Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Vecchie cadenze e nuove

PARTE I I SEGRETI PENSIERI

IL FIUME E LA VITA

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IL FIUME E LA VITA

 

Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,

Tra i rochi sassi nel silenzio vai:

Donde partisti e quando

E dove e perchè vai forse che il sai?

 

Tu mi risvegli e ti sento passare

Pieno di pianti nel frigido letto:

Alzo la testa, e se attendo mi pare

Che meco pianga, o vecchio poveretto,

Perchè sei stanco di dover andare.

 

Mentre riposa ciascuna persona,

Tu sol non cessi dal lungo tuo guaio:

Fai nel passar una romba che suona

Come il girar d'un immenso arcolaio,

A cui la testa lenta si abbandona.

 

E lento mi abbandono sul guanciale,

Tornando ai sogni in cui tu piangi ancora.

Qual forza ne trascina entro il fatale

Corso del tempo e mai senza dimora

Uomini e fiumi in un destin uguale?

 

Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando

Tra i rochi sassi nel silenzio vai:

Che vai tu domandando?

Segui tua forza che non resta mai.

 

*

*  *

 

Nell'ombra d'un altissimo mistero

Nato dal pianto di fonte romita,

Sceso saltando per picciol sentiero

(Che per noi prende il nome della Vita)

Di balza in balza con rumor leggiero

 

Garrulo strepitasti, o fresco umore,

Di giovìnezza tua cérulo e molle,

Ora questo baciando ora quel fiore

In un bel gioco tra le verdi zolle

(Che per noi prende il nome dell'Amore).

 

Dai caldi soli poi fatto vorace,

Più che d'acque lucente di tue spume,

Sprezzasti il verde dell'antica pace

Per penetrar gli abissi, avido fiume,

Portando guerra come ai forti piace.

 

Così si ruppe il giovanil tormento

Di questo cor contro le sorti cupe

Del viver, temette lo spavento

Che mugge ai piedi dell'aerea rupe,

Quando si sparse la gran forza al vento.

 

Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,

Tra i rochi sassi nel silenzio vai:

Precipitar amando

È legge antica che non cangia mai.

 

*

*  *

 

Fatta più saggia l'anima si stende

In più docile corso. Ama la riva

Dei campi ove più densa erra e discende

L'ombra dei salci e la canzon giuliva:

E lieta dona quel che lieta prende.

 

L'estate in noi si specchia e corre l'onda

In mezzo ai fiori e in mezzo all'erbe piena:

L'opra dell'uomo placida seconda

Quando ai molini le sue forze mena,

O d'antica città bacia la sponda.

 

I neri ponti dagli archi fuggenti,

Gli ardui castelli e le ruvide mura

Senton l'istorie delle vecchie genti,

O sacro fiume, entro la notte oscura

Uscir dall'ombre de' tuoi fiotti lenti.

 

Le sente del poeta il mesto cuore,

Che ripieno di spiriti e leggende

Evoca i tempi e fa riscoccar l'ore

De' giorni morti, mentre il corso scende

Nella barca che porta il suo dolore.

 

Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,

Tra i rochi sassi nel silenzio vai:

Proceder forte oprando

Questo ti salvi se di più non hai.

 

*

*  *

 

Alle città siccome fresca vena

Scendi di vita a rinnovar la forza,

L'acqua tua lava il fango che avvelena

Le dimore dei vivi e l'aria ammorza

De' giorni tristi e della calda arena.

 

Così sognai recar, fiume regale,

Ai pigri affanni l'onda de' miei canti

Come tu scendi in tuo furor fatale:

Così coi versi flagellar sonanti

Il fango che sugli uomini più sale.

 

Gran sogno, ohimè... Già l'onda, ohimè si lagna

D'esser poca allo sdegno... ohimè, già stanca

Nella maremma s'impaluda e stagna

L'acqua morta che pullula e che manca...

Già della morte il mare mi guadagna.

 

Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando,

Tra i rochi sassi nel silenzio vai:

Senza cercare il quando

Andiamo al fine che non manca mai.

 

 

 


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