Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Vecchie cadenze e nuove

PARTE III GLI INTIMI SENSI

FUNERALE BIANCO IN MORTE DI IDA DONATI

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FUNERALE BIANCO

 

IN MORTE DI IDA DONATI

 

luglio 1895.

 

Giovani amici e giovinette in pianto

Precedono il trionfo della Morta

Per l'ampie strade. Il ciel ride giulivo,

Mentre lenta si avanza la coorte

Dal dolor disarmata, a cui la rigida

Non conosciuta man ha tolto il vivo

Fiore d'una speranza. Erra il profumo

Per l'aria delle mille rose bianche,

Che per amor di lei voller morire

Sulla pallida testa. Il popol scarso

Che stette all'ombra delle case in questo

Giorno chiaro di festa, al venir lento

Guarda del carro, e guarda i fiori e i bianchi

Visi delle compagne e - Addio, mia cara....

Dice ciascuno in cor, chè ognun ritiene

Sua figlia ogni fanciulla che si avvia

Al camposanto. In ogni giovinetta

Vita che muore ognun sente morire

stesso, o almen di la più ridente

Memoria e coll'ignota si accompagna

Bara che passa quasi lagrimando.

Una spenta dolcezza.

 

A questo incanto

Giova il saper che bella era e gentile

La verginella ora caduta in grembo

Alle funebri rose e giova il dire;

«Questa che passa avea libata appena

La gioia che fa bello ogni sorriso

E soave ogni lagrima. Non una

Ora bruna volò di triste augurio

Intorno al capo giovanil che dorme

Senza rughe e senz'ombre. Inesplorato

Enigma a lei fu della vita il senso

E amor (l'antico tempestoso affanno)

Non fu per lei che un sogno mattutino.

Col suo pensier il suo bel corpo passa

Come puro alabastro al culto eterno

Di purissimi spiriti. Non cadde

Per forza, no, di vento o di tempesta,

Ma come si disfiora un ramoscello

Nel chiaro specchio d'un ruscello vivo,

Sì che la vita sua continua e scende

Di core in core in una fresca idea

Di giovinezza».

 

*

*  *

 

A quante più leggiadre

Candide fantasie passan nei sogni

Dei poeti gentili il nome presta

E le sembianze un'innocente morta,

Che poi ritorna rivestita e ardente

Di gloria a noi. Così non cadde il sogno

Amoroso di Dante nel trionfo

Di Beatrice morta e va soave

Nel triste verso il nome di Nerina:

Così per voi tra i vivi si perpetua

Il culto della Grazia, o a noi rapite

Ancor ridenti nell'esiguo fato

Di pochi aprili!

 

*

*  *

 

Alcun che a notte muta

Si smarrì tra gli avelli, ove più folti

Erano i gigli nelle nivee tombe,

Sentì voci tornar come di canto

Dolcissimo e fuggir vide una luce

Palpitante nel sasso, in cui rifulge

Il nome delle belle adormentate

Nel silenzioso oblio. - «Noi siam le vostre

Sopite illusioni ma non spente -

 - Dicevano le voci - e nei scolpiti

Nomi fermiamo l'ideal che fugge.

Noi la bellezza siam che mai non ebbe

Dal tempo insulto o da infedeli amanti,

Noi siam la vostra giovinezza immota,

O padri stanchi e declinanti, e il vostro

Giovine core a custodir siam morte:

Per voi serbiamo in ogni tempo un fiore

Di bel ricordo e allo scoccar dell'ora

Ultima, allor che la speranza cade,

Da questi tabernacoli di marmo

Angeli vostri usciamo luminose

Di nostra luce a rischiarare a voi

La tenebrosa via, per cui sì triste

È l'andar soli e l'arrivare ignoti».

 

 

 


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