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Come il Tempo si uccida ah non mel' chiedere,
azzimato garzon, ch'io questo solo
conosco che la vita è un fil brevissimo
d'erba o più breve tra due fili un volo.
So che l'ora è una goccia, che dal vertice
scende al fiume per vie ridenti o cupe;
or rugiada d'un fior, or scarsa lagrima
ai dolori che spetrano la rupe.
So che il Tempo tra i doni è il sol che esiguo
Iddio comparte a' suoi figliuoli eguale;
ma quel che il perde al bell'ordito ingiuria
della sua tela povera e mortale.
Chè nel tessuto (e questo anche conoscere
i consigli mi diedero materni)
può ricamare ognun d'eterne istorie
con operosa man i segni eterni.
La Mano e l'opra, o mio fanciullo, innalzano
argin non breve al cieco andar del fiume,
nè tutto quel che s'inabissa perdesi
in oscuro mistero o in vane spume.
Il Tempo passa, ma restìo sul margine
siede il pensier del navigante. Ancora
il fuoco vive del lontan crepuscolo,
mentre già nasce la novella aurora.
De' morti amori ancor le rose ridono
nelle canzoni e la pietade ordita
prega nel sacro arredo a cui la gracile
man della Santa consumò le dita.
Il Tempo passa, ma nel marmo candida
palpita ancora calda alle percosse
la bella Ninfa, che stancò di Fidia
la mano e i morti popoli commosse.
Non men se l'ardua chiave intrudi ed agiti
nei giri arcani di ferrato scrigno,
senti del morto fabbro uscir lo spirito,
che ti parla così dal vecchio ordigno:
«Vivi nell'opra tua, garzon, se il vivere
ti piace e il viver breve anche t'è grave:
o in marmo o in tela o in un pensier recondito
o di mestizia in un lavor soave
«agita i giorni del tuo Tempo e semina
nella speranza i frutti del tuo cuore.
D'una pianta vitale all'ombra pallida
di cento vite rigermoglia il fiore.»