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LUIGI: entrando seguito dalla Sig.ra Spazzoletti: Siamo a tempo, signor capo?
VOCE DEL CAPO: Per dove parte il Signore?
VOCE: Eh gh'è tempo venticinque minuti.
LUIGI: E dopo questo treno non ce n'è altri?
VOCE: Per Milano el xè l'ultemo...
SIGNORA SPAZZOLETTI: Che bisogno c'era di farmi correre a questo modo?
LUIGI: Che bisogno! Se era tardi non si arrivava a tempo, eh...
SIGNORA: Già, se era tardi non era presto, dicono a Perugia.
SIGNORA: Sempre così quando si viaggia con te; bisogna che tutto finisca in tanto veleno.
SIGNORA: O che non si poteva prendere una carrozza... e non farmi ansare una mezz'ora come un cavallo per una strada piena di polvere?
LUIGI: Eh che non l'ho forse cercata io la carrozza? è colpa mia se c'era la carrozza e non il cavallo? dovevo andar sotto io a tirarla la carrozza? Non farmi girar il bocino.
SIGNORA: Oh non chiedo tanto... Chiedo solamente che mi si tratti come una signora e non come un cavallo.
LUIGI: Sei tu che mi tratti come un cavallo, bimba.
SIGNORA: Del resto non è la prima volta e non sarà nemmeno l'ultima. È ormai la storia di tutti i giorni, padron mio.
LUIGI: Tu vuoi dire che ti secco, che ti peso, che non so trattare colle dame, che ti avveleno la vita...
SIGNORA: L'allegria, la chiacchiera, la garbatezza, i salamelecchi li sai trovare quando sei in compagnia de' tuoi amici e specialmente delle signore de' tuoi amici...
LUIGI: Adesso fammi anche la gelosa, bimba.
SIGNORA: Ma per tua moglie tutto è inutile, tutto è caricatura, tutto è spesa inutile; se fossi la tua serva non potresti trattarmi con meno cerimonia.
LUIGI: Guarda che son di Romagna e la mi fuma presto, la mi fuma.
SIGNORA: Sì lei signor Luigi Spazzoletti, lei signor negoziante di tessuti diversi, lei signor presidente della società degli esercenti in fibbie e bottoni; lei sarà un grand'omo di Romagna, ma non creda d'essere un gentiluomo...
LUIGI: Ah, lei crede signora Marianna di Perugia che un uomo che lavora dalla mattina alla sera, che ha la testa negli affari e nelle cambiali in scadenza abbia tempo di ballare che so io? il minuetto intorno a sua moglie?
SIGNORA: Basterebbe, signor Spazzoletti, che non trattasse la su' signora come lo straccio della stoviglia sporca, che non la lasciasse in casa sei, sette, otto ore sola in compagnia della sua cagnolina e del suo pappagallo a rattoppargli le calze, a preparargli le pappe, per entrare la sera torbido, brontolone, scontroso, uggioso, come se la sua casa fosse la gabbia dell'orso e mica la casa di sua moglie. E quando si degna di condur sua moglie in campagna da' suoi amici dovrebbe fare in maniera che fosse ricevuta con più garbo...
LUIGI: Chi ti ha mancato di riguardo a te?
SIGNORA: Se tu usassi una volta con me le moine che hai usate a tavola quest'oggi alla signora Tortorelli...
LUIGI: Ma che ti salta in mente? che mi vai tortorellando? la ti gira? è ora che tu la smetta.
LUIGI: Se ti ero antipatico non dovevi sposarmi.
SIGNORA: Se noi povere donne sapessimo prima quel che sono gli uomini certo non si commetterebbero certi spropositi. Quando ci vogliono sposare o pei nostri begli occhi o... per la nostra bella dote...
LUIGI: Mariannuccia, bada che la va a finir male... Bada che son di Romagna...
SIGNORA: Prima son tutti dolcezza e poesia, promettono mari e monti; a sentirli devono passare la vita ai nostri piedi a respirare il nostro respiro, a specchiarsi nei nostri sguardi, fin che povera allocca ci casca; una volta cascata peggio per lei. Allora ricominciano gli affari, le cambiali, le adunanze, i telegrammi, i bilanci, non c'è più tempo di dir due parole in pace, si mangia in collera, si grida per tutte le sciocchezze, o perché la zuppa è troppo salata, o perché non è salata abbastanza, o perché fa male una scarpa, o perché s'è staccato un bottone, o perché piove, o perché fa caldo, o perché il governo mette la ricchezza mobile e tutti i mali si fanno passare per la pelle della moglie come se la moglie fosse il cuscinetto degli spilli. Per rifarsi, la sera si va alla birreria, a giocare al bigliardo, a far visita alla signora Tortorelli e la moglie a casa a sbadigliare.
LUIGI: Hai finito, gioia? Tu credi che tuo marito sia un ragazzo a cui si possano dare quattro ceffoni sulla via...
LUIGI: Guarda che son stato a Mentana ve'... Non ho avuto paura delle baionette francesi io, e non voglio aver paura delle ciarle d'una bécera insopportabile.
SIGNORA: Il tuo pappagallo è più gentile.
LUIGI: Se credi di farmi ballare come una trottola t'inganni... Ho diritto d'essere rispettato e come uomo e come negoziante e come marito. Son Romagnolo che non ha paura di trecento operai io; né voglio subire la prepotenza d'una... pettegola...
SIGNORA: Ah... pettegola...? in Romagna dite pettegola?
SIGNORA: Mantiene questa parola, sor Luigi Spazzoletti?
LUIGI: La mantengo, la ripeto, la stampo, sora Marianna.
SIGNORA: Basta. Dopo appena due anni di matrimonio è il primo diamante che il signor cav. Spazzoletti regala a sua moglie. La ringrazio. Non ho più nulla a dirle. Mi ritiro qui in sala; quando arriva il treno si compiaccia d'avvertirmene. (entra a destra).
LUIGI passeggia nervoso, irritato: Potessi tu tacere cento anni! queste maledette donne sembran fatte a posta per guastare la pace d'un galantuomo. Oh ma la faremo finita...! non voglio morir tisico io per la lingua della sora Marianna Spazzoletti. Divisione, divisione assoluta di casa e di pane. Un uomo ha la pazienza limitata per un po', due po', tre po',... ma po... poi... (non trova i sigari) Non ho nemmeno un cane di sigaro, corpo d'una saetta, e mi tocca fumar la mia rabbia. Non c'è un tabaccaio qui vicino, sor capo?
CAPO: Qua in fondo alla contrada c'è un botteghin.
LUIGI: Ho tempo di scappare a prendere un paio di sigari?
CAPO: El gh'à tuto el tempo. El treno el xè in ritardo.
LUIGI: Se non respiro un po' d'aria scoppio di rabbia.
CAPO: De sto buco se gode de' bei spettacoli come a un teatrin. Gh'ò pagura che questi due italiani stanotte faran de' brutti sogni... Gh'è xè chi una carrozza.