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PARTE II
I.
Vorrei, se fossi il Re delle magìe,
Stender stanotte un bianco ampio mantello
Di neve sopra i tetti e per le vie
E in ogni casa alzare un focherello.
Andrei pel mondo in groppa a un asinello
A scongiurar gli affanni e l'altre arpie,
Che stridono l'ingiuria al poverello.
Tornar farei gli arcangeli dei morti
A rendere alle madri lagrimanti
Con un sorriso i pargoli risorti;
E a quanti sono derelitti amanti,
A quanti sono generosi e forti
Farei nel core gli amorosi incanti.
II.
Allora, o verga magica, vorrei
Stender lunga una tavola imbandita
A fiori, a lumi, a lucidi trofei,
Colma d'ogni allegrezza più squisita.
E Siri e Turchi ed Arabi e Giudei,
Misti al popol di Cristo che ne invita,
E ciechi e vecchi logori vedrei
Inebriarsi a una seconda vita.
O festa lunga fino all'orizzonte!
Verrian dal mar le navi pellegrine,
Verrian dai campi i miseri e dal monte,
Verrian gli afflitti e l'anime meschine,
Ch'han la vergogna ed il delitto in fronte,
A chieder grazia, disciogliendo il crine.
III.
Al nuovo cenno si aprirebbe il coro
Del paradiso e giù dagli sgabelli
Vedrei scendere i santi in veste d'oro
Luminose le barbe ed i capelli.
In litania d'amor, nel concistoro
S'udrian cantar cogli esuli fratelli:
IN TERRA PAX, IN TERRA PAX... e a loro
Dal cimiter rispondere gli avelli.
E rose e perle e di mille colori
Le gioie spargerei sul mio cammino,
Adornando di lauro ogni stamberga.
Quando il gallo cantasse a mattutino,
Vedreste, o bimbi, un gran giardino a fiori,
E tramutato il mondo in Norimberga.
IV.
Stanotte a mezzanotte, quando spunta
La dicembrina luna,
Andiam, devoti amici, sulla punta
De' piedi a meditar presso una cuna.
È in terra un luccicar di paradiso.
A mezzanotte fra tintinni e canti
Per una liscia scalinata d'oro,
*
* *
Se Dio tu cerchi invan nella morente
E stanche in ciel va dibattendo l'ali
La superba ragion che il dubbio espia,
Oh credi almeno a questa poesia!
Fin che sorride un piccol innocente
È Dio che dolcemente
Colla ragion dei padri si trastulla.