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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
I.
Chi togliere mi può questa possanza
Ch'eccita il core delle morte cose?
Se un dio si agita in me, ben alla forza
Che schiaccia il mondo io mi ribello e balzo
Sopra il dolor e là dove trascorsa
È poc'anzi la Sfinge scolorita
Figlia di morte col massiccio carro,
Del mio pensier (io magico poeta)
Suscito i fiori e a nuove danze incito
Le figlie del mio sogno. Inutilmente
Tenta intralciarmi di sua spine il passo
L'orrida selva, oppur di sue tristezze
Accumulate mi fa cerchio e muro
L'ora che passa. Il mio poter s'innalza
Incontro al fato e dalla morte chiamo
Fonte viva d'immagini viventi.
A lor io mi accompagno e vo superbo
Del mio corteo, qual simile non ebbe
Il gaio re della leggenda Arturo
E nessun dei dipinti Saladini,
Che di Georgia trassero e di Samo
Le più candide spose. Io son tal sire
Nell'ampio regno del pensier, che tutte
Meco trascino le letizie e i giochi
Che infiorano le culle. Io d'ogni bionda
Pargoletta che ride esser presumo
Fratello e d'ogni bimbo ingenuo amico.
Chi può vietar che al core del poeta
Scenda la voce e l'innocente invito
Dei fanciulli che chiamano? e chi vuole
Un amplesso intralciar d'anime amanti?
II
So che beato estimasi tra i pochi
Chi stringe nella man la chiave d'oro,
Ch'apre gli scrigni del pensiero e svela
Il tesor degli affetti e le riposte
Anche beato
Chi può del libro rompere i suggelli
Che di Natura l'ultime contiene
Immobili ragioni e chi alla fonte
Può ber della Virtù, dove di quercia
Incoronata sta la veneranda
Esperienza, che le sempre eguali
Leggi ritrae con giusta mano e fila.
Ma più beato chi del cor dirige
I dolci incanti a suscitar le larve
Delle remote o spente illusioni,
A richiamare i tramontati giorni
Nella veste raggiante e sa dei morti
Baci evocar le timide fragranze,
Come allor che la vita altro non era
Che un fior di più nel semplice giardino
Di giovinezza. Al rifiorir di queste
Essicate memorie, io non so come,
Sento che tutta l'anima s'inebria
Di savia gioia e sembra che il ricordo,
Ombra del ver, scenda del ver più bello.
Io la serbo nel cor questa parola
Ch'apre le fonti alla dolcezza e chiama
Tutti gli erranti spiriti che vanno
Per la luce e per l'ombra. Ecco, s'io dico
Il sacro motto, a me tornan le belle
Donne che alla tristezza di Natura
Intessero un sorriso e tutte passano
A me davanti colla man gittando
In mezzo a molti fior frasche d'ulivo:
E passan le gentili a te facendo
Molle la strada, per la qual tu scendi
Estrema, nel dolor cinta, ma in pace
Tra le modeste ancelle dell'amore.
Chi trattener vi può nella leggiera
Procession che sfila sotto l'arco
Ch'io v'innalzo, o divine visioni?
E qual nembo è sì forte che vi possa
Sgominar nel pensier che vi rimena
In terra? Ancor se il mio voler indugia
A ripeter l'incanto, ecco ch'io traggo
A me vassalli quanti cavalieri
Portar la grazia del valor dipinta
Nei bianchi scudi e furono di dame
E par che al lor trascorrere risuoni
Il rumor del torneo misto ai singhiozzi
Delle mandole. E voi dal tempo chiamo
E voi governo, ombre sepolte all'ombra
Dei vecchi monasteri, illividite
Nei passeggiati marmi, invan da mille
Anni consunti nelle cripte e spenta
Fin nella mente degli scribi illustri,
Che di vostr'ombra pascono la scarna
Gloria che li fa vivi. E vanno i canti
Per l'alte ogive e fremon le dipinte
Finestre al pio riverbero che emanano
I dischiusi sepolcri. A cento a cento
Escono le devote anime bianche
Delle mistiche spose a cui fu sposo,
Il morto in croce e talamo l'avello.
*
* *
È questa la virtù, madre, che spesso
Mi mena a favellar presso la sponda
Del tuo riposo all'ombra d'una tenera
Edera affettuosa che ti abbraccia
Per amor mio. Colà dove ti è dato
Dal ciel per premio di sognar te stessa
Nel silenzio campestre, odo la nota
Voce che parla. Nel morir del sole
Vedo l'immagin tua venir tra l'erbe
Folte nel mezzo alla fiammante festa
Dei fior di prato, onesta apparizione
Più vicina al mio cor che mai non fosti,
Come ogni cosa che dal cor germoglia.
«Il dolce immaginar caro ti sia -
- Sento che dici - più che il vero e il fasto
Dei chiassosi trionfi. A te sia bello
Richiamar quel che fugge e far coi fiori
Del tuo pensier ghirlande a' figli tuoi.
Altri dai vivi a mendicar si affanni
La carità del vivere, o se piace,
Un lumicin di fatua gloria errante
Entro le stoppie. A te sia pane e luce
Il santo giusto che per sè risplende:
Nè ti spiaccia seder spesso coi morti
Pensoso ad ascoltar quel che la terra
Racconta al ciel, a cogliere virgulti
Molli di pianto, a riempir le mani
Di speranze a chi va senza conforto
Alcun t'invidi
Nella vecchiezza tua, quando d'intorno
Rifiorirà la selva delle belle
Cose pensate e nel varcar la soglia
Ti verrà dietro l'ultima speranza.