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L'ULTIMO FUORUSCITO.
I suoi padri avevano fatto così; avevano fatto così gli avi lontani dei padri suoi; la tradizione passata di famiglia in famiglia, pei secoli, la legge naturale, imponevano di fare a quel modo ed egli lo aveva fatto, senza esitazioni e senza timori.
La storia è vecchia e rassomiglia a tutte l'altre del genere. Il signorotto aveva usurpato i suoi diritti di marito, aveva affamato la sua famiglia, costretta a morir quella martire, discacciato pel mondo il figliuol suo, trattenendo sotto il comodo tetto paterno il frutto della violenza....
Egli s'era vendicato! Aveva ucciso il traditore, ne aveva dispersi i parenti, s'era ricordato, a uno a uno, degli accusatori prezzolati e delle spie. Nessuno in tutta la Maremma aveva osato alzare un dito contro di lui nemmeno per frenarlo in quell'orgia di strage; e chi s'era provato aveva fatto conoscenza colle canne dell'infallibile fucile.
E, del resto, perchè dovevano farlo? Era nel suo diritto. L'antica legge dei popoli nomadi, delle tribù selvagge, degli uomini primitivi, parlava chiaro: occhio per occhio....
Ed egli ancora, dopo tanti anni trascorsi nel cuor della macchia, fra mezzo le insidie, i disagi, le angosce senza nome, rugoso, imbiancato, non stanco nè sazio, ricercava l'introvabile "figlio della colpa", ben deciso ad estinguere, giusta il costume, la maledetta stirpe.
Ma anche qualchedun'altro cercava, il vecchio Stoppa (tale il soprannome del fuoruscito), Stoppa l'irreperibile, tipo classico delle antiche maremme toscane, giustiziere senza pietà, ma generosissimo raddrizzatore dei torti e delle ingiustizie.
Nei silenzi della macchia, nelle soste lunghe sotto l'intrico serpentino delle barbe e dei rami aggrovigliati da secoli e rilegati da ghirlande di parassitarie sovrapposte così che sul terreno sottostante non filtrava atomo di sole o goccia di pioggia, nelle notti eterne passate fra le scope cogli occhi alle stelle scintillanti nel cielo nero, quando era sereno, o nelle cantine o nel solaio di qualche fittavolo compiacente quando l'uragano muggiva agitando il mare e scotendo la foresta come se volesse sradicarla, durante le fughe pericolose, caute, su per la montagna rutilante di smeraldo, o lungo i paduli precinti di azzurre nebbie micidiali, nelle tenebre e nella luce, nell'albe e nei tramonti, nella veglia e nel riposo, in quel core feroce che s'infiammò per affetto e per affetto continuava ad ardere, rapido e penetrante come una pugnalata si cacciava un ricordo.
Ed era vano che, graffiandosi il petto velloso coll'ugne incolte delle mani robuste, il bandito cercasse di sconficcarsi dal seno quella invisibile punta che s'addentrava sempre di più, dandogli spasimi e torture senza nome, quasi gli bucasse l'anima!
Tutto sè stesso avrebbe dato per rivedere il figliuol suo, che doveva essere alto, ora, e forte.... come era stato lui!
Ma perchè, gli avevano detto i lontani parenti che raccolsero il povero innocente, ma perchè volete disfargli l'avvenire e costringerlo a diventar rosso in cospetto agli amici ed ai compagni?
Era giusto; dal momento che, nell'immensa disgrazia, il ragazzo aveva avuto almeno la rara ventura d'imbattersi in quei collaterali (come suol dirsi), gente ordinaria e all'antica; ma buoni come il pane e facoltosi da potersi permettere di farlo studiare in un collegio, da dove era passato all'Università di Pisa.
Quando sarebbe tornato, dottore e uomo, allora.... allora avrebbero visto come si poteva fare a illuminarlo alla meglio sulla sua origine triste.
Per ora, silenzio! E il fuoruscito, col cuore che gli sanguinava, a scorrazzar per la macchia da dritta a manca, aiutato, riverito, nutricato e alloggiato di tutto punto.
Birri e giandarmi battevano il monte? Stoppa, comodamente, cenava in qualche deserta fattoria del piano, fra uno sciame di "broccioni" irsuti e di belle ragazze, tutta gente che si sarebbe fatta tagliar la gola piuttosto che denunziare "lo zio" come lo chiamavano scherzosamente.
Birri e giandarmi frugavano, travestiti, la macchia? Stoppa, a cavallo, in grandi cosciali di pelle di bufalo, col fucile all'in giù ficcato nell'alta sella maremmana, in bocca la pipa corta di radica, il laccio rotolato sull'arcione dinanzi, la pertica, lunga a guisa di lancia, nella destra, galoppava sopra un cavallo tutto pelo dalla lunga criniera svolazzante come la chioma delle tamerici e le nari rosse e fumide, su per le vaste praterie insieme ai butteri barbuti, inseguendo le mandre di bovini dalle lunghe corna, pazzi di spavento, dentro le staccionate alte due metri.
Birri e giandarmi si riposavano, ascoltando e domandando, nei paesi o nei borghi? Stoppa filava sul barchetto, lungo l'acque silenziose come quelle della palude Stigia, ficcando nella mota una pertica che pareva un albero da caravella e fischiando la sua più gioconda canzone.
Astuto, agile, audace, era divenuto leggendario e si raccontavano di lui tratti che parevan miracoli.
Una volta, a Scansano, si fece passare avanti, gentilmente, in una bottega, un graduato dei giandarmi e gli offrì di sua mano le "buchette" del tabacco perchè scegliesse il migliore; poi s'accompagnò con lui, fece qualche passo insieme, montò s'un baroccino che aspettava e slanciando il cavallo, senza dar di martinicca, giù per la famosa e ripidissima scesa, come un demonio, gridò al giandarme pietrificato: "Si ricordi di me.... di Stoppa!".
Un'altra volta avvertì alcuni contadini d'una fattoria che non accogliessero a lavorare un tale che l'aveva denunziato; ci badassero bene perchè, tanto, la necessità lo spingeva ad ammazzarlo e non voleva disturbarli con lo spettacolo della strage.
Quelli non dettero retta e Stoppa arrivò di pieno mezzogiorno, mentre mangiavano all'ombra di certi mori, accanto ai bidenti e agli aratri, e come si levavano in piedi coi volti pallidi, li rassicurò d'un gesto, imbracciò il fucile, esortando la spia a raccomandarsi l'anima a Dio.
L'uomo urlava, divincolandosi sulle zolle come un verme spezzato in due, senza pensare neppure a fuggire, colle gambe paralizzate dallo spavento, e si raccomandava che l'aiutassero per carità.
Stoppa, tranquillo, aspettava consigliandolo paternamente a rivolgersi a Dio e a chiedergli perdono de' suoi peccati invece di arrabbiarsi e bestemmiare in quel modo, in punto di morte....
Il disgraziato, finalmente, coll'esclamazione "Dio mio, aiutatemi!", trovò il fiato per spiccare un salto e darsi alla fuga; e Stoppa gli sfracellò il capo, così, mentre correva, come a una lepre.
D'allora in poi non ebbe amici e protettori più fidi di quei contadini.
Ma bisognava vedere com'era amato dai vecchi! I vecchi i quali sapevano com'erano andate le cose; i vecchi i quali avevan conosciuto quello che aveva disonorato e rovinato Stoppa; i vecchi che al processo in contumacia del fuoruscito avevan fatto di tutto per dimostrare quanta ragione avesse; ma invano! Colla legge non si ragiona e chi ha ammazzato deve pagare.
Ma non lo permisero. Una tacita associazione si formò per incanto, si dettero l'intesa da casolare a casolare, da chiuso a chiuso....
Mai bandito al mondo ebbe tale una coorte di favoreggiatori devoti a sua disposizione: e Stoppa dove passava lasciava ricordi di sè, dove si fermava piovevano le benedizioni.
C'era un fattore che taglieggiava i sottoposti per arricchirsi indebitamente? Una palla gli portava via il cappello e mentre il cavallo ricalcitrava impennandosi, si vedeva sbucar fuori dalla macchia, come un lampo, l'alta figura barbuta di Stoppa che agguantava le redini col pugno d'acciaio, fermava la bestia, dava al fattore dei saggi consigli, poi lo rimetteva sulla buona strada senza chiedergli neppure un paolo!
Due briganti spiccioli che s'erano provati a scorrazzare, rubacchiando a nome di Stoppa (come se Stoppa avesse avuto bisogno di una banda!), e che eran doventati il terrore della povera gente, furono presto levati di mezzo.
Gli uccise tutti e due nello stesso tempo con due fucilate, mentre saltavano una staccionata per rifugiarsi nella macchia; bel colpo! lo ricordavan sempre, lo chiamavano "la coppiola di Stoppa".
Ormai, però, era qualche diecina d'anni che il terribile fucile non ammazzava altro che cignali, daini, lepri, beccacce, germani....
Nel camposanto di Talamone giacevano da un pezzo le ossa del principale colpevole, causa di tutta quella rovina, della vittima innocente, dei confidenti, dei falsi testimoni; non c'era più nessuno che desse noia al bandito, tranne il bastardo; ma che importava s'era figliuolo anche di lei? aveva quel maledetto sangue nelle vene anche lui e il sangue di Stoppa non si poteva acquietare se prima non versava quell'altro, tutto, fino all'ultima stilla.
L'antica legge della vendetta parlava così e non ci si poteva sottrarre al destino.
Ora per assolvere il suo giuramento il bandito aveva più d'una difficoltà da superare; trovare il nemico poteva esser facile, ma riconoscerlo era più difficile ancora!
Dopo che in quella tragica notte d'ottobre il cadavere fu trovato in mezzo alla via fangosa dove era giaciuto tutta la notte sotto il diluvio torrenziale e subito, a giorno chiaro, un'altra schioppettata freddò il fattore che usciva di casa, proprio sull'uscio, lo spavento penetrò nella grande casa deserta, battè con l'ali viscide, di pipistrello, le pareti scialbe sotto i soffitti enormi, s'accovacciò nell'ampio camino, fra gli alari di ferro, sulle ceneri spente, diacciando i superstiti che non osavan più muovere un passo.
Poi, adagio, adagio, guatandosi alle spalle, uno dietro l'altro, abbandonarono la casa dell'infamia e del delitto, e una donna, pietosa barcollante e ricurva, l'ava, ormai deserta, nascondeva, sotto il grande scialle, il mal seme che, giusta la tradizione, avrebbe dovuto essere estinto.
Per sette generazioni il sangue si trasmette colle abitudini dei padri ai figli, ai figli dei figli, e le razze continuano a cercarsi, traverso i lustri (con il lento metodo onde ricercano la pésta delle belve sull'erba fra i tronchi bistorti, o sul limo, fra le canne querule), sparpagliandosi in varie direzioni, fuggendo, ogni tanto, da una gran chiazza di sangue vermiglio, per ricominciare, da capo, sempre, così.
Ora il bastardo era tornato, era uomo; doveva essere educato alla stessa maniera; cosa vuol dire se l'avevan fatto studiare, come l'altro, il suo? I superstiti delle due razze si sarebbero cercati coll'odio vicendevole contro le stirpi avverse, col furore della vendetta nei polsi; e il bastardo era giovine, sarà stato bello, specie se somigliava.... sì! doveva somigliare la madre, doveva essere biondo come lei, con gli occhi azzurri da' riflessi d'acciaio come lei!
Ma nemmen questo pensiero poteva trattenere il fuoruscito nella incrollabile decisione di compiere fino agli estremi quello che credeva un assoluto dovere per tradizione e per coscienza, impostigli dalla viva parola dei vecchi, acquisita istintivamente, penetrata in tutto il suo essere, dal latte acre succhiato alle mammelle d'una capra e d'una femmina del monte Amiata, dai rigogli formidabili del terreno putrescente, dall'aria torpida e burrascosa che aveva riflettuto i medesimi lampi sulle corazze dei Lucumoni.
E poi, l'altro, doveva anche esser forte, e se uno l'aveva da incontrare dovea esser lui, proprio lui e nessun altri che lui, Stoppa, il bandito, ecco!
Del resto lo stato d'animo del brigante era, senza che lui lo sapesse, quello accennato sopra; che lo rendeva schiavo, eroico, del preconcetto atavico fino al punto di sacrificargli libertà e vita come altri le avrebbe sacrificate a una missione nobile e sacra; fino al punto da obbligarlo a farne sacramento per le stelle che tramontavano o per il sole che nasceva, fino al punto di chiedere a Dio e ai santi che l'aiutassero a rinnovare il voto con le promesse d'un'offerta magnifica per qualche solitaria "Maestà" ad un crocicchio pericoloso dove lo stesso fuoruscito vigilava che non mancasse l'olio nel lume della Vergine e le rinnovava i fiori davanti, dopo di aver consacrato lo stesso sangue, quasi classicamente agli Dei infernali, pensando il delitto e affrettandolo col desiderio, seduto sulle pietre d'un ipogèo etrusco mezzo nascosto tra 'l fango e l'edera, senza sapere nè ricordare se non questo: che anch'essi, gli antichi, si vendicavano dei loro nemici.
Invecchiando, l'idea ossessionante lo riafferrava con insolito vigore.
Ma quel giorno, dopo una mattinata faticosa attraverso la boscaglia, aveva sentito un malessere improvviso impadronirsi di tutta la sua persona.
L'uomo silvano, incapace d'andar più innanzi, s'appoggiò, come il cignale ferito, al tronco d'una rovere, interrogando sè stesso e il bosco circostante.
La foresta ardeva in ogni stoppia, i tronchi secchi e color ruggine parevano fiamme vive; dal ricamo delle ramaglie chicchi d'oro piovevano sull'erba di smeraldo illuminando innumerevoli occhi di fiori dalle tinte accese, gli uccelli cantavano, si chiamavano, spettegolavano di ramo in ramo, un ronzìo sonoro di insetti invisibili riempiva di vita i meandri più silenziosi e più oscuri.
Stoppa sorrise un poco pensando che qualche cosa potesse avergli fatto male nella boscaglia; il sole o il vento, per esempio! Poi, ripensando all'acqua bevuta di un borriciattolo dubitò d'essersi avvelenato e tracannò dalla fiasca qualche sorso di grappa, bianca come l'onda di sorgente; ma lo strano malessere non cessava; goccioline fredde imperlavano la fronte del vecchio, mentre il cuore gli batteva e sul viso s'alternavan fiammate di sangue che gli facevano girar la selva dinanzi agli occhi abbarbagliati.
– Sono avvelenato, – pensò Stoppa, – e ora me ne crepo, qui nella macchia, per via di quell'acqua che ho bevuta, solo come una bestia e invendicato!
Bastò questo pensiero a farlo raddrizzare di colpo, come si raddrizza un albero piegato con la violenza e poi lasciato libero a un tratto; si raddrizzò, cogli occhi fiammeggianti, colle vene del collo e della fronte turgide, colla gran barba arruffata che sventolava, impugnando il grande schioppo, fedele compagno e provato amico; così, attraverso la macchia, simile al cignale pazzo che stronca sul suo passaggio scope e ginepri e fora le siepi colla corazza irsuta finchè sbuchi all'aperto, passò colla velocità dell'uragano, come a' bei tempi quando fuggiva, balzando al pari d'un daino, sui garretti d'acciaio e improvvisamente, senza quasi avvedersene, si trovò in una radura dove era uno sconosciuto fermo nell'attitudine cauta di chi si guarda d'intorno o cerca d'orizzontarsi, tutto vestito da caccia e armato di fucile.
Stoppa s'immobilizzò colla rapidità fulminea del cane che punta; girò intorno gli occhi che parvero illuminare la macchia circostante come due baleni, portò l'arme alla spalla e chiese con voce terribile: "Alto! Chi siete?".
Lo sconosciuto lo guardò; era un bel giovine poco più che ventenne, snello, ben proporzionato, con capelli e barba rossicci, con due grandi occhi chiari, da' riflessi d'acciaio.... gli occhi "di lei!".
Il sangue del bandito rifluì al cuore con tale impeto ch'egli si sentì vacillare e lo schioppo gli tremò nel pugno solido; ma subito la vampata calda fu respinta dal cuore al cervello, dètte a Stoppa una visione rapida e un pensiero deciso, abbruciandogli le carni con tutte le mille e mille fiaccole dei più dolorosi ricordi.
Dio gli aveva fatto la grazia! Era giunta quell'ora in cui si compisse il solenne destino; era scritto, dunque, che la schiatta infame andasse dispersa, per sempre, prima che vecchiezza o morte sopravvenissero ad impedirlo.
Ed ecco che l'ultimo di quei maledetti gli era davanti! a tiro di fucile!
Trattenne, con un conato estremo del cervello che già più non ragionava, irrigidendosi in una corazza di volontà suprema, il dito che stava per stringere i grilletti e domandò con voce sorda: "Lo sapete chi son io?".
– Cercavo di voi....
– Di me?!...
– Non siete Stoppa, il.... fuoruscito?
– Sì.... ebbene?
– Guardatemi fisso.... cercate di ricordare.... non vi dice nulla questa fisonomia?
– Sì.... sì.... sì! Mi dice tutto, mi dice troppo.... cotesti occhi sono i suoi.... coteste mani bianche sono le sue, cotesti capelli biondi li rammento.... Ma il sangue che vi corre nelle vene, che vi fa discorrere, che vi fa campare....
– Ebbene! questo sangue....
– È quello della razza maledetta che m'ha distrutto, che m'ha sbandito, che mi ha ridotto così, e finchè ve ne sarà una stilla.... ma io discorro troppo perdio! pensate all'anima vostra, se l'avete!
Come fu che Stoppa, il bandito al quale venti anni di macchia avevano dato occhio di falco e muscoli di bronzo, che aveva visto inginocchiarsi, disfatte, ventine di persone dinanzi alla bocca del suo fucile, si trovò rovesciato, di schianto, sull'erba, con un ginocchio marmoreo sul petto e una mano di ferro alla gola?
Rantolava, ora, furibondo, sputando bava, divincolandosi come un lupo preso al laccio, finchè gli mancarono le forze, sentì intorpidirsi la vista e ruggì più che implorasse: "sono.... disonorato.... ammazzatemi!".
E chiuse gli occhi aspettando la morte.
Invece sentì allentar la stretta e la voce calma del giovinotto che diceva: "Mi volevi ammazzare? e dopo?".
Stoppa alzò gli occhi, ferocemente, e rispose:
– Ero contento! ed era finita.... anche per me. Mi bastava d'avervi spersi.... tutti! fino all'ultimo; voi!
– Io? ecco a che cosa vi conduceva la vostra furia pazza e il vostro pregiudizio insensato.... Alzatevi.... non sono quello che cercate.... Ma non avete ancora capito, chi sono io?
Il brigante si alzò a stento, barcollando come un ubriaco, fregandosi gli occhi, protendendosi tutto colla persona cadente, in un'ansia improvvisa.
– Come avete detto? come avete detto?...
– Voi.... tu....
– Son vostro figlio.
Quando Stoppa ritornò in sè il sole declinava dietro l'immensa distesa della macchia, tuffandosi pian piano in quel mare di foglie oscure e tremolanti alla brezza della sera, sotto il cielo rigato da svoli folli di rondini, e il figlio era lì, accanto al letto, in quella stanza grande, col soffitto a cavalletti, dell'antica fattoria, e stringeva forte nelle sue la mano scarna e nodosa del vecchio fuoruscito.
Cosa si dissero?
Si potrebbe più facilmente tradurre il colloquio del torrente colla nuvola che riferire il dialogo di quei due esseri così vicini e pur tanto distanti!
Fra voci rotte e singhiozzi, fra parole smozzicate e bestemmie (anche bestemmie), si sentì un solo monosillabo pronunciato chiaramente, ma a voce fioca: "Sì...".
In quella semioscurità, di faccia al cielo che imbruniva, la vecchiezza e la gioventù, il pregiudizio e la ragione, il delitto e il cuore, combatterono anche una volta di quelle spaventevoli e sommesse battaglie a cui non è possibile d'assistere se non cogli occhi della fantasia, che non è possibile intendere altro che con le facoltà misteriose e divinatrici dell'anima.
Certo insieme colle valanghe d'oro che silenziose s'inabissavano dai cieli nel cuore della macchia cupa e del mare sonante, molti secoli di sogni, d'eroismi, di tradizioni e di leggi barbariche crollarono davanti agli sguardi del selvaggio morituro; e quando il sole fu spento e sbocciaron le prime stelle e, finalmente, la luna tonda allungò, sulla terra da cui s'alzavano quelle armonie notturne lunghe e chiare che clamano così disperatamente verso l'infinito, le prime ombre, allora tutto davvero parve scomparso, inghiottito dalla notte fonda nella quale si preparava in mezzo a così meravigliosi concenti l'aurora futura.
In quegl'istanti il vecchio esalò un sospiro che parve il rimpianto supremo di tutta la sua vita fosca e avventurosa.
Allora il figlio condusse al tetro capezzale, piano, dal buio verso il baglior della luna, un'altra figura di adolescente che curvò un volto roseo e un capo biondo sulla faccia immobile del masnadiero; ma questi, socchiusi gli occhi un istante, con uno sforzo violento, di sulla soglia del di là, guardò ancora verso la vita e vide e riconobbe e, con un moto invincibile di ribrezzo e di furore, voltò la testa canuta e rimase irrigidito, così, in quell'ultimo atteggiamento di negazione e di sfida.
La luna, ormai alta sull'arco lattiginoso del cielo, filtrava nella camera creando fantastiche ombre negli angoli e sulle muraglie, sfiorando la gran figura diritta dell'ultimo fuoruscito, immobile, affondato nel letto, vicino al quale due slanciate figure d'uomini mormoravano parlando così basso fra loro che l'inno, ormai pieno, dei grilli vicini e lontani, entrava dall'aperta finestra empiendo tutta la stanza....
In seguito, conobbi, uomo fatto e professionista stimato, il figliuolo del brigante; ma egli non rideva mai; non aveva più sorriso da quando gli era successo di uccidere, in leale duello, un uomo che lo aveva chiamato col soprannome del padre.