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S. Alfonso Maria de Liguori La vera Sposa di Gesù Cristo IntraText CT - Lettura del testo |
CAPO XVII - Della lezione spirituale.
1. Alla vita spirituale forse non è meno utile la lezione de' libri santi che l'orazione. Dicea S. Bernardo che la lezione c'istruisce insieme all'orazione ed alla pratica delle virtù: Lectio nos ad orationem instruit et ad operationem (Serm. 50, De modo bene viv.).1 Onde concludea che l'una
e l'altra sono l'armi, colle quali si vince l'inferno e s'acquista il paradiso: Lectio et oratio sunt arma quibus diabolus expugnatur, beatitudo acquiritur (Ibid.).2
Non sempre possiamo avere il padre spirituale accanto, che ci consigli in tutte le nostre operazioni e specialmente ne' dubbi; ma la lezione ben supplirà a tutto, somministrandoci ella i lumi e la guida per fuggire gl'inganni del demonio e del nostro amor proprio, e per accertare insieme la divina volontà. Quindi dicea S. Atanasio che non si vedrà niuno, che attende di proposito a servire il Signore, il quale non sia dedito alla lezione spirituale: Sine legendi studio neminem ad Deum intentum videas.3
E perciò tutt'i fondatori han molto raccomandato questo santo esercizio a' loro religiosi. S. Benedetto fra gli altri ordinò che ciascun suo monaco ogni giorno facesse la sua lettura, e che due stessero assegnati ad andare in giro visitando le celle, per vedere se tutti l'osservassero; e ritrovandosi alcuno in ciò negligente, volea che fosse penitenziato.4
Ma prima di tutti l'impose l'Apostolo al suo Timoteo: Attende lectioni ([I] Tim. IV, 13). E si noti la parola attende, la quale significa che quantunque Timoteo stesse molto occupato, per esser vescovo, nella cura del suo gregge, pure voleva S. Paolo che non già di passaggio e per breve tempo || ma di proposito e per lungo tempo |5 attendesse alla lettura de' libri santi.
2. Quanto è nociva la lettura de' libri cattivi, altrettanto è profittevole quella de' buoni. Siccome questa spesso è stata la causa della conversione di molti peccatori, così quella per contrario tuttodì suol essere la rovina di molti giovani. Il primo autore de' libri divoti è lo Spirito di Dio; ma de' libri perniciosi l'autore n'è lo spirito del mondo, il quale spesso usa l'arte con alcune persone di nascondere il veleno, che v'è in tali suoi libri, sotto il pretesto di apprendersi ivi il modo di ben parlare e la scienza delle cose del mondo per ben governarsi, o almeno di passare il tempo senza tedio. Ma parlando specialmente delle monache, io dico non esservi cosa per esse più dannosa che il legger libri cattivi.
E per libri cattivi non intendo già solamente i libri proibiti dalla S. Sede, che parlano d'eresie o di materie turpi, ma intendo ancora tutti i libri che trattano di amori mondani. Che spirito mai potrà avere una religiosa che legge romanzi o commedie e poesie profane? Qual raccoglimento potrà ella avere nell'orazione e nella comunione? Dovrà costei chiamarsi sposa di Gesù Cristo o più presto una mala sposa del mondo? giacché ancor le donzelle del secolo, le quali soglion leggere questi libri, difficilmente soglion essere buone secolari.
3. Mi dirà taluna: Ma che danno fanno i romanzi e le poesie profane, dove non sono parole immodeste? Che danno, voi dite? Eccolo; ivi si accende la concupiscenza de' sensi, si svegliano specialmente le passioni, e queste poi facilmente si guadagnano la volontà o almeno la rendono così debole che, venendo appresso l'occasione di qualche affezione non pura verso qualche persona, il demonio trova l'anima già disposta per farla precipitare. Dice un saggio autore che per le letture di tali libri perniciosi l'eresia ha fatti e fa tutto
giorno tanti progressi, perché ella così ha data e dà più forza al libertinaggio. Il veleno di questi libri entra a poco a poco nell'anima; prima s'impadronisce dell'intelletto, indi infetta la volontà, e finalmente dà morte all'anima. Il demonio non ha forse mezzo più valido e più sicuro per mandare in perdizione una giovane che la lettura di tali libri avvelenati. Oh che desolazione farà questo veleno, se mai s'introduce in una comunità! basterà un sol libro cattivo di questa sorta a metterla in rovina. Sposa benedetta del Signore, se mai avete per le mani qualche libro di questi, presto buttatelo al fuoco, acciocché più non comparisca. E se mai siete superiora, procurate quanto potete di estirpare simili libri dal monastero. se non volete darne gran conto a Dio.
4. Avvertite in oltre che alcuni libri non saranno già di materia peccaminosa, ma saranno inutili al vostro profitto; e questi anche saranno per voi nocivi, perché vi faran perdere il tempo, che potreste impiegare in occupazioni utili all'anima. Scrisse S. Girolamo alla sua discepola Eustochio per istruzione di lei che, mentr'egli stava nella sua solitudine di Bettelemme, amava e leggea spesso i libri di Cicerone, ed all'incontro aveva un certo orrore a' libri sagri, per lo stile incolto che in questi ritrovava. Accadde che gli venne una grave infermità, nella quale si vide presentato al tribunale di Gesù Cristo; ivi gli dimandò il Signore: Dimmi, chi sei tu? Egli rispose: Son cristiano. - Menti, ripigliò il giudice: che cristiano? tu sei Ciceroniano, non cristiano. E comandò che in quel punto fosse flagellato. Il santo allora prometté di emendarsi, e ritornato in sensi, si ritrovò in fatti colle spalle tutte livide ed impiagate per lo castigo ricevuto in quella visione, e da allora in poi lasciò i libri di Cicerone e diedesi alla lettura de' sagri.6
È vero che in certi libri di tal sorta anche alle volte ritrovasi qualche sentimento utile allo spirito; ma lo stesso S. Girolamo saggiamente scrisse ad un'altra sua discepola così: Non necesse habes aurum in luto quaerere (Epist. ad Furiam).7 Che bisogno hai di andar cercando un poco d'oro in mezzo a tanto fango, quando puoi leggere i libri divoti, dove troverai tutt'oro senza fango?
Parimente libri inutili ordinariamente sono, ed alle volte anche nocivi per le religiose, i libri di Teologia morale, poiché ivi facilmente possono inquietarsi colla coscienza, o pure apprendere ciò che lor giova non sapere.
Anche nociva può esser a taluna la lettura de' libri di Teologia mistica, giacché può essere ch'ella s'invogli dell'orazione sovrannaturale, e così lascerà la via ordinaria della sua
orazione solita, in meditare e fare affetti; e così resterà digiuna dell'una e dell'altra, poiché niuno dee intromettersi nella contemplazione, se Dio chiaramente non ve l'introduce. Per ciò S. Teresa dopo morte apparve ad una sua religiosa ed ordinò che si proibisse dai superiori alle monache il leggere i suoi libri di visioni e rivelazioni dicendo ch'ella non s'era fatta santa colle visioni e rivelazioni, ma coll'esercizio delle virtù.8
5. Ma veniamo al punto nostro. Oh quanti beni apporta la lettura dei libri sagri!
In primo luogo, siccome la lettura dei libri cattivi, secondo abbiam detto, riempie l'anima di sentimenti mondani e velenosi, così all'incontro i libri sani riempiono la mente di santi pensieri e buoni desideri.
Una religiosa che spende buona parte del giorno in legger libri curiosi e profani, che le mettono in testa mille idee di mondo ed una turba d'affetti terreni, come mai può star raccolta in santi pensieri? come tenersi alla divina presenza e fare spesso atti buoni verso Dio? Il mulino macina quel grano che riceve; se riceve grano cattivo, come può render farina buona? Anderà quella monaca, che ha impiegato un buon pezzo di tempo a legger qualche libro curioso, anderà, dico, all'orazione, alla comunione, ed ivi in vece di pensare a Dio e di fare atti d'amore e di confidenza, vi starà tutta distratta; poiché ivi se le affacceranno alla mente tutte le specie di quelle vanità che ha lette.
All'incontro colei che tiene la mente ripiena di specie divote, come di documenti di spirito e di esempi virtuosi de' santi, non solo nell'orazione, ma anche fuori dell'orazione, quei pensieri l'accompagneranno e la terranno quasi sempre unita con Dio. S. Bernardo dichiara ciò con un'altra bella similitudine; spiegando egli quel passo di S. Giovanni (XVI, 24): Quaerite et invenietis,9 dice: Quaerite legendo, et invenietis meditando; lectio quasi cibum ori apponit, meditatio masticat (S. Bern., Scala cla.):10 Cercate voi colla lezione
de' libri divoti, e così troverete quel che cercate nella meditazione; poiché la lezione mette alla bocca quel cibo, che poi dalla meditazione vien masticato.
6. In secondo luogo l'anima ch'è imbevuta di santi pensieri nella lettura, sarà più pronta a discacciar le tentazioni interne. Questo era il consiglio che dava S. Girolamo a Salvina sua discepola: Semper in manibus tuis sit divina lectio, ut cogitationum sagittae huiusmodi clypeo repellantur (Epist. ad Salvin.):11 Procura di aver sempre nelle mani libri divoti, acciocché con questo scudo possi difenderti da' mali pensieri.
In terzo luogo la lettura spirituale serve per vedere le macchie che abbiamo nell'anima, e così da quelle mondarci. Il medesimo S. Girolamo scrisse a Demetriade che si fosse valuta della lettura spirituale, come d'uno specchio: Lectionem adhibens speculi vice (Ep. ad Demetr.).12 E volea dire che
siccome lo specchio serve per vedere le macchie, che abbiamo nel volto, così i libri santi ci fan conoscere i difetti, che abbiamo nella coscienza: Ibi foeda, dice S. Gregorio parlando appunto della lettura spirituale, ibi pulchra nostra cognoscimus; ibi sentimus quantum proficimus (Mor. lib. 2, c. 1):13 Ivi scorgiamo le nostre perdite ed i nostri avanzi nello spirito; ivi osserviamo lo scadimento o il profitto che abbiam fatto nella via di Dio.
In quarto luogo nella lettura de' libri santi ricevonsi molti lumi e chiamate divine. Dice S. Girolamo che quando oriamo, noi parliamo a Dio; quando poi leggiamo, Dio parla a noi: Oras? Loqueris ad Sponsum: legis? ille tibi loquitur (Epist. 22).14 Lo stesso dice S. Ambrogio: Illum alloquimur cum oramus; illum audimus cum legimus (Lib. 1, De offic., C. 20):15 Nell'orazione Dio ascolta le nostre preghiere, ma nella lezione noi ascoltiamo le voci di Dio. Non sempre, come dissi di sopra, possiamo avere a lato il padre spirituale ne sempre possiamo udir prediche di santi oratori, che ci dirigano e diano lume per ben camminare nella via di Dio; i buoni libri ben suppliscono per le prediche. Scrive S. Agostino che i libri santi sono come tante lettere amorose che c'invia il Signore,16 dove ci avverte de' pericoli, c'insegna la via della salute,
ci anima a soffrire le avversità, c'illumina e c'infiamma nel suo divino amore. Chi dunque brama di salvarsi e d'acquistare l'amor divino, dee spesso leggere queste lettere di paradiso.
7. Quanti santi colla lettura di qualche libro spirituale han lasciato il mondo e si son dati a Dio! È noto che S. Agostino, stando egli miseramente incatenato dalle sue passioni e vizi, colle lezioni d'un'epistola di S. Paolo, illuminato dalla luce divina, uscì dalle sue tenebre e cominciò a farsi santo.17 Così ancora S. Ignazio di Loiola, essendo soldato, per la lettura d'un libro di vite de' santi, che a caso prese a leggere affin di fuggir la noia del letto, in cui allora si trovava infermo, intraprese una vita santa; onde divenne poi padre e fondatore della Compagnia di Gesù, d'una religione che ha recato tanto bene alla Chiesa.18 Così ancora S. Giovanni Colombino, in leggere a caso e quasi contra sua voglia un libro divoto, lasciò il mondo e si fece santo, fondando ancor egli un'altra religione.19 Di più narra S. Agostino (Confess. lib. 8, cap. 6) che due cortigiani dell'imperator Teodosio entrando un giorno in un certo monastero di solitari, uno di loro si pose a leggere a caso la vita di S. Antonio abbate, che trovò in una cella, e cominciò talmente ad imbeversi di santi pensieri, che allora appunto si risolse di licenziarsi dal mondo; indi parlò con tale spirito al suo compagno, che tutti due rimasero in quel chiostro a servire Iddio.20 Si legge di più nelle Croniche de' Carmelitani Scalzi che una dama in Vienna si era apparecchiata una sera per andare ad un festino, ma perché quello poi non si fece, stando perciò in collera, prese per divertirsi un libro spirituale che le venne alla mano, dove apprese il disprezzo del mondo, ed in fatti lo lasciò e si fece teresiana.21 Lo stesso avvenne alla duchessa di Montalto in Sicilia, la quale anche a caso prese un giorno a leggere l'Opere di S. Teresa, ed indi tanto si adoperò che ottenne dal marito, cui trovavasi allora ligata,
il consenso per farsi ancor ella carmelitana scalza, come in fatti seguì.22
8. Ma la lettura de' libri spirituali non solo ha giovato a' santi nel principio della loro conversione, ma in tutta la loro vita, per conservarsi e vie più avanzarsi nella perfezione. S. Domenico glorioso abbracciava i suoi libri divoti e caramente gli stringeva, dicendo: Questi mi danno latte.23 E come mai i santi anacoreti passavano tanti anni vivendo ne' deserti, lontani da ogni commercio umano, se non coll'orazione e coll'uso de' libri spirituali? Il gran Servo di Dio Tommaso de Kempis non potea aver maggior consolazione che nello starsene in un cantone della cella con un libro che gli parlava di Dio.24 Già si è riferito prima in altro luogo che il Ven. Vincenzo Carafa dicea non saper egli desiderare altro stato più felice in questo mondo, che menar la sua vita in una grotticella con un tozzo di pane ed un libro divoto.25 San Filippo Neri in tutte l'ore
vacue che poteva avere, si occupava a legger libri spirituali e particolarmente Vite di santi.26
9. Se poi mi domandate qual libro sarebbe migliore per voi che siete religiosa, primieramente vi dico: Leggete quei libri dove l'anima vostra ritrova più divozione, e da' quali vi sentite più mossa ad unirvi con Dio. Ben atte sono a tal fine l'Opere di S. Francesco di Sales, di S. Teresa, del P. Granata, del P. Rodriguez, del Sangiurè, del Nieremberg, del Pinamonti ed altre simili, e specialmente gli Avvisi a' religiosi de' padri di S. Mauro e 'l Direttorio Ascetico del P. Scaramelli, libro moderno, ma molto dotto e divoto. Del resto, generalmente parlando, vi consiglio a lasciare i libri difficili; e procurate di legger quelle materie, che conoscete più utili per la vostra perfezione.
Leggete spesso tra gli altri le Vite de' santi, e specialmente di quelle sante e santi che sono stati religiosi, come di S. Teresa, di S. Caterina da Siena, della B. Sciantal, della Ven. Suora Francesca Farnese, della Ven. Suora Serafina da Capri, di S. Pietro d'Alcantara, di S. Giovanni della Croce, di S. Francesco Borgia, di S. Luigi Gonzaga e simili. Leggete ancora spesso le Vite de' santi martiri, particolarmente di tante sante verginelle, che han data la vita per Gesù Cristo; ed a questo fine potete prendervi le Vite de' santi date alla luce dal P. Croiset,
le quali vanno a parte in tre tomi divise dall'opera sua grande degli Esercizi di pietà.
Oh quanto giova la lettura delle Vite de' santi! Ne' libri d'istruzione circa le virtù si legge quel che si dee fare, ma nelle Vite de' santi si legge quel che han fatto già tanti uomini e donne, ch'erano di carne come noi. Onde il loro esempio, se altro utile non ci recasse, almeno fa umiliarci e metterci colla faccia sotto terra; leggendo ivi le gran cose che han fatte i santi, ci vergogneremo certamente del poco che noi abbiam fatto e facciamo per Dio.
10. Confessa di sé S. Agostino, e dice: Exempla servorum tuorum congesta in sinum cogitationis nostrae urebant et sumebant torporem nostrum, et accendebant nos (Confess., cap. 1).27 Mio Dio, diceva, gli esempi de' vostri servi da me considerati consumavano la mia tepidezza e m'infiammavano del vostro santo amore. Scrive ancora S. Bonaventura di S. Francesco (In Vita, c. 9) che il santo ex recordatione sanctorum, tamquam lapidum ignitorum, in deificum recalescebat incendium:28 col ricordarsi de' santi e delle loro virtù, quelle, come fossero tante pietre infocate, l'accendevano di nuovo amore verso Dio. Narra di più S. Gregorio (Homil. 15) che in Roma vi era un certo povero, chiamato Servolo; questi era infermo e andava mendicando per vivere, e delle limosine che poi raccoglieva, parte ne dava ad altri poveri suoi pari, e parte ne comprava alcuni libretti divoti. Servolo non sapea leggere, ma se gli facea leggere da coloro ch'esso ammetteva ad albergare nella sua casetta ove dormiva. Dice S. Gregorio che col sentir leggere quei libri acquistò una gran pazienza ed insieme un'ammirabile scienza delle cose divine. Conclude finalmente il santo e dice che, venendo questo povero a morte, pregò i suoi amici che gli seguissero a legger quei libri, ma prima di spirare interruppe poi la lettura e disse:
Tacete, tacete, non sentite come risuona di canti e d'armonie tutto il paradiso? E così dicendo dolcemente finì la vita. Spirato che fu, subito in quella stanza si sparse un grande odore per segno della santità di quel mendico, che partì da questa terra povero sì di ricchezze, ma ricco di virtù e di meriti.29
11. Ma per ricavar gran frutto dalla lezione, in primo luogo, avanti di cominciar la lettura, bisogna raccomandarsi a Dio, acciocché egli c'illumini la mente in quelle cose che leggiamo. Già si è detto che nella lezione spirituale il Signore è quegli che si degna di parlarci, e perciò in prendere il libro bisogna pregarlo: Loquere, Domine, quia audit servus tuus:30 Parlatemi, Signor mio, perché io voglio ubbidirvi in tutto ciò che mi farete intendere che volete da me.
In secondo luogo bisogna leggere non per sapere né per curiosità, ma solo per avanzarci nel divino amore. Il leggere per sapere, non è lezione spirituale, ma è studio inutile in tal tempo per l'anima. Peggio è poi il leggere per curiosità, come fanno alcune monache, le quali divorano i libri, non attendendo
ad altro che a terminarli presto ed a pascer la loro curiosità. Queste che profitto ne vogliono ricavare? Tutto il tempo speso in tali letture sarà tutto tempo perduto. Dicea S. Gregorio: Multi legunt, et a lectione ieiuni sunt (Hom. 10 in Ezech.).31 Molti leggono e leggon molto, ma dalla lezione si alzan poi digiuni, come se niente avesser letto, perché han letto solamente per curiosità. E di ciò appunto il santo riprese Teodoro medico, perché quegli, leggendo i libri sagri, li scorrea con occhio veloce senza profitto.32
12. Per trarre profitto dai libri spirituali, bisogna leggerli posatamente e con riflessione. Nutri, diceva S. Agostino, animam tuam lectionibus divinis (Lib. de Op. mon.):33 Nudrisci l'anima tua colle letture divine. Or per ritrarre da' cibi buon nutrimento, non giova il divorarli, ma bisogna ben masticarli: e così in terzo luogo si avverta che per ricavare abbondante frutto dalle lezioni divote, bisogna masticare e ben ponderare34 ciò che si legge, applicando a se stesso quel che ivi s'insinua a praticare. E quando ciò che si legge fa maggiore impressione, consiglia S. Efrem che si ritorni a leggere: Non pigeat, dice il santo, saepius eumdem repetere sensum.35 In oltre quando nella lezione
si riceve alcun lume speciale in leggere qualche documento o atto di virtù che penetra il cuore, molto giova allora il fermarsi ed alzare la mente a Dio con fare qualche risoluzione o pure qualche atto buono o fervorosa preghiera verso Dio. Dice S. Bernardo: Oratio lectionem interrumpat (Serm. ad Frat. ec.).36 È bene allora che si tralasci la lettura e si frammetta l'orazione, e che ci fermiamo ad orare sin tanto che dura quel vivo sentimento che ci ha commossi; e così facciamo sempre a guisa dell'ape, che non passa dal primo al secondo fiore, se non quando ne ha raccolto, tutto il mele che v'ha trovato. E non importa allora che scorra e finisca il tempo determinato della lettura, perché così quel tempo viene ad essere speso con maggior profitto dello spirito. Talvolta può avvenire che la lettura d'un solo verso frutti più che se letto si fosse un foglio intiero.
In oltre, terminando la lettura, bisogna scegliere qualche sentimento più divoto che si è ricavato da ciò che s'è letto, e portarlo seco, come si porta un fiore da un giardino, dove si è stato a diporto.
«Unum illud tibi, nata Deo, praeque omnibus unum
Praedicam, et repetens, iterumque iterumque monebo,
ut animum tuum sacrae lectionis amore occupes.» Num. 15, col. 1119: «Statue quot horis sacram Scripturam ediscere debeas; quanto tempore legere, non ad laborem (di questo ha parlato or ora: quot horis.... ediscere debeas), sed ad delectationem et instructionem animae.» Num. 20, col. 1124: «Ama Scripturas sanctas, et amabit te sapientia.»- Però le parole riferite da S. Alfonso sono cavate da una lettera a Demetriade, ma scritta dall' eresiarca PELAGIO (ML 33-1099 et seq., inter Opera S. Augustini, Epistola 17, inter supposititias, cap. 23, col. 1115): «Optime uteris lectione divina, si tibi eam adhibeas speculi vice, ut ibi velut ad imaginem suam anima respiciat, ut vel foeda quaeque corrigat, vel pulchra plus ornet.» Belle parole: non poche ne ha il Pelagio, il più lusinghiero forse degli eretici.- Questa sua lettera fu attribuita anche a S. Girolamo (ML 33-1099, in Admonitione de Epistola), ma più a S. Agostino, tra le cui Opere tuttora si ritrova. S. Agostino, invece, ne fu il primo impugnatore, e subito, con Alipio, scrisse a Giuliana, madre di Demetriade, per risaperne l' autore, e per mettere in guardia tanto la figlia quanto la madre contro gli errori opposti alla dottrina cattolica sulla grazia (Epistola 188, ML 33-848 et seq.)- Il paragone dello specchio l' ha usato anche S. AGOSTINO: «Si orat Psalmus, orate: et si gemit, gemite; et si gratulatur, gaudete; et si timet, timete. Omnia enim quae hic conscripta sunt, speculum nostrum sunt.» Enarratio in ps. 30, sermo 3, n. 1, ML 36-248. «Et quid intuens, inquis, me videbo? Posuit tibi speculum Scripturam suam.» Enarratio in Ps. 103, sermo 1, n. 4. ML 37-1338.