Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Vecchie cadenze e nuove

PARTE III GLI INTIMI SENSI

IL TRISTE RITORNO

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IL TRISTE RITORNO

 

Caro è fuggir la stanca afa d'agosto

Per voi cercar, e quete ombre dei faggi,

Scossi e ridenti al tremolo

Rezzo che manda a voi l'umida valle.

 

Caro volger le spalle

Al fragor della gente e al vasto tedio

Che il piano ammorba per trovar voi, care

Ombre nere dei pini, sulla via.

 

Lasciato indietro il mare

Delle cure in tempesta, ecco qui snodasi

Dietro il clivo la pace e vien innanzi

Sparso di suoni un bel pascolo verde.

 

Il sentierol si perde

Tra le roccie lassù, lambendo il margine

Della chiesetta, albergo alto ed aperto

Alle rondini pie. S'incurva al basso

 

Dove coll'acque si trastullan l'anatre

Un ponticel co' pie' tra sasso e sasso:

Ivi il molino innalza

Tra verdi spruzzi ed urti il soffio ansante.

 

Or non fa l'anno ed io salìa la balza

Di questi monti e meco era una tenera

Fanciulletta cantante....

Or sola è l'ombra mia lungo la via.

 

Voi ridete del vostro verde eguale,

O prati, o boschi, e sotto all'arco provano

L'ali le spesse rondini al ritorno,

Che già le chiama il mare.

 

Rota e ripete la sua nota il rauco

Operoso molin tra l'acque chiare,

Che nuovo pane a nuovi figli appresta.

Io sol vo stanco e solo

 

Cercando invan la mia canzon. In questa

Foggia il ritorno è un picciolo morire.

O voi, ombre, prendetemi

Dei cipressi davanti al muricciolo.

 

*

*  *

 

Era cara con lei questa segreta

Stradella, che nei campi umile gira,

La mattina di maggio e nella queta

Ora che il vespro tra gli alberi spira.

 

Nella mestizia mia correa giuliva

La sua parola come un'acqua chiara

Tra lenti sassi garrula si avviva.

 

Della tristezza dissipato il fosco

Velo, sentivo nella voce cara

Rider le cose, gorgheggiare il bosco.

 

Ancor tra i campi cerco la segreta

Ombra dove il mio dolor mi attira:

Ma tace il torrentel, chiusa è la meta,

E un gran tramonto nell'anima spira

 

*

*  *

 

Ombre placide e molli, ombre silenti

Del bosco, io vi ritrovo e trovo insieme

Quel che passò tra voi nell'ore estreme

Della mia gioia e de' bei giorni spenti.

 

Qualche cosa di mio tra le piangenti

Vostre foglie lieto ed erra e freme,

Tal che il mio core, desiando, teme

Di rivivere in voi l'ore ridenti.

 

Una voce, destando echi lontani,

Par che mi chiami in quella parte e in questa

Ove più folto perdesi il viale:

 

E i passi guida affascinati e vani

In mezzo ai tronchi un'agitarsi d'ale

Ed il fuggire d'una rosea vesta.

 

*

*  *

 

Mentre le luci di mia vita a poco

A poco si spegnevano nel muto

Crepuscolo degli anni e mentre fioco

Moriva il sol di nuvoli involuto,

 

Mia cara lampa, io ben sperai che al fuoco

Avrei della tua fiamma ancor potuto

Toccar le corde coll'antico gioco

E cader sul mio povero liuto.

 

Alla tua luce avria la stanca mano

Scosse l'ultime note e men dolente

Saria finito il salmo della vita.

 

Or che sei spenta erra la man smarrita

Nel desolato buio eternamente

A ricercar le vecchie corde invano.

 

*

*  *

 

Tutta bianca al tornar del nuovo aprile

Fiorìa la siepe e tiepida fluiva

Per ogni verde riva

La tua fraganza, o violetta smorta.

 

Per queste balze andava essa gentile

Cogliendo fiori come in un giardino,

È morto il biancospino,

Morta è la siepe insiem da ch'ella è morta.

 

Non più pei freschi rugiadosi seni

Di questa valle, ov'ella corse e scese,

Ancor dal sole accese

Le rosette vedrò che il maggio porta.

Aridi e spenti, sol di stecchi pieni,

Rivedrò i boschi e serpeggiar le ortiche

Nel folto delle spiche:

Chè tutto è morto qui da ch'ella è morta.

 

 

 


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