Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Due anime in un corpo

PARTE PRIMA

XIV IL PROCESSO ALLE DUE ANIME

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

XIV


IL PROCESSO ALLE DUE ANIME

 

Udienza del giorno 10([1])

 

Deposizione del dottor Chiodo

 

Presidente (dopo le solite formalità). Mi racconti quello che sa della morte di Giorgio Lucini.

Teste. Ho fatto la mia relazione in iscritto. (Se ne lettura).

Presidente. Crede che il Lucini sia morto per colpi al petto?

Teste. Egli ha voluto morire, e non si può pretendere che la medicina possa rifare la vita d’un uomo. Quel Lucini doveva avere un polmone di carta, un polmone impossibile. Cominciò il singhiozzo e non ci fu modo di farglielo smettere; colpa nostra se...

Presidente. Venga al fatto.

Teste. Questo è il fatto. Per me non sono obbligato al signor Lucini di avermi posto in questo imbarazzo.

Presidente. Conosce l’accusato?

Teste. Sì, egli avrebbe dovuto pagarmi le visite. (Depone altre cose di poca importanza}.

 

Udienza del teste cav. Emanuele Gangamela.

 

(È un signore elegantemente vestito, con due favoriti alla milord, e i capelli aperti come un ventaglio dietro la nuca}.

Presidente. Conosce l’accusato?

Teste. (guardandolo con l’occhialino). Non mi rizulta.

Presidente. Conobbe il Lucini?

Teste. L’ho conosciuto, illustrizzimo zignor Prezidente, questo estate a Venezia, dove assunzi l’impreza del teatro La Fenice. Mi era raccomandato dal mio amico Linucci di Napoli e pozzo dire, illustrizzimo zignor Prezidente, pozzo giurare zul mio onore, zulla mia lealtà, e... zulla mia lealtà che pochi uomini hanno goduta, la mia dirò, ze mi zi permette la fraze, la mia zimpatia, come il poveretto di cui zi discorre.

Presidente. Udì raccontare della sua morte violenta?

[138] Teste. Certamente l’udii. Io aveva ricevuto già due lettere dal Lucini, in una delle quali mi annunciava la malattia di zuo padre e nell’altra la morte... di zuo padre.

Presidente. Ella rispose. Riconosce la sua lettera? (Mostra una lettera).

Teste. Per l’appunto. (Si lettura della lettera del signor cavaliere, che non paga esattamente i quartali, come ogni semplice impresario).

Presidente. Non ha pensato che queste lettere fossero false?

Teste. Io non mi zono mai apposto, non penzando a una mistificazione.

Presidente. Accusato, riconoscete queste lettere scritte in nome del Lucini, per scritte da voi?

Accusato. Sono mie. Una la scrissi sotto la dettatura del moribondo, l’altra per conto mio.

Presidente. A che scopo?

Accusato. Per non propagare la morte del Lucini.

Presidente. Avevate interesse a celarla?

Accusato. Sì, ma non...

Presidente. Basta.

 

Udienza del teste Graziano Marcelli

 

(È il padre dell’accusato ed ha l’aria di un buon campagnuolo, è più stupefatto che commosso).

Presidente. Conosce l’accusato, n’è vero?

Teste. Un poco. È mio figlio soltanto, e mi meraviglio come loro signori perdano la testa al punto... (Ilarità).

Presidente. Rispondete a me. Come visse finora vostro figlio?

Teste. Ha studiato il latino in seminario.

Presidente. Ah! in seminario... È una circostanza nuova! e da quando uscì?

Teste. Da due mesi, o tre... Non so bene, perché io ho tutt’altro per la testa in questo momento.

Presidente. Perché uscì?

Teste. Lo sa lei? Lo so anch’io.

Presidente. Accusato, perché lasciaste il seminario?

Accusato. Per poca disposizione allo stato ecclesiastico.

Teste. È stato un capriccio e l’ha pagato il mio povero Marcello. Era nostro desiderio che seguitasse, perché un prete è l’appoggio dei vecchi, e poi non è ancora una vita disperata; non ha voluto [139] ascoltarci, ed eccolo in un labirinto. Ma io (commosso) posso giurare per Marcello, posso giurare nel nome di tutti i miei poveri morti che il mio figliuolo è incapace di ammazzare una mosca, e che fin da bambino non resisteva alla vista del sangue dei polli... (L’accusato si asciuga una lagrima furtiva: il pubblico è commosso).

 

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

 

 

Udienza del signor Verga

 

(È un ometto vestito di nero che si avanza sorridendo e inchinandosi a destra e a sinistra).

Presidente. Ella abitava vicino all’accusato.

Teste. Signor sì, al numero ventitré.

Presidente. Quale opinione ha ella del carattere dell’accusato?

Teste. Ecco, io dirò quel che ho sentito dire, perché, siccome ho la bottega d’ombrelle un po’ lontano, non tornava a casa se non tardi o come si direbbe post prandium. Però ho sentito parlare del fatto. Prima, per un piccolo sbaglio, aveva creduto che il signor Marcello fosse morto, ma oggi, meglio informato, dirò quel che mi consta per relata refero. Il signor Marcello doveva sposare la signora Gioconda, figlia d’un altro vicino del terzo piano: il Lucini, cioè il morto, veniva a dare lezioni di violino al signor Marcello, e siccome era un bel giovine, s’innamorò della ragazza.

Presidente. Della signora Gioconda?

Teste. Questo è quanto ho sentito dire. Ma, venendo a noi, pare che questo signor Marcello per gelosia, non per altro, abbia fatto picchiare un po’ bruscamente il rivale e che, senza intenzione di fargli del male... (ilarità) cioè, di fargli l’estremo oltraggio, di ucciderlo insomma, sia stato la causa della sua morte. I Tanelli l’hanno cacciato di casa, Gioconda non ne volle sapere e ora sposa il signor Manganelli imbiancatore, che sta nella medesima casa, ma in quell’altro cortile.

Presidente. Non ne sa di più?

Teste. Questo è quanto. Del resto ogni uomo è suscettibile d’errore. (Il teste parte salutando a destra e a sinistra).

Presidente. Vediamo un po’ meglio questo episodio di Gioconda.

 

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

 

chiamato il signor Gaspare Tanelli, sarto da uomo, che entra senza levare il cappello, più scompigliato delle sue idee: il povero uomo non si è mai trovato, pare, in più brutto impiccio).

[140] Presidente. Mi dica perché l’accusato lasciò la sua casa.

Teste. Perché lasciò la mia casa? Dopo la morte di quell’altro non volle più restare.

Presidente. Conosceva il Lucini?

Teste. Se io conoscevo il Lucini? di vista.

Presidente. È vero che l’accusato fosse fidanzato o amasse Gioconda?

Teste. Credo di no ed io lo diceva sempre a mia moglie Brigida: «T’inganni, t’inganni».

Presidente. Come mai la signora Brigida era indotta a credere che il vicino amasse la figliuola?

Teste. Come mai? la Gioconda aveva raccontato che il signor Marcello le aveva susurrato qualche parolina.

Accusato. È falso: io non ho mai parlato alla Gioconda.

Presidente. Ebbene, si chiami la signora Gioconda. (Movimento di curiosità nel pubblico).

 

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

 

(La signorina veste modestamente, e prende posto in una sedia in faccia al Presidente, senza alzare gli occhi).

Presidente. La sua età.

Teste. Ventisette.

Presidente. Scusi. Presti prima il giuramento di dire la verità e non altro che la verità.

Teste (presta il giuramento).

Presidente. La sua età?

Teste. Trentadue anni. (Ilarità).

Presidente. Conosce l’accusato?

Teste (con voce bassa). Sissignore.

Presidente. È vero che egli fosse il suo fidanzato?

Teste. Nossignore.

Presidente. O almeno il suo amante?

Teste (arrossendo). Nossignore.

Presidente. Eppure si diceva che egli avesse promesso di sposarla.

 

(Il teste Leonardo Lasca, droghiere, conferma la voce di intime relazioni fra l’accusato e la Gioconda. Così varii vicini della casa).

 

Il teste Tanelli. Forse mia figlia si era ingannata...

presidente. In che modo? Signora, ella è nel dovere di dare delle spiegazioni.

[141] Teste. Alcune sere io incontrai una persona innanzi all’uscio del signor Marcello; stava aspettando ch’io tornassi col cesto della biancheria. La scala non era troppo illuminata e ho sempre creduto che fosse il signor Marcello.

 

Qualche avvocato vorrebbe che il processo continuasse a porte chiuse, ma il signor Manganelli, imbiancatore, spiega come egli stesse tutte le sere aspettando la Gioconda innanzi all’uscio del signor Marcello, mentre questo era a pranzo all’osteria. Il signor Manganelli, uomo maturo, è innamorato della bella Gioconda, e le susurrava paroline graziose.

Presidente. Ma come mai fu possibile l’equivoco?

Teste Manganelli. Non erano che brevi parole: ella aveva sulle braccia un cesto di biancheria.

Presidente. Era di sera?

Teste Manganelli. Cioè di sera, non già la mezzanotte, ma un po’ sul tardi.

Presidente. Ed ella, signorina, credette in buona fede che fosse il signor Marcello?

Gioconda (con un fil di voce). Si...

Presidente. Ma come non si accorse dell’inganno?

Gioconda. Avevo le mani impedite. (Ilarità)([2])

Presidente. Il signor Leonardo Lasca insiste ancora ad ammettere questi intimi rapporti?...

Teste Lasca. Io ho veduto le lagrime d’una povera madre.

Presidente. Che risponde il teste Manganelli?

Manganelli. Che la signora Brigida fu persuasa delle mie dichiarazioni, e mi ha concessa la mano di Gioconda.

Presidente. E il signor Tanelli?

Tanelli. Cosa dico? nulla. Quel che fa mia moglie è sempre ben fatto. (Ilarità).

 

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

 

La tragedia per poco non si muta in commedia. Sono successivamente sentiti altri testi, come il cuoco dell’osteria vicina, che si lamenta soltanto del violino dell’accusato, il rettore del seminario, il quale non fa che elogiare il prevenuto.

[142] Presidente. Ebbe, reverendo, qualche volta a lagnarsi della sua condotta in seminario?

Teste. Qualche volta e più volte, ma erano questioni d’ordine interno.

Presidente. Vorrebbe accennarle?

Teste. Portava la berretta un po’ alla soldata, leggeva qualche libro profano... inezie!...

Presidente. Qualche romanzo francese, di quei che esaltano la fantasia?

Teste. Eh no! oh no! librettucciacci... che so io?

Presidente. Accenni questi difetti.

Teste. Mettere una gamba sull’altra, dormire col ventre in giù... Piccolezze, puerilità, buon Dio! ma nel resto bono, bono, bono.

 

Altre relazioni tratte dai giornali:

 

«Sappiamo, a proposito del processo Marcelli, che tutti i testimoni si sono trovati d’accordo nell’ammettere nell’imputato l’incapacità a delinquere e fin qui una condotta irreprensibile. Altre prove circostanziate verrebbero a provare che l’imputato non ebbe alcuna mano nel brutto affare del povero Lucini, stanteché egli abbia potuto provare l’alibi, e nessun movente al delinquere. Il Marcelli fu vittima del suo buon cuore e di una trama ben più estesa, di cui l’Autorità tiene in mano già i fili. Esiste un colpevole d’assassinio, e un colpevole di falsificazione, ma non sono a ricercarsi davvicino. L’Autorità procede».

 

Un giornale più popolare aggiungeva:

 

«Sappiamo da fonte certa che l’assassino del povero Lucini fu il vecchio marito di Marina, contro il quale fu spiccato mandato di cattura.

«In questo processo, che il signor Presidente in principio aveva preso con troppo calore, vedemmo come il magistrato non debba mai perdere il suo occhio sereno.

«Non possiamo lasciare nell’oblìo la splendida e brillante difesa che le fece il nostro egregio amico avvocato Del Fosco, con quella sua vis oratoria che tanto lo distingue. Egli disse come sul [143] prevenuto erano venute a piombare, come tre fulmini, tre accuse: assassinio, falso, e offesa alla morale; come non una risultasse vera, sebbene per i difetti enormi del nostro codice si sia nel pericolo di pesare la mano sull’innocente. Egli prese di qui l’aire per una frase felicissima contro la pena di morte che definì “la grande insidia degli uomini che non hanno una testa da perdere”; biasimò la rigidezza di certe feudalità che vorrebbero inalberare il sistema della mannaia (nessuno di questi milita per fortuna nel nostro partito), e concluse: – Tempo s’innova, dice il poeta, e io spero non lontano il giorno che il popolo fatto giudice di se stesso non avrà né colpe da punire, né rimorsi d’aver troppo punito.

«Il valente oratore fu applaudito e noi crediamo che l’avvocato Del Fosco riempirà un bel vuoto nel Foro».

[144 bianca]

[145]

 

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License