Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Vecchie cadenze e nuove

PARTE III GLI INTIMI SENSI

IL CANTO DELL'ULIVO

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IL CANTO DELL'ULIVO

 

Battaglia di Abba Carima

 

Il tuo bel giovinetto Aldo partìa

Per la terra dei mali un d'aprile,

Mentre di rose rubiconde e bianche

Fiorìa tutto il giardin: e ancor fiorisce

Maggio che lui già d'Africa il deserto

Preme sepolto... e non avea vent'anni,

Povera madre! - il tremolante bacio

Tu non sentisti allor che sull'arcione

Ei balzò vigoroso e via si tolse

Dalla soglia paterna e dagli sguardi

Delle pallide amiche. Oh almen se morta

Fossi e discesa innanzi a lui, tu prima

Ad aspettarlo sull'oscuro ingresso,

Ombra ridente, non vedrei te folle

Nella vedova casa andar vagando

Senza pianto a cercar, ombra mai viva,

L'orme sanguigne del tuo figlio ucciso.

Mai non si sazia l'egra fantasia

Che si specchia nel reo sogno (se un sogno

La reità può vincere del vero)

A rinnovar le non mai viste scene

Di dolor, di terror, di scempio atroce.

Quando dall'ambe quando dagli acuti

Inesplorati sassi, ove s'infranse

Non la menzogna, ma d'Italia il cuore,

Fur visti uscir neri nugoli densi

Di vive fiere umane e scender quasi

Torrenti nel fragor cupo dell'armi

A travolger le candide coorti,

Il segreto a cercar della fiorente

Lor giovinezza coll'immondo ferro.

 

A quest'assalto d'indomati affanni

Arde la fronte. Una vampa ti assale,

Misera donna, qual di sabbie aduste

Pregne di sangue. Nell'odor del sangue

Balzi la notte esterefatta e scalza

Discendi a supplicar qualche rugiada

Dal ciel che brilla immobile sul capo.

 

*

*  *

 

Pace, fratelli, alle materne angoscie

Pace preghiamo! e se la pace è tolta

Alle torbide voglie, alti dal cielo

Preghiamo i sonni all'umido guanciale,

Fin che sugli occhi placido discenda

Come lento crepuscolo l'oblio.

 

*

*  *

 

Ecco dorme la madre: e per incanto

Dagli assopiti sensi ecco fiorire

Una verde vision di spessi ulivi,

Tra cui sen viene in veste più che neve,

Reggendo il tronco d'una spada infranta,

Il suo bel giovinetto Aldo, più bello

Dell'Arcangelo in viso e più raggiante.

 

«Da una terra di sogni, ove non giunge

«Che il sospir delle madri, a te ritorno,

«Madre - egli dice. - Ivi l'eterno ulivo

«Della pace frondeggia e a te un germoglio

«Ne reco a una stillante lama

«Prendi, mia cara, e nella sacra terra

«De' padri miei la morbida radice

«Spargi ed il pianto delle oneste donne

«Le sia ruscello. A seminar l'ulivo

«Ti porgo il ferro della fredda lama,

«Che penetrò quest'ossa e vi si ruppe.

«Ove del bianco ramo esce in tenera

«Ombra, rinasce il suon delle canzoni,

«Danzano i cuori, il negro sen la terra

«Schiude al tesoro del crescente pane,

«Ritorna il lento faticoso ardire

«Del ben oprare, che il furor di pochi

«Sgomina spesso e il vaniloquio assorda:

«Dell'umano alvear vola il ronzio

«Lieto, frequente, a sparger la dolcezza

«Che il sacro fiore della vita emana.

«Olio stilla il bel ramo e il lume scende

«Dalle lampade ai libri, ai miti altari,

«Alle nebbie dei secoli. Di questo

«Amabile arboscel sparsa la via

«Fu di Cristo quel che al mondo sparse

«La nuova legge, ah non compiuta, e invano

«Scritta nel libro, o sacerdoti, e in oro

«Scolpita invan nelle marmoree imposte,

«Se vivente non sia legge dei cuori.

«A voi madri, a voi spose, a voi sorelle,

«Serbato è il seminar questa di pace

«Viva radice all'ombra dell'amore,

«Che per voi crescerà grande coi rami

«Sopra le case e le dormenti culle;

«Ma non si posi il sacrosanto bacio

«Della donna sull'orma empia del sangue,

« il dolce amplesso la fatica onori

«Di chi sogna lo strazio empio dei corpi

«E il fluttuar del sangue e le nequizie

«Oscure della Morte.

 

«Noi per sempre

«Caduti il lacrimar poco ristora,

«Ma ne ravviva il pio pensier dei vivi,

«Se dal nostro morir tranno argomento

«Di futura giustizia. Anche la morte

«È un proceder avanti, è un mite sogno

«Che rispecchia gli eventi ancor non nati,

«Se dalle tombe sanno estrarre i vivi

«L'idea sepolta e dispiegarla al sole

 

 

 


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