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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO I
«Iustorum animae in manu Dei sunt».2 Se Dio tiene strette nelle sue mani l'anime de' giusti, chi mai potrà strapparle dalle sue mani? È vero che l'inferno non lascia di tentare e d'insultare anche i Santi nella loro morte, ma Dio non lascia di assisterli e di accrescere gli aiuti a' servi suoi fedeli, dove cresce il loro pericolo: «Ibi plus auxilii, ubi plus periculi; quia Deus adiutor est in opportunitatibus»,3 dice S. Ambrogio (ad Ios. c. 5).4 Quando il servo d'Eliseo vide la città circondata da' nemici, restò atterrito; ma il Santo gli fece animo dicendo: «Noli timere, plures enim nobiscum sunt, quam cum illis» (4. Reg. 6. 16). E poi gli fe' vedere un esercito d'Angeli mandati da Dio in difesa. Verrà sì bene il demonio a tentare, ma verrà anche l'Angelo Custode a confortare il moribondo: verranno i SS. Avvocati: verrà S. Michele, ch'è destinato da Dio a difendere i servi fedeli nell'ultimo contrasto coll'inferno; verrà la divina Madre a discacciare i nemici, con ponere5 il suo divoto sotto il suo manto: verrà sopra tutti Gesu-Cristo a custodire dalle tentazioni quella sua pecorella innocente, o penitente, per cui salvare ha data la vita: Egli le darà la confidenza e la forza, che in tal combattimento le bisognano, ond'ella tutta coraggio dirà: «Dominus factus est adiutor meus» (Ps. 29. 11). «Dominus illuminatio mea, et salus mea, quem timebo? «(Psal. 26. 1). Preme più a Dio, dice Origene,6 la nostra salvezza, che non preme al demonio la nostra perdizione;
perché assai più ci ama Dio, che non ci odia il demonio: «Maior illi cura est, ut nos ad salutem pertrahat, quam diabolo, ut nos ad damnationem impellat» (Hom. 20. in lib. Num.).
Dio è fedele, dice l'Apostolo, non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: «Fidelis Deus non patietur vos tentari supra id quod potestis» (1. Cor 10. 13). Ma direte: Molti Santi son morti con gran timore della loro salute. Rispondo: pochi sono gli esempi, che si leggono di questi tali, che han menata buona vita e poi son morti con questo timore. Dice il Belluacense7 che il Signore ciò lo permette in alcuni, per purgarli in morte di qualche loro difetto: «Iusti quandoque dure moriendo purgantur in hoc mundo» Del resto di quasi tutt'i Servi di Dio leggesi che son morti col riso in bocca. A tutti dà timore in morte il divino giudizio, ma dove i peccatori dal timore passano alla disperazione, i Santi dal timore passano alla confidenza. Temea S. Bernardo stando infermo,8 come narra S. Antonino,9 ed era tentato di diffidenza; ma pensando a i meriti di Gesu-Cristo, discacciava ogni timore dicendo: «Vulnera tua, merita mea». Temea S. Ilarione,10 ma lieto poi
disse: «Egredere, anima mea, quid times? Septuaginta prope annis servisti Christo, et mortem times?» E voleva dire: Anima mia, che temi, avendo servito ad un Dio, ch'è fedele, e non sa abbandonare chi gli è stato fedele in vita? Il P. Giuseppe Scamacca della Compagnia di Gesù,11 dimandato se moriva con confidenza, rispose: E che ho servito a Maometto, ch'io abbia ora a dubitare della bontà del mio Dio, che non mi voglia salvare?
Se mai in morte ci tormenterà il pensiero di aver offeso Dio in qualche tempo, sappiamo che il Signore si è protestato di scordarsi de' peccati de' penitenti: «Si impius egerit poenitentiam, omnium iniquitatum eius non recordabor» (Ezech. 18).12 Ma, dirà taluno, come possiamo star sicuri che Dio ci abbia perdonati? Ciò dimanda anche S. Basilio:13 «Quomodo certo persuasus esse quis potest, quod Deus ei peccata dimiserit?» E risponde: «Nimirum si dicat: iniquitatem odio habui, et abominatus sum» (In Reg. inter. 12). Chi odia il peccato, può star sicuro che Dio l'ha già perdonato. Il cuore dell'uomo non può star senz'amare: o ama le creature o ama Dio; se non ama le creature, dunque ama Dio.14 E ama Dio, chi osserva i precetti: «Qui habet praecepta mea, et servat ea, ille est qui diligit me» (Io. cap. 14).15 Chi muore dunque nell'osservanza de' precetti, muore amando Dio; e chi ama Dio, non teme: «Caritas mittit foras timorem» (1. Io. 4. 18).16
Affetti e preghiere
Ah Gesù mio, quando sarà quel giorno ch'io vi possa dire: Mio Dio, non vi posso perdere più? Quando sarà che vi vedrò da faccia a faccia, e starò sicuro d'amarvi con tutte le mie forze per tutta l'eternità? Ah mio sommo bene, unico amor mio, sino che vivo, sempre avrò da stare in pericolo di offendervi e di perdere la bella grazia vostra! Vi è stato un tempo infelice, nel quale io non v'amava e disprezzava il vostro amore, ora me ne pento con tutta l'anima, e spero che già mi abbiate perdonato; ed ora vi amo con tutto il mio cuore, e desidero di far quanto posso per amarvi e darvi gusto. Ma sto ancora nel pericolo di negarvi il mio amore e di ritornare a voltarvi le spalle. Ah Gesù mio, mia vita, mio tesoro, non lo permettete. Se mai avesse a succedermi questa somma disgrazia, fatemi in questo punto morire colla morte più dura che volete; io me ne contento, e ve ne prego. Padre Eterno, per amore di Gesu-Cristo non mi abbandonate a questa gran ruina. Castigatemi come volete; io lo merito e l'accetto; ma liberatemi dal castigo di vedermi privo della vostra grazia e del vostro amore. Gesù mio, raccomandatemi al vostro Padre.
Maria Madre mia, raccomandatemi al vostro Figlio, ottenetemi la perseveranza nella sua amicizia e la grazia d'amarlo, e che poi ne faccia di me quello che vuole.
quid times? egredere, anima mea, quid dubitas? septuaginta prope annis servisti Christo, et mortem times?» Cfr. HIER., Vita S. Hilarionis, n. 45; PL 23, 52.