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S. Alfonso Maria de Liguori
Glorie di Maria

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Parte prima

CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.

§ 1. - Quanta dee esser la nostra confidenza in Maria, per esser ella regina della misericordia.

Poiché la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser madre del Re de' regi, con giusta ragione la S. Chiesa l'onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di regina. Se il figlio é re, dice sant'Atanasio (Serm. de Deip.), giustamente la madre dee stimarsi e nominarsi regina: Si ipse rex est qui natus est de Virgine, mater quae eum genuit, regina et domina proprie ac vere censetur.1 Sin da che Maria, soggiunge S. Bernardino da Siena, diede il suo consenso in accettare d'esser madre del Verbo eterno, sin d'allora meritò di esser fatta la regina del mondo e di tutte le creature: Haec autem Virgo in illo consensu meruit primatum orbis, dominium mundi, sceptrum regni super creaturas (Tom. II, s. 51).2 Se la carne di Maria, discorre S. Arnoldo abbate, non fu divisa da quella di Gesù, come poi dalla monarchia del figlio può esser separata la madre? Neque a dominatione Filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro. Ond'è che dee giudicarsi la gloria del regno non solo esser comune tra la madre e 'l Figlio,


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ma ben anche la stessa: Filii gloriam cum matre non tam communem iudico, quam eamdem (S. Arn., de Laud. Virg.).3

E se Gesù è re dell'universo, dell'universo ancora è regina Maria. Regina constituta, totum iure possidet Filii regnum (Ruperto abbate).4 Sicché, dice S. Bernardino da Siena, quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacche gli angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'impero di Dio, son anche soggette al dominio della Vergine: Tot creaturae serviunt gloriosae Virgini, quot serviunt Trinitati; omnes namque creaturae, sive angeli, sive homines, et omnia quae sunt in caelo et in terra, quia omnia sunt divino imperio subiecta, gloriosae Virgini sunt subiectae (To. II, cap. 61).5 Quindi rivolto alla divina Madre Guerrico abbate, così le parla: Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui, fiducialiter age tamquam regina, mater regis et sponsa; tibi debetur regnum et potestas:6 Siegui dunque, o Maria, siegui sicura a dominare, disponi pure ad arbitrio de' beni del tuo Figlio, mentr'essendo madre e sposa del re del mondo, si dee a te, come regina, il regno e 'l dominio sopra tutte le creature.

Regina dunque è Maria; ma sappia ognuno, per comun consolazione, ch'ella è una regina tutta dolce, clemente, ed inclinata


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al bene di noi miserabili. Perciò la santa Chiesa vuole che noi la salutiamo in questa orazione e la chiamiamo Regina della misericordia. Il nome stesso di regina, come considera il B. Alberto Magno, significa pietà e provvidenza verso de' poveri; a differenza del nome d'imperatrice, che significa severità e rigore.7 La magnificenza dei re e delle regine consiste nel sollevare i miserabili, dice Seneca: Hoc reges habent magnificum, prodesse miseris.8 Sicché dove i tiranni nel regnare han per fine il proprio bene, i regi debbono aver per fine il bene de' vassalli. Ond'è, che nella consagrazione de' re si ungono le loro teste con olio, simbolo di misericordia, per dinotare ch'essi in regnando debbono sopra tutto nudrire pensieri di pietà e beneficenza verso de' sudditi.

Debbono dunque i regi principalmente impiegarsi nelle opere di misericordia; ma non talmente che si dimentichino di usar la giustizia verso de' rei, quando si dee. Non così Maria, la quale, benché regina, nulladimeno non è regina della giustizia, intenta al castigo de' malfattori, ma regina della misericordia, intenta solo alla pietà ed al perdono de' peccatori. E perciò la Chiesa vuole che espressamente la chiamiamo regina della misericordia. Considerando il gran cancelliere di Parigi Giovan Gersone le parole di Davide: Duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12), dice che, consistendo il regno di Dio nella giustizia e nella misericordia, il Signor l'ha diviso: il regno della giustizia se l'ha riserbato per sé, e 'l regno della misericordia l'ha ceduto a Maria, ordinando che tutte le misericordie che si dispensano agli uomini passino per mano di Maria, ed a suo arbitrio si dispensino. Ecco le parole di Gersone: Regnum Dei consistit in potestate et misericordia: potestate Deo remanente, cessit quodammodo misericordiae


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pars Matri regnanti (Pars III, tr. 4, sup. Magn.).9 E lo conferma S. Tommaso nella prefazione all'Epistole canoniche, dicendo che la S. Vergine, allorché concepì nel seno il divin Verbo e lo partorì, ottenne la metà del regno di Dio, con divenir ella la regina della misericordia, e restando Gesù Cristo re della giustizia: Quando Filium Dei in utero concepit, et postmodum peperit, dimidiam partem regni Dei impetravit, ut ipsa sit regina misericordiae, ut Christus est rex iustitiae.10

L'Eterno Padre costituì Gesù Cristo re di giustizia, e perciò lo fe' giudice universale del mondo; onde cantò il Profeta: Deus, iudicium tuum regi da, et iustitiam tuam filio regis (Ps. LXXI, 2). Qui ripiglia un dotto interprete, e dice: Signore, voi avete dato al vostro Figlio la giustizia, quia misericordiam tuam dedisti matri regis.11 Onde S. Bonaventura ben volta il


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suddetto passo di Davide con dire: Deus, iudicium tuum regi da, et misericordiam tuam Matri eius.12 Così parimente l'arcivescovo di Praga Ernesto dice che l'Eterno Padre ha dato al Figlio l'officio di giudicare e punire, ed alla Madre l'officio di compatire e sollevare i miserabili: Pater omne iudicium dedit Filio, et omne officium misericordiae dedit Matri.13 Che perciò predisse lo stesso profeta Davide che Dio stesso, per così dire, consacrò Maria per regina di misericordia ungendola con olio di allegrezza: Unxit te Deus... oleo laetitiae (Ps. XLIV, [8]). Acciocché tutti noi miseri figli di Adamo ci rallegrassimo in pensando di aver in cielo questa gran regina tutta piena d'unzione di misericordia e di pietà verso di noi, come dice S. Bonaventura: Maria plena unctione misericordiae et oleo pietatis, propterea unxit te Deus oleo laetitiae (S. Bon., in Spec., cap. 7).14

Ed a tal proposito quanto bene si applica dal B. Alberto Magno l'istoria della regina Ester, la quale fu già figura della nostra regina Maria.15 Si legge nel libro d'Ester al cap. IV che, regnando Assuero, usci ne' suoi regni un decreto, con cui si ordinava la morte di tutti i Giudei. Allora Mardocheo, che era uno de' condannati, raccomandò la lor salute ad Ester, acciocché si fosse interposta col re, affin di ottenere la rivocazione della sentenza. Sul principio Ester ricusò di fare quest'officio, temendo di sdegnare maggiormente Assuero. Ma la riprese Mardocheo, e le mandò a dire ch'ella non pensasse a salvare solo se stessa, mentre il Signore l'avea posta sul trono per ottenere a tutti i Giudei la salute: Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis Iudaeis (Esth. IV, 13). Così disse Mardocheo alla regina Ester, e così ancora


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possiamo dir noi poveri peccatori alla nostra regina Maria, se mai ella ripugnasse d'impetrarci da Dio la liberazione del castigo giustamente da noi meritato. Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis hominibus: Non pensate, Signora, che Dio vi abbia esaltata ad essere la regina del mondo solo per provvedere al vostro bene, ma acciocché ancora voi, fatta sì grande, possiate più compatire e meglio soccorrere noi miserabili.

Assuero, allorché vide Ester alla sua presenza, le domandò con amore che cosa fosse ella venuta a cercargli: Quae est petitio tua? Rispose allor la regina: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex, ... dona mihi... populum meum pro quo obsecro.16 Mio re, gli disse, se mai ho trovata grazia negli occhi tuoi, donami il popolo mio, per cui ti prego. Ed Assuero l'esaudì, subito ordinando che si rivocasse la sentenza.

Or se Assuero accordò ad Ester, perché l'amava, la salute de' Giudei, come Dio potrà non esaudire Maria, amandola egli immensamente, allorch'ella lo prega per li miseri peccatori che a lei si raccomandano, e gli dice: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex: Mio re e Dio, se mai ho trovato grazia appresso di voi - ma ben sa la divina Madre essere stata ella la benedetta, la beata, la sola fra tutti gli uomini a trovare la grazia dagli uomini perduta; ben sa esser ella la diletta del suo Signore, amata più che tutti i santi ed angeli insieme - dona mihi popolum meum, pro quo obsecro. Se mai mi ami, gli dice, donami, Signore, questi peccatori per cui ti supplico. È possibile che Dio non l'esaudisca? E chi non sa la forza che hanno appresso Dio le preghiere di Maria? Lex clementiae in lingua eius (Prov. XXXI, [26]). Ogni sua preghiera è come una legge stabilita dal Signore, che s'usi misericordia a tutti coloro, per cui intercede Maria.

Domanda S. Bernardo, perché la Chiesa nomina Maria Regina di misericordia? E risponde, perché noi crediamo ch'ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; si che non vi è peccatore, per enorme che sia, il quale si perda, se Maria lo protegge: Quod divinae pietatis abyssum cui vult, quando vult, et quomodo vult, creditur aperire; ut nemo tam enormis peccator pereat,


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cui Sancta sanctorum patrocinii suffragia praestat (S. Bern., in Salve Reg.).17

Ma forse poi possiamo noi temere che Maria sdegni d'interporsi per alcun peccatore, perché lo vegga troppo carico di peccati? O forse ci dee atterrire la maestà e la santità di questa gran regina? No, dice S. Gregorio, quanto ella è più alta e più santa, tanto è più dolce e pietosa co' peccatori, che vogliono emendarsi e a lei ricorrono: Maria quanto altior et sanctior, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores (Lib. I, ep. 47).18 - I re e le regine colla maestà che ostentano danno terrore, e fan che i sudditi temano di andare alla loro presenza. Ma che timore, dice S. Bernardo, possono avere i miserabili di andare a questa regina della misericordia, poich'ella niente a conoscere di terribile o d'austero a chi va a ritrovarla, ma si dimostra tutta dolcezza e cortesia? Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile; tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam (Super Sign. Magn.).19 Maria non solo dona, ma ella stessa offerisce a tutti noi latte e lana: latte di misericordia


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per animarci alla confidenza, e lana di rifugio per ripararci da' fulmini della divina giustizia.

Narra Svetonio di Tito imperatore che egli non sapea negare alcuna grazia a chiunque gliela domandava; anzi che alle volte esso prometteva più di quello che poteva attendere, e rispondeva a chi di ciò l'ammoniva, che 'l principe non doveva mandare scontento niuno di coloro che avesse già ammesso a parlargli.20 Tito così diceva; ma in fatti poi spesso forse o mentiva o mancava alle promesse. Ma la nostra regina non può mentire, e può ottener quanto vuole a' suoi divoti. Ella poi ha un cuore così benigno e pietoso, che non può soffrire di mandare scontento chiunque la prega: Ita benigna est, dice Lud. Blosio (l. IV, c. 12), ut neminem tristem redire sinat.21 - Ma come, le parla S. Bernardo, voi potreste, o Maria, ricusare di soccorrere i miserabili, quando voi siete la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu es regina misericordiae, et qui subditi misericordiae, nisi miseri? Tu regina misericordiae, et ego miserrimus peccator, subditorum maximus. Rege nos ergo, o regina misericordiae (In Salv. Reg.).22 Voi siete la regina della


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misericordia, ed io il peccatore più misero di tutti: dunque s'io sono il più grande de' vostri sudditi, voi dovete aver più cura di me che di tutti gli altri. Abbiate dunque pietà di noi, o regina della misericordia, e pensate a salvarci.

Né ci state a dire, o Vergine sacrosanta, par che le soggiunga S. Gregorio Nicomediense, che non potete aiutarci per la moltitudine de' nostri peccati, perché voi avete una tal potenza e pietà, che niun numero di colpe può mai superarle: Habes vires insuperabiles, ne clementiam tuam superet multitudo peccatorum. Nihil tuae resistet potentiae; tuam enim gloriam Creator existimat esse propriam (Or. de exitu B.V.):23 Niente resiste alla vostra potenza, poiché il vostro e comun Creatore, onorando voi che gli siete madre, stima come sua la gloria vostra. Et Filius in ea exsultans, quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas. E vuol dire che sebbene Maria ha un infinito obbligo al Figlio per averla destinata sua madre, nulladimanco non può negarsi che anche il Figlio è molto obbligato a questa Madre per avergli dato l'essere umano; onde Gesù, quasi per ricompensare quanto dee a Maria, godendo della sua gloria, l'onora specialmente con esaudire sempre e tutte le sue preghiere.

Quanta dunque dee esser la nostra confidenza in questa Regina, sapendo quanto ella è potente con Dio, ed all'incontro


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è ricca e piena di misericordia, in modo che non vi è persona che viva sulla terra, e non sia partecipe della pietà e de' favori di Maria. Così rivelò la stessa beata Vergine a S. Brigida (Rev. lib. I, cap. 6). Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Né vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia; poiché ciascuno, se altro non ricevesse per la mia intercessione, riceve la grazia di esser meno tentato da' demoni di quel che altrimenti sarebbe: Ego regina caeli, ego mater misericordiae: ego iustorum gaudium, et aditus peccatorum ad Deum. Nullus est adeo maledictus, qui quamdiu vivit careat misericordia mea; quia propter me levius tentatur a daemonibus, quam alias tentaretur.24 Niuno poi, soggiunse, purché non sia stato affatto maledetto - cioè s'intende colla finale e irrevocabil maledizione che si a' dannati - niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocata in suo aiuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia: Nullus est ita abiectus a Deo, nisi fuerit omnino maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum et habiturus sit misericordiam.25 Io sono chiamata da tutti la madre della misericordia, e veramente la misericordia di Dio verso gli uomini mi ha fatta così misericordiosa verso di loro: Ego vocor ab omnibus mater misericordiae, et vere misericordia illius misericordem me fecit. E poi concluse dicendo: Ideo miser erit, qui ad misericordem, cum possit, non accedit:26 Perciò sarà misero e misero per sempre nell'altra vita chi in questa potendo ricorrere a me, che sono così pietosa con tutti e tanto desidero di aiutare i peccatori, misero non ricorre e si danna.

Ricorriamo dunque, ma ricorriamo sempre a' piedi di questa dolcissima regina, se vogliamo sicuramente salvarci; e se ci spaventa e ci disanima la vista de' nostri peccati, intendiamo


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che Maria a tal fine è stata fatta regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano. Questi hanno da essere la sua corona in cielo, secondo le disse il suo divino sposo: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni, coronaberis... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. IV).27 E chi mai sono questi covili di fiere e mostri, se non i miseri peccatori, l'anime de' quali diventano covili di peccati, mostri i più deformi che possano trovarsi? Or di questi miserabili peccatori appunto, come commenta Ruperto abbate, salvati per vostro mezzo, o gran regina Maria, sarete poi coronata in paradiso: giacché la loro salute sarà la corona vostra; corona ben degna e propria d'una regina della misericordia: De talium leonum cubiculis tu coronaberis. Eorum salus corona tua erit (Rup., Vid. l. 3, in Cant.).28

E a tal proposito leggasi il seguente esempio.

Esempio..

Narrasi nella Vita di Suor Caterina di S. Agostino che nel luogo dove stava questa serva del Signore, vi stava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù fu peccatrice, e


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ridotta poi alla vecchiezza seguiva ostinatamente ad essere perversa; tantoché discacciata da' cittadini, e confinata a vivere in una grotta fuor del suo paese, ivi morì mezza fracida, abbandonata da tutti e senza sacramenti, e perciò fu sepolta in campagna come bestia. E Suor Caterina, la quale solea con grande affetto raccomandare a Dio tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, dopo aver saputa la morte disgraziata di questa povera vecchia, affatto non pensò a pregare per essa, tenendola, come già la tenevano tutti, per dannata.

Passati quattro anni, ecco un giorno se le presentò innanzi un'anima purgante, che le disse: Suor Caterina, che mala sorte è la mia? Tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muoiono, e dell'anima mia solamente non hai avuto pietà? E chi sei tu? disse la serva di Dio. Io sono, rispose, quella povera Maria che morì nella grotta. E come, tu sei salva? ripigliò Suor Caterina. Sì, sono salva, disse, per misericordia di Maria Vergine. E come? Quand'io mi vidi vicina al punto della morte, mirandomi così piena di peccati e abbandonata da tutti, mi voltai alla Madre di Dio, e le dissi: Signora, voi siete il rifugio degli abbandonati; ecco in questo punto io sono abbandonata da tutti; voi siete l'unica speranza mia, voi sola mi potete aiutare, abbiate pietà di me. La S. Vergine mi ottenne un atto di contrizione, morii, e mi salvai; ed ella ancora la mia regina mi ha ottenuta la grazia che la pena mia si abbreviasse, facendomi patire intensivamente quello ch'io avrei dovuto purgare per molti più anni; solo vi bisognano alcune Messe per liberarmi dal purgatorio. Ti prego a farmele dire, ch'io ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te.

Suor Caterina subito le fe' celebrar le Messe; ed ecco di nuovo le comparve quell'anima, fra pochi giorni, più luminosa del sole, che le disse: Ti ringrazio, Caterina, ecco già me ne vado al paradiso a cantare le misericordie del mio Dio, ed a pregare per te.29


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Preghiera.

O Madre del mio Dio e mia signora Maria, qual si presenta ad una gran regina un povero impiagato e schifoso, io mi presento a voi, che siete la regina del cielo e della terra. Dall'alto trono in cui sedete, non isdegnate, vi prego, di girare i vostri occhi verso di me povero peccatore. Già Dio vi ha fatta sì ricca per sovvenire i poveri, e vi ha costituita regina della misericordia, acciocché possiate sollevare i miserabili. Guardatemi dunque, e compatitemi. Guardatemi, e non mi lasciate, se non mi cambiate da peccatore in santo.

Vedo bene che io non merito niente, anzi che meriterei per la mia ingratitudine d'essere spogliato di tutte le grazie, che per vostro mezzo ho ricevuto dal Signore. Ma voi che siete la regina della misericordia non andate cercando meriti, ma miserie per soccorrere i bisognosi. Ma chi più povero e bisognoso di me?

O Vergine eccelsa, già so che voi, essendo la regina dell'universo, siete ancora la regina mia; ma io con modo più particolare voglio tutto dedicarmi alla vostra servitù, acciocché


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voi disponiate di me come vi piace. Onde vi dico con S. Bonaventura: Domina, me tuae dominationi volo committere, ut mea plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas.30 Reggetemi voi, regina mia, e non mi lasciate a me stesso. Comandatemi, impiegatemi a vostro arbitrio, e castigatemi ancora, quando non vi ubbidisco: poiché troppo salutevoli per me saranno i castighi che mi verranno dalle vostre mani.

Io stimo più l'essere vostro servo, che l'essere signore di tutta la terra. Tuus sum ego, salvum me fac.31 Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono.

E se per lo passato vi ho servito male, avendo perduto tante belle occasioni di onorarvi, per l'avvenire voglio unirmi a' vostri servi più amanti e più fedeli. No, non voglio che alcuno mi avanzi da oggi innanzi nell'onorare ed amar voi mia amabilissima regina. Così prometto, e così spero di eseguire coll'aiuto vostro. Amen, amen.

§ 2. - Quanta dee essere più grande la nostra confidenza in Maria per esser ella la nostra madre.

Non a caso, né in vano i divoti di Maria la chiamano madre, e par che non sappiano invocarla con altro nome, e non si saziano di sempre chiamarla madre; madre sì, perché veramente ella è la madre nostra, non già carnale, ma spirituale delle nostre anime e della nostra salute.


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Il peccato, allorché privò le anime nostre della divina grazia, le venne a privare anche di vita. Ond'essendo elle restate miserabilmente morte, venne Gesù nostro Redentore, con eccesso di misericordia e d'amore, a ricuperarci colla sua morte in croce questa vita perduta, come egli stesso dichiarò: Veni, ut vitam habeant, et abundantius habeant (Io. X, 10). Abundantius, perché dicono i Teologi che apportò a noi più bene Gesù Cristo colla sua Redenzione, che non fu il danno che ci recò Adamo col suo peccato. Sicch'egli riconciliandoci con Dio si fe' padre dell'anime nella nuova legge di grazia, secondo fu già predetto dal profeta Isaia: Pater futuri saeculi, princeps pacis (Is. c. IX, [6]). - Ma se Gesù delle anime nostre fu il padre, Maria fu la madre; poiché dandoci ella Gesù, diede a noi la vera vita; ed offerendo poi sul Calvario la vita del Figlio per la nostra salute, venne allora a partorirci alla vita della divina grazia.

In due tempi dunque Maria, come ci fan sapere i santi Padri, divenne nostra madre spirituale; e primieramente quando meritò concepire nel suo seno verginale il Figlio di Dio, secondo dice il B. Alberto Magno.1 E più distintamente S. Bernardino da Siena ci avvisa, che allorché la santissima Vergine all'annunziazione dell'Angelo diede il consenso, che il Verbo Eterno da lei aspettava per farsi suo Figlio, dice il santo, che in dare ella questo consenso, sin d'allora domandò a Dio con affetto immenso la nostra salute; e che talmente si pose a procurare la nostra salvazione, che sin d'allora ci portò nel suo seno come amorosissima madre: Virgo per hunc consensum in incarnatione Filii, omnium salutem vigorosissime expetiit et procuravit; et omnium salvationi per hunc consensum se dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam


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verissima mater filios suos (Tr. de B.V., serm. 6).2 - Dice S. Luca al cap. 2, parlando della nascita del nostro Salvatore, che Maria partorì il suo primogenito: Peperit filium suum primogenitum. Dunque, dice un autore, se asserisce il Vangelista che allora la Vergine partorì il primogenito, si dee supporre che appresso ebbe altri figli? Si primogenitus, ergo alii filii secuti sunt secundogeniti? Ma lo stesso autore soggiunge: S'è di fede che Maria non ebbe altri figli carnali fuor di Gesù, dunque dovette avere altri figli spirituali, e questi siamo tutti noi: Carnales nullos habet B. Virgo praeter Christum; ergo spirituales habeat necesse est.3 Questo stesso rivelò il Signore a S. Geltrude che, leggendo un giorno il suddetto passo dell'Evangelio, era rimasta confusa, non sapendo intendere com'essendo Maria madre solamente di Gesù Cristo, potesse dirsi che questi fu il suo primogenito. E Dio le spiegò che Gesù fu il suo primogenito secondo la carne, ma gli uomini furono i figli secondogeniti secondo lo spirito.4

E con ciò s'intende quel che si dice di Maria ne' Sacri Cantici: Venter tuus sicut acervus tritici vallatus liliis (Cant. VII, [2]). Spiega S. Ambrogio, e dice che benché nell'utero purissimo di Maria fu un solo granello di frumento, il quale fu Gesù Cristo, nulladimeno si dice mucchio di grano, perché in


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quel sol granello vi erano tutti gli eletti, de' quali Maria anche doveva esser madre: Unum granum frumenti fuit in utero Virginis, Christus Dominus, et tamen acervus tritici dicitur; quia granum hoc virtute omnes electos continet, ut ipse sit primogenitus in multis fratribus (S. Ambr., de Instit. Virg.).5 Onde scrisse Guglielmo abbate: In illo uno fructu, in uno Salvatore omnium Iesu, plurimos Maria peperit ad salutem. Pariendo vitam, multos peperit ad vitam (In Cant. IV, 13).6 Maria partorendo Gesù, ch'è il nostro Salvatore e la nostra vita, partorì tutti noi alla salute ed alla vita.

Il secondo tempo poi, in cui Maria ci generò alla grazia, fu quando sul Calvario offerì all'Eterno Padre, con tanto dolore del suo cuore, la vita del suo diletto Figlio per la nostra salute. Onde attesta S. Agostino che allora, avendo ella cooperato col suo amore, acciocché i fedeli nascessero alla vita della grazia, divenne parimente con ciò madre spirituale di tutti noi, che siamo membri del nostro capo Gesù Cristo: Illa spiritu mater est membrorum Salvatoris, quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur (De Virg., c. 6).7 Ciò appunto significa quel che si dice della Vergine beata ne' Sacri Cantici: Posuit me custodem in vineis; vineam meam non custodivi (Cant. I, 5). Maria per salvare l'anime nostre si contentò di sagrificar colla morte la vita del suo Figlio: così commenta Guglielmo: Ut multas animas salvas faceret, animam suam


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morti exposuit.8 E chi mai era l'anima di Maria, se non il suo Gesù, il qual era la sua vita e tutto il suo amore? Che perciò le annunziò S. Simeone che un giorno l'anima sua benedetta doveva essere trapassata da una spada troppo dolorosa: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. II, 35).9 Come fu appunto la lancia, che trapassò il costato di Gesù, ch'era l'anima di Maria. E d'allora ella co' suoi dolori ci partorì alla vita eterna; sicché tutti noi possiamo chiamarci figli dei dolori di Maria. Quest'amorosissima nostra madre fu sempre e tutta unita alla divina volontà, onde riflette S. Bonaventura che vedendo essa l'amore dell'Eterno Padre verso degli uomini, che voleva morto il suo Figlio per la nostra salute, e l'amore del Figlio in voler morire per noi; per conformarsi a questo eccessivo amore del Padre e del Figlio verso il genere umano, ancora con tutta la sua volontà offerì e consentì che il suo Figlio morisse, acciocché noi fossimo salvi: Nullo modo dubitandum est, quia Mariae animus voluit etiam tradere Filium suum pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis fieret Patri et Filio (S. Bon.).10

È vero che nel morire per la Redenzione del genere umano Gesù volle esser solo: Torcular calcavi solus (Is. LXIII, 3); ma vedendo egli il gran desiderio di Maria d'impiegarsi ella ancora nella salute degli uomini, dispose ch'ella col sacrificio e coll'offerta della vita di esso stesso Gesù, cooperasse alla nostra salute, e così divenisse madre dell'anime nostre. E ciò significò il nostro Salvatore, allorché prima di spirare, mirando dalla croce la madre e 'l discepolo S. Giovanni che gli stavano accanto, prima disse a Maria: Ecce filius tuus (Io. c. XIX, [26]), come le dicesse: Ecco l'uomo che, dall'offerta che tu fai della


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mia vita per sua salute, già nasce alla grazia. E poi rivolto al discepolo: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua.11 Colle quali parole, dice S. Bernardino da Siena che allora Maria fu fatta madre non solo di S. Giovanni, ma di tutti gli uomini, per cagione dell'amore che ella ebbe per essi: In Ioanne intelligimus omnes, quorum B. Virgo per dilectionem facta est mater (To. 1, serm. 55).12 Che perciò riflette il Silveira che lo stesso S. Giovanni, nel notar questo fatto nel suo Vangelo, scrisse: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua (Io. XIX). Notisi che Gesù Cristo non già disse ciò a Giovanni, ma al discepolo, per significare che 'l Salvatore assegnò per madre Maria comunemente a tutti coloro, ch'essendo Cristiani hanno il nome di suoi discepoli: Ioannes est nomen particulare, discipulus commune, ut denotetur quod Maria omnibus detur in matrem.13

Ego sum mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV):14 Io sono la madre del bello amore, dice Maria, perché il suo amore, come dice un autore (Paciucch., de B.V.), che rende belle l'anime nostre agli occhi di Dio, fa che qual madre amorosa ella ci riceva per figli: Quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.15 E qual madre ama i suoi figli ed attende al loro bene quanto voi, dolcissima nostra regina, amate noi e procurate i nostri avanzi? Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bona nostra procuras, quam mater carnalis? dice S. Bonaventura.16


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O beati quelli che vivono sotto la protezione d'una Madre così amorosa e così potente! Il profeta Davide, benché allora non ancor fosse nata Maria, pure cercava a Dio la salute con dedicarsi figlio di Maria, e pregava: Salvum fac filium ancillae tuae (Ps. LXXXV, [16]). Cuius ancillae? dice S. Agostino: quae ait, ecce ancilla Domini (In Ps. 85).17 E chi mai, dice il cardinal Bellarmino, avrà l'ardire di strappar questi figli dal seno di Maria, dopo che essi ivi saran ricorsi a salvarsi da' nemici? Qual furia d'inferno o di passione potrà vincerli, se pongono la lor confidenza nel patrocinio di questa gran Madre? Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! quis detrahere audebit de sinu eius? quae nos tentatio aut turbatio superare poterit confidentes in patrocinio Matris Dei et nostrae? (Bell., de 7 verb.).18 - Si narra della balena, che quando vede i suoi figli in pericolo o per le tempeste o per li cacciatori, ella apre la bocca e li ricetta nel seno.19 Così appunto dice il Novarino: Fidelium piissima mater, furente tentationum tempestate, materno affectu eos velut intra viscera propria receptos protegit, donec in beatum portum reponat (V. c. XIV, exc. 81).20


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La nostra Madre, quando vede i suoi figli in maggior pericolo per la tempesta che infuria delle tentazioni, che fa? allora ella li nasconde con amore come dentro le proprie viscere, ivi li protegge, e non lascia di custodirli sintanto che non li colloca nel sicuro porto del paradiso. - O Madre amantissima, o Madre pietosissima, siate sempre benedetta, e sia sempre benedetto quel Dio che vi ha data a noi per madre e per sicuro rifugio in tutti i pericoli di questa vita.

Rivelò la stessa Vergine a S. Brigida (L. IV, c. 138) che conforme una madre, se vedesse il figlio fra le spade de' nemici, farebbe ogni sforzo per salvarlo; ita ego facio et faciam omnibus peccatoribus misericordiam meam petentibus:21 così, disse, io fo e farò coi figli miei, quantunque peccatori, sempreché essi ricorrono a me per essere soccorsi. Ecco dunque come in ogni battaglia coll'inferno vinceremo sempre e vinceremo sicuramente, con ricorrere alla Madre di Dio e madre nostra, dicendo e replicando sempre: Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix: sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix. - Oh quante vittorie hanno riportate dell'inferno i fedeli col ricorrere a Maria con questa breve ma potentissima orazione! Quella gran Serva di Dio, Suor Maria Crocifissa benedettina, così sempre vinceva i demoni.22

State dunque allegramente, o voi che siete figli di Maria; sappiate ch'ella accetta per suoi figli tutti coloro che lo vogliono essere: allegramente; che timore avete di perdervi, quando questa Madre vi difende e vi protegge? Dic, anima mea, cum magna fiducia: Exultabo et laetabor, quia quidquid


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iudicabitur de me, pendet ex sententia fratris et matris meae.23 Così dice S. Bonaventura che deve animarsi e dire chi ama questa buona Madre e confida nella sua protezione: Che temi, anima mia? No, che la causa della tua eterna salute non si perderà, stando la sentenza in mano di Gesù, che è tuo fratello, e di Maria, che è tua madre. E sullo stesso pensiero esclama per allegrezza e ci anima S. Anselmo, dicendo: O beata fiducia, o tutum refugium, Mater Dei est mater mea! Qua certitudine igitur debemus sperare, quoniam salus de boni fratris et piae matris pendet arbitrio? (In depr. ad V.).24 - Ecco dunque la Madre nostra che ci chiama e ci fa sentire: Si quis est parvulus, veniat ad me (Sap. IX).25 I bambini tengono sempre in bocca il nome della madre, ed in ogni spavento che hanno, subito si sentono alzar la voce e dire: Madre, Madre! - Ah Maria dolcissima, ah madre amorosissima, questo è quello appunto che voi desiderate, che noi fatti bambini chiamiamo sempre voi ne' nostri pericoli, e ricorriamo sempre a voi, perché ci volete aiutare e salvare, come avete salvati tutti i figli che sono a voi ricorsi.

Esempio.

Si narra nell'Istoria delle fondazioni fatte dalla Compagnia di Gesù nel regno di Napoli (Lib. V, c. 7) d'un nobil giovane scozzese, chiamato Guglielmo Elfinstonio.26 Questi era parente


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del re Giacomo:27 nato egli nell'eresia seguiva quella falsa setta; ma illuminato dalla luce divina che gliene andava scoprendo gli errori, venne in Francia, dove coll'aiuto d'un buon padre gesuita anche scozzese, e più coll'intercessione della Beata Vergine, conobbe al fine la verità, abiurò l'eresia e si fece cattolico. Passò poi in Roma, dove un suo amico trovandolo un giorno molto afflitto e piangente, e richiedendolo della cagione, rispose che nella notte gli era comparsa la madre dannata, e gli avea detto: Figlio, buon per te, che sei entrato nella vera Chiesa; io, perché morta nell'eresia, già son perduta. Indi s'infervorò maggiormente nella divozione a Maria, eleggendola per sua unica madre, e da lei gli fu ispirato il pensiero di farsi religioso, e ne fe' voto. Ma perché stava infermo, venne in Napoli per guarirsi col mutar aria; ma in Napoli volle il Signore che morisse e morisse religioso; poiché infermatosi a morte poco dopo del suo arrivo, egli colle preghiere e colle lagrime impetrò già da' superiori che l'accettassero: onde alla presenza del Sacramento, quando si comunicò per viatico, egli fece i voti e fu dichiarato della Compagnia.

Dopo ciò egli inteneriva tutti cogli affetti, co' quali ringraziava la sua madre Maria di averlo strappato dall'eresia e condottolo a morire nella vera Chiesa e nella casa di Dio in mezzo a' religiosi suoi fratelli. Perciò esclamava: Oh come in mezzo a tanti angeli è glorioso il morire! Esortato che cercasse di riposare, rispondeva: Ah, che non è tempo di riposare or che già si accosta il fine della mia vita! Prima poi di morire disse agli astanti: Fratelli, non vedete voi qui gli angeli del cielo che mi assistono? Ed avendolo inteso un di que' religiosi susurrare fra' denti alcune parole, gli domandò che dicesse? E rispose che l'Angelo custode gli avea rivelato che brevissimo tempo dovea egli star in purgatorio, e che subito sarebbe passato al paradiso. Quindi tornò a' colloqui colla sua dolce madre Maria; e replicando madre, madre, come appunto


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un bambino che si abbandona nelle braccia della madre a riposare, placidamente spirò. E poco appresso seppe per rivelazione un divoto religioso ch'egli era già in paradiso.

Preghiera.

O Madre mia santissima, com'è possibile che avendo io una madre così santa, io abbia da essere così iniquo? una madre che tutta arde d'amore verso Dio, io abbia da amare le creature? una madre così ricca di virtù, io abbia da essere così povero? Ah Madre mia amabilissima, è vero, io non merito d'esser più vostro figlio, perché troppo me ne son renduto indegno colla mia mala vita. Mi contento che mi accettiate per vostro servo; e per essere ammesso fra vostri più vili servi, che voi avete, son pronto a rinunciare a tutti i regni della terra. Si, mi contento; ma con tutto ciò non mi proibite il potervi chiamare la madre mia.

Questo nome tutto mi consola, m'intenerisce, e mi ricorda l'obbligo che ho d'amarvi. Questo nome mi anima a confidare assai in voi. Quando più mi atterriscono i miei peccati e la divina giustizia, mi sento tutto confortare in pensare che voi siete la madre mia. Permettetemi dunque ch'io vi dica: Madre mia, madre mia amabilissima. Così vi chiamo e così voglio chiamarvi.

Voi dopo Dio avete da essere sempre la mia speranza, il mio rifugio e 'l mio amore in questa valle di lagrime. Così spero morire, consegnando in quell'ultimo momento l'anima mia nelle vostre sante mani, e dicendo: Madre mia, madre mia Maria, aiutatemi, abbiate pietà di me. Amen.

§ 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.

Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare quanto ella ci ama.

L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1


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dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio, non possono lasciar di amare i loro figli: Natura hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c. 4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de' figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso dimenticarmi di amare voi, figli miei? Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15). E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia mia.

Maria è nostra madre, non già di carne, come dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV, 24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore; poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5


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E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa, ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per noi: Pendebat in cruce Filius, Mater persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg., c. 7).7

Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.

La prima ragione del grande amore che Maria porta agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales,


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che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9 Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11 Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de' prossimi.

Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo avere chi


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dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano insieme tutti gli angeli e i santi.13

In oltre14 la nostra Madre ci ama assai, perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù, allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier, ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la memoria.

Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli, a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù, contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16), così ancora,


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dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum unigenitum daret.16

E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P. Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18


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Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum, quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S. Bon.).19

E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc. XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip. II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per noi, pregando che Dio mandasse


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presto il Figlio a salvare il mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo costo?

E perché tutti gli uomini sono stati redenti da Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita di sole: Et signum magnum apparuit in caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del sole: Non est qui se abscondat a calore eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra dell'amor di Maria. A calore eius, applica l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22

E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e dispensa la sua misericordia: Omnibus aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie, che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine, da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di quelli che noi stessi possiamo desiderare:


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Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che noi le domandiamo il soccorso: Prius occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28

Or se Maria è così buona con tutti, anche cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge lo stesso B. Alberto, è


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trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla tutta piena di pietà e di amore!30 Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32

Stava morendo, come si narra nelle Croniche dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si raccomandava a questa Madre di misericordia. Un ecco videsi accanto una bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33


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Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34

Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire (Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka, che amavateneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine, quanto egli l'amasse, «Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la


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Madre mia». Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 - L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S. Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 - L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore


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ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 - L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S. Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva la sua serenata alla sua diletta regina.43


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L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea: Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo, quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde


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sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50

Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva S. Pier Damiano, quia amantissima es, et amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So, Signora


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mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante, ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e disse: «Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto quanto v'amo io.» Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine gli rispose: «Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.»52

Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima Madre! Beati quorum corda diligunt Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B. Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio


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Salvatore Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar voi e la madre vostra?

Esempio.

Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.

Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.

Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio,


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si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56


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Preghiera.

O Domina, quae rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori, rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi, madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi, sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora che v'amo?


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Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.

V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle persone amate: Amor aut similes invenit, aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo. Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.

§ 4. - Maria è madre anche de' peccatori pentiti.

Si protestò Maria con S. Brigida (Lib. 4, Rev., c. 138) ch'ella è madre non solo de' giusti e degl'innocenti, ma ancora de' peccatori, purché si vogliano emendare: Ego sum quasi mater omnium peccatorum volentium se emendare.1 Oh come, quando


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ricorre a' suoi piedi un peccatore che vuole emendarsi, ritrova questa buona madre di misericordia pronta ad abbracciarlo ed aiutarlo più che nol farebbe ogni madre di carne! Ciò appunto scrisse S. Gregorio alla principessa Metilde: Pone finem in voluntate peccandi, et invenies Mariam (indubitanter promitto) promptiorem carnali matre in tui dilectione (Lib. 1, ep. 47).2 Ma chi aspira ad esser figlio di questa gran Madre, bisogna che prima lasci il peccato, e poi speri di essere accettato per figlio. Sulle parole, Surrexerunt filii eius (Prov. XXXI, 28), riflette Riccardo, e nota che vi si dice surrexerunt, e poi filii: perché, soggiunge, non può esser figlio di Maria chi non cerca prima di alzarsi dalla colpa dov'è caduto: Nec dignus est, qui in mortali peccato est, vocari filius tantae matris.3 Avvertendo S. Pier Grisologo: Qui genitricis non facit opera, negat genus:4 Chi fa opere contrarie a quelle di Maria, nega coi fatti di voler esser suo figlio. Maria umile, ed egli vuol esser superbo? Maria pura, ed egli disonesto? Maria piena di amore, ed egli vuole odiare il prossimo? segno che non è, né vuol esser figlio di questa santa madre. Filii Mariae, ripiglia Riccardo, imitatores eius in castitate, humilitate, mansuetudine, misericordia.5 E come mai avrà l'ardire di voler esser figlio di Maria chi tanto la disgusta colla sua vita? Un


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certo peccatore un giorno disse a Maria: Monstra te esse matrem; ma la Vergine gli rispose: Monstra te esse filium (Ap. Aur.).6 Un altro invocava un giorno questa divina Madre, e la chiamava madre di misericordia. Maria gli disse: Voi peccatori, quando volete ch'io vi aiuti, mi chiamate madre di misericordia; e poi non cessate coi vostri peccati di farmi madre di miseria e di dolori (Ap. Pelb.).7 Maledictus a Deo qui exasperat matrem suam (Eccli. III, 18). Matrem suam, idest Mariam, commenta Riccardo.8 Dio maledice chi affligge colla sua mala vita, o al più colla sua ostinazione, questa sua buona madre.

Dissi colla sua ostinazione; perché quando poi questo peccatore, benché non ancora uscito, si sforza però di uscire dal peccato, e cerca perciò l'aiuto di Maria, questa madre non lascerà di soccorrerlo e farlo tornare in grazia di Dio. Come appunto un giorno intese S. Brigida dalla bocca di Gesù Cristo, che parlando colla Madre, le disse: Conanti surgere ad Deum tribuis auxilium, et neminem relinquis vacuum a tua consolatione.9 Mentre dunque il peccatore è ostinato, Maria non può amarlo: ma se egli trovandosi forse incatenato da qualche passione, che lo tiene schiavo dell'inferno, almeno si raccomanderà alla Vergine, e la pregherà con confidenza e perseveranza a cacciarlo dal peccato, senza dubbio questa buona madre stenderà la sua potente mano, ella lo scioglierà dalle catene e lo condurrà a stato di salute. - Fu già eresia


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condannata dal sacro Concilio di Trento, il dire che tutte le preghiere ed opere che si fanno da chi sta in peccato, sieno peccati.10 Dice S. Bernardo che la preghiera in bocca del peccatore, sebbene non è bella, perché non accompagnata dalla carità, nulladimeno è ella utile e fruttuosa per uscir dal peccato;11 poiché, come insegna S. Tommaso (2. 2., qu. 178, a. 2, ad 1), la preghiera del peccatore è già senza merito, ma è ben atta ad impetrare la grazia del perdono; mentre la virtù d'impetrare è fondata non già sul merito di chi prega, ma sulla divina bontà, e sui meriti e promessa di Gesù Cristo, il quale ha detto: Omnis... qui petit, accipit (Luc. XI, [10]).12 Lo stesso dee dirsi delle preghiere che si porgono alla divina Madre.

Se quegli che prega, dice S. Anselmo, non merita di essere esaudito, i meriti di Maria, a cui egli si raccomanda, faranno che sia esaudito: Si merita invocantis non merentur ut exaudiatur, merita tamen Matris intercedunt, ut exaudiatur.13 Onde S. Bernardo esorta ogni peccatore a pregar Maria, e a concepir gran confidenza nel pregarla; perché se il peccatore non merita quel che domanda, è conceduto non però a Maria per li meriti suoi, che si donino al peccatore quelle grazie ch'ella domanda per esso a Dio: Quia indignus eras, cui donaretur,


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datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes (Serm. 3, in vig. Nat.).14 Questo è l'officio d'una buona madre, dice lo stesso santo: una madre, che sapesse due figli suoi esser nemici a morte, e che l'uno insidiasse la vita all'altro, che altro mai farebbe, che procurare in tutti i modi pacificarli? Così, dice il santo, Maria è madre di Gesù e madre dell'uomo: quando vede alcun peccatore nemico di Gesù Cristo, non può sopportarlo, e tutta si adopera per farli stare in pace: O felix Maria, tu mater rei, tu mater iudicis, cum sis mater utriusque, discordias inter tuos filios nequis sustinere (In Depr. ad V.).15 Altro non vuole la benignissima Signora dal peccatore, che se le raccomandi ed abbia intenzione d'emendarsi. Quando Maria vede a' piedi suoi un peccatore che viene a cercarle misericordia, non guarda ella i peccati che porta, ma guarda l'intenzione colla quale viene; se viene con buona intenzione, avesse quegli commessi tutti i peccati del mondo, ella l'abbraccia, e non isdegna l'amantissima madre di sanargli tutte le piaghe che porta nell'anima; poich'ella non solamente è da noi chiamata la madre della misericordia, ma veramente è tale, e tale si fa conoscere con l'amore e tenerezza con cui ci sovviene. Tutto ciò appunto espresse la B. Vergine a S. Brigida, dicendo: Quantumcumque homo peccet, statim parata sum recipere revertentem; nec attendo quantum peccaverit, sed cum quali intentione redit: nam non dedignor eius plagas


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ungere et sanare, quia vocor et vere sum mater misericordiae (Rev., l. 2, c. 23).16

Maria è madre de' peccatori che vogliono convertirsi, e come madre non può non compatirli, anzi par che senta come propri i mali de' poveri figli. La Cananea, allorché pregò Gesù Cristo a liberar la sua figlia dal demonio, che la travagliava, disse: Miserere mei, Domine, fili David; filia mea male a daemonio vexatur (Matth. XV, 22). Ma se la figlia, non la madre, era tormentata dal demonio, par che avess'ella dovuto dire: Signore, abbi pietà di mia figlia, non già, abbi pietà di me. Ma no; ella disse: Miserere mei: con ragione, perché tutte le miserie de' figli si sentono come proprie dalle loro madri. Or così appunto dice Riccardo di S. Lorenzo che Maria prega Dio, quando le raccomanda qualche peccatore che a lei si raccomanda: Maria clamat pro anima peccatrice: Miserere mei (De laud. V., c. 6).17 Mio Signore, par che gli dica, questa povera anima, che sta in peccato, è mia figlia, e perciò abbi pietà non tanto di lei, quanto di me che le son madre.

Oh volesse Dio che tutti i peccatori ricorressero a questa dolce Madre, che tutti certamente sarebbero da Dio perdonati! O Maria, esclama per maraviglia S. Bonaventura, peccatorem toti mundo despectum materno affectu complecteris; nec deseris, quousque miserum iudici reconcilies (In Spec., c. 5).18 E


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vuol dire il santo che il peccatore, stando in peccato, è odiato e cacciato da tutti; anche le creature insensate, il fuoco, l'aria, la terra vorrebbero castigarlo, e far la vendetta per risarcire l'onore del loro Signor disprezzato. Ma se questo miserabile ricorre a Maria, Maria lo discaccia? No, se egli viene con intenzione d'essere aiutato ad emendarsi, ella se l'abbraccia con affetto di madre; né lo lascia, se prima colla sua potente intercessione non lo riconcilia con Dio e lo rimette in sua grazia.

Si legge nel secondo libro de' Re (Cap. XIV, num. 2) che quella sapiente donna Tecuite disse a Davide: «Signore, io avea due figli, per mia disgrazia l'uno ha ucciso l'altro: sicché già ho perduto un figlio; or la giustizia vuol togliermi l'altro figlio unico che mi è rimasto: abbiate pietà di me povera madre, fate ch'io non resti priva di tutti due questi miei figli.» Allora Davide, avendo compassione di questa madre, liberò il delinquente, e a lei lo donò. Lo stesso appunto par che dica Maria, allorché vede Dio sdegnato contro d'un peccatore, che a lei si raccomanda: «Mio Dio, gli dice, io avea due figli, Gesù e l'uomo; l'uomo ha ucciso il mio Gesù sulla croce; ora la vostra giustizia vuol condannar l'uomo: Signore, il mio Gesù è già morto, abbiate compassione di me, e se ho perduto l'uno, non mi fate perdere l'altro figlio ancora.» - Ah che certamente Dio non condanna quei peccatori che ricorrono a Maria, e per cui ella prega; mentre Dio stesso ha raccomandati per figli questi peccatori a Maria. Il divoto Lanspergio così fa parlare il Signore: Mariae peccatores in filios commendavi. Propterea adeo est sedula, ut officio suo satisfaciens, neminem eorum qui sibi commissi sunt, praecipue illam invocantium, perire sinat, sed quantum valet, omnes mihi reducat (V. l. 4, Min. Op.).19


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E chi mai può spiegare, dice Blosio, la bontà, la misericordia, la fedeltà e la carità, con cui questa nostra Madre cerca di salvarci quando noi l'invochiamo in aiuto? Huius matris bonitas, misericordia, fidelitas, caritas erga homines tanta est, ut nullis verbis explicari possit.20 Prostriamoci dunque, dice S. Bernardo, avanti a questa buona Madre, stringiamoci a' suoi santi piedi, e non la lasciamo se non ci benedice, e con ciò ci accetti per suoi figli: Beatis illius pedibus provolvamur; teneamus eam, nec dimittamus, donec benedixerit nobis. (In Sig. Magn.).21 E chi mai può sconfidare della pietà di questa Madre? Dicea S. Bonaventura: Etiamsi occiderit me, sperabo in eam; et totus confidens iuxta eius imaginem mori desidero, et salvus ero.22 E così dee dire ciascun peccatore che ricorre


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a questa pietosa madre: Signora e madre mia, io per le mie colpe merito che mi discacciate, e voi stessa mi castighiate secondo i demeriti miei; ma ancorché voi mi ributtiate e mi uccidiate, io non perderò mai la confidenza in voi, che voi mi abbiate a salvare. In voi tutto confido, e sol che io mi abbia la sorte di morire avanti a qualche vostra immagine, raccomandandomi alla vostra misericordia, io spero certamente di non perdermi, ma di venire a lodarvi in cielo in compagnia di tanti vostri servi, che morendo e chiamando voi in aiuto, tutti per la vostra potente intercessione son salvi.

Leggasi il seguente esempio e veggasi se mai alcun peccatore possi sconfidare della misericordia e dell'amore di questa buona madre, se a lei ricorre.

Esempio.

Si narra appresso il Belluacense (In Spec. histor.) che nella città di Ridolfo in Inghilterra nell'anno 1430 vi era un giovine nobile chiamato Arnesto, il quale, avendo dato a' poveri tutto il suo patrimonio, si fe' monaco in un monastero, dove menava una vita così perfetta, che i superiori assai lo stimavano, singolarmente per la divozione speciale che aveva alla SS. Vergine. Occorse che in quella città si attaccò la peste; i cittadini ricorsero al monastero per aiuto d'orazioni. L'abbate impose ad Arnesto che se ne andasse a pregare avanti l'altare di Maria, e non se ne partisse, finche la Madonna non li desse risposta. E il giovine, durando ivi tre giorni, finalmente ebbe la risposta da Maria di alcune preci che dovevano dirsi; e così si fece, e cessò la peste.

Or avvenne poi, che questo giovine si raffreddò nella divozione di Maria: il demonio lo assalì con molte tentazioni, specialmente d'impurità e di fuggirsene dal monastero; e il miserabile, per non essersi raccomandato a Maria, già risolvè di fuggirsene con buttarsi da una muraglia del monastero; ma passando avanti l'immagine di Maria che stava nel corridore, la Madre di Dio gli parlò e gli disse: «Figlio mio, perché mi lasci?» Allora Arnesto stordito e compunto cadde in terra e rispose: «Ma, Signora, non vedete che non posso resistere più? voi perché non mi aiutate?» E la Madonna replicò: «E tu perché non mi hai invocata? che se ti raccomandavi a


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me, non ti saresti ridotto a questo: da oggi avanti, gli disse, raccomandati a me e non dubitare».

Se ne tornò in cella Arnesto. Ma ritornarono le tentazioni; esso neppure attese a raccomandarsi a Maria: onde finalmente se ne fuggì dal monastero, e dandosi ad una pessima vita, passando da peccato in peccato, in fine si ridusse a far l'assassino, poiché prese ad affitto un'osteria, dove la notte uccideva i poveri passaggieri e li spogliava. Fra questi uccise una notte il cugino del governatore di quel luogo, il quale dagl'indizi avuti facendo il processo, lo condannò alla forca.

Ma frattanto che si faceva il processo, capitò all'osteria un cavaliere giovine: l'oste ribaldo, facendo il solito disegno sopra di lui, la notte entra nella stanza per assassinarlo: ma ecco sul letto non vede il cavaliere, ma un Crocifisso impiagato, che, guardandolo pietosamente, gli dice: «Non ti basta, ingrato, ch'io sia morto una volta per te? Vuoi tornare ad uccidermi? Via su presto, stendi la mano e torna ad uccidermi». Allora il povero Arnesto confuso cominciò a piangere, e piangendo disse: «Signore, eccomi, giacché mi usate tante misericordie, io voglio tornare a voi». E subito si partì dall'osteria per tornare al monastero a far penitenza; ma ritrovato per via da' ministri della giustizia, fu portato al giudice, e avanti di lui confessò tutti gli assassini fatti. Onde fu condannato a morir di capestro, senza dargli neppure tempo di confessarsi. Allora egli si raccomandò a Maria. Fu buttato dalla forca; ma la Vergine fece che non morisse. Ella stessa poi lo sciolse e gli disse: «Torna al monastero, fa penitenza, e quando vedrai in mia mano una carta del perdono de' tuoi peccati, allora apparecchiati alla morte». Arnesto tornò, e raccontato tutto all'abbate fece gran penitenza. Dopo molti anni, ecco vide in mano di Maria la carta del perdono; e subito si apparecchiò alla morte, e santamente morì.23

Preghiera.

O mia sovrana regina, e degna Madre del mio Dio, Maria SS., io vedendomi così vile e così lordo di peccati, non dovrei


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aver ardire di accostarmi a voi e di chiamarvi madre. Ma non voglio che le miserie mie mi privino della consolazione e della confidenza ch'io sento in chiamarvi madre. Merito, già lo so, che voi mi discacciate; ma vi prego a guardare quel che ha fatto e patito il vostro figlio Gesù per me, e poi discacciatemi se potete: io sono un povero peccatore, che più degli altri ho disprezzata la divina Maestà; ma il male è già fatto.

A voi ricorro, voi mi potete aiutare; Madre mia, aiutatemi. Non mi dite che non mi potete aiutare; perché io so che siete onnipotente ed ottenete quanto desiderate dal vostro Dio. Se poi dite che non mi volete aiutare, ditemi almeno a chi ho da ricorrere per essere sollevato in tanta mia disgrazia? Aut miseremini misero, dirò a voi e al vostro Figlio con S. Anselmo, tu parcendo, tu interveniendo: aut ostendite, ad quos tutius fugiam misericordiores; aut monstrate, in quibus certius confidam.24 O abbiate pietà di me, voi, mio Redentore, con perdonarmi, e voi, Madre mia, con raccomandarmi: oppure insegnatemi a quali persone io ho a ricorrere, che sieno di voi più pietose, e in cui io possa più confidare. No che né in terra né in cielo posso trovare chi abbia de' miseri maggior pietà di voi, e chi meglio possa aiutarmi.

Voi, Gesù, siete il padre mio, e voi, Maria, siete la madre mia. Voi amate i più miserabili e gli andate cercando per salvarli. Io sono un reo dell'inferno il più miserabile di tutti; ma non avete bisogno d'andarmi cercando, né io pretendo che mi cerchiate; io mi presento a voi con certa speranza che non resterò abbandonato da voi. Eccomi a' piedi vostri, Gesù mio, perdonatemi: Maria mia, soccorretemi.




1 Siquidem is ipse qui ex Virgine natus est, rex est, et ipse Dominus Deus. Eiusque gratia, quae ipsum genuit, Regina, Domina et Deipara proprie ac vere praedicaturSermo in Annuntiationem Deiparae, n. 13. MG 28-935, 938. Inter Opera S. Athanasii. Non è di S. Atanasio, ma di autore non anteriore a Nestorio ed ai Monoteliti. Autore però non ignobile: Baronio (Epist. apologetica, MG 28-917) non rifuggirebbe dall'attribuire questo Sermone a S. Cirillo Alessandrino, o a un dotto e santo Patriarca di Antiochia, Anastasio.

2 «Haec autem Virgo in illo glorioso consensu, meruit... primatum orbis, dominium mundi super omnes creaturas, sceptrum regni...» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativitate B. M. V., articulus unicus, cap. 3. Opera, IV, Venetiis, 1745.

3 «Nec a dominatione vel potentia filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro, unus spiritus, una caritas, et ex quo dictum est ei: Dominus tecum, inseparabiliter perseveravit promissum et donum. Unitas divisionem non recipit, nec secatur in partes, et si ex duobus factum sit unum, illud tamen ultra scindi non potest, et filii gloriam cum matre non tam communem iudico quam eamdemARNALDUS seu Ernaldus, Abbas Bonaevallis in diocesi Carnotensi, Libellus de laudibus B. M. V., ML 189-1729.

4 «Ubicumque enim praedicatum fuerit illud de dilecto dictum: Minuisti eum paulo minus ab angelis, gloria et honore coronasti eum, et constituisti eum super opera manuum tuarum (Ps. VIII, 6, 7), praedicabitur et de te, quod sis, o dilecta, et mater huius coronati, ac proinde regina caelorum, totum iure possidens Filii regnumRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, In Cantica, lib. 3. ML 168-891.

5 «Tot enim creaturae serviunt gloriosae Virgini Mariae, quot serviunt Trinitati. Omnes nempe creaturae... sive spirituales, ut Angeli, sive rationales, ut homines, sive corporales, ut corpora caelestia vel elementa, et omnia quae sunt in caelo et in terra, sive damnati, sive beati, quae omnia sunt divino imperio subiugata, gloriosae Virgini sunt subiecta.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativ. B. M. V., cap. 6. Opera, IV, Venetiis, 1745.

6 « In omnibus requiem quaesivi... Vox est Mariae... Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui; fiducialiter age tamquam regina, mater Regis et sponsa. Requiem quaerebas, sed amplioris gloriae est quod tibi debetur, regnum et potestasGUERRICUS, Abbas Igniacensis, In Assumptione B. Mariae, Sermo 3, n. 3. ML 185-195.

7 «Propriissimum nomen quod beatissimae Virgini secundum suam dignitatem summam debetur, est regina misericordiae et plus proprie quam imperatrix; hoc enim nomen magis est nomen timoris et rigoris: regina autem plus est nomen providentiae et aequitatis: unde etiam credo nusquam Deum in Biblia expresse nominari imperatorem, sed regem: hoc enim nomen est maiestatis.» S. ALBERTUS MAGNUS, O. P., Mariale, sive quaestiones super Evangelium Missus est, etc., qu. 162, Contra hoc opponitur, n. 11. Opera, Lugduni, 1651, XX, 114.

8 Hoc reges habent - Magnificum et ingens, nulla quod rapiat dies, - Prodesse miseris, supplices fido lare - Protegere. SENECA, Medea, actus 2, scaena 2, vers. 222-225.



9 «Magnificata est ita hodie (in beatitudine qua nunc fruitur in caelo) beata Virgo, ut Regina caeli, imo et mundi iure vocetur, habens praeeminentiam et virtutem influxivam super omnes. Principatum habet dimidii regni Dei, si sic dici potest, sub typo Esther et Assueri. Regnum quippe Dei consistit in potestate et misericordia. Semel locutus est Deus, duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12). Potestate Domino remanente, cessit quodammodo misericordiae pars Christi Matri, sponsaeque regnanti. Hinc, ab Ecclesia tota, Regina misericordiae salutatur.» IO. GERSON, Collectorium super Magnificat, tractatus 4. Opera, Antwerpiae, 1706, IV, col. 286. Ed. Paris. 1606, pars III, col. 753; ed. Argent. 1514 et Colon. 1518, tract. 4, num. 83, O.

10 Le ultime parole del testo citato sono: «...cuius Filius est rex iustitiae.» - Questi Commentarii non possono dirsi di S. Tommaso, quantunque Bellarmino, con pochi autori, ne difenda l'autenticità. Vennero compresi, con altre opere parimenti men che dubbie, nel vol. XVIII (aggiunto ai 17 dell'edizione Romana di Pio V, Roma, 1570.) dell'ediz. di Anversa, 1612. Possevino (Apparatus sacer, v. Thomas Aquinas), con Sisto Senense, li attribuisce a «Thomas Anglicus, O. P., Cardinalis, + 1305», e crede che la somiglianza dei nomi, essendo facile il passaggio da «Thomas Anglicus» a «Thomas Angelicus», abbia favorito l'errore: si aggiunga la forma scolastica di detti Commentarii. Dello stesso parere, sulla non autenticità dell'opera, è Fabricius (Bibliotheca mediae et infimae latinitatis, v. Thomas Aquinas). Gli editori Romani non ignoravano l'esistenza di questi Commentari (come pure delle opere contenute nel vol. XVIII di Anversa), già pubblicati, a Parigi, a Lione, ad Anversa, dal 1543 in poi: a bella posta, «prudenti consilio», li hanno esclusi dalla loro edizione, quantunque vi abbiano inserito, per la loro notorietà, alcuni opuscoli da essi stessi giudicati o dubbi, o addirittura spurii ed indegni di S. Tommaso.

11 «Confugimus autem primo ad Beatissimam Virginem caelorum reginam, cui rex regum, Pater caelestis, dimidium regni dedit... Sic Pater caelestis, cum habeat iustitiam et misericordiam tamquam potiora regni sui bona: iustitia sibi retenta, misericordiam Matri Virgini concessitGabriel BIEL, Sacri Canonis Missae lucidissima expositio: lectio 80 (de excrescentia orationis dominicae). Brixiae, 1576, pag. 799.

12 Psalterium B. M. V., Ps. 71. Inter Opera S. Bonaventurae; ed. Rom., Moguntina, et Lugdunen., VI, 484. - Vedi Appendice, 2.

13 ARNESTUS (Arnestus a Pardubix, primo Arcivescovo di Praga, 1343-1364), Mariale, c. 122. - Il manoscritto, nella Biblioteca dell'Università di Praga, col titolo: Psalterium de laudibus S. Mariae, viene indebitamente chiamato: Mariale Arnesti, Archiepiscopi Pragensis. Il manoscritto è dell'anno 1385.

14 «Consideremus, carissimi, quod Maria plena est unctione misericordiae, plena oleo pietatisCONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, 441, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

15 Biblia Mariana, Liber Esther, n. 5, 6. Inter Opera S. Alberti Magni, tom. XX, in fine. Lugduni, 1651.

16 Esther, VII, 2, 3.

17 «Etiam in hoc convenienter vocatur «Regina misericordiae», quod divinae pietatis abyssum cui vult, et quando vult, ac quomodo vult, creditur aperire, ut quivis enormis peccator non pereat, cui Sancta sanctorum patrocinii sui suffragia praestat». In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, num. 3. ML 184-1063, inter Opera S. Bernardi. - L'autore non è S. Bernardo; è un pio Benedettino; se poi sia Cluniacense o Cisterciense, non si sa: di ambedue gli Ordini è vero quel che vien detto nel n. 1, col. 1060: «Dulce canticum... quater in anno Ordo noster devotissime concinit». Quel che si aggiunge nello stesso numero, col. 1061: «compositum a sanctis», non pregiudica all'opinione, qualunque essa sia, che si abbia sull'autore dell'Antifona, giacché questa parola «a sanctis» deve o può intendersi nel medesimo senso largo, in cui l'autore intende immediatamente dopo dei suoi confratelli: «digne frequentabitur etiam a sanctis». Tutto al più, si può dire che questo passo sia favorevole a chi pensasse che la piissima Antifona non sia stata composta, tutta intera, da uno solo, ma da varie persone. Finalmente, è certo che questi Sermoni non siano anteriori a S. Bernardo, le cui parole, cavate dal sermone 16 in Cantica, vengono riferite esattamente nel sermone 3, num. 4; quindi non si possono attribuire, come vollero alcuni, a Bernardo di Toledo, il quale visse e morì nel secolo XI. Da tutto l'assieme, sembrerebbe risultare che questi sermoni siano piuttosto di un pio Cisterciense, di poco posteriore a San Bernardo, e forse suo discepolo.



18 «Hoc tamen procul dubio teneas, quia quanto altior et melior ac sanctior est omni matre, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores et peccatrices.» S. GREGORIUS MAGNUS, Registrum, Epistola 47, ad comitissam Mathildem. ML 148-328.

19 «Quid ad Mariam accedere trepidet,» etc., come nel testo. S. BERNARDUS, Dominica infra Octavam Assumptionis B. V. M., Sermo de duodecim praerogativis B. V. M., ex verbis Apoc. XII, 1: «Signum magnum...» ML 133-430.

20 «Natura autem benevolentissimus (Titus), quum ex instituto Tiberii omnes dehinc Caesares beneficia a superioribus concessa Principibus aliter rata non haberent quam si eadem iisdem et ipsi dedissent, primus praeterita omnia uno confirmavit edicto, nec a se peti passus est. In ceteris vero desideriis hominum, obstinatissime tenuit ne quem sine spe dimitteret. Quin et admonentibus domesticis, quasi plura polliceretur quam praestare posset: «Non oportere, ait, quemquam a sermone Principis tristem discedere.» Atque etiam recordatus quondam super coenam quod nihil cuiquam toto die praestitisset, memorabilem illam meritoque laudatam vocem edidit: «Amici, diem perdidiSUETONIUS, Duodecim Caesares, Titus, n. VIII.

21 «Ecquis tam immanis uspiam peccator est, qui tot flagitiis sese obstrinxerit quot ullus umquam, qui non idem tui reminiscens, (o praestantissima Regina caelorum,) animum et spem bonam conceperit? Tu plane es unica singularis et fidelissima peccatorum consolatrixLudovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Consolatio pusillanimium, cap. 35 (ex Susone), n. 3. - Più espressamente: LANSPERGIUS, Alloquia Christi Iesu ad animam, lib. 1, pars 3, canon 12: «Adeo feci (ego Christus) eam (Mariam) mitem, adeo piam, adeo misericordem, adeo denique benignam et clementem, ut neminem aspernetur, nulli se neget, omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem aut non consolatum sinatOpera, tom. 4, Opusculorum tom. 1. - Sembra evidente che l'intento di S. Alfonso sia di citare il Lanspergio; ciò apparisce, oltreché dall'identità delle parole, dalla nota: l. 4. c. 12, il che, dati i molti sbagli tipografici incorsi nelle note, facilmente si legge: t. (tomo) 4, c. (canone) 12. Il santo medesimo al cap. III, § 1, nota 24, pag. 113, riporta questo testo sotto il nome del Lanspergio.

22 «Cum plenus sim miseria a vertice usque ad pedum plantas, et putrefactus: fetorem gravem et horrorem quomodo dignaberis regere, tam nobilis creatura? Quia tu es Regina misericordiae, et qui sunt misericordiae subditi, nisi miseri? Multum es sollicita de miseris; hos in tuos filios adoptasti, hos regere, Domina, voluisti.» - Meditatio in Salve Regina, n. 1: inter Opera S. Bernardi, ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

23 «Ne, rogo, multa nostra peccata, immensam tuae miserationis vim superent... Quanta enim libet multitudine delicta increverint, facile dissolventur, dum tantum ipsa velis. Nihil enim resistit tuae potentiae, nihil repugnat tuae virtuti: cedunt omnia iussioni tuae; universa morem gerunt praecipienti; imperanti omnia serviunt... Placet (Filio tuo) petitio; intercessio delectat; non recusat implere: quippe suam ipse, tuam existimat gloriam; eaque tamquam Filius exsultans, postulata ceu debitor impletGEORGIUS NICOMEDIENSIS, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1439. - In vece di Gregorio, si deve leggere Giorgio. Anche presso l'eruditissimo Possevino, per manifesa svista di copista, venne chiamato Giorgio, e poi Gregorio: il che trasse parecchi in errore. Santo poi non è, quantunque l'abbiano «canonizzato» il Marracci e il Kaiser; né merita questo titolo - malgrado i suoi pregi di oratore, e specialmente di egregio panegirista di Maria - se non altro, a causa dell'appoggio dato da lui allo scismatico patriarca Fozio. Contrariamente all'intitolazione erronea di MG 100-1327, visse fino all'anno 880 incirca.

24 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 10 (a principio).

25 «Nullus ita alienatus est a Deo, nisi omnino fuerit maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum, et habebit misericordiamLa stessa opera, l. c., immediatamente dopo il testo surriferito.

26 «Ego vocor ab omnibus Mater misericordiae. Vere, filia, misericordia Filii mei fecit me misericordem, et misericordia eius visa compatientem. Ideo miser erit qui ad misericordiam, cum possit, non acceditLa stessa opera, lib. 2, cap. 23 (poco dopo il principio).

27 Cant. IV, 8. - Il testo ebraico può tradursi così: «Veni de Libano, veni de loco circumspectus, de vertice Amana, de cacumine Sanir et Hermon, de habitaculis leonum montibusque pardorum.» Dalla sommità del monte, guardando intorno a sé, la Sposa si vede circondata di cime, ove sono i covili delle belve. Invitata da Cristo a lasciar la dimora terrestre per andarsene con lui nella patria, la Sposa e Madre Maria considera la terra come una regione asprissima, sparsa di alti monti, abitati da belve. Queste rappresentano i peccatori, i quali, coi loro vizi, si rendono simili alle bestie. Ma convertiti e salvati per intercessione di Maria, saranno, a questa Madre di misericordia, per tutti i secoli, una preziosa e risplendente corona.

28 «Ipsa eadem regna, et cubilia leonum et montes dico pardorum, quia videlicet reges regnorum, reges Babyloniorum et Persarum atque Medorum, reges et consules sive imperatores Romanorum, quid nisi leones et pardi dicendi sunt, qui tot bellis, tot caedibus orbem terrarum laceraverunt? De talium leonum cubilibus taliumque pardorum montibus tu, amica mea, coronaberis. Quomodo? Videlicet credent in me, fructum ventris tui, et eorum credentium salus corona tua erit. Ita coronaberis, ut et in caelis regina sanctorum et in terris regina sis regnorum... Reges atque imperatores coronis suis te coronabunt, palatia sua nomini meo sacrabunt, honori tuo dedicabunt, ut desinant esse quod fuerant, montes pardorum, cubilia leonumRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, (Deutz, coenobii, O. S. B., ad Rhenum, iuxta Coloniam Agrippinam), + 1135: In Cantica, lib. 3. ML 168-890, 891.

29 Suor Caterina di S. Agostino (Caterina di Lonocré), nata in Bayeux, morta (1688) nel Canadà, allora detto Nuova-Francia, ove fece le prime fondazioni del suo Ordine della Misericordia. Ebbe molte grazie soprannaturali. È celebre specialmente per l'aiuto che diede a molte anime del purgatorio. Di questa Maria così parla Suor Caterina: «Era una giovane morta dodici anni prima... Essa non avrebbe mai ottenuto il perdono de' suoi peccati, enormi di numero e di gravezza, senza un soccorso straordinario della Vergine Santissima. Più di 20 anni prima della sua morte, non era ricorsa né a Dio, né alla Vergine, né ai Santi. Aveva lasciati i sacramenti, ogni rispetto per le cose sacre, e s'era tutta ingolfata nel vizio. Ma quello che la salvò, fu che, essendo vicina alla morte e riflettendo al nome di Maria che portava, si rivolse alla Madre di Dio, e le disse: «Ah! Vergine Santissima, io sono indegna di portare il vostro nome; ma io vi prego, non soffrite ch'io sia dannata. Ve ne supplico, in riguardo di questo Nome.»... Ella le ottenne un atto di contrizione, col quale morì... I dodici anni ch'era stata nel purgatorio l'erano paruti come milioni d'anni, perché le sue pene erano all'eccesso. M'aggiunse che da pochi giorni erano cessate, ma che Dio l'aveva condannata a rimanervi, finché qualcuno avesse pregato... per lei; che allora era libera, e andava a godere delle misericordie di Dio... La pregai che, quando fosse in paradiso, ringraziasse per me la SS. Trinità e la SS. Vergine, offerendomi loro per tutto ciò che volevano, che si ricordasse di me, ch'era peccatora, com'ella era stata. Mi disse: «Me ne ricorderò,» e nell'andarsene mi disse: «Addio, addio, mia Madreaggiungendo quelle parole di S. Paolo: O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei! quam incomprehensibilia sunt iudicia eius et investigabiles viae eius!» RAGUENEAU, S. I., Vita, versione italiana del P. Poggi, lib. 4, cap. 3, pag. 267. Napoli, 1752.

30 «Sub tuo regimine, Domina, volo de cetero militare, et me totaliter tuae dominationi committo, ut me plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas, quia sum mihi ipsi contrarius nimisStimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen., VII, 231. - Vedi Appendice, 2.

31 Ps. CXVIII, 94.

1 «Item Isaias ultimo (LXVI, 8): Numquid terra una die aut parietur gens simul? Constat autem quod non quaerit de terra secundum litteram, quia stulta esset quaestio; ergo intelligitur de terra secundum figuram: sed terra secundum figuram est beatissima Virgo: ergo ipsa pariet simul omnem gentem. Ergo ipsa est mater omnium hominum. (In contrarium, 3)... Unum hominem genuit, in quo omnes regeneravit... In uno nobis genuit quidquid ad hanc vitam vel futuram necessarium nobis fuit. (Ad haec dicimus respondendo)» S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super Missus, qu. 145. Opera, Lugduni, XX, 98; Parisiis, XXXVII, 205.

2 «Per hunc enim consensum, omnium electorum salutem viscerosissime expetiit et procreavit, et omnium saluti et eorum salvationi per hunc consensum se singularissime dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam verissima mater filios suos.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Immaculatae V.M., Sermo VIII, De consensu virginali II, art. 2, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, 103; 1591, I, 510.

3 «In contrarium obiicitur (cioè obiscientibus, ossia respondetur obiectis) quod sit mater omnium; nam Luc. II, 7; Peperit filium suum primogenitum. Ergo habuit secundo genitum, et constat quod non corporaliter: ergo spiritualiter. Sed generatio spiritualis una est omnium: ergo ipsa est mater omnium spiritualiter.» S. ALBERTUS MAGNUS, qu. 145 super Missus: come sopra, nota 1.

4 «Hinc inter «Gloria in excelsis», dum cantaretur: «primogenitus Maria Filius», ista (Gertrudis) retractavit quod Dominus magis congrue diceretur «unigenitus» quam «primogenitus», eo quod intemerata Virgo genuerit nullum alium quam illum unicum quem de Spiritu Sancto meruit concipere. Unde beata Virgo blanda serenitate ipsi respondit dicens: «Nequaquam unigenitus, sed congruentissime dicitur primogenitus meus dulcissimus Iesus, quem primo clauso utero procreavi, et post ipsum, imo per ipsum, vos omnes ipsi in fratres et mihi in filios maternae caritatis visceribus praeoptando generavi.» S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 3, ed. Bened. Solesm., pag. 301. Vita (che è la stessa opera che il Legatus), ediz. italiana Lanspergio-Buondì, Venezia, 1720, lib. 4., cap. 3, pag. 150.

5 «In quo Virginis utero simul acervus tritici, et lilii fioris gratia germinabat: quoniam et granum tritici generabat, et lilium. Granum tritici secundum quod scriptum est: Amen, amen dico vobis, nisi granum tritici cadens in terram mortuum fuerit, ipsum solum manet (Io. XII, 24). Sed quia de uno grano tritici acervus est factus, completum est illud propheticum: Et convalles abundabunt frumento (Ps. LXIV, 14), quia granum illud mortuum, plurimum fructum attulit.» S. AMBROSIUS, De institutione virginis, cap. 14. ML 16-327.

6 «Eo ipso quod mater est capitis, multorum membrorum mater est. Mater Christi mater est membrorum Christi; quia caput et corpus unus est Christus, corporaliter caput pariendo, spiritualiter membra peperitGUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neobrigensis; apud Del Rio, in Cant. IV, 13: Ingolstadii, 1604, pag. 221, § 4. - Il commentario di questo Guglielmo, e quello pure di «Guillelmus Alvernus, Parisiensis episcopus», son rimasti inediti. Per il primo, il Del Rio si servì del Ms. del Collegio dei Gesuiti di Lovanio. L'altro è conservato nel Queen's College, Cambridge.

7 «Mater quidem spiritu, non capitis nostri... sed plane mater membrorum eius, quod nos sumus; quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur, quae illius capitis membra sunt.» S. AUGUSTINUS, Liber de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399.

8 «Ut multas animas salvas faceret, animam suam suique Filii morti exposuitGUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neobrigensis, Commentarius in cant. (inedito). Apud Del Rio, Comment. in Cant., cap. 1, sect. 1: Ingolstadii, 1604, p. 51.

9 Et tuam ipsius animam pertransibit gladius. Luc. II, 35.

10 «Nullo tamen modo est dubitandum, quin virilis eius animus et ratio constantissima vellet etiam Unigenitum tradere pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis esset Patri. Et in hoc miro modo debet laudari et amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerreturOpera S. BONAVENTURAE, I, ad Claras Aquas, 1882, pag. 861; in I Sententiarum, dist. 48, Dubia circa litteram Magistri, IV. - Opera, ed. Rom., etc., III, 390: in I Sent., dist. 48, qu. 2. - Gli egregi editori di Quaracchi (I, 859, nota 7) fanno osservare che quelle parole, nelle antiche edizioni, non stanno al proprio posto.

11 Io. XIX, 27.

12 «Mystice igitur intelligemus in Ioanne omnes animas electorum, quorum per dilectionem Beata Virgo facta est mater.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Quadragesimale de christiana religione, Sermo 51, De Passione Domini, Pars principalis secunda, art. 1, cap. 3, Editio Veneta 1745, I, 257; 1591, I, 440.

13 «Ioannes est nomen particulare unius particularis personae, at vero discipulus nomen est commune; nam omnes qui eo tempore Christo adhaerebant, discipuli vocabantur. Utitur ergo hic nomine communi omnibus, ut denotetur quod ipsa Virgo Maria dabatur omnibus in matremSYLVEIRA, In textum Evangelicum, lib. 8, c. 17, qu. 14, n. 91.

14 Eccli. XXIV, 24.

15 «Speciosissimi amoris matrem Virgo se nuncupat: Ego mater pulchrae dilectionis, et timoris, et agnitionis, et sanctae spei. (Eccli. XXIV, 24)... In primis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos recepit in filiosPACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae: in Ps. 86, Excitatio 22, n. 5. Venetiis, 1720, pag. 127.

16 «Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bonum nostrum procuras amplius, quam mater carnalisStimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun. VII. 232. – Vedi Appendice, 2.

17 «Et salvum fac filium ancillae tuae. Dominus filius ancillae. Cuius ancillae? Cui nasciturus quando nuntiatus est, respondit et ait: Ecce ancilla Domini: fiat mihi secundum verbum tuum (Luc. I, 38).» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 85, sermo, n. 22. ML 37-1097.

18 «Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! Quis nos detrahere audebit de sinu eius? Quae nos tentatio, quae tribulatio, superare poterit, confidentes in patrocinio Matris Dei, et nostrae?» S. ROBERTUS BELLARMINUS, De septem verbis Domini in cruce prolatis, lib. 1, cap. 12. Opera, VII, 1617, cum supplemento, 1619, Coloniae Agrippinae, col. 1714. - Opera, Neapoli, 1862, VI, 414.

19 «Balena faucibus filios abscondit, si quando maiorem belluam fugere eos contigeritPACIUCHELLI, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 3, pag. 126, (ex Philostrato in Vita Apollonii Tyanensis). - PHILOSTRATUS, Vita Apollonii Tyanensis, lib. 2, XIV, 4 (Firmin-Didot, 1878, pag. 33): «Balaena faucium latebris catulos abscondit, ubi maius quam quod propulsare possit imminet periculum.» Anche naturalisti moderni, più attendibili che Filostrato, hanno notato l'amore della balena per i figli ed il suo ardore a difenderli e proteggerli: occorrendo, li mette a riparo sotto la pinna, né li abbandona finché vivono.

20 «Cuius (Mariae) sunt illa verba Eccli. XXIV, 8: In fluctibus maris ambulavi, ut scilicet mortales a submersione eriperet et super undas ad portum duceretNOVARINUS, Umbra virginea, Excursus 121, n. 1142. - N. 1143: «Et licet in caelum Virgo ascenderet, nos tamen in hoc mari non deserit, manum fluctuantibus porrigit, ut ad patriae littus tandem ducat.» Che poi Maria riceva in qualche modo nel suo seno i figli tentati, od anche caduti in peccato, lo dice Novarino, Excursus 93, n. 835, in questo modo: «Verus Elias Dominus Iesus... vitae spiraculo eos mortuos afflat, qui in matris gremio iacent, qui Mariae precibus et meritis iuvantur. Cum tibi mors imminet, aut iam te invasit, vide ne extra maternum cadas sinum, ne a Virginis patrocinio abeas... Qui in sinu matris iacet, ad vitam revocabitur... Exceperat Virgo suo sinu latronem, qui in vitiis iam mortuus erat; sed verus Elias in suum extulit cubiculum, ut aeternum viveret: Hodie, inquit, mecum eris in paradiso (Luc. XXIII, 43). In sinu tantae Matris iacens, diu a vita abesse non poterat

21 «Sum voluntaria ipsum peccatorem in meam defensionem accipere: sicut caritativa mater, dum videret filium nudum ab inimicis acutos gladios habentibus sibi occurrentem. Nonne tunc ipsa opponeret se periculis viriliter, ut filium suum de manibus inimicorum suorum liberaret et eriperet, et in sinu suo gaudenter conservaret? Ita facio et faciam ego omnibus peccatoribus, misericordiam meam a Filio meo petentibus.» S. BIRGITTAE, Revelationes, lib. 4, cap. 138.

22 Colla recita del Sub tuum, le monache compagne di Suor Maria Crocifissa della Concezione ottengono che siano istantaneamente guariti i suoi occhi, gravemente offesi dal demonio. - Colla recita pure del Sub tuum, viene essa stessa preparata a combattere e vincere gran moltitudine di demoni. TURANO, Vita, 1709, lib. 2, cap. 8, pag. 130; cap. 11, pag. 148.

23 «Dic igitur, o anima, magnam in ipsam habens fiduciam: «O Domina, si tuus Filius per te factus est frater meus, nonne tu per ipsum facta es mater mea? Exultabo igitur et laetabor in te (Ps. IX, 3), quia quidquid iudicabitur de me, pendet ex sententia matris et fratris mei.» Haec Anselmus.» S. BONAVENTURA, Soliloquium de quatuor mentalibus exercitiis, cap. 1, § 3, n. 23. Opera, ad Claras Aquas, VIII, 1898, pag. 37. - Ed. Rom., Mogunt., Lugd., cap. 1, VII, pag. 109, col. 2.

24 «O beata fiducia! o tutum refugium! Mater Dei est mater nostra; mater eius in quo solo speramus, et quem solum timemus, est mater nostra; mater, inquam, eius qui solus salvat, solut damnat, est mater nostra... Ergo iudex noster est frater noster; Salvator mundi est frater noster; denique Deus noster est factus per Mariam frater noster. Qua igitur certitudine debemus sperare, qua consolatione possumus timere, quorum sive salus, sive damnatio, de boni fratris et de piae matris pendent arbitrio! Quo etiam affectu hunc fratrem et hanc matrem amare debemus?» S. ANSELMUS, Orationes, Oratio 52 (al. 51). ML 158-937.

25 Prov. IX, 4.

26 SCHINOSI, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al regno di Napoli. Parte prima, lib. 5, cap. 7, anno 1584. Tutto quel capitolo è consacrato alla memoria di quel piissimo giovane, il quale, nato nel 1563, morì ai 16 di aprile 1584, nel Collegio de' Gesuiti di Napoli, due anni incirca prima che S. Luigi Gonzaga venisse ad imbalsamare quella casa col profumo delle sue angeliche virtù, accompagnato da un altro Elfinstonio, per nome Giorgio: se della stessa parentela, non sappiamo.

27 Giacomo VI di Scozia, I d'Inghilterra; nato nel 1566, incoronato re di Scozia nel 1567, re d'Inghilterra nel 1603, come successore della regina Elisabetta, in virtù del testamento di Enrico VIII; morì nel 1625.

1 «Ut proximus amatur filius... Amat... mater filium... quem concipit cum sorde, pregnat cum pallore, non sine timore parit cum periculo vitae, educat cum sollicitudine et labore, qui ingratus post omnia vix praeceptis cogitur, promissis allicitur, honorem rependere parentibus. Honora, inquit, patrem et matrem, ut sis longaevus super terram.» De dilectione Christi et proximi, cap. 13. Inter Opuscula S. Thomae, Opusculum 61. Opera, Romae, 1570, XVII, fol. 82 GH. - Questo opuscolo non è di S. Tommaso. - «Filius est aliquid patris, et patres amant filios «ut aliquid ipsorum» sicut dicit Philosophus (Etich. lib. 8., cap. 12). Unde eisdem rationibus non ponuntur aliqua praecepta decalogi pertinentia ad amorem filiorum, sicut neque etiam aliqua ordinantia hominem ad seipsum.» S. THOMAS, Sum. Theol., I-II, qu. 100, art. 5, ad 4.

2 «Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, fetus suos diligant... Quae fera pro catulis suis non ipsa potissimum se offerat morti?» S. AMBROSIUS, Hexaemeron, lib. 6, cap. 4, n. 22. ML 14-250.

3 Questo S. Alfonso lo ha preso da Paciuchelli (Excitatio 22, in Ps. 86, n. 3) e Paciuchelli da Filostrato. «Trigridem etiam, animal saevissimum, hac in regione aiunt et circa mare rubrum ad naves procedere catulos repetentem, eisque receptis cum gaudio abire, sin autem cum nave discesserint, in littore ululare et interdum moriPHILOSTRATUS, De Tyanensi Apollonio, lib. 2, § 14, n. 3. (Ed. Firmin-Didot, 1878).

4 Eccli. XXIV, 24.

5 «Mater est... omnium virtutum, et quorumcumque charismatum quae in nos desursum descendunt, sed imprimis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos recepit in filiosPACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae... ad colendam... Virginem Deiparam, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 5.

6 «Clauso tanti doloris tormento intrinsecus... non poterat ex facie colligi crux illa animae et patibulum spiritus, in quo erat hostia viva... et medullatum holocaustum: quod cum ipsa incenderet, tantum conscientiae ministerio utebatur ipsaque sine strepitu seipsam mactans, in altario interiori, et ligna et fiammas et latices congerebat. Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in pectore Mariae, aliud in corpore Christi. Christus carnem, Maria immolabat animam. Optabat quidem ipsa, ad sanguinem animae, et carnis suae addere sanguinem, et elevatis in cruce manibus celebrare cum Filio sacrificium vespertinum, et cum Domino Iesu corporali morte Redemptionis nostrae consummare mysteriumARNALDUS sive Ernaldus Carnotensis, De septem verbis Domini in cruce, tractatus tertius. ML 189-1694.

7 «Stabat ante crucem mater, et fugientibus viris, stabat intrepida... Pendebat in cruce Filius, mater se persecutoribus offerebat.» S. AMBROSIUS, Liber de institutione virginis, cap. 7, n. 49. ML 16-318.

8 TURSELLINI, Vita, lib. 4, cap. 6 (a principio). Bononiae, 1746, pag. 202, 203. Questo viaggio, (dicembre 1550 - febbraio 1551), il più aspro di tutti, lo fece il Santo, non già principalmente per l'immediata evangelizzazione delle popolazioni sparse lungo la strada, in città e borghi, ma coll'intento di raggiungere la capitale e di ottenere alla sua missione la benevolenza del potere centrale: raggiunse sì la capitale, ma nulla ottenne, senza però che venisse infranto il coraggio del generoso apostolo.

9 GALLIZIA, Vita, lib. 2, cap. 7, § 1. - HAMON, Vita, lib. 2, cap. 3. - Il fiume chiamato da Gallizia «la Duranza» non è già «la Durance», ma «la Dranse». Chamblae: Chablais.

10 S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, lib. 3, cap. 1. ML 77, col. 215-220. - La verità storica del fatto venne acremente impugnata da alcuni, e strenuamente difesa da altri. Vedi ML 77-134, 135, Vindiciae Dialogorum, § «De historiis quae in Dialogis continentur...», auctore Petro Gussanvillaeo; Praefatio (editorum O. S. B.), XI, XII, col. 142; ML 61 (Opera S. Paulini), col. 775-778, Dissertatio septima, de captivitate S. Paulini. - Su quale fondamento si sia appoggiato S. Gregorio per asserire la verità del fatto, ce lo dice egli stesso, a principio della sua narrazione: «Sicut enim bonorum facta innotescere citius similibus solent, senioribus nostris per iustorum exempla gradientibus praedicti venerabilis viri celebre nomen innotuit, eiusque opus admirabile ad eorum se instruenda studia tetendit, quorum me necesse fuit grandaevitati (al. gravitati) tam certo credere, ac si ea quae dicerent meis oculis vidissemL. c., col. 216. - Quella «grandaevitas» o «gravitas» che sia, non indica, specialmente se si confronta col greco, o non indica unicamenteprincipalmente il numero degli anni, ma l'autorità dei testimoni. - Che poi S. Gregorio chiami «Vandali» i Goti che s'impossessarono di Nola nel 410, o che i prigionieri siano stati trasferiti in Africa o in Ispagna, son cose di poco o nessuno rilievo.

11 S. Fedele da Sigmaringa. - Angelo DE ROSSI DA VOLTAGGIO, Vita, pag. 150 e seg.

12 TURANO, Vita, lib. 2, cap. 15. Venezia, 1709, pag. 161.

13 «La sua carità sola, e l'amore che ci porta, è più grande, e più leale e più fino di quanta carità hanno mai avuto ed avranno tutti i Santi insieme, ed i più alti serafini e più infiammati nell'amore di Dio. O che buona ventura nostra è il vederci tanto amati con un amoregrande ed incinvibile, da una sì gran Signora, e dalla medesima Madre di Dio, con tale estremo, che tutto quanto l'amore che han mai portato e porteranno mai le più tenere madri del mondo ai lor figliuoli più cari ed amati, è un'ombra e un niente rispetto a quello ch'ella porta a noi.» Gio. Eusebio NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap. 14. Opere, II, Venezia, 1715, pag. 264. – Ed. Veneta, 1678, p. 125. - Ed. latina, Sancti Galli, 1681, p. 139.

14 In una noticina autografa, aggiunta all'edizione Bassanese, S. Alfonso avverte il tipografo: «E dove trovate inoltre, dividete e fate in oltre.»

15 Io. XIX, 26.

16 Vedi sopra, pag. 38, nota 10. - «Unde secure dici potest et credi quod sicut dicitur de Patre (Io. III): Sic Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret pro mundo, etc.; sic et dici potest: Sic Maria dilexit mundum, id est peccatores, ut Filium suum unigenitum daret, etc. pro salute mundiRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. IV, cap. 18. Inter Opera S. Alberti Magni, XX, pag. 131.

17 «Fu sì grande l'amore che Maria portò al mondo, che gli diede il suo Unigenito Figliuolo. (Diedecelo quando il partorì... quando il circoncise... quando lo presentò nel Tempio... quando gli guardò la vita acciocché Erode non l'uccidesse..., quando con sua licenza uscì dalla sua casa per andare a predicare;) diedecelo quando non ricusò che uscisse dal Cenacolo nell'orto; diedecelo, quando preso, accusato, maltrattato, affrontato, flagellato e coronato di spine, non disse per lui neppure una parola; diedecelo mille volte al piè della CroceNIEREMBERG, l. c. nella nota 13, p. 365.

18 Di S. Anselmo non sappiamo altro che il testo come viene riportato da S. Antonino: «Stabat verecunda, modesta, lacrimis plena, doloribus immersa. Anselmus: «O Domina, quos fontes lacrimarum dicam erupisse de pudicissimis oculis tuis, quum attenderes unicum tuum innocentem coram te flagellari, ligari, mactari, et carnem de carne tua crudeliter dissecari! Et tamen ita divinae voluntati conformis fuisti, ut dicere audeam, quod si nullus fuisset repertus qui filium crucifigeret, ad hoc ut sequeretur salus Dei secundum rationem, si oportuisset, ipsa posuisses in crucem.» Neque enim credendum est minoris fuisse perfectionis et obedientiae ad Deum, quam Abraham, qui proprium filium obtulit Deo in sacrificium propriis manibus occidendum et comburendum. Stabat ergo fixa in Dei voluntate.» - S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 41, § 1, Quantum ad tertium. Veronae, 1740, col. 1227.

19 «Et dicit singulariter (Hugo): quia nulla postea creatura ita per amorem exardescet, quae amantissimum filium suum, et unicum, quem Mulier plus seipsa amavit, nobis dedit, et pto nobis obtulitOpera S. Bonaventurae, III, Sermo I de B. V. Maria, ed. Rom. ecc., pag. 364, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

20 Venit enim Filius hominis quaerere et salvum facere quod perierat. Luc. XIX, 10.

21 Questa rivelazione fu fatta a S. Elisabetta detta d'Ungheria, terziaria francescana. Cf. Montalembert, Histoire de S. Elisabeth de Hongrie, Appendice, V: Révélation faite par la sainte Vierge à sainte Elisabeth, tirée des MS. des Bollandistes à Bruxelles, pag. 160. - Cf. Meditationes vitae Christi, cap. 3: inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen. VI, 336: Quinto petebam. (Vedi Appendice, 2) - Domandava cioè la santissima fanciulla Maria di veder quel tempo in cui s'adempirebbe l'oracolo d'Isaia: Ecce virgo concipiet, e di esser essa stessa la vergine serva di quella Vergine preeletta.

22 «Cura sibi est de omnibus. Longe enim positos illuminat radiis misericordiae suae; sibi propinquos per specialem devotionem, consolationis suavitate; secum insistentes in patria, excellentia gloriae. Et sic non est qui se abscondat a calore eius, id est a caritate et dilectione ipsius.» RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-852.

23 S. ANTONINUS, Sum. Theol., IV, tit. 15, cap. 2. Veronae, 1740, col. 917.



24 S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, n. 8. ML 183-429.

25 Al nome di Cornelio a Lapide, crediamo doversi sostituire quello del Salazar, il quale così parla: «Cum nos saepius ignoremus quid nostra potissimum ad salutem intersit, ex quo fit ut saepius nociva petamus; in summis Dei beneficiis numerare debemus, tantam Dominam nostras in singulis rebus praeire orationes et vota, postulantem illa quae magis nobis proficua esse cognovit. Accommodate ad haec Anselmus: «Nescit, inquit, homo, quid orat, aut quomodo oret. Tu pro nobis ora, Mater Dei, quae quid et quomodo nobis petendum sit nostiOptimum sane consilium, cum non satis noverimus quid magis e re nostra sit, Mariae preces nostras votaque committere. Agemus autem cum Deo ad hunc modum: «Domine sancte, id solum a te ego supplex peto, quod Maria mihi abs te precaturFerdinandus Quirinus de SALAZAR, S. I., in Proverbia, VIII, 18, n. 186. Parisiis, 1619, col. 614.

26 «Plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscasVen. BERNARDINUS DE BUSTO (al. de Bustis), Mariale seu sermones de B. V. M. ac de eius excellentiis, pars 2, sermo 5: de Nativitate Mariae, pars (huius sermonis) 7, de sponsae caelestis dote ac dotatione. Brixiae, 1588, pag. 185. Opera, III.

27 «Concupiscentia enim illius, sicut dicitur de sapientia (Sap. VI, 21) deducit ad regnum perpetuum. Praeoccupat etiam eos qui se concupiscunt, ut illis se priorem (prior) ostendat, sicut ibidem (Sap. VI, 14) diciturRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 15. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 55 (erronee signata 65), col. 2.

28 «Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipatRICHARDUS A S. VICTORE, In Cantica (IV, 5), cap. 23. ML 196-475.

29 Clara est, et quae numquam marcescit sapientia, et facile videturab his qui diligunt eam, et invenitur ab his qui quaerunt illam. Sap. VI, 13.

30 Qui continens est iustitiae, apprehendet illam, et obviabit illi quasi mater honorificata. Eccli. XV, 1, 2. - «Apprehendet toto conamine... dicens: Inveni quam diligit anima mea, tenui eam nec dimittam (Cant. III, 4). Illam, id est, Mariam, ut ei serviat, eam collaudet, et operetur ad honorem ipsius... Et obviabit, scilicet... Maria... Obviabit, inquam, per... familiaritatem Mariae, illi remunerando et hic et in morte. Quasi mater honorificata; quod est dicere: sicut mater honorificata a filiis suis, blande suscipit illos.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 6, n. 14. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 83, col. 1, 2; Parisiis, Vives, tom. XXXVI. - Il più delle volte, S. Alfonso attribuisce quest'opera al suo vero autore, Riccardo da S. Lorenzo penitenziere di Rouen (1245); qualche volta però, come poco sopra nella nota 27, e, per quanto crediamo, in questa nota 30, si attiene all'antica denominazione, e la cita sotto il nome di S. Alberto Magno.

31 «Agnoscit certe, et diligit diligentes se.» In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, n. 1. Inter Opera S. Bernardi. ML 184-1061. D'incerto autore: probabilmente d'un pio Cisterciense, posteriore di poco a S. Bernardo.

32 «Inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum, ipsaque diligit diligentes se; imo servit sibi servientibusRAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-851.

33 «In conventu Montispessulani fuit Frater Leo Dacus (altri hanno: Leodato), qui cum a quodam fratre sibi caro visitaretur, nam infirmus graviter erat, ait: Hac nocte vidi gratissimam visionem, ex qua multam consolacionem recepi: vidi enim gloriosam Virginem venientem ad me et dicentem: Vis venire nobiscum? Cui cum dicerem: Quae estis vos, Domina? Respondit: Ego sum Mater Dei. Cui dixi: Non credo, Domina, quod vos sitis Mater Dei: nam sum peccator vilissimus, nec decet quod tanta Domina veniat ad tantillum. Qua asserente: Ego sum Mater Dei, meam indignitatem respiciens, eadem iteravi. Ipsa itaque dicente: Non dubites, fili, nam ego sum Mater Christi, respondi: Domina, si vos Mater Dei, ego volo ire vobiscum. Eodem die dictus Frater circa vesperas obiitGerardus DE FRACHETO, O. P., Vitae Fratrum Ord. Praedicatorum, ed. J. J. Berthier, Monumenta Ord. Praed. historica, tom. I, Lovanii 1896, pag. 55, § XIX. - Vedi anche Annalium sacri Ordin. Praed. Centuria prima (an. 1238), auctore P. Thoma MALVENDA, Neapoli, 1627, pag. 607, 608.

34 «Diceva egli: «Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione, ed impetrerò da Dio ciò che voglio, e sarò onnipotente;» né altro si trova più spesso ne' suoi scritti, che propositi fatti di amare, servire, ed esser divoto della Beatissima VergineCEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176. - «Spesso rinnovava questo proponimento: «Io voglio amare MariaIvi, pag. 177.

35 «Humilibus quidem est devota, et devotis devotius humiliaturS. Ignatii Martyris Epistola (suppositia) ad S. Ioannem Apostolum, ML 5-943. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, Bologna, 1681, parte 1, cap. 1, pag. 2: «Maria humilibus est devota, et cum devotis devotior, id est, cum amantibus amantiordisse S. Ignazio martire».

36 BARTOLI, Vita (Opere, XX, Torino, 1825), lib. 1, cap. 11; - Vita, in latinum conversa a I. Iuvencio, Romae, 1855, lib. 1, cap. 11. - SACCHINI, Historia Soc. Iesu, pars 3, lib. 6, num. 74. - Il Padre, che prese il santo giovane per compagno, era il P. Emmanuele Sa (de Sa); e l'immagine visitata, quella di S. Maria Maggiore, da lui salutata ogni mattina, subito levatosi, dalla Casa di Noviziato di S. Andrea del Quirinale. - Della Salve Regina non si fa special menzione.

37 Il B. Ermanno, detto poi anche Giuseppe, dell'Ordine dei Premonstratesi, visse e morì (tra il 1230 e il 1241) nel monastero di Steinfeld, nella diocesi di Colonia. La Vita fu scritta da un contemporaneo. - Una notte, nel coro della chiesa, gli apparve la Madonna con due angeli; e, non ostante la resistenza della sua umiltà, e l'ammirazione per un fatto così insolito, uno degli Angeli «manum eius dexteram apprehendit et manui sacratissimae Virginis copulavit, et sub his verbis desponsationem pervecit: «Ecce, inquit, hanc Virginem tibi trado, sicut fuit desponsata Ioseph; ut nomen sponsi pariter cum sponsa accipias; et de cetero Ioseph erit nomen tuum;» nome che alcuni confratelli aveano cominciato a dargli, per la sua esimia innocenza, con sommo suo dispiacere. - Qualche tempo dopo, come il Beato stesso narrò all'autore della Vita, gli venne confermato questo nome da Maria SS.. Apparsagli col divin Pargoletto sulle braccia, il Beato, colla solita semplicità e fiducia, le disse: «Carissima, da mihi Filium tuum,» ed ella dopo qualche indugio, glielo porse, dicendo: «Porta Filium meum, sicut ab sponso meo Ioseph portatus est in Aegyptum; ut sicut idem onus, ita etiam similem honorem eiusdem nominis habeasVita, tractatus 1, cap. 4, n. 22, 23: inter Acta SS. Bollandiana, die 7 apriliis.

38 «Fu Filippo talmente divoto (della gloriosa Vergine), che l'avea del continuo in bocca, chiamandola il suo amore, dicendo ch'era la sua consolazione, e predicandola per dispensiera di tutte le grazie... A guisa d'un bambino, solea nominarla con quelle parole che usano i fanciulli di Mamma mia.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 2, n. 1. - Acta SS. Bollandiana, die 26 mensis maii, Vita altera, auctore BARNABEO, cap. 13, n. 160.

39 Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen. VII, 227 (in fine): Stimulus amoris, pars 3, cap. 16. - Vedi Appendice, 2.

40 «O Domina, quae rapis corda... nonne cor meum, Domina, rapuisti?... O rapitrix cordium, quando mihi restitues cor meum?... Cum illud postulo, mihi arrides: et statim tua dulcedine consopitus quiesco.» Inter Opera S. Bernardi, Meditatio in Salve Regina, n. 2. ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

41 Alla cugina Tobia, piissima vedova, la quale gli faceva da madre, diceva talvolta: «Philocaptus sum: morerer ea die qua meam amasiam facie ad faciem aspicere non valerem.» O pure: «Volo ire ad visitandum amasiam, quae pulcherrima est, nobilissima super omnes puellas nostrae civitatisOra parlava così di Maria SS., la cui immagine, dipinta al di sopra di una porta della città, egli visitava ogni giorno, mattina e sera, essendo solito dire alla stessa Tobia: «Dormire nequirem in nocte cuius die praecedenti effigiem non vidissem amasiae meae dulcissimae.» La pia cugina, o piuttosto madre, temendo, suo malgrado, di qualche amore per lo meno pericoloso, lo sorvegliò, lo fece sorvegliare, e per maggior sicurezza, lo fece anche confessare al suo Bernardino, promettendogli di fargli sposare la sua diletta, qualora fosse un partito conveniente: «Philocaptus sum, rispose egli, de beata Virgine Dei Genitrice Maria... Statui in mente mea, eius amore, suam imaginem quotidie visitare: et talis est amasia mea.» S. IOANNES A CAPISTRANO, Vita S. Bernardini Senensis. Opera S. Bernardini, I, pag. XXXV-XXXVI.

42 «Aveva già Luigi nove anni compiti, quando fu lasciato dal padre in Firenze, e vi stette più di due anni... Nel bel principio che giunse in Firenze, fece Luigi gran progresso nella vita spirituale, e perciò soleva celebrare Firenze come madre della sua divozione; ed in particolare prese tanto affetto alla Beatissima Vergine nostra Signora, che quando di lei ragionava o pensava ai suoi santissimi misteri, pareva si struggesse tutto per tenerezza spirituale.» (E fu allora che, per desiderio di far qualche cosa grata alla Madonna, fece, nella chiesa dell'Annunziata, il voto di perpetua verginità.) CEPARI, Vita, parte 1, cap. 3.

43 «Cum in conventu civitatis Truxilli moraretur, ecclesiam oraturus adibat, et aliquando patri Hieronymo... a Turre sibi occurrenti dixit: «Vado ad musicos modulandos accentus coram pulcherrima Virgine, quae me exspectat.» Ille autem... in angulo latitare solitus, saepe ipsum coram altari et sacra Virginis Mariae imagine positum vidit, ac lyrae suae chordulas pulsantem, tanta suavitate repletum et gaudio, ut in saltus miros et commotiones prorumperet, ac tandem genibus flexis quietum, et in oratione perseverantem observaveritTIBURTINUS NAVARRUS, Vita, cap. 10, n. 119-122: inter Acta SS. Bollandiana, die 24 iulii, num. 120.

44 Giovanni de Trexo, non Girolamo. - NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap. 10. Opere, II, Venezia, 1715, p. 353. - La chiesa era un romitorio appartato, consacrato a Maria Santissima.

45 NIEREMBERG, op. cit., p. 354. - Sappiamo dal Patrignani, Menologio, 2 aprile, che il P. Diego Martinez fu un grande missionario del Perù: morì a Lima, nel 1626, in età di 84 anni.

46 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 13.

47 S. Alfonso Rodriguez, S. I., BONAVENIA, S. I., Vita, 1888, lib. 2, cap. 15, p. 167. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. ultimo (27), § 4. Vedi sopra, Introduzione, nota 20 pag. 20.

48 Francesco Binans, dell'Ord. dei Minimi. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 15. Bologna, 1681, p. 218.

49 Ven. HILDEBERTUS, Cenomanensis episcopus, Vita S. Radegundis reginae, cap. 4, n. 27, ML 171-977; e più distintamente ancora, il celebre poeta, più tardi vescovo di Poitiers, Venantius Honorius Clementianus FORTUNATUS, il quale conobbe assai bene la santa regina, più volte ne esaltò le virtù nei suoi versi, forse per compiacerla nella sua divozione alla Santa Croce scrisse gli inni Pange, lingua, gloriosi e Vexilla Regis prodeunt, e finalmente ne compose la Vita. Ivi, n. 26, ML 88-598 e ML 72-660, si legge: «Inde vice sub altera, iussit fieri laminam in signo Christi aurichalcam, quam accensam in cellula locis duobus corporis altius sibi impressit, tota carne decocta.» Quel che aveva fatto scolpire nel metallo, veniva impresso profondamente, «altius», nella carne. Nel testo d'Ildeberto, apparisce soltanto la penitenza; in quello di Fortunato, più consapevole dei pensieri della Santa, si manifesta anche la divozione. In signo Christi: o il monogramma di Cristo, o la croce, a cui era tanto divota, forse, come altri crede, con qualche istrumento della Passione. - Del nome di Maria non si fa cenno, né si sa da che abbiano preso argomento il Marracci (Heroides Marianae, cap. 15, § 1: Migne, Summa Aurea 11-803) ed altri di asserire che la santa regina si sia scolpito nel petto i SS. nomi di Gesù e di Maria. - Che peraltro fosse divotissima di Maria, non si può dubitare. La chiesa del suo monastero, la quale venne dedicata alla Santa Croce dopo che Radegonda ebbe ottenuta dall'imperatore Giustino una insigne reliquia della Vera Croce, chiamavasi prima «di Santa Maria» (Guérin, Les Petits Bollandistes, 13 août, IX, 501). I suoi sentimenti Mariani si possono in qualche modo conoscere in quelli di Fortunato, a cui si attribuiscono gli inni Quem terra, pontus, sidera, O Gloriosa Domina, Ave, maris stella, oltre una lunga poesia sulla Madonna (ML 88-265, 266; 276 et seq.). Il suo poema de virginitate (ML 88-226 et seq.), dedicato a quella stessa Agnese che Radegonda si era scelta come Badessa, ed ove loda Radegonda, comincia così: «In nomine Domini nostri Iesu Christi, et dominae meae Mariae, matris eius. De virginitate

50 Gio. Battista Archinto, Milanese, entrò ventenne nella Compagnia di Gesù; morì nel 1574, dopo quattro anni di vita religiosa. S'impresse sul petto, «con una lamina intagliata di ferro infocato», i santissimi nomi di Gesù e di Maria, essendo ancora secolare. Cf. PATRIGNANI, Menologio, 7 settembre; AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 15, pag. 223. - Del P. Agostino de Espinosa (+ 1648), che «ebbe tre altri fratelli nella Compagnia, uno dei quali fu martire», scrive il PATRIGNANI (Menologio, 4 febbraio), n. 3: «Si stampò con ferro infocato sul petto il nome di Gesù, con altri segni nel corpo della sua servitù a Gesù e a Maria

51 «Scio, Domina, quia benignissima es, et amas nos amore invincibili.» Inter Opera S. Petri Damiani, NICOLAUS monachus, notarius S. Bernardi, Sermo II, in Nativitate B. V. Mariae, ML 144-740.

52 «Adeo Virgini addictus (erat), ut olim vixdum per aetatem rationis compos sic illam compelleret: «Ah! si me tantum, quantum ego te, Virgo, diligeres, quam felix viverem!» Cui illa: «Falleris, Alphonse; plus te amo quam ipse me amesAnnis vero maturum... incredibile est quibus indiciis peculiaris benevolentiae affecerit. Alias enim: «Alphonse, inquit, de meo erga te amore non est quod ambigas, cum abs te tantopere diligar, et sit amoris praemium redamari.» Alias: «Quantum te diligo, Alphonse, fili mi! quantum te diligoNonnumquam: «Proh! quali caritatis ardore, Alphonse; fili, te requiroIANINUS, Vita, lib. 2, cap. 12, n. 92, pag. 635: Acta SS. Bollandiana, die 30 octobris.

53 «Beati quorum corda te diligunt, Virgo Maria (Ps. 31, v. 1) - Beati qui devote ei famulantur (Ps. 118, v. 4).» Psalterium B. V. M. (d'ignoto autore), inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, pag. 481, 488.

54 «Numquam in hoc eximio certamine a nobis ipsa vincetur; eternim et amorem redhibet, et praeterita beneficia novis semper adaugetPACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, in Ps. 86, excitatio 2, n. 1. Editio 4, Venetiis, 1720, pag. 7.

55 «Vestro continuo amore langueat cor meum, liquefiant omnia ossa mea... Date itaque, piissimi, date obsecro supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quanto digni estis, amorem vestrum... Amator et miserator hominum, tu posuisti (potuisti) reos tuos et usque ad mortem amare et poteris te roganti amorem tui et Matris tuae negare?» S. ANSELMUS, Orationes, Oratio 52 (al. 51). ML 158-958, 959.

56 Questo fatto, riferito dall'AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 8 (Bologna, 1681, pag. 153), vien preso dal Magnum Speculum exemplorum, dist. 9, exemplum 118, ove comincia così: «Legitur in libro Exemplorum B. Virginis...» Si legge pure nell'opera di D. Ingazio Brentano Cimarolo, O. S. B., Miranda Mariana, tractatus 3, fasciculus 1, exemplum 43: apud Migne, Summa aurea, tom. 12, pag. 974. - Non si tratta, come si è creduto, di quel che succedette alla morte di S. Germana Cousin, la quale avvenne nel 1601. Infatti di questa santa poco o nulla si fece caso fino all'anno 1644, in cui piacque a Dio di rendere la sua tomba gloriosa. Non poté dunque conoscerla l'autore del Magnum Speculum, morto verso il 1480, e meno ancora, l'autore del Liber exemplorum B. Virginis. giova dire che questo racconto sia stato aggiunto da qualche continuatore: la copia che abbiamo è del 1618, tempo in cui la pastorella di Pibrac era morta sì, ma affatto sconosciuta. - Vi è qualche particolare comune ai due racconti: ma forse non può il Signore compiere due volte la stessa maraviglia? Ne abbiamo un commovente esempio nella vita di S. Germana: quel grazioso miracolo delle limosine cambiate in rose, fatto a favore della Lantgravia di Turingia, Santa Elisabetta, il Signore lo rinnova a favore della contadinella, cambiando, nella rigida stagione, in freschissimi fiori sconosciuti a Pibrac, i tozzi di pane tolti dal suo parco mangiare per i poveri. E Dio volle che i due contadini, accorsi in suo aiuto per difenderla dalla collera della matrigna, vivessero abbastanza per render testimonianza giurata del fatto, nei primi atti del processo per la beatificazione. - S. Germana fu assistita soprannaturalmente nella sua agonia, ma in che modo precisamente, non lo sappiamo, essendo stata ella trovata morta la mattina, nel sottoscala dove prima era stata costretta dalla matrigna, e dove poi essa stessa aveva domandato al padre di dormire. - Quel che è comune ai due racconti, è l'intervento di due religiosi. In quello che concerne S. Germana, dice il BOERO, S. I. Vita, Roma, 1854, pag. 22: «Un'altra visione è deposta nei seguenti termini nei processi: «La stessa notte della morte della Venerabile Germana Cousin, due religiosi si ripararono tra le rovine del vecchio castello degli antichi signori di Pibrac, che è situato sulla strada che conduceva all'abitazione dei genitori della Venerabile Serva di Dio. Nel cuor della notte, videro passare due verginelle vestite di bianco, che si avviavano verso la detta abitazione, e dopo alcuni istanti le videro ritornare conducendosi in mezzo un'altra vergine egualmente vestita di bianco e avente in capo una corona di fiori. Fatta appena l'alba del seguente, entrarono nel villaggio, dimandarono se fosse morto qualcheduno, e fu loro risposto di no, ignorandosi ancora che il Signore aveva chiamato a sé la Venerabile Germana Cousin... Da altri ancora fu veduta la B. Germana girsene al cielo, accompagnata da un coro di dodici vergini, che le facean coronaImmediatamente prima (p. 22) aveva scritto il Boero: «Un sacerdote di Guascogna, che recavasi a Tolosa, in passando quella notte vicino al villaggio di Pibrac, fu rapito in ispirito, e vide una luminosa processione di santi, che discendeva dall'alto verso Pibrac, e indi a poco risaliva in cielo conducendo seco un'anima beata di più... All'indomani, tornando da Tolosa a Pibrac, dimandò ai paesani chi fosse morto nella notte precedente in quella parrocchia, da cui ebbe in risposta, che la pastorella Germana CousinCf. Louis VEUILLOT, Vie, 1854, pag. 129; Mgr. Paul GUERIN, Les Petits Bollandistes, 15 juin.

57 «O Domina, quae corda rapis dulcedineStimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugd., VII, 232. - Vedi Appendice, 2, e 3, A.



58 «Io trovo fra i suoi scritti questo ricordo: «Numquam quiescam, donec obtineam amorem tenerum erga dulcissimam meam Matrem MariamCEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 181.

59 ARISTOTILE non ha questa sentenza nei termini riferiti, ma l'esprime così: «In communitate quadam omnis amicitia cernitur (Ethicorum Nicomach. VIII, n. 7);» e più distintamente per partes, cioè: a) Amor similes invenit: «Deus similem semper ad similem adducit (Ethicorum ad Eudemum VII, dopo l'inizio). Aequalis aequalem delectat» (ibid., n. 2). b) Amor similes facit: «Communia amicorum omnia (ibid). Aequales inter se esse socii cupiunt (Magnorum Moralium II, n. 11, verso la fine).»

1 «Ego sum Mater Dei... Ego etiam sum Mater omnium qui sunt in superno gaudio... Sum etiam mater omnium qui sunt in purgatorio... Ego sum Mater totius iustitiae quae est in mundo... Ego etiam sum quasi Mater omnium peccatorum se volentium emendare.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 4, cap. 138. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 298, col. 1.

2 «De Matre vero Domini, cui te principaliter commisi et committo, et numquam committere... omittam, quid tibi dicam, quam caelum et terra laudare, licet ut meretur nequeant, non cessant? Hoc tamen procul dubio teneas, quia, quanto altior et melior ac sanctior est omni matre, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores et peccatrices. Pone itaque finem in voluntate peccandi, et prostrata coram illa ex corde contrito et humiliato lacrimas effunde. Invenios illam, indubitanter promitto, promptiorem carnali matre ac mitiorem in tui dilectione.» S. GREGORIUS PP. VII, Registrum, lib. 1, Epistola 47, ad Comitissam Mathildem (in fine). ML 148-328.

3 «Ideo dicitur prius: Surrexerunt (Prov. XXXI, 28), nec dignus est, qui in mortali peccato est, vocari filius tantae matrisRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 8. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 74: Paris., XXXVI, 115.

4 «Qui genitoris opera non facit, negat genus, Domino sic docente: Si filii Abrahae essetis, opera Abrahae faceretis. (Io. VIII).» S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 123, De divite et Lazaro. ML 52-537. - Si filii Abrahae estis, opera Abrahae facite... Vos facitis, opera patris vestri... Vos ex patre diabolo estis. Io. VIII, 39, 41, 44. - La stessa ragione vale per la madre, come per il padre.

5 «Filii eius, id est, imitatores, maxime in tribus, castitate, largitate humilitate... Si filii Abrahae estis, opera Abrahae facite (Io. VIII, 39). Filii ergo Mariae imitatores eius in benignitate, mansuetudine, misericordia, et huiusmodi.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, op. cit., l. c. - Vedi la precedente nota 3.

6 AURIEMMA, Affetti scambievoli: dopo i 16 capitoli della Parte seconda: Motivo per amar Maria, cap. 12. Bologna, 1681, pag. 413.

7 «Quidam peccator, volens ire ad peccandum, ad altare Virginis gloriosae stans, salutavit eam angelica salutatione, quia modus eius erat., quandocumque praeterivit altare vel imaginem Virginis Mariae, quod eam salutavit. (Prodigiosamente la Madonna gli eccitò nel cuore il rimorso dei suoi peccati.) Et peccator ille, conversus ad Virginem, dixit: «O Mater misericordiae, intercede pro me.» Et illa: «Vos peccatores vocatis me matrem misericordiae, qui tamen non cessatis me facere matrem miseriae et tristitiaeSermones Discipuli (i. e. Io. HEROLT, O. P.), de tempore et de sanctis, Sermo 161, de B. V. Maria (verso la fine). Venetiis, 1598, pag. 607. - PELBARTUS DE THEMESWAR, Ord. Min., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 12, pars 3 (ultima), cap. 7, Miraculum I. Venetiis, 1586, fol. 224, col. 3.

8 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. II, cap. 1, n. 8. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugd., 1651, XX, pag. 35 (operis, non integri voluminis); Paris., XXXVI, 62.

9 «Deinde ait Filius Dei ad Matrem: «O benedicta Mater, tu es similis aurifabro, qui praeparat opus pulchrum... Sic tu, dilecta Mater, omni conanti surgere ad Deum tribuis auxilium, et neminem relinquis vacuum a consolatione tua.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 3, cap. 19 (verso la fine).

10 «Si quis dixerit, opera omnia, quae ante iustificationem fiunt, quacumque ratione facta sint, vere esse peccata, vel odium Dei mereri, aut, quanto vehementius quis nititur se disponere ad gratiam, tanto eum gravius peccare: anathema sit.» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 6, canon 7.

11 «Non est speciosa laus in ore peccatoris (Eccli. XV, 9). Etiam quae est in ore peccatoris poenitentis, non videtur speciosa; quia adhuc de peccati recordatione et memoria confusionem patitur, et frequenter inde compungitur. Sed tamen in eo est utilis et fructuosa confessio, etsi non speciosa decoraque laudatio.» S. BERNARDUS, Sermones de diversis, Sermo 81. ML 183-699.

12 «Sicut supra dictum est (qu. 83, art. 16)... oratio in impetrando non innititur merito, sed divinae misericordiae, quae etiam ad malos se extendit.» S. THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 178, art. 2, ad 1. - «Oratio... habet... virtutem merendi et virtutem impetrandi. Oratio autem, dicut et quilibet alius actus virtutis, habet efficaciam merendi, in quantum procedit ex radice caritatis... Efficaciam autem impetrandi habet ex gratia Dei, quem oramus; qui etiam nos ad orandum inducit. Unde Augustinus...: «Non nos hortaretur ut peteremus, nisi dare velletII-II, qu. 83, art. 15, C. - «Quamvis eius (peccatoris) oratio non sit meritoria, potest tamen esse impetrativa, quia meritum innititur iustitiae, sed impetratio innititur gratiaeIbid., ad 2.

13 «Invocatio autem nomine Matris suae (Domini Iesu), etsi merita invocantis non merentur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiaturEADMERUS monachus Cantuariensis, Liber de excellentia B. Mariae, cap. 6. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-570.

14 «Ex Deo et homine cataplasma confectum est, quod sanaret omnes infirmitates tuas. Contusae sunt autem et commixtae hae duae species in utero Virginis, tamquam in mortariolo; sancto Spiritu, tamquam pistillo, illas suaviter commiscente. Sed quia indignus eras cui donaretur, datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes... Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transiret.» S. BERNARDUS, In Vigilia Nativitatis Domini, sermo 3, n. 10. ML 183-100.

15 «Beatus Bernardus ait: Tu mater Regis, tu mater exsulis; tu mater Dei (il contesto esige: rei), tu mater Iudicis; et tu mater Dei et hominis: cum mater sis utriusque, discordiam inter filios tuos nequis sustinereCONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 3: inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun., VI, 432. - Questo testo però non è di S. Bernardo, ma, parte letteralmente, parte a senso, di ADAMO (+ 1203), Abbate di Persenia (Perseigne), Mariale, Sermo 1, in Annuntiatione B. M. V., ML 211-703: «Tu enim mater exsulis, tu mater Regis. Tu mater rei, tu mater Iudicis. Tu mater Dei, tu mater hominis. Per te ergo factus est reus frater Iudicis, per te facta est una hereditas Regis et exsulis. Cum enim utriusque mater, utrumque habes filium... Tu, misericordiae mater, non rogabis pro filio Filium?... Rogabis plane, quia qui Filium tuum inter Deum et homines posuit Mediatorem, te quoque inter reum et Iudicem posuit Mediatricem

16 «Verba Virginis gloriosae... Quantumcumque homo peccat, si ex toto corde et vera emendatione ad me reversus fuerit, statim parata sum recipere revertentem. Nec attendo quantum peccaverit, sed cum quali intentione et voluntate redit. Ego vocor ab omnibus Mater misericordiae: vere, filia, misericordia Filii mei fecit me misericordem, et misericordia eius visa compatientem.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 2, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 114, col. 1. - «Maria loquitur: Nullus est tantus peccator, nec tam in vili opere positus, quin, si invocaverit me in adiutorium, ego iuvabo eum. Quod enim opus est vilius quam curare caput scabiosum? Si quis invocat me, ministrabo adiutorium ut mundetur. Quid vero vilius instrumento illo, aut sordidius, quo crassitudo terrae eiicitur de stabulo super currum? Si quis invocaverit me, ego iuvabo eum. Quid vero vilius, quam lavare plagas leprosi? Quicumque invocaverit me, ego non dedignor tangere, et ungere, et sanare plagas suas.» Id. op., lib. 6, cap. 117, pag. 438, col. 2.

17 «Haec est mulier Chananaea egressa de finibus Tyri et Sidonis, id est de profundo saecularis conversationis, quae clamat ad Deum pro filia, id est, peccatrice anima, cuius etiam personam misericorditer in se transformat, dicens: Miserere mei... fili DavidRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. Mariae, lib. 6, cap. 9, n. 11. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, 198; ed. Paris., XXXVI, 349.

18 «Bene beatus Bernardus ait: Maria, tu peccatorem toti mundo despectum, materno affectu complecteris, foves, nec deseris, quousque horrendo Iudici miserum reconciliesCONRADUS SAXON, Speculum B. M. V., lectio 5.Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, 437, col. 1. Vedi Appendice, 2. - ECBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Sermo panegyricus, alias Ad gloriosam Virginem Mariam deprecatio et laus elegantissima, n. 2, inter Opera S. Bernardi, ML 184-1010: «Tu peccatorem quantumlibet fetidum, non horres, non despicis;... tu illum... foves, nec deseris, quousque horrendo Iudici miserum reconcilies... ac toti mundo despectum materno affectu amplecterisVedi Appendice, 3, B.

19 «Illi (nempe Mariae) omnem gratiae et misericordiae meae thesaurum erogandum commisi, quando filios meos omnes, potissimum autem, pro quibus tunc patiebar, peccatores, in persona Ioannis in filios commendavi. Hoc ipsa non ignorat. Propterea adeo est diligens, adeo sedula, ut officio suo satisfaciens, neminem eorum, quantum in se est, qui sibi commissi sunt, praecipue se invocantium, perire sinat, sed quantum valet, omnes mihi reducat, omnes mihi reconciliandos offeratLANSPERGIUS, Cartusianus, Alloquia Christi Iesu ad animam, lib. 1, pars 3 (non già parte 4, come, alla pagina 476, erroneamente vien segnato), Canon 12. Opuscula spiritualia, I, pag. 486: Coloniae Agrippinae, 1693.

20 «Huius Virginis Matris bonitas, misericordia, pietas, amicitia, benignitas, clementia, fidelitas, benevolentia, et caritas erga homines tanta est, ut nullis verbis explicari possitLudovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis, O. S. B., Sacellum animae fidelis, pars 3, cap. 5, n. 2. Opera, Antwerpiae (Moretus), 1632, pag. 264.

21 «Amplectamur Mariae vestigia, fratres mei, et devotissima supplicatione beatis illius pedibus provolvamur. Teneamus eam, nec dimittamus donec benedixerit nobis.» S. BERNARDUS, Dominica infra octavam Assumptionis B. V. M., Sermo de duodecim praerogativis B. V. M., ex verbis Apoc. XIII, 1: Signum magnum..., n. 5. ML 183-432.

22 PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 3 in Ps. 86, n. 12, pag. 17, col. 1, dopo aver detto di Oza, colpito di subitanea morte per la sua temerità nel toccare l'Arca, che da molti si crede esser egli morto penitente, perché mortuus est iuxta Arcam Dei, figura di Maria, soggiunge: «His affectus D. Bonaventurae subnectam: De tua, - inquit, Virginem alloquens, - benignitate et humilitate benigna confido, quod me indignum sustinebis. Et quamvis sis arca veteris testamenti, et ego multo ignobilior, tamen cum te tetigero corde, et salutavero ore, non credo percuti, sed tuo amore infiammari, et tua pietate largissima exaudiriContinua il Paciuchelli, a quanto pare, a nome proprio: «Fateor, non eam, ut par est, veneror neque amore et reverentia prosequor, in eius obsequiis sexcentos defectus defleo; valde sum temerarius, et multo magis quam Oza; non mereor beneficia, sed flagella, sed plagas, sed mortem. Verum etiamsi occiderit me, sperabo in eam, et totus in ea considero, iuxta eius Imaginem mori desidero - obstruatur os loquentium iniqua - et salvus ero.» Nella nota marginale, vien segnato S. Bonaventura, Stimulus amoris, pars 3, cap. 12. Ora, né in quel capitolo 12, né altrove, né in tutto, né in parte, troviamo nello Stimulus il testo riferito. Però, osservano gli editori di S. Bonaventura (VIII, ad Claras Aquas, Prolegomena, pag. CXI, col. 1) che lo Stimulus, o manoscritto o stampato, si presenta «mira cum varietate rei et ordine partium». Il Paciuchelli ed anche S. Alfonso, in qualcuna di quelle svariate edizioni, avranno letto quanto ci riportano.

23 Carlo BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria, detti nella Chiesa del Gesù di Roma. Parte quarta, Venezia, 1749 (la prima edizione è del 1692, Roma), esempio 10. - Vedi Appendice, 4.

24 «Deus, qui factus es filius feminae propter misericordiam; femina, quae facta es Mater Dei propter misericordiam, aut miseremini miseri, tu parcendo, tu interveniendo; aut ostendite ad quos tutius fugiam miericordiores, et monstrate in quibus certius confidam potentiores.» S. ANSELMUS, Cantuariensis Archiepiscopus, Orationes, Oratio 51 (al. 50). ML 158-952.




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