divertita.
Alla prima ondata di contadini (quelli inginocchiati in fondo, vicino alle pile dell'acqua santa, il «loggione» del tempio insomma) Sedani capiva che era finita la messa e dava nel cembalo.
La folla cominciava a far cerchio, aspettando l'ottava e Sedani seguitava a scuotere i sonagli senza cantare.
L'estro prorompeva soltanto quando sotto i loggiati della Collegiata spuntava l'aristocrazia: Sua Eccellenza il Ministro, il signor commendatore, il signor avvocato!..
Allora Sedani gli dava sotto, commisurando la qualità e la virtuosità ampollosa delle ottave al censo, mai alle qualità morali del lusingato; questi veniva rincorso, mentre se la svignava a orecchi bassi, sotto la pioggia dirotta degli epiteti adulatori di Sedani, dalla moglie di lui, e finiva, disperato, col far cascare nel piattino metallico, che quella gli cacciava davanti agli occhi, la classica palanca di rame.
Sedani, del resto, era irresistibile.
Una volta si ficcò in testa di fare affacciare, buscando naturalmente il suo bravo soldino, gente da una casa, di quelle come ce ne son tante in campagna, dove le finestre stanno sempre chiuse, come se fossero le finestre delle case dei morti.
Case misteriose, come certa gente che io vo descrivendo, case le quali mettono addosso una matta curiosità di sapere chi ci stia dentro e quel che facciano i loro invisibili abitatori.
La serva, se esiste, si leva la mattina innanzi l'alba e spolvera le persiane accostate.
Poi va a far la spesa nel momento buono del solleone, d'estate, o quando piove, l'inverno, e la porta di strada si socchiude soltanto, un attimo, per lasciar passare una mano che agguanta la bombola del latte o il fagotto della ciccia. Tutto il resto vien fatto dentro, (forno in casa, provviste di grano, farina, olio e via dicendo) e appena appena un po' d'odore di pane caldo o di soffritto tradisce all'esterno la presenza nell'interno di esseri sconosciuti che mangiano, bevono e veston panni come noi.
Dunque Sedani un giorno si mise davanti alle persiane celesti ermeticamente chiuse di una di codeste case e colla testa, pelata, tonda come una palla da biliardo, rossa come una bilia della carambola francese, e con due baffi ispidi attaccati (proprio come se fosse di legno o d'avorio dipinto uso testa del Saracino nei burattini a mano) esposta alla canicola che piombava in pieno sull'ora del mezzogiorno avvampante, s'appoggiò al muro, le scarpe nella polvere, e dètte nel cembalo.
La donna di Sedani, accoccolata, sbocconcellando una mela raccolta sul margine d'un campo per via, aspettava, stoicamente.
La prima ottava sgorgò con trilli fioriture e variazioni inaudite.
S'indovinavano, dietro le gelosie delle finestre delle case finitime i nasi di persone curiose le quali godevano la novità dello spettacolo.
E nessuno buttava una palanca perchè avevano capito che Sedani mirava a fare aprire le finestre ermetiche.
La seconda ottava salì contro il cielo di rame infocato, come lo zampillo d'una vasca e ricadde infrangendo il ritornello a bocca baciata sulle persiane chiuse.
I sonagli dei cembalo divennero frenetici.
La donna di Sedani accoccolata contro il muro (senz'ombra neppur di se stessa da come il sole era a picco) buttò via il torsolo e tirò fuori il piattino.
Sedani scagliò la terza ottava.
Nell'attesa, l'aria tremolava di calore con tanta forza che pareva d'udirla alitare.
Sedani avventò la quarta, la quinta ottava, una dietro l'altra.
Il paesaggio tropicale cominciava ad animarsi.
La gara, il duello dell'uomo contro le persiane celesti, impassibili, assumevano l'aspetto di tragedia.
Così forse, nell'Evo medio, le popolazioni, vassalle, sparse nei casolari valligiani, assistevano alla tenzone del trovatore il quale, sotto le raffiche di neve, tentava di riscaldare coll'amoroso canto il cuore del feudatario tiranno e vincere l'ostilità del ponte levatoio.
Un cane randagio s'affacciò, cauto, alla stradella, lasciò che Sedani finisse l'ottava e poi a piè zoppo, la coda fra le gambe si buttò giù per la china.
Un calzolaio uscì fuori, con la forma in pugno, il maniscalco si fece sull'uscio appoggiato al manico del grande martello ancora fervido delle suscitate scintille.
Sedani attaccò la sesta ottava e sua moglie stessa, trascinata dall'ansia, si alzò, fissando la facciata silenziosa avvampata di sole
Ormai s'era sparsa la voce; funzionava un vero totalizzatore spirituale fra i borghigiani i quali, fra di loro, scommettevano: Aprono.... Non aprono.... Sedani è tenace.... quegli altri son duri....
Ma quando l'ultimo ritornello dell'ultima ottava zampillò nel sole, allora si sentì veramente il silenzio di quell'attesa spasmodica, silenzio che s'intensifìcò poi che anche l'eco si spense dell'ultima parola che Sedani tenne. come uno di quei tenori cari al lubbione, per un tempo prodigioso, mediante una superba corona tremolante che fece venir le lagrime alla generosa compagna di poesia e di sbornie del fantasioso menestrello.
In verità la trovata dell'improvisatore girovago fra stata sublime, e mi rincresce che forse i soli toscani potranno apprezzarne la colorita bellezza.
Sedani, dunque, con un di quei lampi di genio che anche ai poeti di razza non splendono due volte nella vita, così aveva terminata l'ottava nella quale scongiurava le avare persiane, a spalancare le celesti mascelle:
/* che s'i' cantassi a una macìa di sassi una chiocciolina la vedrei affacciassi! */
Il popolo, giudice infallibile, sentì la profonda bellezza dell'evidentissima immagine, e sotto il cielo azzurro un lungo applauso scrosciò, al quale s'aggiunse subito, da qualche stalla invisibile, il raglio beffardo di un ciuco.
Ma, oh! prodigio! adagio, adagio, la porta della casa misteriosa si socchiuse e, dalla fessura, una mano allungò al cantore un bicchiere di vino.
Sedani era digiuno, ma la gioia della vittoria non gli permetteva di sofisticare sul premio.
Bevve metà del vino, passò il resto alla moglie, poi forbendo col rovescio della mano i baffi di capecchio, restituì il bicchiere e discese in paese, scuotendo il cembalo, acclamato come un trionfatore.
Oggi Sedani è morto. Al suo posto c'è invece Barabba.
Piccino, segaligno, bruciato, anzi cotto dal sole come una statua di scavo, Barabba, accompagnato dal figlio, improvvisa nelle osterie e vende le storie alle fiere e la domenica all'uscita della messa grande.
I contadini gli si affollano intorno, vaghi di novelle oggi (che nulla più hanno da imparare....) come mille anni or sono.
Egli commenta ingenuamente: La nuova storia signori, s'intitola: Inferno, Purgatorio e Paradiso....
«Il Paradiso sarebbe quando uno è giovanotto e libero, il Purgatorio quando si mette a fare all'amore, e l'Inferno appena s'è sposato....»
Il popolo va in brodo di giuggiole; ha riconosciuto il suo tormento in quelle poche parole banali, come il pubblico, a teatro, riconosce il proprio in certi lavori drammatici o comici.
E applaudisce.
Barabba continua: La nuova storia, signori!
Tutti la comprano.... Ma perchè è sempre la stessa, da mille anni ad oggi.