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S. Alfonso Maria de Liguori
Via della salute

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MORTE FELICE DE' SANTI

 

La morte a' santi è premio, non castigo: ella da' santi è desiderata, non abborrita. E come può essere abborrita, se la morte per essi è termine delle lor pene, de' combattimenti e de' pericoli di perdere Dio? Quel "Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo",1 che tanto spaventa i peccatori, è il giubilo d'un'anima, che ama Dio. Ella non già s'affligge nel lasciare i beni di questa terra, perché Dio è stato l'unico suo bene: non nel lasciare gli onori, perché gli ha disprezzati e stimati per quel fumo che sono, non nel lasciare gli amici e i parenti, perché l'ha2 amati solo per Dio. Onde siccome in vita è andata sempre dicendo:3 "Deus meus et omnia":4 così con più gaudio lo va dicendo in morte, accostandosi il tempo di andare a veder Dio, e d'amarlo da faccia a faccia in paradiso.

 

Non l'affliggono neppure i dolori della morte, anzi gode in offerire quell'ultime reliquie di sua vita in segno d'affetto al suo Dio, unendo le pene della sua morte colle pene di Gesù moribondo in croce. Il sol pensiero che finisce il tempo di poter peccare e perdere il suo Dio, la colmerà di gioia. Non lascerà l'inferno d'ingerirle diffidenze, col ricordarle i peccati commessi; ma se gli avrà pianti per più anni, e poi avrà amato di cuore Gesu-Cristo, ben egli le darà confidenza.

Ah Gesù mio, quanto voi siete buono e fedele ad un'anima, che vi cerca e v'ama.5

 

Siccome i peccatori che muoiono in peccato, cominciano sin dal tempo della loro morte a provar certi saggi d'inferno, colle angustie interne e smanie che sentono; così all'incontro l'anime buone in morte provano certi saggi di paradiso. Quegli atti di confidenza e d'amore a Dio, di ansia di vederlo, fanno che cominci a provare quel gaudio,


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che poi compitamente avrà in cielo. Quale allegrezza le apporterà specialmente il SS. Viatico, che le sarà portato nella sua camera! Dirà, come disse appunto S. Filippo Neri6 nel tempo di sua morte: "Ecco il mio bene".

Questo io non potrò dirlo,7 perché8 v'ho offeso; ma vi dirò con S. Bernardo:9 "Vulnera tua merita mea". Le vostre piaghe sono la speranza mia.

Deh mio Dio, se sto in grazia vostra, come spero, fatemi presto morire, acciocché presto venga a vedervi ed amarvi da faccia a faccia, e mi assicuri di non potervi più perdere.

Maria, madre mia, ottenetemi una santa morte.

 




1 [8.] Rituale Romanum, tit. VI, c. 7, Ordo commend. animae.

2 [13.] l'ha) gli ha B1 B2.

3 [14.] MARCO DA LISBONA, op. cit., p. I, l. I, c. 8; ed. cit.

4 [14.] Opuscola B. P. Francisci, Oratio quotidiana, I, Pedeponti 1739, 20.

5 [25.] v'ama) vi ama B1 B2.

6 [4.] BACCI, op. cit., l. IV, c. I, n. 4; Bologna 1686, 273:«Or appena entrò (il Card. Federico) Borromeo in camera col divin Sacramento in mano, il santo vecchio disse ad alta voce e con molte lagrime: Ecco l'amor mio; ecco l'amor mio! Ecco tutto il mio amore, e tutto il mio bene! Datemi prestamente il mio amore; e ciò diceva con tanto affetto che tutti quelli che stavano quivi presenti piangevano».

7 [4-5.] Ecco il mio bene. Questo io non potrò dirlo) om. in ND V B B1 B2.

8 [5.] perché... ma) ma perché B1 B2.

9 [6.] L. ANT. MURATORI, Esercizi spirituali esposti secondo il metodo del P. Paolo Segneri iniuore, Venezia 1739, 62: «I meriti del nostro divin Salvatore sono meriti nostri, perché esso gli ha ceduti a noi. Vulnera tua, merita mea: così S. Bernardo. Le vostre piaghe, o buon Gesù, sono meriti miei». Il testo pare che provenga da una frase di G. HEROLT (Discipulus), Sermones de tempore, sermo 48; I, Venetiis 1598, 186, col. 2: «Unde Bernardus: Scio, quod merita mea mih non sufficiunt: ergo confidenter quod ex merito mihi deest, usurpo mihi ex vulneribus Domini».






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