Ferdinando Paolieri: Raccolta di opere
Ferdinando Paolieri
Novelle agrodolci
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IL ROSPO

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IL ROSPO

 

- Sai - disse mentre appendeva il cappello all'attaccapanni, il professor Luciano alla moglie, che gli era corsa incontro col bambino in collo non appena aveva sentito l'armeggio della chiave nella toppa - sai, credo che, finalmente, mi sia capitata una piccola fortuna....

- Sarebbe l'ora! - rispose la sora Luisa e, tutta contenta, precedè il marito in salotto da pranzo e girò la chiavetta, rallegrando, d'un bianco fiotto di luce elettrica, la nudità della loro casuccia.

Perchè il professor Luciano e sua moglie Luisa erano tanto poveri; molto più di quello che dimostrassero per un sentimento di dignità, squisito, quasi, oserei dire.... altruistico.

Infatti al professor Luciano repugnava raccontare agli estranei come lo stipendio che gli fruttavano sei ore al giorno d'insegnamento non gli bastasse per mangiare, e come i guadagni ricavati dall'assidua collaborazione letteraria  a giornali e riviste di qualche importanza non servissero a colmare lo sbilancio.

Gli repugnava, quasi che il confessare codesta miseria equivalesse ad insultare la Patria, la quale non si preoccupava, come doveva, delle intelligenze da cui viene sparso il buon seme destinato a far germogliare i futuri cittadini.

E non pensava, il povero professor Luciano che, mentre diceva a qualche tronfio arricchito o a qualche inconscio ricco autentico, d'esser contento della propria sorte e pago di bastare a se stesso, il tronfio arricchito o l'inconscio ricco sbirciavano con aria di compassione il colletto e i polsini di celluloide, da cui uscivano le mani smagrite con le vene calcinate e turchine: a quarant'anni!

La sora Luisa ne aveva trentadue, ma le privazioni e l'ansie per la creatura, patita di carni e di vestitini, specie in confronto di quella del calzolaio di sotto, le avevano incavato le guancie e già spruzzati di brina i capelli.

In codeste condizioni il bambino non poteva essere un fiore; la mamma cercava d'illudersi, ma anche ora, al lume spietato della luce elettrica, vedeva, con uno stringimento di cuore, la testolina, che nel crepuscolo le era parsa gentile e tondetta, oscillare come un fico passo sul gambo esile del collo floscio, guardava accorata, preparandosi a sentire quel che le avrebbe detto il marito, l'abitino usato e le labbra scolorite del povero piccolo.

Si misero a sedere. La tavola pareva si vergognasse a far vedere le estremità e le gambe, che scappavano fuori dalla tovaglia vinosa e stremenzita, come una persona vestita della sola camicia, e corta per di più!

La fruttiera era vuota e funzionava da cestino per il pane, il fiasco ammezzato e le posate eran di ferro.

Il professor Luciano si rivolse alla moglie:

- Indovina!

- L'editore ha accettato il tuo romanzo?

- Nemmen per idea! Purtroppo da me non voglion che critica; ho una camicia di Nesso e mi brucia addosso; ma ho trovato il commendator Leoni....

- Il critico del gran giornale? Quello tanto ricco?

- Sì; ero dal libraio Ferelli a cui avevo chiesto il piacere se mi faceva sfogliare il dizionario dei comuni toscani del Repetti che non ho mai potuto comprare, quando Leoni è entrato, tutto gioviale, e mi ha salutato, guardando quel che facevo di sopra alla mia spalla:

- Roba vecchia eh? - mi ha detto allegro.

- Ma c'è tutto; è, ancora oggi, un libro prezioso - ho risposto. Di costì siamo entrati a parlare di quel che facevo e lui mi ha suggerito: Perchè non propone cotesto lavoro all'editore Z.... di Milano? Paga bene e l'opera dovrebbe andare.

- Si figuri! - ho risposto commosso - ma come si fa? Se gli scrivo io, l'editore non mi risponde neppure....

- Faccia una cosa - ha soggiunto lui - io le fo un biglietto e lei va a Milano col suo manoscritto sotto il braccio.... Vedrà che combina. Ma non faccia l'ingenuo.... si faccia dare un bell'anticipo.

- A Milano?... tu? - esclamò la sora Luisa.

Le pareva una cosa così straordinaria, da farle domandar quasi se avesse inteso bene.

- A Milano, sì! Credi non sappia fare i miei affari? Mi hai preso per un pigmeo?

- Non dico questo... ma... dico bene... e i quattrini?

- I quattrini? cara mia, mi accorgo che è la stolta paura la quale m'ha impedito, fino ad oggi, di camminare.

- Paura di che?

- Ma.... di farmi avanti, di trovare un po' di denaro, a credito, per lavorare in pace a qualcosa di polso, di viaggiare, di muovermi, di procacciarmi delle aderenze.... le aderenze! ecco, mia cara, la molla di tutto il meccanismo. Se invece di te avessi sposato la figliuola del commendator Soleri, come voleva mio padre, a quest'ora....

- Mi hai sempre detto che non ti piaceva, e non credo tu sia poi tanto pentito....

- Tutt'altro che pentito! ma i risultati parlano chiaro; io, ad agire come ho agito, ho fatto bene; soltanto, mi son rovinato la posizione.

La sora Lucia, mortificata e in silenzio, andò in cucina, prese il tegame della zuppa e lo portò in tavola, ma il marito le chiese, sdegnato:

- O la zuppiera?

- Lo sai, faccio sempre così.... non s'ha che quella e se andasse rotta....

- Già! E se venisse gente, una visita?... bella figura ci si farebbe! io specialmente.

- Una visita a noi? Chi vuoi che ci venga? qualche scolaro, e tu lo ricevi in studio, la sora Amalia....

- Ma fammi il piacere! E se venisse il commendatore?

- Il commendatore? O non t'ha fatto il biglietto?

- Quanto sei ingenua! Ti pare che un uomo di quel genere presenti (pazienza una persona, ma un'opera!) senza cognizione di causa! Sicchè ho dovuto promettergli di mostrargli il lavoro, e siccome è parecchio voluminoso.....

- Vergine delle misericordie! Gli hai detto di venir qui? lui?

- Non solo, ma ha accettato e fissato.

La sora Luisa provò quel che si prova quando, per gioco, ci si mette davanti agli occhi un par di lenti convesse e si vede, improvvisamente, ogni cosa deformata e ingobbita.

A un tratto il salottino ove cenavano le apparve nella sua squallida realtà.

Le pareti scrostate, dipinte con lo stampino a insalatina, l'attacco della luce visibile e la lampadina avvitata in un vecchio lume a petrolio d'ottone attaccato con due catene al soffitto, la vetrina con pochi piatti bianchi e celesti e la famosa zuppiera nel centro, l'orologio a pendolo guasto, le seggiole scompagnate, parte di Vienna, co' buchi, e parte ricoperte d'una orrenda stoffa giallastra, e in un angolo il tavolino da lavoro con sopra un rospo modellato in terracotta, lieto ricordo d'una gita alla fiera dell'Impruneta.

Dopo cena Luciano si mise a fare dei castelli in aria e la moglie finì per assecondarlo, perchè, senza avere il coraggio di dirlo, cominciava, anche lei, a nutrire qualche speranza.

- È un uomo influente e se piglia a proteggere qualcuno non fa per celia; perchè lui agisce sempre per calcolo; ed è bene sia così; la vita è un do ut des e dai benefattori bisogna guardarsi. Se mi avvicina è segno che il commendatore ha delle mire su me, ha capito il mio valore. Lo sfrutterà; mi sfrutterà. Che importa? Non vorrà mica lanciarmi per il mio bel muso. Ho aspettato dieci anni, questa è la mia ora, bisogna seguire il precetto d'Orazio e agguantarla. Domani vo dal sarto e mi rivesto da capo a piedi.

- Luciano, non far pazzie!

- Vorresti che andassi a Milano come un pezzente?

- Non dico questo.... ma con che cosa pagherai il sarto?

- Toh! con l'anticipo che mi sborserà l'editore! Lo ha detto lui, lascia fare a lui.... vedrai, vedrai....

Il professore si levò, la mattina dopo, per tempo.

Da un amico si fece prestar la valigia, e si ordinò un tout de même sciccoso. Poi cominciò le pratiche per ottenere tre giorni di permesso.

- Vado e vengo.... (diceva tra 4) una volata! ma a Milano in ventiquattr'ore si fa tutto. si respira il foglio da mille!

La sora Luisa scoprì che la miseria non proibiva il buon gusto; nascose le seggiole gialle, lustrò la tavola da pranzo e nel mezzo ci mise il rospo, trovò due tendine e velò la vetrina, pulì il lume d'ottone e attaccò alla parete, nel posto del diploma di laurea del marito, la Madonna a fondo oro (in tricromia) che teneva in camera.

Ora il commendatore poteva venire.

E venne.

Si mostrò affabile, entusiasta della luminosità dello studio di Luciano che dava sopra certi vecchissimi orti, lavorò con lui un paio d'ore pigliando appunti, poi si trattenne in salotto a discorrere con il professore e la signora.

I ricchi, perchè il commendatore era ricco, hanno la specialità di vedere una quantità di cose.

Il commendatore dette dei suggerimenti preziosi per la trasformazione della casa, quando avrebbero riscosso le prime rate dall'editore.

Bastava far dipingere le pareti tutte d'un colore unito, sostituire al lume una lampada con l'abat-jour e alle seggiole di Vienna quattro seggioloni, che potevano comprare anche usati, intonati col colore a noce della tavola.

Avrebbero visto! un figurone!

Prima di andar via, prese in mano il rospo di terracotta e ne tessè molte lodi.

- L'abbiamo pagato un franco, all'Impruneta, sette anni fa.

- Bene! questo è un oggetto grazioso, è originale! Ma qui non intona, ci vorrebbe un ambiente diverso, dove questo oggetto, che sembra cinese, fosse in concorrenza con altri ninnoli....  diventerebbe d'una eleganza pazza. Qui non si vede, viene ammazzato, scompare....

- Se osassi offrirglielo....

- Ma le pare! professore!...

- Non faccia complimenti.... ho occasione di ritornare all'Impruneta.... si serva pure commendatore.... si serva.... lo accetti per ricordo, se no me ne offendo....

- Accetterò per non parere scortese.... signora! Professore!... Non si disturbino.... ci vedo benone.... arrivederli a presto.... grazie....

E sparì.

- Com'è affabile - disse Luciano, - Chi penserebbe che è tanto ricco?

- Ma, o il biglietto di presentazione?

- Che dici? me lo manderà, certamente.

- Dovevi ricordarglielo, almeno....

- Sei matta? sarebbe parso che io volessi, subito, il contraccambio di quel regaluccio!

Il permesso di tre giorni a Luciano venne, ma non venne il biglietto.

Il professore tornò a casa del critico. Era partito, in missione, per conto del Governo, all'estero.

Un anno dopo uscì un romanzo del critico e il direttore della Rivista lo mandò a Luciano, pregandolo a fargli una recensione coi fiocchi.

Il pover'uomo cominciò a leggere e allibì. La vicenda si svolgeva esattamente nei luoghi e nei tempi da lui con tanta fatica studiati su documenti e libri vecchi; gli appunti presi dall'illustre critico gli avevano giovato a meraviglia!

L'amico riebbe la valigia, il sarto citò Luciano e il grande editore (al quale si rivolse direttamente) gli rispose pigliando la cosa in molta considerazione, ma pregandolo a pazientare almeno due anni a cagione della crisi libraria.

La sora Luisa, una sera in cui, per divertire il bambino, s'era fermata ad ammirare la vetrina multicolore d'un chincagliere di lusso, ci vide in bella mostra, sopra un vassoio di finta lacca della Cina, un rospo di terracotta dell'Impruneta con attaccato al collo il cartellino del prezzo: cinquanta lire!

Giusto la cifra che mancava a Luciano per finir di pagare il vestito.

 

 

 





4 Nell'originale "se". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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