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Nel letticciuol riposa
E sembra
Chi vide
Una più bella cosa?
E il vero
E il viso
A questa
Nessun angelo avere
O amore,
Per te più delle fole
La mamma
È quello che si vuole.
II.
SONO MAMMA
È la prima volta che piglio la penna in mano dopo il grande avvenimento (è un bel maschio) e dovrei raccontarti, come immagini, cento e una cosa che intendere non può chi non le prova. Quando ti chiedevo se a mettere al mondo i figliuoli si patisse molto, tu con una smorfietta di madonnina infilzata mi dicevi: eh, si sa, un pochino: non è come bere un brodo... Grazie del brodo! Tenaglie infocate d'inferno e non brodo... Se con Quel di Lassù si potesse ragionare, vorrei dimostrargli che con tutta la sua misericordia si è mostrato ben cattivo colle povere donne. Io, per esempio, avrei inventato un meccanismo più semplice e più elegante. Don Samuele, il prete confidente di mia suocera, ha cercato di spiegarmi che il Signore non c'entra e ch'è tutta colpa del peccato originale; ma sia come si voglia, io dico che se si sapesse prima, noi donne non ci pigliano e così il mondo finirebbe in pochi anni a consolazione di tutti i disperati e di tutti i pessimisti che lo trovano mal fatto.
Ciò non toglie che il mio Augusto sia un maschio garantito e il più bel bamboccione del mondo. Per adesso il suo nome è stella, ma lo si potrebbe chiamare anche sole, fiore, delizia: è tutto quello che si vuole, da baciare, da mangiare, da succiare. Ha due mesi e pesa sette chilogrammi, senza la camiciola. Credo che se egli fosse ancora al mondo di là e lo vedessi così bello, così bianco, così rotondo, passerei ancora in mezzo alle tenaglie infocate; ora che c'è, mi lascierei fare a pezzettini piuttosto che darlo a balia. Che gioia immensa quando in mezzo ai tormenti dell'inferno spunta fuori il paradiso! Pare che ti ammazzino, pare che il corpo si sciolga, pare di masticare carboni accesi ed ecco a un tratto un improvviso sollievo, una freschezza, un refrigerio ineffabile, eccoti sul cuore un bambino vivo di carne viva, un bambino tuo che grida, agita le gambe, le braccia, che ti cerca, ti palpa, ti succia, ti conosce, ti vuol bene. Il mio sole mi ha conosciuto subito: dopo tre ore eravamo già due vecchi innamorati. Adesso che c'è lui, quell'altro signor seccatore, che per l'ambizione di voler essere papà mi ha fatto patire quel che ho patito, può andare pei fatti suoi. Ingannatori!
Ci dànno a intendere quando si esce di collegio, che i figliuoli nascono dall'amore, come i fiori dalla terra al tiepido raggio del sole: caro quel tiepido raggio! Il mio Augusto sarà più sincero, se pure troverà una ragazza degna di lui, la quale però dovrà fare i conti anche con me. Comincio a capire perchè le suocere sono terribili!...
Quante stramberie, n'è vero? lasciami scrivere, lasciami declamare, lasciami cantare. Dacchè sono uscita dal letto, mi pare che il mondo si sia tutto rovesciato, capisco cose che prima non capivo e altre che mi parevano grandi e importanti, ora quasi non le vedo più. La ragione forse è questa: che prima guardavo le cose coi miei occhi, oggi le guardo cogli occhietti di Augusto. Prima il centro di gravità era in me, ora è in lui. Prima si misurano le cose e gli uomini sull'egoismo personale degli innamorati, oggi l'unità di misura è lui, il nuovo venuto, il nuovo padrone. Tutto ciò che non va bene a lui va bene a nessuno; e siccome il signorino è molto piccolo, ha mani e piedi da bambola, così a me pare d'essere enormemente grande, e procuro di rimpicciolirmi. Oh, come ci si rimpicciolisce in una maniera deliziosa con questi esserini! Io vorrei poter vivere con lui in un guscio di noce, noi due soli, senza testimoni, lui a succiare, io a farmi succiare, in un contatto molle, dolce, senza impazienze e senza desideri: e quando ha ben succiato l'ometto si addormenta sulla sua mamma, col visino rubicondo e rorido, colla bocca rosea, semiaperta, leggiermente spruzzata di latte. E la sua mamma qualche volta si addormenta anche lei in una soave stanchezza. E allora mamma e bimbo volano insieme in un sogno leggiero, che è quanto di più bello può derivare... dal peccato originale. Così passan le notti, così passano i giorni quasi senza differenza.
Se cápita una visita e ti si parla di corse, di teatri, di toilettes, di romanzi, di avventure galanti, si dubita che queste cose esistano, come dubiti che esistano gli omìni e le donnicciuole del tuo paralume chinese. Che meriti di vivere non c'è che lui, tutto ciò che non lo riguarda è una cosa scipita e indifferente. Son cose che devi sapere anche tu, che di figliuoli ne hai avuti prima di me: ma ho quasi l'illusione che sia io la prima a provarle. Per poco m'illudo fino al punto di credere che dal 25 di aprile in poi sia cominciata un'era nuova pel mondo. Guai se non fosse così! Il gran segreto della natura è di saper sempre cominciare da capo. Se ogni generazione non cominciasse a vivere da capo, a quest'ora l'umanità sarebbe una tela frusta, senza fibra e senza colore. L'acqua della vita è sempre fresca per chi va a prenderla alla fonte, e non sostituisce all'acqua naturale l'acqua imbottigliata della vita artificiale, o i liquori caustici dei falsi piaceri.
Eppure mi ha detto quella brava signora che mi aiutò a patire, che ci son molte donne che non provano affatto questi fenomeni di tenerezza, che hanno in orrore la maternità, che pur di liberarsi dai fastidi, metterebbero i figliuoli al monte di pietà. A costoro si potrebbe domandare perchè si son maritate: ma siccome forse non saprebbero rispondere, resta a cercare se sian donne come noi, o fatte di un legno più duro. Io che ho tanto sofferto, ora benedico la terra e il cielo, e se darò ad Augusto una sorellina, è perchè vedo che il compenso vale il dolore, il dolore passa e questi tesori restano. Per me anzi vado più in là: trovo che l'amore materno è una provvidenza, non solo avuto riguardo alla vita del figliuoli, ma anche alla felicità e alla dignità delle madri. Che cosa sarebbe questo nostro grande amore per un uomo, se non si aggiungesse uno scopo ed una speranza così santa? Una donna santificata dalla maternità ha i piedi sui gradini d'un altare, è in certo qual modo purificata e giustificata. Altrimenti che cosa siamo? spugne?... Ma sento Augusto che mi sgrida. Egli non vuole che si dicano certe cose e capisco che bisogna obbedirgli. Egli mi dice che sarà il mio difensore, il mio scudo in tutte le tribolazioni della vita, e son persuasa che per la sua mamma si farà tagliare a pezzi. Anche una donna tradita, oppressa, bisognosa e debole può trovare in questo amore dei figliuoli la sua fede, la sua libertà, la sua ricchezza e la sua forza: i figliuoli possono essere per noi maestri di pazienza, di carità, di bontà: il mio Augusto predica già meglio di don Samuele.
E come grida quando ha fame! ha una voce tremenda questo diavolo e se lo si fa aspettare perde subito la pazienza. Bisognerà che mi risolva a portarlo in campagna, perchè in questi buchi di Milano non c'è aria abbastanza pe' suoi polmoni. Benedetti i montanari, che l'hanno sull'uscio l'aria buona! Partirò lunedì e una volta a Mirabello mi sbarazzo dei vestiti da ricevimento, infilo una sottana di cotone con sopra un largo casaccone di teletta, lego i capelli con un nastro e faccio la balia. Questo si chiama imborghesarsi fino alle orecchie, lo so, e non è niente niente fin de siècle. La mia padrona di casa, la contessa che tu pure conosci, finge di approvarmi, ma vedo che in cuor suo mi compiange e mi compatisce. A lei, abituata a vivere tra le porcellane, deve sembrare così, shocking il mestiere della balia! Non hanno forse inventate apposta per questo mestiere le savoiarde e le valsesiane, che stan così bene nei loro costumi vistosi? a nutrire ci si sciupa il corpo, ci s'impegola, ci si rimette lo charme e il salotto. I figliuoli è già troppo portarli nove mesi e metterli al mondo - par che dica la contessa, la quale però è troppo educata per dire sempre quel che pensa. Certo essa preferisce una première alla Scala o un bel romanzo del Bourget a tutte le pappine del mio bebé. Per me all'incontro le gambette del mio Augusto valgono tutti i teatri e tutti i romanzi del mondo, e quando batto colle due mani un po' sopra le due gambette, mi par di sonare la sinfonia del Tannhäuser. Tutta la differenza sta nell'acqua che si beve: io la piglio alla fonte, la contessa da Vichy o da Montecatini. Bon Dieu, quelle bête! - dirai; che sia colpa del mio piccolo cervello? a me per per ora basta essere sviluppata in ciò che piace al mio Augusto; e anche sotto questo rispetto (in confidenza) non fo cambio colla povera contessa.
Augusto strilla ancora come un matto. Addio, in fretta: perdonami tutte le sciocchezze che posso aver detto in un momento di felicità; ma se non si sta un po' allegre noi mamme, chi conserva l'allegria? le monache?
III.
SONO PAPÀ
Caro Bortolo, mi è nata una bambina, domenica mattina, in tempo di messa cantata. Caterina sta bene e io pure, quantunque per alcuni giorni sia stato più di là che di qua. Se le mamme patiscono in questa faccenda, i papà patiscono non meno. Se non finiva presto, il tuo Battistone moriva di parto.
Ho aspettato fino a quarant'anni a prender moglie sempre nella speranza di cavarmela liscia; ma sai com'è andata la cosa4 e una volta maritati, il meno peggio che possa capitare è di avere dei figliuoli. Ma sento che non son fatto per le forti emozioni della vita. Anche il troppo piacere mi fa soffrire e mentre scrivo, vicino al lettuccio di Mariannina, temo che lo scricchiolio della penna me la svegli. Da tre giorni sono diventato d'una sensibilità morbosa. Ho paura dell'aria, e non ho mai tanto maledetto l'estate come quest'anno con tutte le sue mosche che minacciano di mangiarmela viva. Per sollevare la mamma mi tocca fare anche un po' la balia, ma anche per questo bisogna nascere apposta. Io non so da che parte pigliarlo questo trappolino, ho paura di scomporla, mi si sfascia nelle mani e se comincia a strillare, mi tremano le gambe. Guai se morisse! È lunga tre delle mie spanne, bionda come un cherubino, con due occhi rotondi come cipollette. Se le canto: "Mariannina, dove vai?" c'è quasi a credere che apra la bocca per cantare anche lei, tanto è intelligente. Ho paura che mi diventi una Gaetana Agnesi.
In questa settimana siamo stati un po' in pena, perchè si sarebbe voluto veder più oro... Tu forse non capisci che cosa è l'oro quando si allatta. Ma forse la piccina aveva dell'infiammazione addosso o il latte era troppo pesante, perchè non si vedeva che verde, troppo verde. Quando un bimbo digerisce bene paga sempre in oro, come un inglese. Quel maledetto verde ci ha tenuto in pena due o tre giorni. Io non avevo più la testa a posto, al punto che ho venduto una partita di splendidi bozzoli gialli a 3.50, quasi dieci centesimi al di sotto dell'adequato della Camera di commercio. Il dottore consigliò un pizzico di bicarbonato di soda e le cose andarono meglio, quantunque non come desidera la mamma.
Che sciocchezze! - dirai - So anch'io che son sciocchezze, e son tre giorni che vado ripetendo a me stesso che sono uno stupido, o sulla via di diventarlo. So bene che farei molto meglio a occuparmi de' miei affari, visto che l'annata è birbona, che i fieni rincariscono e il gran turco secca nelle panocchie; ma di chi la colpa se questa piccina mi ha fatto un buco nel cuore? Son cose che non si capiscono, o forse ho fatto male a prendere moglie troppo tardi. Per queste emozioni ci vogliono i giovinotti, i temperamenti forti e robusti, mentre dopo i quaranta ogni cosa fa tenerezza e per nulla sbucci le cipolle.
Caterina piangeva anche lei, e siccome per farle coraggio io l'ho sgridata un poco, la comare ha detto ch'ero un turco, che non capivo nulla, che non meritavo nulla. Il gridare ha svegliata la bimba, che s'è messa a strillare; Caterina m'ha cacciato via e per quel dì non ho pranzato. Se le contassi all'osteria queste cose, farei ridere le carte di tarocco; e per non farle ridere preferisco passeggiare solo attraverso le campagne. Grazie al cielo, l'oro è tornato in circolazione e ora si pensa al battesimo. S'è voluto tardare un poco per non disturbare troppo presto la mamma e per fare le cose con un certo decoro. Tu sai come la pensi in argomento preti: ma ciò che è giusto è giusto. Mariannina sarà battezzata come richiede il suo stato e il grado del suo papà ff. di sindaco. Vogliono sonare anche le campane a festa: le suonino, e possa io sentirle anche quando battezzeranno il primo maschio di Mariannina. Mi par di soffrire all'idea che forse non ci sarò per allora. È tanto l'amore che si prova per queste topoline, che si vorrebbe amarle fin d'adesso nei loro figliuoli. È in questo modo che la pianta si abbarbica al ceppo. Quando la vita comincia a barcollare, si sente bisogno di metter fuori delle radici. Suonino le loro campane i preti; noi, come quel tal personaggio storico, stapperemo le nostre bottiglie. Ma ho bisogno che tu mi porti da Milano due bei grossi panettoni, con una guarnizione di paste o di confetti in carta d'oro e d'argento, qualche sacchetto elegante per le signore e qualche frascheria per i bimbi. Vai dal Biffi o dal Baj e ti metti per un momento ne' miei panni. Non stare a lesinare. Venti o trenta lire di meno non guasteranno la dote di Mariannina. Il battesimo è domani per le due. Aspetto te e le tue sorelle, alle quali vorrei presentare la signorina. Mariannina, il nome della mia povera mamma, il primo che ho imparato a pronunciare, sarà l'ultimo che morirà sulle mie labbra, quando verrà il giorno della grande liquidazione. È appoggiandosi bene a questi nomi che l'uomo sta ritto nel mondo.
A rivederci.
Il tuo Battistone.
PS. Pretendono questi burloni del solito tarocco che a un battesimo non c'è decoro se non si ha il cappello a cilindro. In campagna non usano, ma siccome non vorrei mancar di rispetto a nessuno, fammi il piacere di portarmene uno sulla misura del filo che ti accludo. Alla puerpera vorrei regalare una scodellina di porcellana col piattello pieno di marenghi. Quanto fa l'oro a Milano?
IV.
Caro Bortolo, sono tre giorni che voglio scriverti, ma non so più dove abbia la testa, non so più in che mondo viva e mi pare che da lunedì a questa parte un gran martello mi pesti il cuore. Mariannina, la mia Mariannina non ha voluto star qui col suo babbo e colla sua mamma. Era troppo bella per noi, ha voluto morire, ha voluto andar di là, dove ci deve essere un mondo più bello di questo, al quale bisogna ch'io creda, ora che c'è lei, dove vorrei andare anch'io.... Mi pare che tutta la mia vita sia sfasciata, non so che resti a fare in questa casa così grande e così vuota, ora che non c'è più lei.
Dicono che passano anche questi dolori, che il tempo ha i suoi rimedi e sarà benissimo; ma intanto provi l'effetto come se una morsa ti abbia cavato il cuore e ti par di sentire al posto del cuore una voragine. In tre mesi che ci è stata in casa puoi immaginare come ci si era attaccati. La vita a poco a poco si era orientata e imperniata sopra di lei. Le altre ambizioni, le altre faccende, gl'interessi erano passati in seconda linea. Ciò che non aveva rapporto con Mariannina era per noi roba morta; e ora che essa è morta, ci par morto il mondo.
Non ho più volontà di muovere le braccia, non ho più fame, non ho più occhi per vedere e sto qui come un ebete a guardar nella culla vuota, sforzandomi di non piangere per non far piangere lei, che si sforza di non piangere per non far piangere me. E così ci si guarda in viso alle volte come due imbronciati, finchè o si corre a piangere in un cantuccio di nascosto, o ci si butta l'uno nelle braccia dell'altra.
Che dolori crudeli, Bortolo! non avrei mai creduto che si potesse soffrir tanto. Quando portarono via la povera mamma, mi pareva che più di così non si potesse soffrire. Ora sento che quello era quasi un dolore naturale, mentre questo è una tortura contro le leggi di natura, e qualche cosa di fisico si ribella, ti strozza, ti annienta. Passerà forse, ma il cuore resterà sempre colpito e malato da questa parte. I capelli bianchi che mi son spuntati in questi giorni resteranno sul capo.
Pareva un fiore domenica mattina quando tu sei venuto per l'uva, un fiore lei, un fiore la mamma. Verso sera cominciò a lamentarsi e a indicare un male alla gola. Venne la febbre e prima di mezzanotte pareva già un cadaverino. Il dottore la giudicò subito per quel che era, per quella malattiaccia d'inferno e siccome è giovine, bravo, svelto e ha figliuoli anche lui, ti posso dire che se a questo mondo c'era un rimedio, me l'avrebbe salvata. La mamma pazza di disperazione andava supplicando il poveretto, gli s'inginocchiò davanti e poi si prese la bimba in braccio quando si tentò di bruciarla in gola, E io per far coraggio a lei cercavo di star lì col lume in mano, ma non potei resistere. Siam vigliacchi noi uomini. Per ammazzarci l'un l'altro abbiamo cuor di leone, ma per aiutare a patire chi patisce non si val nulla.
Mi hanno menato via o devo essere fuggito in giardino o devo essere caduto sulla soglia dell'uscio, urtando la testa nello stipite di sasso, perchè sento un gran dolore alla tempia, dove c'è ancora il segno del sangue. Può essere anche che io abbia attraversato un momento di pazzia. È un dolore così bestiale che ti leva la ragione.
La mattina all'alba quando cominciarono a cantare gli uccelli in giardino, Mariannina era già morta. Mi hanno condotto di sopra a vedere. La sua mamma era prostrata sul pavimento come una delle donne del Calvario; le altre piangevano istupidite e la mia Mariannina nella luce bianca della finestra era lì come una creatura di cera. Tutto era finito. Mi pareva impossibile che potesse incominciare un altro giorno e continuare il mondo come prima. A poco a poco divenni duro e insensibile. - A cosa fatta - dicevo tra me - non c'è rimedio. Pensiamo a farla portar via... - E così materialmente, come un sonnambulo, per tutto il giorno mi occupai dei preparativi del funerale, come se si trattasse d'una persona che non mi riguardava. Il dolore, quando è troppo forte, non si sente più, come il soldato non sente la palla che l'uccide.
Le parenti condussero via Carolina che non voleva separarsi dalla sua carne; e io rimasi solo nella mia casa grande, in mezzo a molta gente venuta a consolarmi, occupato a far collocare i cavalli in stalla, a dar da mangiare ai vetturali, a servir qualche colazione, proprio come tre mesi fa quando siete venuti per il battesimo.
Eran quasi tutte le stesse faccie, le stesse carrozze, gli stessi cavalli; ma il colore dell'aria era mutato. Io vedevo le cose come attraverso a un velo fitto di nebbia. Seppi però mostrarmi forte, perchè andavo dicendomi che un uomo deve essere anzitutto un uomo e non deve dar spettacolo alla gente delle sue lagrime e della sua desolazione. I dolori santi vogliono i loro tabernacoli. Pensai ai fiori, al cofanetto, e quando il convoglio uscì dal portone, stetti a guardare appoggiato al muro. Sentivo delle mani che stringevano le mie, dicevo grazie a tutti senza veder nessuno, e avrei resistito forse fino all'ultimo se, credendo di darmi un'altra consolazione, quei della parrocchia non avessero cominciato a sonare a festa. Furono sei o sette colpi di martello sulla testa. Urlando, corsi in casa e caddi sul divano colla bocca contro i cuscini.
Eppur bisogna vivere, caro Bortolo, specialmente quando c'è qualcuno che soffre con te e come te. La vedessi! Non ha più nè voce nè colori e da ieri va rimestando per la casa a raccogliere tutto quello che apparteneva alla piccina. Quanta roba era già sua! quanto posto aveva già occupato in tre mesi! Ora siamo più necessari l'uno all'altro. Come due ferri caldi battuti sull'incudine, i nostri cuori non potranno più separarsi. Parleremo di lei, andremo a trovarla tutti i giorni nel suo cantuccio e se non avremo altri figliuoli, quel po' di ben di Dio che si possiede andrà in qualche modo a ricordarla per sempre a queste povere bambine del paese. Bisogna patire per comprendere chi patisce e non puoi credere il rimorso che si prova di non aver creduto abbastanza al dolore degli altri, quando beato e felice credevi di dominare il mondo.
A queste povere donne che perdono un bambino si suol dire: santa croce vi aiuta... - Nel nostro egoismo crediamo di dare una consolazione. Ma quando hai piantato una croce sulla testa di una tua creatura, allora capisci che noi abbiamo sempre abbastanza coraggio per sopportare le disgrazie degli altri e troppo poco per accettare le nostre.
Il dolore ci rende meno ignoranti. I figliuoli vivi ci fanno attivi, onesti, coraggiosi: quei morti ci rendono più giusti e più misericordiosi. Quando si ha un pezzo di cuore sepolto, non si può essere egoisti con quel poco che ce ne resta. Scusa se ho versato in te la mia malinconia: parlandone e scrivendone, mi par di mettere un respiro in quella povera morticina; e per un pezzo non potremo vivere che di questi respiri.
Tu compatiscimi.
LA NOSTRA FIGLIUOLA
Non è dea, non è ninfa, o venerata
E figlia nostra, amici, è, come pare,
Un fior di casa nell'amor sbocciata.
Divino olezzo ella traspira, come
Di primavera, e grazia è il suo bel nome.
Sen vien correndo e il venticel non osa
Appena l'erba sotto i passi cede
E a farle festa adornani ogni rosa.
Disarmata sen viene in un succinto
Ma trema l'appiattato giovinetto,
Che di vincere teme e d'esser vinto.
Noi lenti padri, a cui la vita manca,
L'antica fede nel corporeo velo
Vediam passar della visione bianca.
Vediam passar la giovinezza e tutta
Dei giorni andati e parla la memoria
Al cor sopito d'un età distrutta;
Quando, men note, ci parean più care
E negli acuti spasimi più vive
Sorgevan le speranze a giubilare.
O giovinezza, che il giardino adorni
Come da suol così pregno di pianto,
O fior della bellezza, a noi ritorni?
Corri, fanciulla. A suscitar cammina
Affetti e le speranze vacillanti
E del vivere ancor l'arte divina.
Tu passi e noi siam buoni. Al tuo splendore,
Cedon le larve che l'età raduna
E canta un usignuolo in grembo al core.