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S. Alfonso Maria de Liguori
Uniformità alla volontà di Dio

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Introduzione da Franco Desideri C.Ss.R

I - Note storiche e letterarie

L'Uniformità fu pubblicata la prima volta nella edizione napoletana del Gessari, nel 1755, inclusa nella seconda parte della VI edizione delle Opere Spirituali, ed ebbe un immediato successo.

Dal punto di vista cronologico, essa ha visto la luce qualche anno dopo il Modo di conversare, edito nel 1753. Nella presente edizione, per imotivi di consequenzialità logica circa il pensiero teologico-spirituale del Santo, viene posta all'inizio.

Ordine seguito anche dalle pubblicazioni tradizionali. Per instaurare una continua e familiare conversazione con Dio, bisogna innanzitutto entrare in comunione con lui uniformando la nostra con la sua volontà. Sul piano letterario, conosciamo la cura che Alfonso poneva nello scrivere le sue opere, perché riuscissero nel migliore dei modi per l'utilità dei lettorì. Il suo eloquio è sempre chiaro e distinto, il linguaggio dignitoso, pulito, semplice. Tutti i suoi eventuali lettori, di ogni estrazione culturale, dovevano ricavarne una lettura piacevole, facile e soprattutto fruttuosa per la vita spirituale.

È noto il suo impegno perché la stampa dei suoi libri risultasse il più possibile perfetta. "La pagina alfonsiana - sottolineano Marcelli e Raponi nell'opera Un Umanista del 700 italiano - , sia quella a impostazione scientifica sia quella di edificazione, è sempre fortemente pensata, documentata, sofferta, calibrata, completa quanto basta, limpida. Dietro ognuna di esse c'è una preparazione instancabile, un aggiornamento continuo, una voglia insaziabile di superarsi, un gusto tecnico perfetto, una inesauribile trasfusione d'amore, uno zelo sempre vivace per il bene delle anime" (1).

A tale proposito Alfonso scrive al Remondini (24 maggio 1760): "In quanto alla prima stampa delle mie opere, per me è sempre necessario che io le veda; perché, siccome mi pare d'averle scritto altra volta, io molte cose le riformo sulla stampa medesima, e perciò gli stampatori qui hanno da avere molta pazienza con me, in are e rifare la composizione, mentre non mi . contento mai anche di me stesso".

Il suo stile è volutamente asciutto e chiaro in modo che il messaggio non venga nascosto da un insieme di ragionamenti e di parole quasi a oscurarlo. Di questo parla, sempre con il Remondini, in una lettera del 5 luglio 1759: "... Non dubiti, le mie operette non le manderò ad altri che a VS. Ill.ma; ma sono vecchio e s'accosta la morte; ed io poi, in ogni operetta vi fatico il doppio di quel che vi faticano gli altri, mentre osservo tutti gli autori che posso avere; e, come si vede, in poco restringo molto, poiché sono amico di cose e non di parole".

Al recensore G. L. Schiaggio, nell'aprile 1772, precisava: "Ecco, io non scrivo a casaccio, non sono ancora scimunito. Io non intendo far uscire il mio libro con vituperio. I miei libri io li curo fino allo scrupolo". Questa perfezione in Alfonso non è fine a se stessa e tanto meno posta a servizio di una gloria personale. Tutta la perfezione circa il contenuto e la forma delle sue opere come pure la loro diffusione è un servizio alla gloria di Dio. Sempre al recensore G. L. Schiaggi confessa: "Chi si decide a stampare e lo vuole fare bene, non c'è rimedio; bisogna che si apparecchi a crepare! Se io lo avessi fatto per la gloria mia e non di Dio, mi sentirei disperato!". E ancora al Remondini: "Mi viene scritto, da una persona di fuori del Regno, che la mia Opera morale è stata molto ricevuta da' Tedeschi', insieme co' libri spirituali, de' quali parecchi sono stati trasportati in lingua tedesca: Soli Deo onor et gloria!" (2 marzo 1773) (2).

In coerenza con quanto si è venuti dicendo sullo stile sapienziale, occorre sottolineare che per Alfonso il linguaggio non è solo un fatto letterario. Esso nasce dall'interpretazione della realtà di ogni giorno alla luce del Vangelo, "perché in questa stessa realtà esso possa tornare ad essere vissuto in maniera piena" (3).

 

2 - L'amore di Dio per l'uomo

È lecito domandarsi quale possa essere in sant'Alfonso il termine chiave unificante sotteso a tutta la sua ricca produzione sia scientifica che spirituale. La risposta esplicita e compiuta a tale domanda si trova nell'opera, considerata matura dallo stesso autore: Pratica di amar Gesù Cristo. In questa opera diventa chiaro che il fondamento di tutta la visione di Alfonso è l'amore di Dio per l'uomo. L'aspetto discendente: l'amore gratuito di Dio, e quello ascendente: la risposta dell'uomo, si fondono in una visione teologico-spirituale compiuta, di cui egli si considera l'apostolo.

Nella Pratica, l'amore di Dio per l'uomo si manifesta già nella creazione, evidenziato dalla diversa modalità seguita da Dio. Se per la creazione degli animali Dio opera chiamandoli alla vita secondo la propria specie, per l'uomo e la donna Dio guarda dentro di sé per crearli a propria immagine e somiglianza. Su questo aspetto creativo, Alfonso ha una visione che merita di essere sottolineata. L'immagine di Dio nell'uomo e nella donna è la partecipazione dell'essere amore di Dio. Siccome Dio è amore, dice Alfonso, così l'uomo e la donna sono, in qualche modo, costitutivamente amore, poiché partecipano di Dio amore: "Uomo - sembra dire il Signore -, sappi che io sono stato il primo ad amarti. Tu ancora non eri . venuto al mondo, anzi non c'era neppure il mondo, ed io già ti amavo. È da quando, si potrebbe dire, sono Dio che ti amo; da quando ho amato me, ho amato anche te!". "Da quando ho amato me, ho amato anche te!": Dio ama partecipando all'uomo il suo essere amore, per cui l'uomo in un certo qual senso ama dello stesso amore di Dio (4).

Una sottolineatura diversa, ma che permette di comprendere i vari aspetti costitutivi dell'antropologia secondo la rivelazione, è quella di san Massimo il Confessore, il quale afferma che l'uomo è immagine di Dio a motivo del dono della "libertà" ricevuto dal Creatore (5). Per san Massimo, Dio partecipa la libertà; per Alfonso, l'amore. L'amore gratuito di Dio, poi, per Alfonso si attualizza nella creazione, nella incarnazione del Figlio e, per eccellenza, nella sua morte redentrice.

Nella Uniformità, l'amore gratuito di Dio per l'uomo è presente in modo implicito. Il Santo sottolinea prevalentemente la risposta dell'uomo a Dio mediante ogni opera buona, particolarmente l'opera per eccellenza - alla base di ogni altra espressione umana - dell'uniformare la propria alla volontà di Dio, poiché.. "Tutta la perfezione dell'uomo consiste nell'amare il nostro amabilissimo Dio: "La carità è vincolo di perfezione" (Col 3, 14); ma la massima espressione dell'amore a Dio, consiste nell'uniformare la nostra alla sua volontà". Infatti "chi dona la propria volontà a Dio, gli dona tutto" e non "una parte di ciò che possiede" (pp. 55-59).

Nonostante le difficoltà concrete di questo cammino di santità, è fondamentale ricordare che per Alfonso uniformare le rispettive volontà è proprio di coloro che si amano. Due fidanzati o sposi che si amano sinceramente tendono a condividersi anziché contrastarsi. "L'effetto principale dell'amore sottolinea il Santo citando Dionigi Areopagita -, è di unificare la volontà di coloro che si vogliono bene".

Si può dire che sul fondamento dell'amore di Dio e sulla rispettiva risposta dell'uomo, Alfonso non è stato innovativo. È stato detto che tutta la Bibbia rivela l'appassionata ricerca dell'uomo da parte di Dio. La peculiarità alfonsiana, nel proclamare l'amore gratuito di Dio, emerge in tutto il suo vigore se rapportata all'ambiente storico e culturale in cui è vissuto e nel quale ha svolto il suo ministero, e cioè al rigorismo giansenista - che propone un Dio giudice, freddo e alla portata di alcuni privilegiati -, o dell'illuminismo, che elimina Dio dall'orizzonte storico dell'uomo.

Alfonso ha il merito di aver avvicinato Dio all'uomo; di averlo posto a livello delle sue vicende; di averlo reso familiare a tutti, soprattutto agli esclusi', agli emarginati, a coloro che non avevano voce; di aver indicato a tutti la via della santità.

 

3 - La dimensione personale della vita cristiana

In questi ultimi decenni si è molto sviluppata la dimensione sociale, culturale e politica della vita cristiana. Gli ambiti particolarmente sottolineati dove vivere e testimoniare la carità di Dio manifestata in Cristo sono la cultura, le comunicazioni sociali, l'amore preferenziale per i poveri, l'impegno sociale e politico, la famiglia, i giovani (6).

In questo quadro sant'Alfonso sembra che non abbia spazio, poiché il suo insegnamento è focalizzato sulla persona e non sulle realtà sociali e politiche. La vita cristiana, in Alfonso, ruota intorno alla qualità della vita personale in rapporto a Cristo. Si può dire che per Alfonso l'amore di Cristo debba essere vissuto ed espresso prevalentemente nell'ambito della persona.

Eppure sant'Alfonso ha molto da dire, anzi torna ad essere di attualità, poiché i cambiamenti storici, politici, sociali, familiari dipendono soprattutto dai cambiamenti personali. Solo coloro che vivono in profondità l'amore di Dio in Cristo pongono le premesse dei cambiamenti sociali e politici. D'altra parte, la dimensione personale e quella sociale della vita cristiana più che contrapporsi si richiamano reciprocamente in un processo dialettico. Non esistono compartimenti stagno: da una parte la santità personale, dall'altra quella sociale; tra loro esiste una profonda interazione, per cui anche l'impegno politico, inteso come "servizio al bene comune", può essere assunto come "una via di santificazione e di evangelizzazione" (7).

Tuttavia, utilizzando gli strumenti propri della vita sociale e politica, il credente deve ad un tempo assumere il rinnovamento della propria esistenza personale. L'insegnamento della Chiesa è costante. "Essa - afferma Paolo VI - reputa certamente importante e urgente edificare strutture più umane, più giuste, più rispettose del' diritti' della persona, meno oppressive e meno coercitive, ma è cosciente che le migliori strutture ( ... ) diventano presto inumane se le inclinazioni umane del cuore dell'uomo non sono risanate, se non c'è una conversione del cuore e della mente" (EN 36).

La Nota pastorale della CEI esprime la stessa esigenza: "In apertura del Convegno di Palermo abbiamo udito la dichiarazione appassionata che, per la nuova evangelizzazione e per il rinnovamento della società, la prima risorsa e la più necessaria sono uomini e donne nuovi, immersi nel mistero di Dio e inseriti nella società, santi e santificatori. Non basta aggiornare i programmi pastorali, i linguaggi e gli strumenti della comunicazione. Non bastano neppure le attività caritative. Occorre una fioritura di santità. Essere santi significa vivere in comunione con Dio, che è il solo Santo, e, poiché Dio è carità, lasciarsi plasmare il cuore e la vita dalla forza della sua carità" (8) 26.

Quindi tra la visione personale della santità sottolineata da sant'Alfonso e quella sociale e politica non c'è nessuna opposizione né divisione, ma profonda convergenza e interazione. La santità personale si ripercuote beneficamente sul sociale e questo viene illuminato e trasformato dalle persone evangelicamente sante. Anzi, perché si possano oggi . ricuperare le basi di una santità personale, occorre che la pastorale sia rinnovata con una nuova evangelizzazione, cioè con una riproposta della fede in Dio manifestato in Gesù Cristo. La Nota, citando Giovanni Paolo II, afferma: "La Chiesa ( ... ) "sta prendendo sempre più chiara coscienza che il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente, ma della missione. Non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e devozionali e all'ordinaria amministrazione: bisogna passare a una pastorale dimissione permanente" (9). L'uomo non può essere indifferente a Dio, perché solo in lui può comprendere se stesso.

Alfonso dunque mira direttamente al cambiamento del cuore e della mente dell'uomo, poiché indirettamente sa di ottenere un nuovo modo di pensare e di agire per una nuova presenza nei vari ambiti in cui l'uomo vive ed elabora una particolare visione della vita e della società. In questo egli trova solidi riferimenti nell'insegnamento missionario di san Paolo. La centralità di Cristo nella propria esistenza conduce a nuovi rapporti interpersonali e sociali. Così nella Lettera agli Efesini Paolo, relativamente allo statuto della schiavitù, non si situa sul piano sociale o politico per estirparla, ma insegna a modificare la visione e il comportamento dell'uomo nella vita a motivo della presenza di Cristo. La prospettiva di Paolo è la fede in Cristo, non tanto la politica: Voi "schiavi, ubbidite ai vostri padroni di questo mondo con grande rispetto e con cuore sincero, come di fronte a Cristo ( ... ). E anche voi padroni', comportatevi allo stesso modo verso i vostri schiavi. Lasciate da parte le minacce e ricordate che, per loro come per voi, c'è un unico Padrone in cielo, il quale non fa distinzione di persone" (Ef 6, 5.9). Nella Lettera a Filemone, l'Apostolo è più esplicito. Raccomanda all'amico di accogliere Onesimo "non come schiavo. Egli è molto più che uno schiavo: è per te un caro fratello. È carissimo a me, tanto più deve esserlo a te, sia come uomo, sia come credente" (Fm 16).

Questa prospettiva di cammino potrà sembrare lunga e apparentemente inutile di fronte ai bisogni della società; in realtà per Alfonso e per la Chiesa, che predica un modo nuovo di pensare e di agire secondo Dio, è la via maestra per modificare dall'interno l'uomo e quindi le relazioni tra gli uomini, a motivo della dignità e fratellanza di tutti, poiché figli dell'unico Padre e fratelli in Cristo. L'insegnamento alfonsiano non sembra porsi la questione del tempo necessario per la trasformazione del sociale e della quantità del cammino percorso; sottolinea piuttosto come procedere, come proporsi ogni giorno un cammino di qualità.

 

4 - La gioia e la pace

Un tema fortemente sottolineato da Alfonso è quello della gioia e della pace che vivono coloro che si uniformano alla volontà di Dio.

Secondo il santo Dottore, la gioia e la pace non si identificano con la "felicità" che ogni uomo cerca di afferrare o di rincorrere; il che non può essere altrimenti; l'uomo sente impellente il bisogno della felicità e la cerca con ogni mezzo. L'analisi condotta da Alfonso evidenzia una felicità che si fonda sulle soddisfazioni e onori della vita, che poi lasciano un senso di vuoto perché "fragili" e "fugaci", o su tutto un insieme di esperienze che si potrebbero assimilare agli strati umorali dell'esistenza. Il nostro Santo, richiamandosi al Siracide 27, 12-13, paragona queste scelte e comportamenti umorali al modo di manifestarsi della "luna" per i suoi continui mutamenti; per cui . coloro che vivono secondo queste dinamiche sono proprio "come la luna che oggi cresce e domani diminuisce, - oggi lo vedi ridere, domani piangere; oggi mansueto, domani stizzito come una tigre". E perché, si domanda il Santo? "Perché la sua felicità è condizionata dalla prosperità o dalle avversità che gli capitano" (Uniformità, p. 66).

La gioia e la pace si fondano, invece, in Dio e nella sua volontà e sono frutto della vera "saggezza" che si acquista restando in continua comunione con lui. Pertanto, il saggio, mantenendo il parallelismo simbolico, è stabile come il "sole", - "sempre uguale nella sua serenità, in tutto ciò che gli succede, perché la sua gioia si fonda sulla divina volontà". E paradossalmente questa gioia e pace rimangono inalterate anche quando si sperimentano situazioni . avverse. Infatti - avverte il Santo - "non mancherà lo stillicidio delle avversità a farsi sentire; ma se la volontà rimarrà unita a quella di Dio, in noi continueranno a regnare la tranquillità e la pace" (Uniformità, pp. 66-67).

L'insegnamento di Alfonso trova un riscontro con quanto Paolo scrive al Galati ai quali l'Apostolo propone orientamenti pratici per la vita delle comunità. Egli prospetta due grandi schieramenti di comportamento tra gli uomini; quello di coloro che operano secondo l'egoismo umano e quello di chi produce "frutti" mediante lo Spirito di Dio. Tra questi frutti, Paolo annovera: "amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé" (Gal 5, 22-23). Tali frutti sono per Paolo il risultato di una "sinergia", cioè di un'azione combinata dello Spirito di Dio e della decisione umana. In sostanza è un vivere in Dio e un agire con Dio.

 

5 - Conformità e uniformità

Decidere nella luce e nella forza dello Spirito Santo viene tradotto da Alfonso con l'insegnamento sull'uniformità alla volontà di Dio. Su questo punto egli è piuttosto esigente, poiché distingue l'uniformità dalla conformità alla volontà di Dio.

La conformità implica che le due volontà: quella divina e quella umana, restino reciprocamente "parallele", come una di fronte all'altra. Si 'potrebbe dire che esse rimangono esterne l'una all'altra; il che potrebbe condurre l'uomo a una sostanziale autonomia nei confronti di Dio.

Al contrario, l'uniformità conduce a una "assimilazione" tra le due volontà: per cui, afferma il Santo: "delle due volontà: quella di Dio e quella nostra, ne facciamo una sola ( ... ); non vogliamo altro se non quello che vuole Dio; la volontà di Dio diventa nostra".

Sul cammino della santità, dice il Santo, occorre orientare i propri passi verso la uniformità alla volontà di Dio, perché in essa si esprime la "massima perfezione e pertanto questa deve essere l'oggetto delle preghiere, delle meditazioni e dei desideri.

In questo contesto, Alfonso propone come modello la divina Madre, "la quale fu la più perfetta di tutti i Santi nell'abbracciare sempre la divina volontà: "Eccomi, sono la serva del Signore, Dio faccia con me come tu hai detto" (Lc 1, 38)".

 

6 - La preghiera

Per raggiungere la uniformità alla volontà di Dio, Alfonso insegna che essa deve essere oggetto costante della "meditazione e della "preghiera". L'uniformità, massima espressione della perfezione cristiana, è al di fuori della semplice capacità umana, pertanto per acquisirla occorre la luce e la forza di Dio.

Ma di quale preghiera si tratta? Alfonso nella Uniformità richiama, ma solo accennandole, la meditazione e la preghiera. Nella Pratica chiarisce il senso dei due termini, ponendoli tra i mezzi necessari per raggiungere la perfezione, insieme al desiderio della perfezione, alla volontà risoluta per raggiungerla, alla comunione frequente.

Circa la meditazione afferma che essa "è quella beata fornace in cui . si accende e si alimenta il fuoco del santo amore", permette "di avere la mente rivolta abitualmente a Dio", - "stimola il desiderio della solitudine per incontrare Dio da solo a solo e conservare il raccoglimento nelle attività inerenti la famiglia o imposte dall'obbedienza" (10).

La meditazione è per Alfonso, come si è già notato, la capacità di conoscere Dio e il suo amore attraverso le sue opere al fine di amarlo nella quotidianità della vita. Infatti - afferma - "chi 'non fa la meditazione non può sapere realmente di che cosa ha bisogno la sua anima; non avverte i pericoli a cui va incontro; non conosce i mezzi adeguati per superarli". L'oggetto, poi, più efficace della meditazione è quello della passione e morte del Redentore. "Dalle piaghe del crocifisso partono continuamente saette di amore, capaci d ferire anche i cuori di pietra" (11).

La contemplazione dell'amore di Dio nelle sue opere, e nell'opera per eccellenza del suo Figlio che è arrivato a dare la vita per i suoi amici, è la fonte da cui sgorga la preghiera. Questa non è altro, infatti, che la richiesta dell'aiuto e della grazia di Dio, soprattutto nei momenti di maggiore bisogno. "Il nostro Dio - citando l'apostolo Paolo - è pronto ad arricchire chiunque lo chieda: "Perché il Signore è lo stesso per tutti, immensamente generoso verso tutti quelli che lo amano" (Rm 10, 12). Con l'umile preghiera tutto si ottiene da Dio". Se si vuole perseverare nella grazia di Dio occorre fare i pezzenti con Gesù Cristo chiedendogliela, come pure bisogna "avere grande fiducia, perché Dio ha promesso di esaudire chi l'invoca" (12).

Così sintetizza la posizione di Alfonso Giovanni Paolo II: "In sede strettamente dogmatica ( ... ) Alfonso elaborò una dottrina della grazia imperniata sulla preghiera, la quale restituirà alle anime il respiro della fiducia e l'ottimismo della salvezza ( ... ). La struttura della spiritualità alfonsiana potrebbe ridursi a questi due elementi: la preghiera e la grazia. La preghiera per Alfonso non è un esercizio primieramente ascetico: essa è un'esigenza radicale della natura correlata alla dinamica stessa della salvezza" (Spiritus Domini).

Scrive B. Häring che "l'opzione chiara per la conformità con la volontà di Dio e la fiducia nella sua bontà misericordiosa vanno sempre sostenute dalla memoria riconoscente di tutto ciò che Dio ha fatto e ha promesso a noi, con l'attesa fiduciosa che la nostra morte sarà l'inizio della festa eterna con lui. Dato però che tutto questo è dono gratuito di Dio, il credente pregherà senza stancarsi con fiducia e perseveranza per ottenerlo" (13).

La meditazione e la preghiera, insegnate da sant'Alfonso, si ricollegano alla lunga tradizione della Chiesa. "La meditazione è soprattutto una ricerca. Lo spirito cerca di comprendere il perché e il come della vita cristiana, per aderire e rispondere a ciò che il Signore chiede. Ci vuole un'attenzione difficile da disciplinare. Abitualmente ci si aiuta con qualche libro, e ai cristiani non mancano: la Sacra Scrittura, particolarmente il Vangelo, le sante icone, i testi' liturgici del giorno o del tempo, gli scritti dei Padri della vita spirituale, le opere di spiritualità, i1 grande libro della creazione e quello della storia, la pagina dell'"Oggi" di Dio" (Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC] 2705).

Della preghiera si dice che "con la sua Parola Dio parla all'uomo. E la nostra preghiera prende corpo mediante parole, mentali o vocali". L'ascolto da parte di Dio "dipende non dalla quantità delle parole, ma dal fervore delle nostre anime" (CCC 2700). Essa è una "componente indispensabile della vita cristiana. Ai discepoli, attratti dalla preghiera silenziosa del loro Maestro, questi insegna una preghiera vocale: il Padre nostro". Gesù non ha pregato soltanto con le preghiere liturgiche della sinagoga; i Vangeli ce lo presentano mentre esprime ad alta voce la sua preghiera personale, dalla esultante benedizione del Padre, fino all'angoscia del Getsemani" (CCC 2701).

FRANCO DESIDERI, C.SS.R.

in ALFONSO MARIA DE LIGUORI

Uniformità alla Volontà di Dio - Conversare con Dio

Città Nuova 1992, pp.29-42

 

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(1) E. MARCELLI - S. RAPONI, Un Umanista del 700 italiano, Edizioni Redentoriste-Bettinelli, Verona 1992, p. 218.

(2) Ivi, p. 212.

(3) S. MAJORANO, Apostolo tra i dimenticati del mezzogiorno tradusse il vangelo in realtà quotidiana, in AA.VV., S. Alfonso de Liguori e la sua opera. Testimonianze biobliografiche (a cura di E. Maone e A. Amarante), Valsele Tipografica, Napoli 1987, p. 161.

(4) A. M. DE LIGUORI, Pratica di amar Gesù Cristo, Città Nuova, Roma 1996, p. 35.

(5) Cf. CH. SCHÖNBORN, L'icona di Cristo. Fondamenti teologici, Paoline, Cinisello Balsamo 1988, p. 118.

(6) Cf. CEI, Nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia, 1996, in particolare riguardo ai vari ambiti dell'evangelizzazione.

(7) CEI, Nota pastorale.... cit., 3 1.

(8) Ivi, 10

(9) Ivi, 23.

(10) A.M. De LIGUORI, Pratica, pp. 95-96.

(11) Ivi, pp. 97-98.

(12) Ivi, pp. 102-103.

(13) B. HÄRING, Sant'Alfonso. una morale per i redenti, in AA.VV, S. Alfonso de Liguori e la sua opera.... cit., pp. 136-137.

 

 




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