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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Mugge dall'ampio casolar la mandra,
Che bianco fiume a te versa di latte,
Donde poi tragge il tuo castaldo un aureo
Fiume al palagio: ma ti sforzi invano
Esser contento. Oh perchè mai si adira
Coscienza quasi vergognosa e freme
Il cor, quando tu vedi a un pigro nume
Fumar dell'opra altrui la valle e il piano?
Balzan veloci i tuoi cavalli al caldo
Schioccare delle ferze e corre il suono
De' tuoi cocchi tra i pallidi tuguri,
Ove il popol si annida, ultimo gregge.
Ma se dall'alto ai neri tetti il guardo
Volgi, che stanno come pietre al sole,
Ah delle cose il tuo pensier ravvisa
L'intimo error e la spietata legge.
Non versa a te l'oblìo della menzogna
Il vin che invecchia nelle oscure celle,
Dolce vendemmia degli antichi tralci,
Che ruppe ai padri il tedio doloroso:
Nè al gioco cerchi o alla superflua mensa
O al tripudio di Venere danzante,
Come de' pari tuoi l'agile sciame,
Contro all'acerba Idea sonno e riposo.
No, tu sei giusto. L'armonia del vero
Suona com'arpa dall'esatte corde
Nel tuo spirto magnanimo ed aperto
Al caldi venti dell'affetto. Il trono
Su cui ti diede di seder la sorte
Non per stolto dominio, e ben lo sai,
Fu a te largito o per sollazzo al volgo,
Ma sol per esser regalmente buono.
Tu sai come maturi entro il suo solco
L'opra dell'uomo, che non dorme al rezzo:
Sai come, esempio al pigro, anzi rampogna,
Il miel dall'arnia che più freme fili:
Rompe il sasso la stilla e schiude il ferro
Alla marmoree ninfe il passo e il volo:
Sai come scorra, spola entro il traliccio,
L'umana volontà dagli aurei fili.
Già di natura tra i più fitti arcani
Leggesti fanciulletto, allor che in traccia
Dei boschi andando e dei deserti monti,
T'era saggia maestra la formica.
Allor ti apparve l'inquieto affanno
Delle cose operanti ed il segreto
Della Vita, che a palmo invidia a palmo
Il campo al ferreo piè della Nemica.
Fu tuo dolor la stretta onde si duole
Nella viscida ragna il moscherino
E del morente grillo entro la tana
Miserasti tu placido la sorte:
Tu non del tuo, ma del dolore altrui
Doloroso ti muovi e guardi e temi
Non il tuo danno, ma l'ingiuria e il fato
Che all'umil giusto fa men giusto il forte.
Già con medica man indi mirasti
Degli anni in sul fiorir (quando più scorre
Amore ai sensi rugiadoso e molle)
A far incontro al Mal colpi leggiadri:
Sì che l'opra si spande, e come il sole
Spazza la nebbia in fondo alla palude,
È luce ove tu scendi, è vita, è pace,
È perdono, è sorriso almo di madri.
E a te letizia corre incontro e ride,
Se dal palagio tra gli scossi campi
Al lavor de' tuoi servi arrechi il dono
Della parola che le voglie esorta.
Oprar con loro anche t'è bello e senti,
Quando poi siedi co' tuoi figli a mensa,
Uscir dal pane un pio savor di fame
Ai denti ignoto della gente morta.