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S. Alfonso Maria de Liguori Glorie di Maria IntraText CT - Lettura del testo |
Parte prima
CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.
§ 1. - Quanta dee esser la nostra confidenza in Maria, per esser ella regina della misericordia.
Poiché la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser madre del Re de' regi, con giusta ragione la S. Chiesa l'onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di regina. Se il figlio é re, dice sant'Atanasio (Serm. de Deip.), giustamente la madre dee stimarsi e nominarsi regina: Si ipse rex est qui natus est de Virgine, mater quae eum genuit, regina et domina proprie ac vere censetur.1 Sin da che Maria, soggiunge S. Bernardino da Siena, diede il suo consenso in accettare d'esser madre del Verbo eterno, sin d'allora meritò di esser fatta la regina del mondo e di tutte le creature: Haec autem Virgo in illo consensu meruit primatum orbis, dominium mundi, sceptrum regni super creaturas (Tom. II, s. 51).2 Se la carne di Maria, discorre S. Arnoldo abbate, non fu divisa da quella di Gesù, come poi dalla monarchia del figlio può esser separata la madre? Neque a dominatione Filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro. Ond'è che dee giudicarsi la gloria del regno non solo esser comune tra la madre e 'l Figlio,
ma ben anche la stessa: Filii gloriam cum matre non tam communem iudico, quam eamdem (S. Arn., de Laud. Virg.).3
E se Gesù è re dell'universo, dell'universo ancora è regina Maria. Regina constituta, totum iure possidet Filii regnum (Ruperto abbate).4 Sicché, dice S. Bernardino da Siena, quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacche gli angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'impero di Dio, son anche soggette al dominio della Vergine: Tot creaturae serviunt gloriosae Virgini, quot serviunt Trinitati; omnes namque creaturae, sive angeli, sive homines, et omnia quae sunt in caelo et in terra, quia omnia sunt divino imperio subiecta, gloriosae Virgini sunt subiectae (To. II, cap. 61).5 Quindi rivolto alla divina Madre Guerrico abbate, così le parla: Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui, fiducialiter age tamquam regina, mater regis et sponsa; tibi debetur regnum et potestas:6 Siegui dunque, o Maria, siegui sicura a dominare, disponi pure ad arbitrio de' beni del tuo Figlio, mentr'essendo madre e sposa del re del mondo, si dee a te, come regina, il regno e 'l dominio sopra tutte le creature.
Regina dunque è Maria; ma sappia ognuno, per comun consolazione, ch'ella è una regina tutta dolce, clemente, ed inclinata
al bene di noi miserabili. Perciò la santa Chiesa vuole che noi la salutiamo in questa orazione e la chiamiamo Regina della misericordia. Il nome stesso di regina, come considera il B. Alberto Magno, significa pietà e provvidenza verso de' poveri; a differenza del nome d'imperatrice, che significa severità e rigore.7 La magnificenza dei re e delle regine consiste nel sollevare i miserabili, dice Seneca: Hoc reges habent magnificum, prodesse miseris.8 Sicché dove i tiranni nel regnare han per fine il proprio bene, i regi debbono aver per fine il bene de' vassalli. Ond'è, che nella consagrazione de' re si ungono le loro teste con olio, simbolo di misericordia, per dinotare ch'essi in regnando debbono sopra tutto nudrire pensieri di pietà e beneficenza verso de' sudditi.
Debbono dunque i regi principalmente impiegarsi nelle opere di misericordia; ma non talmente che si dimentichino di usar la giustizia verso de' rei, quando si dee. Non così Maria, la quale, benché regina, nulladimeno non è regina della giustizia, intenta al castigo de' malfattori, ma regina della misericordia, intenta solo alla pietà ed al perdono de' peccatori. E perciò la Chiesa vuole che espressamente la chiamiamo regina della misericordia. Considerando il gran cancelliere di Parigi Giovan Gersone le parole di Davide: Duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12), dice che, consistendo il regno di Dio nella giustizia e nella misericordia, il Signor l'ha diviso: il regno della giustizia se l'ha riserbato per sé, e 'l regno della misericordia l'ha ceduto a Maria, ordinando che tutte le misericordie che si dispensano agli uomini passino per mano di Maria, ed a suo arbitrio si dispensino. Ecco le parole di Gersone: Regnum Dei consistit in potestate et misericordia: potestate Deo remanente, cessit quodammodo misericordiae
pars Matri regnanti (Pars III, tr. 4, sup. Magn.).9 E lo conferma S. Tommaso nella prefazione all'Epistole canoniche, dicendo che la S. Vergine, allorché concepì nel seno il divin Verbo e lo partorì, ottenne la metà del regno di Dio, con divenir ella la regina della misericordia, e restando Gesù Cristo re della giustizia: Quando Filium Dei in utero concepit, et postmodum peperit, dimidiam partem regni Dei impetravit, ut ipsa sit regina misericordiae, ut Christus est rex iustitiae.10
L'Eterno Padre costituì Gesù Cristo re di giustizia, e perciò lo fe' giudice universale del mondo; onde cantò il Profeta: Deus, iudicium tuum regi da, et iustitiam tuam filio regis (Ps. LXXI, 2). Qui ripiglia un dotto interprete, e dice: Signore, voi avete dato al vostro Figlio la giustizia, quia misericordiam tuam dedisti matri regis.11 Onde S. Bonaventura ben volta il
suddetto passo di Davide con dire: Deus, iudicium tuum regi da, et misericordiam tuam Matri eius.12 Così parimente l'arcivescovo di Praga Ernesto dice che l'Eterno Padre ha dato al Figlio l'officio di giudicare e punire, ed alla Madre l'officio di compatire e sollevare i miserabili: Pater omne iudicium dedit Filio, et omne officium misericordiae dedit Matri.13 Che perciò predisse lo stesso profeta Davide che Dio stesso, per così dire, consacrò Maria per regina di misericordia ungendola con olio di allegrezza: Unxit te Deus... oleo laetitiae (Ps. XLIV, [8]). Acciocché tutti noi miseri figli di Adamo ci rallegrassimo in pensando di aver in cielo questa gran regina tutta piena d'unzione di misericordia e di pietà verso di noi, come dice S. Bonaventura: Maria plena unctione misericordiae et oleo pietatis, propterea unxit te Deus oleo laetitiae (S. Bon., in Spec., cap. 7).14
Ed a tal proposito quanto bene si applica dal B. Alberto Magno l'istoria della regina Ester, la quale fu già figura della nostra regina Maria.15 Si legge nel libro d'Ester al cap. IV che, regnando Assuero, usci ne' suoi regni un decreto, con cui si ordinava la morte di tutti i Giudei. Allora Mardocheo, che era uno de' condannati, raccomandò la lor salute ad Ester, acciocché si fosse interposta col re, affin di ottenere la rivocazione della sentenza. Sul principio Ester ricusò di fare quest'officio, temendo di sdegnare maggiormente Assuero. Ma la riprese Mardocheo, e le mandò a dire ch'ella non pensasse a salvare solo se stessa, mentre il Signore l'avea posta sul trono per ottenere a tutti i Giudei la salute: Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis Iudaeis (Esth. IV, 13). Così disse Mardocheo alla regina Ester, e così ancora
possiamo dir noi poveri peccatori alla nostra regina Maria, se mai ella ripugnasse d'impetrarci da Dio la liberazione del castigo giustamente da noi meritato. Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis hominibus: Non pensate, Signora, che Dio vi abbia esaltata ad essere la regina del mondo solo per provvedere al vostro bene, ma acciocché ancora voi, fatta sì grande, possiate più compatire e meglio soccorrere noi miserabili.
Assuero, allorché vide Ester alla sua presenza, le domandò con amore che cosa fosse ella venuta a cercargli: Quae est petitio tua? Rispose allor la regina: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex, ... dona mihi... populum meum pro quo obsecro.16 Mio re, gli disse, se mai ho trovata grazia negli occhi tuoi, donami il popolo mio, per cui ti prego. Ed Assuero l'esaudì, subito ordinando che si rivocasse la sentenza.
Or se Assuero accordò ad Ester, perché l'amava, la salute de' Giudei, come Dio potrà non esaudire Maria, amandola egli immensamente, allorch'ella lo prega per li miseri peccatori che a lei si raccomandano, e gli dice: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex: Mio re e Dio, se mai ho trovato grazia appresso di voi - ma ben sa la divina Madre essere stata ella la benedetta, la beata, la sola fra tutti gli uomini a trovare la grazia dagli uomini perduta; ben sa esser ella la diletta del suo Signore, amata più che tutti i santi ed angeli insieme - dona mihi popolum meum, pro quo obsecro. Se mai mi ami, gli dice, donami, Signore, questi peccatori per cui ti supplico. È possibile che Dio non l'esaudisca? E chi non sa la forza che hanno appresso Dio le preghiere di Maria? Lex clementiae in lingua eius (Prov. XXXI, [26]). Ogni sua preghiera è come una legge stabilita dal Signore, che s'usi misericordia a tutti coloro, per cui intercede Maria.
Domanda S. Bernardo, perché la Chiesa nomina Maria Regina di misericordia? E risponde, perché noi crediamo ch'ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; si che non vi è peccatore, per enorme che sia, il quale si perda, se Maria lo protegge: Quod divinae pietatis abyssum cui vult, quando vult, et quomodo vult, creditur aperire; ut nemo tam enormis peccator pereat,
cui Sancta sanctorum patrocinii suffragia praestat (S. Bern., in Salve Reg.).17
Ma forse poi possiamo noi temere che Maria sdegni d'interporsi per alcun peccatore, perché lo vegga troppo carico di peccati? O forse ci dee atterrire la maestà e la santità di questa gran regina? No, dice S. Gregorio, quanto ella è più alta e più santa, tanto è più dolce e pietosa co' peccatori, che vogliono emendarsi e a lei ricorrono: Maria quanto altior et sanctior, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores (Lib. I, ep. 47).18 - I re e le regine colla maestà che ostentano danno terrore, e fan che i sudditi temano di andare alla loro presenza. Ma che timore, dice S. Bernardo, possono avere i miserabili di andare a questa regina della misericordia, poich'ella niente dà a conoscere di terribile o d'austero a chi va a ritrovarla, ma si dimostra tutta dolcezza e cortesia? Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile; tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam (Super Sign. Magn.).19 Maria non solo dona, ma ella stessa offerisce a tutti noi latte e lana: latte di misericordia
per animarci alla confidenza, e lana di rifugio per ripararci da' fulmini della divina giustizia.
Narra Svetonio di Tito imperatore che egli non sapea negare alcuna grazia a chiunque gliela domandava; anzi che alle volte esso prometteva più di quello che poteva attendere, e rispondeva a chi di ciò l'ammoniva, che 'l principe non doveva mandare scontento niuno di coloro che avesse già ammesso a parlargli.20 Tito così diceva; ma in fatti poi spesso forse o mentiva o mancava alle promesse. Ma la nostra regina non può mentire, e può ottener quanto vuole a' suoi divoti. Ella poi ha un cuore così benigno e pietoso, che non può soffrire di mandare scontento chiunque la prega: Ita benigna est, dice Lud. Blosio (l. IV, c. 12), ut neminem tristem redire sinat.21 - Ma come, le parla S. Bernardo, voi potreste, o Maria, ricusare di soccorrere i miserabili, quando voi siete la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu es regina misericordiae, et qui subditi misericordiae, nisi miseri? Tu regina misericordiae, et ego miserrimus peccator, subditorum maximus. Rege nos ergo, o regina misericordiae (In Salv. Reg.).22 Voi siete la regina della
misericordia, ed io il peccatore più misero di tutti: dunque s'io sono il più grande de' vostri sudditi, voi dovete aver più cura di me che di tutti gli altri. Abbiate dunque pietà di noi, o regina della misericordia, e pensate a salvarci.
Né ci state a dire, o Vergine sacrosanta, par che le soggiunga S. Gregorio Nicomediense, che non potete aiutarci per la moltitudine de' nostri peccati, perché voi avete una tal potenza e pietà, che niun numero di colpe può mai superarle: Habes vires insuperabiles, ne clementiam tuam superet multitudo peccatorum. Nihil tuae resistet potentiae; tuam enim gloriam Creator existimat esse propriam (Or. de exitu B.V.):23 Niente resiste alla vostra potenza, poiché il vostro e comun Creatore, onorando voi che gli siete madre, stima come sua la gloria vostra. Et Filius in ea exsultans, quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas. E vuol dire che sebbene Maria ha un infinito obbligo al Figlio per averla destinata sua madre, nulladimanco non può negarsi che anche il Figlio è molto obbligato a questa Madre per avergli dato l'essere umano; onde Gesù, quasi per ricompensare quanto dee a Maria, godendo della sua gloria, l'onora specialmente con esaudire sempre e tutte le sue preghiere.
Quanta dunque dee esser la nostra confidenza in questa Regina, sapendo quanto ella è potente con Dio, ed all'incontro
è ricca e piena di misericordia, in modo che non vi è persona che viva sulla terra, e non sia partecipe della pietà e de' favori di Maria. Così rivelò la stessa beata Vergine a S. Brigida (Rev. lib. I, cap. 6). Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Né vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia; poiché ciascuno, se altro non ricevesse per la mia intercessione, riceve la grazia di esser meno tentato da' demoni di quel che altrimenti sarebbe: Ego regina caeli, ego mater misericordiae: ego iustorum gaudium, et aditus peccatorum ad Deum. Nullus est adeo maledictus, qui quamdiu vivit careat misericordia mea; quia propter me levius tentatur a daemonibus, quam alias tentaretur.24 Niuno poi, soggiunse, purché non sia stato affatto maledetto - cioè s'intende colla finale e irrevocabil maledizione che si dà a' dannati - niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocata in suo aiuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia: Nullus est ita abiectus a Deo, nisi fuerit omnino maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum et habiturus sit misericordiam.25 Io sono chiamata da tutti la madre della misericordia, e veramente la misericordia di Dio verso gli uomini mi ha fatta così misericordiosa verso di loro: Ego vocor ab omnibus mater misericordiae, et vere misericordia illius misericordem me fecit. E poi concluse dicendo: Ideo miser erit, qui ad misericordem, cum possit, non accedit:26 Perciò sarà misero e misero per sempre nell'altra vita chi in questa potendo ricorrere a me, che sono così pietosa con tutti e tanto desidero di aiutare i peccatori, misero non ricorre e si danna.
Ricorriamo dunque, ma ricorriamo sempre a' piedi di questa dolcissima regina, se vogliamo sicuramente salvarci; e se ci spaventa e ci disanima la vista de' nostri peccati, intendiamo
che Maria a tal fine è stata fatta regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano. Questi hanno da essere la sua corona in cielo, secondo le disse il suo divino sposo: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni, coronaberis... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. IV).27 E chi mai sono questi covili di fiere e mostri, se non i miseri peccatori, l'anime de' quali diventano covili di peccati, mostri i più deformi che possano trovarsi? Or di questi miserabili peccatori appunto, come commenta Ruperto abbate, salvati per vostro mezzo, o gran regina Maria, sarete poi coronata in paradiso: giacché la loro salute sarà la corona vostra; corona ben degna e propria d'una regina della misericordia: De talium leonum cubiculis tu coronaberis. Eorum salus corona tua erit (Rup., Vid. l. 3, in Cant.).28
E a tal proposito leggasi il seguente esempio.
Esempio..
Narrasi nella Vita di Suor Caterina di S. Agostino che nel luogo dove stava questa serva del Signore, vi stava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù fu peccatrice, e
ridotta poi alla vecchiezza seguiva ostinatamente ad essere perversa; tantoché discacciata da' cittadini, e confinata a vivere in una grotta fuor del suo paese, ivi morì mezza fracida, abbandonata da tutti e senza sacramenti, e perciò fu sepolta in campagna come bestia. E Suor Caterina, la quale solea con grande affetto raccomandare a Dio tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, dopo aver saputa la morte disgraziata di questa povera vecchia, affatto non pensò a pregare per essa, tenendola, come già la tenevano tutti, per dannata.
Passati quattro anni, ecco un giorno se le presentò innanzi un'anima purgante, che le disse: Suor Caterina, che mala sorte è la mia? Tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muoiono, e dell'anima mia solamente non hai avuto pietà? E chi sei tu? disse la serva di Dio. Io sono, rispose, quella povera Maria che morì nella grotta. E come, tu sei salva? ripigliò Suor Caterina. Sì, sono salva, disse, per misericordia di Maria Vergine. E come? Quand'io mi vidi vicina al punto della morte, mirandomi così piena di peccati e abbandonata da tutti, mi voltai alla Madre di Dio, e le dissi: Signora, voi siete il rifugio degli abbandonati; ecco in questo punto io sono abbandonata da tutti; voi siete l'unica speranza mia, voi sola mi potete aiutare, abbiate pietà di me. La S. Vergine mi ottenne un atto di contrizione, morii, e mi salvai; ed ella ancora la mia regina mi ha ottenuta la grazia che la pena mia si abbreviasse, facendomi patire intensivamente quello ch'io avrei dovuto purgare per molti più anni; solo vi bisognano alcune Messe per liberarmi dal purgatorio. Ti prego a farmele dire, ch'io ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te.
Suor Caterina subito le fe' celebrar le Messe; ed ecco di nuovo le comparve quell'anima, fra pochi giorni, più luminosa del sole, che le disse: Ti ringrazio, Caterina, ecco già me ne vado al paradiso a cantare le misericordie del mio Dio, ed a pregare per te.29
O Madre del mio Dio e mia signora Maria, qual si presenta ad una gran regina un povero impiagato e schifoso, io mi presento a voi, che siete la regina del cielo e della terra. Dall'alto trono in cui sedete, non isdegnate, vi prego, di girare i vostri occhi verso di me povero peccatore. Già Dio vi ha fatta sì ricca per sovvenire i poveri, e vi ha costituita regina della misericordia, acciocché possiate sollevare i miserabili. Guardatemi dunque, e compatitemi. Guardatemi, e non mi lasciate, se non mi cambiate da peccatore in santo.
Vedo bene che io non merito niente, anzi che meriterei per la mia ingratitudine d'essere spogliato di tutte le grazie, che per vostro mezzo ho ricevuto dal Signore. Ma voi che siete la regina della misericordia non andate cercando meriti, ma miserie per soccorrere i bisognosi. Ma chi più povero e bisognoso di me?
O Vergine eccelsa, già so che voi, essendo la regina dell'universo, siete ancora la regina mia; ma io con modo più particolare voglio tutto dedicarmi alla vostra servitù, acciocché
voi disponiate di me come vi piace. Onde vi dico con S. Bonaventura: Domina, me tuae dominationi volo committere, ut mea plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas.30 Reggetemi voi, regina mia, e non mi lasciate a me stesso. Comandatemi, impiegatemi a vostro arbitrio, e castigatemi ancora, quando non vi ubbidisco: poiché troppo salutevoli per me saranno i castighi che mi verranno dalle vostre mani.
Io stimo più l'essere vostro servo, che l'essere signore di tutta la terra. Tuus sum ego, salvum me fac.31 Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono.
E se per lo passato vi ho servito male, avendo perduto tante belle occasioni di onorarvi, per l'avvenire voglio unirmi a' vostri servi più amanti e più fedeli. No, non voglio che alcuno mi avanzi da oggi innanzi nell'onorare ed amar voi mia amabilissima regina. Così prometto, e così spero di eseguire coll'aiuto vostro. Amen, amen.
§ 2. - Quanta dee essere più grande la nostra confidenza in Maria per esser ella la nostra madre.
Non a caso, né in vano i divoti di Maria la chiamano madre, e par che non sappiano invocarla con altro nome, e non si saziano di sempre chiamarla madre; madre sì, perché veramente ella è la madre nostra, non già carnale, ma spirituale delle nostre anime e della nostra salute.
Il peccato, allorché privò le anime nostre della divina grazia, le venne a privare anche di vita. Ond'essendo elle restate miserabilmente morte, venne Gesù nostro Redentore, con eccesso di misericordia e d'amore, a ricuperarci colla sua morte in croce questa vita perduta, come egli stesso dichiarò: Veni, ut vitam habeant, et abundantius habeant (Io. X, 10). Abundantius, perché dicono i Teologi che apportò a noi più bene Gesù Cristo colla sua Redenzione, che non fu il danno che ci recò Adamo col suo peccato. Sicch'egli riconciliandoci con Dio si fe' padre dell'anime nella nuova legge di grazia, secondo fu già predetto dal profeta Isaia: Pater futuri saeculi, princeps pacis (Is. c. IX, [6]). - Ma se Gesù delle anime nostre fu il padre, Maria fu la madre; poiché dandoci ella Gesù, diede a noi la vera vita; ed offerendo poi sul Calvario la vita del Figlio per la nostra salute, venne allora a partorirci alla vita della divina grazia.
In due tempi dunque Maria, come ci fan sapere i santi Padri, divenne nostra madre spirituale; e primieramente quando meritò concepire nel suo seno verginale il Figlio di Dio, secondo dice il B. Alberto Magno.1 E più distintamente S. Bernardino da Siena ci avvisa, che allorché la santissima Vergine all'annunziazione dell'Angelo diede il consenso, che il Verbo Eterno da lei aspettava per farsi suo Figlio, dice il santo, che in dare ella questo consenso, sin d'allora domandò a Dio con affetto immenso la nostra salute; e che talmente si pose a procurare la nostra salvazione, che sin d'allora ci portò nel suo seno come amorosissima madre: Virgo per hunc consensum in incarnatione Filii, omnium salutem vigorosissime expetiit et procuravit; et omnium salvationi per hunc consensum se dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam
verissima mater filios suos (Tr. de B.V., serm. 6).2 - Dice S. Luca al cap. 2, parlando della nascita del nostro Salvatore, che Maria partorì il suo primogenito: Peperit filium suum primogenitum. Dunque, dice un autore, se asserisce il Vangelista che allora la Vergine partorì il primogenito, si dee supporre che appresso ebbe altri figli? Si primogenitus, ergo alii filii secuti sunt secundogeniti? Ma lo stesso autore soggiunge: S'è di fede che Maria non ebbe altri figli carnali fuor di Gesù, dunque dovette avere altri figli spirituali, e questi siamo tutti noi: Carnales nullos habet B. Virgo praeter Christum; ergo spirituales habeat necesse est.3 Questo stesso rivelò il Signore a S. Geltrude che, leggendo un giorno il suddetto passo dell'Evangelio, era rimasta confusa, non sapendo intendere com'essendo Maria madre solamente di Gesù Cristo, potesse dirsi che questi fu il suo primogenito. E Dio le spiegò che Gesù fu il suo primogenito secondo la carne, ma gli uomini furono i figli secondogeniti secondo lo spirito.4
E con ciò s'intende quel che si dice di Maria ne' Sacri Cantici: Venter tuus sicut acervus tritici vallatus liliis (Cant. VII, [2]). Spiega S. Ambrogio, e dice che benché nell'utero purissimo di Maria fu un solo granello di frumento, il quale fu Gesù Cristo, nulladimeno si dice mucchio di grano, perché in
quel sol granello vi erano tutti gli eletti, de' quali Maria anche doveva esser madre: Unum granum frumenti fuit in utero Virginis, Christus Dominus, et tamen acervus tritici dicitur; quia granum hoc virtute omnes electos continet, ut ipse sit primogenitus in multis fratribus (S. Ambr., de Instit. Virg.).5 Onde scrisse Guglielmo abbate: In illo uno fructu, in uno Salvatore omnium Iesu, plurimos Maria peperit ad salutem. Pariendo vitam, multos peperit ad vitam (In Cant. IV, 13).6 Maria partorendo Gesù, ch'è il nostro Salvatore e la nostra vita, partorì tutti noi alla salute ed alla vita.
Il secondo tempo poi, in cui Maria ci generò alla grazia, fu quando sul Calvario offerì all'Eterno Padre, con tanto dolore del suo cuore, la vita del suo diletto Figlio per la nostra salute. Onde attesta S. Agostino che allora, avendo ella cooperato col suo amore, acciocché i fedeli nascessero alla vita della grazia, divenne parimente con ciò madre spirituale di tutti noi, che siamo membri del nostro capo Gesù Cristo: Illa spiritu mater est membrorum Salvatoris, quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur (De Virg., c. 6).7 Ciò appunto significa quel che si dice della Vergine beata ne' Sacri Cantici: Posuit me custodem in vineis; vineam meam non custodivi (Cant. I, 5). Maria per salvare l'anime nostre si contentò di sagrificar colla morte la vita del suo Figlio: così commenta Guglielmo: Ut multas animas salvas faceret, animam suam
morti exposuit.8 E chi mai era l'anima di Maria, se non il suo Gesù, il qual era la sua vita e tutto il suo amore? Che perciò le annunziò S. Simeone che un giorno l'anima sua benedetta doveva essere trapassata da una spada troppo dolorosa: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. II, 35).9 Come fu appunto la lancia, che trapassò il costato di Gesù, ch'era l'anima di Maria. E d'allora ella co' suoi dolori ci partorì alla vita eterna; sicché tutti noi possiamo chiamarci figli dei dolori di Maria. Quest'amorosissima nostra madre fu sempre e tutta unita alla divina volontà, onde riflette S. Bonaventura che vedendo essa l'amore dell'Eterno Padre verso degli uomini, che voleva morto il suo Figlio per la nostra salute, e l'amore del Figlio in voler morire per noi; per conformarsi a questo eccessivo amore del Padre e del Figlio verso il genere umano, ancora con tutta la sua volontà offerì e consentì che il suo Figlio morisse, acciocché noi fossimo salvi: Nullo modo dubitandum est, quia Mariae animus voluit etiam tradere Filium suum pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis fieret Patri et Filio (S. Bon.).10
È vero che nel morire per la Redenzione del genere umano Gesù volle esser solo: Torcular calcavi solus (Is. LXIII, 3); ma vedendo egli il gran desiderio di Maria d'impiegarsi ella ancora nella salute degli uomini, dispose ch'ella col sacrificio e coll'offerta della vita di esso stesso Gesù, cooperasse alla nostra salute, e così divenisse madre dell'anime nostre. E ciò significò il nostro Salvatore, allorché prima di spirare, mirando dalla croce la madre e 'l discepolo S. Giovanni che gli stavano accanto, prima disse a Maria: Ecce filius tuus (Io. c. XIX, [26]), come le dicesse: Ecco l'uomo che, dall'offerta che tu fai della
mia vita per sua salute, già nasce alla grazia. E poi rivolto al discepolo: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua.11 Colle quali parole, dice S. Bernardino da Siena che allora Maria fu fatta madre non solo di S. Giovanni, ma di tutti gli uomini, per cagione dell'amore che ella ebbe per essi: In Ioanne intelligimus omnes, quorum B. Virgo per dilectionem facta est mater (To. 1, serm. 55).12 Che perciò riflette il Silveira che lo stesso S. Giovanni, nel notar questo fatto nel suo Vangelo, scrisse: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua (Io. XIX). Notisi che Gesù Cristo non già disse ciò a Giovanni, ma al discepolo, per significare che 'l Salvatore assegnò per madre Maria comunemente a tutti coloro, ch'essendo Cristiani hanno il nome di suoi discepoli: Ioannes est nomen particulare, discipulus commune, ut denotetur quod Maria omnibus detur in matrem.13
Ego sum mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV):14 Io sono la madre del bello amore, dice Maria, perché il suo amore, come dice un autore (Paciucch., de B.V.), che rende belle l'anime nostre agli occhi di Dio, fa che qual madre amorosa ella ci riceva per figli: Quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.15 E qual madre ama i suoi figli ed attende al loro bene quanto voi, dolcissima nostra regina, amate noi e procurate i nostri avanzi? Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bona nostra procuras, quam mater carnalis? dice S. Bonaventura.16
O beati quelli che vivono sotto la protezione d'una Madre così amorosa e così potente! Il profeta Davide, benché allora non ancor fosse nata Maria, pure cercava a Dio la salute con dedicarsi figlio di Maria, e pregava: Salvum fac filium ancillae tuae (Ps. LXXXV, [16]). Cuius ancillae? dice S. Agostino: quae ait, ecce ancilla Domini (In Ps. 85).17 E chi mai, dice il cardinal Bellarmino, avrà l'ardire di strappar questi figli dal seno di Maria, dopo che essi ivi saran ricorsi a salvarsi da' nemici? Qual furia d'inferno o di passione potrà vincerli, se pongono la lor confidenza nel patrocinio di questa gran Madre? Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! quis detrahere audebit de sinu eius? quae nos tentatio aut turbatio superare poterit confidentes in patrocinio Matris Dei et nostrae? (Bell., de 7 verb.).18 - Si narra della balena, che quando vede i suoi figli in pericolo o per le tempeste o per li cacciatori, ella apre la bocca e li ricetta nel seno.19 Così appunto dice il Novarino: Fidelium piissima mater, furente tentationum tempestate, materno affectu eos velut intra viscera propria receptos protegit, donec in beatum portum reponat (V. c. XIV, exc. 81).20
La nostra Madre, quando vede i suoi figli in maggior pericolo per la tempesta che infuria delle tentazioni, che fa? allora ella li nasconde con amore come dentro le proprie viscere, ivi li protegge, e non lascia di custodirli sintanto che non li colloca nel sicuro porto del paradiso. - O Madre amantissima, o Madre pietosissima, siate sempre benedetta, e sia sempre benedetto quel Dio che vi ha data a noi per madre e per sicuro rifugio in tutti i pericoli di questa vita.
Rivelò la stessa Vergine a S. Brigida (L. IV, c. 138) che conforme una madre, se vedesse il figlio fra le spade de' nemici, farebbe ogni sforzo per salvarlo; ita ego facio et faciam omnibus peccatoribus misericordiam meam petentibus:21 così, disse, io fo e farò coi figli miei, quantunque peccatori, sempreché essi ricorrono a me per essere soccorsi. Ecco dunque come in ogni battaglia coll'inferno vinceremo sempre e vinceremo sicuramente, con ricorrere alla Madre di Dio e madre nostra, dicendo e replicando sempre: Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix: sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix. - Oh quante vittorie hanno riportate dell'inferno i fedeli col ricorrere a Maria con questa breve ma potentissima orazione! Quella gran Serva di Dio, Suor Maria Crocifissa benedettina, così sempre vinceva i demoni.22
State dunque allegramente, o voi che siete figli di Maria; sappiate ch'ella accetta per suoi figli tutti coloro che lo vogliono essere: allegramente; che timore avete di perdervi, quando questa Madre vi difende e vi protegge? Dic, anima mea, cum magna fiducia: Exultabo et laetabor, quia quidquid
iudicabitur de me, pendet ex sententia fratris et matris meae.23 Così dice S. Bonaventura che deve animarsi e dire chi ama questa buona Madre e confida nella sua protezione: Che temi, anima mia? No, che la causa della tua eterna salute non si perderà, stando la sentenza in mano di Gesù, che è tuo fratello, e di Maria, che è tua madre. E sullo stesso pensiero esclama per allegrezza e ci anima S. Anselmo, dicendo: O beata fiducia, o tutum refugium, Mater Dei est mater mea! Qua certitudine igitur debemus sperare, quoniam salus de boni fratris et piae matris pendet arbitrio? (In depr. ad V.).24 - Ecco dunque la Madre nostra che ci chiama e ci fa sentire: Si quis est parvulus, veniat ad me (Sap. IX).25 I bambini tengono sempre in bocca il nome della madre, ed in ogni spavento che hanno, subito si sentono alzar la voce e dire: Madre, Madre! - Ah Maria dolcissima, ah madre amorosissima, questo è quello appunto che voi desiderate, che noi fatti bambini chiamiamo sempre voi ne' nostri pericoli, e ricorriamo sempre a voi, perché ci volete aiutare e salvare, come avete salvati tutti i figli che sono a voi ricorsi.
Si narra nell'Istoria delle fondazioni fatte dalla Compagnia di Gesù nel regno di Napoli (Lib. V, c. 7) d'un nobil giovane scozzese, chiamato Guglielmo Elfinstonio.26 Questi era parente
del re Giacomo:27 nato egli nell'eresia seguiva quella falsa setta; ma illuminato dalla luce divina che gliene andava scoprendo gli errori, venne in Francia, dove coll'aiuto d'un buon padre gesuita anche scozzese, e più coll'intercessione della Beata Vergine, conobbe al fine la verità, abiurò l'eresia e si fece cattolico. Passò poi in Roma, dove un suo amico trovandolo un giorno molto afflitto e piangente, e richiedendolo della cagione, rispose che nella notte gli era comparsa la madre dannata, e gli avea detto: Figlio, buon per te, che sei entrato nella vera Chiesa; io, perché morta nell'eresia, già son perduta. Indi s'infervorò maggiormente nella divozione a Maria, eleggendola per sua unica madre, e da lei gli fu ispirato il pensiero di farsi religioso, e ne fe' voto. Ma perché stava infermo, venne in Napoli per guarirsi col mutar aria; ma in Napoli volle il Signore che morisse e morisse religioso; poiché infermatosi a morte poco dopo del suo arrivo, egli colle preghiere e colle lagrime impetrò già da' superiori che l'accettassero: onde alla presenza del Sacramento, quando si comunicò per viatico, egli fece i voti e fu dichiarato della Compagnia.
Dopo ciò egli inteneriva tutti cogli affetti, co' quali ringraziava la sua madre Maria di averlo strappato dall'eresia e condottolo a morire nella vera Chiesa e nella casa di Dio in mezzo a' religiosi suoi fratelli. Perciò esclamava: Oh come in mezzo a tanti angeli è glorioso il morire! Esortato che cercasse di riposare, rispondeva: Ah, che non è tempo di riposare or che già si accosta il fine della mia vita! Prima poi di morire disse agli astanti: Fratelli, non vedete voi qui gli angeli del cielo che mi assistono? Ed avendolo inteso un di que' religiosi susurrare fra' denti alcune parole, gli domandò che dicesse? E rispose che l'Angelo custode gli avea rivelato che brevissimo tempo dovea egli star in purgatorio, e che subito sarebbe passato al paradiso. Quindi tornò a' colloqui colla sua dolce madre Maria; e replicando madre, madre, come appunto
un bambino che si abbandona nelle braccia della madre a riposare, placidamente spirò. E poco appresso seppe per rivelazione un divoto religioso ch'egli era già in paradiso.
O Madre mia santissima, com'è possibile che avendo io una madre così santa, io abbia da essere così iniquo? una madre che tutta arde d'amore verso Dio, io abbia da amare le creature? una madre così ricca di virtù, io abbia da essere così povero? Ah Madre mia amabilissima, è vero, io non merito d'esser più vostro figlio, perché troppo me ne son renduto indegno colla mia mala vita. Mi contento che mi accettiate per vostro servo; e per essere ammesso fra vostri più vili servi, che voi avete, son pronto a rinunciare a tutti i regni della terra. Si, mi contento; ma con tutto ciò non mi proibite il potervi chiamare la madre mia.
Questo nome tutto mi consola, m'intenerisce, e mi ricorda l'obbligo che ho d'amarvi. Questo nome mi anima a confidare assai in voi. Quando più mi atterriscono i miei peccati e la divina giustizia, mi sento tutto confortare in pensare che voi siete la madre mia. Permettetemi dunque ch'io vi dica: Madre mia, madre mia amabilissima. Così vi chiamo e così voglio chiamarvi.
Voi dopo Dio avete da essere sempre la mia speranza, il mio rifugio e 'l mio amore in questa valle di lagrime. Così spero morire, consegnando in quell'ultimo momento l'anima mia nelle vostre sante mani, e dicendo: Madre mia, madre mia Maria, aiutatemi, abbiate pietà di me. Amen.
§ 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.
Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare quanto ella ci ama.
L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1
dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio, non possono lasciar di amare i loro figli: Natura hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c. 4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de' figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso dimenticarmi di amare voi, figli miei? Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15). E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia mia.
Maria è nostra madre, non già di carne, come dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV, 24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore; poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5
E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa, ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per noi: Pendebat in cruce Filius, Mater persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg., c. 7).7
Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.
La prima ragione del grande amore che Maria porta agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales,
che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9 Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11 Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de' prossimi.
Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo avere chi
dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano insieme tutti gli angeli e i santi.13
In oltre14 la nostra Madre ci ama assai, perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù, allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier, ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la memoria.
Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli, a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù, contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16), così ancora,
dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum unigenitum daret.16
E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P. Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18
Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum, quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S. Bon.).19
E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc. XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip. II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per noi, pregando che Dio mandasse
presto il Figlio a salvare il mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo costo?
E perché tutti gli uomini sono stati redenti da Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita di sole: Et signum magnum apparuit in caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del sole: Non est qui se abscondat a calore eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra dell'amor di Maria. A calore eius, applica l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22
E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e dispensa la sua misericordia: Omnibus aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie, che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine, da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di quelli che noi stessi possiamo desiderare:
Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che noi le domandiamo il soccorso: Prius occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28
Or se Maria è così buona con tutti, anche cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge lo stesso B. Alberto, è
trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla tutta piena di pietà e di amore!30 Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32
Stava morendo, come si narra nelle Croniche dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si raccomandava a questa Madre di misericordia. Un dì ecco videsi accanto una bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33
Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34
Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire (Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka, che amava sì teneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine, quanto egli l'amasse, «Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la
Madre mia». Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 - L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S. Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 - L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore
ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 - L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S. Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva la sua serenata alla sua diletta regina.43
L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea: Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo, quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde
sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50
Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva S. Pier Damiano, quia amantissima es, et amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So, Signora
mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante, ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e disse: «Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto quanto v'amo io.» Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine gli rispose: «Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.»52
Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima Madre! Beati quorum corda diligunt Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B. Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio
Salvatore Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar voi e la madre vostra?
Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.
Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.
Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio,
si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56
O Domina, quae rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori, rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi, madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi, sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora che v'amo?
Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.
V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle persone amate: Amor aut similes invenit, aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo. Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.
§ 4. - Maria è madre anche de' peccatori pentiti.
Si protestò Maria con S. Brigida (Lib. 4, Rev., c. 138) ch'ella è madre non solo de' giusti e degl'innocenti, ma ancora de' peccatori, purché si vogliano emendare: Ego sum quasi mater omnium peccatorum volentium se emendare.1 Oh come, quando
ricorre a' suoi piedi un peccatore che vuole emendarsi, ritrova questa buona madre di misericordia pronta ad abbracciarlo ed aiutarlo più che nol farebbe ogni madre di carne! Ciò appunto scrisse S. Gregorio alla principessa Metilde: Pone finem in voluntate peccandi, et invenies Mariam (indubitanter promitto) promptiorem carnali matre in tui dilectione (Lib. 1, ep. 47).2 Ma chi aspira ad esser figlio di questa gran Madre, bisogna che prima lasci il peccato, e poi speri di essere accettato per figlio. Sulle parole, Surrexerunt filii eius (Prov. XXXI, 28), riflette Riccardo, e nota che vi si dice surrexerunt, e poi filii: perché, soggiunge, non può esser figlio di Maria chi non cerca prima di alzarsi dalla colpa dov'è caduto: Nec dignus est, qui in mortali peccato est, vocari filius tantae matris.3 Avvertendo S. Pier Grisologo: Qui genitricis non facit opera, negat genus:4 Chi fa opere contrarie a quelle di Maria, nega coi fatti di voler esser suo figlio. Maria umile, ed egli vuol esser superbo? Maria pura, ed egli disonesto? Maria piena di amore, ed egli vuole odiare il prossimo? Dà segno che non è, né vuol esser figlio di questa santa madre. Filii Mariae, ripiglia Riccardo, imitatores eius in castitate, humilitate, mansuetudine, misericordia.5 E come mai avrà l'ardire di voler esser figlio di Maria chi tanto la disgusta colla sua vita? Un
certo peccatore un giorno disse a Maria: Monstra te esse matrem; ma la Vergine gli rispose: Monstra te esse filium (Ap. Aur.).6 Un altro invocava un giorno questa divina Madre, e la chiamava madre di misericordia. Maria gli disse: Voi peccatori, quando volete ch'io vi aiuti, mi chiamate madre di misericordia; e poi non cessate coi vostri peccati di farmi madre di miseria e di dolori (Ap. Pelb.).7 Maledictus a Deo qui exasperat matrem suam (Eccli. III, 18). Matrem suam, idest Mariam, commenta Riccardo.8 Dio maledice chi affligge colla sua mala vita, o al più colla sua ostinazione, questa sua buona madre.
Dissi colla sua ostinazione; perché quando poi questo peccatore, benché non ancora uscito, si sforza però di uscire dal peccato, e cerca perciò l'aiuto di Maria, questa madre non lascerà di soccorrerlo e farlo tornare in grazia di Dio. Come appunto un giorno intese S. Brigida dalla bocca di Gesù Cristo, che parlando colla Madre, le disse: Conanti surgere ad Deum tribuis auxilium, et neminem relinquis vacuum a tua consolatione.9 Mentre dunque il peccatore è ostinato, Maria non può amarlo: ma se egli trovandosi forse incatenato da qualche passione, che lo tiene schiavo dell'inferno, almeno si raccomanderà alla Vergine, e la pregherà con confidenza e perseveranza a cacciarlo dal peccato, senza dubbio questa buona madre stenderà la sua potente mano, ella lo scioglierà dalle catene e lo condurrà a stato di salute. - Fu già eresia
condannata dal sacro Concilio di Trento, il dire che tutte le preghiere ed opere che si fanno da chi sta in peccato, sieno peccati.10 Dice S. Bernardo che la preghiera in bocca del peccatore, sebbene non è bella, perché non accompagnata dalla carità, nulladimeno è ella utile e fruttuosa per uscir dal peccato;11 poiché, come insegna S. Tommaso (2. 2., qu. 178, a. 2, ad 1), la preghiera del peccatore è già senza merito, ma è ben atta ad impetrare la grazia del perdono; mentre la virtù d'impetrare è fondata non già sul merito di chi prega, ma sulla divina bontà, e sui meriti e promessa di Gesù Cristo, il quale ha detto: Omnis... qui petit, accipit (Luc. XI, [10]).12 Lo stesso dee dirsi delle preghiere che si porgono alla divina Madre.
Se quegli che prega, dice S. Anselmo, non merita di essere esaudito, i meriti di Maria, a cui egli si raccomanda, faranno che sia esaudito: Si merita invocantis non merentur ut exaudiatur, merita tamen Matris intercedunt, ut exaudiatur.13 Onde S. Bernardo esorta ogni peccatore a pregar Maria, e a concepir gran confidenza nel pregarla; perché se il peccatore non merita quel che domanda, è conceduto non però a Maria per li meriti suoi, che si donino al peccatore quelle grazie ch'ella domanda per esso a Dio: Quia indignus eras, cui donaretur,
datum est Mariae, ut per illam acciperes quidquid haberes (Serm. 3, in vig. Nat.).14 Questo è l'officio d'una buona madre, dice lo stesso santo: una madre, che sapesse due figli suoi esser nemici a morte, e che l'uno insidiasse la vita all'altro, che altro mai farebbe, che procurare in tutti i modi pacificarli? Così, dice il santo, Maria è madre di Gesù e madre dell'uomo: quando vede alcun peccatore nemico di Gesù Cristo, non può sopportarlo, e tutta si adopera per farli stare in pace: O felix Maria, tu mater rei, tu mater iudicis, cum sis mater utriusque, discordias inter tuos filios nequis sustinere (In Depr. ad V.).15 Altro non vuole la benignissima Signora dal peccatore, che se le raccomandi ed abbia intenzione d'emendarsi. Quando Maria vede a' piedi suoi un peccatore che viene a cercarle misericordia, non guarda ella i peccati che porta, ma guarda l'intenzione colla quale viene; se viene con buona intenzione, avesse quegli commessi tutti i peccati del mondo, ella l'abbraccia, e non isdegna l'amantissima madre di sanargli tutte le piaghe che porta nell'anima; poich'ella non solamente è da noi chiamata la madre della misericordia, ma veramente è tale, e tale si fa conoscere con l'amore e tenerezza con cui ci sovviene. Tutto ciò appunto espresse la B. Vergine a S. Brigida, dicendo: Quantumcumque homo peccet, statim parata sum recipere revertentem; nec attendo quantum peccaverit, sed cum quali intentione redit: nam non dedignor eius plagas
ungere et sanare, quia vocor et vere sum mater misericordiae (Rev., l. 2, c. 23).16
Maria è madre de' peccatori che vogliono convertirsi, e come madre non può non compatirli, anzi par che senta come propri i mali de' poveri figli. La Cananea, allorché pregò Gesù Cristo a liberar la sua figlia dal demonio, che la travagliava, disse: Miserere mei, Domine, fili David; filia mea male a daemonio vexatur (Matth. XV, 22). Ma se la figlia, non la madre, era tormentata dal demonio, par che avess'ella dovuto dire: Signore, abbi pietà di mia figlia, non già, abbi pietà di me. Ma no; ella disse: Miserere mei: con ragione, perché tutte le miserie de' figli si sentono come proprie dalle loro madri. Or così appunto dice Riccardo di S. Lorenzo che Maria prega Dio, quando le raccomanda qualche peccatore che a lei si raccomanda: Maria clamat pro anima peccatrice: Miserere mei (De laud. V., c. 6).17 Mio Signore, par che gli dica, questa povera anima, che sta in peccato, è mia figlia, e perciò abbi pietà non tanto di lei, quanto di me che le son madre.
Oh volesse Dio che tutti i peccatori ricorressero a questa dolce Madre, che tutti certamente sarebbero da Dio perdonati! O Maria, esclama per maraviglia S. Bonaventura, peccatorem toti mundo despectum materno affectu complecteris; nec deseris, quousque miserum iudici reconcilies (In Spec., c. 5).18 E
vuol dire il santo che il peccatore, stando in peccato, è odiato e cacciato da tutti; anche le creature insensate, il fuoco, l'aria, la terra vorrebbero castigarlo, e far la vendetta per risarcire l'onore del loro Signor disprezzato. Ma se questo miserabile ricorre a Maria, Maria lo discaccia? No, se egli viene con intenzione d'essere aiutato ad emendarsi, ella se l'abbraccia con affetto di madre; né lo lascia, se prima colla sua potente intercessione non lo riconcilia con Dio e lo rimette in sua grazia.
Si legge nel secondo libro de' Re (Cap. XIV, num. 2) che quella sapiente donna Tecuite disse a Davide: «Signore, io avea due figli, per mia disgrazia l'uno ha ucciso l'altro: sicché già ho perduto un figlio; or la giustizia vuol togliermi l'altro figlio unico che mi è rimasto: abbiate pietà di me povera madre, fate ch'io non resti priva di tutti due questi miei figli.» Allora Davide, avendo compassione di questa madre, liberò il delinquente, e a lei lo donò. Lo stesso appunto par che dica Maria, allorché vede Dio sdegnato contro d'un peccatore, che a lei si raccomanda: «Mio Dio, gli dice, io avea due figli, Gesù e l'uomo; l'uomo ha ucciso il mio Gesù sulla croce; ora la vostra giustizia vuol condannar l'uomo: Signore, il mio Gesù è già morto, abbiate compassione di me, e se ho perduto l'uno, non mi fate perdere l'altro figlio ancora.» - Ah che certamente Dio non condanna quei peccatori che ricorrono a Maria, e per cui ella prega; mentre Dio stesso ha raccomandati per figli questi peccatori a Maria. Il divoto Lanspergio così fa parlare il Signore: Mariae peccatores in filios commendavi. Propterea adeo est sedula, ut officio suo satisfaciens, neminem eorum qui sibi commissi sunt, praecipue illam invocantium, perire sinat, sed quantum valet, omnes mihi reducat (V. l. 4, Min. Op.).19
E chi mai può spiegare, dice Blosio, la bontà, la misericordia, la fedeltà e la carità, con cui questa nostra Madre cerca di salvarci quando noi l'invochiamo in aiuto? Huius matris bonitas, misericordia, fidelitas, caritas erga homines tanta est, ut nullis verbis explicari possit.20 Prostriamoci dunque, dice S. Bernardo, avanti a questa buona Madre, stringiamoci a' suoi santi piedi, e non la lasciamo se non ci benedice, e con ciò ci accetti per suoi figli: Beatis illius pedibus provolvamur; teneamus eam, nec dimittamus, donec benedixerit nobis. (In Sig. Magn.).21 E chi mai può sconfidare della pietà di questa Madre? Dicea S. Bonaventura: Etiamsi occiderit me, sperabo in eam; et totus confidens iuxta eius imaginem mori desidero, et salvus ero.22 E così dee dire ciascun peccatore che ricorre
a questa pietosa madre: Signora e madre mia, io per le mie colpe merito che mi discacciate, e voi stessa mi castighiate secondo i demeriti miei; ma ancorché voi mi ributtiate e mi uccidiate, io non perderò mai la confidenza in voi, che voi mi abbiate a salvare. In voi tutto confido, e sol che io mi abbia la sorte di morire avanti a qualche vostra immagine, raccomandandomi alla vostra misericordia, io spero certamente di non perdermi, ma di venire a lodarvi in cielo in compagnia di tanti vostri servi, che morendo e chiamando voi in aiuto, tutti per la vostra potente intercessione son salvi.
Leggasi il seguente esempio e veggasi se mai alcun peccatore possi sconfidare della misericordia e dell'amore di questa buona madre, se a lei ricorre.
Si narra appresso il Belluacense (In Spec. histor.) che nella città di Ridolfo in Inghilterra nell'anno 1430 vi era un giovine nobile chiamato Arnesto, il quale, avendo dato a' poveri tutto il suo patrimonio, si fe' monaco in un monastero, dove menava una vita così perfetta, che i superiori assai lo stimavano, singolarmente per la divozione speciale che aveva alla SS. Vergine. Occorse che in quella città si attaccò la peste; i cittadini ricorsero al monastero per aiuto d'orazioni. L'abbate impose ad Arnesto che se ne andasse a pregare avanti l'altare di Maria, e non se ne partisse, finche la Madonna non li desse risposta. E il giovine, durando ivi tre giorni, finalmente ebbe la risposta da Maria di alcune preci che dovevano dirsi; e così si fece, e cessò la peste.
Or avvenne poi, che questo giovine si raffreddò nella divozione di Maria: il demonio lo assalì con molte tentazioni, specialmente d'impurità e di fuggirsene dal monastero; e il miserabile, per non essersi raccomandato a Maria, già risolvè di fuggirsene con buttarsi da una muraglia del monastero; ma passando avanti l'immagine di Maria che stava nel corridore, la Madre di Dio gli parlò e gli disse: «Figlio mio, perché mi lasci?» Allora Arnesto stordito e compunto cadde in terra e rispose: «Ma, Signora, non vedete che non posso resistere più? voi perché non mi aiutate?» E la Madonna replicò: «E tu perché non mi hai invocata? che se ti raccomandavi a
me, non ti saresti ridotto a questo: da oggi avanti, gli disse, raccomandati a me e non dubitare».
Se ne tornò in cella Arnesto. Ma ritornarono le tentazioni; esso neppure attese a raccomandarsi a Maria: onde finalmente se ne fuggì dal monastero, e dandosi ad una pessima vita, passando da peccato in peccato, in fine si ridusse a far l'assassino, poiché prese ad affitto un'osteria, dove la notte uccideva i poveri passaggieri e li spogliava. Fra questi uccise una notte il cugino del governatore di quel luogo, il quale dagl'indizi avuti facendo il processo, lo condannò alla forca.
Ma frattanto che si faceva il processo, capitò all'osteria un cavaliere giovine: l'oste ribaldo, facendo il solito disegno sopra di lui, la notte entra nella stanza per assassinarlo: ma ecco sul letto non vede il cavaliere, ma un Crocifisso impiagato, che, guardandolo pietosamente, gli dice: «Non ti basta, ingrato, ch'io sia morto una volta per te? Vuoi tornare ad uccidermi? Via su presto, stendi la mano e torna ad uccidermi». Allora il povero Arnesto confuso cominciò a piangere, e piangendo disse: «Signore, eccomi, giacché mi usate tante misericordie, io voglio tornare a voi». E subito si partì dall'osteria per tornare al monastero a far penitenza; ma ritrovato per via da' ministri della giustizia, fu portato al giudice, e avanti di lui confessò tutti gli assassini fatti. Onde fu condannato a morir di capestro, senza dargli neppure tempo di confessarsi. Allora egli si raccomandò a Maria. Fu buttato dalla forca; ma la Vergine fece che non morisse. Ella stessa poi lo sciolse e gli disse: «Torna al monastero, fa penitenza, e quando vedrai in mia mano una carta del perdono de' tuoi peccati, allora apparecchiati alla morte». Arnesto tornò, e raccontato tutto all'abbate fece gran penitenza. Dopo molti anni, ecco vide in mano di Maria la carta del perdono; e subito si apparecchiò alla morte, e santamente morì.23
O mia sovrana regina, e degna Madre del mio Dio, Maria SS., io vedendomi così vile e così lordo di peccati, non dovrei
aver ardire di accostarmi a voi e di chiamarvi madre. Ma non voglio che le miserie mie mi privino della consolazione e della confidenza ch'io sento in chiamarvi madre. Merito, già lo so, che voi mi discacciate; ma vi prego a guardare quel che ha fatto e patito il vostro figlio Gesù per me, e poi discacciatemi se potete: io sono un povero peccatore, che più degli altri ho disprezzata la divina Maestà; ma il male è già fatto.
A voi ricorro, voi mi potete aiutare; Madre mia, aiutatemi. Non mi dite che non mi potete aiutare; perché io so che siete onnipotente ed ottenete quanto desiderate dal vostro Dio. Se poi dite che non mi volete aiutare, ditemi almeno a chi ho da ricorrere per essere sollevato in tanta mia disgrazia? Aut miseremini misero, dirò a voi e al vostro Figlio con S. Anselmo, tu parcendo, tu interveniendo: aut ostendite, ad quos tutius fugiam misericordiores; aut monstrate, in quibus certius confidam.24 O abbiate pietà di me, voi, mio Redentore, con perdonarmi, e voi, Madre mia, con raccomandarmi: oppure insegnatemi a quali persone io ho a ricorrere, che sieno di voi più pietose, e in cui io possa più confidare. No che né in terra né in cielo posso trovare chi abbia de' miseri maggior pietà di voi, e chi meglio possa aiutarmi.
Voi, Gesù, siete il padre mio, e voi, Maria, siete la madre mia. Voi amate i più miserabili e gli andate cercando per salvarli. Io sono un reo dell'inferno il più miserabile di tutti; ma non avete bisogno d'andarmi cercando, né io pretendo che mi cerchiate; io mi presento a voi con certa speranza che non resterò abbandonato da voi. Eccomi a' piedi vostri, Gesù mio, perdonatemi: Maria mia, soccorretemi.