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D'un uom la storia, o grande Machiavello!
Giace sepolto in un coi morti il tumulo
Che ondeggia ai colpi rigidi del vento:
Per l'obliato muro a piacimento.
Non fe' sua gioia, nè macchiò le mani
Come sta scritto dei più chiari eroi:
Non arse ville, nè gli piacque il mobile
Trofeo dei penzolanti corpi umani,
Come si legge ne' volumi tuoi:
Non dei tiranni coll'oblique insidie
Sostenne e i nappi taciti di morte,
O crebbe illustre di natura oltraggio;
Povero prete, il suo latin col povero
Divise e il poco pane e l'umil sorte.
Di carte filosofiche
Non consumò nè raddoppiò volumi:
Nè dal suo labbro balbettante uscirono
D'oziosi grandi alto sollazzo e noia:
Predicò, benedisse, al capo languido
De' morenti arrecò l'ultima gioia,
Pregando a sè l'eguale in l'ultim'ora:
Come chi per amor veglia e lavora
Nel picciol orto egli incurvò le pallide
Mani tra i rovi e suscitò le rose.
Se non parlan di lui le larghe pagine
Non vola alto il clangor, nostra è l'ingiuria:
Ed ai superbi alziam templi di lauro,
Virtù nemmen sepolta adombra un ramo
Tu sola, o santa poesia, sei vera,
Che il vivo senso delle morte cose
In mezzo all'ombre, ai sassi, alle nemiche
Care al Silenzio e d'ogni ben gelose
Ove manchi il sospiro di Natura,
Irrigidite larve e di cuor vuote
Di questa labil vita, che si oscura
Di giorno in giorno in disperato oblìo.
Amor, luce di Dio, le scalda e scuote.
Sia gloria e luce all'ignorato atleta:
Se mai del pianto egli schiarì le torbide
Fonti e dei vivi alleggerì le spalle,
Per quante sciolse dalla rozza creta
De' suoi fratelli mistiche farfalle,
E che non scrisse, o grande Machiavello,
Al vergognoso avello
Di lui qual altro fu maggior poeta,
Di lui che tanto umano
Spirito strinse nelle sacre dita?
D'un re che impugna un'asta irruginita
Di fronte a questa carità serena
Che dei più ciechi osò guidare i passi?
Di quel che colla man leggiera e piena
In mezzo all'erbe il grato april ricama.