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S. Alfonso Maria de Liguori
Vittorie dei Martiri

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§. 1. Virtù esercitate da' santi martiri ne' combattimenti avuti coi loro persecutori.

2. Non ha dubbio che i martiri conseguirono le loro corone principalmente per virtù della grazia donata da Gesù Cristo, che gli avvalorò a disprezzare tutte le promesse e le minacce de' tiranni, ed a sostenere i tormenti, sino a consumar tra quelli il sacrificio delle loro vite. Sicché tutti i loro meriti, come scrive s. Agostino, furono doni della grazia che Dio lor compartì per sua bontà. Ma è certo ancora e di fede che i santi martiri ben anche cooperarono dalla loro parte alla grazia in ottener la vittoria, contro quel che han bestemmiato gli empj novatori, dicendo che tutte le colpe de' malvagi e tutte le opere buone de' santi son fatte per necessità. Ma gli smentisce il medesimo s. Agostino, scrivendo che, se ciò fosse vero, niuna mercede o pena sarebbe giusta: Sive autem iniquitas, sive iustitia, si in potestate non esset, nullum praemium, nulla poena iusta esset 1.

3. Grandi dunque furono i meriti de' martiri, perché grandi ed eroiche furono le virtù che esercitarono nel loro martirio; e queste brevemente qui descriveremo; affin d'imitarle nelle tribolazioni che incontriamo nella presente vita. Primieramente i santi martiri stavano ben attaccati a tutti i dogmi che insegna la religion cristiana. Ne' primi secoli della chiesa due erano le false religioni che principalmente faceano guerra alla nostra religion cristiana: quella dei gentili e quella de' giudei. Quella dei gentili, che adorava più dei, da se stessa palesavasi per falsa; perché sotto il dominio di diversi sovrani il mondo non avrebbe potuto conservarsi con quell'ordine così regolato e così stabile con cui da tanti secoli sin oggi conservato lo vediamo. Ciò è chiaro per la stessa ragion naturale: Omne regnum in seipsum divisum desolabitur 2. Oltreché le stesse parole predicate da' sacerdoti idolatri dimostravano chiaramente la falsità delle loro deità, descrivendo tali dei pieni di passioni e di vizj nelle loro azioni. E questo era quel rimprovero che faceano a' tiranni i santi martiri, allorché gli esortavano a sacrificare a' loro idoli: come possiamo noi, diceano, adorare i vostri dei, se essi invece di dare a noi esempj di


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virtù, non ci han dati se non esempj di vizj?

4. La religione poi de' giudei, benché un tempo sia stata santa e rivelata da Dio, nondimeno in quei tempi era evidentemente riprovata e falsa. Poiché nelle stesse scritture ch'essi aveano da Dio ricevute, e avean con tanta cautela serbate ed a noi tramandate, stava scritto e predetto che in un certo tempo dovea venire in terra il Figliuolo di Dio a farsi uomo e morire per la salute del mondo, e che gli stessi giudei aveano a farlo morir crocifisso, come già fecero; ed in castigo poi di questa empietà doveano esser discacciati dal proprio regno, e restando privati di re, di tempio e di patria, avean da gire dispersi e raminghi per tutta la terra, odiati ed abborriti da tutte la nazioni. Le quali cose dopo la morte del Salvatore si vedeano già distintamente tutte avverate come stavano predette.

5. Quel che rendea più certa poi la verità della nostra fede era la conversione del nuovo popolo de' gentili che si vedea già predetta nelle stesse divine scritture, e che vedeasi già verificata sin dal tempo in cui gli apostoli eransi sparsi per la terra a promulgare la nuova legge predicata da Gesù Cristo. Nel che appariva protetta evidentemente da Dio la cristiana religione; altrimenti, senza la divina mano, come avrebbero potuto quei poveri pescatori o pubblicani, quali erano gli apostoli, uomini senza lettere, senza danari e senza potenti protettori, anzi perseguitati dai magistrati e dagl'imperatori, indurre tanti cristiani a rinunziare a tutte le loro robe ed onori, ed a dare con coraggio la vita fra i tormenti più fieri che inventar sapea la potenza e la crudeltà de' tiranni?

6. La maggior maraviglia poi fu nel vedere abbracciata da tanti gentili una religione difficile a credersi e difficile a praticarsi. Difficile a credersi per parte dell'intelletto; poiché ella insegnava misteri che superano la nostra ragione, come la Trinità di un solo Dio in tre distinte persone, le quali hanno una sola natura, una potenza ed una volontà; il mistero dell'Incarnazione del Figliuolo di Dio venuto a morire in terra per la salute degli uomini; oltre molti altri articoli del peccato originale, della spiritualità ed immortalità dell'anima, de' santi sacramenti e specialmente del sacramento dell'eucaristia. Difficile poi a praticarsi per parte della volontà; poiché ella comandava cose tutte opposte alle inclinazioni della natura corrotta dal peccato e ripugnanti al libertinaggio praticato dagl'infedeli, ch'erano usati a secondar le loro passioni ed i piaceri dei sensi: e ciò non ostante si vide abbracciata la religion cristiana da tante nazioni. Da questo consenso delle nazioni s. Agostino argomentava la verità della nostra chiesa; mentre dicea che, se non avesse Iddio colla sua potente grazia illuminati tanti popoli culti e barbari, dotti e rozzi, nobili e plebei, ch'erano tutti ciechi e immersi nelle superstizioni del paese, educati ed imbevuti di massime tutte contrarie alla santità della fede, come avrebbero potuto abbracciarla?

7. Oltre poi la divina illuminazione, molti erano gli eccitativi alle genti ad abbracciare, ed a stare fermi nella cristiana religione. Molto in ciò cooperarono i miracoli; poiché sin dalla


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predicazione degli apostoli il Signore faceva abbondare i miracoli in testimonio della fede, come scrive s. Marco 1: Praedicaverunt ubique, Domino cooperante, et sermonem confirmante, sequentibus signis. Certamente i gran miracoli che furono adoperati per mezzo degli apostoli e de' loro discepoli, molto cooperarono alla conversione del mondo. In vano poi gridavano gl'idolatri che quei prodigj eran fatti per arte magica; mentre ognuno ben intendea che Dio non avrebbe mai potuto permetterli, se quelli avessero dovuto servire ad approvare le opere diaboliche, o altra falsa religione. Onde la prova dei miracoli era una prova divina troppo sicura, colla quale il Signore confermava la religion cristiana e la fede de' credenti.

8. Di più era avvalorata la fede dalla costanza de' martiri di ogni sesso, età e condizione, uomini, donne, vecchi, fanciulli, nobili, plebei, ricchi, poveri, dotti, ignoranti, maritati e vergini; dal veder costoro rinunziare alle patrie, ai parenti, alle dignità ed a tutti i loro averi e fortune, per abbracciarsi co' flagelli, cogli eculei, colle graticole infuocate e colle morti più orribili, e non solo con fortezza, ma con giubilo e ringraziamenti a Dio, chi li facea patire e morire per amor suo. Confessava s. Giustino martire che questa costanza de' martiri gli era stato un grande incitamento ad abbracciar la fede cristiana.

9. Dava inoltre grande animo ai martiri per soffrire ogni pena il desiderio di presto giungere a conseguir le promesse fatte da Gesù Cristo a' suoi fedeli: Beati estis cum maledixerint vobis, et persecuti vos fuerint... gaudete et exultate, quoniam merces vestra copiosa est in coelis 2. Omnis ergo qui confitebitur me coram hominibus, confitebor et ego eum coram Patre meo qui in coelis est 3.

10. Ma sovra tutto quel che dava maggior coraggio e desiderio di morire a' santi martiri era l'amore ardente che portavano a Gesù Cristo, re de' martiri (come lo chiama s. Agostino), il quale ha voluto morir di dolore e desolato su d'una croce per l'amore che ci ha portato, come ce ne assicura s. Paolo: Dilexit nos, et tradidit semetipsum pro nobis 4. Or questo amore li faceva andar con allegrezza a patire e morire per Gesù Cristo, in modo che, non contenti delle pene che soffrivano, pregavano ed insultavano i carnefici ed i tiranni onde accrescessero loro i tormenti, affine di così dimostrarsi più grati verso un Dio morto per loro amore.

11. Quindi avvenne, come scrisse s. Giustino martire, che fra tre secoli si riempì la terra di cristiani e di martiri; onde scrisse poi il santo nel dialogo con Trifone 5: Non vi è nazione greca o barbara, in cui non si offeriscano preghiere ed azioni di grazie al creatore dell'universo per nome di Gesù Cristo. Parimente s. Ireneo attesta 6, che a' suoi tempi la fede di Gesù Cristo era sparsa per tutto il globo della terra. Plinio nella sua celebre lettera all'imperator Traiano scrisse che la fede cristiana erasi dilatata a segno, che i templi degli dei si trovavano abbandonati, e non vedeasi più offerir vittime agli idoli. Di più Tiberiano scrisse allo stesso Traiano che non conveniva dar morte a tutti i cristiani, poiché il numero


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di quelli che desideravano il morir per Gesù Cristo era innumerabile.

12. Onde diceva poi Clemente Alessandrino, che se Dio non fosse stato quegli che avesse sostenuta la fede de' cristiani, come mai avrebb'ella potuto sussistere contro la forza di tanti filosofi che cercarono di oscurarla co' loro sofismi, e contro la violenza di tanti re ed imperatori, che colla loro potenza si affaticarono ad atterrarla? Ma la fede invece di mancare colle morti de' martiri, più crebbe, come scrisse Tertulliano 1: Cresce il nostro numero, qualora siamo da voi decimati; il sangue de' cristiani è una specie di semenza. Dicea semenza, perché il sangue de' martiri era quello che moltiplicava i fedeli. Quindi si vantava Tertulliano, e lo rimproverava a' tiranni ch'essi sforzavansi ad estinguere i cristiani, ma che di cristiani vedeansi già ripiene le piazze, il foro e il senato. Scrisse parimente Origene 2: È certamente cosa degna da osservarsi come in sì breve tempo co' martirj e colle morti siasi aumentata la cristiana repubblica... talmente che i greci ed i barbari, i sapienti e gli ignoranti volentieri l'abbracciano; dal che evidentemente si conclude che ciò avviene per forza superiore all'umana.

13. Già sino da due secoli indietro dicea Tertulliano che tutte le genti (universae gentes) aveano abbracciata la fede di Gesù Cristo, e nominava «i parti, i medi, gli elamiti, gli abitanti della Mesopotamia, dell'Armenia, della Frigia, della Cappadocia, del Ponto, dell'Asia, della Panfilia, dell'Egitto, della Cirenaica, della Palestina, i getuli, più confini de' mauri, tutte le Spagne, più nazioni delle Gallie, la Bretagna, i sarmati, i daci, gli sciti e molte nazioni, province ed isole rimote 3». Arnobio morto cento anni dopo Tertulliano 4 nominò ben anche tra i convertiti alla fede, «gl'indiani, i serj, i persiani, i medi, l'Arabia, la Siria, la Galazia, l'Acaia, la Macedonia, l'Epiro, le isole e provincie tutte ove nasce e tramonta il sole», oltre le altre regioni nominate da Tertulliano. S. Atanasio un mezzo secolo dopo aggiungeva, scrivendo all'imperator Gioviniano 5: «Sappiate che questa fede è predicata dal principio, riconosciuta da' padri del concilio niceno e seguita da tutte le chiese del mondo in Ispagna, in Inghilterra, nelle Gallie, in tutta l'Italia, nella Dalmazia, nella Dacia, nella Misia, nella Macedonia, in tutta la Grecia, in tutta l'Africa, in Sardegna, in Cipro, in Creta, nella Panfilia; nella Licia, nella Isauria, nell'Egitto, nella Libia, nel Ponto, nella Cappadocia. Bisogna aggiungervi tutte le chiese vicine, come anche quelle dell'Oriente, trattone un picciol numero del partito ariano».

14. Sicché in fine delle dieci persecuzioni de' romani imperatori, che regnarono per lo spazio di dugento anni, cominciando da quella di Nerone, si trovò che la maggior parte degli uomini, avendo abbandonate le false deità, aveano abbracciata la fede cristiana: atteso che dopo tanti combattimenti e tempeste, Iddio si degnò di dar la pace alla chiesa per mezzo del gran Costantino, il quale, avendo vinto prima Massenzio e poi Licinio, colla mano del Signore che lo prosperava, giacché, secondo narra Eusebio, ne' campi, ovunque appariva il


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Labarum (cioè il segno della croce), i nemici, o fuggivano o si rendeano, e stabilita che fu la pace, vietò a' gentili che più si sacrificasse agl'idoli ed ordinò che si fabbricassero magnifici templi in onore di Gesù Cristo. Ed oh come allora comparve bella e gloriosa la chiesa! Quanto di onore e di aumento acquistò! E quanta fu la gioia de' fedeli! Cessarono allora tutte le nere calunnie che gl'idolatri avevano loro apposte. Si videro in quel tempo città e popoli intieri convertiti alla fede, che abbatteano da loro stessi gl'idoli e i templi antichi ed alzavano nuovi altari al vero Dio. Ma lo zelo del grande imperator Costantino non si restrinse al solo imperio; cercò egli di propagar la religione nella Persia ed in altre barbare nazioni, alle quali, dopo averle vinte, non accordava la pace se non sotto la condizione di rendersi cristiane. Tutto può leggersi in Eusebio 1.

15. È vero che gli eretici hanno poi dato da quando in quando un notabil guasto alla chiesa; ma non è abbreviata la mano del Signore. Narransi da buoni scrittori anche fra questi ultimi tempi molti acquisti nuovi fatti dalla chiesa, così di eretici, come di pagani. Un autore molto erudito scrive che da non molto tempo in Transilvania si sono convertiti diecimila ariani. Negli stati del re di Prussia si sono erette nuove chiese. In Danimarca si è data a tutti la libertà di abbracciar la nostra religione cattolica. Scrive che sono riuscite felici le missioni ne' regni d'Inghilterra; inoltre di aver saputo da personaggi di conto che in Oriente e propriamente nella sola città di Aleppo in Soria quarantamila eretici armeni, melchiti e soriani si sono uniti alla comunione romana; e che di loro ogni giorno così nella Soria, come nella Palestina e nell'Egitto si fanno acquisti nuovi e copiosi; che nella Caldea son cresciuti i cattolici a' nostri giorni di molte migliaia: che alcuni vescovi nestoriani ne' prossimi anni si sono a noi uniti: di più che in questo secolo si è convertito un buon numero di gentili nelle Indie e nella China.

16. Ma ritorniamo al nostro intento de' martiri. Già a tempo di Costantino erano ascesi al cielo molti milioni di martiri. Fanno il conto gli autori che il numero de' martiri che lasciaron la vita ne' tormenti per la fede giunse al calcolo in circa di undici milioni; sì che, fatta la distribuzione, vengono a numerarsi trentamila martiri per ciascun giorno.

17. Oh la bella raccolta di santi martiri che fece allora il paradiso! Ma oh Dio qual sarà nel giorno finale del giudizio la confusione de' tiranni e di tutti i persecutori della fede, alla veduta de' martiri da essi un tempo così scherniti e straziati, allorché quelli compariranno gloriosi, esaltando la grandezza di Dio colle lodi, ed armati di spade per vendicarsi di tante ingiurie e crudeltà da lor ricevute, come predisse Davide 2: Exaltationes Dei in gutture eorum et gladii ancipites in manibus eorum. Ad faciendam vindictam in nationibus: increpationes in populis. Ad alligandos reges eorum in compedibus et nobiles eorum in manicis ferreis. Sì, perché allora per la potestà giudiziaria donata già da Dio ai martiri, essi condanneranno i Neroni, i Domiziani e tutti i loro nemici ad essere


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gittati a piangere eternamente nel profondo dell'inferno, giusta quel che si legge in s. Matteo 1: Ligatis manibus et pedibus, mittite in tenebras exteriores, ibi erit fletus et stridor dentium.

18. Ed insieme oimè qual sarà in quel giorno di giustizia la disperazione di tanti cristiani morti in peccato, in veder tanti martiri che per non perdere Dio hanno eletto di essere spogliati di tutto, e di soffrire i tormenti più fieri e le morti più crudeli che la crudeltà de' tiranni ha saputo inventare; ed essi per non cedere ad un vano punto d'onore, o per guadagnare un vile interesse, o per non astenersi da un sozzo piacere, han disprezzata la divina grazia e perciò si son perduti in eterno!




1 Lib. 12. contra Faust. c. 78.



2 Luc. 11. 17.

1 Cap. 16. v. 20.



2 Matth. 5. 11. et 12.



3 Idem. 10. 32.



4 Eph. 5. 2.



5 Num. 42.



6 L. contra Haeres. c. 10.

1 Apol. c. 51.



2 L. 4. de Princip. t. 1. c. 1.



3 Tert. Apol. 1. et. 37. et ad Scap. 2.



4 Lib. 2.



5 Lib. 1. de Incar.

1 Vita Const. et Socr. l. 1. c. 18.



2 Psal. 149. v. 6.

1 Cap. 22. v. 13.




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