- PER L'APPARECCHIO ALLA COMUNIONE
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PER L'APPARECCHIO
ALLA COMUNIONE
Il Salvatore, dicea S.
Francesco di Sales, non può essere considerato in veruna azione né più amoroso
né più tenero, che in questa della santa comunione, nella quale si annichila
per così dire e si riduce in cibo per unirsi al cuore ed al corpo de' suoi
fedeli.1 Perciò diceva ancora il dotto Gersone che non vi è mezzo più
efficace per accendere nell'anima la divozione e 'l santo amore di Dio che la
comunione.2 Ed in verità, se parliamo di far cosa grata a Dio, quale
cosa più grata può fargli un'anima, che comunicarsi? L'amore, insegna S.
Dionisio, tende sopratutto alla perfetta unione;3 ma qual maggiore
unione può fare un'anima con Gesù, il quale dice: Qui manducat meam carnem et
bibit meum sanguinem in me manet et ego in illo?4 Dice S. Agostino:
Se ogni giorno riceverai questo sacramento, Gesù sarà sempre teco e sempre
andrai crescendo nel divino amore.5
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Se parliamo poi per
medicare le nostre infermità spirituali, qual rimedio più grande possiamo avere
che la santa comunione chiamata dal sacro Concilio di Trento: Antidotum, quo liberemur a culpis
quotidianis et a peccatis mortalibus praeservemur.6
Donde avviene, dimanda il
cardinal Bona, che con tante comunioni in tante anime non si vede alcun
profitto, e si vedono sempre gli stessi difetti? Risponde: Defectus non in cibo est, sed in edentis dispositione.7 È
possibile, dice Salomone, nascondere il fuoco in seno e non bruciar le vesti? Numquid homo potest abscondere ignem in sinu
suo, ut vestimenta illius non ardeant? (Prov. VI, 27).8 Dio è fuoco
che consuma: Ignis consumens est.9
Egli stesso viene nella santa comunione ad accendere questo divin fuoco; e come
poi, dice Guglielmo Parisiense, può vedersi questo miracolo diabolico, che in
mezzo a tanto fuoco restino le anime fredde nel divino amore?10
Tutto deriva dalla poca
disposizione e specialmente dal poco apparecchio. Il fuoco subito accende il
legno secco, ma non già il verde, perché questo non è disposto ad ardere; i
santi perciò hanno ricevuto gran profitto dalle comunioni, perché attendevano
grandemente a disporvisi. S. Luigi Gonzaga spendea tre giorni ad apparecchiarsi
alla santa comunione e tre giorni poi spendeva a ringraziare il
Signore.11
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Per l'apparecchio alla
comunione due sono le cose principali che dee avere un'anima: un gran distacco
dalle creature ed un gran desiderio d'avanzarsi nel divino amore.
Per prima dunque dee
l'anima togliere ogni attacco e discacciare dal cuore ogni cosa che non è Dio. Qui lotus
est, dice Gesù Cristo, non indiget,
nisi ut pedes lavet (Io. XIII, [10]). Il che significa, come spiega S.
Bernardo, che per ricevere con gran frutto questo Sacramento bisogna non solo
essere lavato da' peccati gravi, ma ancora mondo ne' piedi, cioè negli affetti
terreni,12 i quali perché attaccati alla terra sono di nausea a Dio ed
imbrattando l'anima impediscono gli effetti della santa comunione.
Dimandò S. Gertrude al
Signore, quale apparecchio cercava da lei per la santa comunione; e 'l Signore
le rispose: Non altro io cerco da te, se non che venga a ricevermi vuota di te
stessa.13
Per secondo è necessario
nella santa comunione avere un gran desiderio di ricevere Gesù Cristo e 'l suo
santo amore.
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In questo sacro convito, dice Gersone, non saturantur nisi famelici.14
E prima lo disse Maria santissima: Esurientes
implevit bonis.15 Siccome Gesù, scrive il V. P. M. Avila, non venne
al mondo sintanto che non fu molto desiderato, così non viene all'anima che di
lui non ha desiderio, perché non è dovere che si dia tale cibo a chi ne sente
fastidio.16 Disse un giorno il Signore a S. Metilde: Non si trova ape
che con tanto impeto si getti sopra de' fiori a succhiarne il mele, con quanto
io per violenza d'amore vengo all'anime nella santa comunione.17 Se
dunque Gesù Cristo ha tanto desiderio di venire alle anime nostre, è ragione
che ancor noi abbiamo gran desiderio nel comunicarci di ricever lui e 'l suo
divino amore; insegnandoci S. Francesco di Sales, che la principale intenzione
di un'anima nel comunicarsi dev'essere di avanzarsi nell'amore di Dio,
dovendosi ricevere per amore colui che per solo amore a noi si dona.18
1 «Non, le
Sauveur ne peut être considéré en une action ni plus amoureuse ni plus tendre
que celle-ci, en laquelle il s'anéantit, par manière de dire, et se réduit en
viande afin de pénétrer nos âmes et s'unir intimement au coeur et au corps de
ses fidèles.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction
à la vie dévote, partie 2, ch. 21.
2 «Celebratio habet efficaciam
magnam ex virtute operis operati... Ille qui celebrat, in operis exsecutione
magnam adipiscitur devotionis pinguedinem, et divinius solet occupari... Saepe
suscipit initium celebrationis hominem parum devotum, et frigidum, quem in fine
calescentem dimittit et fervidum. Corpus Christi ignis est spiritualis, accede
fiducialiter ad hunc ignem, calesces facilius.» Ioannes GERSONIUS, Tractatus
de praeparatione ad Missam, Consideratio 4. Opera, Antverpiae, 1706, III, col. 326, 327.
3 «Amorem, sive divinum, sive
angelicum, sive spiritalem, sive animalem, sive naturalem dixerimus, vim
quamdam sive potestatem copulantem et commiscentem intelligamus; superiora
quidem moventem ad providentiam inferiorum; ea vero quae sunt eiusdem ordinis,
ad mutuam communicationem; et novissime ea quae sunt inferiora, ad convertendum
se ad praestantiora et praeposita.» DIONYSIUS AREOPAGITA, De divinis nominibus, cap. 4, § 15. MG 3-714.
4 Io. VI, 57.
5 «Accipe quotidie, quod quotidie
[ETML-P:A]prosit: sic vive, ut quotidie merearis accipere... Quotidie si
accipis, quotidie tibi hodie est. guage:FR'>Tibi hodie est Christus, tibi
quotidie resurgit.» S. AUGUSTINUS, (supposititii), sermo 84, n. 3. ML 39-1908, 1909.
6 CONCILIUM
TRIDENTINUM, Sessio 13, Decretum de SS.
Eucharistiae Sacramento, cap. 2.
7 «Defectus
autem non in cibo et potu est, sed in prava edentis et bibentis dispositione.» Ioannes BONA, Cardinalis, Tractatus asceticus de sacrificio Missae., cap. 6, § 7. Opera, Venetiis, 1752, pag. 125, col. 2.
8 Numquid potest homo..., Prov. VI, 27.
9 Deut. IV. 24.
10 «Quis adeo frigidus, aut amore
terrenorum gelidus, ut tantorum beneficiorum (cioè: quae nobis in Eucharistia
conferuntur) tantis facibus non inflammetur?... Proh dolor! ubi se abscondit
miser sacerdos a calore eius, quibus extremis, quarum molium interpositione,
tanti camini flammas a se prohibuit?» GUILIELMUS ALVERNUS,
episcopus Parisiensis, De Sacramento
Eucharistiae, cap. 7. Opera, Aureliae et
Parisiis, 1674, I, pag. 450, 451. - Altrove, De Rhetorica divina, cap. 50, Opera,
I, pag. 395, col. 2, ma parlando de' benefici di Dio in genere, scrive:
«Respice mundum universum et videbis ipsum totum ardentem atque flammantem,
largitate et beneficentia Creatoris... Quapropter manifestum est
totum mundum... etiam cum ipso Creatore, fornacem esse totaliter ardentem et
undique flammantem. Quapropter de mirabilibus diabolicis praegrande miraculum,
non solum quod tanta fornax non te calefacit, sed etiam quod in medio eius
positus non totus ea conflagras.»
11 «Quamlibet
hebdomadem ita [ETML-P:A]partiebatur, ut tres primores eius ferias... agendis
tribus Personis SS. Trinitatis sigillatim, pro tam eximio beneficio, gratiis
consecraret; tres item posteriores... iisdem Personis seorsim singulis orandis
impendebat, ut facultatem sibi praestarent, ita ut oporteret, proximo
consequenti die Dominico, caelestis convivii ineundi». e:10.0pt'>CEPARIUS, Bollandiana, die 21
iunii.
12 Non parla qui S. Bernardo della
comunione, ma in genere della necessità della vigilanza e della penitenza, in
ciò che riguarda i peccati veniali. «Pedes, qui sunt animae affectiones, dum in
hoc pulvere gradimur, ex toto mundi esse non possunt, quin aliquando vanitati,
aliquando voluptati aut curiositati, plus quam oporteret, cedat animus vel ad
horam: In multis enim offendimus omnes
(Iac. III, 2). - Verumtamen haec nemo contemnat aut parvipendat... Nemo,
inquam, perniciosa securitate dormitet.... quoniam, ut audivit Petrus, ab ipso,
nisi laverit ea Christus, non habebimus partem cum eo. Nec ideo tamen pro eis
necesse est nimis esse sollicitos; ignoscet facile, imo et libenter, si modo
nos agnoscamus. In huiusmodi namque, quasi inevitabilibus, et negligentia
culpabilis est, et timor immoderatus.» S. BERNARDUS, Sermo in Coena Domini, n. 4, 5. ML 183-274.
13 «Un'altra volta, in giorno tale
(Venerdì Santo), dovendosi comunicare, mentre ch'ella pregava il Signore che si
degnasse d'apparecchiarla a ricevere la comunione degnamente, egli le rispose
di questa maniera: «Io con tanto desiderio m'affretto per venire a te, quanto
farei s'egli non fosse nelle mie mani di potermi a mia voglia raffrenare, e di
già ha adunato nel mio seno tutto quel bene che... nella memoria della mia
Passione s'è fatto oggi nella Chiesa, per donare il tutto a te, insieme col mio Corpo nel Sacramento, che ti
riceverai questa mattina a tua salute eterna.»... Ella gli rispose: «E con
quale maniera di degnità potrò io mai venire verso di te, degnandoti tu di
venire a me così largamente?» A cui egli disse: «Io non voglio alcun'altra cosa
da te, se non che libera da tutte l'altre cose tu mi venghi a ricevere...» Lanspergio, La Vita di SANCTA GERTRUDA, ridotta in cinque libri:
lib. 4, cap. 26. Venezia, 1710, pag. 191.
14 «Esuries in
primis necessaria nobis est, si tantis quaerimus impleri bonis (cioè fructibus
huius Sacramenti).» Io. GERSONIUS, Collectorium super «Magnificat», Tractatus
9, De Eucharistia, Prima partitio. Opera, Antverpiae, 1796, IV, col. 405.
15 Luc. I, 53.
16 «Essendo dunque questi due
avvenimenti (cioè l'Incarnazione e il Giudizio) sì grandi, non si deve reputar
da manco il terzo, il quale importando la venuta di Dio all'anima, è ben dovere
che ne ponga in gran maraviglia, considerando chi viene, a chi viene e perché
viene... Prepariamogli interiormente la stanza, aprendogli il seno di tutti i
nostri desiderii. Egli nella Scrittura si chiama il Desiderato da tutte le
genti; né vuol venire se non dove è desiderato; e non solo desiderato, ma
chiamato ancora e pregato.» B. GIOVANNI AVILA, Lettere spirituali, parte 2, lettera 22, Roma, 1669, pag. 372, 375.
17 «Svegliandosi una notte dal
sonno questa sposa di Cristo, e salutando con tutto il suo cuore il Signore,
vidde quello che dal palazzo del cielo a lei veniva, e applicava il suo divin
Cuore al cuore dell'anima, dicendole: «Niuna ape giammai si getta tanto
avidamente ne' verdeggianti prati per eleggere i dolci fiori, siccome sono parato
di venire all'anima tua, quando mi chiami.» Libro
della spiritual grazia delle rivelazioni e visioni della B. METILDE Vergine...
raccolto dal R. P. F. Gio. Lanspergio, lib.
2, cap. 4. Venezia, 1710, pag. 59, col. 2.
18
«Votre grande intention en la communion doit être de vous avancer,
fortifier et consoler en l'amour de Dieu; car vous devez recevoir pour l'amour
ce que le seul amour vous fait donner.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie dévote, seconde
partie, ch. 21.
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