- Parte seconda.
- DISCORSI SULLE SETTE FESTE PRINCIPALI DI MARIA
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Parte seconda.
DISCORSI SULLE SETTE FESTE PRINCIPALI DI MARIA
DISCORSO I. - Dell'Immacolata
Concezione di Maria.
Quanto convenne a tutte tre le divine Persone il
preservar Maria dalla colpa originale.
Troppo fu grande la
ruina che 'l maledetto peccato apportò ad Adamo ed a tutto il genere umano;
mentreché perdendo egli allora miseramente la grazia, perdé insieme tutti gli
altri beni di cui nel principio fu arricchito, e tirò sopra di sé e di tutti i
suoi discendenti, coll'odio di Dio, il cumulo di tutti i mali. Ma da questa
comune disgrazia volle Dio esimere quella Vergine benedetta, ch'egli avea
destinata per madre del secondo Adamo Gesù Cristo, il quale dovea dar riparo al
danno fatto dal primo.
Or vediamo quanto convenne a Dio e a tutte tre le divine Persone di preservar
questa Vergine dalla colpa originale. Vedremo che convenne al Padre
preservarnela come sua figlia, al Figlio come sua madre, allo Spirito Santo
come sua sposa.
Punto I.
E in primo luogo convenne all'Eterno Padre far che Maria fosse immune della
macchia originale perch'ella era sua figlia e figlia primogenita, com'ella
stessa attestò:
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Ego ex ore
Altissimi prodivi primogenita ante omnem creaturam (Eccli. XXIV, [5]);
siccome già viene applicato questo passo a Maria da' sacri Interpreti, da' SS.
Padri e dalla stessa Chiesa appunto nella solennità di sua Concezione. Poiché o
sia ella primogenita in quanto fu predestinata insieme col Figlio ne' divini
decreti prima di tutte le creature, come vuole la scuola de' Scotisti; o sia
primogenita della grazia come predestinata per madre del Redentore dopo la
previsione del peccato, secondo vuole la scuola de' Tomisti: tutti non però si
accordano in chiamarla la primogenita di Dio. Il che essendo, ben fu
conveniente che Maria non fosse mai stata schiava di Lucifero, ma solo e sempre
posseduta dal suo Creatore, come già fu, secondo ella medesima dice: Dominus possedit me in initio viarum suarum
(Eccli., loc. cit.)1 Onde con ragione fu Maria chiamata da Dionigi
arcivescovo d'Alessandria: Una et sola
filia vitae (Ep. contr. Pau. Samos.).2 Unica e sola figlia della
vita, a differenza dell'altre che, nascendo in peccato, son figlie della morte.
In oltre ben convenne che l'Eterno Padre la creasse in sua grazia, poiché la
destinò per riparatrice del mondo perduto, e mediatrice di pace tra gli uomini
e Dio; come appunto la chiamano i SS. Padri e specialmente S. Giov. Damasceno,
il quale così le dice: O Vergine benedetta, voi siete nata per servire alla
salute di tutta la terra: In vitam
prodiisti, ut orbis universi administram te praeberes (Or. 1, de Nat.
Virg).3 Perciò dice S. Bernardo che Maria fu già figurata nell'arca di
Noè; mentre siccome per quella furon liberati gli uomini dal diluvio, così per
Maria noi siam salvati dal naufragio del peccato; ma colla differenza, che per
mezzo dell'arca si salvarono pochi, per mezzo di Maria è stato liberato tutto
il genere umano: Sicut per illam omnes
evaserunt diluvium, sic per istam peccati naufragium. Per illam
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paucorum
facta est liberatio, per istam humani generis salvatio (Serm. de B.
Virg.).4 Ond'è che Maria da S. Atanasio chiamasi: Nova Heva, mater vitae (Or. de S. Deip.).5 Nuova Eva,
perché la prima fu madre della morte, ma la SS. Vergine è madre della vita. S.
Teofane vescovo di Nicea le dice: Salve,
quae sustulisti tristitiam Hevae.6 S. Basilio la chiama paciera fra
gli uomini e Dio: Ave, Dei hominumque
sequestra constituta.7 S. Efrem la paciera di tutto il mondo: Ave, totius orbis conciliatrix.8
Or a chi tratta la pace, non certamente conviene ch'egli sia nemico
dell'offeso, e tanto meno che sia complice dello stesso delitto. Dice S.
Gregorio che a placare il giudice non può andarvi un suo nemico, altrimenti in
vece di placarlo più lo sdegnerebbe.9 E perciò dovendo Maria esser la
mezzana di
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pace degli uomini con Dio, ogni ragion volea che non
comparisse ella ancora peccatrice e nemica di Dio, ma tutt'amica e monda dal peccato.
Di più convenne che Dio la preservasse dalla colpa originale, poiché la
destinava a schiacciare la testa al serpente infernale, che col sedurre i primi
progenitori recò la morte a tutti gli uomini, come già gli predisse il Signore: Inimicitias ponam inter te et mulierem, et
semen tuum et semen illius: ipsa conteret caput tuum (Gen. III, 15). Or se
Maria dovea esser la donna forte posta nel mondo a vincere Lucifero, al certo
non conveniva ch'ella fosse prima da Lucifero vinta e fatta sua schiava: ma più
presto fu ragionevole che fosse esente da ogni macchia e da ogni soggezione al
nemico. Cercò il superbo, siccome avea già infettato col suo veleno tutto il
genere umano, così anche d'infettare la purissima anima di questa Vergine. Ma sia
sempre lodata la divina bontà, che la prevenne a questo fine con tanta grazia,
che restando ella libera da ogni reato di colpa, così poté abbattere e
confonder la sua superbia, come dice sant'Agostino o chi altro sia l'autor del
commento nella Genesi: Cum peccati
originalis caput sit diabolus, tale caput Maria contrivit, quia nulla peccati
subiectio ingressum habuit in animam Virginis, et ideo ab omni macula immunis
fuit (in cit. loc. Gen.).10 E più chiaramente S. Bonaventura:
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Congruum erat ut B. Virgo
Maria, per quam aufertur nobis opprobrium, vinceret diabolum, ut nec ei
succumberet ad modicum (In 3, dist. 3, art. 2, qu. 2).11
Ma sopra tutto convenne principalmente all'Eterno Padre che rendesse illesa
questa sua figlia dal peccato di Adamo, perché la destinava per madre del suo
Unigenito. Tu ante omnem creaturam in
mente Dei praeordinata fuisti, ut Deum ipsum hominem procreares, parla S.
Bernardino da Siena (Serm. 51, cap. 4).12 Se non per altro motivo
dunque, almeno per onor del suo Figlio ch'era Dio, fu ragione che 'l Padre la
creasse pura da ogni macchia. Dice S. Tommaso l'Angelico che tutte le cose che
sono ordinate a Dio, debbono esser sante e monde da ogni lordura: Sanctitas illis rebus attribuitur quae in
Deum sunt ordinatae (1 p., q. 36, art. 1).13 Che perciò Davide,
designando il tempio di Gerosolima con quella magnificenza che si conveniva al
Signore, dicea: Neque enim homini
praeparatur habitatio, sed Deo (I Par. XXIX, 1). Or quanto più dobbiamo
ragionevolmente credere che 'l sommo Fattore, destinando Maria per essere la
madre del suo medesimo Figlio, la dovette adornare nell'anima di tutti i pregi
più belli, acciocché fosse degna abitazione d'un Dio? Omnium artifex Deus - afferma il B. Dionigi Cartusiano - Filio suo dignum habitaculum fabricaturus,
eam omnium gratificantium charismatum [plenitudine] adornavit
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(L. 2, de laud.
Virg., art. 2).14 E la stessa S. Chiesa di ciò ne assicura attestando
che Dio apparecchiò il corpo e l'anima della Vergine, per essere degno albergo
in terra del suo Unigenito: Omnipotens
sempiterne Deus, così prega la S. Chiesa, qui gloriosae Virginis et Matris Mariae corpus et animam, ut dignum
Filii tui habitaculum effici meretur, Spiritu Sancto cooperante, praeparasti,
etc.15
Si sa che 'l primo pregio de' figli è di nascere da padri nobili: Gloria filiorum patres eorum (Prov.
XVII, 6). Ond'è che più si tollera nel mondo lo sfregio d'esser riputato scarso
di beni e di dottrina, che vile di nascita; mentre il povero può farsi ricco
colla sua industria, l'ignorante può farsi dotto collo studio, ma chi nasce
vile difficilmente può giungere a diventare nobile; e se mai vi giungesse,
sempre potrà rinfacciarglisi l'antica ed originaria sua macchia. Come dunque
possiamo pensare che Dio, potendo far nascere il Figlio da una madre nobile,
con preservarla dalla colpa, l'abbia voluto far nascere da una madre infetta
dal peccato, permettendo che Lucifero avesse potuto sempre rinfacciargli
l'obbrobrio d'esser nato da una madre sua schiava e nemica di Dio? No, che 'l
Signore ciò non permise: ma ben provvide all'onor del suo Figlio con far che la
sua madre fosse stata sempre immacolata, affinché fosse una madre qual si conveniva
ad un tal Figlio. Così ci attesta la Chiesa greca: Providentia singulari perfecit, ut SS. Virgo ab ipso vitae suae
principio tam omnino exsisteret pura, quam decebat illam quae Christo digna
mater exsisteret (In Men., die 25 martii).16
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È assioma comune fra' Teologi, non essere stato mai conceduto alcun dono ad
alcuna creatura, di cui non sia stata anche arricchita la B. Vergine. Ecco come
parla S. Bernardo: Quod vel paucis
mortalium constat esse collatum, fas certe non est suspicari tantae Virgini
fuisse negatum (Epist. 174).17 E S. Tommaso da Villanova: Nihil umquam alicui sanctorum concessum est,
quod a principio vitae cumulatius non praefulgeat in Maria (Serm. 2, de
Ass.).18 Ed essendo vero che tra la Madre di Dio ed i servi di Dio vi è
una distanza infinita, secondo il celebre detto di S. Giovanni Damasceno: Matris Dei et servorum Dei infinitum est
discrimen (Or. 1 de Ass.);19 certamente dee supporsi, come insegna
San Tommaso, che Dio abbia conferiti privilegi di grazia in ogni genere
maggiori alla Madre che a' servi: Maiora
in quovis genere privilegia gratiae deferenda sunt Matri Dei, quam servis
(3 p., q. 27, art. 2).20 Or ciò supposto, ripiglia S. Anselmo, il gran
difensore di Maria immacolata,
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e dice: Impotensne fuit sapientia Dei mundum habitaculum condere, remota omni
labe conditionis humanae? (Serm. de Concept.): Forse non poté la divina
Sapienza apparecchiare al suo Figlio un ospizio mondo, con preservarlo da ogni macchia
del genere umano? Ha potuto già Dio - seguita a parlare S. Anselmo - conservare
illesi gli angeli del cielo nella rovina di tanti, e non ha potuto poi
preservar la Madre del Figlio, e la regina degli angeli dalla comune caduta
degli uomini? Angelos, aliis peccantibus,
a peccato reservavit; et Matrem ab aliorum peccatis exsortem servare non potuit?
(Loc. cit.).21 Ha potuto Dio, io aggiungo, dar la grazia anche ad
un'Eva di venir al mondo immacolata, e poi non ha potuto darla a Maria?
Ah no, che Dio ha potuto ben farlo e l'ha fatto; mentre con ogni ragione
conveniva, come dice lo stesso S. Anselmo, che quella Vergine, che Dio disponea
di dare per Madre all'unico suo Figlio, fosse adorna di una purità,22
che non solo avanzasse quella di tutti gli uomini e di tutti gli angeli, ma
fosse la maggiore che può intendersi dopo Dio: Decens erat, ut ea puritate, qua maior sub Deo nequit intelligi,
Virgo illa niteret, cui Deus Pater unicum sibi Filium dare disponebat
(Dict. lib. de Conc.).23 E più chiaro S. Gio. Damasceno: Cum Virginis una cum corpore animam
conservasset, ut eam decebat, quae Deum in sinu suo exceptura erat: sanctus
enim ipse cum sit, in sanctis requiescit (Lib. 4, de fid. ort., c.
15).24 Sicché ben poté dire
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l'Eterno Padre a questa Figlia
diletta: Sicut lilium inter spinas, sic
amica mea inter filias (Cant. II, 2): Figlia, fra tutte le altre mie figlie
tu sei come giglio tra le spine, giacché quelle sono tutte macchiate dal
peccato, ma tu fosti sempre immacolata e sempre amica.
Punto II.
In secondo luogo convenne al Figlio di preservar Maria dalla colpa, come sua
madre.
A tutti gli altri figli non si concede di potersi sceglier la madre secondo il
lor piacere; ma se a taluno ciò mai si concedesse, chi sarebbe quello che
potendo aver per madre una regina, la volesse schiava? potendo averla nobile,
la volesse villana? potendo averla amica di Dio, la volesse nemica? Se dunque il
solo Figliuolo di Dio poté eleggersi la madre conforme gli piaceva, ben dee
tenersi per certo che se la scegliesse qual conveniva ad un Dio. Così parla S.
Bernardo: Nascens de homine Factor
hominum talem sibi debuit eligere matrem, qualem se decere sciebat (Hom. 3,
sup. Miss.).25 Ed essendo ben
decente ad un Dio purissimo l'avere una madre pura da ogni colpa, tale appunto
se la fece, afferma S. Bernardino da Siena con quelle parole: Tertio fuit sanctificatio maternalis, et
haec removet omnem culpam originalem. Haec fuit in B. Virgine: sane Deus talem
tam nobilitate naturae, quam perfectione gratiae condidit matrem, qualem eum
decebat habere suam matrem (Tom. 2, serm. 51, c. 1).26 Al che fa
ciò che scrisse l'Apostolo: Talis enim
decebat
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ut nobis esset
pontifex sanctus, innocens, impollutus, segregatus a peccatoribus, etc.
(Hebr. VII, [26]). Nota qui un dotto autore che secondo S. Paolo fu decente che
'l nostro Redentore non solo fosse segregato da' peccati, ma anche da'
peccatori, conforme spiega S. Tommaso:
Oportuit eum qui peccata venit tollere, esse segregatum a peccatoribus, quantum
ad culpam cui Adam subiacuit (3 p., q. 4, art. 6).27 Ma come Gesù
Cristo potea chiamarsi segregato da' peccatori, avendo una madre peccatrice?
Dice S. Ambrogio: Non de terra, sed de
caelo vas sibi hoc, per quod descenderet, Christus elegit, et sacravit templum
pudoris (De Inst. Virg., c. 5).28 Allude il santo al detto di S.
Paolo: Primus homo de terra, terrenus:
secundus homo de caelo, caelestis (I Cor. XV, [47]). S. Ambrogio chiama la
divina Madre Vaso celeste, non perché
Maria non fosse terrena per natura, come han sognato gli eretici; ma celeste
per grazia, poich'ella fu superiore agli angeli del cielo in santità e purità,
come si conveniva ad un re della gloria, che doveva abitar nel suo seno,
secondo rivelò il Battista a santa Brigida: Non
decuit regem gloriae iacere nisi in vase purissimo et electissimo, prae omnibus
angelis et hominibus (Rev. l. I, c. 17).29
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Al che
s'unisce quel che lo stesso Eterno Padre disse alla medesima santa: Maria fuit vas mundum et non mundum. Mundum,
quia tota pulchra: sed non mundum, quia de peccatoribus nata est; licet sine
peccato concepta, ut Filius meus de ea sine peccato nasceretur (Lib. V, c.
13).30 E notinsi queste ultime parole, cioè che Maria fu senza colpa
conceputa, acciocché da lei senza colpa nascesse il divin Figlio. Non già che
Gesù Cristo fosse stato capace di contrarre la colpa, ma affinché egli non
avesse l'obbrobrio di avere una madre infetta dal peccato e schiava del
demonio.
Dice lo Spirito Santo che l'onore del padre è la gloria del figlio, e 'l
disonore del padre è l'obbrobrio del figlio: Gloria enim hominis est honor patris sui, et dedecus filii pater sine
honore (Eccli. III, 13).31 Che però dice S. Agostino (Serm. de Ass.
B.V.) che Gesù preservò il corpo di Maria dal corrompersi dopo la morte, poiché
ridondava in suo disonore che fosse guasta dalla putredine quella carne
verginale di cui egli s'era già vestito: Putredo
namque humanae est opprobrium conditionis, a quo cum Iesus sit alienus, natura
Mariae excipitur; caro enim Iesu caro Mariae est (Serm. de Ass.
B.V.).32 Or se
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sarebbe stato obbrobrio di Gesù Cristo nascere
da una madre che avesse avuto un corpo soggetto alla putredine della carne,
quanto più il nascere da una madre che avesse avuta l'anima infetta dalla
putredine del peccato? Oltrechè, essendo vero che la carne di Gesù è la stessa
che quella di Maria, in tal maniera - come soggiunge ivi lo stesso santo - che
la carne del Salvatore anche dopo la sua risurrezione è restata la stessa
ch'egli prese dalla Madre: Caro Christi
caro est Mariae, et quamvis gloria resurrectionis fuerit glorificata, eadem
tamen mansit quae de Maria sumpta est (Loc. cit.).33 Onde disse S.
Arnoldo Carnotense: Una est Mariae et
Christi caro; atque adeo Filii gloriam cum Matre non tam communem iudico, quam
eamdem (De laud. Virg.).34 Or essendo ciò vero, se mai la B.
Vergine fosse stata conceputa in peccato, benché il Figlio non ne avrebbe
contratta la macchia del peccato, nulladimeno sempre gli sarebbe stata una
certa macchia l'aver seco unita la carne un tempo infetta dalla colpa, vaso
d'immondizia, e soggetta a Lucifero.
Maria non solo fu madre, ma degna madre del Salvatore. Così la chiamano tutti i
Santi Padri. S. Bernardo: Tu sola inventa
es digna, ut in tua virginali aula Rex regum primam sibi mansionem eligeret
(In depr. ad Virg.).35 S. Tommaso da Villanova: Antequam conciperet, iam idonea erat, ut esset Mater
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Dei (Serm. 3, de Nat. Virg.).36
La stessa S. Chiesa ci attesta che la Vergine meritò d'esser madre di Gesù
Cristo: B. Virgo, cuius viscera meruerunt
portare Christum Dominum (Resp. 1, noct. 2, in
Nat. Mar.). Il
che spiegando S. Tommaso d'Aquino, dice: B.
Virgo dicitur meruisse portare Dominum omnium, non quia meruit ipsum incarnari,
sed quia meruit ex gratia sibi data illum puritatis et sanctitatis gradum, ut
congrue posset esse Mater Dei (3 p., q. 2, a. 11, ad 3).37 Dice
dunque l'Angelico che Maria non già poté meritare l'incarnazione del Verbo, ma
colla divina grazia meritò tal perfezione, che la rendesse degna Madre d'un
Dio, secondo quel che ne scrisse anche S. Pier Damiani: Singularis eius sanctitas ex gratia hoc promeruit, quod susceptione Dei
singulariter iudicata est digna (De Ass., serm. 2).38
Or ciò supposto che Maria fu degna Madre di Dio, quale eccellenza mai, dice S.
Tommaso da Villanova, e qual perfezione a lei non si convenne? Quae autem excellentia, quae
perfectio decuit eam, ut esset Mater Dei? (Serm.
3, de Nat. Virg.)39
Insegna lo stesso dottore Angelico che quando Dio elegge taluno a qualche
dignità, lo rende ancora idoneo a quella; onde dice che Dio avendo eletta Maria
per sua madre, certamente ne la rendette ancora degna colla sua grazia: Beata autem Virgo fuit electa divinitus ut
esset Mater Dei; et ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad
hoc
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idoneam reddiderit
iuxta illud: Invenisti gratiam apud Dominum: Ecce concipies, etc. Luc. I (3
p., q. 27, a. 4). E da ciò ricava il santo che la Vergine non commise mai alcun
peccato attuale, neppur veniale; altrimenti, dice, ella non sarebbe stata degna
Madre di Gesù Cristo, poiché l'ignominia della Madre sarebbe stata anche del
Figlio, avendo una peccatrice per madre:
Non fuisset idonea Mater Dei, si peccasset aliquando, quia ignominia matris ad
Filium redundasset (Loc. cit.).40 Or se Maria, peccando con un sol
veniale, che non priva già l'anima della divina grazia, non sarebbe stata Madre
idonea di Dio; quanto più se Maria fosse stata rea della colpa originale, la
quale l'avrebbe renduta nemica di Dio e schiava del demonio? Che perciò S.
Agostino disse in quella sua celebre sentenza che parlando di Maria non volea
far parola di peccati, per onore di quel Signore ch'ella meritò per Figlio e
per cui ebbe la grazia di vincere il peccato per ogni parte: Excepta itaque S. Virgine Maria, de qua
propter honorem Domini nullam prorsus, cum de peccatis agitur, habere volo
quaestionem. Unde enim scimus quod ei plus gratiae collatum fuerit ad vincendum
ex omni parte peccatum, quae concipere et parere meruit eum, quem constat
nullum habuisse peccatum (De Nat. et grat. contr. Pel.,
t. 7, c. 36).41
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Sicché dobbiamo tener per certo che 'l Verbo Incarnato si elesse la madre quale
gli conveniva, e di cui non se ne avesse a vergognare, come parla S. Pier
Damiani: Christus talem matrem sibi
elegit, quam meruit habere, de qua non erubesceret.42 E parimente
S. Proclo: Intra viscera, quae citra
ullam sui dedecoris notam creaverat, habitavit (Or. de Nat.
Dom.).43 Non fu già d'obbrobrio a Gesù il sentirsi chiamar dagli Ebrei
figlio di Maria per disprezzo, come figlio di una povera donna: Nonne mater eius dicitur Maria? (Matth.
XIII, 55), mentr'egli venne in terra a dar esempi d'umiltà e di pazienza. Ma
senza dubbio all'incontro gli sarebbe stato d'obbrobrio, se da' demoni avesse
potuto sentirsi dire: Nonne mater eius
exstitit peccatrix? E che forse egli non è nato da una madre peccatrice ed
un tempo nostra schiava? Anche indecenza sarebbe stata il nascere Gesù Cristo
da una donna deforme e storpiata di corpo, o pure nel corpo invasata da'
demoni. Ma quanto più poi il nascere da una donna deforme un tempo nell'anima,
e nell'anima invasata da Lucifero?
Ah che questo Dio ch'è la stessa Sapienza ben seppe fabbricarsi in terra quale
gli si conveniva quella casa dove doveva abitare: Sapientia aedificavit sibi domum (Prov. IV, 1). Sanctificavit tabernaculum suum
Altissimus... Adiuvabit eam Deus mane diluculo (Ps. XLV, [5, 6]). Il
Signore, dice Davide, santificò questa sua abitazione mane diluculo, cioè dal principio di sua via, per renderla degna di
sé; poiché ad un Dio santo non conveniva eleggersi una casa che non fosse
santa: Domum tuam decet sanctitudo
(Ps. XCII, [5]). E se egli si protesta che non entrerà mai ad abitare in
un'anima di mala volontà e in un corpo soggetto a' peccati: In malevolam animam non introibit sapientia,
nec habitabit in corpore subdito peccatis (Sap. I, [4]); come mai possiamo
pensare che il Figlio di Dio abbia eletto d'abitare nell'anima e nel corpo
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di Maria, senza prima santificarla e preservarla da ogni sozzura di
peccato; giacché, siccome insegna S. Tommaso, il Verbo Eterno abitò non solo
nell'anima, ma anche nell'utero di Maria: Dei
Filius in ipsa habitavit, non solum in anima, sed etiam in utero (3 p., q.
27, a. 4).44 - Canta la S. Chiesa: Signore, voi non avete avuto orrore
di abitare nell'utero della Vergine: Non
horruisti Virginis uterum.45 Sì, perché un Dio avrebbe avuto orrore
d'incarnarsi nel seno di una Agnese, d'una Geltrude, d'una Teresa; poiché
queste vergini, benché sante, furono non pertanto un tempo macchiate dal
peccato originale; ma non ebbe poi orrore di farsi uomo nel seno di Maria,
perché questa Vergine prediletta fu sempre pura da ogni neo di colpa e non mai
posseduta dal nemico serpente. Onde scrisse S. Agostino: Nullam digniorem domum sibi Filius Dei aedificavit, quam Mariam, quae
numquam fuit ab hostibus capta, neque suis ornamentis spoliata.46
All'incontro, dice S. Cirillo Alessandrino, chi mai ha inteso che un architetto
s'abbia per suo uso fabbricata una casa, e poi n'abbia conceduto il primo
possesso al principal suo nemico? Quis
umquam audivit architectum qui sibi domum aedificavit, eius occupationem et
possessionem primo suo inimico cessisse? (In Conc. Eph., n. 6).47
Sì, perché quel Signore, ripiglia S. Metodio, che ci ha dato il precetto
d'onorare i genitori, non ha voluto egli, facendosi uomo come noi, lasciar di
osservarlo, con dare alla sua Madre ogni grazia ed onore: Qui dixit, honora patrem et matrem, ut decretum a se promulgatum
servaret, omnem Matri gratiam et honorem impendit (Or. in
Hypap.).48 Perciò dice sant'Agostino che dee certamente
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credersi che Gesù Cristo abbia preservato dalla corruzione il corpo
di Maria dopo la morte, come di sopra si è detto, giacché, se egli non l'avesse
fatto, non avrebbe osservata la legge, la quale sicut honorem matris praecipit, ita inhonorationem damnat (Serm. de
Ass. B.V.).49 Or quanto meno avrebbe atteso Gesù all'onor di sua Madre,
se non l'avesse preservata dalla colpa di Adamo? Ben peccherebbe quel figlio,
dice il P. Tommaso d'Argentina agostiniano, che potendo preservar la madre dal
peccato originale, non lo facesse; or quello che sarebbe a noi peccato - dice
il suddetto autore - dee credersi non essere stato decente al Figlio di Dio,
che potendo render la Madre immacolata, non l'abbia fatto.50 Ah no,
soggiunge il Gersone: Cum tu summus
princeps velis habere Matrem, illi certe debebis honorem. Nunc autem appareret
illam legem non bene adimpleri, si in abominationem peccati originalis
permitteres illam quae esse debet habitaculum totius puritatis (Serm. de
Conc. B. Mar.).51
In oltre si sa che 'l divin Figlio venne al mondo più per redimer Maria, che
tutti gli altri uomini, come scrisse S. Bernardino il Senese: Christus plus pro redimenda Virgine venit,
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quam pro omni alia creatura.52
Ed essendoché vi son due modi di redimere, come insegna S. Agostino:53
uno con sollevare il già caduto, l'altro con prevedere che quegli non cada: Duplex est redimendi modus, unus redimendo
lapsum, alter redimendo non lapsum, ne cadat. E senza dubbio questo è il
modo più nobile: Nobilius redimitur cui
providetur ne cadat, quam ut lapsus erigatur (S. Anton.),54 perché
in tal modo si evita anche quel danno o quella macchia che sempre ne contrae
l'anima dalla caduta fatta. Quindi in tal più nobile modo, qual si conveniva
alla Madre d'un Dio, dee credersi che fu redenta Maria, come parla S.
Bonaventura: Credendum est enim quod novo
sanctificationis genere in eius conceptionis primordio Spiritus Sanctus eam a
peccato originali - non quod infuit, sed quod infuisset - redemit, atque
singulari
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gratia
praeservavit (Serm. 2, de Ass.).55 Questo sermone prova esser
veramente del S. Dottore, Frassen (Scot. Acad.,
to. 8, a. 3, sect. 3, q. 1, § 5).56 Sul che elegantemente scrisse il cardinal
Cusano: Alii liberatorem, Virgo sancta
praeliberatorem habuit:57 Altri hanno avuto il Redentore, che gli
ha liberati dal peccato già contratto; ma la Santa Vergine ebbe il Redentore,
perché figlio, che la liberò dal contrarre il peccato.
In somma per conclusione di questo punto, dice Ugone di S. Vittore che dal
frutto si conosce l'albero. Se l'Agnello fu sempre immacolato, sempre
immacolata dovette essere ancora la Madre: Talis
Agnus, qualis mater Agni; quoniam omnis arbor ex fructu suo cognoscitur
(Coll. 3, de Verb. Inc.).58 Onde questo medesimo Dottore salutava Maria
chiamandola: O digna digni: O degna
madre d'un degno figlio; e volea dire che non altri che Maria era degna madre
d'un tal Figlio, e non altri che Gesù era degno figlio d'una tal Madre: O digna digni - e siegue a dire - formosa pulchri, excelsa Altissimi, Mater
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Dei (Hug. de S. Vict.,
serm. de Ass.).59 Lattate dunque - diciamole con S. Idelfonso -
lattate, o Maria, il vostro Creatore; lattate colui che vi fece, e tal vi fece
pura e perfetta, che meritaste ch'egli da voi prendesse l'essere umano: Lacta o Maria, Creatorem tuum, lacta eum qui
te fecit, et qui talem fecit te, ut ipse fieret ex te (Serm. de Nat. Virg.).60
Punto III.
Se dunque al Padre convenne preservar Maria dal peccato come sua figlia, ed al
Figlio come sua madre, benanche allo Spirito Santo convenne preservarla come
sua sposa.
Maria, dice S. Agostino, fu quella sola che meritò d'esser chiamata madre e
sposa di Dio: Haec est quae sola meruit
mater et sponsa vocari (Serm. de Ass.).61 Poiché asserisce S.
Anselmo che 'l Divino Spirito venne già corporalmente in Maria, ed
arricchendola di grazia sopra tutte le creature, in lei riposò e fe' regina del
cielo e della terra la sua sposa: Ipse
Spiritus Dei, ipse amor Patris et Filii corporaliter venit in eam, singularique
gratia prae omnibus in ipsa requievit, et reginam caeli et terrae fecit sponsam
suam (De Ex. Virg., c. 4).62 Dice che venne in lei corporalmente in
quanto all'effetto, poiché venne a formar dal suo corpo immacolato l'immacolato
corpo di Gesù Cristo, siccome già l'Arcangelo le predisse: Spiritus Sanctus superveniet in te (Luc. I, [35]). Che
- 350 -
perciò, dice S. Tommaso, chiamasi Maria tempio del Signore, sacrario
dello Spirito Santo, perché per opera dello Spirito Santo fu fatta madre del
Verbo Incarnato: Unde dicitur templum
Domini, sacrarium Spiritus Sancti, quia concepit ex Spiritu Sancto (Opusc.
8).63
Or se un eccellente pittore avesse mai a sortir la sua sposa bella o deforme,
qual egli medesimo se la dipingesse, qual diligenza ei mai non porrebbe a farla
quanto più bella potesse? Chi dunque può dire che lo Spirito Santo abbia
operato altrimenti con Maria, che, potendo egli stesso farsi questa sua sposa
tutta bella quale gli conveniva, non l'abbia fatto? No, che così gli convenne e
così ha fatto, come attestò il medesimo Signore, quando lodando Maria le disse:
Tota pulchra es, amica mea, et macula non
est in te (Cant. IV, 7). Le quali parole dicono S. Idelfonso64 e S.
Tommaso65 che propriamente di Maria s'intendono, come riferisce
Cornelio a Lapide sul detto passo;66 e S. Bernardino da Siena (To. 2,
serm. 52)67 con
- 351 -
S. Lorenzo Giustiniani (Serm. de Nat.
Virg.)68 asseriscono che s'intendono le parole citate precisamente
della sua immacolata Concezione; onde l'Idiota le dice: Tota pulchra es, Virgo gloriosissima, non in parte, sed in toto; et
macula peccati sive mortalis, sive venialis, sive originalis, non est in te
(In Contempl. B.V., c. 3).69
Lo stesso significò lo Spirito Santo, quando chiamò questa sua sposa orto
chiuso e fonte segnato: Hortus conclusus,
soror mea sponsa, hortus conclusus, fons signatus (Cant. IV, 12). Maria
appunto, dice S. Girolamo, fu quest'orto chiuso e fonte suggellato; poiché in
lei non entrarono mai i nemici ad offenderla, ma sempre ella ne fu illesa,
restando santa nell'anima e nel corpo: Haec
est hortus conclusus, fons signatus, ad quam nulli potuerunt doli irrumpere,
nec praevalere fraus inimici; sed permansit sancta mente et corpore. Così S.
Girolamo (Ep. 10, ad Eust., de Ass.).70 E similmente S. Bernardo disse,
parlando colla B. Vergine: Hortus
conclusus tu es, quem ad deflorandum manus peccatorum numquam introivit (V.
in loc. cit. Cant. 4).71
- 352 -
Sappiamo che questo divino Sposo amò più Maria che tutti gli altri santi ed
angeli insieme uniti, come asserisce il P. Suarez72 con S. Lorenzo
Giustiniani ed altri.73 Egli sin dal principio l'amò e l'esaltò nella
santità sopra di tutti, com'espresse Davide: Fundamenta eius in montibus sanctis; diligit Dominus portas Sion super
omnia tabernacula Iacob... Homo natus est in ea, et ipse fundavit eam
altissimus (Ps. LXXXVI, [1, 2, 5]). Parole che tutte significano che Maria
fu santa sin dalla sua Concezione. Lo stesso significa ciò che le disse il
medesimo Spirito Santo in altri luoghi. Multae filiae congregaverunt divitias, tu supergressa es
universas (Prov. XXXI, [29]). Se Maria ha superati tutti in ricchezze
della grazia, dunque ha avuto ancora la giustizia originale, come l'ebbero
Adamo e gli angeli. Adolescentularum non
est numerus: una est columba mea, perfecta mea - l'ebreo legge, integra, immaculata mea - una est matris
suae (Cant. VI, [7, 8]).74 Tutte l'anime giuste son figlie della
divina grazia, ma fra queste Maria fu la colomba
senza fiele di colpa, la perfetta
senza macchia d'origine, l'una
conceputa in grazia.
Quindi è che l'angelo, prima ch'ella fosse Madre di Dio, già la trovò piena di
grazia e così la salutò: Ave, gratia
plena. Sulle quali parole scrisse Sofronio che agli altri santi la grazia
si dà in parte, ma alla Vergine fu data tutta: Bene gratia plena dicitur, quia ceteris per partes praestatur, Mariae
vero simul se tota infudit plenitudo gratiae (Serm. de Ass.
B.V.).75 Talmenteché dice S. Tommaso che la grazia non solo fe' santa
l'anima, ma benanche la carne di Maria, acciocché di quella avesse indi potuto
la Vergine vestirne il Verbo Eterno: Anima
- 353 -
ma B. Virginis ita fuit plena,
quod ex ea refudit gratiam in carnem, ut de ipsa conciperet Deum (Opusc.
8).76 Or tutto ciò conduce ad intendere che Maria sin dalla sua
concezione dallo Spirito Santo fu fatta ricca e piena della divina grazia, come
argomenta Pietro Cellense: Simul in ea
collecta est gratiae plenitudo, quia ab exordio suae conceptionis aspersione
Spiritus Sancti tota deitatis gratia est superfusa (Lib. de Panib., c.
10).77 Onde dice S. Pier Damiani: A
Deo electam et praeelectam totam eam rapturus erat sibi Spiritus Sanctus
(Serm. de Ann.).78 Rapturus, per
ispiegare il santo la velocità del Divino Spirito in prevenire e far sua questa
sposa, prima che Lucifero la possedesse.
Voglio finalmente chiudere questo discorso, in cui mi son diffuso più che negli
altri, per ragione che la nostra minima Congregazione ha per sua principal
protettrice la SS. Vergine Maria appunto sotto questo titolo della sua
Immacolata Concezione: voglio, dico, finire con dichiarare in breve quali siano
i motivi che mi fan certo, ed a mio parere dovrebbero far certo ognuno di
questa sentenza così pia e di tanta gloria della divina Madre, ch'ella sia
stata immune dalla colpa originale.
Vi sono molti Dottori ch'anzi difendono che Maria sia stata esente dal
contrarre anche il debito del peccato; come sono il cardinal Galatino (De arca,
l. 7, c. 18), il cardinal Cusano (Lib. 8, exercit. 8), De Ponte (L. 2, Cant.,
ex. 10), Salazar (De V. Conc., c. 7, § 7), il Caterino (De pecc. orig., c.
ult.), il Novarino (Umbra Virg., c. 10, exc. 28), Viva (P. 8, d. 1, q. 2, a.
3), De Lugo,
- 354 -
Egidio, Richelio, ed altri.79 Or questa opinione
è ben ella probabile; poiché, s'è vero che nella volontà di Adamo come capo
degli uomini furono incluse le volontà di tutti, secondo probabilmente tengono
Gonet (Man., to. 3, tr. 5, c. 6, § 2), Habert (T. 3, de pecc., c. 7),80
ed altri, fondati sul testo di S. Paolo: Omnes
in Adam peccaverunt (Rom.
V);81 se ciò dunque è probabile, probabile benanche è che Maria non
abbia contratto il debito del peccato: mentre avendola Dio molto distinta nella
grazia dal comune degli uomini, dee piamente credersi che nella volontà di
Adamo non abbia inclusa quella di Maria.
Questa opinione è solamente probabile, ed a questa io aderisco come più
gloriosa per la Signora mia. Ma poi tengo per certa la sentenza che Maria non
ha contratto il peccato di Adamo; siccome la tengono per certa, anzi per
prossimamente definibile di fede, come la chiamano il cardinale Everardo (In
exam. theol.), Duvallio (I-II, qu. 2, de pecc.), Rainaldo (Piet. Lugd., n. 29), Lossada (Disc. Th. de Imm. Conc.), Viva (Qu. Prod. ad Trut.), ed altri
molti.82 Lascio pertanto le
- 355 -
rivelazioni che confermano la
suddetta sentenza, specialmente quelle fatte a S. Brigida, approvate già dal
cardinale Torrecremata e da quattro Sommi Pontefici, come si legge nel libro
sesto di dette rivelazioni in più luoghi (al cap. 12, 49 e 55);83 ma a
patto veruno lasciar non posso di notar qui le sentenze de' SS. Padri su questo
punto, per dimostrare quanto essi sono stati uniformi in accordar tale
privilegio alla divina Madre. S. Ambrogio dice: Suscipe me non ex Sara, sed ex Maria, ut incorrupta sit virgo, sed
virgo per gratiam ab omni integra labe peccati (Serm. 22, in Ps.
118).84 Origene parlando di Maria dice: Nec serpentis venenosis afflatibus infecta est (Hom. I).85
S. Efrem: Immaculata, et ab omni peccati
labe alienissima (Tom. 5, or. ad Dei Gen.).86 S. Agostino sulle
parole dell'Angelo, Ave, gratia plena,
scrisse: Quibus ostendit ex integro - nota ex integro - iram primae sententiae
exclusam, et plenam benedictionis gratiam restitutam (Serm. 11, in Nat.
Dom.).87 S. Girolamo: Nubes illa
non fuit in tenebris, semper in luce (In Ps. 77).88 S. Cipriano o
chi altro ne sia l'autore:
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Nec
sustinebat iustitia, ut illud vas electionis communibus laxaretur iniuriis,
quoniam plurimum a ceteris distans natura communicabat, non culpa (Lib. de
card. Chr. oper., de Nat.).89 Sant'Anfilochio: Qui antiquam virginem sine probro condidit, ipse et secundam sine nota
et crimine fabricatus est (Tr. de Deip.).90 Sofronio: Virginem ideo dici immaculatam, quia in
nullo corrupta est (In. Ep., ap. 6 Syn., t. 3, p. 307).91 S.
Idelfonso: Constat eam ab originali
peccato fuisse immunem (Contr. Disp. de Virg. Mar.).92
S. Gio. Damasceno: Ad hunc paradisum
serpens aditum non habuit (Or. 2, de Nat. Mar.).93 S. Pier Damiani:
Caro Virginis ex Adam sumpta maculas Adam
non admisit (Serm. de Ass. V.).94 S. Brunone: Haec est incorrupta
- 357 -
terra illa, cui benedixit Dominus: ab
omni propterea peccati contagione libera (In Ps. 101). 95 S.
Bonaventura: Domina nostra fuit plena
gratia praeveniente in sua sanctificatione, gratia scilicet praeservativa
contra foeditatem originalis culpae (Serm. 2, de Assumpt.).96 S.
Bernardino da Siena: Non enim credendum
est quod ipse Filius Dei voluerit nasci ex Virgine et sumere eius carnem quae
esset maculata aliquo originali peccato (Tom. 3, serm. 49).97 San Lorenzo
Giustiniani:
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Ab ipsa
conceptione fuit in benedictionibus praeventa (Serm. de Ann.).98
L'Idiota su quelle parole, Invenisti
gratiam, dice: Gratiam singularem, o
dulcissima Virgo, invenisti, quia fuerunt in te ab originali labe praeservatio,
etc. (Cap. 6).99 E lo stesso dicono tanti altri Dottori.
Ma i motivi che finalmente della verità di questa pia sentenza assicurano son
due. Il primo si è il consentimento universale su questo punto de' fedeli.
Attesta il P. Egidio della Presentazione (De praes. Virg., q. 6, a. 4) che
tutti gli Ordini religiosi seguitano la detta sentenza;100 e dello
stesso Ordine di S. Domenico, dice un moderno autore, benché siano 92 scrittori
per la contraria, nulladimeno 136 sono per la nostra.101 Ma sopra tutto
dee persuaderci che la nostra pia sentenza sia conforme al comun sentimento de'
Cattolici, ciò che ne attesta il Papa Alessandro VII nella sua celebre bolla, Sollicitudo omnium ecclesiarum, uscita
sin dall'anno 1661, in cui si dice: Aucta
rursus et propagata fuit pietas haec et cultus erga Deiparam... ita ut,
accedentibus Academiis ad hanc sententiam
- 359 -
- cioè alla pia - iam fere omnes Catholici eam complectantur.102
Ed in fatti questa sentenza è difesa dalle accademie della Sorbona, di Alcalà,
di Salamanca, di Coimbra, di Colonia, di Magonza, di Napoli, e da altre molte,
in cui ciascun laureato si obbliga con giuramento alla difesa di Maria
Immacolata. Di questo argomento, cioè del comun senso de' fedeli, sopra tutto
s'avvale a provarla il dotto Petavio (Tom. 5, p. 2, l. 14, c. 2, n. 10);103
il quale argomento, scrive il dottissimo vescovo D. Giulio Torni (In adn. ad
Aest., l. 2, dist. 3, § 2) che non può non convincere, mentre in verità, se non
altro che 'l comun consentimento de' fedeli ci rende certi della santificazione
di Maria nell'utero, e della sua Assunzione in cielo in anima e corpo; perché
poi questo stesso comun sentimento de' fedeli non ci ha da render certi della
sua Concezione immacolata?104
L'altro motivo più forte del primo, che ne fa certi dell'esenzione della
Vergine dalla macchia originale, è la celebrazione ordinata dalla Chiesa
universale della sua Concezione immacolata. E circa di ciò io vedo da una parte
che la Chiesa celebra il primo istante, quando fu creata la di lei anima ed
infusa al corpo, come dichiara Alessandro VII nella
- 360 -
bolla mentovata,
in cui si esprime darsi dalla Chiesa alla Concezione di Maria quello stesso
culto che le dà la pia sentenza, la quale la vuol conceputa senza la colpa
originale.105 Dall'altra parte intendo esser certo che la Chiesa non
può celebrare cosa non santa, secondo gli oracoli di S. Leone Papa (Ep. Decr.
4, c. 2)106 e di S. Eusebio pontefice: In sede apostolica extra maculam semper est catholica servata religio
(Decr., 24, q. 1, c. In sede);107
e come insegnano tutt'i Teologi con S. Agostino (Serm. 95 et 113),108
S. Bernardo (Ep. ad Can. Lugd.),109 e S. Tommaso, il quale per provare
che Maria fu santificata
- 361 -
prima di nascere, di questo argomento appunto
si serve, cioè della celebrazione che fa la Chiesa di sua nascita, e perciò
dice: Ecclesia celebrat nativitatem B.
Virginis; non autem celebratur festum in Ecclesia nisi pro aliquo sancto; ergo
B. Virgo fuit in utero sanctificata (3 p., q. 27, a. 2).110 Or s'è
certo, come dice l'Angelico, che Maria fu santificata nell'utero, perché così
la S. Chiesa celebra la sua nascita; perché poi non abbiamo da tenere per certo
che Maria fu preservata dal peccato originale fin dal primo istante di sua Concezione,
or che sappiamo che in questo senso la stessa Chiesa ne celebra la festa?
In conferma poi di questo gran privilegio di Maria son note già le grazie
innumerabili e prodigiose che il Signore si compiace di dispensare tutto giorno
nel regno di Napoli per mezzo delle cartelline della di lei Immacolata
Concezione.111
- 362 -
Io potrei riferirne molte passate per mano de'
Padri della nostra medesima Congregazione;112 ma voglio narrarne
solamente due, che sono veramente ammirabili.
Esempio.
In una delle case che tiene la nostra minima Congregazione in questo regno,
venne una donna a dire ad un Padre de' nostri che 'l marito da più anni non si
era confessato, e che non sapeva più che fare la misera per ridurlo, poiché
parlandogli di confessione quegli la bastonava. Disse il Padre alla donna che
gli avesse data una cartella di Maria immacolata. Venuta la sera, la donna di
nuovo pregò il marito che si confessasse; ma facendo quello il sordo secondo il
solito, gli diede una cartella. Ed ecco che appena ricevuta la cartella, disse
il marito: E bene, quando mi vuoi portare a confessare, che son pronto? La
moglie si pose a piangere per allegrezza, vedendo quella mutazione così istantanea.
La mattina venne in fatti costui alla nostra chiesa. Dimandandogli quel nostro
Padre, da quanto tempo non si era confessato? Rispose, da ventiotto anni. E
come, replicò il Padre, ti sei mosso questa mattina a venire a confessarti?
Padre, disse, io stava ostinato; ma iersera mia moglie mi diede una cartella
della Madonna, e subito m'intesi mutar il cuore; tantoché questa notte ogni
momento mi parea mille anni che si facesse
- 363 -
giorno, per poter venire a
confessarmi. Ed in effetto si confessò con molta compunzione, mutò vita, e
seguitò per molto tempo a confessarsi spesso dallo stesso Padre.
In un altro luogo della diocesi di Salerno, mentre da noi si faceva vi la santa
missione, vi era un certo uomo che teneva una grave inimicizia con uno che
l'aveva offeso. Un Padre de' nostri gli parlò per la remissione, ed egli
rispose: Padre, voi m'avete veduto mai alle prediche? No, e per questo io non
ci accosto: già lo vedo che son dannato; ma non ci vuol altro, io mi voglio
vendicare. Faticò molto il Padre per convertirlo, ma, vedendo che ci perdeva le
parole: Prendi, gli disse, questa cartella della Madonna. Quegli rispose a
principio: Ed a che serve questa cartella? Ma presasi la cartella, come non mai
avesse negato di far la remissione richiesta, disse al missionario: Padre mio,
V. R. vuol altro che la remissione? eccomi son pronto a farla. E si appuntò per
la mattina susseguente. Ma venuta la mattina, era di nuovo svoltato e non ne
voleva far più niente. Il detto Padre gli porse un'altra cartella: esso non la
voleva; onde a stento se la prese. Ma che? subito presasi l'altra cartellina,
immediatamente disse: Orsù sbrighiamoci, dovè il mastrodatti?113 E
subito fece la remissione; e poi si confessò.
Preghiera.
Ah mia immacolata Signora, io mi rallegro con voi di vedervi arricchita di
tanta purità. Ringrazio e propongo di sempre ringraziare il comun Creatore, per
avervi preservata da ogni macchia di colpa, com'io tengo per certo, e per difender
questo vostro sì grande e singolar privilegio della vostra immacolata
Concezione, son pronto e giuro di dar, se bisogna, anche la mia vita.
Vorrei che tutto il mondo vi conoscesse e vi confessasse per quella bell'aurora114 che sempre foste
adorna della divina luce: per quell'arca
eletta di salute, libera dal comun naufragio del peccato: per quella perfetta ed immacolata colomba,115
- 364 -
qual vi dichiarò il vostro
Sposo divino: per quell'orto chiuso
che fu la delizia di Dio: per quel fonte
segnato116 in cui non entrò mai il nemico ad intorbidarlo: per quel
candido giglio117 finalmente,
qual siete voi, che nascendo tra le spine de' figli di Adamo, dove tutti
nascono macchiati dalla colpa e nemici di Dio, voi nasceste pura e tutta
candore e tutt'amica del vostro Creatore.
Lasciate dunque ch'io ancora vi lodi come vi lodò il vostro medesimo Dio: Tota pulchra es et macula non est in te.118
O purissima colomba, tutta candida, tutta bella, sempre amica di Dio: O quam pulchra es, amica mea, quam pulchra
es!119 Ah dolcissima, amabilissima, immacolata Maria, voi che siete
sì bella agli occhi del vostro Signore, deh non isdegnate di guardar cogli
occhi vostri pietosi le piaghe così schife dell'anima mia. Guardatemi, e
compatitemi e sanatemi.
O bella calamita de' cuori, tiratevi ancora il
misero cuor mio. Voi che sin dal primo momento di vostra vita compariste pura e
bella avanti a Dio, abbiate pietà di me, che non solo nacqui in peccato, ma
dopo il battesimo ho di nuovo imbrattato di colpe l'anima mia. Quel Dio che vi
ha scelta per sua figlia, sua madre e sua sposa, e perciò vi ha preservata da
ogni macchia, e vi ha preferita nel suo amore a tutte le creature, qual grazia
mai vi negherà? Vergine immacolata, voi mi avete da salvare. Vi dirò con S.
Filippo Neri: Fate ch'io mi ricordi sempre di voi: e voi non vi scordate di
me.120 Mi pare mille anni di venire a vedere la vostra bellezza in
paradiso, per più lodarvi ed amarvi, mamma mia, regina mia, diletta mia,
bellissima, dolcissima, purissima, immacolata Maria. Amen.
- 365 -
DISCORSO II. - Della Nascita di Maria.
Maria nacque santa e gran santa; poiché grande fu la
grazia di cui Dio l'arricchì sin dal principio, e grande fu la fedeltà con cui
Maria subito corrispose a Dio.
Sogliono con segni di festa e di allegrezza solennizzarsi dagli uomini le
nascite de' loro bambini; ma più presto dovrebbonsi compiangere con segni di
lutto e di dolore; considerando ch'essi nascono non solo privi di meriti e di
ragione, ma di più infetti dalla colpa e figli d'ira, perciò condannati alle
miserie ed alla morte. La nascita sì della nostra bambina Maria è giusto che si
celebri con festa e lode universale, mentr'ella viene alla luce di questo mondo
bambina nell'età, ma grande ne' meriti e nelle virtù.
Maria nasce santa, e gran santa. Ma per intendere il grado di santità con cui
ella nacque, bisogna considerare per prima quanto fu grande la prima grazia con
cui Dio arricchì Maria; per secondo quanto fu grande la fedeltà con cui Maria
subito corrispose a Dio.
Punto I.
E cominciando dal primo punto, è certo che l'anima di Maria fu l'anima più
bella che Dio creasse; anzi, dopo l'incarnazione del Verbo, questa fu l'opera
più grande e di sé più degna che l'Onnipotente facesse in questo mondo: Opus quod solus Deus supergreditur, così
la chiama S. Pier Damiani.1 Quindi avvenne che la divina grazia in
Maria non già discese a stille come negli altri santi, ma sicut pluvia in
- 366 -
vellus,
come predisse Davide (Ps. LXXI, 6). Fu l'anima di Maria a guisa di lana che
succhiò felice tutta la gran pioggia della grazia senza perderne una stilla: Virgo sancta totam sibi hauserat Spiritus
Sancti gratiam: S. Basilio (In Cat. D. Th. in I Luc.).2 Ond'ella
poi disse per bocca dell'Ecclesiastico: In
plenitudine sanctorum detentio mea (Cap. XXIV, 16). Cioè, come espone S.
Bonaventura: Totum teneo in plenitudine,
quod alii sancti tenent in parte: Io possiedo con pienezza tutto quello che
gli altri santi possiedono in parte (S. Bon., serm. 3, de B.V.).3 E S.
Vincenzo Ferreri, parlando singolarmente della santità di Maria prima di
nascere, dice ch'ella passò la santità di tutti i santi ed angeli: Virgo sanctificata fuit in utero super omnes
sanctos et angelos.4
- 367 -
La grazia ch'ebbe la B. Vergine
ella avanzò la grazia non solo di ciascun santo in particolare, ma di tutti i
santi ed angeli unitamente, come prova il dottissimo P. Francesco Pepe della
Comp. di Gesù nella sua bell'opera delle Grandezze
di Gesù e di Maria (Tom. 3, lez. 136);5 ed asserisce questa
sentenza così gloriosa per la nostra regina essere oggidì comune e certa
appresso i Teologi moderni - com'è appresso il Cartagena,6
Suarez,7 Spinelli,8 Recupito,9 Guerra10 ed
altri molti, i quali l'hanno esaminata ex professo, cosa non fatta dagli
antichi - ; e narra di più che la divina Madre mandò per mezzo del P. Martino
Guttierez a ringraziar da sua parte il P. Suarez per aver con tanto valore
difesa tal probabilissima sentenza, la quale, secondo attesta anche il P.
Segneri nel suo Divoto di Maria, è
stata poi sostenuta dal sentimento comune della scuola di Salamanca.11
- 368 -
Or se questa sentenza è comune e certa, molto probabile è ancora l'altra
sentenza, che Maria sin dal primo istante di sua immacolata Concezione ricevé
questa grazia superiore alla grazia di tutti i santi ed angeli insieme. Ciò
fortemente difende lo stesso P. Suarez,12 e lo seguitano il P.
Spinelli13 e 'l P. Recupito (Appres. il P. Pepe, al luogo
cit.),14 e il P. la Colombiere alla Pred.
27.15
Ma oltre le autorità de' Teologi, ben vi sono due grandi e convincenti ragioni,
con cui abbastanza vien provata la mentovata sentenza.
- 369 -
La prima ragione si è perché Maria fu
eletta da Dio per Madre del divin Verbo. Onde dice il B. Dionisio
Cartusiano16 ch'essendo ella stata eletta in ordine superiore a tutte
le creature, - poiché in certo modo la dignità di Madre di Dio, come asserisce
il P. Suarez, s'appartiene all'ordine di unione ipostatica17 - con
ragione sin dal principio di sua vita le furono conferiti doni d'ordine
superiore, sì che incomparabilmente superarono i doni a tutte le altre creature
conceduti. E in verità non può dubitarsi, che nello stesso tempo che ne' divini
decreti fu predestinata la persona del Verbo Eterno a farsi uomo, gli fu ancora
destinata la madre, da cui doveva egli prendere l'essere umano; e questa fu la
nostra bambina Maria.
Or insegna S. Tommaso (3 p., q. 27, a. 5, ad 1) che 'l Signore a ciascuno dà la
grazia proporzionata a quella dignità a cui lo destina: Unicuique datur gratia, secundum id ad quod eligitur.18 E
prima l'insegnò S. Paolo, quando scrisse: Qui
et idoneos nos fecit ministros novi testamenti (II Cor. III, 6),
significandoci
- 370 -
che gli Apostoli riceverono da Dio i doni
proporzionati al grande officio al quale furono eletti. Aggiunge S. Bernardino
da Siena che quando alcuno è eletto da Dio a qualche stato, riceve non
solamente le disposizioni a quello necessarie, ma anche i doni che bisognano a
sostenere quell'impiego con decoro: Regula
firma est in sacra Theologia quod quandocumque Deus aliquem eligit ad aliquem
statum, omnia bona illi dispenset, quae illi statui necessaria sunt et illum
copiose decorant (Serm. 10, a. 2, c. 1).19
Or se Maria fu eletta ad esser Madre di Dio, fu ben conveniente che Dio
l'adornasse sin dal primo istante d'una grazia immensa e d'ordine superiore alla
grazia di tutti gli altri uomini ed angeli, dovendo la grazia corrispondere
alla dignità immensa ed altissima a cui Dio l'esaltava, come conchiudono tutti
i Teologi con S. Tommaso, il quale (Loc. cit., art. 4) dice: Virgo fuit electa ut esset Mater Dei, et
ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc idoneam
reddiderit.20 In modo tale che Maria prima d'essere fatta Madre di
Dio, fu adornata d'una santità così perfetta, che la fece idonea a questa gran
dignità: In beata Virgine fuit perfectio
quasi dispositiva, per quam reddebatur idonea ad hoc quod esset Mater Christi,
et hoc fuit perfectio sanctificationis. Così parla il santo dottore (Cit.
qu. 27, a. 5, ad 2).21
- 371 -
E prima avea detto (3 p., q. 7, a. 10, ad 1)22 che perciò Maria si
chiamò piena di grazia, non già per
parte d'essa grazia, perché ella non ebbe la grazia nella somma eccellenza che
possa aversi; siccome neppure fu somma la grazia abituale di Gesù Cristo -
siccome dice lo stesso santo dottore - sì che la divina virtù non avesse potuto
farla maggiore di potenza assoluta, sebben'ella fu una grazia a sufficienza
corrispondente al fine a cui la di lui umanità era ordinata dalla divina
Sapienza, cioè all'unione colla persona del Verbo: Virtus divina licet possit facere aliquid maius et melius quam sit
habitualis gratia Christi, non tamen posset facere quod ordinaretur ad aliquid
maius quam sit unio personalis ad Filium unigenitum a Patre; cui unioni
sufficienter correspondet talis mensura gratiae, secundum definitionem divinae
Sapientiae (d. q. 7, a. 12, ad 2).23 Poiché insegna l'Angelico
medesimo che la divina potenza è sì grande, che per quanto doni, sempre le
resta che dare; e quantunque la potenza naturale della creatura in quanto al
ricevere sia per sé limitata, sicché possa interamente esser riempiuta; nulla
di meno la potenza di lei ubbidienziale alla divina volontà è illimitata, e Dio
sempre più può riempierla con farla più capace a ricevere: Potentiam naturalem aid recipiendum posse totam impleri, non autem
potentiam obedientiae (S. Th., q. 29, de Verit., a. 3, ad 3).24
- 372 -
E per tanto - ritornando al nostro proposito - disse S. Tommaso che la B.
Vergine, benché non fu piena di grazia in quanto alla stessa grazia, nulla di
meno si dice piena di grazia a riguardo di sé, mentr'ebbe una grazia immensa,
sufficiente e corrispondente alla sua immensa dignità, sicché la rendette
idonea ad esser Madre d'un Dio: B. Virgo
est plena gratia, non ex parte ipsius gratiae, quia non habuit gratiam in summa
excellentia qua potest haberi, nec ad omnes effectus gratiae; sed dicitur
fuisse plena gratia per comparationem ad ipsam, quia scilicet habebat gratiam
sufficientem ad statum illum, ad quem erat a Deo electa, ut esset Mater
Unigeniti eius (d. q. 7, a. 10, ad. 1).25 Onde soggiunge Benedetto
Fernandez che la misura per conoscere quanta sia stata la grazia comunicata a
Maria è la sua dignità di Madre d'un Dio: Est
igitur dignitas Matris Dei regula, per quam metiendum quidquid Virgini ab eo
collatum credimus.26
Con ragione dunque disse Davide che i fondamenti di questa città di Dio, Maria,
dovevano piantarsi sopra le cime de' monti: Fundamenta
eius in montibus sanctis (Psalm. XXVIII); cioè che il principio della vita
di Maria doveva essere più alto di tutte le vite consumate de' santi: Diligit Dominus, siegue il Profeta, portas Sion super omnia tabernacula Iacob.
E lo stesso Davide assegnò di ciò la ragione, perché Dio doveva farsi uomo nel
suo seno verginale: Homo natus est in
ea.27 Onde fu conveniente che Dio donasse a questa Vergine sin dal
primo momento che la creò una grazia corrispondente alla dignità d'una Madre di
Dio.
Lo stesso volle significare Isaia allorché disse che ne' tempi futuri dovea
prepararsi il monte della casa del Signore -
- 373 -
che fu la B. Vergine -
sopra la sommità di tutti gli altri monti, e che perciò tutte le genti doveano
correre a questo monte per ricevere le divine misericordie: Et erit in novissimis diebus praeparatus
mons domus Domini in vertice montium, et elevabitur super colles; et fluent ad
eum omnes gentes (Is. II, 2). Spiega S. Gregorio: Mons quippe in vertice montium, quia altitudo Mariae supra omnes sanctos
refulsit (L. 1, in I Reg., c. 1).28 E S. Giovan Damasceno: Mons in quo beneplacitum est Deo habitare in
eo:29 Monte che Dio si compiacque di scegliere per suo ricetto.
Perciò Maria fu chiamata cipresso, ma cipresso del monte Sion: fu chiamata
cedro, ma cedro del Libano: uliva, ma uliva speciosa: eletta, ma eletta come il
sole; poiché, dice S. Pietro Damiani, come il sole colla sua luce avanza
talmente lo splendore delle stelle, che queste non più compariscono: Siderum rapit positionem, ut sint quasi non
sint; così la gran Vergine Madre supera colla sua santità i meriti di tutta
la corte celeste: Sic Virgo merita
singulorum et omnium antecedit (Serm. de Ass.).30 In modo che
elegantemente dice S. Bernardo che Maria fu così sublime nella santità, che a
Dio non conveniva altra madre che Maria, ed a Maria non conveniva altro figlio
che Dio: Neque enim decebat Deum alia
mater quam Virgo, neque Virginem alius filius quam Deus.31
- 374 -
La seconda ragione, per cui si prova
che Maria nel primo istante di sua vita fu più santa di tutt'i santi insieme, si fonda sul grande ufficio di mediatrice
degli uomini ch'ella ebbe sin dal principio; onde bisognò che sin dal
principio ella possedesse maggior capitale di grazia, che non hanno tutti gli
uomini insieme. - È noto già quanto comunemente da' Teologi e SS. Padri venga
attribuito a Maria questo titolo di mediatrice, per aver ella colla sua potente
intercessione e merito di congruità ottenuta a tutti la salute, procurando al
mondo perduto il gran beneficio della Redenzione. Dicesi merito di congruità,
perché solo Gesù Cristo è nostro mediatore per via di giustizia e per merito de condigno, come parlano le Scuole,
avendo egli offerti i suoi meriti all'Eterno Padre, che gli ha accettati per la
nostra salute. Maria all'incontro è mediatrice di grazia per via di semplice
intercessione e di merito de congruo, avendo
ella offerto a Dio, come dicono i Teologi con S. Bonaventura,32 i suoi
meriti per la salute di tutti gli uomini, e Dio per grazia gli ha accettati con
i meriti di Gesù Cristo. Dal che dice S. Arnoldo Carnotense: Ipsa in nostra salute communem cum Christo
effectum obtinuit.33 E Riccardo di S. Vittore: Omnium salutem desideravit, quaesivit, obtinuit:
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imo omnium
salus per ipsam effecta (Cap. 26, in Cant.).34 Sicché ogni bene,
ogni dono di vita eterna, che ciascun de' santi ha ricevuto da Dio, per mezzo
di Maria è stato loro dispensato.
E questo è quello che vuol darci ad intendere la S. Chiesa, allorché onora la
divina Madre con applicarle i passi dell'Ecclesiastico, al capo XXIV, 25: In me gratia omnis viae et veritatis.
Dicesi viae, perché per Maria si
dispensano tutte le grazie a' viatori; veritatis,
perché per Maria si dona la luce della verità. In me omnis spes vitae et virtutis. Vitae, perché per Maria speriamo di ottenere la vita della grazia in terra e
della gloria in cielo; et virtutis, perché
per mezzo di Maria si fa acquisto delle virtù e specialmente delle virtù
teologali che sono le virtù principali de' santi. Ego mater pulchrae dilectionis, [et]
timoris, [et] agnitionis et sanctae spei. Maria colla sua intercessione impetra a' suoi servi
i doni del divino amore, del timor santo, della luce celeste, e della santa
confidenza. Dal che ne deduce S. Bernardo essere insegnamento della Chiesa che
Maria è la mediatrice universale della nostra salute: Magnifica gratiae inventricem, mediatricem salutis, restauratricem
saeculorum. Haec mihi de illa cantat Ecclesia, et me eadem docuit decantare
(Ep. 174, ad Can. Lugd.).35
Perciò asserisce S. Sofronio Patriarca di Gerusalemme, che l'arcangelo Gabriele
la chiamò piena di grazia: Ave, gratia
plena, perché dove agli altri, dice il suddetto santo, la grazia è stata
donata limitata, a Maria fu data tutta intiera: Bene plena, quia ceteris sanctis datur gratia per partes: Mariae vero
tota se infudit plenitudo gratiae (Serm. de Ass.).36 E ciò
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avvenne, come attesta S. Basilio, affinché in tal modo potesse ella
essere poi la degna mediatrice tra gli uomini e Dio: Ave gratia plena, propterea Deum inter et homines mediatrix
intercedens.37 Altrimenti, ripiglia S. Lorenzo Giustiniani, se la
SS. Vergine non fosse stata ripiena della divina grazia, come avrebbe potuto
essere la scala del paradiso, l'avvocata del mondo, e la vera mediatrice degli
uomini con Dio? Quomodo non est Maria
plena gratia, quae effecta est paradisi scala, interventrix mundi, Dei atque
hominum verissima mediatrix? (Serm. de Ann. B.V.).38
Ecco dunque fatta pur troppo chiara la seconda ragione proposta. Se Maria sin
dal principio, come madre già destinata del comun Redentore, ricevé l'ufficio
di mediatrice di tutti gli uomini e per conseguenza di tutt'i santi ancora, fu
ben anche necessario ch'ella sin dal principio avesse una grazia maggiore che
non hanno avuta tutt'i santi, per cui ella dovea intercedere. Mi spiego più
chiaro: se per mezzo di Maria doveano rendersi cari a Dio tutti gli uomini, ben
fu bisogno che Maria fosse più santa e più cara a Dio che tutti gli uomini
insieme. Altrimenti com'ella avrebbe potuto per tutti gli altri intercedere?
Acciocché un intercessore ottenga dal principe la grazia per tutt'i vassalli, è
assolutamente necessario che egli più che tutti gli altri vassalli sia caro al
suo monarca. E perciò Maria, conclude S. Anselmo, meritò di esser fatta la
degna riparatrice del mondo perduto, perché ella fu la più santa e più pura di
tutte le creature: Pura sanctitas pectoris
eius, omnis creaturae puritatem sanctitatemque transcendens, promeruit ut
reparatrix perditi orbis dignissima fieret (De excell. Virg., c.
9).39
- 377 -
Fu dunque Maria mediatrice degli uomini, dirà alcuno; ma come può dirsi
mediatrice anche degli angeli? - Voglion molti Teologi che Gesù Cristo meritò
la grazia della perseveranza ancora agli angeli; onde siccome Gesù fu lor
mediatore de condigno, così Maria può
dirsi mediatrice anche degli angeli de
congruo, avendo accelerata colle sue preghiere la venuta del Redentore.
Almeno meritando de congruo l'esser
fatta madre del Messia, meritò agli angeli la riparazione delle loro sedi
perdute da' demoni. Dunque almeno meritò ad essi questa gloria accidentale; e
perciò disse Riccardo di S. Vittore: Utraque
creatura per hanc reparatur, et angelorum ruina per hanc restaurata est, et
natura humana reconciliata (In Cant. 4).40 E prima lo disse S.
Anselmo: Cuncta per hanc Virginem in
statum pristinum revocata sunt et restaurata (De exc. Virg.,
c. 11).41
Sicché la nostra celeste fanciulla sì per essere stata fatta la mediatrice del
mondo, sì per essere stata destinata Madre del Redentore, sin dal principio del
suo vivere ricevé una grazia maggiore di quella di tutt'i santi insieme. Onde
che vago spettacolo era al cielo e alla terra la bell'anima di questa felice
bambina, sebbene racchiusa ancora nell'utero di sua madre! Ella era la creatura
più amabile agli occhi divini, perché già colma di grazia e di merito poteva
fin d'allora vantarsi: Cum essem parvula,
placui Altissimo.42 Ed era insieme
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la creatura più amante
di Dio, che mai sino a quel tempo fosse comparsa nel mondo. In tal modo che se
Maria fosse nata immediatamente dopo la sua purissima Concezione, già sarebbe
venuta al mondo più ricca di meriti e più santa di tutt'i santi unitamente. Or
pensiamo quanto più santa ella nacque, uscendo alla luce dopo gli acquisti de'
meriti che fece per tutti que' nove mesi che stiede nell'utero di sua madre? -
Quindi passiamo a considerare il secondo punto, cioè quanto fu grande la
fedeltà, con cui Maria subito corrispose alla divina grazia.
Punto II.
Ella non è già una semplice opinione, dice un dotto autore (il P. La
Colombière, Serm. 31),43 ella è l'opinione di tutto il mondo, che la
santa Bambina, ricevendo nell'utero di S. Anna la grazia santificante,
ricevesse nello stesso tempo il perfetto uso della ragione con una gran luce
divina corrispondente alla grazia di cui fu arricchita. Sicché ben possiamo
credere che dal primo istante che la sua bell'anima fu unita al suo purissimo
corpo, fu ella illuminata con tutt'i lumi della divina sapienza a ben conoscere
le verità eterne, la bellezza delle virtù, e sopra tutto l'infinita bontà del
suo Dio e il merito ch'egli avea d'essere amato da tutti, ma singolarmente da
lei, a riguardo de' pregi singolari con cui il Signore l'avea adornata e
distinta fra tutte le creature, preservandola
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dalla macchia della
colpa originale, dandole una grazia sì immensa e destinandola per madre del
Verbo e regina dell'universo.
Ond'è che fin da quel primo momento Maria, grata al suo Dio, cominciò subito ad
operare tutto quello che poté operare, trafficando sin d'allora fedelmente quel
gran capitale di grazia, che l'era stato donato; e tutta applicandosi a
compiacere ed amare la divina bontà, sin d'allora l'amò con tutte le sue forze,
e così seguitò sempre ad amarlo per tutti que' nove mesi che visse prima di
nascere, in cui non cessò un momento di sempre più unirsi a Dio con atti
ferventi d'amore. Era ella già libera dalla colpa originale, ond'era ancor
libera da ogni attacco terreno, da ogni moto disordinato, da ogni distrazione,
da ogni contrasto de' sensi che mai l'avessero potuta impedire di sempre più
avanzarsi nel divino amore; tutt'i suoi sensi ancora eran d'accordo col suo
spirito benedetto in correre a Dio; onde la sua bell'anima sciolta da ogni
impedimento, senza mai fermarsi sempre volava a Dio, sempre l'amava e sempre
cresceva in amarlo. Che perciò ella stessa si chiamò platano piantato alla
corrente dell'acque: Quasi platanus
exaltata sum iuxta aquam (Eccli. XXIV, 19); mentr'ella fu già quella nobil
pianta di Dio che sempre crebbe alla corrente delle divine grazie. Perciò
similmente si chiamò vite: Ego quasi
vitis fructificavi suavitatem odoris (Eccli. XXIV, 23); non solo perché fu
sì umile agli occhi del mondo, ma perché ancora, siccome la vite sempre cresce,
secondo il comun proverbio, Vitis nullo
fine crescit, - gli altri alberi, l'arancio, il gelso, il pero hanno una
statura determinata, ma la vite sempre cresce, e cresce tanto quanto è alto
l'albero a cui si attiene - così la SS. Vergine sempre crebbe nella perfezione.
Ave vitis semper vigens, così la
salutava S. Gregorio Taumaturgo (S. 1, in Ann.);44 e sempre fu unita al
suo Dio, ch'era l'unico suo appoggio. Quindi di lei parlò lo Spirito Santo
allorché disse: Quae est ista quae
ascendit de deserto deliciis affluens, innixa super dilectum suum? (Cant.
VIII, 5). Commenta
- 380 -
S. Ambrogio: Hoc
est, quae ascendit ita ut inhaereat Dei Verbo sicut vitis propago?45
(Ap. Segn., Pred. 40 dell'Ann.):46 Chi è questa che accompagnata col
divin Verbo cresce come una pianta di vite appoggiata ad un grand'albero?
Dicono più e gravi Teologi47 che l'anima la quale possiede un abito di
virtù, sempreché ella fedelmente corrisponde alle grazie attuali che da Dio
riceve, viene sempre a produrre un atto eguale nell'intensione all'abito che
possiede; talmente che viene ogni volta ad acquistare un nuovo e doppio merito
eguale al cumulo di tutt'i meriti già prima acquistati. Già questo aumento,
come dicono, fu conceduto agli angioli nello stato della loro vita; e se fu
conceduto agli angioli, chi mai potrà negarlo alla divina Madre per mentre
visse in questa terra, ma specialmente nel tempo di cui parlo, che stiede
nell'utero della madre, nel quale fu ella certamente più fedele che gli angioli
in corrispondere alla grazia? Maria dunque in tutto quel tempo venne a
raddoppiare in ogni momento quella sublime grazia, che dal primo istante
possedette; poiché corrispondendo ella con tutte le forze e perfezioni, in ogni
atto che faceva raddoppiava susseguentemente i meriti in ogni istante. In modo
che se nel primo istante ebbe mille gradi di grazia, nel secondo ne ebbe due
mila, nel terzo quattro mila, nel quarto otto mila, nel quinto sedici mila, nel
sesto trentadue mila. E siamo ora non più che al sesto istante; ma moltiplicate
così per un giorno intiero, moltiplicate per
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nove mesi, considerate
quali tesori di grazia, di meriti, e di santità portò Maria al mondo, allorché
nacque.
Rallegriamoci dunque colla nostra Bambina che nasce sì santa, sì cara a Dio e
sì ripiena di grazia. E rallegriamoci non solo per lei, ma anche per noi,
poich'ella viene al mondo piena di grazia, non solo per gloria sua, ma anche
per bene nostro.
Considera S. Tommaso nell'Opuscolo 8, che in tre modi fu ripiena di grazia la
SS. Vergine. Per prima fu ripiena di grazia nell'anima, sì che sin dal
principio la sua bell'anima fu tutta di Dio. Per secondo ne fu piena nel corpo,
sicché della sua purissima carne meritò vestirne il Verbo eterno. Per terzo ne
fu piena a beneficio comune, acciocché tutti gli uomini potessero parteciparne:
Fuit etiam gratia plena, quantum ad
refusionem ad omnes homines. Alcuni santi, soggiunge l'Angelico, hanno
tanta grazia che non solo basta per essi, ma anche per salvare molti altri, ma
non già tutti gli uomini; solamente a Gesù Cristo ed a Maria fu donata una tal
grazia che bastasse per salvare tutti: Sed
quando quis haberet tantum quod sufficeret ad salutem omnium, hoc esset
maximum; et hoc fuit in Christo et Beata Virgine. Così S. Tommaso (Opusc. 8).48
- 382 -
Sicché quel che dice S. Giovanni (al capo I, 16) di Gesù: Et de plenitudine eius accepimus omnes;49 lo stesso
dicono i santi di Maria. San Tommaso da Villanova: Gratia plena, de cuius plenitudine accipiunt universi.50
Talmente che, dice S. Anselmo, non vi è chi non partecipi della grazia di
Maria: Ita ut nullus sit qui de
plenitudine gratiae Virginis non sit particeps. E chi mai si trova al mondo
a cui Maria non sia benigna e non gli dispensi qualche misericordia? Quis umquam reperitur cui Virgo propitia non
sit? Quis, ad quem eius misericordia non se extendat?51
Da Gesù non però, dobbiamo intendere, riceviamo la grazia come autor della grazia,
da Maria come mezzana: da Gesù come Salvatore, da Maria come avvocata: da Gesù
come fonte, da Maria come canale.
Onde dice S. Bernardo che Dio costituì Maria qual acquedotto delle sue
misericordie ch'egli volea dispensare agli uomini; e perciò la riempì di
grazia, acciocché dalla sua pienezza ne fosse a ciascuno comunicata la sua
parte: Plenus aquaeductus, ut accipiant
ceteri de eius plenitudine, non autem plenitudinem ipsam.52 Onde il
santo esorta tutti a considerare con
- 383 -
quanto amore vuole Dio che noi
onoriamo questa gran Vergine, mentre in lei ha collocato tutto il tesoro de'
suoi beni: acciocché quanto noi abbiamo di speranza, di grazia e di salute, di
tutto ne ringraziamo la nostra amantissima regina; mentre tutto ci perviene
dalle sue mani e dalla sua intercessione. Ecco le sue belle parole: Intuemini quanto devotionis affectu a nobis
eam voluit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria; ut proinde,
si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus
redundare (Serm. de Aquaed.).53 Misera quell'anima che si chiude
questo canale di grazia col trascurare di raccomandarsi a Maria! - Oloferne
quando volle impadronirsi della città di Betulia procurò di rompere gli acquedotti:
Incidi praecepit aquaeductus illorum (Iud. VII, 6). E questo fa il
demonio quando vuol farsi padrone di un'anima, le fa abbandonare la divozione
di Maria SS. Chiuso questo canale, perderà ella facilmente la luce, il timore
di Dio, e in fine la salute eterna.
Leggasi il seguente esempio in cui si vedrà quanto sia grande la pietà del
cuore di Maria, e la ruina che si tira sopra chi si chiude questo canale con
abbandonare la divozione a questa regina del cielo.
Esempio.
Si narra dal Tritemio, Canisio ed altri, che in Magdeburg città della Sassonia
vi fu un certo chiamato Udone, il quale da giovane fu di così scarso
intendimento, ch'era la derisione di tutti gli altri suoi condiscepoli. Egli perciò
un giorno, stando più afflitto di questa sua incapacità, andò a raccomandarsi
alla Vergine SS. avanti di una sua immagine. Maria l'apparve in sogno e gli
disse: Udone, ti voglio consolare, e non solo ti voglio ottenere da Dio
un'abilità che basti a liberarti
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dagli scherni, ma di più un talento
tale che ti renda ammirabile: e in oltre ti prometto che dopo la morte del
vescovo tu sarai eletto in suo luogo. Così gli disse Maria e così tutto si
avverò. Si avanzò presto nelle scienze ed ottenne il vescovato di quella città.
Ma Udone ne fu così ingrato a Dio e alla sua benefattrice, che lasciata ogni
divozione divenne lo scandalo di tutti. Mentre una notte egli stava in letto
con sacrilega compagnia, intese una voce che gli disse: Udo, cessu de ludo: lusisti satis, Udo: Udone, cessa dal giuoco
dell'offesa di Dio: basta quanto hai giocato. La prima volta egli si adirò a
queste parole, pensando che fosse alcun uomo che gliene dicesse per
correggerlo. Ma sentendosele replicare la seconda e la terza notte, entrò in
qualche timore che quella fosse voce del cielo. Con tutto ciò non pertanto
seguitò la mala vita. Ma dopo tre mesi che Dio gli diede di tempo per
ravvedersi, ecco il castigo.
Stavasene una notte nella chiesa di S. Maurizio un divoto canonico chiamato
Federigo pregando Dio che volesse rimediare allo scandalo che dava il prelato,
quand'ecco aprirsi da un gran vento la porta della chiesa. Entrarono poi due
giovani con torce accese in mano, e si posero da' lati dell'altar maggiore.
Indi seguirono altri due che stesero avanti all'altare un tappeto, con porvi
sopra due sedie d'oro. Venne appresso un altro giovane in abito di soldato
colla spada in mano, il quale fermatosi in mezzo alla chiesa gridò: O voi santi
del cielo, che in questa chiesa avete le vostre sacre reliquie, venite ad
assistere alla gran giustizia che farà il sovrano giudice. A questa voce
comparvero molti santi ed anche i dodici Apostoli, come assessori di questo giudizio:
ed in fine entrò Gesù Cristo che si andò a sedere in una di quelle due sedie.
Comparve poi Maria corteggiata da molte sante vergini, che fu posta a sedere
dal Figlio in quell'altra sedia. Allora ordinò il giudice che si conducesse ivi
il reo e questo fu il misero Udone.
Parlò S. Maurizio e dimandò giustizia per la di lui vita infame da parte di
quel popolo scandalizzato. Tutti alzarono la voce: Signore, merita la morte.
Via su muoia, disse l'eterno Giudice. Ma prima di eseguire la sentenza - vedasi
quanto è grande la pietà di Maria - ella la pietosa Madre, per non assistere a
quell'atto tremendo di giustizia, si partì dalla chiesa,
- 385 -
ed indi il
celeste ministro ch'entrò fra' primi colla spada, si avvicinò ad Udone e gli
spiccò ad un colpo il capo dal busto; e sparì la visione.
Era il luogo rimasto all'oscuro. Il canonico tutto tremante va ad accendere il
lume ad una lampada che ardeva sotto la chiesa, ritorna e vede il corpo di
Udone col capo tronco e 'l pavimento tutto insanguinato. Fatto dì e concorsovi
nella chiesa il popolo, il canonico narrò tutta la visione e 'l fatto di quella
orribil tragedia. E nello stesso giorno comparve il povero Udone dannato
nell'inferno ad un suo cappellano, che niente sapeva del fatto avvenuto nella
chiesa. Fu pertanto il cadavere di Udone gettato in una palude e 'l sangue suo
restò a perpetua memoria in quel pavimento che si tiene sempre coperto con un
tappeto. E d'indi in poi si prese costume di scoprirlo al tempo che prende possesso
il nuovo vescovo, acciocché alla vista di tal castigo egli pensi a ben ordinare
la sua vita, e a non essere ingrato alle grazie del Signore e della sua Madre
santissima.54
Preghiera.
O santa e celeste Bambina, voi che siete la madre destinata del mio Redentore e
la gran mediatrice de' miseri peccatori, abbiate pietà di me. Ecco a' piedi
vostri un altro ingrato che a voi ricorre e vi domanda pietà. È vero che per le
mie ingratitudini a Dio ed a voi meriterei da Dio e da voi essere abbandonato;
ma io sento dire e così tengo - sapendo quanto è grande la vostra misericordia
- che voi non ricusate d'aiutare chi con confidenza a voi si raccomanda.
Dunque, o creatura la più eccelsa del mondo, giacché sopra di voi non v'è che
Dio, e innanzi a voi sono piccioli i più grandi del cielo, o Santa de' santi, o
Maria abisso di grazia e piena di grazia, soccorrete un miserabile che l'ha
perduta per sua colpa.
Io so che voi siete così cara a Dio, ch'egli niente vi nega. So ancora che voi
godete d'impiegare la vostra grandezza a sollevare i miseri peccatori. Deh su
fate vedere quanto sia
- 386 -
grande la grazia che possedete appresso Dio,
con impetrarmi una luce ed una fiamma divina sì potente, che mi muti da
peccatore in santo, e che staccandomi da ogni affetto di terra, tutto m'accenda
del divino amore. Fatelo, Signora, che voi lo potete fare. Fatelo per amore di
quel Dio che vi ha fatto sì grande, sì
potente e pietosa. Così spero. Amen.
DISCORSO III. - Della Presentazione di Maria.
L'offerta che Maria fe' di se stessa a Dio fu pronta
senza dimora, fu intiera senza riserba.
Non v'è stata, né mai vi sarà offerta di pura creatura più grande e più
perfetta di quella che fece Maria fanciulla di tre anni a Dio, allorché si
presentò nel tempio ad offerirgli, non aromi o vitelli né talenti d'oro, ma
tutta se stessa in perfetto olocausto, consagrandosi vittima perpetua in suo
onore. Ben ella intese la voce di Dio che sin d'allora la chiamava a dedicarsi
tutta al suo amore, con quelle parole: Surge,
propera, amica mea... et veni (Cant. II, [10]). E perciò voleva il suo
Signore che sin d'allora ella si scordasse di sua patria, de' suoi parenti e di
tutto per attendere solo ad amarlo e compiacerlo: Audi, filia, et vide et inclina aurem tuam, et obliviscere populum tuum
et domum patris tui (Ps. XLIV, [11]). Ed ella pronta subito ubbidì alla
divina voce.
Consideriamo dunque quanto fu accetta a Dio questa offerta che Maria gli fe' di
se stessa, mentr'ella se gli offerì presto ed intieramente: presto senza
dimora, intieramente senza riserba: due punti.
Punto I.
Cominciamo: Maria si offerì presto a Dio.
Benché sin dal primo momento che questa celeste fanciulla fu santificata
nell'utero di sua madre, che fu già nel
- 387 -
primo istante di sua
immacolata Concezione, ella ricevé l'uso perfetto della ragione, per poter sin
d'allora cominciare a meritare, secondo dicono per comun sentenza i Dottori col
P. Suarez;1 - il quale dice ch'essendo il modo più perfetto che usa Dio
nel santificare un'anima, il santificarla per proprio merito, siccome insegna
S. Tommaso (3 p., q. 19, a. 3),2 così dee credersi essere stata
santificata la S. Vergine: Sanctificari
per proprium actum est perfectior modus; ergo credendum est hoc modo fuisse
sanctificatam Virginem (Tom. 2, in 3 p., d. 4, l. 8).3 E se questo
privilegio fu conceduto agli angeli e ad Adamo, come dice l'Angelico (1 p., q.
63, a. 5, et q. 95, a. 2),4 molto più dobbiamo crederlo conceduto alla
divina Madre,
- 388 -
a cui certamente dee supporsi che Dio, essendosi
degnato di farla sua madre, abbia conferiti maggiori doni che a tutte l'altre
creature, secondo insegna lo stesso S. Dottore: Ex ea accepit humanam naturam, et ideo prae ceteris maiorem debuit a
Christo gratiae plenitudinem obtinere (3 p., q. 27, a. 5).5
Poich'essendo madre, dice il P. Suarez, ha un certo diritto singolare a tutti i
doni del suo Figlio: Unde fit ut
singulare ius habeat ad dona Filii sui (T. 2, in 3 p., d. 1, s.
2).6 E siccome per l'unione ipostatica fu ragione che Gesù avesse la
pienezza di tutte le grazie, così per la divina maternità convenne che Gesù per
debito naturale conferisse a Maria grazie maggiori di quelle concedute a tutti
gli altri santi ed angeli.
Sicché sin dal principio di sua vita Maria conobbe Dio, e lo conobbe tanto che
niuna lingua - così disse l'angelo a S. Brigida - basterà a spiegare quanto
l'intelletto della S. Vergine giungesse a penetrare Dio nel primo istante che
lo conobbe (Serm. ang., c. 14). E sin d'allora Maria, a quella prima luce da
cui fu illuminata, tutta si offerì al suo Signore, dedicandosi intieramente al
suo amore ed alla sua gloria, siccome
- 389 -
l'angelo seguitò a dire a santa
Brigida: «Subito la nostra Regina determinò di sagrificare la sua volontà a Dio
con tutto il suo amore, per tutto il tempo di sua vita. E niuno può capire
quanto la sua volontà si soggettò allora ad abbracciare tutte le cose di suo
gusto» (Loc. cit.).7
Ma intendendo poi l'immacolata fanciulla che i suoi santi genitori, Gioacchimo
ed Anna, aveano promesso a Dio anche con voto, come si rapporta da diversi
autori, che se loro avesse data prole gliel'avrebbero consagrata a servirlo nel
tempio; ed essendo già costume antico de' Giudei di chiuder le loro figliuole
in alcune celle, che stavano d'intorno al tempio, per bene ivi educarsi, - come
riferiscono il Baronio, Niceforo, Cedreno, e Suarez con Giuseppe Ebreo,
coll'autorità ancora di S. Gio. Damasceno, di S. Giorgio di Nicomedia, di S.
Anselmo (De form. et mor. B.M.), e S. Ambrogio (De Virg., l. 1): e come
chiaramente si raccoglie anche dal libro II de' Maccabei (III, 20), dove
parlandosi d'Eliodoro che volea assalire il tempio per prenderne l'erario ivi
deposto, si dice che Pro eo quod in
contemptum locus esset venturus... Virgines quae conclusae erant procurrebant
ad Oniam8 - Maria ciò
- 390 -
intendendo, dico, appena giunta
all'età di tre anni, come attestano S. Germano e S. Epifanio, che dice: Tertio anno oblata est in templo (Serm.
de laud. V.),9 - età in cui le fanciulle maggiormente desiderano ed
hanno maggior bisogno dell'assistenza de' loro parenti, - ella volle
solennemente offerirsi e consagrarsi a Dio, presentandosi nel tempio: ond'ella
fu la prima che andò ad istantemente pregare i suoi genitori che l'avessero
condotta al tempio per adempiere la loro promessa. E la santa sua madre, dice
S. Gregorio Nisseno, Anna haud cunctata
est eam ad templum adducere ac Deo offerre (Or. de Nat. Chr.).10
- 391 -
Ecco come Gioachimo ed Anna, generosamente sagrificando a Dio la parte più cara
de' loro cuori che in terra aveano, si partono da Nazaret portando or l'uno or
l'altra fra le braccia la loro troppo amata picciola figlia; poich'ella non era
atta a tal viaggio sì lungo, qual era quello da Nazaret a Gerusalemme, di
ottanta miglia, come narrano più autori.11 Andavano essi accompagnati
da pochi parenti, ma gli angioli a schiere - dice S. Giorgio Nicomediense (De
oblat. Deip.) andavan corteggiando e servendo in questo viaggio l'immacolata
verginella, che andava a consagrarsi alla Maestà divina.12 Quam pulchri sunt gressus tui, ... filia
principis (Cant. VII, 1): Oh come sono belli - doveano allora andar
cantando gli angeli - come son graditi a Dio questi tuoi passi che dai per
andare ad offerirtegli, o gran figlia prediletta del nostro comun Signore! Lo
stesso Dio, dice Bernardino da Busto, fece in quel giorno con tutta la sua
celeste corte una gran festa, vedendo condursi la sua sposa al tempio: Magnam quoque festivitatem fecit Deus cum
angelis in deductione suae sponsae ad templum (Marial., p. 4, serm.
1).13 Poich'egli non vide mai creatura più santa e più amata che se gli
andasse ad offerire: Quia nullus umquam
Deo gratior usque ad illud tempus ascendit (Loc. cit.).14 Vanne
dunque - le dicea S. Germano
- 392 -
arcivescovo di Costantinopoli - vanne, o
regina del mondo, o Madre di Dio, vanne allegramente alla casa del Signore ad
aspettare la venuta del Divino Spirito che madre ti renderà del Verbo Eterno: Abi ergo, o Domina Mater Dei, in atria
Domini, exsultans et exspectans Sancti Spiritus adventum, et unigeniti Filii
conceptionem (De obl. Virg.).15
Giunta che fu la santa comitiva al tempio, la vaga fanciulla si volge a' suoi
genitori, e genuflessa, baciando loro le mani, lor dimanda la benedizione; e
poi senza più voltarsi indietro, sale i quindici gradini del tempio - come
riferisce Arias Montano da Giuseppe Ebreo16 - e si presenta al
sacerdote S. Zaccaria, come vuole S. Germano.17 E licenziandosi allora
dal mondo e rinunziando a tutti i beni ch'egli promette a' suoi seguaci, si
offerisce e si consagra al suo Creatore.
- 393 -
A tempo del diluvio il corvo mandato da Noè fuori dell'arca restò a pascersi
de' cadaveri, ma la colomba senza posare il piede presto ritornò all'arca: Reversa est ad eum in arcam (Gen. VIII,
9). Molti mandati da Dio in questo mondo, infelici si fermano a pascersi de'
beni terreni. Non così la nostra celeste colomba Maria; conobbe ella che
l'unico nostro bene, l'unica speranza, e l'unico amore dee essere Dio; conobbe
che 'l mondo è pieno di pericoli e che colui che più presto lo lascia, egli è
più libero da' suoi lacci; onde cercò presto di fuggirlo dalla sua più tenera
età, ed andò a chiudersi dentro il sagro ritiro del tempio, dove potesse meglio
udirne le voci, e meglio onorarlo ed amarlo. E così la S. Vergine sin dal
principio del suo operare si rese tutta cara e gradita al suo Signore, come la
fa parlare la S. Chiesa: Congratulamini
mihi omnes qui diligitis Dominum, quia, cum essem parvula, placui Altissimo
(In 2 resp. I noct. in fest. S.M. ad Niv.).18 E perciò ella fu
assomigliata alla luna, poiché siccome la luna compisce il suo corso più
velocemente degli altri pianeti, così Maria più presto di tutti i santi giunse
alla perfezione, con darsi presto a Dio senza dimora ed intieramente senza
riserva.
E passiamo al secondo punto, dove avremo molto che dire.
Punto II.
Ben sapea l'illuminata fanciulla che Dio non accetta un cuore diviso, ma lo
vuol tutto consagrato al suo amore, secondo il precetto dato: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde
tuo.19 Ond'ella fin dal momento in cui cominciò a vivere, cominciò
ad amare Dio con tutte le forze, e tutta a lui si donò. Ma l'anima sua
santissima aspettava con gran desiderio il tempo di consagrarsegli intieramente
con effetto e con pubblica solennità. Onde consideriamo con quanto fervore
l'amante verginella, vedendosi già chiusa in quel santo luogo, prima si prostrò
a baciar quella terra, come casa del Signore, indi adorò la sua infinita
Maestà, lo ringraziò del favor ricevuto di averla ridotta così per tempo ad
abitare nella sua casa, e poi tutta si offerì al suo Dio; tutta senza riserba
di cosa, offerendogli tutte le potenze e tutti i sensi, tutta la mente
- 394 -
e tutto il cuore, tutta l'anima e tutto il corpo; poiché allora fu,
come vogliono, che, per piacere a Dio, fece il voto di sua verginità; voto, che
Maria fu la prima a farlo, al dir di Ruperto abbate: Votum virginitatis prima emisit (Lib. 1 de Inst. Virg.).20
E si offerì tutta senza limitazione di tempo, come asserisce Bernardino da
Busto: Maria seipsam perpetuis Dei
obsequiis obtulit et dedicavit (Mar., p. 4, serm. 1);21 mentr'ella
ebbe allora intenzione di dedicarsi a servire sua divina Maestà nel tempio per
tutta la sua vita, se così a Dio fosse piaciuto, senza più uscire da quel sagro
luogo. - Oh con quale affetto dovette allora dire: Dilectus meus mihi et ego illi (Cant. II, 16). Ego illi, come commenta Ugon cardinale, tota vivam et tota moriar.22 Mio Signore e Dio, dicea, io
qui son venuta solo per compiacervi e darvi tutto l'onore che posso: qui tutta
voglio a voi vivere ed a voi morire, se vi piace; accettate il sagrificio che
vi fa questa povera serva, ed aiutatemi ad esservi fedele.
E qui consideriamo quanto fu santa la vita che Maria fece nel tempio, dove, quasi aurora consurgens,23
crescendo sempre nella perfezione come cresce nella sua luce l'aurora, chi mai
può spiegare quanto di giorno in giorno risplendevano in lei sempre più belle
le sue virtù, la carità, la modestia, l'umiltà, il silenzio, la mortificazione,
la mansuetudine? Piantata nella casa di Dio questa bella uliva, dice S. Gio.
Damasceno, innaffiata dallo Spirito Santo, divenne abitazione di tutte le
virtù: Ad templum adducitur, ac deinde in
domo Dei plantata, atque per Spiritum saginata, instar olivae frugiferae
virtutum omnium
- 395 -
domicilium
efficitur (Lib. 4, de fid., c. 14).24 In altro luogo dice lo stesso
santo: Il volto della Vergine era modesto, l'animo umile, le parole amorevoli,
uscendo da un interno composto (Or. 1, de Nat. Virg.).25 Ed altrove
asserisce: La Vergine allontano il pensiero da tutte le cose terrene,
abbracciando tutte le virtù; esercitando dunque così la perfezione, profittò in
poco tempo a tal segno che meritò d'esser fatta tempio degno di Dio (De fid.
ort., l. 4, c. 14).26
Parla ancora S. Anselmo della vita della S. Vergine nel tempio, e dice: Maria
era docile, poco parlava, stava sempre composta, senza ridere e senza mai
turbarsi. Perseverava poi nell'orazione, nella lezione della Sacra Scrittura,
ne' digiuni, ed in tutte l'opere virtuose (De form. et mor. B. Mar.).27
S. Girolamo ne riferisce cose più particolari: Maria tenea la sua vita ordinata
così: dalla mattina sino a terza stava in
- 396 -
orazione, da terza sino a
nona si occupava in alcun lavoro, da nona ripigliava l'orazione sin che
l'angelo le portava il cibo, com'era il solito. Procurava d'esser la prima
nelle vigilie, la più esatta nella divina legge, la più profonda nell'umiltà, e
in ogni virtù la più perfetta. Niun mai la vide irata: tutte le sue parole
uscivano così piene di dolcezza, che sempre nella sua lingua fu riconosciuto
Dio (S. Gir., app. l'Ist. della vita di Maria del P. Gius. di Gesù e Maria,
carm. scalzo, l. 2, c. 1).28
Rivelò poi la stessa divina Madre a S. Elisabetta vergine benedettina nel
monastero di Sconaugia - come si legge appresso S. Bonaventura (De vita
Christi, c. 3), - che quand'ella fu lasciata nel tempio da' suoi parenti,
deliberò di avere solo Dio per padre; e spesso pensava che potesse fare per dargli
gusto: Cum pater meus et mater mea
dimiserunt me in templo, statui in corde meo habere Deum in patrem, et saepe
cogitabam quid possem facere illi gratum. Determinò di più di consagrargli
la sua verginità, e di non possedere cosa alcuna nel mondo, donando a Dio tutta
la sua volontà: Statui servare
virginitatem, nihil umquam possidere in mundo, et omnem voluntatem meam Deo
commisi. In oltre le disse che fra tutti i precetti da osservare si pose
avanti gli occhi il precetto: Diliges
Dominum Deum tuum; e ch'ella andava di mezza notte a pregare il Signore
all'altare del tempio che le concedesse la grazia di osservare i precetti, e di
farle veder nata la madre del Redentore, pregandolo che le conservasse gli
occhi per vederla,
- 397 -
la lingua per lodarla, le mani e piedi per
servirla, e le ginocchia per adorar nel suo seno il suo divin Figliuolo. Ma S.
Elisabetta in sentir ciò le disse: «Ma Signora, voi non eravate piena di grazia
e di virtù?» E Maria le rispose: «Sappi ch'io mi riputava la più vile ed indegna
della divina grazia; perciò io chiedea così la grazia e le virtù.» E
finalmente, acciocché ci persuadiamo della necessità assoluta, che abbiamo
tutti di cercare a Dio le grazie che ci abbisognano, le soggiunse: «Pensi tu
ch'io abbia avuta la grazia e le virtù senza fatica? Sappi ch'io non ebbi
grazia alcuna da Dio senza gran fatica, orazione continua, desiderio ardente, e
molte lagrime e penitenze».29
Ma sopra tutto son da considerarsi le rivelazioni fatte a S. Brigida delle virtù
ed esercizi praticati dalla B. Vergine nella sua fanciullezza, con queste
parole: Sin da bambina Maria fu ripiena dello Spirito Santo, e conforme
cresceva in età, cresceva in lei la grazia. Sin d'allora stabilì di amare Dio
con tutto il cuore, sicché nelle azioni e nelle parole non mai restasse egli
offeso; e perciò tutti i beni della terra eran da lei disprezzati. Dava quanto
poteva a' poveri. Nel cibarsi era così temperata che prendeva solamente il puro
necessario a sostentare il corpo. Penetrando poi nella Sacra Scrittura che
questo Dio dovea nascere da una vergine a redimere il mondo, si accese in tal
modo il suo spirito nel divino amore, che non bramava né pensava che a Dio, e
solo in Dio compiacendosi, fuggiva la conversazione anche de' suoi genitori,
acciocché non la distogliessero dalla memoria di Dio. E sommamente desiderava
di trovarsi al tempo della venuta del Messia, per poter fare la serva a quella
felice verginella, che meritava d'essergli madre. Ciò dicono le rivelazioni
fatte a S. Brigida (L. 1, et l. 3, c. 8).30
Ah sì che per amore di questa gran fanciulla accelerò il Redentore la sua
venuta nel mondo; poiché dov'ella per sua umiltà non si stimava neppure degna
di esser la serva della divina Madre, ella fu eletta per questa Madre; e
coll'odore delle sue virtù e colle sue potenti preghiere tirò nel suo seno
- 398 -
verginale il divin Figliuolo. Perciò fu chiamata Maria tortorella dal
suo divino Sposo: Vox turturis audita est
in terra nostra (Cant. II, 12); non solo perché ella, a guisa di
tortorella, amò sempre la solitudine, vivendo in questo mondo come in un
deserto; ma anche perché qual tortorella, che sempre va gemendo per le
campagne, Maria sempre gemeva nel tempio, compatendo le miserie del mondo
perduto e cercando a Dio la comune Redenzione. Oh con qual maggior affetto e
fervore ella ripeteva a Dio nel tempio le suppliche ed i sospiri de' Profeti,
acciocché mandasse il Redentore: Emitte
Agnum, Domine, dominatorem terrae (Is. XVI,
1).31 Rorate caeli desuper et
nubes pluant Iustum (Id. XLV, 8). Utinam
dirumperes caelos et descenderes (Id. LXIV, 1).
In somma era l'oggetto delle compiacenze di Dio il veder salire sempre più questa
verginella alla più alta perfezione a guisa di una verghetta di fumo, ricca di
odori di tutte le virtù, come appunto la descrive lo Spirito Santo ne' Sagri
Cantici: Quae est ista quae ascendit per
desertum sicut virgula fumi, ex aromatibus myrrhae et thuris et omnis pulveris pigmentarii? (Cant. III, 6).
Era in verità questa fanciulla, dice Sofronio, il giardino di delizie del
Signore, poiché vi trovava tutte le sorti de' fiori e tutti gli odori delle
virtù: Vere Virgo erat hortus deliciarum,
in quo consita sunt universa florum genera et odoramenta virtutum (Serm. de
Ass.).32 Ond'è che afferma S. Giovan Grisostomo (Ap. Canis., l. I, de
B.V., c. 13)33
- 399 -
che Dio perciò elesse Maria per sua madre in
terra, perché non trovò in terra vergine più santa e più perfetta di Maria, né
luogo più degno da abitare che l'utero sagrosanto di lei, come dice parimente
S. Bernardo: Nec in terris locus dignior
utero virginali:34 asserendo sant'Antonino che la beata Vergine,
per essere eletta e destinata alla dignità di Madre di Dio, dovette possedere
una perfezione sì grande e consumata, che avanzasse la perfezione di tutte
l'altre creature: Ultima gratia
perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum (P. IV, tit. 15, c.
6).35
Conforme dunque la santa pargoletta Maria si presentò e si offerì nel tempio a
Dio presto ed intieramente; così noi in questo giorno senza dimora e senza
riserva presentiamoci a Maria, e preghiamola ch'ella ci offerisca a Dio, il
quale non ci rifiuterà vedendoci offerti per mano di lei, che fu il tempio vivo
dello Spirito Santo, la delizia del suo Signore e la madre eletta del Verbo
Eterno. E speriamo assai in questa eccelsa e gratissima Signora, che ricompensa
con troppo amore gli ossequi ch'ella riceve da' suoi divoti, come può scorgersi
dal seguente esempio.
Esempio.
Si legge nella Vita di Suor Domenica del Paradiso, descritta dal P. Ignazio del
Niente [Nente] domenicano, che in un villaggio nominato Paradiso, presso a
Firenze, nacque questa
- 400 -
verginella da poveri genitori. Sin da
fanciulla cominciò ella a servire la divina Madre. Digiunava in suo onore tutti
i giorni della settimana, nel sabbato poi dispensava a' poveri quel cibo che
s'era tolto di bocca, ed ogni sabbato andava nell'orto di casa o nei campi
vicini, ivi raccoglieva tutti i fiori che potea, e li presentava avanti
un'immagine della S. Vergine col Bambino in braccio, che tenea in casa.
Ma voltiamoci ora a vedere con quanti favori la gratissima Signora compensava
gli ossequi che questa sua serva le offeriva. Stando una volta Domenica alla
finestra - ed era allora di dieci anni - vide nella strada una donna di
bell'aspetto, e seco un fanciullino, che tutti due stendean le mani in atto di
chieder limosina. Va ella per prender il pane, ed ecco che senza aprir la
porta, se li vide accanto e vide che il fanciullo tenea ferite le mani, i
piedi, e 'l petto. Onde dimandò alla donna: Chi ha ferito questo bambino?
Rispose la madre: È stato l'amore. Domenica,
innamorata della bellezza e modestia di quel fanciullino, gli dimandò se gli
dolevano quelle ferite. Ma quello non rispose se non con un sorriso. Intanto
stando già tutti vicini alle immagini di Gesù e di Maria, la donna disse a
Domenica: Dimmi, figliuola, chi ti muove a coronar queste immagini di fiori?
Ella rispose: Mi muove l'amore che porto a Gesù e Maria. - E quanto gli ami tu?
- Gli amo quanto posso. - E quanto puoi? - Quanto essi mi aiutano. - Seguita, allora
disse la donna, seguita ad amarli, che ben essi te lo renderanno in paradiso.
Indi la donzella, sentendo uscir da quelle piaghe un odore celeste, chiese alla
madre con quale unguento le ungesse, e se quell'unguento si potea comperare.
Rispose la donna: Si compera colla fede e colle opere. Domenica offerì il pane.
La madre disse: Il cibo di questo mio figlio è l'amore; digli ch'ami Gesù, e lo
farai contento. Il bambino a questo nome di amore cominciò a giubilare, e
rivolto alla fanciulla le dimandò quanto amava Gesù; ed ella rispondendo che lo
amava tanto che giorno e notte sempre a lui pensava né altro cercava che dargli
gusto quanto poteva. Or bene, soggiunse egli, amalo, che l'amore t'insegnerà
che hai da fare per contentarlo. Crescendo poi l'odore che esalava da quelle
piaghe, Domenica esclamò: Oh Dio, quest'odore mi fa morire
- 401 -
d'amore.
Se l'odor d'un fanciullo è così soave, che sarà l'odor del paradiso!
Ma ecco allora mutarsi la scena: la madre comparve vestita da regina, e
circondata di luce; e 'l fanciullo risplendente come un sol di bellezza, che
prendendo quei stessi fiori gli sparse sulla testa di Domenica, la quale,
riconoscendo in quei personaggi Maria e Gesù, s'era prostrata ad adorarli. E
così finì la visione.
Domenica poi prese l'abito domenicano, e morì con opinione di santa nell'anno
1553.36
Preghiera.
O diletta di Dio, amabilissima fanciulla Maria, oh se conforme voi vi presentaste
nel tempio, e presto e tutta vi consagraste alla gloria e all'amore del vostro
Dio, così potessi ogg'io offerirvi i primi anni della mia vita, per dedicarmi
tutto a servire voi, santa e dolcissima Signora mia! Ma non sono più in tempo,
mentre infelice ho perduti tanti anni a servire il mondo e i miei capricci,
quasi scordato in tutto di voi e di Dio. Vae
tempori illi in quo non amavi te!37 Ma è meglio tardi, che non
incominciar mai. Ecco, o Maria, che oggi a voi mi presento, e mi offerisco
tutto alla vostra servitù per quel poco o molto che mi resta da vivere in
questa terra; e insieme con voi rinunzio a tutte le creature ed intieramente mi
dedico all'amore del mio Creatore.
Vi consacro dunque, o Regina, la mia mente, acciocché pensi sempre all'amor che
voi meritate; la mia lingua a lodarvi, il mio cuore ad amarvi. Accettate voi, o
SS. Verginella, l'offerta che vi presenta questo misero peccatore; accettatela,
vi prego, per quella consolazione che sentì il vostro cuore, quando nel tempio
vi donaste a Dio. E se tardi mi pongo io a servirvi, è ragione che compensi il
tempo perduto con raddoppiarvi gli ossequi e l'amore.
- 402 -
Aiutate voi colla vostra potente intercessione, o madre di misericordia, la mia
debolezza, con impetrarmi dal vostro Gesù la perseveranza e la forza per
esservi fedele sino alla morte; acciocch'io, sempre servendovi in questa vita,
possa venire a lodarvi in eterno nel paradiso. Amen.38
DISCORSO IV. - Dell'Annunziazione di Maria.
Maria nell'Incarnazione del Verbo non poté umiliarsi
più di quello che si umiliò: Iddio all'incontro non poté esaltarla più di
quello che l'esaltò.
Chi si esalta sarà umiliato, e chi s'umilia sarà esaltato. Questa è parola del
Signore, non può fallire: Qui autem se exaltat humiliabitur, et qui se humiliaverit
exaltabitur (Matth. XXIII, 12). Ond'è che avendo Dio stabilito di farsi
uomo per redimere l'uomo perduto e così manifestare al mondo la sua bontà
infinita, e dovendo in terra eleggersi la madre, andava cercando fra le donne
chi fosse fra di loro la più santa e la più umile. Ma fra tutte una ne mirò, e
fu la verginella Maria, che quanto era più perfetta nelle virtù, tanto più
semplice ed umile qual colomba era nel suo concetto. Adolescentularum, dicea il Signore, non est numerus: una est columba mea, perfecta mea (Cant. VI, [7],
8). Onde questa, disse Iddio, sia la mia madre eletta. Quindi vediamo quanto
Maria fu umile, e perciò quanto Iddio l'innalzò.
Maria nell'Incarnazione del Verbo non poté più umiliarsi di quello che
s'umiliò; sarà il primo punto. Iddio non poté esaltar Maria più di quello che
l'esaltò; sarà il secondo.
Punto I.
Parlando appunto il Signore nei Sacri Cantici dell'umiltà di questa umilissima
Verginella, disse: Dum
- 403 -
esset rex in accubitu suo, nardus mea dedit
odorem suum (Cant. I, 11). Commenta S. Antonino le citate parole, e dice
che nella pianta di nardo, per esser questa così picciola e bassa, fu figurata
l'umiltà di Maria, il cui odore salì al cielo, e fin dal seno dell'Eterno Padre
tirò nell'utero suo verginale il Verbo Divino: Nardus est herba parva, et significat beatam Virginem, quae dedit
humilitatis odorem; qui odor usque ad caelum ascendit, et in caelo accumbentem
fecit quasi evigilare et in utero suo quiescere (P. 4, lib. 15, c. 21, §
2).1 Sicché il Signore, tirato dall'odore di questa umile Verginella,
l'elesse per sua madre nel volersi far uomo per redimere il mondo. Ma egli per
maggior gloria e merito di questa madre non volle farsi di lei figlio, senza
averne prima il consenso: Noluit carnem
sumere ex ipsa, non dante ipsa, dice Guglielmo abbate (In Cant.
3).2 Quindi mentre l'umile Verginella se ne stava nella sua povera
casetta, e se ne stava sospirando e pregando Dio allor più che mai con maggior
desiderio, acciò mandasse il Redentore, come fu rivelato a S. Elisabetta monaca
di S. Benedetto;3 ecco viene l'arcangelo Gabriele a portare la grande
imbasciata; entra e la saluta dicendo: Ave,
gratia plena; Dominus tecum; benedicta tu in mulieribus (Luc. I, [28]): Dio
vi salvi, o Vergine piena di grazia, poiché voi foste sempre ricca della
- 404 -
grazia sopra tutti gli altri santi. Il Signore è con voi, perché voi
siete così umile. Voi siete benedetta fra le donne, mentre tutte l'altre
incorsero nella maledizione della colpa, ma voi, perché Madre del Benedetto,
siete stata e sarete sempre benedetta e libera da ogni macchia.4
L'umile Maria intanto a questo saluto, così pieno di lodi, che risponde?
Niente; ella non rispose, ma pensando a tal saluto si turbò: Quae cum audisset, turbata est in sermone
eius et cogitabat qualis esset ista salutatio. - E perché mai si turbò?
forse per timore d'illusione, o per modestia, vedendo un uomo, come vuole
alcuno, pensando che l'angelo le apparve in forma umana? No, il testo è chiaro,
turbata est in sermone eius; nota
Eusebio Emisseno: Non in vultu, sed in
sermone eius.5 Fu adunque un tal turbamento tutto d'umiltà al
sentir quelle lodi tutte lontane dal suo umile concetto. Onde quanto più
dall'angelo sente innalzarsi, più ella s'abbassa ed entra a considerare il suo
niente. Riflette qui S. Bernardino e dice che se l'angelo mai l'avesse detto
ch'ella era la maggiore peccatrice del mondo, Maria non se ne sarebbe così
ammirata; ma in udir quelle lodi così eccelse, tutta si turbo: Si dixisset: O Maria, tu es maior ribalda
quae est in mundo, non ita admirata fuisset: unde turbata fuit de tantis
laudibus (Serm. 35, de Am. inc., p. 3).6 Si turbò, perch'ella,
essendo sì
- 405 -
piena d'umiltà, abborriva ogni sua lode, e desiderava che
il suo Creatore e dator d'ogni bene fosse lodato e benedetto; così appunto
Maria stessa disse a S. Brigida, parlando del tempo in cui fu fatta Madre di
Dio: Nolui laudem meam, sed solius
datoris et Creatoris (L. 2, Rev., c. 23).7
Ma almeno, io dico, già la B. Vergine era ben istruita dalle Sacre Scritture
essere giunto già il tempo predetto da' Profeti della venuta del Messia, già
compite le settimane di Daniele, già secondo la profezia di Giacobbe passato in
mano di Erode re straniero lo scettro di Giuda, già sapea che una vergine dovea
esser la madre del Messia; sente poi dall'angelo darsele quelle lodi, che ad
altra già parea che non convenissero, se non ad una madre di Dio; le venne
forse allora il pensiero, almeno un chi sa se mai fosse ella questa madre di
Dio eletta? No, la sua profonda umiltà non la fece neppure entrare in questo
pensiero. Valsero solamente quelle lodi a farla entrare in gran timore,
talmenteché, come riflette S. Pier Grisologo: Sicut Christus per angelum voluit confortari, ita per angelum debuit
Virgo animari:8 Siccome il Salvatore voll'essere confortato da un
angelo, così fu bisogno che S. Gabriele, vedendo Maria così sbigottita a quel
saluto, l'animasse dicendo: Ne timeas,
Maria, invenisti gratiam apud Deum: Non temete, o Maria, né vi stupite de'
titoli grandi con cui v'ho salutata; poiché se voi negli occhi vostri siete
così picciola e bassa, Dio ch'esalta gli umili vi ha fatta degna di trovar la
grazia dagli uomini perduta, e perciò egli vi ha preservata dalla macchia
comune di tutti i figli d'Adamo; perciò fin dalla
- 406 -
vostra Concezione
vi ha onorata d'una grazia maggior di quella di tutti i santi; perciò
finalmente ora vi esalta sino ad esser sua madre: Ecce concipies et paries filium, et vocabis nomen eius Iesum.
Or via, che s'aspetta? Exspectat angelus responsum - parla qui S. Bernardo - exspectamus et nos, o Domina, verbum
miserationis, quos miserabiliter premit sententia damnationis (Hom. 4, sup.
Miss.):
Signora, aspetta l'angelo la vostra risposta; l'aspettiamo più noi già
condannati alla morte. Esce offertur tibi
pretium salutis nostrae; statim liberabimur, si consentis. Siegue a parlar
S. Bernardo: Ecco, o madre nostra, a voi già s'offerisce il prezzo di nostra
salute, che sarà il Verbo Divino in voi fatt'uomo; se voi lo accettate per
figlio, subito saremo dalla morte liberati. Ipse
quoque Dominus, quantum concupivit decorem tuum, tantum desiderat et
responsionis assensum, in qua nimirum proposuit salvare mundum (S. Bern.,
loc. cit.):9 Lo stesso vostro Signore, quanto egli s'è innamorato di vostra
bellezza, altrettanto desidera il vostro consenso, in cui ha stabilito di
salvare il mondo. Responde iam Virgo
sacra, ripiglia S. Agostino: vitam
quid tricas mundo? (Serm. 21, de Temp.):10 Presto, Signora,
rispondete; non ritardate più al mondo la salute, che dal vostro consenso ora
dipende.
Ma ecco che Maria già risponde; risponde all'angelo e dice: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum
verbum tuum. O risposta, che più bella, più umile e più prudente non
avrebbe potuto inventare tutta la sapienza degli uomini e degli angeli insieme,
se vi avessero pensato per un milione d'anni! O
- 407 -
risposta potente che
rallegraste il cielo ed apportaste alla terra un mare immenso di grazie e di
beni! Risposta che appena uscita dall'umil cuore di Maria tiraste dal seno
dell'Eterno Padre l'unigenito Figlio nel suo purissimo utero a farsi uomo! Sì,
perché appena proferite quelle parole: Ecce
ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum, subito Verbum caro factum est, il Figliuol di Dio divenne anche figliuol
di Maria. O fiat potens! - esclama S.
Tommaso da Villanova - o fiat efficax! o
fiat super omne fiat venerandum! (Conc. 1, de Ann.). Poiché cogli altri fiat Iddio creò la luce, il cielo, la
terra; ma con questo fiat di Maria, dice
il santo, un Dio diventò uomo come noi.11
Ma non ci partiamo dal nostro punto; consideriamo la grande umiltà della
Vergine in questa risposta. - Ben ella era illuminata a conoscere quanto fosse
eccelsa la dignità di Madre di Dio. Già dall'angelo veniva assicurata ch'ella
era questa felice madre eletta dal Signore. Ma con ciò ella niente si avanza
nella stima di se stessa, niente si ferma a compiacersi della sua esaltazione,
guardando da una parte il suo niente e dall'altra l'infinita maestà del suo
Dio, che la scegliea per sua madre, si conosce indegna di tanto onore, ma non
vuole opporsi punto alla di lui volontà. Onde richiesta del suo consenso, che
fa? che dice? Ella tutta annientata in se stessa, tutta infiammata d'altra via
di desiderio di unirsi così maggiormente con Dio, tutt'abbandonandosi nella
divina volontà: Ecce, risponde, ecce ancilla Domini. Ecco la schiava
del Signore, obbligata a fare quel che 'l suo Signore comanda. E volea dire: Se
il Signore elegge per sua madre me che niente ho del mio,
- 408 -
tutto quel
che ho è suo dono, chi mai può pensare ch'egli m'elegga per merito mio? Ecce ancilla Domini. Che merito mai può
avere una schiava per esser fatta madre del suo Signore? Ecce ancilla Domini. Si lodi solamente dunque la bontà del Signore,
e non si lodi la schiava; giacch'è tutta sua bontà mettere gli occhi su d'una
creatura sì bassa come son io, e farla così grande.
O humilitas - qui esclama Guerrico
abbate - angusta sibi, ampla divinitati!
Insufficiens sibi, sufficiens ei quem non capit orbis!12 O grande
umiltà di Maria che la rende picciola a se stessa, ma grande davanti a Dio!
Indegna agli occhi suoi, ma degna agli occhi di quel Signore immenso, che non è
capito dal mondo.
Ma più bella a tal proposito è l'esclamazione di S. Bernardo che fa nel sermone
quarto di Maria assunta in cui dice, ammirando l'umiltà di Maria: Signora, e
come voi avete potuto unir nel vostro cuore concetto di voi stessa così umile
con tanta purità, con tanta innocenza, e tanta pienezza di grazia che voi
possedete? Quanta humilitatis virtus, cum
tanta puritate, cum innocentia tanta, imo cum tanta gratiae plenitudine? E
donde mai, siegue il santo, o Vergine beata, si è così ben radicata in voi
questa umiltà, e tanta umiltà, vedendovi così onorata ed innalzata da Dio? Unde tibi humilitas et tanta
humilitas, o beata?
Lucifero vedendosi dotato di gran bellezza aspirò ad esaltare il suo trono
sulle stelle e rendersi simile a Dio: Super
astra Dei, disse, exaltabo solium
meum... et similis ero Altissimo (Is. XIV, 13). Or che avrebbe detto e
preteso il superbo, se mai si fosse veduto ornato de' pregi di Maria? L'umile
Maria non fece così: quanto più ella si vide esaltata, tanto più si
- 409 -
umiliò. Ah Signora, per questa sì bella umiltà - conclude S. Bernardo
- ben voi vi siete fatta degna d'essere mirata da Dio con amor singolare: degna
d'innamorare il vostro Re colla vostra bellezza: degna di trarre coll'odor
soave di vostra umiltà l'eterno Figlio dal suo riposo, dal seno di Dio nel
vostro purissimo utero: Digna plane quam
respiceret Dominus, cuius decorem concupisceret rex, cuius odore suavissimo ab
aeterno illo paterni sinus attraheretur accubitu (Loc. cit.).13
Onde dice Bernardino da Bustis che meritò più Maria con quella risposta: Ecce ancilla Domini, che non potrebbero
meritare tutte le creature con tutte le opere loro: B. Virgo plus meruit, dicendo humiliter, Ecce ancilla Domilli, quam
simul mereri possent omnes purae creaturae (Mar. 12, p. 5, p. 2).14
- 410 -
Così è, dice S. Bernardo, mentre questa innocente Vergine, benché colla sua
verginità si rendé cara a Dio, nulladimeno coll'umiltà si rendé poi degna, per
quanto potea rendersi degna una creatura, d'essere fatta Madre del suo
Creatore: Etsi placuit ex virginitate,
tamen ex humilitate concepit (Hom. 1, sup. Miss.).15 E lo conferma
S. Girolamo dicendo che Dio più per la di lei umiltà, che per tutte l'altre sue
eccelse virtù, l'elesse per madre: Maluit
Deus de Virgine incarnari propter humilitatem, quam propter aliam quamcumque
virtutem.16 Maria stessa ciò l'espresse a S. Brigida, con dirle:
Donde io meritai una tal grazia d'esser fatta Madre del mio Signore, se non
perché conobbi il mio niente e mi umiliai? Unde
promerui tantam gratiam, nisi quia cogitavi et scivi nihil me esse vel habere? (Lib.
2, Rev., c. 35).17 E prima lo dichiarò nel suo umilissimo cantico,
quando disse: Quia respexit humilitatem
ancillae suae... fecit mihi magna qui potens est (Luc. I, [48, 49]). Dove
nota S. Lorenzo Giustiniani che la B. Vergine Non ait, respexit virginitatem, innocentiam, sed humilitatem
tantum.18 E per questa umiltà, avverte S. Francesco di Sales che
non già intendeva Maria di lodare la virtù della sua
- 411 -
umiltà, ma volle
dichiarare che Dio avea riguardato il suo niente - humilitatem, idest nihilitatem - e per sua mera bontà avea voluto
così esaltarla.19
In somma dice S. Agostino che l'umiltà di Maria fu come una scala, per cui si
degnò il Signore di scendere in terra a farsi uomo nel suo seno: Facta est Mariae humilitas scala caelestis,
per quam Deus descendit ad terras (Sup. Magn.).20 E lo confermò S.
Antonino dicendo che l'umiltà della Vergine fu la disposizione di lei più
perfetta e più prossima ad esser Madre di Dio: Ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum;
quae praeparatio fuit per profundam humilitatem (P. 5, tit. 15, c. 6 et
8).21 E con ciò s'intende ciò che predisse Isaia: Egredietur virga de radice lesse et flos de radice eius ascendet
(Is. XI, 1). Riflette il B. Alberto Magno che 'l fiore divino, cioè l'Unigenito
di Dio, secondo disse Isaia, dovea nascere non già dalla sommità o dal tronco
della pianta di Gesse, ma dalla radice, appunto per dinotare l'umiltà della
madre: De radice eius, humilitas cordis
intelligitur.22 E più chiaro lo spiega l'abbate di Celles: Nota quod non ex summitate,
- 412 -
sed de radice ascendet flos.23 E
perciò disse il Signore a questa sua diletta figlia: Averte oculos tuos, quia ipsi me avolare fecerunt (Cant.
5).24 S. Agostino: Unde avolare,
nisi a sinu Patris in uterum Matris?25 Sul qual pensiero dice il
dotto interprete Fernandez che gli occhi umilissimi di Maria, con cui ella
rimirò sempre la divina grandezza, non perdendo mai di vista il suo niente,
fecero tal violenza a Dio stesso, che lo trassero nel di lei seno: Ita illius oculi humillimi Deum tenuerunt,
ut suavissima quadam violentia ipsummet Dei Patris Verbum in uterum suum Virgo
attraxerit (In c. 14 Gen., sect. 1).26 E con ciò s'intende, dice
l'abbate Francone, perché lo Spirito Santo tanto lodò la bellezza di questa sua
sposa per gli occhi che aveva di colomba: Quam
pulchra es, amica mea! quam pulchra es! oculi tui columbarum (Cant. IV, 1).
Perché Maria guardando Dio con occhi di semplice ed umil colomba, tanto
l'innamorò di sua bellezza, che con legami d'amore lo fe' prigioniero nel suo
utero verginale. Così parla l'abbate Francone: Ubinam terrarum tam speciosa Virgo inveniri posset quae regem caelorum
oculis caperet et vinculis caritatis pia violentia captivum traheret? (De
grat. No. Test., tr. 6).27
- 413 -
Sicché Maria - concludiamo questo punto - nell'Incarnazione del Verbo, come
abbiam veduto da principio, non poté più umiliarsi di quello che si umiliò.
Vediamo ora come Dio, avendola fatta sua madre, non poté più esaltarla di
quello che l'esaltò.
Punto II.
Per comprendere l'altezza a cui fu innalzata Maria, bisognerebbe comprendere
quanto sublime sia l'altezza e la grandezza di Dio. Basterà solamente dunque
dire che Dio fe' questa Vergine sua madre, per intendere che Dio non poté
esaltarla più di quello che l'esaltò. Bene asserì S. Arnoldo Carnotense che
Dio, facendosi figliuol della Vergine, la costituì in un'altezza superiore a
tutti i santi ed angeli: Maria constituta
est super omnem creaturam (Tract. de L. V.).28 Sicché, fuori di
Dio, ella senza paragone è più alta di tutti gli spiriti celesti, come parla S.
Efrem: Nulla comparatione ceteris superis
est gloriosior (Or. de laud. Deip.).29 E lo conferma S. Andrea
Cretense: Excepto Deo, omnibus altior
(Or. de dorm. Deip.),30 con S. Anselmo che dice: Signora, voi non avete
chi vi sia eguale, perché ognun altro o è sopra o sotto di voi; Dio solo è a
voi superiore, e tutti gli altri sono inferiori a voi: Nihil tibi, Domina, est aequale; omne enim quod est, aut supra te est,
aut infra: quod supra, solus Deus; quod infra, est omne quod Deus non
- 414 -
est (Ap. Pelb., Stellar. 2,
p. 3, art. 2).31 È così grande in somma, ripiglia S. Bernardino,
l'altezza di questa Vergine, che solo Dio la può e sa comprendere: Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo
cognoscenda reservetur (T. 2, serm. 51, a. 3, c. 2).32
E ciò toglie la meraviglia di taluno - avverte S. Tommaso da Villanova - perché
i sagri Vangelisti che sono stati sì diffusi in registrare le lodi di un
Battista, d'una Maddalena, sieno stati poi sì scarsi in descrivere i pregi di
Maria. Satis
fuit, risponde il santo, de
ea dicere: de qua natus est Iesus. Che più vai cercando, siegue a parlare il medesimo,
che dicano i Vangelisti delle grandezze di questa Vergine? ti basti che
attestino esser ella la Madre di Dio. Avendo essi dunque scritto in questo solo
detto il massimo, il tutto de' suoi pregi, non fu bisogno che li andassero
descrivendo per parti: Quid ultra
requiris? Sufficit tibi quod Mater Dei est. Ubi ergo totum erat, pars scribenda
non fuit (Conc. 2, de Nat. V.).33 E come no? ripiglia S.
- 415 -
Anselmo: il dirsi di Maria ciò solamente, ch'ella sia Madre di un
Dio, sopravanza ogni altezza che può dirsi o pensarsi dopo Dio: Hoc solum de S. Virgine praedicari, quod Dei
Mater sit, excedit omnem altitudinem quae post Deum dici vel cogitari potest
(De exc. Virg., c. 4).34 E Pietro Cellense sullo stesso pensiero
soggiunge: Dagli qual vuoi nome di Regina del cielo, di Signora degli angeli, o
qualunque altro titolo d'onore, non mai giungerai ad onorarla tanto quanto col
solo chiamarla Madre di Dio: Si caeli
reginam, si angelorum dominam, vel quodlibet aliud protuleris; non assurges ad
hunc honorem, quo praedicatur Dei Genitrix (L. de pan., c. 21).35
La ragione è evidente, perché, come insegna l'Angelico, quanto più una cosa si
avvicina al suo principio tanto più riceve della di lui perfezione; e perciò
essendo Maria la creatura più vicina a Dio, ella n'ha partecipato più di tutte
le altre di grazia, di perfezione e di grandezza: Quanto aliquid magis participat illius effectum, etc. Beata autem Virgo
Maria propinquissima Christo fuit, quia ex ea accepit humanam naturam; et ideo
prae ceteris maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere (3 p.,
q. 27, a. 5).36 Quindi il P. Suarez ricava
- 416 -
la ragione, perché
la dignità di Madre di Dio sia d'ordine superiore ad ogni altra dignità creata;
mentre quella s'appartiene in certo modo all'ordine dell'unione con una persona
divina, colla quale va necessariamente congiunta: Dignitas Matris est altioris ordinis, pertinet enim quodammodo ad
ordinem unionis hypostaticae; illam enim intrinsece respicit et cum illa
necessariam coniunctionem habet (T. 2, in 3 p., Id. 2, s. 2).37
Onde asserisce S. Dionisio Cartusiano che dopo l'unione ipostatica non ve n'è
più prossima, che quella di Madre di Dio: Post
hypostaticam coniunctionem, non est alia tam vicina, ut unio Matris Dei cum Filio
suo (L. 2, de laud. Virg.).38 Questa è, insegna S. Tommaso,
l'unione suprema che può avere una pura creatura con Dio: Est suprema quaedam coniunctio cum persona infinita (1 p., q. 25, a.
6).39 E il B. Alberto Magno asserisce che l'esser Madre di Dio è la
dignità immediata dopo la dignità d'esser Dio: Immediate post esse Deum, est esse Matrem Dei (Sup. Miss., c. 180).
Onde dice che Maria non poté esser più unita a Dio di quel che fu, se non con
diventare anche Dio: Magis Deo coniungi,
nisi fieret Deus, non potuit.40
- 417 -
Afferma S. Bernardino che la S. Vergine per esser Madre di Dio bisognò che
fosse innalzata ad una certa egualità colle persone divine per una quasi
infinità di grazie: Quod femina
conciperet et pareret Deum, oportuit eam elevari ad quamdam aequalitatem
divinam per quamdam infinitatem gratiarum (Tom. 1, serm. 61, c.
16).41 Ed essendoché i figli coi loro genitori, moralmente parlando, si
reputano la stessa cosa, sicché tra di loro comuni sono i beni, comuni gli
onori; quindi dice S. Pier Damiani che se Dio abita in diversi modi nelle
creature, in Maria abitò con modo singolare d'identità, facendosi la stessa
cosa con Maria: Quarto modo inest Deus
creaturae, scilicet Mariae Virgini, per identitatem, quia idem est quam illa
(Serm. 1, de Nat. V.). Indi esclama con quel celebre detto: Hinc taceat et contremiscat omnis creatura,
et vix audeat aspicere tantae dignitatis immensitatem. Habitat Deus in Virgine,
cum qua unius naturae habet identitatem (Loc. cit.).42
Perciò asserisce S. Tommaso che Maria essendo fatta Madre di Dio, per ragione
di questa unione così stretta con un bene infinito, ricevé una certa infinita
dignità,43 che il P. Suarez chiama infinita nel suo genere: Dignitas Matris Dei suo genere
- 418 -
est infinita (T. 2, in 3
p., d. 18, s. 4).44 Poiché la dignità di divina madre è la massima
dignità che può conferirsi ad una pura creatura; insegnando l'Angelico che
siccome l'umanità di Gesù Cristo, sebben ella avrebbe potuto ricevere da Dio
maggiore grazia abituale: Cum enim gratia
habitualis - ecco la ragione che ne assegna - sit donum creatum, confiteri oportet quod habeat essentiam finitam. Est
cuiuslibet creaturae determinata capacitatis mensura, quae tamen divinae
potestati non praeiudicat quin possit aliam creaturam maioris capacitatis
facere (Opusc. 2, Comp. Th., c. 215);45 nulladimeno in quanto
all'unione con una persona divina, non poté ricevere maggior pregio: Virtus divina licet possit facere aliquid
maius et melius quam sit habitualis gratia Christi, non tamen posset facere
quod ordinaretur ad aliquid maius quam sit unio personalis ad Filium unigenitum
a Patre (3 p., q. 7, a. 12, ad 2).46 Così all'incontro la B.
Vergine non poté esser fatta più grande in dignità che d'esser Madre di Dio: B. Virgo ex hoc quod est Mater Dei, habet
quamdam dignitatem infinitam ex bono infinito quad est Deus; et ex hac parte
non potest fieri melius (1 p., q. 25, a. 6, ad 4).47 Lo stesso
scrisse S. Tommaso da Villanova: Utique
habet quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti (Conc. 3, de Nat.
Mar.).48 E S. Bernardino dice che lo stato a cui Dio esaltò Maria di
sua madre fu sommo, sicché non poté innalzarla più: Status maternitatis Dei erat summus status, qui purae creaturae dari
posset
- 419 -
(Tom. 3, ser. 6, a.
3, c. 1).49 E lo conferma il B. Alberto Magno: Dominus B. Virgini summum donavit, cuius capax fuit pura creatura,
scilicet Dei maternitatem (L. 1, de laud. V., c. 178).50
Quindi S. Bonaventura scrisse quella celebre sentenza, che Dio può fare già un
mondo maggiore, un cielo più grande, ma non può fare una creatura più eccelsa
che con farla sua madre: Esse Matrem Dei
est gratia maxima purae creaturae conferibilis. Ipsa est quam maiorem facere
non potest Deus. Maiorem mundum facere potest Deus, maius caelum, maiorem quam
Matrem Dei facere non potest (Spec. B.V., lect. 10).51 Ma meglio di
tutti la stessa divina Madre espresse l'altezza a cui Dio l'avea sublimata,
quando disse: Fecit mihi magna qui potens
est (Luc. I, [49]). E perché mai la S. Vergine non dichiarò quali erano
queste gran cose concedute da Dio? Risponde S. Tommaso da Villanova che Maria
non le spiegò, perché erano sì grandi che non poteano spiegarsi: Non explicat
- 420 -
quaenam haec magna fuerint, quia
inexplicabilia (Conc. 3, de Nat. V.).52
Ond'ebbe ragione S. Bernardo di dire che Dio per questa Vergine, che doveva
essere sua madre, ha creato tutto il mondo: Propter
hanc totus mundus factus est (Serm. 7, in Salv. Reg.);53 e S.
Bonaventura di dire che 'l mondo persevera a disposizion di Maria: Dispositione tua, Virgo sanctissima,
perseverat mundus, quem et tu cum Deo ab initio fundasti (Ap. il P. Pepe,
lez. 371),54 aderendo il santo in ciò alle parole dei Proverbi dalla
Chiesa applicate a Maria: Cum eo eram
cuncta componens (Prov. VIII, [30]). Aggiunse S. Bernardino che Dio per
amor di Maria non distrusse l'uomo dopo il peccato di Adamo: Propter singularissimam dilectionem ad hanc
Virginem praeservavit (Tom. 1, serm. 61, c. 8).55 Quindi con
ragione la S. Chiesa canta di Maria: Optimam
partem elegit
- 421 -
(In off. Ass. B.M.).56 Mentre questa Madre
vergine non solo elesse l'ottime cose, ma dell'ottime cose elesse l'ottima
parte, dotandola il Signore in sommo grado - come attesta il B. Alberto Magno -
di tutte le grazie e doni generali e particolari conferiti a tutte l'altre
creature; tutto in conseguenza della dignità concedutale di divina madre: Beatissima Virgo gratia fuit plena, quia
omnes gratias generales et speciales omnium creaturam in summo habuit
(Bibl. Ma., in Luc. 13).57
Sicché fu Maria bambina, ma di quello stato ebbe solo l'innocenza, non già il
difetto d'incapacità; poiché dal primo suo vivere ebb'ella sempre uso perfetto
della ragione. Fu vergine, ma senza l'ignominia di sterile. Fu madre, ma
unitamente col pregio della verginità. Fu bella, anzi bellissima, come dice
Riccardo di S. Vittore58 con S. Giorgio Nicomediense59 e S.
Dionisio Areopagita, il quale - secondo molti ammettono - godè di vedere una
volta la sua bellezza, e disse che se la fede non l'avesse istruito che quella
era creatura, l'avrebbe adorata per Dio:60 e lo stesso Signore rivelò a
S. Brigida che
- 422 -
la bellezza di sua madre superò la bellezza di tutti
gli uomini e degli angeli, facendosi udir dalla santa parlar con Maria e dirle:
Omnes angelos et omnia quae creata sunt
excessit pulchritudo tua (Lib. 1 Rev., c. 51).61 Fu bellissima,
dico, ma senza danno di chi la guardava, giacché la sua bellezza fugava i moti
impuri, anzi ingeriva pensieri di purità, come attesta S. Ambrogio: Tanta erat eius gratia, ut non solum in se
virginitatem servaret, sed etiam si quos inviseret integritatis donum insigne
conferret (De Inst. Virg., c. 7).62 E 'l conferma S. Tommaso: Gratia sanctificationis non solum repressit
in Virgine motus illicitos, sed etiam in aliis efficaciam habuit; ita ut
quamvis esset pulchra corpore, a nullo concupisceretur (In 3 dist., disp.
2, q. 2, a. 2).63 Che perciò ella si nominò
- 423 -
mirra che
impedisce la putredine: Quasi myrrha
electa dedi suavitatem odoris;64 come l'applica la S. Chiesa. Nella
vita attiva operava, ma senza che l'operare la distogliesse dall'unione con
Dio. Nella contemplativa stava raccolta in Dio, ma senza negligenza del
temporale e della carità dovuta al prossimo. Toccò a lei la morte, ma senza le
sue angustie e senza la corruzione del corpo.
Dunque concludiamo. - Questa divina Madre ella è infinitamente inferiore a Dio,
ma è immensamente superiore a tutte le creature. E s'è impossibile trovare un
figlio più nobile di Gesù, è impossibile ancora trovare una madre più nobile di
Maria. Ciò dee servire a' divoti di questa regina non solo per rallegrarsi
delle sue grandezze, ma anche per accrescere la confidenza nel suo potentissimo
patrocinio; poich'essendo Madre di Dio, dice il P. Suarez ch'ella ha un certo
dritto sopra i suoi doni per impetrarli a coloro per cui ella prega: Unde fit ut singulare ius habeat ad dona
Filii sui (Tom. 2, in 3 p., d. 1, s. 2).65 Dicendo d'altra parte S.
Germano che Dio non può non esaudir le preghiere di questa Madre, mentre non
può non riconoscerla per sua vera ed immacolata madre; così dice il santo
parlando colla Vergine: Tu autem quae
materna in Deum auctoritate polles, etiam iis qui enormiter peccant eximiam
reconciliationis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi
ut verae ac intemeratae Matri suae in omnibus morem gerat (De zona
Virg.).66 Sicché
- 424 -
a voi, o Madre di Dio e madre nostra, non
manca potenza da soccorrerci; non manca poi volontà: Nec facultas nec voluntas illi deesse potest (S. Bern., serm. de
Ass.).67 Poiché voi già sapete, vi dirò col vostro abbate Cellense, che
Dio non vi ha creata solo per sé, ma v'ha data agli angeli per loro
ristoratrice, agli uomini per loro riparatrice e a' demoni per loro
debellatrice; mentre per vostro mezzo noi ricuperiamo la divina grazia, e per
voi il nemico resta vinto e depresso: Non
tantum sibi te fecit, sed te angelis dedit in instaurationem, hominibus in
reparationem, daemonibus in hostem; nam per te Deus homini pacificatur,
diabolus vincitur et conteritur (V. in Prol. Cont.
Virg.).68
E se desideriamo compiacere la divina Madre,
salutiamola spesso coll'Ave Maria.
Apparve un giorno Maria a S. Metilde e le disse che niuno potea meglio
riverirla che con questo saluto.69 Ed indi trarremo benanche grazie
singolari da questa madre di misericordia, come si vedrà dal seguente
esempio.
- 425 -
Esempio.
È celebre quell'avvenimento che riferisce il P. Paolo Segneri nel suo Cristiano
Istruito (P. 3, Rag. 34).70 Andò a confessarsi in Roma al P. Niccolò
Zucchi un giovane carico di peccati disonesti e di mali abiti. Il confessore
l'accolse con carità, e compatendo la sua miseria, gli disse che la divozione
alla Madonna potea liberarlo da quel vizio maledetto: onde gl'impose per
penitenza che sino all'altra confessione, ogni mattina e sera, in alzarsi e
porsi a letto, recitasse un'Ave Maria
alla Vergine; offerendole gli occhi, le mani e tutto il suo corpo, con pregarla
a custodirlo come cosa sua, e baciare tre volte la terra. Il giovane praticò
questa penitenza, e da principio con picciola emendazione. Ma il padre continuò
ad inculcargli che non la lasciasse mai, dandogli animo a confidare nel
patrocinio di Maria.
Fra questo tempo il penitente si partì con altri compagni ed andò per più anni
girando il mondo. Tornato che fu in Roma, fu di nuovo a ritrovare il suo confessore,
il quale, con giubilo grande e maraviglia, lo trovò tutto mutato e libero dalle
- 426 -
antiche sozzure. Figlio, gli disse, come hai ottenuto da Dio sì bella
mutazione? Rispose il giovine: Padre, la Madonna con quella picciola divozione
che voi m'insegnaste, m'ha ottenuta la grazia.
Ma non finiscono qui le maraviglie. Il medesimo confessore narrò dal pulpito
questo fatto; l'intese un capitano, il quale da molti anni aveva una mala
pratica con una certa donna, propose anch'egli di fare la stessa divozione per
liberarsi da quella orribil catena che lo tenea schiavo del demonio - il qual
fine è necessario in tutti quei peccatori, acciocché la Vergine possa aiutarli
- e così anch'egli lasciò la pratica e cambiò vita. - Ma che più? In capo a sei
mesi egli scioccamente, e troppo fidandosi delle sue forze, volle andare un
giorno a trovar quella femmina per vedere se ell'ancora avesse mutato vita. Ma
nell'accostarsi alla porta della casa dove correva manifesto pericolo di
tornare a cadere, si sentì da una forza invisibile respingere indietro, e si
trovò tanto lontano dalla casa quanto era lunga quella strada, e fu lasciato
avanti la casa propria; e conobbe allora con un lume chiaro che Maria così lo
liberava dalla sua perdizione. - Dal che si scorge quanto è sollecita la nostra
buona Madre non solo a cavarci dal peccato, se noi con questo buon fine a lei
ci raccomandiamo, ma anche a liberarci dal pericolo di nuove cadute.
Preghiera.
O Vergine immacolata e santa, o creatura la più
umile e la più grande dinanzi a Dio! Voi foste così picciola agli occhi vostri,
ma foste così grande agli occhi del vostro Signore, che vi esaltò sino a
scegliervi per sua madre e quindi a farvi la regina del cielo e della terra.
Ringrazio dunque quel Dio che tanto v'ha innalzata, e me ne rallegro con voi in
vedervi così unita a Dio che più non è permesso ad una pura creatura. Davanti a
voi, che siete così umile con tanti pregi, mi vergogno di comparire io misero
così superbo con tanti peccati. Ma pure misero qual sono
- 427 -
voglio
anch'io salutarvi: Ave, Maria, gratia
plena: Voi siete già piena di grazia, impetratene parte anche a me. Dominus tecum: Quel Signore ch'è stato
sempre con voi sin dal primo momento di vostra creazione, ora s'è più stretto
con voi facendosi vostro Figlio. Benedicta
tu in mulieribus: O donna benedetta fra tutte le donne, ottenete anche per
noi la divina benedizione. Et benedictus
fructus ventris tui: O pianta beata che avete dato al mondo frutto così
nobile e santo! Sancta Maria Mater Dei: O
Maria, io confesso che voi siete vera Madre di Dio, e per questa verità son
pronto a dare mille volte la vita. Ora
pro nobis peccatoribus: Ma se voi siete la Madre di Dio, siete ancora la
madre della nostra salute e di noi poveri peccatori, giacché per salvare i
peccatori Iddio s'è fatto uomo; ed egli ha fatto voi sua madre, acciocché le
vostre preghiere abbiano virtù di salvare qualunque peccatore. Su dunque, o
Maria, pregate per noi. Nunc et in hora
mortis nostrae: Pregate sempre: pregate ora che stiamo in vita in mezzo a
tante tentazioni e pericoli di perdere Dio; ma più pregate poi nell'ora di
nostra morte, allorché staremo al punto di uscir da questo mondo ed essere
presentati al divin tribunale; acciocché salvandoci per li meriti di Gesù
Cristo e per la vostra intercessione, possiamo venire un giorno, senza pericolo
più di perderci, a salutarvi e lodarvi col vostro Figlio in cielo per tutta
l'eternità. Amen.
- 428 -
DISCORSO V. - Della Visitazione di Maria.
Maria è la tesoriera di tutte le divine grazie: onde
chi desidera grazie dee ricorrere a Maria; e chi ricorre a Maria dee star
sicuro d'aver le grazie che desidera.
Felice si stima quella casa che viene visitata da qualche personaggio reale, e
per l'onore che ne riceve e per li vantaggi che poi ne spera. Ma più felice dee
chiamarsi quell'anima ch'è visitata dalla regina del mondo Maria Santissima, la
quale non sa non riempire di beni e di grazie quell'anime beate, ch'ella si
degna di visitare per mezzo de' suoi favori. Fu benedetta la casa di Obededom,
allorché fu visitata dall'arca del Signore: Benedixit
Dominus domui eius (I Par. XIII, [14]). Ma di quante maggiori benedizioni
sono arricchite quelle persone, che ricevon qualche visita amorosa da
quest'arca viva di Dio quale fu la divina Madre! Felix illa domus quam Mater Dei visitat, scrisse
Engelgrave.1 Ben l'esperimentò la casa del Battista, dove appena
entrando Maria, colmò tutta quella famiglia di grazie e benedizioni celesti;
che perciò la presente festa della Visitazione si chiama comunemente la festa
della Madonna delle Grazie.
Quindi vedremo oggi nel presente discorso, come la divina Madre è la tesoriera
di tutte le grazie. E divideremo il discorso in due punti. Nel primo vedremo che chi desidera grazie,
dee ricorrere a Maria. Nel secondo, che
chi ricorre a Maria, dee star sicuro d'aver le grazie che desidera.
- 429 -
Punto I.
Dopo
che la S. Vergine udì dall'Arcangelo S. Gabriele che la sua cognata
Elisabetta2 era gravida di sei mesi, fu illuminata dallo Spirito Santo
internamente a conoscere che il Verbo umanato e fatto già suo figlio, volea
cominciare a manifestare al mondo le ricchezze della sua misericordia, colle
prime grazie che volea compartire a tutta quella famiglia. Onde senza
frammetter dimora, exsurgens, come
narra S. Luca (I, 39), Maria... abiit in
montana cum festinatione. Alzandosi ella dalla quiete della sua
contemplazione, a cui stava sempre applicata, e lasciando la sua cara
solitudine, subito si partì per andare alla casa di Elisabetta. E perché la
santa carità tutto sopporta - Caritas
omnia suffert3 - e non sa patir dimora, come appunto su questo
Evangelio dice S. Ambrogio, Nescit tarda
molimina Spiritus Sancti gratia;4 perciò, non curando la fatica del
viaggio, la tenera e delicata donzella presto si pose in cammino. Giunta che fu
a quella casa, ella salutò la sua cugina: Et
intravit in domum Zachariae et salutavit Elisabeth.5 E come
riflette S. Ambrogio, Maria fu la prima a salutare Elisabetta, prior salutavit.6 Ma non fu la
visita della B. Vergine come sono le visite de' mondani, che per lo più si
riducono in cerimonie e false esibizioni: la visita di Maria apportò in quella
casa un cumolo di grazie. Poiché alla sua prima entrata ed a quel primo saluto
Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, e Giovanni restò libero7 dalla
colpa e santificato; che perciò egli diede quel segno di giubilo esultando
nell'utero di sua madre, volendo così palesare la grazia ricevuta per mezzo
della B. Vergine, come dichiarò la
- 430 -
stessa Elisabetta: Ut facta est vox salutationis tuae in
auribus meis, exsultavit in gaudio infans in utero meo.8 Sicché,
come riflette Bernardino da Bustis, in virtù del saluto di Maria Giovanni
ricevé la grazia dello Spirito Divino che lo santificò: Cum B. Virgo salutavit Elisabeth, vox salutationis per aures eius
ingrediens ad puerum descendit, virtute cuius salutationis puer Spiritum
Sanctum accepit (Part. VII, serm. 4).9
Or se questi primi frutti della Redenzione passarono tutti per Maria, ed ella
fu il canale per mezzo di cui fu comunicata la grazia al Battista, lo Spirito
Santo a Elisabetta, il dono di profezia a Zaccaria, e tante altre benedizioni a
quella casa, che furono le prime grazie che sappiamo essersi fatte sulla terra
dal Verbo dopo essersi incarnato; è molto giusto il credere che Dio sin
d'allora avesse costituita Maria quale acquedotto universale, come la chiama S.
Bernardo,10 per cui d'indi in poi passassero a noi tutte le altre
grazie che 'l Signore vuol dispensarci, secondo quello che si disse nella Parte I, al cap. V.
Con ragione dunque questa divina Madre vien detta il tesoro, la tesoriera, e la
dispensatrice delle divine grazie. Così vien nominata dal Ven. abbate di
Celles: Thesaurus Domini et thesauraria
gratiarum (Prol. Cont. Virg., c. 1);11 così da S. Pietro Damiani: Thesaurus divinarum gratiarum;12
- 431 -
dal B. Alberto Magno: Thesauraria
Iesu Christi;13 da S. Bernardino: Dispensatrix gratiarum;14 da un dottor greco appresso
Petavio (De Trin.): Promptuarium omnium
bonorum: dispensa di tutti i beni;15 così anche da S. Gregorio
Taumaturgo il quale dice: Maria sic
gratia plena dicitur, quod in illa gratiae thesaurus reconderetur.16
E Riccardo di S. Lorenzo dice che Dio ha riposto in Maria, come in un erario di
misericordia, tutti i doni delle grazie, e da questo tesoro egli arricchisce i
suoi servi: Maria est thesaurus, quia in
ea, ut in gazophylacio, reposuit Dominus omnia dona gratiarum; et de hoc
thesauro largitur ipse larga stipendia suis militibus et operariis (De
laud. Virg., l. 4).17
- 432 -
S. Bonaventura parlando del campo dell'Evangelio dove sta nascosto il tesoro, e
che dee comperarsi ad ogni gran prezzo, come disse Gesù Cristo: Simile est regnum caelorum thesauro
abscondito in agro, quem qui invenit homo... vadit et vendit universa quae
habet et emit agrum illum (Matth. XIII, 44); dice che questo campo è la
nostra regina Maria, in cui sta il tesoro di Dio, ch'è Gesù Cristo, e con Gesù
Cristo la sorgente e la fonte di tutte le grazie: Ager iste est Maria, in qua thesaurus Dei Patris absconditus est
(Spec., c. 7).18 Affermò già S. Bernardo che 'l Signore tutte le grazie
che vuole a noi dispensare le ha poste in mano di Maria, acciocché sappiamo che
quanto noi riceviamo di bene, tutto lo riceviamo dalle sue mani: Totius boni plenitudinem posuit in Maria, ut
proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea
noverimus redundare (Serm. de aqu.).19 E ce ne assicura Maria
stessa dicendo: In me gratia omnis viae
et veritatis (Eccli. XXIV, [25]): In me son tutte le grazie de' veri beni
che voi uomini potete desiderare in vostra vita. Sì, madre e speranza nostra,
ben lo sappiamo, le diceva S. Pier Damiani, che tutti i tesori delle divine
misericordie stanno nelle vostre mani: In
manibus tuis omnes thesauri miserationum Dei.20 E prima del Damiani
l'asserì con maggior espressione S. Idelfonso, allorché parlando colla Vergine
le dicea: Signora, tutte le grazie che Dio ha determinato di fare agli uomini,
tutte ha determinato di farle per le vostre mani, e perciò tutti i tesori delle
grazie a voi l'ha consegnati: Omnia bona
quae illis summa maiestas decrevit facere, tuis manibus decrevit commendare;
commissi quippe tibi sunt thesauri et
- 433 -
ornamenta gratiarum (In Cor. Virg., c. 15).21 Sicchè, o
Maria, concludea S. Germano, non v'è grazia che si dispensi ad alcuno se non
per le vostre mani: Nemo qui salvus fiet,
nisi per te: nemo donum Dei suscipit, nisi per te (Serm. de zon.
Virg.).22 - Sulle parole che disse l'Angelo alla SS. Vergine: Ne timeas, Maria, invenisti enim gratiam
apud Deum (Luc. I, [30]), soggiunge con bella riflessione il B. Alberto
Magno e dice: Ne timeas, quia invenisti.
Non rapuisti, ut primus angelus: non perdidisti, ut primus parens: non emisti,
ut Simon magus; sed invenisti, quia quaesivisti. Invenisti gratiam increatam,
et in illa omnem creaturam (In Mar., cap. 237):23 O Maria, voi non
avete rapita la grazia come voleva rapirla Lucifero; non perduta, come la
perdette Adamo; non comperata, come volea comperarla Simon mago;
- 434 -
ma
l'avete trovata, perché l'avete desiderata e cercata. Avete ritrovata la grazia
increata, ch'è Dio stesso fatto già vostro figlio, ed insieme con quella avete
ritrovato ed ottenuto tutti i beni creati. Conferma questo pensiero S. Pier
Grisologo, dicendo che la gran Madre ritrovò questa grazia per render poi la
salute a tutti gli uomini: Hanc gratiam
accepit Virgo, salutem saeculis redditura (Serm. 3, de Ann).24 E in
altro luogo dice che Maria trovò una grazia piena, che bastasse a salvare
ognuno: Invenisti gratiam, quantam?
quantam superius dixerat, plenam et vere plenam, quae largo imbre totam
infunderet creaturam (Serm. 142).25 In modo tale, dice Riccardo di S.
Lorenzo, siccome Dio ha fatto il sole, acciocché per suo mezzo sia illuminata
la terra; così ha fatta Maria, acciocché per suo mezzo si dispensino al mondo
tutte le divine misericordie: Sicut sol
factus est ut illuminet totum mundum, sic Maria facta est ut misericordiam
impetret toti mundo (De laud. Virg., lib. 7).26 E S. Bernardino
soggiunge che la Vergine, dacché fu fatta Madre del Redentore, acquistò una
quasi giurisdizione sopra tutte le grazie: A
tempore quo Virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam, ut sic dicam,
iurisdictionem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali: ita ut
nulla creatura aliquam a Deo obtinuit gratiam, nisi secundum ipsius piae Matris
dispensationem (Serm. 61, tract. 1, art. 8).27
- 435 -
Onde concludiamo questo punto con Riccardo di S. Lorenzo, il quale dice che se
vogliamo ottenere alcuna grazia ricorriamo a Maria, che non può non ottenere a'
suoi servi quanto dimanda, poich'ella ha ritrovata la grazia divina e sempre la
trova: Cupientes invenire gratiam,
quaeramus inventricem gratiae, quae quia semper invenit, frustrari non potest
(De laud. Virg., l. 2, p. 5).28 E lo prese da S. Bernardo il quale
disse: Quaeramus gratiam et per Mariam
quaeramus, quia quod quaerit invenit, et frustrari non potest (Serm. de
aquaed.).29 Se dunque desideriamo grazie, bisogna che andiamo a questa
tesoriera e dispensatrice delle grazie, giacché questa è la volontà suprema del
dator d'ogni bene, come ci assicura lo stesso S. Bernardo, che tutte le grazie
per mano di Maria si dispensano: Quia sic
est voluntas eius, qui totum nos habere voluit per Mariam (Loc.
cit.).30 Totum, totum: chi
dice tutto, non esclude niente.
Ma perché per ottenere le grazie v'è necessaria la confidenza, passiamo ora a
vedere quanto dobbiamo star certi di ottener le grazie, ricorrendo a Maria.
Punto II.
E perché mai Gesù Cristo ha riposte in mano di questa sua Madre tutte le
ricchezze delle misericordie, ch'egli vuole usarci, se non affine ch'ella ne
faccia ricchi tutti i suoi divoti che l'amano, l'onorano, e con confidenza a
lei ricorrono? Mecum sunt divitiae... ut
ditem diligentes me (Prov. VIII, [17, 21]). Così si protesta la stessa Vergine
in questo passo che le applica la S. Chiesa in tante sue festività. Sicché non
ad altro uso che per giovare a noi, dice l'abbate Adamo, queste ricchezze di
vita eterna si conservano da Maria, nel cui seno il Salvatore ha collocato il
tesoro de' miserabili, acciocché da questo tesoro i poveri provveduti diventino
ricchi: Divitiae salutis penes Virginem
nostris usibus reservantur. Christus in Virginis utero pauperum gazophylacium
collocavit: inde pauperes locupletati sunt
- 436 -
(In Alleg. utr. Test., c. 24 Eccli.).31 E soggiunge S.
Bernardo - come ho trovato presso un autore - che a questo intento Maria è
stata data al mondo come un canale di misericordia, acciocché per suo mezzo
scendessero dal cielo agli uomini di continuo le grazie; ecco le sue memorabili
parole: Ad hoc enim data est ipsa mundo
quasi aquaeductus, ut per ipsam a Deo ad homines dona caelestia iugiter
descenderent.32
Quindi lo stesso santo Padre va discorrendo, perché mai S. Gabriele avendo
ritrovata la divina Madre già piena di grazie, come già l'avea salutata, Ave, gratia plena; poi le dice che in
lei dovea sopravvenire lo Spirito Santo per più riempirla di grazia? S'ella era
già piena di questa grazia, che più potea operare la venuta del Divino Spirito?
Ad quid, così risponde S. Bernardo, nisi ut adveniente iam Spiritu plena sibi,
eodem superveniente nobis superplena et supereffluens fiat? (Serm. 2, de
Ass.).33 Era già piena, dice il santo, Maria di grazia, ma lo Spirito
Santo ne la sovrariempì per bene nostro,
- 437 -
affinché della sua
soprabbondanza ne fossimo provveduti noi miserabili. Che perciò Maria fu
chiamata luna, di cui si dice: Luna plena
sibi et aliis.34
Qui me invenerit, inveniet vitam et
hauriet salutem a Domino (Prov. VIII, 35). Beato chi mi trova con ricorrere
a me, dice la nostra Madre. Egli troverà la vita e la troverà facilmente:
poiché siccom'è facile trovare e cavare l'acqua per quanto si desidera da una
gran fonte, così è facile a trovar le grazie e la salute eterna ricorrendo a
Maria. - Diceva un'anima santa: Basta cercar le grazie alla Madonna per
averle.35 E S. Bernardo diceva che prima che nascesse la Vergine,
perciò mancava nel mondo tant'abbondanza di grazie ch'ora si vedono scorrere in
terra, perché mancava questo desiderabil canale qual è Maria: Ideo tanto tempore defuerunt omnibus fluenta
gratiarum, quia nondum intercesserat hic aquaeductus (Serm. de aquaed.).36
Ma ora che abbiamo già questa Madre di misericordia, quali grazie possiamo
temer di non ottenere ricorrendo a' piedi suoi? - Io sono la città di rifugio -
così la fa parlare S. Giovan Damasceno - per tutti coloro che a me ricorrono;
venite dunque, figli miei, ed otterrete da me le grazie con maggior abbondanza
di quel che voi pensate: Ego civitas
refugii iis qui ad me confugiunt; accedite et gratiarum dona affluentissime
haurite (Serm. 2, de dorm. B.V.).37
- 438 -
È vero che a molti avviene quel che conobbe la Ven. Suor Maria Villani in una
visione celeste: vide questa serva di Dio una volta la Madre di Dio in
sembianza d'una gran fonte a cui molti andavano e ne prendevano molt'acqua di
grazie; ma che poi avveniva? Quelli che portavano i vasi sani conservavano in
appresso le grazie ricevute; ma quelli che portavano i vasi rotti, cioè l'anima
aggravata da' peccati, ricevevano le grazie, ma presto ritornavano a
perderle.38 Del resto è certo che per mezzo di Maria ottengono grazie
innumerabili tutto giorno gli uomini, anche gl'ingrati, i peccatori, i più
miserabili. Dice S. Agostino, parlando colla Vergine: Per te hereditamus misericordiam miseri, ingrati gratiam, veniam
peccatores, sublimia infirmi, caelestia terreni, mortales vitam, et patriam
peregrini (Serm. de Ass. B.V.).39
- 439 -
Ravviviamo dunque sempre più la nostra confidenza, o divoti di Maria, sempreché
a lei ricorriamo per grazie. E per ravvivare questa confidenza, ricordiamoci
sempre de' due gran pregi che ha questa buona madre, cioè del desiderio che ha
ella di far bene a noi, e della potenza che ha col Figlio d'ottener quanto
cerca. - Per conoscere il desiderio che ha Maria di giovare a tutti, basterebbe
solamente considerare il mistero della presente festività, cioè la visita che
fa Maria a Elisabetta. Il viaggio da Nazaret, dove abitava la SS. Vergine, sino
alla città di Ebron - chiamata da S. Luca città di Giuda - come portano il
Baronio ed altri autori, dove abitava Elisabetta, era ben lungo di 69 miglia in
circa, secondo riferisce l'autor della Vita di Maria, fra Giuseppe di Gesù e
Maria carmelitano scalzo (Lib. 3, cap. 22), da Beda e Brocardo;40 ma
ciò non ostante, non si trattenne la
- 440 -
B. Vergine, tenera e delicata
donzella qual era allora e non avvezza a simili fatiche, di mettersi subito in
cammino, spinta da che? spinta da quella gran carità di cui è stato sempre
pieno il suo tenerissimo cuore, per andare e cominciar sin d'allora ad
esercitare41 il suo grande officio di dispensiera delle grazie. Così
appunto ne parla S. Ambrogio di questo suo viaggio: Non abiit quasi incredula de oraculo, sed quasi laeta pro voto, festina
prae gaudio, religiosa pro officio (In c. 1 Luc.).42 Non già Maria,
dice S. Ambrogio, andò per chiarirsi se era vero ciò che l'avea detto l'angelo
della gravidanza di Elisabetta; ma ella giubilando per lo desiderio di giovare
a quella casa, dandosi fretta per la gioia che sentiva di far bene agli altri,
e tutta intenta a quell'impiego di carità, exsurgens
abiit cum festinatione. Notisi qui: il Vangelista, quando parlò dell'andata
di Maria alla casa di Elisabetta, disse che andò in fretta, abiit cum festinatione; ma parlando poi
del suo ritorno da quella casa, non fa menzione più di fretta, ma dice
semplicemente: Mansit autem Maria cum
illa quasi mensibus tribus, et reversa est in domum suam (Luc. I, 56). Qual
altro fine dunque, dice S. Bonaventura, forzava la Madre di Dio a darsi fretta
nell'andare a visitare la casa del Battista, se non il desiderio di far bene a
quella famiglia? Quid eam ad officium
caritatis festinare cogebat, nisi caritas quae in corde fervebat? (Spec., c. 4).43
Non già è mancato in Maria coll'andare in cielo questo affetto di carità verso
degli uomini, anzi ivi è cresciuto, perché
- 441 -
ivi ella maggiormente
conosce i nostri bisogni e più compatisce le nostre miserie. Scrisse Bernardino
da Bustis che più Maria anela di far bene a noi, che noi non lo desideriamo da lei:
Plus vult illa bonum tibi facere et
largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar., p. 1, serm.
5).44 A segno tale che dice S. Bonaventura ch'ella si chiama offesa da
coloro che non le cercano grazie: In te,
Domina, peccant non solum qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non
rogant (S. Bon., in Spec. Virg.).45 Poiché questo è il genio di
Maria, di arricchire tutti di grazie, come già, secondo asserisce l'Idiota,
ella soprabbondantemente ne arricchisce i suoi servi: Maria thesaurus Domini est et thesauraria gratiarum ipsius. Donis
specialibus ditat copiosissime servientes sibi (In prol. Cont. B.V., c.
1).46
Onde dice lo stesso autore che chi trova Maria, trova ogni bene: Inventa Maria, invenitur omne bonum. E
soggiunge che ognuno la può trovare, benché fosse il peccatore più misero del
mondo; mentr'ella è così benigna, che non discaccia niuno che a lei ricorre: Tanta est eius benignitas; quod nulli
formidandum est ad eam accedere; tantaque misericordia, quod ab ea nemo
repellitur.47 Io tutti invito a ricorrere
- 442 -
a me - così la
fa parlare Tommaso da Kempis - tutti aspetto, tutti desidero; né mai disprezzo
alcun peccatore, indegno quanto sia, che viene a cercarmi aiuto: Omnes invito, omnes exspecto, omnes
desidero, nullum peccatorem despicio.48 Ciascuno che va a dimandar
le grazie, inveniet semper paratam
auxiliari, dice Riccardo:49 la troverà sempre pronta e sempre
inclinata a soccorrerlo ed ottenergli ogni grazia di salute eterna colle sue
potenti preghiere.
Dissi colle sue potenti preghiere, perché questo è l'altro riflesso, che deve
accrescere la nostra confidenza, il sapere ch'ella ottiene da Dio quanto
dimanda a favore de' suoi divoti. Osservate, dice S. Bonaventura, appunto in
questa visita che fece Maria a Elisabetta, la gran virtù che ebbero le parole
di Maria; poiché alla sua voce fu conferita la grazia dello Spirito Santo così
a Elisabetta, come a Giovanni suo figlio, secondo notò il Vangelista: Et factum est, ut audivit salutationem
Mariae Elisabeth, exsultavit infans in utero eius, et repleta est Spiritu
Sancto (Luc. I, [41]). Dove soggiunge S. Bonaventura: Vide quanta virtus sit verbis Dominae, quia ad eorum pronuntiationem
confertur Spiritus Sanctus (Trac. de Vi. Chr.).50 - Dice Teofilo
Alessandrino che Gesù molto si compiace allorché Maria lo prega per noi; perché
allora tutte le grazie ch'egli ci fa per le suppliche di Maria, non tanto stima
di farle a noi, quanto alla stessa sua Madre: Gaudet Filius, orante Matre, quia omnia quae nobis precibus suae
Genitricis
- 443 -
evictus donat,
ipsi Matri se donasse putat (Ap. Baldi, Giard. di Mar., in
praef.).51 E notinsi quelle parole, precibus
suae Genitricis evictus donat. Sì, perché Gesù, come attesta S. Germano,
non può non esaudire Maria in tutto quello che gli dimanda, volendola in ciò
quasi ubbidirla come vera Madre; onde dice il santo che le preghiere di questa
Madre hanno una certa autorità con Gesù Cristo, sicch'ella ottiene il perdono
anche a' peccatori più grandi, che a lei si raccomandano: Tu autem materna in Deum auctoritate pollens, etiam iis qui enormiter
peccant eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi ut verae et
intemeratae Matri in omnibus morem gerat (Or.,
de dorm. V.).52
- Il che ben si conferma, come avverte S. Gio. Grisostomo, dal fatto accaduto
nelle nozze di Cana, dove Maria chiedendo al Figlio il vino che mancava: Vinum non habent: Gesù rispose: Quid mihi et tibi [est], mulier? nondum venit
hora mea (Io. II, 4). Ma contuttoché allora non fosse giunto per anche il
tempo destinato a' miracoli, come spiegano il Grisostomo e Teofilatto; pure,
dice lo stesso Grisostomo, il Salvatore, per ubbidire alla Madre, fece il
miracolo da lei richiesto convertendo l'acqua in vino: Et licet ita responderit, maternis tamen precibus obtemperavit (S.
Io. Chrys., ap. Corn. a Lap., in Io., c. 2, v.
5).53
- 444 -
Adeamus ergo, ci esorta l'Apostolo, cum fiducia ad thronum gratiae, ut
misericordiam consequamur et gratiam inveniamus in auxilio opportuno, (Hebr.
IV, 16). Thronus gratiae est B. Virgo
Maria, dice il B. Alberto Magno (Serm. de ded. eccl.).54 Se
vogliamo dunque grazie, andiamo al trono della grazia ch'è Maria; ed andiamo
con isperanza d'esser certamente esauditi; poiché abbiamo l'intercessione di
Maria che tutto ottiene quanto cerca al Figlio. Quaeramus gratiam, ripeto con S. Bernardo, et per Mariam quaeramus;55 aderendo a quel che la stessa
Vergine Madre disse a S. Metilde che lo Spirito Santo riempiendola di tutta la
sua dolcezza l'avea renduta così cara a Dio, che ognuno il quale per mezzo suo
avesse richieste le grazie, certamente l'avrebbe ottenute: Spiritus Sanctus tota sua dulcedine me penetrando, tam gratiosam
effecit, ut omnis qui per me gratiam quaerit, ipsam inveniat (Ap. Canis., lib. 1, c. 13).56
E se diam credito a quella rinomata sentenza di S. Anselmo: Velocior est nonnumquam salus nostra,
invocato nomine Mariae, quam invocato nomine Iesu
- 445 -
(De exc. Virg.,
c. 6),57 troveremo - come dice questo santo - qualche volta più presto
le grazie ricorrendo a Maria, che ricorrendo allo stesso nostro Salvatore Gesù:
non perché egli non sia la fonte e il signore di tutte le grazie, ma perché
ricorrendo noi alla Madre, e pregando allor ella per noi, avranno più forza le
preghiere sue, come preghiere di madre, che le nostre. Non ci partiamo dunque
mai da' piedi di questa tesoriera di grazie, dicendole sempre con S. Giovan
Damasceno: Misericordiae ianuam aperi
nobis, benedicta Deipara; tu enim es salus generis humani:58 O
Madre di Dio, deh aprite a noi la porta della vostra pietà, con pregare sempre
per noi, giacché le vostre preghiere sono la salute di tutti gli uomini.
E ricorrendo a Maria, il meglio sarà pregarla che ella dimandi per noi e ci
ottenga quelle grazie, che conosce più espedienti alla nostra salute; come
appunto fece fra Reginaldo domenicano, siccome si narra nelle Croniche
dell'Ordine (Lib. 1, p. 1, c. 5). Stava infermo questo servo di Maria e le
dimandava la grazia della salute corporale: gli apparve la sua Signora
accompagnata da S. Cecilia e S. Caterina e poi gli disse con somma dolcezza: Figlio, che vuoi ch'io faccia per te? Il
religioso, a questa sì cortese offerta di Maria, si confuse e non sapea che
rispondere. Allora una di queste sante gli diè questo consiglio: Reginaldo, sai
che devi fare? non chiedere tu cosa alcuna, rimettiti totalmente nelle sue
mani, perché Maria saprà farti una grazia migliore di quella che
- 446 -
tu
sai cercare. Così fece l'infermo, e la divina Madre gli ottenne la grazia di
guarirsi.59
Ma se noi desideriamo ancora le visite felici di questa regina del cielo,
gioverà molto che noi ancora spesso la visitiamo in qualche sua immagine o in
qualche chiesa a lei dedicata. - Leggasi il seguente esempio e s'intenda con
quali favori speciali ella rimunera le visite divote de' suoi servi.
Esempio.
Narrasi nelle Croniche Francescane che andando due religiosi dell'Ordine a
visitare un santuario della Vergine, occorse loro che ritrovandosi in un gran
bosco lor si fece notte;
- 447 -
onde confusi ed afflitti non sapeano che
farsi. Ma camminando un poco più innanzi, parve loro, così all'oscuro come
stavano, di vedere una casa. Vanno colle mani e tastano già le mura, cercano la
porta, bussano e sentono subito di dentro dimandare chi fossero. Risposero
ch'erano due poveri religiosi sperduti a caso, in quella notte per quel bosco,
e che cercavano un poco di ricetto, almeno per non esser mangiati da' lupi. Ma
ecco subito sentono aprir la porta, e veggono due paggi riccamente vestiti, che
li ricevettero con gran cortesia. I religiosi dimandarono loro chi abitasse in
quel palazzo. Risposero i paggi che vi abitava una signora molto pia. Vogliamo
riverirla, dissero quelli, e ringraziarla della carità. E questi: Appunto a lei
vi portiamo, perché ella vuol parlarvi. Salgono le scale, trovano le camere
tutte illuminate e addobbate, e con un odore che pareva odore di paradiso;
entrano finalmente dove stava la padrona, e trovano una signora maestosa e
bellissima, che con somma benignità gli accolse e poi lor dimandò per dove
fossero di viaggio. Risposero che andavano a visitar una certa chiesa della B.
Vergine. Or s'è questo, allora disse la signora, quando partirete voglio darvi
una lettera mia che molto vi gioverà. E mentre lor parlava quella signora, si
sentivano tutti infiammare all'amore di Dio, godendo una gioia non ancor
provata.
Andarono poi a dormire, se pure poterono prender sonno in mezzo a tanto gaudio;
e la mattina furono di nuovo a licenziarsi dalla padrona e ringraziarla e
insieme a ricever la lettera, che in effetto già ebbero, e si partirono. Ma
essendosi poco allontanati dalla casa, s'accorgono che alla lettera non v'era
soprascritta; onde ritornano indietro per farvi fare la soprascritta: ma
girano, rigirano e non vedono più la casa. Finalmente aprono la lettera per
vedere a chi andava e che diceva: e trovano che quella lettera era di Maria
SS., che scriveva ad essi medesimi, e lor faceva intendere com'ella era stata
la signora veduta in quella notte, e che per la divozione che verso di lei
nutrivano, ella gli avea in quel bosco provveduti di casa e di ristoro: che
seguitassero pure a servirla ed amarla, ch'ella ben avrebbe sempre rimunerati i
loro ossequi, e l'avrebbe soccorsi in vita ed in morte. Ed in piedi della
lettera lessero la firma che diceva, Io
Maria Vergine.
- 448 -
Qui ciascuno
consideri i ringraziamenti che poterono fare allora quei buoni religiosi alla
divina Madre, e quanto rimasero più accesi nel desiderio di amarla e servirla
per tutta la lor vita.60
Preghiera.
Vergine immacolata e benedetta, giacché voi siete la dispensiera universale di
tutte le divine grazie, voi siete dunque la speranza di tutti e la speranza
mia. Ringrazio sempre il mio Signore che mi vi ha dato a conoscere, e che mi ha
fatto intendere il mezzo ch'io ho da prendere per ottenere le grazie e per
salvarmi: il mezzo siete voi, o gran Madre
- 449 -
di Dio; mentre già intendo
che principalmente per li meriti di Gesù Cristo e poi per la vostra
intercessione io mi ho da salvare.
Ah regina mia, voi già vi deste tanta fretta per visitare e santificare colla
vostra visita la casa di Elisabetta; deh visitate, e visitate presto la povera
casa dell'anima mia. Datevi fretta; voi già sapete meglio di me quant'ella è
povera e sta inferma di molti mali: di affetti sregolati, d'abiti cattivi e di
peccati fatti, tutti mali pestiferi che son per condurla alla morte eterna. Voi
la potete far ricca, o tesoriera di Dio; e voi la potete guarire da tutte le
sue infermità. Visitatemi dunque in vita e visitatemi poi specialmente nel
punto di morte, perché allora mi sarà più necessaria la vostra assistenza. Io
non pretendo già, né son degno, che voi in questa terra mi abbiate a visitare
colla vostra presenza visibile, come avete fatto con tanti vostri servi, ma
servi non indegni ed ingrati come sono io; mi contento di avervi poi a vedere
nel vostro regno del cielo per ivi maggiormente amarvi e ringraziarvi di quanto
bene mi avete fatto. Al presente mi contento che mi visitate colla vostra
misericordia: mi basta che preghiate per me.
Pregate dunque, o Maria, e raccomandatemi al vostro
Figlio. Voi meglio di me conoscete le mie miserie ed i bisogni miei. Che voglio
dirvi più? Abbiate pietà di me. Io sono così misero ed ignorante, che neppure
so conoscere e cercare le grazie che più mi bisognano. Regina e madre mia
dolcissima, cercate voi per me ed impetratemi dal vostro Figlio quelle grazie,
che voi intendete essere più espedienti e necessarie per l'anima mia. In mano
vostra io tutto m'abbandono, e prego solamente la divina Maestà che per li
meriti del mio Salvatore Gesù mi faccia quelle grazie che voi gli domandate per
me. Cercate, cercate dunque per me, o Vergine SS., ciocché meglio stimate. Le
vostre preghiere non hanno ripulsa; son preghiere di madre appresso ad un
figlio che tanto v'ama e gode di far quanto voi gli cercate, per così
maggiormente onorarvi e dimostrarvi insieme il grande amor che vi porta.
Signora, così restiamo. Io vivo fidato in voi. Voi ci avete a pensare di
salvarmi. Amen.
- 450 -
DISCORSO VI. - Della Purificazione di Maria.
Il gran sacrificio che fece Maria in questo giorno a
Dio in offerirgli la vita del Figlio.
Nella nascita de' figli primogeniti vi eran due precetti nella legge antica:
uno era che la madre stesse come immonda ritirata in casa per quaranta giorni,
dopo i quali andasse a purificarsi nel tempio. Era l'altro che i genitori del
nato primogenito lo portassero al tempio e quivi l'offerissero a Dio. All'uno
ed all'altro precetto volle ubbidire la santissima Vergine in questo giorno.
Benché Maria non fosse obbligata alla legge della purificazione, poich'ella fu
sempre vergine e sempre pura; nulladimeno per affetto all'umiltà ed
all'ubbidienza volle andar come l'altre madri a purificarsi. - Ubbidì poi al
secondo precetto di presentare ed offerire il Figlio all'Eterno Padre: Et postquam impleti sunt dies purgationis
eius, secundum legem Moysi, tulerunt illum in Ierusalem, ut sisterent eum
Domino (Luc. II, 22). Ma la Vergine l'offerì in altro modo di quello che le
altre madri offerivano i loro figliuoli. Le altre gli offerivano, ma sapeano
che questa oblazione era una semplice cerimonia della legge, sicché col
riscattargli gli rendevano suoi, senza timore di doverli più offerire alla
morte. Maria offerì il Figlio alla morte realmente, e stando certa che il
sacrificio della vita di Gesù ch'ella fece allora, dovea un giorno con effetto
consumarsi sull'altare della croce: sicché con offerir Maria la vita del
Figlio, venne, per l'amore che portava a questo Figlio, a sacrificare a Dio
tutta se stessa.
Lasciando dunque da parte tutte le altre considerazioni, che potremmo fare
sopra molti misteri di questa festività, mettiamoci a considerare solamente
quanto fu grande questo sacrificio che fece Maria di se stessa a Dio, in
offerirgli in questo giorno la vita del Figlio. E questo sarà l'unico assunto
del discorso.
- 451 -
Aveva già l'Eterno Padre determinato di salvare l'uomo perduto per la colpa e
liberarlo dalla morte eterna. Ma perché volea che nello stesso tempo la sua
divina giustizia non restasse defraudata della sua degna e dovuta
soddisfazione, perciò non perdonando alla vita del suo medesimo Figlio, fatto
già uomo per redimere gli uomini, volle che egli avesse a tutto rigore pagata
la pena da questi uomini meritata: Qui...
proprio Filio suo non pepercit, parla l'Apostolo, sed pro nobis omnibus tradidit illum (Rom. VIII, 32). Mandollo per
tanto in terra a farsi uomo; gli destinò la madre, e questa volle che fosse la
Vergine Maria. Ma siccome non volle che il suo Verbo divino divenisse figlio di
lei prima ch'ella l'accettasse col suo espresso consenso, così non volle che
Gesù sacrificasse la sua vita per la salute degli uomini, senza che vi
concorresse ancora il consenso di Maria; affinché insieme col sagrificio della
vita del Figlio fosse ancor sagrificato il cuor della Madre. - Insegna S.
Tommaso che la qualità di madre dà un dritto speciale sovra de' figli;1
ond'essendo Gesù per sé innocente, e che non meritava alcun supplicio per
propria colpa, parea conveniente che non fosse destinato alla croce per vittima
de' peccati del mondo, senza il consenso della madre, col quale spontaneamente
l'offerisse alla morte.
Ma benché Maria sin dacché fu fatta Madre di Gesù diede il consenso alla di lui
morte, volle non però il Signore che in questo giorno ella facesse nel tempio
un solenne sacrificio di se stessa con offerirgli solennemente il suo Figlio,
sagrificando alla divina giustizia la di lui vita preziosa. Che perciò S.
Epifanio la chiamò sacerdote: Virginem
appello velut sacerdotem (Or. de laud. Deip.).2
Or qui entriamo a vedere quanto le costò di dolore questo
- 452 -
suo
sacrificio e quale eroica virtù ebb'ella ad esercitare in dover sottoscrivere
ella stessa la sentenza della condanna del suo caro Gesù alla morte.
Ecco che Maria già s'incammina verso Gerusalemme ad offerire il Figlio,
affretta i passi al luogo del sacrificio ed ella medesima portasi la sua amata
vittima tra le braccia. Entra nel tempio, s'accosta all'altare, ed ivi tutta
piena di modestia, umiltà e divozione, presenta il Figlio all'Altissimo. Ed
ecco in questo mentre S. Simeone, il quale avea avuta la promessa da Dio di non
morire prima di vedere l'aspettato Messia, prende il divino Fanciullo dalle
mani della Vergine, ed illuminato dallo Spirito Santo, le annunzia quanto dovea
costarle il sacrificio che allora ella facea del suo Figliuolo, con cui dovea
essere anche sacrificata la di lei anima benedetta. - Qui S. Tommaso da
Villanova (Serm. de purific. Virg.) contempla il santo vecchio, che in dover
proferire il funesto annunzio a questa povera Madre, si turba e tace. Indi il
santo considera Maria che gli dimandi: Unde
tanta turbatio? Perché, o Simeone, in tempo di tanta vostra consolazione or
così vi turbate? A cui egli risponde: O
Virgo regia, nollem tibi talia nuntiare, sed audi. O nobile e santa
Vergine, dice, non vorrei esservi nunzio di nuova così amara; ma giacché così
vuole il Signore per vostro maggior merito, sentite quello che vi dico: Questo
bambino che ora vi apporta tanta gioia, e con ragione, oh Dio, un giorno vi ha
da recare il dolore più acerbo che mai al mondo alcuna creatura ha provato; e
sarà quando voi lo vedrete perseguitato da ogni sorta di gente, e posto in
terra come bersaglio degli scherni e degli strazi degli uomini, sino a farvelo
morire giustiziato innanzi agli occhi vostri: Nimium nunc pro isto infante laetaris, sed ecce iste positus in signum
cui contradicetur. Sappiate che dopo la sua morte vi saran molti martiri,
che per amore di questo vostro Figlio saranno tormentati ed uccisi; ma se il
loro martirio sarà nel corpo, il martirio vostro, o divina Madre, sarà nel
cuore: O quot millia hominum pro isto
puero laniabuntur et iugulabuntur: et si omnes patientur in corpore, tu Virgo
in corde patieris (Loc. cit.).3
- 453 -
Sì, nel cuore, poiché non altro che la compassione alle pene di questo Figlio
sì caro avea da essere la spada di dolore che dovea trafiggere il cuor della
Madre, come appunto le predisse S. Simeone: Et
tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. 2).4 Già la
S. Vergine, come dice S. Girolamo, era stata illuminata dalle divine Scritture
a saper le pene che dovea patire il Redentore nella sua vita e più nel tempo
poi della sua morte.5 Ben ella intendea da' Profeti ch'egli dovea esser
tradito da un suo familiare: Qui edebat
panes meos, magnificavit super me supplantationem,
- 454 -
come predisse
Davide (Ps. XL [10]); abbandonato da' suoi discepoli: Percute pastorem et dispergentur oves (Zach. XIII, [7]). Ben sapeva
i dispregi, sputi, schiaffi, derisioni, che dovea soffrire dalle genti: Corpus meum dedi percutientibus et genas
meas vellentibus: faciem meam non averti ab increpantibus et conspuentibus in
me (Is. L, [6]). Sapea che dovea diventare il vituperio degli uomini e 'l
rifiuto della plebe più vile, sino ad essere saziato d'ingiurie e villanie: Ego autem sum vermis et non homo: opprobrium
hominum et abiectio plebis (Ps. XXI, [7]). Saturabitur opprobriis (Thren. III, [30]). Sapea che nel
fine della di lui vita le carni sue sacrosante doveano esser tutte lacerate e
rotte da' flagelli: Ipse autem vulneratus
est propter scelera nostra (Is. LIII, [5]), a tal segno che il suo corpo
davea restarne tutto difformato, divenuto come un lebbroso tutto piaghe, sino a
comparirvi l'ossa scoperte: Non est
species ei neque decor... Et nos putavimus eum quasi leprosum
(Ibid.). Dinumeraverunt omnia ossa mea (Ps. XXI, [18]). Sapea che
dovea esser trafitto da chiodi: Foderunt
manus meas et pedes meos (Ib.). Collocato tra malfattori: Et cum sceleratis reputatus est (Is.
LIII, [12]). E che finalmente appeso alla croce dovea morire giustiziato per la
salute degli uomini: Et aspicient ad me
quem confixerunt (Zach. XII, [10]).
Già sapea, dico, Maria tutte queste pene che dovea patir il Figlio, ma nelle
parole dettele da S. Simeone: Et tuam
ipsius animam doloris gladius
pertransibit, le furon palesate - come il Signore rivelò a S. Teresa -
tutte le circostanze in particolare de' dolori così esterni come interni, che
dovean tormentare il suo Gesù nella di lui Passione.6 Ed ella a tutto
acconsente, e con una costanza che fa stupire gli angeli, pronunzia la sentenza
che muoia il Figlio, e muoia con questa morte sì vituperosa e penosa, dicendo:
Padre Eterno, giacché voi così volete, non
mea voluntas, sed tua fiat; unisco la mia alla vostra santa volontà, e vi
sacrifico questo mio Figlio: mi contento che perda la vita per la gloria vostra
e per la salute
- 455 -
del mondo. E con ciò vi sacrifico anche il mio cuore;
trafiggalo il dolore quanto vi piace; mi basta che voi, mio Dio, ne restiate
glorificato e contento: non mea voluntas,
sed tua fiat! O carità senza misura! o costanza senza esempio! o vittoria
che merita l'ammirazione eterna del cielo e della terra!
E quindi fu che Maria nella Passione di Gesù tacque, allorché l'accusavano
ingiustamente; niente disse a Pilato che stava inclinato a liberarlo per la
innocenza in lui già conosciuta; ma solo comparve in pubblico per assistere al
gran sacrificio, che dovea eseguirsi sul Calvario: ella l'accompagna al luogo
del supplicio; ella l'assiste dal principio, in cui il Figlio fu posto sul
patibolo, stabat iuxta crucem Iesu Mater
eius,7 finché lo vide spirare e fu consumato il sacrificio. Tutto
per eseguire l'offerta che nel tempio già ella ne avea fatta a Dio.
Per intendere la violenza che Maria ebbe da fare a se stessa in questo
sacrificio, bisognerebbe comprendere l'amore che questa Madre portava a Gesù.
Generalmente parlando l'amore delle madri è sì tenero per li figli, che
allorché questi sono in punto di morte e si teme averli a perdere, loro fa
dimenticare tutti i loro difetti, le loro deformità, ed anche le ingiurie da
essi prima ricevute, e lor fa soffrire un dolore inesplicabile. E pure l'amor
di queste madri è un amor diviso in altri figli, ovvero in altre creature.
Maria ha un solo Figlio e questi è bellissimo sopra tutti gli altri figli di
Adamo: è amabilissimo, poiché ha tutte le parti per essere amato: è ubbidiente,
virtuoso, innocente, santo; basta dire, è Dio. L'amor di questa Madre poi non è
diviso in altri oggetti; ella ha collocato tutto il suo amore in questo solo
Figlio; né in ciò teme di eccedere in amarlo, mentre questo Figlio è Dio, che
merita un amore infinito. E questo Figlio è la vittima, ch'ella dee sacrificar
volontariamente alla morte.
Veda dunque ciascuno quanto dovette costare a Maria e quale fortezza d'animo
ebbe da esercitare in quest'atto di sacrificare alla croce la vita d'un Figlio
così amabile. Ecco perciò la Madre più fortunata, perché Madre di un Dio, ma
nello stesso tempo la Madre più degna di compassione, perché la più addolorata,
essendo Madre d'un Figlio, ch'ella vedea destinato al patibolo sin dal giorno
in cui le fu dato per
- 456 -
figlio. Qual madre accetterebbe un figlio,
sapendo che poi lo dovesse perdere miseramente con una morte infame, con
trovarsi presente a vederlo morire? Maria accetta volentieri questo Figlio con
condizione sì dura, e non solamente lo accetta, ma ella stessa in questo giorno
l'offerisce di propria mano alla morte, sacrificandolo alla divina giustizia. -
Dice S. Bonaventura che la B. Vergine assai più volentieri avrebbe accettate
per sé le pene e la morte del Figlio, ma per ubbidire a Dio fece la grande
offerta della vita divina del suo amato Gesù, vincendo, ma con sommo dolore,
tutta la tenerezza dell'amore che gli portava: Si fieri potuisset, omnia tormenta quae Filius pertulit, sustinuisset;
et nihilominus placuit ei, quod Unigenitus eius pro salute generis humani
offerretur (In p. 1, dist. 48, quest. 2).8 Ond'è che in questa
offerta Maria ebbe da farsi più violenza, e fu più generosa che se avesse
offerta se stessa a tutto quello che dovea patire il Figlio. Superò ella allora
la generosità di tutti i martiri, poiché i martiri offeriscono la vita loro, ma
la Vergine offerì la vita del Figlio che amava e stimava immensamente più che
la vita propria.
Né qui finì la pena di questa dolorosa offerta, anzi qui cominciò, poiché
d'allora innanzi in tutta la vita del Figlio Maria sempre ebbe avanti gli occhi
la morte e tutti i dolori ch'egli dovea patire nella sua morte. Onde quanto più
se l'andava scoprendo bello, grazioso, amabile questo suo Figlio, tanto più
sempre andava crescendo l'angoscia del suo cuore. - Ah Madre addolorata, se voi
foste stata meno amante del vostro Figlio, o il vostro Figlio fosse stato meno
amabile, o meno vi avesse amata, minore al certo sarebbe stata la vostra pena
in offerirlo alla morte. Ma non v'è stata né vi sarà madre di voi più amante
d'alcun figlio, perché non v'è stato mai né vi sarà figlio più amabile e più
amante della madre, che 'l vostro Gesù. Oh Dio, se noi avessimo veduta la
bellezza, la maestà del volto di quel divino fanciullo, avressimo forse avuto
- 457 -
l'animo di sagrificar la sua vita per la nostra salute? E voi, o
Maria, che gli siete Madre, e Madre che tanto lo amate, poteste offerire il
vostro Figlio innocente per la salute degli uomini ad una morte la più dolorosa
e più crudele che mai abbia patita alcun reo sulla terra?
Oimè e quale scena funesta da quel giorno in poi dovea l'amore continuamente
mettere innanzi agli occhi di Maria, rappresentandole tutti gli strazi, i
dispregi, che doveano farsi al povero Figlio! Ecco l'amore che già glielo fa
vedere agonizzante per la mestizia nell'orto, lacerato da' flagelli e coronato
di spine nel Pretorio, appeso finalmente ad un legno d'obbrobrio sul Calvario.
Ecco, o Madre, dicea l'amore, qual Figlio amabile ed innocente tu offerisci a
tante pene, ad una morte così orribile! E che ti servirà sottrarlo dalle mani
di Erode, per riserbarlo poi ad una fine sì compassionevole?
Sicché Maria non offerì solamente nel tempio il Figlio alla morte, ma l'offerì
in ogni momento di sua vita; poich'ella rivelò a S. Brigida che questo dolore
che l'annunziò S. Simeone non si partì mai dal suo cuore, finché fu assunta in
cielo: Dolor iste usquedum assumpta fui
corpore et anima in caelum, numquam defecit a corde meo.9 Onde le
dice S. Anselmo: Signora, io non posso credere che voi, con tal dolore avreste
potuto vivere un sol momento, se lo stesso Dio, che dona la vita, non vi avesse
confortata colla sua virtù divina: Pia
Domina, non crediderim te ullo puncto potuisse stimulos tanti cruciatus, quin
vitam amitteres, sustinere, nisi ipse Spiritus vitae te confortasset.10
Ma ci attesta S. Bernardo, parlando appunto del grande
- 458 -
affanno che
provò Maria in questo giorno, ch'ella d'allora in poi Moriebatur vivens, dolorem ferens morte crudeliorem:11
Vivea morendo ad ogn'istante, perché ad ogn'istante l'assaliva il dolore della
morte del suo diletto Gesù, ch'era più crudele d'ogni morte.
Quindi la divina Madre per lo gran merito, che acquistò in questo gran
sacrificio, ch'ella offerì a Dio per la salute del mondo, giustamente venne
chiamata da S. Agostino la riparatrice del genere umano: Reparatrix generis humani (De fide ad Petr.).12 Da S. Epifanio
la redentrice degli schiavi: Redemptrix
captivorum (De laud. Virg.).13 Da S. Idelfonso la riparatrice del
mondo perduto: Reparatrix perditi orbis
(Serm. 1 de Ass.).14 Da S. Germano il ristoro delle nostre miserie:
- 459 -
Restauratio calamitatum
nostrarum (In enc. Virg.).15 Da S. Ambrogio la madre di tutti i
fedeli: Mater omnium credentium (Ap.
S. Bon., Spec., c. 10).16 Da S. Agostino la madre de' viventi: Mater viventium (Serm. 2, de
Ass.).17 E da S. Andrea Cretense la madre della vita: Mater vitae (Hom. 2, de Ass.).18
Poiché dice Arnoldo Carnotense: Omnino
tunc erat una Christi et Mariae voluntas, unumque holocaustum ambo pariter
offerebant; unde communem in mundi salute cum illo effectum obtinuit (Tr.
de laud. Virg.).19 Nella morte di Gesù, Maria unì la sua volontà a
quella del Figlio, talmente che ambedue vennero ad offerire uno stesso
sagrificio, e perciò dice il santo abbate che così il Figlio come la Madre
operarono l'umana Redenzione, ottenendo la salute agli uomini, Gesù col
soddisfare per li peccati nostri, Maria coll'impetrarci che ci fosse
- 460 -
applicata una tal soddisfazione. E perciò parimente asserisce il B.
Dionisio Cartusiano che la divina Madre può chiamarsi salvatrice del mondo;
poiché per la pena sofferta nel compatire il Figlio - volontariamente da lei
sagrificato alla divina giustizia - meritò che fossero comunicati agli uomini i
meriti del Redentore: Dici potest Virgo
mundi salvatrix propter meritum suae compassionis, quae patienti Filio
acerbissime condolendo excellenter promeruit, ut per preces eius meritum
Passionis Christi hominibus communicetur (Lib. 2, de laud. Virg., art.
23).20
Essendo stata fatta dunque Maria, per lo merito de' suoi dolori e dell'offerta
del suo Figlio, madre di tutti i redenti, è giusto il credere che solo per mano
di lei si doni ad essi il latte delle divine grazie, che sono i frutti de'
meriti di Gesù Cristo, ed i mezzi per conseguire la vita eterna. Ed a ciò allude
quel che dice S. Bernardo che Dio ha posto in mano di Maria tutto il prezzo
della nostra Redenzione: Redempturus
humanum genus, universum pretium contulit in Maria (Serm. de
aquaed.).21 Colle quali parole ci fa intendere il santo che per mezzo
dell'intercessione della B. Vergine s'applicano all'anime i meriti del
Redentore, mentre per sua mano si dispensano le grazie che sono appunto il
prezzo de' meriti di Gesù Cristo.
E se Dio tanto gradì il sacrificio d'Abramo per avergli offerto il suo Isacco,
che s'obbligò in premio a moltiplicare i suoi discendenti come le stelle del
cielo: Quia fecisti hanc rem et non
pepercisti filio tuo unigenito propter me, benedicam tibi et multiplicabo semen
tuum sicut stellas caeli (Gen. XXII, [16, 17]); dobbiamo certamente credere
che molto più grato fosse stato al Signore il sacrificio più nobile che gli
fece la gran Madre del suo Gesù; e perciò sia stato a lei conceduto che per le
sue preghiere si moltiplichi il numero degli eletti, e per conseguenza de' suoi
divoti.22
- 461 -
S. Simeone ebbe la promessa da Dio di non morire prima di veder nato il Messia:
Responsum acceperat a Spiritu Sancto non
visurum se mortem, nisi prius videret Christum Domini (Luc. II, 26). Ma questa
grazia egli poi non la ricevé se non per mezzo di Maria, poiché non trovò il
Salvatore se non in braccio a Maria. Onde chi vuole trovare Gesù, non lo
troverà se non per mezzo di Maria. Andiamo dunque a questa divina Madre se
vogliamo ritrovare Gesù, e andiamo con gran confidenza. - Disse Maria a quella
sua serva Pudenziana Zagnoni (Ap. Marc.) che ogni anno, in questo giorno della
Purificazione, si sarebbe fatta una gran misericordia ad un
peccatore.23 Chi sa forse se alcuno di noi sarà oggi questo fortunato
peccatore? Se son grandi i nostri peccati, più grande è la potenza di Maria. Il
Figlio non sa negar niente a questa Madre: Exaudiet
utique Matrem Filius, dice S. Bernardo (De aquaed.).24 Se Gesù è
sdegnato contra di noi, Maria subito lo placa. - Narra Plutarco che Antipatro
scrisse ad Alessandro Magno una lunga lettera di accuse contra Olimpia madre
dello stesso Alessandro. Letta egli la lettera, rispose: Non sa Antipatro che
una picciola lagrima di mia madre basta a cancellare infinite lettere di
accuse? Ignorare Antipatrum sexcentas
epistolas una deleri matris lacrimula? (Plut. in Alex.).25 Così
immaginiamoci che anche risponda Gesù alle accuse, che gli presenta contro
- 462 -
di noi il demonio, quando Maria per noi lo prega: Non sa Lucifero che
una preghiera di mia Madre a favore d'un peccatore basta a farmi scordare di
tutte le accuse delle offese a me fatte? Eccone in comprova il seguente
esempio.
Esempio.
Questo esempio non sta registrato in alcun libro, ma me l'ha riferito un
sacerdote mio compagno, essendo accaduto a lui stesso. Mentre questo sacerdote
stava confessando in una chiesa - si tace il paese per degni rispetti, benché
il penitente gli diede licenza già di pubblicare il fatto - se gli pose a vista
un giovine all'in piedi, che pareva che volesse e non volesse confessarsi.
Guardandolo il Padre più volte, finalmente lo chiamò e gli domandò se volea
confessarsi. Rispose che sì, ma perché la confessione dovea esser ben lunga, il
confessore lo condusse in una stanza solitaria.
Ivi cominciò a dire il penitente che egli era forestiere e nobile, ma non
intendea come Dio lo potesse perdonare, avendo esso fatta la vita che aveva
fatta. Oltre degli altri innumerabili peccati fatti, di disonestà, omicidi ed
altro, disse che avendo affatto disperato di sua salute s'era posto a far
peccati, non tanto per soddisfarsi, quanto per far dispetto a Dio e per odio
che gli portava. Disse tra l'altre cose che tenea sopra26 un
Crocifisso, e questo l'avea buttato per dispregio. Disse che poco tempo innanzi
in quella stessa mattina s'era andato a comunicare sagrilegamente, ed a qual
fine? per porsi poi sotto i piedi la particola consagrata. E che in effetto,
presa già la particola, volea eseguire l'orrendo pensiero; ma che non l'aveva
eseguito per essere stato impedito dalle genti, che lo vedeano. Ed in fatti
consegnò allora al confessore la particola riposta in una carta. Narrò poi che
passando per avanti quella chiesa avea sentito un grande impulso d'entrarvi, a
cui non potendo resistere era entrato; e che poi gli era ivi venuto un gran
rimorso di coscienza con una certa volontà, ma confusa ed irresoluta, di
confessarsi: che perciò si era posto avanti al confessionale; ma che stando ivi
era tanta la confusione e diffidenza, che volea partirsi, e parea che alcuno
l'avesse trattenuto
- 463 -
per forza; finché, egli disse, Padre, voi mi
avete chiamato: ora mi vedo qui, mi trovo a confessarmi, ma non so come.
Indi gli domandò il Padre, se avesse usata qualche divozione fra questo tempo;
intendendo verso Maria SS., poiché tali colpi di conversioni non vengono che da
quelle potenti mani della Vergine. Niente, Padre: che divozione? rispose il
giovane: Io mi stimava dannato. Ma andatevi ricordando meglio, ripigliò il
Padre. Padre, niente, quegli replicò: ecco qua. Ma mettendosi la mano al petto
in atto di scoprirlo, s'accorse che vi tenea l'abitino di Maria Addolorata. Ah,
figlio, disse allora il confessore, non lo vedi che la Madonna ti ha fatta la
grazia? E sappi, gli soggiunse, che questa chiesa è chiesa della Madonna. In
sentir ciò il giovine s'intenerì, cominciò a compungersi ed insieme a piangere;
e seguendo poi a palesare i peccati, crebbe in tal modo la compunzione col
pianto dirotto, che cadde svenuto di dolore, come parve, a' piedi del Padre; il
quale, avendolo fatto rinvenire con acque spiritose, finalmente gli terminò la
confessione, l'assolvette con somma consolazione, e tutto contrito e risoluto di
mutar vita ne lo rimandò alla patria, dopo aver avuta da lui ampia licenza di
predicare e pubblicare da per tutto la gran misericordia usatagli da Maria.
Preghiera.
O santa Madre di Dio e madre mia Maria, voi dunque siete stata così interessata
per la mia salute, che giungeste a sagrificare alla morte l'oggetto più caro al
vostro cuore, il vostro amato Gesù? Se tanto dunque voi desideraste di vedermi
salvo, è ragione che in voi dopo Dio io riponga tutte le mie speranze. O
Vergine benedetta, sì che in voi tutto confido. Deh per lo merito di questo
gran sacrificio, che voi in questo giorno offeriste a Dio della vita del vostro
Figlio, pregatelo ch'abbia pietà dell'anima mia, per cui già questo Agnello
immacolato non ricusò di morire sulla croce.
Vorrei, regina mia, in questo giorno ancor'io a vostra imitazione offerire il
mio povero cuore a Dio; ma temo che lo rifiuti vedendolo così infangato e
sozzo. Ma se voi gliel'offerite,
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non lo ricuserà. Le offerte che gli
vengono presentate per le vostre purissime mani, egli tutte le gradisce e
riceve. A voi dunque, o Maria, oggi io mi presento misero qual sono, ed a voi
tutto mi dono. Voi offeritemi come cosa vostra all'Eterno Padre insieme con Gesù,
e pregatelo che per li meriti del Figlio ed in grazia vostra mi accetti e mi
prenda per suo.
Ah
madre mia dolcissima, per amore di questo Figlio sagrificato, aiutatemi sempre,
e non m'abbandonate: non permettete che questo mio amabilissimo Redentore da
voi oggi con tanto dolore offerto alla croce, io l'abbia a perdere un giorno
per li miei peccati. Ditegli ch'io sono vostro servo: ditegli ch'io in voi ho
posta tutta la speranza: ditegli in somma che voi mi volete salvo, ch'egli certamente
vi esaudirà. Amen.
DISCORSO VII. - Dell'Assunzione di Maria.
In questi giorni la Chiesa ci propone a celebrare
due solenni memorie in onore di Maria: cioè una del suo felice transito da
questa terra, l'altra della sua gloriosa Assunzione in cielo. Nel presente
discorso parleremo del transito, nel susseguente dell'Assunzione.
Quanto fu preziosa la morte di Maria: 1. Per li
pregi che l'accompagnarono; 2. Per la maniera con cui seguì.
Essendo la morte pena del peccato, parea che la divina Madre, tutta santa ed
esente da ogni neo di colpa, non dovesse essere soggettata alla morte e patire
la stessa sventura de' figli d'Adamo, infetti già del veleno del peccato. Ma sì
perché Dio volendo Maria tutta simile a Gesù, essendo morto il Figliuolo,
conveniva che ancor morisse la Madre; sì perché volea dare a' giusti un
esemplare della morte preziosa ad essi
- 465 -
preparata; perciò volle che
anche morisse la Vergine, ma d'una morte tutta dolce e felice. Quindi entriamo
a considerare quanto fu preziosa la morte di Maria: 1. Per li pregi che
l'accompagnarono; 2. Per la maniera con cui seguì.
Punto I.
Tre cose render sogliono amara la morte, l'attacco alla terra, il rimorso de'
peccati e l'incertezza della salute. Ma la morte di Maria fu affatto esente da
queste amarezze ed accompagnata da tre bellissimi pregi che la renderono assai
preziosa e gioconda. Ella morì tutta distaccata, come sempre visse, da' beni
mondani: morì con somma pace di coscienza: morì con certezza della gloria
eterna.
E per prima non v'ha dubbio che l'attacco ai beni della terra rende amara e
misera la morte de' mondani, come dice lo Spirito Santo: O mors, quam amara est memoria tua homini pacem habenti in substantiis
suis! (Eccli. XLI, 1). Ma perché i santi muoiono distaccati dalle cose del
mondo, la loro morte non è amara, ma dolce, amabile e preziosa, cioè - come
spiega S. Bernando - degna di comperarsi ad ogni gran prezzo.1 Beati mortui, qui in Domino moriuntur
(Apoc. XIV, 13). Chi mai sono questi che muoiono essendo morti? Sono appunto
quell'anime fortunate che passano all'eternità trovandosi già distaccate e come
morte a tutti gli affetti di queste cose terrene; avendo ritrovato in Dio solo
ogni loro bene, come l'avea trovato S. Francesco d'Assisi che dicea: Deus meus et omnia.2 Ma quale
anima mai fu più distaccata dalle cose
- 466 -
del mondo e più unita a Dio
che la bell'anima di Maria? Fu ben ella tutta distaccata da' suoi parenti,
poiché sin dall'età di tre anni, allorché le fanciulle sono più attaccate ai
loro genitori e più bisognose del loro soccorso, con tanta intrepidezza Maria
li lasciò e andò a rinserrarsi nel tempio per attendere solamente a Dio.
Distaccata dalle robe, contentandosi di vivere sempre povera e sostenendosi
colle fatiche delle sue mani. Distaccata dagli onori, amando la vita umile ed
abbietta, benché le toccasse l'onor di regina, per ragion della discendenza
ch'ella traeva dai re d'Israele. Rivelò la stessa Vergine a S. Elisabetta
benedettina che quando ella fu lasciata da' suoi parenti, stabilì nel suo cuore
di non avere altro padre e non amare altro bene che Dio.3
S. Giovanni vide Maria figurata in quella donna vestita di sole, che teneva la
luna sotto i piedi: Signum magnum
apparuit in caelo: mulier amicta sole et luna sub pedibus eius (Apoc. XII,
1). Per la luna spiegano gl'interpreti significarsi i beni di questa terra, che
son caduchi e mancano come manca la luna. Tutti questi beni Maria non gli ebbe
mai nel cuore, ma sempre gli disprezzò e gli tenne sotto i piedi; vivendo in
questo mondo come solitaria tortorella in un deserto, senza metter affetto a
cosa alcuna, sicché di lei fu detto: Vox turturis
audita est in terra nostra (Cant. II, 12). E in altro luogo: Quae est ista quae ascendit per desertum, etc.?
(Cant. III, 6). Onde disse Ruperto: Talis
ascendisti per desertum, idest
- 467 -
animam habens solitariam.4 Essendo dunque Maria vivuta
sempre e tutta distaccata dalle cose della terra e solamente unita a Dio, non
amara, ma troppo dolce e cara, l'era la morte, che più strettamente a Dio
l'univa con vincolo eterno in paradiso.
Per secondo, rende preziosa la morte de' giusti la pace di coscienza. I peccati
fatti nella vita sono quei vermi che maggiormente affliggono e rodono il cuore
de' poveri peccatori moribondi, i quali dovendo allor tra breve presentarsi al
divin tribunale, si vedono circondati in quel punto dai loro peccati che gli
spaventano e lor gridano intorno, al dir di S. Bernardo: Opera tua sumus, non te deseremus.5 Non poté Maria
certamente in morte essere afflitta da alcun rimorso di coscienza, poich'ella
fu sempre santa, sempre pura e sempre libera da ogni ombra di colpa attuale ed
originale, onde di lei fu detto: Tota
pulchra es, amica mea, et macula non est in te (Cant. IV, [7]). Dacché ella
ebbe l'uso di ragione, cioè dal primo istante di sua immacolata Concezione
nell'utero di S. Anna, sin d'allora cominciò con tutte le sue forze ad amare il
suo Dio; e così seguì a fare sempre più avanzandosi nella perfezione e
nell'amore in tutta la sua vita. Tutti i suoi pensieri, i desideri, gli affetti
non furono che di Dio: non disse parola, non fece moto, non diede occhiata, non
respiro, che non fosse per Dio e per la sua gloria, senza mai storcere un
passo, senza mai distaccarsi un momento dall'amore divino. Ah che nell'ora
felice della sua morte se le fecero intorno al suo beato letto tutte le sue belle
virtù praticate in vita: quella sua fede così costante, quella sua confidenza
in Dio così amorosa, quella pazienza così forte in mezzo a tante pene,
quell'umiltà in mezzo a tanti privilegi, quella sua modestia, quella
mansuetudine, quella pietà verso l'anime, quel zelo della divina gloria; sopra
tutto quella perfetta carità verso Dio con quella totale uniformità alla
volontà divina: tutte in somma le si fecero intorno e consolandola le dicevano:
Opera tua sumus,
- 468 -
non te deseremus: Signora e madre
nostra, noi siamo tutte figlie del vostro bel cuore; or che voi lasciate questa
misera vita noi non vogliamo lasciarvi, verremo ancora noi a farvi eterno
corteggio ed onore in paradiso, dove voi per mezzo nostro avrete a seder regina
di tutti gli uomini e di tutti gli angeli.
Per terzo, rende dolce la morte la sicurezza dell'eterna salute. La morte si
chiama transito, poiché per la morte si passa da una vita breve ad una vita
eterna. Onde conforme è troppo grande lo spavento di coloro che muoiono con
dubbio della loro salute, e si accostano al gran momento con giusto timore di
passare ad una morte eterna; così all'incontro troppo grande è l'allegrezza de'
santi in finire la vita, sperando con qualche sicurezza di andare a possedere
Dio nel cielo. - Una religiosa Teresiana, allorché il medico le diè la nuova
della morte, ebbe tanta allegrezza che gli disse: E come, signor medico, mi
date questa cara novella e non mi cercate la mancia?6 S. Lorenzo
Giustiniani, stando vicino alla morte e sentendo i suoi familiari che gli
piangevano intorno: Abite, loro
disse, abite cum lacrimis vestris: non
est tempus lacrimarum.7 Andate altrove a piangere; se volete star
qui meco, avete da godere come godo io in vedermi aprire la porta del paradiso
ad unirmi col mio Dio. E così parimente un S. Pietro d'Alcantara,8 un
S. Luigi Gonzaga e tanti altri santi, al ricevere la
- 469 -
notizia della
morte diedero in voci di giubilo e di allegrezza.9 E pure questi non
aveano la certezza della divina grazia, né sicuri erano della propria santità
come n'era sicura Maria. Ma qual giubilo dovette sentire la divina Madre in
avere la nuova della sua morte, ella che avea somma certezza di godere la
divina grazia, specialmente dopo che l'arcangelo Gabriele l'assicurò ch'ella
era piena di grazia e già posseditrice di Dio? Ave, gratia plena, Dominus tecum... invenisti [enim] gratiam (Luc. I,
[28, 30]). E ben ella stessa intendeva che 'l suo cuore ardeva già di continuo
amor divino; in modo che, siccome dice Bernardino da Busto, Maria per
privilegio singolare non conceduto ad alcun altro santo amava e stava amando
sempre attualmente Dio in ogn'istante della sua vita;10 e con tanto
ardore, che dice S. Bernardo esservi stato
- 470 -
necessario un continuo
miracolo, acciocch'ella avesse potuto vivere in mezzo a tanta fiamma.11
Di Maria già fu detto ne' Sagri Cantici: Quae
est ista quae ascendit per desertum sicut virgula fumi ex aromatibus myrrhae et
thuris et universi pulveris pigmentarii? (Cant. III, 6). La sua total
mortificazione figurata nella mirra, le sue ferventi orazioni significate
nell'incenso e tutte le sue sante virtù unite alla sua perfetta carità verso
Dio, accendevano in lei un incendio così grande, che la sua bell'anima, tutta
sacrificata e consumata dal divino amore, s'alzava continuamente a Dio qual
verghetta di fumo che da ogni parte spirava soavissimo odore. Qualis fumi virgula, beata Maria, suavem
odorem spirasti Altissimo, scrisse Ruperto.12 Ed Eustachio con
maggior espressione: Virgula fumi, quia
concremata intus in holocaustum incendio divini amoris, ex ea flagrabat
suavissimus odor.13 E qual visse l'amante Vergine, tale morì.
Siccome l'amor divino le diè la vita, così le diè la morte, morendo ella, come
- 471 -
comunemente dicono i Dottori e i SS. Padri, non di altra infermità
che di puro amore,14 dicendo S. Idelfonso che Maria o non doveva morire
o solo morire di amore.15
Punto II.
Ma vediamo ora come avvenne la sua beata morte. - Dopo l'ascensione di Gesù
Cristo restò Maria in terra per attendere alla propagazione della fede. Onde a
lei ricorrevano i discepoli di Gesù Cristo ed ella loro scioglieva i dubbi, li
confortava nelle persecuzioni e l'animava ad affaticarsi per la divina gloria e
per la salute dell'anime redente. Ben ella volentieri si tratteneva in terra,
intendendo questa essere la volontà di Dio per bene della Chiesa; ma non poteva
non sentire la pena di vedersi lontana dalla presenza e dalla vista del suo
diletto Figlio che se n'era asceso al cielo. Ubi... thesaurus vester est, disse il Redentore, ibi et cor vestrum erit (Luc. XII, 34):
Dove alcuno stima essere il suo tesoro e 'l suo contento, ivi tiene sempre
fisso l'amore e 'l desiderio del suo cuore. Se dunque Maria non amava altro
bene che Gesù, stando egli in cielo, al cielo erano tutti i suoi desideri. -
Scrisse di Maria il Taulero (Serm. de Nat. V. Mar.): Mariae cella fuit caelum, poiché nel cielo coll'affetto faceva la
sua continua dimora; schola aeternitas, sempre
distaccata da' beni temporali; paedagogus
divina veritas, operando sempre secondo la divina luce; speculum divinitas, mentre non mirava
altro che Dio, per uniformarsi sempre alla sua volontà; ornatus eius devotio, sempre pronta ad eseguire il divino
beneplacito; quies, unitas cum Deo, la
sua pace era nell'unirsi tutta con Dio; cordis
illius locus et thesaurus, solus Deus erat, in somma il luogo e tesoro del
suo cuore non era altro che Dio.16 Andava
- 472 -
sibbene la SS.
Vergine consolando il suo cuore innamorato in questa dura lontananza con
visitare, come si narra,17 i santi luoghi della Palestina, dove il
Figlio era stato in sua vita; visitava spesso or la stalla di Betlemme dove il
Figlio era nato: or la bottega di Nazaret dove il Figlio era vivuto tanti anni
povero e disprezzato: ora l'orto di Getsemani dove il Figlio diè principio alla
sua Passione: ora il pretorio di Pilato dove fu flagellato: or il luogo dove fu
coronato; ma più spesso visitava il Calvario dove il Figlio spirò, e il santo
sepolcro dov'ella finalmente lo lasciò. E così l'amantissima Madre si andava
sollevando nella pena del suo duro esilio. Ma ciò non poteva bastare a fare
contento il suo cuore, il quale non potea trovar la sua perfetta quiete su
questa terra; onde altro non faceva che mandare continui sospiri al suo
Signore, esclamando con Davide, ma con amore più ardente: Quis dabit pennas sicut columbae? [et]
volabo et requiescam (Ps. LIV, 7): Chi mi darà penne di colomba, per volare al mio Dio ed ivi
trovare il mio riposo? Quemadmodum
desiderat cervus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus
(Ps. XLI, 2): Come il cervo ferito desidera la fonte, così l'anima mia
dall'amor tuo ferita, mio Dio, ti desidera e sospira. - Ah che i sospiri di
questa santa tortorella non potevano non penetrare il cuore del suo Dio che
troppo l'amava: Vox turturis audita est
in terra nostra (Cant. II, 12). Ond'egli non volendo più differire la consolazione
alla sua amante,18 ecco esaudisce il suo desiderio, e la chiama al suo
regno.
Portano il Cedreno (Comp. histor.), Niceforo (L. 2, c. 21) e
- 473 -
il
Metafraste (Orat. de dorm. Mar.) che 'l Signore alcuni giorni prima della morte
le inviò l'angelo S. Gabriele,19 quello stesso che un tempo le portò
l'avviso d'esser ella la donna benedetta e scelta per Madre di Dio. Mia signora
e regina, le disse l'angelo, Dio ha già esauditi i vostri santi desideri, mi ha
mandato a dirvi che vi apparecchiate a lasciare la terra, perch'egli vi vuol
seco in paradiso. Venite dunque a prendere possesso del vostro regno, mentre io
e tutti quei santi cittadini vi aspettiamo e desideriamo. A questo felice
annunzio, che altro mai dovette fare la nostra umilissima e SS. Vergine, se non
maggiormente nascondersi nel centro della sua profondissima umiltà, e replicare
quelle stesse parole che rispose a S. Gabriele, allorché le annunziò la divina
maternità: Ecce ancilla Domini. Ecco,
di nuovo rispose, la schiava del Signore; egli per sua mera bontà mi ha eletta
e fatta sua Madre: ora mi chiama al paradiso. Io non meritava né quello né
questo onore. Ma giacché egli vuole su di me dimostrare la sua infinita
liberalità, eccomi pronta a venire dov'egli vuole. Ecce ancilla Domini, sia sempre in me adempiuta la volontà del mio
Dio e Signore.
Dopo aver ricevuto questo caro avviso, ne diede parte a S. Giovanni, il quale
possiamo considerare con qual dolore e tenerezza dovette intendere questa
nuova, egli che per tanti anni assistendola come figlio, avea già goduta la
celeste conversazione di questa SS. Madre. Visitò poi ella di nuovo i santi
luoghi di Gerusalemme, licenziandosi da loro con tenerezza, specialmente dal
Calvario dove l'amato Figlio lasciò la vita. E poi si pose nella sua povera
casa ad apparecchiarsi alla morte. Fra questo tempo non lasciavano gli angeli
di venir spesso a salutare la loro amata regina, consolandosi in sapere che
presto l'aveano a veder coronata nel cielo. - Portano molti autori
- 474 -
(S. Andr. Cret.,
Or. de dorm. Deip.;
S. Io. Damasc. De dorm. Deip.; Euthim., l. 3 Hist., c. 40)20 che
prima di morire, per divin miracolo gli Apostoli ed anche parte de' Discepoli
si trovarono da diverse parti, dov'erano dispersi, tutti uniti nella stanza di
Maria; ond'ella vedendo già uniti que' suoi cari figli alla sua presenza, così
cominciò a parlare: Miei diletti, per vostro amore e per aiutarvi il mio Figlio
mi lasciò. Or già la santa fede è sparsa nel mondo, già il frutto della divina
semenza è cresciuto; onde vedendo il mio Signore che non era più in terra
necessaria la mia assistenza, e compatendo alla pena della mia lontananza, ha
esaudito il mio desiderio di uscir da questa vita e di andarlo a vedere in cielo.
Restate voi dunque a faticare per la sua gloria. S'io vi lascio, non vi lascio
col cuore; meco porterò e starà sempre meco il grande amore che vi porto. Vado
al paradiso a pregare per voi. A questa dolorosa novella chi mai può
comprendere quali fossero le lagrime e i lamenti di quei santi Discepoli,
pensando che fra poco aveano a separarsi dalla loro madre? Dunque - piangendo
tutti essi presero a dire - dunque, o Maria, già ci volete lasciare? È vero che
questa terra non è luogo degno e proprio per voi, e noi non siamo degni di
godere la compagnia di una Madre di Dio: ma ricordatevi che voi siete la nostra
madre; voi siete stata sinora la nostra maestra ne' dubbi, voi la consolatrice
nelle angustie, voi la nostra fortezza nelle persecuzioni; e come ora ci volete
abbandonare, lasciandoci soli senza il vostro conforto in mezzo a tanti nemici
ed a tante battaglie? Abbiamo già perduto in terra il nostro maestro e padre
Gesù, che se n'è asceso al cielo; noi ci siamo consolati fra questo tempo con
voi nostra madre; or come voi ancora volete lasciarci orfani senza padre e
senza madre? Signora nostra, o restate con noi o portateci con voi. Così S.
Gio. Damasceno (Or. de Ass. Virg.).21 No, figli
- 475 -
miei -
riprese dolcemente a parlare l'amorosa Regina - non è questo secondo la volontà
di Dio; contentatevi di far quello ch'egli di me e di voi ha disposto. A voi
anche resta di faticare in terra per la gloria del vostro Redentore e per
compire la vostra eterna corona. Io non vi lascio per abbandonarvi, ma per
maggiormente soccorrervi colla mia intercessione appresso Dio nel cielo.
Restate contenti. Vi raccomando la S. Chiesa: vi raccomando le anime redente;
questo sia l'ultimo addio ed unico ricordo ch'io vi lascio: fatelo se m'amate,
faticate per l'anime e per la gloria del mio Figlio; perché un giorno poi ci
rivedremo di nuovo uniti in paradiso per non mai più separarci in eterno.
Indi li pregò a dar sepoltura al suo corpo dopo morte, e li benedisse. Ordinò a
S. Giovanni, come riferisce il Damasceno, che dopo la sua morte avesse date due
sue vesti a due vergini che l'avevano servita per certo tempo (Niceforo e
Metafraste appr. l'Ist. di Mar. del P. F. Gius. di G. e M., l. V,
13).22 E poi decentemente si compose sul suo povero letticciuolo, dove
si pose con desiderio ad aspettare la morte e colla morte l'incontro del divino
sposo, che tra breve dovea venire a prenderla per condurla seco al regno beato.
- Ecco già sente nel
- 476 -
cuore un gaudio foriero della venuta dello Sposo,
che tutta la ricolma d'un'immensa e nuova dolcezza. I SS. Apostoli, vedendo che
Maria già stava per partirsi da questa terra, rinnovando le lagrime, tutti se
le posero intorno genuflessi vicino al letto; e chi si pose a baciarle i santi
piedi, chi le cercava la sua speciale benedizione, chi le raccomandava qualche
suo particolare bisogno; e tutti piangendo dirottamente si sentivano trafiggere
dal dolore, in doversi separare per sempre in questa vita dalla loro amata
Signora. Ed ella l'amantissima Madre tutti compativa e andava consolando
ciascuno, ad altri promettendo il suo patrocinio, altri benedicendo con
speciale affetto, ed altri animando alla conversione del mondo; specialmente si
chiamò S. Pietro, e come a Capo della Chiesa e Vicario del suo Figlio, a lui
raccomandò principalmente la propagazione della fede, promettendogli dal cielo
una particolare protezione. Ma singolarmente poi si chiamò S. Giovanni, il
quale più di tutti gli altri sentiva dolore nel punto di dividersi da quella
santa Madre; e ricordandosi la gratissima Signora dell'affetto ed attenzione
con cui questo santo discepolo l'avea servita per tutti gli anni ch'ella era
stata in terra dopo la morte del Figlio: Giovanni mio - con gran tenerezza gli
disse - Giovanni mio, ti ringrazio di tutta l'assistenza che m'hai fatta:
figlio mio, sta sicuro che non te ne sarò ingrata. Se ora ti lascio, vado a
pregare per te. Resta tu in pace in questa vita, fintanto che non ci rivedremo
in cielo dove t'aspetto. Non ti scordare di me: in tutti i tuoi bisogni
chiamami in tuo aiuto, ch'io non mai mi scorderò di te, figlio mio diletto.
Figlio, ti benedico, ti lascio la mia benedizione, resta in pace, addio.
Ma già la morte di Maria è vicina. Avendo l'amor divino colle sue beate e
veementi fiamme già quasi tutti consumati gli spiriti vitali, già la celeste
fenice in mezzo a tanto incendio va perdendo la vita. Venivano allora gli
angeli a schiere a schiere a ritrovarla, come in atto di trovarsi pronti al
gran trionfo con cui dovevano accompagnarla al paradiso. Ben si consolava Maria
alla vista di quei santi spiriti; ma non si consolava appieno, non vedendo
ancor comparire il suo amato Gesù, ch'era tutto l'amor del suo cuore. Onde
spesso ripeteva agli angeli, che scendevano a salutarla: Adiuro vos, filiae Ierusalem, si inveneritis dilectum meum. ut
nuntietis ei quia
- 477 -
amore
langueo (Cant. V, 8): Angeli santi, o belli cittadini della celeste
Gerusalemme, voi venite a schiere cortesi a consolarmi, e tutti mi consolate
colla vostra amabil presenza; io vi ringrazio, ma voi tutti non mi contentate
appieno, perché non vedo ancora il mio Figlio a consolarmi: andate, se mi
amate, tornate al paradiso, e dite da mia parte al mio Diletto, nuntietis ei quia amore langueo: ditegli
che io languisco e vengo meno per suo amore: ditegli che venga e venga presto,
perché io mi sento morire per desiderio di vederlo.
Ma ecco Gesù, che già viene a prendere la sua Madre per condurla al regno
beato. Fu rivelato a S. Elisabetta che 'l Figlio apparve a Maria prima di
spirare colla croce in mano, per dimostrare la gloria speciale ch'egli avea
tratto dalla Redenzione, avendo colla sua morte fatto acquisto di quella gran
creatura, che per secoli eterni doveva onorarlo più di tutti gli uomini e di
tutti gli angeli.23 Porta S. Giovan Damasceno ch'egli stesso poi la
comunicò per viatico, dicendole con amore: Prendi, o Madre mia, dalle mie mani
quello stesso mio corpo che tu mi hai dato. E la Madre, avendo ricevuto con
maggior amore quell'ultima comunione, fra quegli ultimi respiri gli disse:
Figlio, nelle vostre mani raccomando lo spirito mio; vi raccomando quest'anima,
che voi creaste per vostra bontà fin dal principio ricca di tante grazie, e con
singolar privilegio la preservaste da ogni macchia di colpa. Vi raccomando il
corpo mio, da cui vi degnaste di prendere carne e sangue. Vi raccomando ancora
questi miei cari figli - parlando de' santi Discepoli che le stavano intorno; -
restano essi afflitti colla mia partenza, consolateli voi, che più di me
l'amate;
- 478 -
benediteli e date lor forza di fare gran cose per la vostra
gloria (Ap. S. Io. Dam., Or. de Ass. V.).24
Giunto già il fine della vita di Maria, si intese nella stanza, dov'ella
giaceva, una grande armonia, come narra S. Girolamo.25 E di più,
secondo fu rivelato a S. Brigida, si vide comparire un grande
splendore.26 A quest'armonia ed insolito splendore, già si avvidero i
santi Apostoli che Maria allora si partiva: onde rinnovarono le lagrime e le
preghiere, ed alzando le mani in una voce dissero tutti: O Madre nostra, già te
ne vai al cielo e ci lasci; donaci l'ultima benedizione, non ti scordare di noi
miserabili. E Maria, rivolgendo gli occhi intorno a tutti, come per l'ultima
volta licenziandosi: Addio, figli, lor disse, vi benedico; non dubitate che non
mi scorderò di
- 479 -
voi. - Ed ecco allora venne la morte non già vestita
di lutto e tristezza, come viene agli altri uomini, ma venne ornata di luce e
di allegrezza. Ma che morte! che morte! meglio diciamo, venne l'amore divino a
troncar lo stame di quella nobil vita. E qual lampada che prima di finire fra
quegli ultimi lampi di sua vita dà un lampo più grande e poi spira; così la
bella farfalla, invitandola il Figlio a seguirlo, immersa nella fiamma di sua
carità e in mezzo a' suoi amorosi sospiri, dà un sospiro più grande d'amore e
spira e muore. E così quell'anima grande, quella bella colomba del Signore si
sciolse da' legami di questa vita, e se n'andò alla gloria beata, dove siede e sederà
regina del paradiso per tutta l'eternità.
Già dunque Maria ha lasciata la terra, già sta nel cielo. Di là la pietosa
madre guarda noi che ancora stiamo su questa valle di lagrime, e ci compatisce
e ci promette il suo aiuto, se lo vogliamo. Preghiamola sempre che per li
meriti della sua beata morte, ci ottenga una morte felice: e se mai piacesse a
Dio, che c'impetri di morire in giorno di sabato, ch'è dedicato a suo onore, o
pure in un giorno della novena o dell'ottava di alcuna delle sue feste, come
l'ha ottenuto a tanti suoi divoti, e specialmente a S. Stanislao Kostka, a cui
ottenne il morire nel giorno della sua gloriosa Assunzione, come narra il P.
Bartoli nella di lui Vita (Lib. 1, cap. 12).27
Esempio.
Nel mentre vivea questo santo giovinetto tutto dedito all'amor di Maria,
avvenne che nel giorno primo d'agosto egli udisse un sermone del P. Pietro
Canisio, in cui questi, predicando a' novizi della Compagnia, con fervore
insinuò a tutti il gran consiglio di vivere in ogni giorno come quello fosse
l'ultimo della vita, dopo cui dovessimo presentarci al divin tribunale. Finito
il sermone, disse S. Stanislao a' compagni che quel consiglio singolarmente per
lui era stata voce di Dio, avendo egli a morire in quello stesso mese. Disse
ciò, o perché Iddio espressamente glielo rivelò, o almeno perché gliene
- 480 -
diede un certo sentimento interno, per quel che poi accadde. Quattro
giorni appresso, andando il beato giovane col P. Emanuele Sa a S. Maria
Maggiore, ed entrando a parlare della prossima festa dell'Assunzione, disse:
Padre, io credo che in quel giorno si vide in paradiso un nuovo paradiso,
vedendosi la gloria della Madre di Dio coronata regina del cielo e collocata sì
vicina al Signore sopra tutti i cori degli angeli. E s'è vero che in ogni anno,
com'io tengo per certo, se ne rinnova la festa in cielo, io spero che ne vedrò
la prima. Indi essendo toccato in sorte a S. Stanislao per suo protettore del
mese - secondo l'uso della compagnia - il glorioso martire S. Lorenzo, è fama
ch'egli avesse scritta una lettera alla sua madre Maria, in cui la pregava
d'ottenergli di trovarsi a vedere quella sua festa in paradiso. Nel giorno di
S. Lorenzo si comunicò, e dopo supplicò il santo a presentar quella lettera
alla divina Madre, con interporvi la sua intercessione, affinché Maria SS.
l'avesse esaudito. Ed ecco al finire dello stesso giorno gli venne la febbre, e
benché questa fosse molto leggiera, egli non però sin d'allora tenne per certa
la grazia richiesta della vicina morte. Come in fatti in porsi a letto disse
tutto giubilante colla bocca a riso: Da questo letto più non m'alzerò. E al P.
Claudio Acquaviva soggiunse: Padre mio, credo che S. Lorenzo già m'ha impetrata
la grazia da Maria, di trovarmi in cielo alla festa della sua Assunzione. Ma di
queste sue parole niuno ne fe' caso. Giunta la vigilia, il male seguiva a
dimostrarsi leggiero, ma il santo disse ad un fratello che la notte seguente
egli sarebbe morto; e quegli rispose: Oh fratello, maggior miracolo sarebbe il
morir di così poco male, che il guarirne. Ma ecco passato il mezzodì fu
assalito da un mortale sfinimento, e poi cominciò a sudar freddo e perdé
affatto le forze. Accorse il superiore, cui Stanislao prego di farlo ponere
sulla terra nuda, per morire da penitente. Il che gli fu accordato per
contentarlo, e fu posto in terra su d'una coltricella. Indi si confessò, ricevé
il viatico, non senza lagrime di quanti v'assistevano, poiché all'entrar nella
stanza il divin Sacramento lo videro tutto brillare28 di celeste
allegrezza negli
- 481 -
occhi e tutto infiammato nella faccia di santo
amore, che pareva un serafino. Prese anche l'Estrema Unzione, e frattanto non
faceva altro che ora alzare gli occhi in cielo, ed or mirare, baciare e
stringersi al petto amorosamente un'immagine di Maria. Gli dimandò un Padre:
Che vi serve questa corona avvolta alla mano, se non potete recitarla? Rispose:
Mi serve a consolarmi, mentre è cosa della Madre mia. Or quanto più, ripigliò
il Padre, vi consolerete in vederla e baciarle tra breve la mano in cielo?
Allora il santo tutto acceso in volto, levo alte le mani, esprimendo così il
desiderio di trovarsi presto alla di lei presenza. Indi gli apparve la sua cara
Madre, com'egli stesso palesò a' circostanti; e poco appresso, al far dell'alba
del giorno de' quindici d'agosto, spirò in un'aria di beato, cogli occhi fissi
in cielo, senza fare alcun moto; tanto che al presentargli dopo l'immagine
della SS. Vergine, ed al vedere ch'egli non facea più alcun atto verso di lei,
s'avvidero ch'era già passato a baciare i piedi in paradiso alla sua amata
Regina.
Preghiera.
O dolcissima Signora e Madre nostra, voi già avete lasciata la terra e siete
giunta al vostro regno, dove sedete regina sopra tutti i cori degli angeli,
come canta la Chiesa: Exaltata es super
choros angelorum ad caelestia regna. Sappiamo già che non eravamo degni noi
peccatori di avervi con noi in questa valle di tenebre. Ma sappiamo ancora che
voi nelle vostre grandezze non vi siete scordata di noi miserabili, e
coll'esser sublimata a tanta gloria non avete perduta, anzi in voi è cresciuta
la compassione verso di noi poveri figli di Adamo. Dal gran trono dunque dove
regnate, rivolgete, o Maria, anche sopra di noi gli occhi vostri pietosi, ed
abbiate di noi pietà. Ricordatevi pure che nel partirvi da questa terra ci
avete promesso di non scordarvi di noi. Guardateci e soccorreteci. Mirate in
quali tempeste e in quanti pericoli ognora ci troviamo e saremo per trovarci
sintanto che non giungerà il fine di nostra vita.
- 482 -
Per
li meriti della vostra beata morte impetrateci la santa perseveranza nella divina
amicizia, per finalmente uscire da questa vita in grazia di Dio, e così venire
un giorno a baciarvi ancora noi i piedi in paradiso, con unirci con quei beati
spiriti a lodarvi ed a cantare le vostre glorie, come voi meritate. Amen.
DISCORSO VIII. - Altro discorso dell'Assunzione di Maria.
1. Quanto fu glorioso il trionfo con cui Maria andò
al cielo.
2. Quanto fu eccelso il trono nel quale fu in cielo
sublimata.
Sembrerebbe giusto che la santa Chiesa in questo giorno dell'Assunzione di
Maria al cielo più presto c'invitasse a piangere, che a rallegrarci, poiché la
nostra dolce Madre si parte da questa terra e ci lascia privi della sua cara
presenza, siccome parla S. Bernardo: Plangendum
nobis, quam plaudendum magis esse videtur (Serm. 1, de Assump.).1
Ma no, la S. Chiesa c'invita a giubilare: Gaudeamus
omnes in Domino diem festum celebrantes sub honore B. Mariae Virginis.2
E con ragione: se noi amiamo questa nostra madre, dobbiamo congratularci più
della sua gloria che della nostra particolar consolazione. Qual figlio non si
rallegra, quantunque si divida dalla sua madre, se sente ch'ella va a prender
possesso d'un regno? Maria oggi va ad esser coronata regina del cielo, e
possiamo noi non far festa, se veramente l'amiamo? Gaudeamus omnes, gaudeamus. E per maggiormente
consolarci della sua esaltazione consideriamo: 1. Quanto fu glorioso il trionfo
con
- 483 -
cui Maria andò al cielo. 2. Quanto fu eccelso il trono nel quale
fu in cielo sublimata.
Punto I.
Dopo che Gesù Cristo nostro Salvatore ebbe compiuta l'opera della Redenzione
colla sua morte, anelavano gli angeli di averlo nella loro patria del cielo;
onde continuamente pregando gli ripetevano le parole di Davide: Surge, Domine, in requiem tuam tu et arca
sanctificationis tuae (Ps. CXXXI, 8): Su via, Signore, or che già avete
redenti gli uomini, venite al vostro regno con noi e conducete con voi ancora
l'arca viva della vostra santificazione, cioè la vostra Madre, che fu l'arca da
voi santificata con abitar nel suo seno. Così appunto S. Bernardino fa dire
agli angeli: Ascendat etiam Maria tua
sanctissima Mater, tui conceptione sanctificata (Serm. de Ass.).3
Volle perciò finalmente il Signore compiacere il desiderio di quei celesti
cittadini, con chiamare Maria al paradiso. Ma s'egli volle che l'arca del
Testamento fosse con gran pompa introdotta nella città di Davide: Et David et omnis domus Israel ducebant
arcam testamenti Domini in iubilo et [in] clangore buccinae (II Reg. VI, [14]);
con altra pompa più nobile e gloriosa ordino che la sua Madre entrasse in
cielo. Il profeta Elia fu trasportato in cielo in un cocchio di fuoco,4
che, come vogliono gl'interpreti, non fu altro che un gruppo d'angeli, che lo
sollevarono dalla terra. Ma a condur voi in cielo, o Madre di Dio, dice Ruperto
abbate, non bastò un sol gruppo d'angeli, ma venne ad accompagnarvi il medesimo
re del cielo con tutta la sua corte celeste: Ad transferendum te in caelum non unus tantum currus igneus, sed
- 484 -
totus cum rege suo Filio tuo
venit atque occurrit exercitus angelorum.5
Dello stesso sentimento è S. Bernardino da Siena, che Gesù Cristo per onorare
il trionfo di Maria egli medesimo venisse dal paradiso ad incontrarla e
accompagnarla: Surrexit gloriosus Iesus
in occursum suae dulcissimae Matris.6 E appunto a tal fine dice S.
Anselmo che il Redentore volle ascendere al cielo prima che vi pervenisse la
Madre, non solo per apparecchiarle il trono in quella reggia, ma ancora per far
più gloriosa la sua entrata nel cielo, con accompagnarla esso stesso unito a
tutti gli spiriti beati: Prudentiori
consilio illam praecedere volebas, quatenus in regno tuo ei locum praeparares,
et sic comitatus tota curia tua festivus ei occurrens, sublimius, sicut
decebat, tuam Matrem ad te exaltares (Vid. de exc. V., c. 8).7
Quindi S. Pier Damiani, contemplando lo splendore di quest'Assunzione di Maria
al cielo, dice che la troveremo più gloriosa dell'Ascensione di Gesù Cristo,
perché al Redentore solamente gli angeli vennero ad incontrarlo, ma la B.
Vergine andò alla gloria coll'incontro e corteggio dello stesso Signor della
gloria e di tutta la beata compagnia de' santi e degli angeli: Invenies occursum huius pompae digniorem
quam in
- 485 -
Christi Ascensione;
soli quippe angeli Redemptori occurrere potuerunt, Matri vero Filius ipse cum
tota curia tam angelorum quam sanctorum occurrens, duxit ad beatae consistorium
sessionis (Serm. de Ass.).8 Onde Guerrico abbate fa così parlare su
ciò il Verbo divino: Ego ut Patrem
honorarem ad terram descendi; ut Matrem honorarem ad caelum reascendi:9
Io per dar gloria al mio Padre discesi dal cielo in terra; ma poi per render
onore alla Madre mia ascesi di nuovo in cielo, per poter così venire ad
incontrarla e accompagnarla colla mia presenza al paradiso.
Andiamo dunque considerando come venne già il Salvatore dal cielo ad incontrar
la Madre, e al primo incontro le disse per consolarla: Surge, propera, amica mea, columba mea, formosa mea, et veni. Iam [enim]
hiems transiit... et recessit (Cant. II, 10): Su Madre mia cara, mia bella
e pura colomba, lascia questa valle di pianti, dov'hai tanto sofferto per amor
mio: Veni de Libano, sponsa mea, veni de
Libano, veni: coronaberis (Cant. IV, 8). Vieni e coll'anima e col corpo a
godere il premio della tua santa vita. Se hai molto patito in terra, assai
maggiore è la gloria ch'io t'ho preparata in cielo. Vieni ivi a sedere a me
vicina; vieni a ricever la corona, che ti darò di regina dell'universo.
Ecco già Maria lascia la terra, e ricordandosi di tante grazie ivi ricevute dal
suo Signore, la guarda con affetto insieme e compassione, lasciando ivi tanti
poveri figli tra tante miserie e pericoli. Ecco Gesù le porge la mano, e la
beata Madre già s'alza in aria, già passa le nubi e passa le sfere. Eccola già
arrivata alle porte del cielo. Allorché entrano i monarchi a prendere possesso
del regno, non passano essi per le porte della città, ma o si tolgono affatto
le porte, oppure
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passano per sopra le porte. Perciò siccome gli
angeli, quando entrò Gesù Cristo al paradiso, dicevano: Attollite portas, principes, vestras, et elevamini, portae aeternales,
et introibit rex gloriae (Ps. XXIII, [7]); così ancora, or che va Maria a
prender possesso del regno de' cieli, gli angeli che l'accompagnano gridano
agli altri che stan di dentro: Attollite
portas, principes, vestras, et elevamini, portae aeternales, et introibit
regina gloriae: Presto, o principi del cielo, alzate, togliete le porte,
perché deve entrarvi la regina della gloria.
Ecco già entra Maria nella beata patria. Ma in entrare e in vederla quei
spiriti celesti così bella e gloriosa, dimandano agli angeli che vengono di
fuori, come contempla Origene: Una omnium
in caelo erat laetantium (vox): Quae
est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens, innixa super dilectum
suum? (Can. VIII, 5):10 E chi mai è questa creatura così vaga, che
viene dal deserto della terra, luogo di spine e di triboli; ma questa viene sì
pura e sì ricca di virtù, appoggiata al suo diletto Signore, che si degna egli
stesso accompagnarla con tanto onore? Chi è? rispondono gli angeli che l'accompagnano:
Questa è la Madre del nostro re, è la nostra regina, è la benedetta fra le
donne: la piena di grazia, la santa de' santi, la diletta di Dio, l'immacolata,
la colomba, la più bella di tutte le creature. E quindi tutti quei beati
spiriti cominciano a benedirla e a lodarla cantando, meglio che nol dicevano
gli Ebrei a Giuditta: Tu gloria
Ierusalem, tu laetitia Israel, tu honorificentia populi nostri (Iud. XV,
10). Ah Signora e regina nostra, voi siete dunque la gloria del paradiso,
l'allegrezza della nostra patria, voi siete l'onore di tutti noi; siate sempre
la benvenuta, siate sempre benedetta; ecco il vostro regno, eccoci tutti noi
siamo vostri vassalli, pronti a' vostri comandi.
Quindi vennero a darle il benvenuto e a salutarla come loro regina tutti i
santi che allora stavano in paradiso. Vennero tutte le sante vergini: Viderunt eam filiae et beatissimam
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praedicaverunt... et
laudaverunt eam (Cant. VI, 8). Noi, dissero, o beatissima signora, siamo
regine ancora di questo regno, ma voi siete la regina nostra; poiché voi siete
stata la prima a darci il grand'esempio di consagrare la nostra verginità a
Dio; noi tutte ve ne benediciamo e ringraziamo. Indi vennero i santi confessori
a salutarla come loro maestra, che loro aveva insegnate tante belle virtù colla
sua santa vita. Vennero ancora i santi martiri a salutarla come loro regina,
perché colla sua gran costanza ne' dolori della Passione del Figlio avea loro
insegnato ed anche impetrato coi suoi meriti la fortezza a dar la vita per la
fede. Venne ben anche S. Giacomo, che solo degli Apostoli allora si trovava in
paradiso, a ringraziarla da parte di tutti gli Apostoli, di quanto conforto ed
aiuto aveva ella dato loro stando sulla terra. Vennero poi i profeti a
salutarla, e questi le dicevano: Ah signora, voi siete stata l'adombrata dalle
nostre profezie. Vennero i santi patriarchi e le dicevano: O Maria, voi dunque
siete stata la nostra speranza, tanto e per sì lungo tempo da noi sospirata. Ma
fra costoro con affetto maggiore vennero a ringraziarla i primi nostri padri
Adamo ed Eva: Ah figlia diletta, questi dicevano, voi avete riparato al danno
da noi fatto al genere umano; voi avete ottenuta al mondo quella benedizione
perduta da noi per nostra colpa; per voi noi siam salvi, siatene sempre
benedetta.
Venne poi a baciarle i piedi S. Simeone, e le ricordò con giubilo quel giorno
nel quale egli ricevé dalle sue mani Gesù bambino. Vennero S. Zaccaria e S.
Elisabetta, e di nuovo la ringraziarono di quell'amorosa visita, che con tanta
umiltà e carità loro fece nella loro casa, e per cui ricevettero tanti tesori
di grazie. Venne S. Giovan Battista con maggior affetto a ringraziarla di
averlo santificato per mezzo della sua voce. Ma che dovettero poi dirle, quando
vennero a salutarla i suoi cari genitori S. Gioachimo e S. Anna? Oh Dio con
qual tenerezza la dovettero benedire, dicendo: Ah figlia diletta, e qual
fortuna è stata la nostra di avere una tal figlia? Ah che tu sei ora la regina
nostra, perché sei la Madre del nostro Dio: per tale noi ti salutiamo e ti
adoriamo. Ma chi può comprendere poi l'affetto con cui venne a salutarla il suo
caro sposo S. Giuseppe? Chi mai potrà spiegare l'allegrezza che provò
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il santo patriarca in vedere la sua sposa giunta in cielo con tanto
trionfo, e fatta regina di tutto il paradiso? Con qual tenerezza dovette egli
dire: Ah signora e sposa mia, e quando mai potrò giungere a ringraziar quanto
devo il nostro Dio di avermi fatto sposo di voi, che siete sua vera Madre? Per
voi io meritai in terra di assistere alla fanciullezza del Verbo Incarnato, di
averlo tante volte fra le braccia e di riceverne tante grazie speciali. Sian
benedetti i momenti che spesi in vita a servire Gesù e voi, mia santa sposa.
Ecco il nostro Gesù; consoliamoci, ch'ora non giace steso in una stalla sul
fieno, come noi lo vedemmo nato in Betlemme; non vive già povero e disprezzato
in una bottega, come un tempo visse con noi in Nazarette; non già sta affisso
in un patibolo infame, com'egli morì per la salute del mondo in Gerusalemme; ma
siede alla destra del Padre, qual re e signore del cielo e della terra. Ed ecco
che noi, regina mia, non ci separeremo più da' suoi santi piedi a benedirlo ed
amarlo in eterno.
Indi tutti gli angeli vennero a salutarla, ed ella la gran regina tutti
ringraziò dell'assistenza che le avevano fatta nella terra; ringraziando
singolarmente l'arcangelo S. Gabriele, che fu l'ambasciatore felice di tutte le
sue fortune, allorché venne a darle la nuova d'esser fatta Madre di Dio. Indi
genuflessa l'umile e santa Vergine adora la divina Maestà, e tutta inabissata
nella cognizione del suo niente, la ringrazia di tutte le grazie a lei per sua
sola bontà concedute, e specialmente d'averla fatta madre del Verbo Eterno.
Quindi comprenda chi può con quale amore la SS. Trinità la benedisse. Comprenda
quali accoglienze fe' l'Eterno Padre alla sua figlia, il Figlio alla sua madre,
lo Spirito Santo alla sua sposa. Il Padre la corona con parteciparle la sua
potenza, il Figlio la Sapienza, lo Spirito Santo l'amore. E tutte tre le divine
Persone collocando il di lei trono alla destra di Gesù, la dichiarano regina
universale del cielo e della terra, e comandano agli angeli e a tutte le
creature che la riconoscano per loro regina, e qual regina la servano e
ubbidiscano. - E qui passiamo a considerare quanto fu eccelso questo trono, in
cui Maria fu in cielo sublimata.
Punto II.
Ma se mente umana, dice S. Bernardo, non può arrivare a capire la gloria
immensa, che Dio ha preparata
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in cielo a coloro che in terra l'hanno
amato, come ci avvisò l'Apostolo, chi mai giungerà a comprendere quid praeparavit gignenti se?11
qual gloria abbia egli apparecchiata alla sua diletta Madre, che in terra l'ha
amato più di tutti gli uomini, anzi sin dal primo momento ch'ella fu creata
l'amò più di tutti gli uomini e di tutti gli angeli uniti insieme? Ha ragione
dunque la santa Chiesa di cantare, avendo Maria amato Dio più di tutti gli
angeli, ch'ella sia stata sopra tutti gli angeli sublimata in cielo: Exaltata est sancta Dei Genitrix super
choros angelorum ad caelestia regna (In festo Ass.).12 Sì,
esaltata, dice Guglielmo abbate, sopra degli angeli, in modo ch'ella non veda sopra
di sé collocato altri che 'l suo Figlio, ch'è l'Unigenito di Dio: Matrem dico exaltatam super choros
angelorum, ut nihil contempletur super se Mater, nisi Filium suum (Ser. IV, de Ass.).13
Ond'è che asserisce il dotto Gersone che distinguendosi tutti gli ordini degli
angeli e de' santi in tre gerarchie, come insegna l'Angelico (Qu. 108) con S.
Dionisio,14 Maria costituisce in cielo una gerarchia a parte, la più
sublime di tutte e la seconda dopo Dio: Virgo
sola constituit hierarchiam secundam sub Deo hierarcha primo (Sup. Magn.,
tr. 4).15 E siccome, soggiunge S. Antonino, senza paragone differisce
la padrona da' servi, così senza paragone è maggiore la gloria di Maria da
quella degli angeli: Virgo est domina angelorum,
ergo et improportionabiliter est supra omnem hierarchiam angelorum exaltata
(IV p., tit. 15, c. 20).16 E per intendere ciò basta sapere
- 490 -
quel che ci disse Davide, che questa regina fu collocata alla destra
del Figlio: Astitit regina a dextris tuis
(Ps. XLIV, [10]). Il che appunto di Maria lo spiegò sant'Atanasio, dicendo: Collocatur Maria a dextris Dei (De Ass.
B.V.).17
L'opere di Maria, come parla sant'Idelfonso, è certo che superarono
incomparabilmente nel merito l'opere di tutti i santi, e perciò non può
comprendersi il premio e la gloria ch'ella si meritò: Sicut est incomparabile quod gessit, ita et incomprehensibile praemium
et gloria inter omnes sanctos quam meruit (Serm. 2, de Ass.).18 E
s'è certo che Dio rimunera secondo il merito, siccome scrisse l'Apostolo: Reddet unicuique secundum opera eius
(Rom. II, 6), certamente ancora, dice S. Tommaso, la Vergine, che superò il
merito di tutti ed uomini ed angeli, dovette esser innalzata sopra tutti gli
ordini celesti: Sicut habuit meritum
omnium et amplius, ita congruum fuit ut super omnes ponatur ordines caelestes
(Lib. de sol. sanct.).19 In somma, soggiunge S. Bernardo, si misuri la
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grazia singolare ch'ella acquistò in terra, e quindi si misuri la
gloria singolare ch'ella ottenne in cielo: Quantum
enim gratiae in terris adepta est, tantum et in caelis obtinet gloriae
singularis.20
La gloria di Maria, considera un dotto autore (il P. La Colombiere, pred. 28)
che fu una gloria piena, gloria compiuta, a differenza di quella che hanno in
cielo gli altri santi.21 È vero che in cielo tutti i beati godono una
perfetta pace e pieno contento; nulladimeno sempre sarà vero che niun di loro
gode quella gloria che avrebbe potuto meritare, se con maggior fedeltà
avess'egli servito ed amato Dio. Ond'è che sebbene i santi in cielo niente più
desiderano di quel che godono, nulladimeno in fatti avrebbero che desiderare. È
vero altresì che ivi non apportano pena i peccati fatti e 'l tempo perduto; ma
non può negarsi che dà sommo contento il bene maggiore fatto in vita,
l'innocenza conservata e 'l tempo meglio impiegato. Maria in cielo niente
desidera e niente ha che desiderare. Chi de' santi in paradiso, dice S. Agostino
(De nat. et grat., to. VII, c. 36),
- 492 -
dimandato se ha commessi peccati,
può rispondere di no, fuor di Maria?22 Maria è certo, come ha
dichiarato23 il sacro Concilio di Trento (Sess. VI, can. 23), non
commise mai alcuna colpa, alcun minimo difetto:24 non solo ella non
perdé mai la divina grazia, né mai l'offuscò, ma non la tenne mai oziosa; non
fe' azione che non meritasse; non disse parola, non ebbe pensiero, non diè
respiro che non lo dirigesse alla maggior gloria di Dio: in somma non mai si
raffreddò o si fermò un momento di correre a Dio, niente mai perdé per sua
negligenza; sicché sempre corrispose alla grazia con tutte le sue forze ed amò
Dio quanto lo poté amare. Signore, ella ora gli dice in cielo, se io non vi ho amato
quanto voi meritate, almeno v'ho amato quanto ho potuto.
Ne' santi le grazie sono state diverse, come dice S. Paolo: Divisiones... gratiarum sunt.25
Sicché ciascuno di loro corrispondendo poi alla grazia ricevuta, si è renduto
eccellente in qualche virtù, chi in salvare anime, chi nel far vita penitente,
chi nel soffrire i tormenti, chi nel contemplare; che perciò la santa Chiesa in
celebrar le loro feste dice di ciascuno: Non
est inventus similis illi.26 E secondo i meriti sono in cielo
distinti nella gloria: Stella enim a
stella differt (I Cor. XV, 41). Gli apostoli si distinguono da' martiri, i
confessori dalle vergini, gl'innocenti da' penitenti. La S. Vergine, essendo
stata ripiena di tutte le grazie, fu ella sublime più di ciascun santo in ogni
sorta di virtù: ella fu apostola degli apostoli, fu regina de' martiri mentre
patì più di tutti: fu la confaloniera delle vergini, l'esempio delle coniugate,
unì in sé una perfetta innocenza con una perfetta mortificazione; unì in somma
nel suo cuore tutte le
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virtù più eroiche, che avesse mai praticate
alcun santo. Onde di lei fu detto: Astitit
regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdada varietate (Ps. XLIV,
[10]); poiché tutte le grazie, i pregi, i meriti degli altri santi, tutti si
trovano congregati in Maria, come le dice l'abbate di Celles: Sanctorum omnium privilegia, o Virgo, omnia
habes in te congesta.27
In modo tale che siccome lo splendore del sole eccede lo splendore di tutte le
stelle insieme unite, così, dice S. Basilio, la gloria della divina Madre
supera quella di tutti i beati: Maria
universos tantum excedit, quantum sol reliqua astra (Or. de
Ann.).28 Ed aggiunge S. Pier Damiani che siccome la luce delle stelle e
della luna scomparisce, quasi queste non più vi siano, al comparire del sole;
così Maria oscura talmente nella gloria lo splendore degli uomini e degli
angeli, che quasi in cielo questi non compariscono: Sol ita sibi siderum et lunae rapit positionem, ut sint quasi non sint.
Similiter et virga Iesse utrorumque spirituum habet dignitatem, ut in
comparatione Virginis nec possint apparere (Serm. de Ass.).29
Quindi asserisce S. Bernardino da Siena con S. Bernardo che i beati partecipano
in parte della divina gloria, ma la Vergine in certo modo n'è stata talmente
arricchita, che par che una creatura non possa più unirsi a Dio di quel ch'è
unita Maria: Divinae gloriae participatio
ceteris quodammodo per partes datur,
- 494 -
sed secundum Bernardum B. Virgo Maria penetravit abyssum, ut, quantum
creaturae conditio patitur, illi luci inaccessibili videatur immersa (T. 1,
ser. 61, a. 2, c. 10).30 Al che si unisce ciò che dice il B. Alberto
Magno, che la nostra regina contempla Dio molto da vicino e incomparabilmente
più che tutti gli altri spiriti celesti: Visio
Virginis Matris super omnes creaturas incomparabiliter contemplatur maiestatem
Dei (De laud. Virg., c. 69).31 E dice di più il sopranominato S.
Bernardino che siccome gli altri pianeti sono illuminati dal sole, così tutti i
beati ricevono luce e gaudio maggiore dalla vista di Maria: Quodammodo sicut cetera luminaria
illuminantur a sole, sic tota caelestis curia a gloriosa Virgine laetificatur
(Loc. cit., art. 3, c. 3).32 E in altro luogo similmente asserisce che
la
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Madre di Dio salendo al cielo ha accresciuto il gaudio a tutti i
suoi abitanti: Gloriosa Virgo cum caelos
ascendit, supernorum gaudia civium cumulavit (Serm. de Ass.).33
Onde disse S. Pier Damiani che i beati non hanno maggior gloria in cielo dopo
Dio, che di godere la vista di questa bellissima regina: Summa gloria est post Deum te videre (Serm. 1, de Nat.).34
E S. Bonaventura: Post Deum maior nostra
gloria et maius nostrum gaudium ex Maria est.35
Rallegriamoci dunque con Maria dell'eccelso trono in cui Dio l'ha sublimata in
cielo. E rallegriamocene anche con noi, poiché se la nostra Madre ci ha
lasciati colla sua presenza, salendo gloriosa in cielo, non ci ha lasciati
coll'affetto. Anzi ivi stando più vicina e unita a Dio, maggiormente conosce le
nostre miserie, e di là più ci compatisce e meglio ci può soccorrere. E che
forse, le dice S. Pier Damiani, o Vergine beata, perché voi siete stata così
innalzata in cielo, vi sarete scordata di noi miserabili? Numquid, o B. Virgo, quia ita glorificata es, ideo nostrae humilitatis
oblita es? (Serm. 1, de Nat. V.). No, ci guardi Dio dal
pensarlo; non può un cuore così pietoso non compatire le nostre miserie così
grandi: Absit, soggiunge, non convenit tantae misericordiae tantae
miseriae oblivisci.36 Se grande fu la pietà ch'ebbe Maria verso di
noi quando vivea sulla terra, assai più grande, dice S. Bonaventura, è in cielo
- 496 -
dove ella regna: Magna fuit
erga miseros misericordia Mariae exsulantis in mundo, sed multo maior est
regnantis in caelo. (Spec., c. 8).37
Dedichiamoci intanto a servire questa regina, ad onorarla ed amarla quanto possiamo;
mentr'ella non è, dice Riccardo di S. Lorenzo, come gli altri regnanti che
aggravano di pesi e dazi i loro vassalli, ma la nostra regina arricchisce i
suoi servi di grazie, di meriti e di premi: Regina
Maria non gravat tributis, sed largitur servis suis divitias, dona gratiarum,
thesauros meritorum et magnitudinem praemiorum (De laud. Virg., lib.
6).38 E preghiamola con Guerrico abbate: O madre di misericordia, voi
già sedete sì vicina a Dio, regina del mondo in trono così sublime, satollatevi
pure della gloria del vostro Gesù, e mandate a noi vostri servi le reliquie che
vi avanzano. Voi godete già alla mensa del Signore, noi sotto la mensa qui in
terra quai poveri cagnolini vi domandiamo pietà: O mater misericordiae, saturare gloria Filii tui, et dimitte reliquias
parvulis tuis. Tu ad mensam Domini, nos sub mensa catelli (Serm. 4, in Ass.
Virg.).39
Esempio.
Riferisce il P. Silvano Razzi (Lib. 3, Mir. B.
Virg.) che un divoto chierico molto amante della nostra regina Maria, avendo
inteso così lodare la sua bellezza, ardentemente desiderava di vedere una volta
la sua signora; onde con umili preghiere le cercò questa grazia. La pietosa
Madre gli mandò a dire per un angelo che volea compiacerlo di farsi da lui
vedere, ma con
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questo patto, che dopo averla veduta egli restasse
cieco. Accettò il divoto la condizione. Ecco un giorno già l'apparve la B.
Vergine; egli per non restare affatto cieco volle sul principio rimirarla con
un sol occhio; ma poi invaghito della gran bellezza di Maria volle contemplarla
con tutti due, ed allora la Madre di Dio disparve. Perduta ch'ebbe la presenza
della sua regina, afflitto non si saziava di piangere non già l'occhio perduto,
ma per non averla veduta con ambedue. Perlocché ritornò a supplicarla che di
nuovo se gli fosse fatta vedere, e non si curava di perdere la vista dell'altro
occhio rimasto, con restare affatto cieco. Felice e contento, diceva, io
resterò, o mia signora, se diventerò in tutto cieco per sì bella cagione, che
mi lascerà più innamorato di voi e della vostra bellezza. Ecco di nuovo volle
contentarlo Maria, di nuovo lo consolò colla sua vista; ma perché quest'amorosa
regina non sa far mai male ad alcuno, apparendogli la seconda volta, non solo
non gli tolse l'altr'occhio rimasto, ma gli restituì anche l'occhio
perduto.40
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Preghiera.
O grande, eccelsa e gloriosissima signora, prostrati a' piedi del vostro trono
noi vi adoriamo da questa valle di lagrime. Noi ci compiacciamo della gloria
immensa, di cui v'ha arricchita il Signore. Or che sedete già regina del cielo
e della terra, deh non vi scordate di noi poveri vostri servi. Non isdegnate da
cotesto eccelso soglio nel quale regnate, di volgere gli occhi vostri pietosi
verso di noi miserabili. Voi quanto più siete vicina alla sorgente delle
grazie, tanto più ce ne potete provvedere. In cielo voi meglio scorgete le
nostre miserie, onde bisogna che ci compatiate e più ci soccorriate. Fate che
in terra siamo vostri servi fedeli, acciocché così possiamo venire a benedirvi
in paradiso. In questo giorno in cui voi siete fatta regina dell'universo, noi
ancora ci consacriamo alla vostra servitù. In tanta vostra allegrezza consolate
oggi ancora noi con accettarci per vostri vassalli. Voi dunque siete la nostra
madre.
Ah madre dolcissima, madre amabilissima, i vostri altari son circondati da
molta gente che vi dimanda chi d'esser guarito da qualche male, chi d'esser
provveduto ne' suoi bisogni, chi vi cerca una buona raccolta, chi la vittoria
di qualche lite. Noi vi domandiamo grazie più gradite al vostro cuore:
otteneteci l'esser umili, distaccati dalla terra, rassegnati alla divina
volontà; impetrateci il santo amor di Dio, la buona morte, il paradiso.
Signora, mutateci da peccatori in santi: fate questo miracolo, che vi darà più
onore che se illuminaste mille ciechi e risuscitaste mille morti. Voi siete
così potente appresso Dio, basta dire che siete la sua Madre, la sua più cara,
piena della sua grazia; che cosa mai egli vi potrà negare?
O regina bellissima, noi non pretendiamo di vedervi
in terra, ma vogliamo venire a vedervi in paradiso; e voi ce l'avete da
ottenere. Così certo speriamo. Amen. Amen.
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DISCORSO IX. - De' dolori di Maria.
Maria fu la regina de' martiri, perché il suo
martirio fu il più lungo e 'l più grande di quello di tutti i martiri.
Chi mai potrà avere un cuor sì duro che non s'intenerisca in udire il caso pur
troppo lagrimevole che un tempo accadde nel mondo. Eravi una madre nobile e
santa la quale non avea che un solo figlio; e questi era il più amabile che
possa immaginarsi, innocente, virtuoso, bello, ed amantissimo di sua madre: a
tal segno che non le avea mai dato minimo disgusto, ma sempre l'avea portato
tutto il rispetto, tutta l'ubbidienza e tutto l'affetto: onde la madre a questo
figlio avea posto in terra tutto il suo amore. Or poi che avvenne? Avvenne che
questo figlio per invidia fu accusato falsamente da' suoi nemici, e 'l giudice,
benché avesse conosciuta e confessata egli stesso la di lui innocenza, pure,
per non disgustare i nemici, lo condannò ad una morte infame, quale appunto
quelli l'aveano richiesta. E questa povera madre ebbe a soffrire il dolore che
quell'amabile ed amato figlio le fosse così ingiustamente tolto nel fiore di
sua gioventù con una barbara morte; poiché a forza di tormenti ce lo fecero
morire svenato1 avanti gli occhi in pubblico in un patibolo infame.
Anime divote, che dite? è degno di compassione questo caso e questa misera
madre? Già m'intendete di chi parlo. Questo figlio così crudelmente giustiziato
fu il nostro amoroso Redentore Gesù, e questa madre fu la B. Vergine Maria, che
per nostro amore si contentò di vederlo sagrificato alla divina giustizia dalla
barbarie degli uomini. Questa gran pena dunque da Maria per noi sofferta, pena
che le costò più di mille
- 500 -
morti, merita da noi compassione e
gratitudine. E s'altro non possiamo rendere a tanto amore, almeno fermiamoci
per poco oggi a considerare l'acerbità di questa pena per cui divenne Maria
regina de' martiri, mentre il suo gran martirio superò nel dolore quello di
tutti i martiri, essendo egli stato per 1. il martirio più lungo, per 2. il
martirio più grande.
Punto I.
Siccome Gesù chiamasi re de' dolori e re de' martiri, perché patì nella sua
vita più di tutti gli altri martiri, così ancora giustamente si nomina Maria
regina de' martiri, avendosi meritato questo titolo per aver sofferto un
martirio il maggiore che possa patirsi dopo quello del Figlio. Onde con ragione
fu chiamata da Riccardo di S. Lorenzo Martyr
martyrum.2 E di lei può dirsi quel che disse Isaia: Coronans coronabit te tribulatione (Cap.
XXII, [18]), cioè che la corona con cui fu dichiarata regina de' martiri fu la
sua stessa pena che || la rendé affatto desolata, ed |3 avanzò la pena
di tutti gli altri martiri uniti insieme. - Che Maria fosse stata vera martire
non può dubitarsi, come provano il Cartusiano, il Pelbarto, il Catarino ed
altri;4 mentr'è sentenza indubitata, bastare al
- 501 -
martirio che
v'intervenga un dolor sufficiente a dar morte, benché poi non succeda la morte.
S. Giovanni evangelista è riverito come martire, benché nella caldaia dell'olio
bollente non fosse morto, ma vegetior
exiverit, quam intraverit (Brev. Rom., 6 maii).5 Basta ad aver la
gloria del martirio, dice S. Tommaso, che alcuno ubbidisca in offerir se stesso
sino alla morte: Martyrium amplectitur id
quod in obedientia summum esse potest, ut scilicet aliquis sit obediens usque
ad mortem (2-2, q. 124, a. 3, ad 3).6 Maria fu martire, dice S.
Bernardo,
- 502 -
non ferro carnificis,
sed acerbo dolore cordis (Ap. Baldi, to. 1, p. 456).7 Se il suo
corpo non fu ferito dalla mano del carnefice, fu non però il suo cuor benedetto
trafitto dal dolore della Passione del Figlio, dolore che bastava già a darle
non una ma mille morti. E da ciò vedremo che Maria non solo fu vera martire, ma
il suo martirio superò tutti gli altri, mentre fu un martirio più lungo, e per
così dire, tutta la sua vita fu una lunga morte.
Siccome la Passione di Gesù cominciò dalla sua nascita: A nativitatis exordio, dice S. Bernardo, passio crucis simul exorta (Ser. 2, de Pass.);8 così ancora
Maria, in tutto simile al
- 503 -
Figlio, patì il suo martirio in tutta la
sua vita. Il nome di Maria tra gli altri significati che tiene, come asserisce
il B. Alberto Magno, significa mare
amarum.9 Onde a lei s'applica il passo di Geremia: Magna est enim velut mare contritio tua
(Thr. II, 13). Sì, perché siccome il mare è tutto amaro e salso, così la vita
di Maria fu sempre piena d'amarezza alla vista della Passione del Redentore,
che sempre le fu presente. Non può dubitarsi ch'ella illuminata dallo Spirito
Santo più che tutti i profeti, comprendesse meglio che tutti i profeti le
predizioni del Messia ch'essi registrarono nelle sacre Scritture. Così appunto
disse l'angelo a S. Brigida: Procul dubio
est credendum, quod ipsa ex inspiratione Spiritus Sancti perfectius intellexit
quidquid prophetarum eloquia figurabant (Ser. Ang., c. 17).10 Onde,
come asserì lo stesso angelo, intendendo la Vergine quanto dovea patire il
Verbo Incarnato per la salute degli uomini, sin d'allora, prima già d'esser
fatta sua madre, compatendo questo Salvatore innocente, che dovea esser
giustiziato con una morte sì atroce per delitti non suoi, cominciò a patire il
suo gran martirio: Ex Scripturis Deum
incarnari intelligens, et quod tam diversis poenis deberet cruciari,
tribulationem non modicam sustinuit (Serm. Ang., c. 16).11
Un tal dolore poi crebbe senza misura allorch'ella fu fatta madre di questo
Salvatore. Sicché alla vista dolorosa di tutte le pene che dovea soffrire il
povero Figlio, ben ella patì un martirio lungo, martirio continuato per tutta
la sua vita. Tu longum, le dice
Ruperto abbate, praescia futurae
Passionis
- 504 -
Filii tui, pertulisti martyrium (In Cant., c.
4).12 E ciò appunto significò la visione ch'ebbe in Roma S. Brigida
nella chiesa di S. Maria Maggiore, dove le apparve la B. Vergine con S. Simeone
ed un angelo che portava una spada ben lunga e tutta rosseggiante di sangue,
dinotando con quella l'acerbo e lungo dolore che trafisse Maria in tutta la sua
vita (Rev., l. 7, c. 2).13 Onde il poc'anzi nominato Ruperto così fa
parlare Maria: Anime redente e figlie mie dilette, non vogliate solamente
compatirmi per quell'ora in cui mi vidi morire innanzi il mio caro Gesù; poiché
la spada di dolore predettami da Simeone per tutta la mia vita mi trafiggeva
l'anima: mentre io dava latte al mio Figlio, mentre io lo riscaldava tra le mie
braccia, e già guardava l'amara morte che l'aspettava, considerate qual lungo
ed aspro dolore io doveva soffrire. Nolite
solum attendere horam illam qua dilectum meum vidi mori; nam Simeonis gladius,
antequam pertransiret, longum per me transitum fecit. Cum igitur eum lactarem,
foverem, et prospicerem eius mortem, quam prolixam me putatis pertulisse
passionem? (Loc. cit.).14
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Quindi Maria per bocca di Davide potea ben dire: Defecit in dolore vita mea, et anni mei in gemitibus (Ps. XXX, 11).
Et dolor meus in conspectu meo semper
(Ps. XXXVII, 18): La mia vita passò tutta in dolore e lagrime, mentre il mio
dolore, ch'era la compassione al mio diletto Figlio, non mi si partiva mai
davanti gli occhi, vedendo io sempre tutte le pene e la morte ch'egli un giorno
dovea patire. Rivelò la stessa divina Madre a S. Brigida che ancora dopo la
morte e salita del Figlio al cielo, la memoria della Passione, o mangiasse o
lavorasse, era sempre fissa e recente nel suo tenero cuore: Tempore quo post Ascensionem Filii mei vixi,
Passio sua in corde meo fixa erat, ut sive comedebam, sive laborabam, quasi
recens erat in memoria mea (Rev., l. 6, c. 61).15 Onde scrisse
Taulero che Maria passò tutta la vita in un perpetuo dolore, poiché d'altro non
si trattava nel suo cuore, che di mestizia e di pene: Beatissima Virgo pro tota vita fecit professionem doloris (Vit.
Christ., c. 18).16
- 506 -
Sicché il tempo che suole agli afflitti mitigare il dolore, non giovò a Maria:
anzi il tempo le accresceva gli affanni, mentre crescendo Gesù, sempre più le
si dimostrava bello ed amabile da una parte, e dall'altra avvicinandosi sempre
più il tempo della sua morte, sempre più cresceva nel cuor di Maria il dolore
di averlo a perdere su questa terra. Come cresce la rosa tra le spine - disse
l'angelo a S. Brigida - così la Madre di Dio si avanzava negli anni tra le
pene; e siccome al crescer della rosa crescono le spine, così questa rosa eletta
del Signore, Maria, quanto più nell'età cresceva, tanto più le spine de' suoi
dolori s'avanzavano a tormentarla: Sicut
rosa crescere solet inter spinas, ita B. Virgo in hoc mundo crevit inter
tribulationes: et sicut, crescente rosa, crescunt spinae, sic haec electissima
rosa Maria quanto crescebat aetate, tanto tribulationum spinis pungebatur
(Sermo Ang., cap. 16).17 - Quindi, considerata la lunghezza di questo
dolore, passiamo al secondo punto, a vedere quanto egli fu grande.
Punto II.
Ah che non solo Maria fu regina de' martiri, perché il suo martirio fu più
lungo di tutti, ma ben anche perché egli fu di tutti il più grande. Ma chi mai
potrà misurarne la grandezza? Geremia par che non trovi a chi mai comparare
questa madre di dolori considerando la di lei gran pena nella morte del Figlio.
Cui comparabo te? egli dice, vel cui assimilabo te, filia Ierusalem?...
Magna est enim velut mare contritio tua. Quis medebitur tui? (Thren. II,
13). Che perciò commentando le suddette parole Ugon cardinale, disse: O Vergine
benedetta, come l'amarezza del mare avanza tutte l'altre amarezze, così il tuo
dolore supera tutti gli altri dolori: Quemadmodum
mare est in amaritudine excellens, ita tuae contritioni nulla calamitas aequari
potest.18 Indi asserì S. Anselmo
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che se Dio con un
singolar miracolo non avesse a Maria conservata la vita, il suo dolore sarebbe
stato sufficiente a darle morte in ogni momento ch'ella visse: Utique, Domina, non crediderim te potuisse
stimulos tanti cruciatus quin vitam amitteres sustinere; nisi ipse Spiritus tui
Filii te confortaret (De exc. Virg., c. 5).19 E S. Bernardino da
Siena giunse a dire che 'l dolor di Maria fu sì grande, che se mai egli si
dividesse fra tutti gli uomini, basterebbe a farli morire tutti repentinamente:
Tantus fuit dolor Virginis, quod si inter
omnes creaturas, quae dolorem pati possunt, divideretur, omnes subito
interirent (Tom. 1, serm. 61).20
Ma consideriamo le ragioni perché mai il martirio di Maria fu più grande di
quello di tutti i martiri. - Per prima riflettasi che i martiri han patito il
lor martirio nei corpi per mezzo di fuoco o di ferro; Maria soffrì il suo
martirio nell'anima, come già le predisse S. Simeone: Et tuam ipsius animam doloris
gladius pertransibit (Luc. 2).21 Come le avesse detto il santo
vecchio: O Vergine sacrosanta, gli altri martiri saranno lacerati dal ferro nel
corpo, ma voi sarete trafitta e martirizzata nell'anima colla Passione del
medesimo vostro Figlio. Or quanto l'anima è più nobile del corpo, tanto più
grande fu il dolore di Maria di quello di tutti i martiri, come già disse Gesù
Cristo a santa Caterina da Siena: Inter
dolorem animae et corporis nulla est comparatio.22
- 508 -
Onde
dice il santo abbate Arnoldo Carnotense che chi mai si fosse trovato sul
Calvario a vedere il gran sacrificio dell'Agnello immacolato allorch'egli morì
sulla croce, avrebbe ivi mirati due grandi altari, uno nel corpo di Gesù,
l'altro nel cuore di Maria, dove nello stesso tempo che 'l Figlio sacrificava
il suo corpo colla morte, Maria sacrificava l'anima colla compassione: Nimirum in tabernaculo illo duo videres
altaria, aliud in pectore Matris, aliud in corpore Christi: Christus carnem,
Maria immolabat animam (Tr. de sept. verb. Dom.
in Cru.).23
In oltre dice S. Antonino (P. 4, tit. 15, c. 24) che gli altri martiri patirono
sacrificando la vita propria, ma la B. Vergine patì sacrificando la vita del
Figlio, ch'ella amava assai più della propria vita.24 Sicché non solo
patì nello spirito tutto
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quello che patì il Figlio nel corpo, ma di
vantaggio recò più dolore al suo cuore la vista delle pene del Figlio, che se
ella avesse sofferte tutte quelle pene in se stessa. Che Maria patisse nel suo
cuore tutti gli strazi da cui vide tormentato il suo amato Gesù, non può
dubitarsi. Ognuno intende che le pene de' figli son pene ancor delle madri,
allorch'elle si trovano presenti a vederli patire. - Sant'Agostino considerando
il tormento che pativa la madre de' Maccabei ne' supplizi in cui vedea patire i
suoi figli, dice: Illa videndo in omnibus
passa est; quia amabat omnes, ferebat in oculis quod in carne omnes (Serm.
109 de divers., c. 6).25 Così anche avvenne a Maria: tutti quei
tormenti, i flagelli, le spine, i chiodi, la croce, che afflissero le carni
innocenti di Gesù, entrarono nello stesso tempo nel cuore di Maria a compire il
suo martirio. Ille carne, illa corde
passa est, scrisse sant'Amedeo (Hom. 5).26 In modo che, dice S.
Lorenzo Giustiniani, il cuore di Maria divenne come uno specchio de' dolori del
Figlio, in cui si vedevano gli sputi, le percosse, le piaghe e tutto ciò che
pativa Gesù: Passionis Christi speculum
effectum erat cor Virginis; in illo agnoscebantur sputa, convicia, verbera,
vulnera (De agon. Chris., c. 21).27 E riflette S. Bonaventura che
quelle piaghe, le quali erano sparse per tutto il corpo di Gesù, erano tutte
poi unite nel solo cuor di Maria: Singula
vulnera per eius corpus dispersa, in uno corde sunt unita (De planctu Virg.
in Stim. am.).28
- 510 -
Sicché la Vergine per la compassione al Figlio fu nel suo cuore amante flagellata,
coronata di spine, dispregiata, inchiodata alla croce: ond'è che contemplando
lo stesso santo Maria sul monte Calvario, mentre assisteva al Figlio moribondo,
si fa a domandarle: Signora, ditemi, dove allora stavate voi? Solamente forse
vicino alla croce? No, dirò meglio, voi stavate nella stessa croce crocifissa
insieme col vostro Figlio: O Domina mea,
ubi stabas? Numquid tantum iuxta crucem? Imo in cruce cum Filio crucifixa eras
(Loc. cit.).29
E Riccardo
sulle parole del Redentore, ch'egli disse per Isaia: Torcular calcavi solus, et de gentibus non est vir mecum (Is.
LXIII, 3); soggiunge: Verum est, Domine,
quod non est vir tecum, sed mulier una est tecum, quae omnia vulnera quae tu
suscepisti in corpore, suscepit in corde:30 Signore, avete ragione
di dire che nell'opera dell'umana Redenzione siete solo a patire, e non avete
alcun uomo che almeno vi compatisca abbastanza; ma avete una donna ch'è la
vostra Madre, la quale quanto voi soffrite nel corpo ella soffrisce nel cuore.
Ma tutto ciò è dir troppo poco de' dolori di Maria, mentr'ella, come dissi, più
patì nel veder patire il suo amato Gesù, che se in se stessa sofferti avesse
tutti gli strazi e la morte del Figlio. Scrisse già Erasmo, generalmente
parlando de' genitori, ch'essi più sentono i dolori de' figli che ogni propria
pena: Parentes atrocius torquentur in
liberis, quam in seipsis (Libell. de Machab.).31 Ma ciò non sarà
sempre vero. In Maria
- 511 -
certamente s'avverò, essendo certo ch'ella amava
immensamente più il Figlio e la sua vita, che se stessa e mille vite proprie.
Onde ben l'attesta S. Amedeo che l'afflitta Madre alla vista dolorosa delle
pene del suo amato Gesù, patì molto più che se ella stessa avesse sofferta
tutta la sua Passione: Maria torquebatur
magis quam si torqueretur in se: quia super se incomparabiliter diligebat id
unde dolebat (Cit. hom. 5).32 La ragione è chiara, poiché, come
dice S. Bernardo, Anima magis est ubi
amat quam ubi animat.33 E prima lo disse lo stesso Salvatore che
ivi sta il nostro cuore, dove sta il bene che amiamo: Ubi... thesaurus vester est, ibi et cor vestrum erit (Luc. XIII,
[34]). Se dunque Maria per l'amore vivea più nel Figlio che in se stessa, assai
più dovette soffrir di dolore nella morte del Figlio, che se a lei fosse stata
data la morte più crudele del mondo.
E qui entra l'altro riflesso che rendé il martirio di Maria immensamente
maggiore del supplicio di tutti i martiri: poich'ella nella Passione di Gesù
patì assai e patì senza sollievo. - Pativano i martiri nei tormenti che loro
davano i tiranni, ma l'amore a Gesù rendeva loro dolci ed amabili i dolori.
Pativa un S. Vincenzo nel suo martirio, era egli tormentato sull'eculeo,
scarnificato da uncini, bruciato da lamine infocate; ma
- 512 -
che? dice S.
Agostino: Alius videbatur pati, alius
loqui.34 Parlava con tanta fortezza al tiranno, e con tanto
disprezzo de' tormenti, che pareva che un Vincenzo patisse ed un altro Vincenzo
parlasse, tanto il suo Dio colla dolcezza del suo amore lo confortava in mezzo
a quelle pene. - Pativa un S. Bonifacio, gli era lacerato il corpo da' ferri,
gli erano poste acute cannucce fra l'unghie e la carne, piombo liquefatto nella
bocca, ed egli non si saziava nello stesso tempo di dire: Gratias tibi ago, Domine Iesu Christe.35 - Pativano un S.
Marco e S. Marcelliano, stando ligati ad un palo con i piedi trafitti da'
chiodi: e dicendo loro il tiranno: Miseri, ravvedetevi e liberatevi da queste
pene; essi rispondevano: Che pene ci nomini? che pene? Noi non abbiamo mai
banchettato più allegramente di questo tempo, in cui patiamo con gusto per
amore di Gesù Cristo: Numquam tam iucunde
epulati sumus, quam cum haec libenter Iesu Christi amore perferimus.36
- Pativa un S. Lorenzo,
- 513 -
ma mentre egli stava bruciando sulla
graticola, era, dice S. Leone, più potente la fiamma interna dell'amore a
consolarlo nell'anima, che il fuoco di fuori a tormentarlo nel corpo: Segnior fuit ignis qui foris ussit, quam qui
intus accendit (In Nat. S. Laur.).37 Onde l'amore lo facea così
forte, che giungea ad insultar il tiranno con dirgli: Assatum est iam, versa et manduca:38 Tiranno, se vuoi
cibarti delle mie carni, già una parte è cotta, via su volta e mangia. Ma come
in tanti tormenti, in quella lunga morte, poteva il santo così giubilare? Ah
ch'egli inebriato, risponde S. Agostino, col vino del divino amore, non sentiva
né tormenti né morte: In illa longa
morte, in illis tormentis, illo calice ebrius tormenta non sentit (Tract.
27).39
Sicché i santi martiri quanto più amavano Gesù, tanto meno sentivano i tormenti
e la morte; e la sola vista delle pene di un Dio crocifisso bastava a
consolarli. Ma la nostra addolorata
- 514 -
Madre era forse così ancora ella
consolata dall'amore al suo Figlio e dalla vista delle sue pene? No, ch'anzi lo
stesso Figlio che pativa era tutta la cagione del suo dolore, e l'amore che gli
portava era l'unico e suo troppo duro carnefice; poiché in altro non consisté
tutto il martirio di Maria, che nel vedere e compatire l'innocente ed amato
Figlio che tanto pativa. Onde quanto più ella l'amava tanto più il suo dolore
fu acerbo e privo di sollievo. Magna est
velut mare contritio tua: quis medebitur tui? - Ah regina del cielo, agli
altri martiri l'amore ha mitigata la pena, ha sanate le ferite; ma a voi chi
mai raddolcì il grande affanno? chi mai guarì le troppo dolorose ferite del
vostro cuore? Quis medebitur tui? se
quello stesso Figlio, che poteva darvi sollievo, era col suo patire l'unica
cagione delle vostre pene, e l'amore che gli portavate componeva tutto il
vostro martirio? Sì, che dove gli altri martiri, come riflette Diez,40
si dipingono ciascuno collo stromento di sua passione, S. Paolo colla spada, S.
Andrea colla croce, S. Lorenzo colla graticola; Maria si dipinge col suo Figlio
morto in braccio, perché non altri che lo stesso Gesù fu lo stromento del suo
martirio, per ragion dell'amore ch'ella gli portava. Con poche parole S.
Bernardo conferma tutto ciò che ho detto: In
aliis martyribus magnitudo amoris dolorem lenivit passionis; sed B. Virgo
quanto plus amavit, tanto plus doluit, tantoque ipsius martyrium gravius fuit
(Ap. Crois., Vit. Mar., § 23).41
- 515 -
È certo che quanto più s'ama una cosa, tanto più si sente la pena in perderla.
Più certamente affligge la morte d'un fratello che d'un giumento; più la morte
d'un figlio che d'un amico. Or dice Cornelio a Lapide che per comprendere
quanto fu il dolore di Maria nella morte del Figlio, bisognerebbe comprendere
quanto era l'amore che gli portava: Ut
scias quantus fuerit dolor B. Virginis, cogita quantus fuerit amor.42
Ma chi mai potrà misurar quest'amore? Dice il B. Amedeo che nel cuore di Maria
eran congiunti l'uno e l'altro amore al suo Gesù, l'amor soprannaturale con cui
l'amava come suo Dio e l'amor naturale con cui l'amava come suo figlio: Duae dilectiones in unum connexae erant, et
ex duobus amoribus factus est amor unus, cum Virgo Filio divinitatis amorem
impenderet, et in Deo amorem nato exhiberet (Hom. 5, de laud.
V.).43 Sicché di questi due amori se ne fece un solo, ma un amor così
immenso, che Guglielmo di Parigi giunse a dire che la B. Vergine amò Gesù quantum capere potuit puri hominis modus,44
quasi che una pura creatura non fosse più
- 516 -
capace d'amarlo. Unde, dice Riccardo di S. Lorenzo, sicut non fuit amor sicut amor eius, ita non
fuit dolor sicut dolor eius.45 E se l'amor di Maria verso del
Figlio fu immenso, immenso ancora dovette essere il suo dolore in perderlo
colla morte: Ubi summus amor, dice il
B. Alberto Magno, ibi summus
dolor.46
Quindi immaginiamoci che la divina Madre stando a vista del Figlio moribondo sulla
croce, giustamente applicandosi le parole di Geremia, dica a noi: O vos omnes qui transitis per viam,
attendite, et videte si est dolor sicut dolor meus (Ier. I, 12): O voi che
passate la vita in questa terra e niente mi compatite, fermatevi un poco a
guardarmi or ch'io vedo morirmi avanti gli occhi questo Figlio diletto; e poi
vedete se fra tutti gli afflitti e tormentati si trovi dolore simile al mio
dolore. Sì che non può trovarsi, o Madre addolorata, le risponde S.
Bonaventura, dolore più amaro del vostro, mentre non può trovarsi figlio più
caro del vostro: Nullus dolor amarior,
quia nulla proles carior (De compass. Virg., c. 2).47 Ah che non
v'è stato mai al mondo, ripiglia S. Lorenzo Giustiniani, figlio più amabile di
Gesù, né madre più amante d'un figlio che Maria. Se dunque non vi è stato al
mondo amore simile all'amore di Maria, come mai può trovarsi dolore simile al
dolore di Maria? Non
fuit talis filius, non fuit talis mater: non fuit tanta caritas, non fuit dolor
tantus.
- 517 -
Ideo quanto dilexit tenerius, tanto vulnerata est
profundius
(Lib. 3, de laud. Virg.).48
Ond'è che S. Idelfonso non dubitò d'asserire esser poco il dire che i dolori
della Vergine superarono tutti i tormenti de' martiri anche uniti insieme: Parum est Mariam in Passione Filii tam
acerbos pertulisse dolores, ut omnium martyrum collective tormenta superaret
(Ap. Sinisc., Mart. di Mar., cons. 36).49 E S. Anselmo aggiunse che gli
strazi più crudeli usati co' santi martiri, furono leggieri, anzi
niente50 a rispetto del martirio di Maria: Quidquid crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit aut
potius nihil comparatione tuae passionis (De exc. Virg., c. 5).51 E
parimente scrisse S. Basilio che siccome il sole avanza nello splendore tutti
gli altri pianeti,
- 518 -
così Maria colla sua pena avanzò le pene di tutti
gli altri martiri: Virgo universos
martyres tantum excedit. quantum sol reliqua astra.52 Conchiude un
dotto autore (il P. Pinam.) con un bel sentimento: dice che fu così grande il
dolore che soffrì questa tenera Madre nella Passione di Gesù, ch'ella sola poté
degnamente compatire la morte d'un Dio fatt'uomo.53
Ma qui rivolto a questa Vergine benedetta le dice S. Bonaventura: Signora, e
perché mai voleste andare voi ancora a sacrificarvi sul Calvario? Non bastava
forse a redimerci un Dio crocifisso, che voleste essere crocifissa ancor voi
sua madre? O Domina, cur ivisti immolari
pro nobis? Non sufficiebat Filii Passio, nisi crucifigeretur et mater? (Ap.
Pac., exc. 10, in Sal. ang.).54 Ah che pur troppo bastava la morte di
Gesù a salvare il mondo, ed anche infiniti mondi; ma volle questa buona Madre
per l'amore che ci porta, co' meriti de' suoi dolori, ch'ella offerì per noi
sul Calvario, anch'ella giovare alla causa della nostra salute. E perciò dice
il B. Alberto Magno che siccome noi siamo obbligati a Gesù per la sua Passione
per nostro
- 519 -
amore sofferta, così anche siamo obbligati a Maria per lo martirio
ch'ella nella morte del Figlio volle spontaneamente patire per la nostra
salute: Sicut totus mundus obligatur Deo
propter Passionem, sic obligatur Dominae propter compassionem (Sup. Miss.,
c. 20).55 Aggiunsi56 spontaneamente,
perché, come rivelò l'angelo a S. Brigida, questa nostra sì pietosa e
benigna Madre si contentò più presto di soffrire ogni pena, prima che vedere
l'anime non redente e lasciate nella loro antica perdizione: Sic pia et misericors est et fuit, quod
maluit omnes tribulationes sufferre, quam quod animae non redimerentur
(Rev. l. 3, c. 30).57 Questo può dirsi ch'era l'unico sollievo di Maria
in mezzo al suo gran dolore della Passione del Figlio, il vedere colla di lui
morte redento il mondo perduto, e riconciliati con Dio gli uomini suoi nemici: Laetabatur dolens, parla Simon da
Cassia, quod offerebatur sacrificium in
redemptionem omnium, quo placabatur iratus (De gest. D., l. 2, c.
27).58
Un tanto amore di Maria merita da noi gratitudine; e
la gratitudine almeno sia di meditare e compatire i suoi dolori. Ma di questo
ella si dolse con S. Brigida, che molto pochi la compativano, la maggior parte
ne viveano scordati; onde tanto raccomandò alla santa di aver memoria de' suoi
dolori: Respicio ad omnes qui in mundo
sunt, si forte sint aliqui qui compatiantur mihi et recogitent dolorem meum, et
valde paucos
- 520 -
invenio. Ideo, filia mea, licet a multis oblita sim, tu
tamen non obliviscaris mei; vide dolorem meum, et imitare quantum potes et dole
(Rev., l. 2, c. 24).59 Per intendere quanto gradisce la Vergine in noi
la memoria de' suoi dolori, basterebbe solamente sapere ch'ella nell'anno 1239
apparve a sette suoi divoti - che poi furono i fondatori della religione dei
Servi di Maria - con una veste di color nero in mano, e loro impose che, se
volevano gradirle, spesso meditassero i suoi dolori; e perciò volea che per
memoria di essi, d'allora innanzi portassero quella lugubre veste (Gian.,
Cent., Serv., l. 1, c. 14).60 E Gesù Cristo medesimo rivelò alla B.
Veronica da Binasco ch'egli quasi più si compiace in vedere compatita la Madre
che se stesso; poiché così le disse: Figlia, mi son care le lagrime sparse per
la mia Passione; ma amando io con amore immenso la mia Madre Maria, mi è più
cara la meditazione de' dolori ch'ella patì nella mia morte (Ap. Bolland., 13
ian.).61
- 521 -
Perciò son troppo grandi le grazie da Gesù promesse
a' divoti de' dolori di Maria. Riferisce il Pelbarto (Stellar., l. 3, p. 3, a.
3) essere stato rivelato a S. Elisabetta che S. Giovanni evangelista, dopo che
la B. Vergine fu assunta in cielo, desiderava egli di rivederla; ebbe già la
grazia, gli apparve la sua cara Madre, ed insieme con lei anche Gesù Cristo; ed
intese poi che Maria domandò al Figlio qualche grazia speciale per li divoti
de' suoi dolori, e che Gesù le prometté per essi quattro grazie principali: 1.
Che chi invoca la divina Madre per li suoi dolori, prima della morte meriterà
far vera penitenza di tutti i suoi peccati. 2. Ch'egli custodirà questi divoti
nelle tribolazioni in cui si trovano, specialmente al tempo della morte. 3. Che
imprimerà loro la memoria della sua Passione, e che in cielo poi ne darà loro
il premio. 4. Che tali divoti egli li porrà in mano di Maria, acciocch'ella ne
disponga a suo piacere, e loro ottenga tutte le grazie che vuole.62 -
In comprova di ciò vediamo nel seguente esempio quanto giovi alla salute eterna
la divozione a' dolori di Maria.
- 522 -
Esempio.
Si ha dalle rivelazioni di S. Brigida (Lib. 6, cap. 97) che vi era un signore
quanto nobile di nascita, tanto vile e scellerato di costumi. Egli s'era dato
con patto espresso per ischiavo al demonio, e l'avea servito per sessant'anni
continui, facendo la vita che ognuno può immaginarsi, lontano sempre da'
sacramenti. Or questo principe venne a morte, e Gesù Cristo, per usargli
misericordia, comandò a S. Brigida che avesse detto al suo confessore che fosse
andato a visitarlo e l'avesse esortato a confessarsi. Vi andò il confessore, e
quegli rispose che non avea bisogno di confessione, perché spesso si era
confessato. Vi andò la seconda volta, e quel povero schiavo dell'inferno
seguiva a stare ostinato in non voler confessarsi. Gesù di nuovo disse alla
santa che vi mandasse63 il confessore. Questi vi ritornò, ed in questa
terza volta gli riferì la rivelazione fatta alla santa, e ch'egli perciò era
tornato tante volte, perché così l'avea comandato il Signore, che volea usargli
misericordia. Al sentire ciò il misero infermo s'intenerì e cominciò a
piangere. Ma come, poi esclamò, io posso essere perdonato, se per sessant'anni
ho servito il demonio, fatto suo schiavo, ed ho caricata l'anima mia
d'innumerabili peccati? Figlio, rispose il Padre animandolo, non dubitare, se
tu te ne penti, io ti prometto da parte di Dio il perdono. Allora egli
cominciando a prender confidenza, disse al confessore: Padre, io mi stimava
dannato, e già disperava della salute,64 ma ora mi sento un dolore de'
miei peccati, che m'anima a confidare; onde, giacché
- 523 -
Dio non m'ha
abbandonato ancora, voglio confessarmi. Ed in fatti in quel giorno si confessò
quattro volte con gran dolore, nel seguente poi si comunicò, e nel sesto
giorno, tutto contrito e rassegnato, se ne morì. Dopo la sua morte di nuovo
Gesù Cristo parlò a S. Brigida e le disse che quel peccatore era salvo stando
già in purgatorio, e che s'era salvato per l'intercessione della Vergine sua
Madre; mentre il defunto, benché avesse fatta una vita così perversa,
nulladimeno avea sempre conservata la divozione a' suoi dolori; poiché sempre
che si ricordava de' suoi dolori, la compativa.65
Preghiera.
O Madre mia addolorata, regina de' martiri e de' dolori, voi tanto piangeste il
vostro Figlio morto per la mia salute; ma che mi gioveranno le vostre lagrime,
se io mi danno? Per
- 524 -
li meriti dunque de' vostri dolori impetratemi un
vero dolore de' miei peccati e una vera emendazione di vita, con una perpetua e
tenera compassione della Passione di Gesù e de' dolori vostri. E se Gesù e voi,
essendo così innocenti, tanto avete patito per me, ottenetemi voi ch'io reo
dell'inferno patisca qualche cosa per amor vostro. O Domina - vi dirò con S. Bonaventura - si te offendi, pro iustitia cor meum vulnera; si tibi servivi, nunc pro
mercede peto vulnera. Opprobriosum est videre Dominum meum Iesum vulneratum, te
convulneratam, et me illaesum.66
Finalmente, o Madre mia, per l'affanno che provaste in vedervi innanzi agli
occhi il vostro Figlio tra tante pene chinar la testa e spirare sulla croce, vi
supplico ad ottenermi una buona morte. Deh non lasciate allora, o avvocata de'
peccatori, di assistere all'afflitta e combattuta anima mia in quel gran
passaggio che dovrà fare all'eternità. E perché allora facilmente io avrò
perduta la parola e la voce per invocare il nome vostro e di Gesù, che siete
tutte le mie speranze; perciò da ora invoco il vostro Figlio e voi a soccorrermi
in quell'ultimo punto, e dico: Gesù e Maria, a voi raccomando l'anima mia. Amen.
1
Prov. VIII, 22.
2 «Una autem et sola
Virgo, filia vitae, genuit Verbum vivens.» DIONYSIUS ALEXANDRINUS (+ 264), Epistola contra Paulum Samosatensem. MANSI,
Conciliorum collectio, I, 1043. -
L'autenticità di questa Lettera è ormai accertata.
3
«Vitam natura potiorem habebis. Habebis autem non tibi ipsa;
quippe quae non tui ipsius causa genita sis. Quocirca Deo hanc habebis, cuius
gratia in mundum prodiisti; ut orbis universi saluti obsequaris; Deique
antiquum consilium, nimirum incarnationis Verbi ac nostrae deificationis, per
te impleatur.» S. IO. DAMASCENUS, In
Nativitatem B. V. M. hom. 1, n. 9. MG 96-675.
4
«Arca etiam Noë significavit arcam gratiae, excellentiam scilicet Mariae. Sicut
enim per illam omnes evaserunt diluvium: sic per istam peccati naufragium...
Per illam octo animae tantum salvantur: per istam omnes ad aeternam vitam, quae
per octonarium numerum significata est, vocantur. Per illam paucorum facta est
liberatio: per istam humani generis salvatio... Illa superferebatur aquis
diluvii: ista non sensit naufragia ullius vitii.» Inter Opera S. Bernardi, Sermo de B. Maria Virgine («Miraculum fuit...»),
n. 6. ML 184-1017. D'incerto autore.
5 «Nova Eva, mater
vitae nuncupata...» Sermo in Annuntiationem
Deiparae, n. 14, inter Opera (spuria)
S. Athanasii. MG 28-938.
6 S. TEOFANE fu
prima monaco nella laura di San Saba presso Gerusalemme. Sotto gli imperatori
Leone Armeno e Teofilo ebbe a soffrire persecuzione per il culto delle sante
imagini. Col fratello Teodoro, fu due volte condannato all'esilio ed alle
verghe; inoltre, vennero loro incisi sulla faccia alcuni versi: donde il loro
cognome di Grapti, Graptói. Teodoro
morì in prigione sotto l'imperatrice Teodora, Teofane fu fatto arcivescovo di Nicea. Si dice che abbia
scritto un inno In Annuntiationem SS.
Deiparae. Restituito il culto delle sante imagini, come scrive il MARRACCI,
Familia Mariana, II, Antistites Mariani, cap. 17, § 18, Summa Aurea (Migne-Bourassé) X, col. 1056, «in gratiarum actiones Odas Hymnosque
pulcherrimos elaboravit, quibus augustissimae caelorum Reginae laudes celebrat
in hunc modum: «Gladii impiarum haeresum iam defecerunt; templum enim tuum, o
purissima veneranda Dei Genitrix, imaginibus exornatum omnium pietate
conspicimus, et sacro replemur gaudio... Sublata est prima matris Evae
maledictio per te, o sancta Dei Genitrix, cum tu universorum Dominum
ineffabiliter pepereris Virgo, cuius imaginem nunc in figuris veneramur.» - Il Martirologio Romano fa memoria dei due
santi fratelli ai 27 di dicembre.
7 «Ave, gratia plena, Dei hominumque
sequestra constituta.» BASILIUS Seleuciensis
(+ 458 - non santo, perché non costante nel combattere l'eresia di
Eutiche), Oratio 39, n. 5. MG 85-443.
8
«Ave, totius terrarum orbis conciliatrix efficacissima.» S.
EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis
Virginis Mariae laudibus. Opera, VI, Opera
graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 576, col. 2, D.
Editio Veneta, 1755, II, pag. 570, col. 2.
9 «Si... homo, apud
hominem de quo minime praesumit, fieri intercessor erubescit, qua mente apud
Deum intercessionis locum pro populo arripit, qui familiarem se eius gratiae
esse per vitae meritum nescit? Aut ab eo quomodo aliis veniam postulat, qui
utrum sibi sit placatus ignorat? Qua in re adhuc aliud est sollicitius
formidandum, ne qui placare posse iram creditur, hanc ipse ex proprio reatu
mereatur. Cuncti enim liquido novimus, quia cum is qui displicet ad intercedendum
mittitur, irati animus ad deteriora provocatur.» S. GREGORIUS MAGNUS, Regulae pastoralis liber, pars 1, cap.
10. ML 77-23.
10 Anche S. Bonaventura (in III Sent., dist. 3,
pars 1, art. 2, qu. 1, Op., III, ad Claras
Aquas, 1887, p. 73, col. 1, 2): «Congruum etiam erat, ut beata Virgo Maria, per
quam aufertur nobis opprobrium, vinceret
diabolum, ut nec ei succumberet ad modicum. Unde de ipsa exponit tam Bernardus
quam Augustinus illud Genesis tertio
(Gen. III, 15): Ipsa conteret caput tuum.
Si igitur suggestio est caput
diaboli, nulla suggestio ingressum habuit in mentem Virginis, et ita tam a
mortali immunis fuit quam a veniali.» - Vedi la nota seguente. - Il testo di S.
Agostino, a cui allude il Dottore Serafico, è quello della Enarratio in Ps. 103, sermo 4, n. 6, ML 37-1381: «Quod est caput
serpentis? Prima peccati suggestio.» Ivi, S. Agostino applica alla Chiesa
queste parole del Genesi: Ipsa tuum
observabit caput; ma, come notano gli editori di Quaracchi, anche secondo
S. Agostino, Maria è il tipo della Chiesa. - Abbiamo, di S. Agostino, tre
trattati sul Genesi, ML 34: De Genesi
contra Manichaeos, De Genesi liber imperfectus, De Genesi ad litteram. Nel De Genesi contra Manichaeos, II, cap.
18, n. 28, ML 34-210, abbiamo solo questo: «Significatur semine diaboli
perversa suggestio.» Negli altri due trattati, nulla che possa riferirsi alla
presente questione. Le parole riferite da S. Alfonso, non possono essere altro
che una interpolazione o una sottile deduzione di qualche interprete. Con
ragione S. Alfonso ha dubitato della genuinità del testo citato.
11 S. BONAVENTURA, In III Sententiarum, dist. 3, pars 1,
art. 2, qu. 1, Opera, III, ad Claras
Aquas, 1887, pag. 73, col. 1: «Respondeo: Dicendum quod beata Virgo Maria per
sanctificationis gratiam copiosam immunis fuit ab omni culpa actuali, tam
mortali quam veniali... Et hoc congruebat advocatam generis humani, ut nullum
haberet peccatum, quod eius conscientiam remorderet... Congruum etiam erat, ut
beata Virgo Maria, per quam aufertur nobis opprobrium, vinceret diabolum, ut
nec ei succumberet ad modicum.» - Il Dottore Serafico parla solo dell'esenzione
da ogni peccato attuale: però i suoi argomenti valgono anche per l'esenzione
dal peccato originale.
12 «Tu ante omnem
creaturam in mente Dei praeordinata fuisti, ut omnium feminarum castissima Deum
ipsum hominem verum ex tua carne procreares.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo 4, De immaculata Virginis Conceptione, art. 3, cap. 4. Opera, Venetiis, 1745, IV, 89, col.
2. - Quadragesimale de Evangelio aeterno,
sermo 51. Feria II post Dominicam Olivarum, et etiam in
festivitatibus B. Virginis, et maxime Nativitatis, Conceptionis et
Annunciationis, art. 3, cap. 4. Venetiis,
1591, II, 520, col. 2.
13
«Sanctitas... illis rebus attribuitur quae in Deum ordinantur.» S. THOMAS, Sum.
Theol., I, qu. 36, art. 1, c.
14 D. DIONYSIUS
CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B.
V. M., lib. 2, art. 2, Opera, XXXVI,
Operum minorum, IV, Tornaci, 1908,
pag. 71, col. 2.Meglio si direbbe: «Henricus
de Hassia (ossia de Langenstein, +
1397)», quantunque Dionigi faccia sue le parole di Enrico. Le avrà prese o dal Sermo de Conceptione B. M. V., in cui
Enrico difende l'Immacolata Concezione di Maria; o dal suo trattato Contra disceptationes et praedicationes
contrarias FF. Mendicantium super Conceptione B. Mariae V. et contra maculam
mendaciter S. Bernardo impositam. Cf. Hurter,
Nomenclator literarius, IV, Oeniponte, 1899, col. 573. - «De hac
plenitudine gratiae Mariae dignissimae, scribit HENRICUS DE HASSIA: «... Omnium
artifex Deus ad ipsius (Mariae) formationem in utero supernaturaliter
concurrens, Filio suo dignum habitaculum fabricaturus, eam intrinsecus omnium
gratificantium charismatum et dignificantium habituum plenitudine adornavit...»
Haec Henricus.» DIONYSIUS, l.
c.
15
«Omnipotens sempiterne Deu, qui gloriosae Virginis Matris...» Oratio ad Antiphonam Salve Regina.
16 «Hominum amator ac misericors Deus noster... cum
contemplaretur hominem... a diabolo in servitutem redactum, voluit Filium suum
unigenitum... mittere, qui illum ex diaboli manibus eriperet... Effecit autem
per suam providentiam, ut sancta Virgo pura et immaculata nasceretur, quae
tanti boni digna foret.» Menologium
Basilianum (iussu Basilii Imperatoris
descriptum), pars 3, mensis martius, dies 25, Annuntiatio SS. Deiparae. MG 117-367.
17 «Quod itaque vel
paucis mortalium constat fuisse collatum, fas certe non est suspicari tantae
Virgini esse negatum, per quam omnis mortalitas emersit ad vitam.» S.
BERNARDUS, Epistola 174, ad Canonicos Lugdunenses, de Conceptione S.
Mariae. - È vero che, nella detta Lettera, S. Bernardo non cava, da questo
principio, altra conclusione che la santificazione di Maria in utero, non già in conceptione. Resta però il principio, con tutte le conclusioni
che legittimamente se ne possono dedurre.
18 «Vere turris
David (Virgo sacratissima)... Ibi est enim omnis
fortium armatura: ibi fides Apostolorum, ibi fortitudo Martyrum, ibi
puritas Virginum, Doctorum sapientia, Anachoritarum paupertas, devotio
Confessorum; ibi denique omnium Sanctorum virtus agglomerata reperitur. Nihil
enim usquam (alicui) Sanctorum speciali privilegio concessum est, quod non a
principio vitae accumulatius praefulgeat in Maria.» S. THOMAS A VILLANOVA,
Archiep. Valentinus, Ord. Eremitarum S. Augustini, In festo Assumptionis B. V. M., Concio 1, n. 2. Conciones, Mediolani, 1760, II, col.
296, 297.
19
«Infinitum Dei servorum ac Matris discrimen est.» S. IO. DAMASCENUS, In
dormitionem B. V. M., hom. 1, n. 10. MG
96-715.
20
«Respondeo dicendum quod de sanctificatione B. Mariae, quod scilicet fuerit sanctificata
in utero, nihil in Scriptura canonica traditur, quae etiam nec de eius
nativitate mentionem facit. Sicut tamen Augustinus (o piuttosto l'autore del Sermo de Assumptione B. M. V., inter Opera S. Augustini) raionabiliter
argumentatur quod cum corpore sit assumpta in caelum, quod tamen Scriptura non
tradit, ita etiam rationabiliter argumentari possumus quod fuerit sanctificata
in utero. Rationabiliter enim creditur quod illa quae genuit Unigenitum a Patre, plenum gratiae et
veritatis, prae omnibus aliis maiora privilegia gratiae acceperit. Unde, ut
legitur Luc. I, 28, Angelus ei dixit:
Ave, gratia plena. Invenimus autem quibusdam aliis hoc privilegium esse
concessum ut in utero sanctificarentur: sicut Ieremiae... et sicut Ioanni
Baptistae... Unde rationabiliter creditur quod B. Virgo sanctificata fuerit
antequam ex utero nasceretur.» S.
THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 1, c.
21 «Insciane fuit et impotens sapientia Dei et
virtus mundum sibi habitaculum condere, remota omni labe conditionis humanae?
Angelis aliis peccantibus, bonos a peccatis servavit, et feminam, Matrem suam
mox futuram, ab aliorum peccatis exsortem servare non valuit?» Tractatus de Conceptione B. M. V. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-307. -
L'autenticità di questo opuscolo fu già sospetta a Baronio. Gerberon, O. S. B., editore delle Opere di S. Anselmo la
nega recisamente: ML 158, col. 42-45.
22 La I ed. napol. e
le venete del 1760 e '84 hanno: Che
quella vergine, a cui Dio disponea di dare l'unico suo Figlio, fosse adorna
d'una tal purità... - L'ediz.. del 1776, «accresciuta e corretta dal
medesimo Autore», (Napoli, Stasi), come nel testo.
23 «Nempe decens
erat, ut ea puritate, qua maior sub Deo nequit intelligi, Virgo illa niteret,
cui Deus Pater unicum Filium suum, quem de corde suo aequalem sibi genitum
tamquam seipsum diligebat, ita dare disponebat, ut naturaliter esset unus
idemque communis Dei Patris et Virginis Filius; et quam ipse Filius
substantialiter facere sibi matrem eligebat; et de qua Spiritus Sanctus volebat
et operaturus erat ut conciperetur et nasceretur ille de quo ipse procedebat.»
S. ANSELMUS, Cantuariensis Archiepiscopus, Liber
de conceptu virginali et originali peccato, cap. 18. ML 158-451.
24 «Nascitur autem
in domo probaticae Ioachim, atque ad templum adducitur. Tum deinde in domo Dei
plantata, et per Spiritum saginata, instar olivae fructiferae virtutum omnium
domicilium instruitur; ut quae, abstracta mente ab omni saeculi carnisque
cupiditate, animum una cum corpore virginem conservasset, veluti decebat illam,
quae sinu suo conceptura Deum erat, qui, cum ipse sanctus sit, in sanctis
requiescit. Unde sanctimoniam consectando, templum evadit sanctum et
admirabile, Deique altissimi hospitio dignum.» S. IO. DAMASCENUS, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159.
25
«Deus siquidem - Deus enim est quem peperit - matrem suam singulari in
caelestibus donaturus gloria, singulari in terris praevenire curavit et
gratia... Proinde factor hominum, ut homo fieret, nasciturus de homine, talem
sibi ex omnibus debuit deligere, imo condere matrem, qualem et se decere
sciebat, et sibi noverat placituram.» S. BERNARDUS, De laudibus Virginis Matris, Homiliae «super Missus», hom. 2, n. 1.
ML 183-61.
26
«Triplicem sanctificationem... discutiamus... Prima est sanctificatio
generalis,... qua sanctificantur homines per ecclesiastica sacramenta...
Secunda est sanctificatio specialis... Ponit autem haec sanctitas in statu
iustitiae consummatae (come si dimostra nel Precursore, e negli Apostoli dopo
la Pentecoste). Tertia vero fuit sanctificatio maternalis: et haec removet
culpam originalem, et confert gratiam: et haec etiam removet pronitatem
adpeccandum tam venialiter quam mortaliter. Et haec fuit in B. Virgine Maria
Matre Dei. Sane Deus ipse aeternus, sicut mira sua sapientia creavit omnia: sic
illam benedictam Matrem suam talem condidit et sanctificavit in tempore, qualem
eam sanctam elegit in sua aeternitate. Et talem, tam nobilitate naturae quam
perfectione gratiae, condidit matrem, qualem eam decebat sumere quod in
aeternum sibi erat unitum unitate personae, de quo exiret pretium totius
liberationis, iustificationis, et beatificationis humanae.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festiv. SS. et Imm. V. Mariae, sermo 4, De
immaculata Virginis Conceptione, art. 1, cap. 1. Opera, Venetiis, 1745, IV, 83, col.
1. - Quadragesimale de Evangelio aeterno.
Sermo 51, Feria II post Dominicam
Olivarum, et etiam in festivit. B. V., et maxime Nativit., Conception. et Annunc., art. 1. Opera,
Venetiis, 1591, II, pag. 510, col. 2, pag. 511, col. 1, 2.
27 «Oportuit eum qui
peccata venerat tollere, esse a peccatoribus segregatum quantum ad culpam cui
Adam subiacuit, et quem Christus a suo
delicto eduxit, ut dicitur Sap. X,
2.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu.
4, art. 6, ad 2.
28 «Maria... nobis non solum virginitatis
incentivum atutlit, sed etiam Deum intulit. Unde laetus et exsultans tanto
munere dicit Isaias: Ecce virgo in
utero accipiet, et pariet filium, et
vocabitur nomen eius Emmanuel (Is. VII, 14), quod est interpretatum, nobiscum Deus (Matth. I, 23). Unde hoc
munus? Non de terra utilique, sed de caelo vas sibi hoc per quod descenderet
Christus elegit, et sacravit templum pudoris.» S. AMBROSIUS, Liber
de institutione virginis et S. Mariae virginitate perpetua, cap. 5, n. 33.
ML 16-313.
29
«Apparuit ei beatus Ioannes Baptista, qui ait illi: «... Ista
Regina caeli sic pura fuit, quod una macula peccati inveniri numquam potuit in
ea, a principio ingressus eius in mundum usque ad ultimam diem mortis ipsius.
Nec omnes diaboli tantam impuritatem reperire poterant in ea, ubi cuspis acus
poni posset. Ipsa vere erat purissima. Nam non decuit Regem gloriae iacere nisi
in vase purissimo, et mundissimo, et electissimo prae omnibus angelis et
hominibus.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.
1, cap. 31. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 37, col. 2, 38, col. 1.
30 Revelationes S. BIRGITTAE, come sopra,
pag. 342, col. 2, Revelatio XIII in libro
Quaestionum (lib. 5), Expositio et
declaratio praedictorum in figura: «Pater loquitur. Vas illud de quo dixi tibi, Maria filia Ioachim, mater
humanitatis Christi, fuit. Ipsa enim fuit vas clausum, et non clausum: clausum
diabolo, et non Deo... Secundo, fuit Maria, Mater Filii mei, vas parvum, et non
parvum: parvum et modicum in humilitatis suae contemptu; magnum, et non parvum,
in caritate Deitatis meae. Tertio, fuit Maria vas vacuum, et non vacuum: vacuum
ab omni voluptate et peccato; non vacuum, sed plenum caelesti dulcedine et omni
bonitate. Quarto, fuit Maria vas luminosum, et non luminosum: luminosum, quia
omnis anima pulchra a me creata est, sed anima Mariae crevit ad omnem
perfectionem luminis, in tantum quod Filius meus fixit se in anima eius, ex
cuius pulchritudine gaudebant caelum et terra; sed vas istud non luminosum fuit
apud homines, quia mundi honores et divitias contemnebat. Quinto, Maria fuit
vas mundum et non mundum. Mundum vero fuit, quia tota pulchra, et tanta
immunditia non inveniebatur in ea, ubi cuspis acus infigeretur. Sed non mundum
fuit, quia de radice Adare processit et de peccatoribus nata est, licet sine peccato
concepta, ut Filius meus de ea sine peccato nasceretur.»
31
Gloria enim hominis ex honore patris sui,
et dedecus filii pater sine honore. Eccli. III, 13.
32
«Putredo namque et vermis humanae est opprobrium conditionis, a quo opprobrio
cum Iesus sit alienus, natura Mariae excipitur, quam Iesus de ea suscepisse
probatur. Caro enim Iesu, caro est Mariae.» De
Assumptione B. M. V. liber
unus, «incerti auctoris ac pii», cap. 5. Inter Opera S. Augustini, ML 40-1145.
33 «Caro enim Iesu,
caro est Mariae... Caro... Christi, quamvis gloria resurrectionis fuerit
magnificata, et potenti super omnes caelos ascensione glorificata, eadem tamen
carnis mansit et manet natura, quae suscepta est de Maria.» Id. op.,
ibid.
34 «Nec a dominatione vel potentia Filii Mater
potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro, unus spiritus, una
caritas; et ex quo dictum est ei: Dominus
tecum, inseparabiliter perseveravit promissum et donum. Unitas divisionem
non recipit nec secatur in partes, et si ex duobus factum sit unum, illud tamen
ultra scindi non potest; et Filii gloriam cum Matre non tam communem iudico
quam eamdem.» ERNALDUS (Arnoldus,
Arnaldus) Carnotensis, Abbas
Bonaevallis, De laudibus B. M. V., ML
189-1729.
35
«Quando enim placuit gratiae supernae ut habitaret in nobis, a quibus diu
elongata fuerat: tu sola inventa es digna, ut in tua virginali aula Rex regum et
Dominus dominantium, a regalibus sedibus veniens, primam sibi mansionem inter
filios hominum eligeret.» EGBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Ad B. Virginem Deiparam sermo panegyricus, seu Ad gloriosam Virginem Mariam deprecatio et laus elegantissima, n.
2. - Inter Opera S. Bernardi, ML
184-1011. - Paulus Winfridus,
Homiliarius, hom. 52, In Nativitate
B. M. V. ML 95-1515. - Vedi Appendice,
3, B, nel nostro volume precedente, pag. 353.
36 «Eligendo Virginem, fecit eam idoneam
Matrem suam: haec enim est dignitas ad quam electa est, sicut Ioannes electus
est ut sit Praecursor. Unde et antequam conciperet Filium Dei, iam
idonea erat ut esset Mater Dei.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., Concio 3, n. 2. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 398.
37 «Ad tertium dicendum, quod beata Virgo
dicitur meruisse portare Dominum omnium, non quia meruit ipsum incarnari, sed
quia meruit ex gratia sibi data illum puritatis et sanctitatis gradum, ut
congrue posset esse Mater Dei.» S. THOMAS, Sum
Theol., III, qu. 2, art. 11, ad 3.
38 Non già S. Pier Damiani, come neanche S. Agostino, ma l'autore «incertus ac
pius» del Liber de Assumptione B. M. V., cap.
4, ML 40-1144; «Maria... etsi communicat aerumnis Evae, non communicat pariendo
cum dolore. Promeruit enim hoc singularis sanctitas eius et singularis gratia,
qua susceptione Dei singulariter aestimata est digna.»
39 «Sed qualis est
haec dignitas (Matris Dei)? Utique habet
quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti et Omnipotentis. Quae
autem excellentia, quae perfectio, quae magnitudo decuit eam, ut esset idonea
Mater Dei? Hic iam sileat lingua
carnis: excedit enim intellectum et loquelam Virginis magnitudo.» S.
THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis
B. V. M., Concio 3, n. 3. Conciones, Mediolani,
1760, II. col. 398.
40
«Respondeo dicendum quod, illos quos Deus ad aliquid eligit, ita praeparat et
disponit, ut, ad id ad quod eliguntur, inveniantur idonei, secundum illud II
Cor. III, 6: Idoneos nos fecit ministros
novi Testamenti. Beata autem Virgo fuit electa divinitus ut esset Mater
Dei. Et ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc idoneam
reddidit, secundum quod Angelus ad eam dicit (Luc. I, 30): Invenisti gratiam apud Deum: ecce concipies, etc. Non autem fuisset
idonea Mater Dei, si peccasset aliquando: tum quia honor parentum redundat in
prolem, secundum illud Prov. XVII, 6: Gloria
filiorum, patres eorum; unde et per oppositum ignominia matris ad Filium
redundasset; tum etiam quia singularem affinitatem habuit ad Christum, qui ab
ea carnem accepit; dicitur autem II Cor. VI, 15: Quae conventio Christi ad Belial? tum etiam quia singulari modo Dei
Filius, qui est Dei Sapientia, in ipsa habitavit, non solum in anima, sed etiam
in utero; dicitur autem Sap. I, 4: In
malevolam animam non introibit sapientia, nec habitabit in corpore subdito
peccatis. Et ideo simpliciter fatendum est quod beata Virgo nullum actuale
peccatum commisit, nec mortale, nec veniale; ut sic in ea impleatur quod
dicitur Cant. IV, 7: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te.» S. THOMAS,
III, qu. 27, art. 4, c.
41
«Excepta itaque sancta virgine Maria, de qua propter honorem Domini nullam
prorsus, cum de peccatis agitur, habere volo quaestionem: unde enim scimus quod
ei plus gratiae collatum fuerit ad vincendum omni ex parte peccatum, quae (al. quod) concipere ac parere meruit,
quem constat nullum habuisse peccatum? hac ergo Virgine excepta, si omnes illos
sanctos et sanctas, cum hic viverent, congregare possemus et interrogare utrum
essent sine peccato, quid fuisse responsuros putamus?... Nonne una voce
clamassent: Si dixerimus quia peccatum
non habemus, non ipsos decipimus, et veritas in nobis non est.» S.
AUGUSTINUS, De natura et gratia lib.
unus, cap. 36, n. 42. ML 44-267.
42
«Qui antequam nasceretur, talem creavit eam, ut ipse digne nasci potuisset ex
ea.» S. PETRUS DAMIANI, Hom. in
Nativitate B. V. M. (sermo 46). ML 144-752.
43
«Ne quicquam Deum purissimum polluit, quod ex virginali utero prodierit. Quam
enim citra omnem sui labem formaverat, ex ea nulla contracta macula processit.»
S. PROCLUS, Archiep. Constantinopolitanus
(+ 446), Oratio I, Laudatio in SS. Deiparam Mariam, n. 3,
MG 65-683.
44
Vedi sopra, nota 40.
45
Hymn. Te Deum.
46 Di chi siano queste parole, o chi le abbia
attribuite a S. Agostino, non sappiamo.
47 Questo solo ha
detto S. CIRILLO: «Ecquis hominum laudabilissimam illam Mariam pro dignitate
celebrare queat? Ipsa et mater et virgo est;
o rem admirandam! Miraculum hoc me in stuporem rapit. Quis umquam audivit
aedificatorem prohiberi, ne proprium templum, quod ipse construxerit,
inhabitaret?» S. CYRILLUS Alexandrinus,
Homiliae diversae, hom. 4, Ephesi in Nestorium habita. MG 77-991.
48
«Deo debemus omnes: tibi ipse obstrictus est. Nam qui dixit: Honora patrem tuum et matrem, longe potius,
talibus ipse accenseri volens, gratiam propriamque ipse legem in eam
servaverit, quae ultro assumptam ipsi nativitatem ministravit; quamque, sine
patre, velut sine viro, Matrem inscripsit confirmavitque; divino quodam decore,
et supra hominem glorificaverit.» S. METHODIUS, De Simeone et Anna, n. 10. MG 18-374.
49
«Numquid non pertinet ad benignitatem Domini, matris servare honorem, qui legem
non solvere venerat, sed adimplere? Lex enim, sicut honorem matris praecipit, ita
inhonorationem damnat.» Liber de
Assumptione B. M. V., cap. 5. Inter Opera
S. Augustini, ML 40-1145. Autore incerto e pio.
50 «Prima
(conclusio) est, quod Deus potuit Virginem Matrem praeservare ab originali
culpa... Secunda conclusio est, quod decuit Dei Filium Virginem Matrem ab
huiusmodi macula praeservare. Quia hoc decuit Dei Filium in propria Matre
observare, ad quod obligatur quilibet purus homo ex praecepto divino: sed
quicumque filius posset matrem suam praeservare etiam a minori malo quam fuerit
originalis culpa, ipse ad hoc tenetur ex praecepto divino: quia alias non
honoraret matrem, nec in maxima necessitate ei subveniret: ergo, etc.» THOMAS
AB ARGENTINA, Ord. Erem. S. Augustini, Comment.
in IV libros Sententiarum. Pars secunda. In lib. III, dist. 3, qu. 1, art.
1. Genuae, 1585, II, fol. 8, col. 4.
51 «Prima mater Eva
in hoc habuisset maius privilegium in nativitate sua, quam illa quae erat Mater
tua: nam ipsa Eva sine rebellione facta fuit. Addo huic quod... ius naturale est, quod filius debet
honorare matrem suam... Sed quomodo sufficienter honoraretur, si
inhonestum peccatum in ea aliquo tempore dominaretur?... Cum tu, summus
Princeps, vis habere Matrem carnaliter in terra, illi debebis honorem, reverentiam,
servitium, obedientiam... Nunc autem apparet illam legem non bene adimpleri, si
in huiusmodi abominatione, immunditia et subiectione peccati, aliquo tempore
permitteres illam quae esse debet habitaculum, templum et palatium totius
puritatis.» Io. GERSONIUS, Sermo de Conceptione B. M. V., habitus
in Ecclesia S. Germani, anno 1401. Opera,
III, Antverpiae, 1706, col. 1322.
52
«Primogenita Redemptoris Filii sui Iesu fuit beata Virgo. Et plus pro ipsa
redimenda venit quam pro omni alia creatura.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de immaculata Virginis Conceptione
(Pro festivitatibus B. M. V. sermo 4), art. 3, cap. 3. Op., Venetiis, 1745, IV, pag. 88, col. 2. - Quadrag. de Evang. aeterno, Sermo 51, Feria II post Dom. Oliv., et etiam in fest. B. V., et
maxime Nativ., Conc., et Annunc., art.
3, cap. cap. 3. Opera,
Venetiis, 1591, II, 518, col. 2.
53 «Eruisti animam meam ex inferno inferiore... Eruisse
Deum animam suam ab inferno inferiore dixit, quia liberavit se a talibus
peccatis per quae posset deduci ad tormenta inferni inferioris. Quemadmodum si
medicus videat tibi imminentem aegritudinem forte ex aliquo labore, et dicat:
«Parce tibi, sic te tracta, requiesce, hic cibis utere; man si non feceris,
aegrotabis:» tu autem si feceris et salvus fueris, recte dicis medico:
«Liberasti me ab aegritudine,» non in qua iam eras, sed in qua futurus eras.
Nescio quis habens causam molestam, mittendus erat in carcerem; venit alius,
defendit eum: gratias agens quid dicit? «Eruisti animam meam de carcere.»
Suspendendus erat debitor; solutum est pro eo: liberatus dicitur de suspendio.
In his omnibus non erant; sed quia talibus meritis agebantur, ut nisi subventum
esset, ibi essent; inde se recte dicunt liberari, quo per liberatores suos non
sunt permissi perduci.» S. AUGUSTINUS, Enarratio
in Ps. 85, Sermo, n. 18. ML 37-1094, 1095. - Cf. SUAREZ, De incarnatione, pars 2, disp. 3, sect.
5, n. 28, Opera, Venetiis, XVII,
1746, pag. 23.
54 Ciò dice S.
ANTONINO riferendo l'opinione altrui, non già esprimendo il proprio pensiero.
«Quidam alii dicunt non fuisse conceptam in peccato originali Virginem ipsam,
et praecipue Ioannes Scotus, Ordinis Minorum, doctor subtilissimus; et pro sua
opinione allegant autctoritates et assignant rationes... Quinto sic: Decuit
quod Christus eam singulari, et nobiliori modo redimeret et liberaret, quam
alios; sed hoc fuit, si sine peccato concepta fuit. Decuit enim magis honorare
eam, quia Mater eius, quam ceteros: sed nobilius et melius liberatur et
redimitur, cui providetur ne cadat et in servitutem incurrat, quam ut lapsus
erigatur, et factus servus redimatur. Ergo,
etc.» Sum. Theol., pars 1, titulus 8,
cap. 2. Veronae, 1740, I, col. 551. - Alla fine del capitolo,
col. 554, osserva S. Antonino: «Conclusive circa istam materiam, sic uni
istarum opinionum debet homo inhaerere... quod paratus sit tenere contrarium,
si Ecclesia contrarium determinaret; et ante determinationem, non iudicet
haereticum, vel impium et malum alteram tenentem, quaecumque sit.»
55 Opera S. Bonaventurae, Romae, (ed.
Vaticana), Moguntiae, Lugduni (1668), III, Sermo 38 de Sanctis in communi, Sermo 2 de B. V. Maria, pag. 365, col.
2. - Vedi Appendice, 1, pag.
505.
56
Claudius FRASSEN, Ord. Min. de
Observ., Scotus Academicus, VIII,
Romae, 1720, De divini Verbi Incarnatione
pars altera, tract. 1,
disp. 3, art. 3, sect. 3, qu. 1, § 5, pag. 224, 225. - Vedi Appendice, 1, pag. 505.
57 NICOLAUS CUSANUS
(+ 1464), Cardinalis, Excitationes ex
Sermonibus R. P. Nicolai de Cusa, lib. 8, Ex Sermone: Sicut lilium inter spinas, Opera, 1514, fol. 153: «Hoc
cedit ad laudem Dei et Virginis Mariae Matris: quod ipsa sub principatu
auctoris mortis nullo umquam tempore fuit, in qua vita debuit incarnari. Non
indiguit Virgo liberatore qui ipsam absolveret a sententia in Adam et in
posteros ex voluptate carnis lata, cui numquam subiacuit: quia praevenit
succurrere misericordia electae matri misericordiae. Qui concipitur et nascitur
liber, non indiget liberatore a servitute, in qua numquam fuit. Praeliberatorem
enim Virgo sancta habuit, ceteri liberatorem et postliberatorem. Christus enim
sic omnium liberator, quod et Virginis liberator et praeliberator, ceterorum
vero liberator et postliberator. Ipsa sola post Adae lapsum non indiga, sed
plena originali iustitia ut Eva, et multo magis, creata fuit: sicut Christus
secundum humanitatis naturam in omni plenitudine iustitiae multo magis quam
Adam creatus. Sola ipsa electissima Dei Mater hoc habet: quod in initio essendi
sub servitute maligni deficere nequivit, puta quod in creatione rationalis
animae in corpore, et in separatione a corpore, in potestate maligni numquam
fuit. Sola igitur gloriosissima Virgo non reperitur tempore ullo peccato
originali subiacuisse... Non est Maria deleta de libro mortis principis mortis:
quia numquam in eo scripta fuit; sed inscriptio eius ex aeterna praefinitione
antequam concepta ad librum vitae pervenit.»
58
«Talis ergo Angus, qualis mater Agni; ex munda mundus, ex Virgine
incorruptus... Quoniam omnis arbor ex fructu suo cognoscitur.» De Verbo
Incarnato Collationes seu Disputationes tres, Collatio 3, inter Opera
Hugonis de S. Victore, ML 177-321.
59 «O
digna digni, formosa pulchri, munda incorrupti, excelsa Altissimi, Mater Dei,
sponsa Regis aeterni!» Sermo de
Assumptione B. Virginis, inter Opera
Hugonis de S. Victore. ML 177-1212.
60 «Lacta, Maria,
Creatorem tuum, lacta panem caeli, lacta praemium mundi... Tu illi mater
temporalem ministra substantiam, ut ipse nobis et tibi vitam tribuat
sempiternam. Lacta ergo eum qui fecit te, qui talem fecit te, ut ipse fieret in
te.» Inter Opera S. Hildefonsi, Sermones
dubii, Sermo 7, In Assumptione B. M. V., ML
96-268.
61 Sermo 208, In festo Assumptionis B. Mariae, n.
4. Inter Opera S. Augustini. ML
39-2130. - Ivi, col. 2129, nota 6): «Incerti auctoris... In nostris codicibus manuscriptis habetur absque nomine
auctoris. At in Lovaniensium plerisque, ut ipsi observant, manuscriptis
tribuitur Fulberto, episcopo
Carnutensi. In codice tamen Cassinensi et in Cluniacensi, Ambrosio Autperto adscribitur.» Gli editori Benedettini
propendono in favore di quest'ultimo.
62 «Ipse enim
Spiritus Dei, ipse amor omnipotentis Patris et Filii, ipse per quem et in quo
amatur omne quod bene amatur, ipse, inquam, corporaliter, ut ita dixerim, venit
in eam, singularique gratia prae omnibus quae creata sunt, sive in caelo sive in
terra, requievit in ea, et reginam ac imperatricem caeli et terrae et omnium
quae in eis sunt fecit eam.» EADMERUS,
Cantuariensis monachus (+ 1121), Liber de
excellentia Virginis Mariae, cap. 4. Inter Opera S. Anselmi. ML
159-565.
63 «Plena est gratia, et excedit angelos in
plenitudine gratiae... Secundo, excellit angelos in familiaritate divina; et
ideo, hoc designans, Angelus dixit: Dominus
tecum; quasi dicat: Ideo exhibeo tibi reverentiam, quia tu familiarior es
Deo quam ego, nam Dominus est tecum. Dominus, inquit, Pater, cum eodem Filio,
quod nullus angelus nec aliqua creatura habuit... Deus Filius, in utero...
Aliter est ergo Dominus cum beata Virgine quam cum angelo, quia cum ea ut
Filius, cum angelo ut Dominus. Dominus Spiritus Sanctus, sicut in templo; unde
dicitur templum Domini, sacrarium Spiritus Sancti, quia concepit ex Spiritu
Sancto... Sic ergo familiarior cum Deo est beata Virgo quam angelus: quia cum
ipsa Dominus Pater, Dominus Filius, Dominus Spiritus Sanctus, scilicet tota
Trinitas.» S. THOMAS, Opusculum 8, Devotissima expositio super Salutatione Angelica. Opera, XVII,
Romae, 1570, fol. 75, col. 4, IK.
64 Come vedremo
nella nota 66, Cornelio a Lapide si
riferisce al De laudibus Beatae Virginis,
ma tra le Opere, anche dubbie, di
S. Idelfonso, nella ML 96, non s'incontra alcuna opera così intitolata. Però
nella Notitia historica, n. 8, ML
96-13, siamo avvisati che sotto questo nome, presso qualche editore, viene il De virginitate perpetua S. Mariae d'Idelfonso.
Né qui né in alcun'altra opera di S. Idelfonso si trova tale
applicazione.
65 «Gratia Dei datur
ad duo, scilicet ad bonum operandum et ad vitandum malum; et quantum ad ista
duo perfectissimam gratiam habuit beata Virgo. Nam ipsa omne peccatum vitavit magis quam aliquis
sanctus post Christum. Peccatum enim aut est originale, et de isto fuit mundata
in utero; aut mortale, aut veniale, et de istis libera fuit. Unde
Canticorum IV: Tota pulchra es, amica
mea, et macula non est in te.» S. THOMAS, Opusculum 8, Devotissima expositio super salutatione Angelica. Opera, XVII,
Romae, 1570, fol. 75, col. 3, IK.
66
«Haec verba Cantici: Tota pulchra es, et
macula non est in te, B. Virgini soli appropriant Rupertus, Psellus, Hugo
uterque, scilicet Cardinalis et de S. Victore, S. Thomas, Galatinus et S.
Ildephonsus, de Laudibus B. Virginis.» CORNELIUS
A LAPIDE, S. I. In Canticum Canticorum, cap.
4. v. 7, Tertius sensus principalis.
Comment. in Scripturam Sacram, Parisiis, VIII, 1860, pag. 59, col.
2.
67
«De nulla anima potest dici illud, Cant. IV, Tota pulchra, etc., congruentius quam de Virgine benedicta: ubi
autem macula est, vel culpa actualis, vel venialis, vel mortalis, hoc de illa
minime dici potest.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de immaculata Virginis Conceptione (Pro festiv. B. M. V.
sermo 4), art. 2, cap 2. Opera, Venetiis,
1745, pag. 85, col. 2.
68 S. LAURENTIUS
IUSTINIANUS, Sermo in Nativitate
gloriosissimae V. M., Opera, Lugduni, 1628, pag. 437, col. 2: «Quae enim
sanctificata in utero, ac ab omni culpae originalis fuerat liberata contagio...
tota pulchra absque delicto, sine
mentis et corporis deformitate, Deo et hominibus amabilis habebatur.»
69 «Tota igitur
pulchra es, Virgo gloriosissima; non in parte, sed in toto; et macula peccati,
sive mortalis, sive venialis, sive originalis, non est in te, nec umquam fuit
nec erit: sed adest tibi omnis gratia naturalium bonorum, spiritualium
charismatum et caelestium donorum.» RAYMUNDUS
IORDANUS, sapiens Idiota, Contemplationes
de B. V., pars 2, Contemplatio 3, n. 4. Bourassé-Migne,
Summa aurea, IV, col. 878.
70 «Sicut in
comparatione Dei nemo bonus, ita et in comparatione Matris Domini nulla invenitur
perfecta, quamvis virtutibus eximiis comprobetur... Quoniam haec est hortus conclusus, fons signatus, puteus
aquarum viventium (Cant. IV, 15), ad quam nulli potuerunt doli irrumpere, nec
praevaluit fraus inimici, sed permasit sancta mente et corpore, multis donorum
privilegiis sublimata.» SOPHRONIUS, (inter Opera S. Hieronymi, Epistola IX), ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 16. ML 30-141.
71
«Hortus conclusus tu es, Dei Genitrix, ad quem deflorandum manus peccatoris
numquam introivit.» EGBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Ad B. Virginem Deiparam Sermo panegyricus, seu Deprecatio et laus elegantissima, n. 4. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-1012. - In Homiliario ampliato Pauli
Winfridi, In Nativ. B. M.
V., hom. 52, ML 95-1516: «Hortus conclusu tu es, sancta Dei
Genitrix...» - Vedi Appendice, 3, B,
nel nostro volume precedente, pag. 353.
72 Franc.
SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars
2, disp. 18, sectio 4, Secunda ratio: «Deus
plus amat Virginem quam reliquos sanctos omnes.» Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag.
154, col. 1.
73 «Haec quidem
propter humilitatis meritum et ferventissimum caritatis affectum, ab Altissimo
adamatur, eligitur a Verbo, foecundatur Spiritu, divina prole ditatur, in
Scripturis praefiguratur, a Prophetis praenunciatur, praeponitur Archangelis,
caelesti omnique praefertur militiae.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De casto connubio Verbi et animae, cap.
9. Opera, Lugduni, 1628, pag. 159,
col. 2.
74 Una est columba mea, perfecta mea, una est
matris suae, electa genitrici suae. Cant. VI, 8. - Quel che dice S. Alfonso
della parola perfecta, deve riferirsi
a electa: la voce ebraica vuol dire
prima segregata, electa, e poi pura, pulchra.
75 «Ave, inquit,
gratia plena; et bene plena, quia
ceteris per partes praestatur: Mariae vero simul se tota infudit plenitudo
gratiae.» SOPHRONIUS (inter Opera S.
Hieronymi, Epistola IX), ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 5. ML 30-127.
76
«Secundo, plena fuit gratia (beata Virgo) quantum ad redundantiam animae ad
carnem, vel corpus. Nam magnum est in sanctis habere tantum de gratia, quod
sanctificet animam: sed anima beatae Virginis ita fuit plena, quod ex ea
refudit gratiam in carnem, ut de ipsa conciperet Filium Dei; et ideo dicit Hugo
de Sancto Victore quia in corde eius amor Spiritus Sancti singulariter ardebat,
ideo in carne eius mirabilia faciebat, intantum quod de ea nasceretur Deus et
homo.» S. THOMAS, Opusc. 8, Devotissima expositio super Salutatione
Angelica. Opera, XVII, Romae, 1570, fol. 75, col. 4, G.
77 «Quia igitur
simul collecta gratiae plenitudo nullatenus creaturae humanae capacitate potest
apprehendi, in quatuor capita dicitur dividi; privilegio tamen Filii sui, supra
totius creaturae meritum Mater Dei, aspersione Spiritus Sancti, tota Deitatis
gratia est perfusa.» PETRUS CELLENSIS, Liber de panibus, cap. 12. ML 202- 986.
- Le parole: «ab exordio suae Conceptionis,» mancano.
78
«Archangelus ait: Ave, gratia plena,
Dominus tecum, quia a Deo electam et praeelectam, totam eam rapturus erat
sibi Spiritus Sanctus et caelestibus insigniturus ornamentis.» NICOLAUS
monachus, quondam notarius S. Bernardi, De
Annuntiatione B. V. M.: inter Opera
S. Petri Damiani, Sermo 11. ML 144-558.
79
Vedi Appendice, 2, pag. 513 e
seg.
80 GONET Io.
Bapt., O. P., Manuale Thomistarum, Antverpiae,
1726, pars 2, tract. 5, cap. 6, § 2 et 3, pag. 92
et seq.; Clypeus Theologiae Thomisticae, III,
Antverpiae, 1744, Disputatio 7, art. 2 et 3, pag. 266 et seq. Il Gonet non dice neppur una parola
dell'immacolata Concezione di Maria: né pro né contro. Dice quale sia la legge
generale sulla trasmissione del peccato originale, e non fa parola di una
eccezione qualunque. - Lud. HABERT, Theologia
dogmatica et moralis, III, Venetiis, 1747, Tractatus 2, De vitiis et peccatis, cap. 7, De peccato originali, § 6, pag. 234 et
seq. Pag. 237: «Nota tribus modis posse dici aliquem in Adamo peccasse...»
Pag. 238, 239: «Non desunt Theologi qui doceant B. Virginem ne primo quidem aut
secundo modo peccavisse, existimantes legem ita datam fuisse primo parenti pro
se et posteris eius, ut ab illa exciperetur B. Virgo per merita Christi futura:
ex quo sequitur eam in Conceptione nequidem habuisse debitum contrahendi
peccati. Verum haec sententia, quae paucissimorum est, stare non potest...»
Pag. 240: «Beata Virgo peccatum originale actu non contraxit.»
81 Sicut per unum hominem peccatum in hunc
mundum intravit, et per peccatum mors; et ita in omnes homines mors
pertransiit, in quo omnes peccaverunt. Rom. V, 12.
82 Ioannes
Everardus NIDHARDUS, S. I. (+ 1681), Cardinalis (1672): Examen theologicum quatuor propositionum quorumdam
Auctorum anonymorum, quibus aspergunt maculam cultui, festo, obiecto et
sententiae de Immaculata SS. Dei
Matris Virginis Conceptione. Matriti, 1665. Pars 2, § 8-10, fol 60-137. - DUVALLIUS
Andreas (du Val), Comment. in Sum. S.
Th., I-II, qu. 2, art. 7, de peccatis. - Theophilus RAYNAUDUS, S. I., Opera,
VIII, Lugduni, 1665: VI, Pieats
Lugdunensis erga B. Virginem immaculate conceptam (pag. 253-334), § XXIX,
pag. 299 et seq. - Dominicus LOSSADA,
Ord. Min., Matriti, 1732, Discussio
theologica super definibilitate proxima mysterii Immaculatae Conceptionis Dei
Genitricis. Pag. 134 et seq.: Dissertatio
unica: Singula definibilitatis proximae adiumenta expenduntur. Pag. 216 et
seq.: Coronis discussionis theologicae. Pag.
225, 226: Apostrophe ad Sanctissimum. -
Id. op., Matriti, 1733. In fine: I. Synopsis
doctrinae etc. II. Index
disputationum, etc. - Dominicus VIVA,
S. I., Theses damnatae ad theologicam
trutinam revocatae, tomus 1, pars 1, Ferrariae, 1757, Quaestio prodroma, n. 20, pag. 10. (Pars I, II, III: Damnatae theses ab Alexandro VII, Innocentio
XI, et Alessandro VIII necnon Iansenii. Pars IV, Beneventi, 1717: Quesnellianae Theses a SS. D. N. Papa
Clemente XI confixae.)
83 Vedi Appendice, 3, pag. 519 e seg.
84 «Veni ergo, et
quaere ovem tuam iam non per servulos, non per mercenarios, sed per temetipsum.
Suscipe me in carne, quae in Adam lapsa est. Suscipe me non ex Sara, sed ex
Maria; ut incorrupta sit virgo, sed virgo per gratiam ab omni integra labe
peccati.» S. AMBROSIUS, Expositio in
Psalmum 118, Sermo 22, n. 30. ML
15-1521.
85
Migne-Bourassé, Summa aurea, Paris,
1866, VIII, col. 303, n. 21: «Origenes, homil.
1, ex decem in diversos locos Novi Testamenti in cap. 1 Matth., pag. 274,
part. II eius Oper. edit. Paris.
1604: «Huius itaque Unigeniti Dei dicitur haec Mater, Virgo Maria, digna Dei,
immaculata Sancti immaculati, una Unius, unica Unici... quae neque persuasione
serpentis decepta est, neque eius afflatibus venenosis infecta.» - Queste dieci
Omilie sembrano di qualche autore latino.
86 «Immaculata et
intemerata, incorrupta et prorsus pudica, atque ab omni sorde ac labe peccati
alienissima, Virgo Dei sponsa, ac Domina nostra...» S. EPHRAEM, Ad SS.
Dei Genitricem Oratio. Opera
omnia, VI, Opera graece
et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 577, col. 1. Editio
Veneta, I, pag. 571, col. 2.
87 «Cum dixisset Ave, salutationem illi caelestem
exhibuit: cum dixit Gratia plena, ostendit
ex integro iram exclusam primae sententiae, et plenam benedictionis gratiam
resitutam.» Inter Opera S. Augustini, nell'Appendice, Sermo 123, n. 2. ML
39-1991.
88 «Et deduxit eos in nube diei. Ecce
Dominus venit in Aegyptum in nube levi. Nubem levem, aut proprie Salvatoris
corpus debemus accipere: qui leve fit, et nullo peccato praegravatum est. Aut
certe nubem levem debemus sanctam Mariam accipere: nullo semine humano
praegravatam. Ecce Dominus venit in Aegyptum, saeculi istius: super nubem
levem, Virginem. Et deduxit eos in nube
diei.Pulchre dixit, diei: nubes
enim illa non fuit in tenebris, sed semper in luce.» Breviarum
in Psalmos, Ps. 77. Inter Opera S. Hieronymi, Appendix ad tom.
VII. ML 26-1049.
89 «Nihil in hac re
(in nativitate Christi) petit ultio, nec praecedens delectatio aliquam expetiit
poenarum usuram. Spiritu Sancto obumbrante incendium originale exstinctum est;
ideoque innoxiam affligi non decuit, nec sustinebat iustitia ut illud vas
electionis communibus lassaretur iniuriis, quoniam plurimum a ceteris
differens, natura communicabat, non culpa.» ARNALDUS seu Ernaldus, Bonaevallis in valle Carnotensi Abbas, Liber de cardinalibus operibus Christi, I,
De nativitate Christi. ML
189-1617.
90 Migne-Bourassé, Summa aurea, VIII, 304, n. 25:
«Sanctus AMPHILOCHIUS, Sidae
episcopus, Orat. 4, In S. Deiparam et
Simeonem: «Cedo percontantibus nobis (Nestorium affatur) utrumne vel sensu
Iudaico, ut virum, ita et Adae coniugem, intemeratis Opificis manibus fictam,
dicenti legi divinae assentiris? Et si
quidem negaveris, nonne propalam a nobis, et Scripturis extraneus exsistis? Sin
autem affirmaveris, quid, stulte, a veritate dissentis, Deique placitum in
Sanctissima Virgine ad communem salutem provide dispositum detrectas atque
renuis? Qui enim antiquam illam virginem (Evam) sine probro condidit, ipse et
secundam (Mariam) sine nota et crimine fabricatus est... Nihil quippe quod Deo sit
amicum, ignominiam aut probrum habet...» Pag. 42 et 43 eius Operum a Combefisio editorum.
91 S. SOPHRONIUS,
Hierosolymitanus episcopus, Epistola
Synodica, letta poi nel Concilio Ecumenico VI: «(Filius Patris) uterum
intactum ingressus virginitatis castitate lustratum Mariae sanctae
praeclaraeque, quae Dei sunt sapientis, ab omni contagione liberatae, et
corporis, et animae, et intellectus, incarnatur qui erat incarneus... Homo enim
fieri voluit, ut simili consimilem mundificaret... Ideo Virgo sancta accipitur,
et anima corpusque sanctificatur; atque ita ministravit in incarnatione
Creatoris, ut munda, et casta, atque incontaminata.» Mansi, Collectio Conciliorum, XI, Florentiae, 1765, Concilium oecumenicum VI,
Constantinopolitanum III, (anno 680). Actio XI, col. 474. - Harduinus, Collectio Conciliorum, III,
Parisiis, 1714, col. 1266, 1267.
92 «Constat eam ab
omni originali peccato immunem fuisse, per quam non solum maledictio matris
Evae soluta est, verum etiam benedictio omnibus condonatur.» De partu Virginis, lib. 1, ML 96-312,
inter Opera dubia S. Hildefonsi; 120-1372,
inter Opera S. PASCHASII RADBERTI,
Abbatis Corbeiensis.
93 «In hunc enim
paradisum serpenti aditus non patuit.» (Nella traduzione presso il Migne, manca
il non, per errore.) S. IO.
DAMASCENUS, Homilia 2 in Dormitionem B.
V. M., n. 2. MG 96-726.
94
«Caro enim Virginis ex Adam assumpta, maculas Adae non admisit.» NICOLAUS
monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo
in Assumptione B. M. V. Inter Opera
S. Petri Damiani, Sermo 40. ML 144-721.
95
«Per incarnationem visitavit nos... quod evidentius exponit, cum subiungit: Dominus de caelo in terram aspexit, dum
de regalibus sedibus in uterum Virginis venit. Haec est enim
incorrupta terra illa, cui benedixit Dominus, ab omni porpterea peccati
contagione libera, per quam vitae viam agnovimus, et promissam veritatem
accepiùus. Quae quia digna fuit, Dominus
de caelo in terram aspexit.» S. BRUNO, Cartusianorum
institutor, Expositio in Psalmos, In Psalmum 101. ML 152-1167.
96 «Dico primo quod
Domina nostra fuit plena gratia praeveniente in sua sanctificatione, gratia
scilicet praeservativa contra foeditatem originalis culpae, quam contraxisset
ex corruptione naturae, nisi speciali gratia praeventa praeservataque fuisset.»
Sermo 38 de Sanctis in communi, Sermo 2
de B. V. Maria, pag. 365, col. 2, inter Opera
S. Bonaventurae, III, Romae, Moguntiae, Lugduni. - Sermone interpolato da
autore più recente. Vedi Appendice, 1,
pag. 505 e seg.
97 «Dum pridie essem
in Monasterio Carceris, dioecesis Paduanae, in illo eloquio cum quodam
approbatae religionis viro, Domino Fratre Bartholomaeo de Sicilia ibi professo,
reddidit mihi unam pulchram rationem, quare non erat credendum beatam Virginem
fuisse conceptam ex peccato originali: dixit enim mihi Daniel de Purgiliis (al., come vedremo, de Purziliis), si
bene percepi; certum est quod Deus creavit Adam sine peccato originali ex limo
terrae, dein ex costa eius creavit
Evam, et sine peccato: et certum est quod Christus incarnatus fuerit Deus et
homo, et fuit maior quam Adam et Eva, et maioris dignitatis, et tantum interest
inter eos quantum inter Creatorem et creaturam: modo non est credendum, quod
ipse Filius Dei voluerit nasci ex Virgine et sumere eius carnem, quae esset
maculata ex aliquo peccato originali; imo credendum est, quod voluit sumere
carnem ex carne purissima, et quod eius mater fuerit plus quam Eva et Adam, qui
creati fuerunt sine peccato originali; quae ratio mihi valde applausit; etiam
quaesivi si repererit in scriptis; respondit quod non, sed sic meditando sibi
in mente occurrit.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Seraphin Quadragesimale, Sermo 48, De amore glorioso. Opera, opera et labore R. P. Ioannis Delahaye, Venetiis, 1745, III,
pag. 316, col. 1, 2. - Quadragesimale
Seraphin nuncupatum... a Daniele de Purziliis, I. C. Patavino, collectum.
(Dopo il foglio del titolo: «Lectori
salutem... Scias... velim... Conciones has quadragesimales, quas Seraphini
nomine appellant, nonnullosque alios subsequentes sermones a D. Bernardino, cum
Patavii moraretur, et magna cum dignitate habitos, et calamo, uno eodemque
Quadragesimae tempore ab Exc. D. D. Daniele
Pergulio Patavino exceptos fuisse, paucis, aut, proprio marte, additis,
aut, rei difficultate detractis. Opera, a
F. Petro Rodulphio, Episcopo
Senogalliae restituta et apostillis illustrata, Venetiis, 1591, IV, Sermo 49, De amore glorioso, Prima pars
principalis, pag. 272, col. 1, 2. - Nota però il Vadingo, Annales Minorum, an. 1308, n. 25, che questo Quadragesimale Seraphin «sancti
Bernardini non est, sed cuiusdam collectoris,» e precisamente di quel Daniele de Purziliis. Aggiunge: «uti in
ipsius libri fronte adnotatur, et Petrus
Rodulphus, cuius opera et studio edita sunt sancti Viri opera, lectorem
admonet in epistola praeliminari.» - Ecco quanto ci dice, su questo argomento,
il P. Gio. Delahaye, a principio del
1° vol. della sua edizione, nell'avviso Benevolo
Lectori: «Nescio an... Quadragesimale
de pugna spirituali sit illi (Bernardino) tribuendum; nam illius phrasim
non sapit; nec gravitatem, nec eruditionem nostri Auctoris redolet. Idem fere
tenendum est de alio Quadragesimali, cuius titulus est Seraphin Quadragesimale. Arbitror tamen italice ab eo utrumque e
suggestu habitum, sed ab eo concionante nec fideliter acceptum, nec deinde
erudite latinitati donatum; quo fit ut fere neutrum illius esse
censeatur.»
98 «Ab ipsa namque
sui conceptione in benedictionibus praeventa dulcedinis, atque a damnationis
aliena chirographo, prius est sanctificata quam nata.» S. LAURENTIUS
IUSTINIANUS, Sermo in Annunciatione B. M.
V. (a principio). Opera, Lugduni,
1628, pag. 409, col. 1.
99
RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota,
Contemplationes de B. V., pars 5, De
gratiis gloriosae Virginis Mariae, Contemplatio 1, n. 1: «Invenisti gratiam apud Deum (Luc. I,
30), dulcissima Virgo Maria... Invenisti, Virgo Maria, gratiam caelestem, quia
fuerunt in te sanctificatio in matris utero, angelica salutatio, Spiritus
Sancti superventio, et Filii Dei conceptio.» Contemplatio 4, n. 3: «O suavissima Virgo Maria, quantam gratiam
invenisti apud Deum! gratiam supereffluentem, gratiam singularem, gratiam
generalem; gratiam singularem, quia sola hanc meruisti plenitudinem; generalem,
quia de tua plenitudine accipiunt universi.» Summa aurea, Migne-Bourassé, IV,
col. 895, 899. - Vedi sopra, nota 69, pag. 30.
100 AEGIDIUS A
PRAESENTATIONE, O. S. Aug., De Immaculata
Beatae Virginis Conceptione, libri IV, Conimbricae, 1617, lib. 3, qu. 6,
art. 3, § 3, pag. 325-327.
101 Candidus Parthenotimus, Siculus, Franciscus BURGIUS (Burgio, Burgi), De pietate in Deiparam amplificanda, Dissertatio
duplex, in qua duplex exponitur et vindicatur votum pro tuenda eiusdem Deiparae
Immaculata Conceptione susceptum. (Contro Muratori.) Panormi, 1741. Dissertatio
1, cap. 7, n. 47, pag. 41; cap. 14, n. 110, pag. 107.
102
«Sane vetus est Christifidelium erga eius Beatissimam Matrem Virginem Mariam
pietas, sentientium eius animam in primo instanti creationis atque infusionis
in corpus fuisse speciali Dei gratia et privilegio, intuitu meritorum Iesu
Christi eius Filii, humani generis Redemptoris, a macula peccati originalis
praeservatam immunem, atque in hoc sensu eius Conceptionis festivitatem solemni
ritu colentium et celebrantium; crevitque horum numerus atque huiusmodi cultus
post editas a fel. record. Sixto Papa V, Praedecessore nostro, in eius
commendationem Apostolicas Constitutiones, quas Sacrum Concilium Tridentinum
innovavit, atque observari mandavit. Aucta rursus et propagata fuit pietas
haec, et cultus erga Deiparam, post erecta hoc nomine, approbantibus Romanis
Pontificibus, Monasteria religiosorum Ordinum et Confraternitates, ac concessas
ab iisdem indulgentias, ita ut, accedentibus quoque plerisque celebrioribus
Academiis ad hanc sententiam, iam fere omnes Catholici eam complectantur.»
ALEXANDER VII, Bulla Sollicitudo omnium
Ecclesiarum, 8 dec. 1661, § 1.
103
Dionusius PETAVIUS, S. I., De
theologicis dogmatibus, VI, De
Incarnatione, II, Venetiis, 1745, lib. 14, cap. 2, n. 10 et 11, pag.
201.
104 TORNI Giulio Nicola, Vescovo titolare di
Arcadiopoli, fu il maestro di S. Alfonso. Sappiamo dallo Sparano - Giuseppe Sparano, Memorie istoriche per illustrare gli atti
della S. Napoletana Chiesa, ecc., parte II, Napoli, 1768, pag. 338 - e qui
da S. Alfonso essere il Torni l'autore delle Adnotationes ad Estium nell'edizione Napoletana del 1720, nella
quale comparisce solo come Censore tanto
a nome dell'Arcivescovo di Napoli che del governo. - GUILLELMI ESTII... in IV Libros sententiarum Commentaria,
quibus pariter S. Thomae Summae Theologicae partes omnes mirifice illustrantur.
In III Sent., dist. 3, § 2, nota a). Tom. 2, pag. 8.
105
Vedi sopra, nota 102. - «Constitutiones et Decreta a Romanis Pontificibus
Praedecessoribus nostris, et praecipue a Sixto IV, Paulo V et Gregorio XV edita
in favorem sententiae asserentis animam Beatae Mariae Virginis, in sui
creatione et in corpus infusione, Spiritus Sancti gratia donatam et a peccato
originali praeservatam fuisse, necnon et in favorem festi et cultus
Conceptionis eiusdem Virginis Deiparae secundum piam istam sententiam, ut
praefertur, exhibiti, innovamus, et sub censuris et poenis in eisdem
Cosntitutionibus contentis observari mandamus.» Bulla Sollicitudo, come sopra, nota 102, § 4.
106 «Verum, quia
Spiritus sapientiae et intellectus ita apostolos et totius Ecclesiae erudivit
magistros, ut in christiana observantia nihil inordinatum, nihil pateretur esse
confusum, discernendae sunt causae solemnitatum, et in omnibus institutis
Patrum principumque nostrorum rationabilis servanda distinctio: quia non aliter
unus grex et unus pastor sumus, nisi, quemadmodum Apostolus docet, idipsum dicamus omnes; simus autem perfecti
in eodem sensu et in eadem sententia.» S. LEO MAGNUS, Epistola 16, cap. 2. ML 54-698. - «Quam culpam (confusionis inter
solemnitates) nullo modo potuissetis incidere, si und consecrationem honoris
accipitis, inde legem totius observantiae sumeretis: et beati Petri Apostoli
sedes, quae vobis sacerdotalis mater est dignitatis, esset ecclesiasticae
magistra rationis.» Ibid., cap. 1, col.
696. - Epistolae Decretales Summorum
Pontificum, tom. 1, pars 2, Romae, 1591, pag. 156 et 155, Epistola 5 B. Leonis Papae I.
107 EUSEBIUS Papa, Epistola 3, episcopis Tusciae et Campaniae directa. ML 7-1111. - Decretum Gratiani, pars 2, Causa 24, qu.
1, c. 11, In sede. - Autenticità dubbia, almeno per una parte delle tre lettere
di S. Eusebio Papa.
108 «Natalem Domini
hesterna die celebravimus; servi hodie Natalem celebramus: sed Natalem Domini
celebravimus, quo nasci dignatus est; Natalem servi celebramus, quo coronatus
est... Domini nostri Iesu Christi ideo nativitatis et passionis diem geminae
devotionis obsequio frequentat Ecclesia, quoniam utrumque medicina est. Nam et natus est ut renasceremur; mortuus est ut in
perpetuum viveremus. Martyres autem ad mala certamina nascendo
venerunt, trahentes originale peccatum: moriendo autem ad bona certissima
transierunt, finientes omne peccatum.» S. AUGUSTINUS, Sermo 314, In Natali Stephani martyris, n. 1. ML 38-1425. - «Quando natus sit (Cyprianus martyr),
ignoramus; et quia hodie passus est, Natalem eius hodie celebramus. Sed
illum diem non celebraremus, etsi nossemus. Illo enim die traxit originale
peccatum; isto autem die vicit peccatum.» IDEM, Sermo 110, In Natali Cypriani martyris, cap. 1, n. 1. ML 38-1413.
109 «Sed et ortum
Virginis didici nihilominus (quam Virginis in caelum Assumptionem) in Ecclesia
et ab Ecclesia indubitanter habere festivum atque sanctum: firmissime cum
Ecclesia sentiens, in utero eam accepisse ut sancta prodiret... Fuit procul
dubio et Mater Domini ante sancta quam nata: nec fallitur omnino sancta
Ecclesia, sanctum reputans ipsum Nativitatis eius diem, et omnia (leggi omni) anno cum exsultatione
universae terrae votiva celebritate suscipiens.» S. BERNARDUS, Epistola 174, ad Canonicos Lugdunenses, De Conceptione S. Mariae, n. 3, 5. ML
182-333, 334.
110 «Ecclesia
celebrat nativitatem B. Virginis; non autem celebratur festum in Ecclesia nisi pro
aliquo sancto. Ergo B. Virgo in ipsa sua nativitate fuit sancta. Fuit ergo in
utero sanctificata.» S.
THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27,
art. 1. Sed contra.
111 Le «cartelle» o «cartelline» usate nel tempo
di S. Alfonso, e tuttora in uso a Napoli ed altrove, portavano e portano,
stampate su carta finissima, le iniziali delle parole che formano la seguente
sentenza: In Conceptione tua, Maria,
immaculata fuisti: ora pro nobis Patrem cuius Filium Iesum de Spiritu Sancto
conceptum peperisti. - In altre regioni, si stampano, pur su carta speciale
finissima, da potersi inghiottire facilmente con una qualunque bevanda,
immaginette di Maria SS., dette in francese miniatures,
e in tedesco Schluckbildchen. -
Sulla legittimità ed efficacia di questa divozione, scrisse, tra non pochi
altri, il P. Andrea BUDRIOLI, S. I.,
un'opera intitolata Delle celebri cartine
che invocano e protestano immacolata la Concezione di Maria, e loro uso, se sia
da permettersi, Padova, nella Stamperia del Seminario, 1752: opera che
adduce molte autorità convincenti ed innumerevoli fatti accertati. - Il celebre
e dotto Cardinale O. S. B., Celestino SFRONDATI
(+ 1696), nella sua Innocentia vindicata (typis
Monasterii S. Galli, 1695), § 7, riferisce la miracolosa guarigione del suo
Collega, il Cardinale Rappacioli, dovuta a quelle cartine. «Tota Roma, dice,
ubi hoc contigit, testis est miraculi.» - Nella Bolla di canonizzazione di S. Raimondo de Peñafort, si riferiscono
due miracoli ottenuti con simile mezzo. - Nel processo di canonizzazione di S.
Antonino, si legge: «Rasa imago B. Antonini, et data in potu cum aqua, diversos
febricitantes, ac etiam plures variasque infirmitates etiam gravissimas
patientes, sanavit.» - Qui abbiamo la testimonianza di S. ALFONSO, testimonianza
dottrinale, corredata di fatti. Altrove, nella sua Institutio catechistica ad populum, pars 1, cap. 1, § 6, n. 54,
raccomanda, tra altre, questa pia pratica, per surrogarla alle pratiche
superstiziose: «Cum miseriis et aerumnis premeris, recurre ad SS. Sacramentum... utere chartulis Mariae Immaculatae aut
alicuius sancti figuris; et in hunc modum, quin pecces, poteris gratiam
obtinere. Si secus egeris (cioè se ricorri a pratiche
superstiziose), gratiam non obtinebis et peccabis.» Lo stesso nella edizione italiana
Istruzione al popolo, parte 1, cap.
1, § 6, n. 54. - Non vi è dunque, in questa usanza, alcuna traccia di
superstizione, come vollero alcuni, tanto nei secoli trascorsi quanto ai giorni
nostri; anzi, è un atto approvatissimo di divozione, accompagnato che sia, come
si richiede per ogni atto esteriore, dai dovuti sentimenti, cioè, di fede, di
rassegnazione alla volontà di Dio, e di fiducia in Dio e nell'intercessione di
Maria SS. - Scrisse egregiamente su questo argomento il dottissimo P. Giov. KANNENGIESSER, Apôtre
du Foyer, Aprile 1903, pag. 232-234. Cf. La Sainte Famille, an. XXIX (1903), pag. 265-270; L'Ami du Clergé, tom. XXI, pag.
359.
112 P. Fr. PEPE, S. I., Discorsi in lode di Maria SS. per tutti i sabbati dell'anno, Napoli
1756, parte I, pag. 143: «Si degna l'Immacolata Regina diffonder le sue grazie
per dovunque molti Padri Missionari, di cui è capo il P. D. Alfonso di Liguoro,
ne propagano la divozione»; e ivi riferisce varie grazie operate con le
cartelline dell'Immacolata, specialmente a mezzo dei primi compagni del Santo.
- E nella parte II, pag. 120: «Mercé dello zelo dell'Uomo Apostolico il P. D.
Alfonzo di Liguoro, si è molto propagata la divozione all'Immacolata in molte
parti da lui coltivate coll'Apostoliche missioni; e la divina Madre si è
degnata concedere molte grazie ai suoi divoti.»
113 Matrodatti o mastro d'atti, parola napoletana: notaio. Il convertito era
disposto a concedere il perdono con atto pubblico.
114 Quae est ista quae progreditur quasi aurora
consurgens? Cant. VI, 9.
115 Una est columba mea, perfecta mea. Cant.
VI, 8. - Aperi mihi, soror mea, amica
mea, columba mea, immaculata mea. Cant.
V, 2.
116 Hortus
conclusus, soror mea sponsa, hortus conclusus, fons signatus. Cant. IV,
12.
117
Sicut lilium inter spinas, sic amica mea
inter filias. Cant. II, 2.
118
Tota pulchra es, amica mea, et macula non
est in te. Cant. IV, 7.
119
Quam pulchra es, amica mea, quam pulchra
es! Cant. IV, 1.
120 «Orazioni giaculatorie volgari (insegnate
e raccomandate da S. Filippo):... Madonna benedetta, datemi grazia che io mi
ricordi della vostra verginità. - Madonna benedetta, datemi grazia che io mi
ricordi sempre di voi.» BACCI, Vita, lib.
2, cap. 5, n. 15.
1 Quid grandius
Virgine Maria, quae magnitudinem summae divinitatis intra sui ventris concludit
arcanum? Attende Seraphim, et in illius superioris naturae supervola
dignitatem, et videbis quidquid maius est, minus Virgine, solumque Opificem
opus istud supergredi.» NICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Nativitate B. V. M. Inter Opera S. Petri Damiani, Sermo 44. ML 144-738.
2
«Et exsultavit spiritus meus in Deo
salutari meo. BASILIUS. Primus Spiritus fructus est pax et gaudium. Quia
ergo Virgo sancta totam sibi hauserat Spiritus gratiam, merito subiungit: Et exsultavit spiritus meus in Deo salutari
meo. Idem animam dicit et spiritum. Consueta autem in Scripturis
exsultationis prolatio insinuat alacrem quemdam et iocosum habitum animae in
his qui digni sunt. Proinde Virgo exsultat in Domino ineffabili
cordis tripudio et resultatione in strepitu honesti affectus.» S. THOMAS, Catena Aurea, in Lucam, cap. 1. - «Exsultate... iusti in Domino... quod
Dominum habetis, tali pulchritudine, tali bonitate, tali sapientia praeditum...
Si quando tuo cordi lux quaedam quasi illapsa, repentinam Dei cognitionem indiderit,
atque animam tuam illustraverit, adeo ut Deum diligas, mundum vero...
contemnas, ex obscura illa et brevi similitudine omnem iustorum statum
intellige qui... indesinenter in Deo delectantur... Iusto perpetua est divina
ac caelestis laetitia, quod semel in ipso inhabitat Spiritus; primus autem fructus spiritus est caritas, gaudium,
pax (Gal. V, 22). Exsultate igitur, iusti, in Domino.» S. BASILIUS MAGNUS, In Ps. XXXII, n. 1. MG 29-323.
3 Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668
(edizione conforme alla Vaticana e alla Moguntina), III, Sermo 39 de Sanctis in communi, 3ius de B. V.
Maria, pag. 367, col. 2, p. 368, col. 1: «Domina nostra omnia habuit Dei
dona, quae in Sanctis aliis sunt divisa... Unde dicitur: In plenitudine sanctorum detentio mea. Et est sensus: Totum teneo
in plenitudine, quod alii Sancti tenent in parte.» S. BONAVENTURA, De Assumptione B. V. Mariae, sermo 4, Opera, IX, ad Claras Aquas, 1901, pag.
698, col. 2: «In plenitudine, inquit,
Sanctorum detentio mea. Eccli. XXIV.
Bernardus: «Merito in plenitudine
Sanctorum detentio eius, cui non defuit fides Patriarcharum, spes
Prophetarum, zelus Apostolorum, constantia Martyrum, sobrietas Confessorum,
castitas Virginum, fecunditas coniugatorum, nec etiam puritas Angelorum.»
4 «In conceptione
Domini Iesu Christi, simul in instanti concurrerunt quatuor, scilicet corporis
formatio, animae creatio, utriusque sanctificatio,... quarto humanitatis et
divinitatis unio... Similiter virgo fecit fructum sanctificationis, non dico
aequaliter... scilicet quia non in instanti eius corpus fuit formatum, etc.,
sed quando eius corpus fuit formatum, et anima creata et infusa - quia ista
dicitur conceptio germinis, quae est perfecta, quia conceptio seminis imperfecta
est - non exspectavit Deus novem menses, nec unum, nec etiam hebdomadam unam;
imo creditur quod eadem die et hora fuit sanctificata super omnes sanctos et
sanctas, et etiam angelos.» S.
VINCENTIUS FERRERIUS, O. P., Sermones de
Sanctis, In festo Nativitatis Virginis Mariae, Sermo 1, n. 2, Secundus fructus. Coloniae
Agrippinae, 1676, pag. 547.
5 «Vi
mostrerò... con sodezza di ragioni il merito di Maria, perché Corredentrice del
genere umano, immensamente superiore a tutti i meriti di tutte le creature
insieme, di tutta la Corte celeste; e senza più do principio,» Francesco PEPE, S. I., Delle grandezze di Gesù Cristo e della gran
Madre Maria SS., Lezioni sacre, III, Napoli, 1746, Lezione 136, pag. 319 e
seg.
6
Ioannes de CARTHAGENA, Ord. Min., Homiliae catholicae de sacris arcanis
Deiparae Mariae et Iosephi, Romae, 1611, lib. 5, hom. 7, pag. 371 et seq.:
«Plenitudinem Marianae gratiae prosequimur, ostendentes illam adeo crevisse, ut
solius Virginis gratia omnium sanctorum, tam angelorum quam hominum, gratiam in
acervum unum redactam praecelleret; in illa verba: Ave, gratia plena.»
7 Fr. SUAREZ,
S. I., De Incarnatione, pars 2, disp.
18, sectio 4, Dico secundo: «Dico
secundo: Probabiliter credi potest B. Virginem consecutam esse plures gradus
gratiae et caritatis, quam sint in omnibus sanctis hominibus et angelis, eiam
collective sumptis.» Opera,
XVII, Venetiis, 1746, pag. 153, col. 1.
8
Petr. Ant. SPINELLUS, S. I., Maria Deipara thronus Dei, Neapoli,
1613, cap. 4, n. 3, pag. 26: «Age nunc in singulis videamus gratiae
praestantiam quae in Virgine invenitur; et quidem in immaculata sui Conceptione
beatissimae Virgini a praepotenti Deo infusam esse ampliorem gratiam, quam ea
sit ad quam pervenerunt Angeli, et pro meritorum diversitate perveniunt
homines.»
9
Iulius Caesar RECUPITUS, S. I., De Deo Uno, pars II, liber III, qu. 9,
cap. 6, n. 27, Neapoli, 1642, pag. 471, col. 1.
10
Franciscus GUERRA, Ord. Min., Maiestas Gratiarum ac Virtutum omnium
Deiparae Virginis Mariae, Hispali, 1659, tomus II, tractatus III, discursus
I, fragmen. II, «Supremum gratiae Sanctorum omnium collective, infimum gratiae
Virginis statum non attingit», pag. 130-132.
11 Francesco PEPE, S. I., Grandezze di Gesù e di Maria, III,
Napoli, 1746, Lezione 136, pag. 319, 320. - PATRIGNANI, Menologio, II, Venezia, 1730, del
P. Martino Guttierez, 21 febbraio 1573, n. 9, p. 188: «Andò ella stessa (la
B. Vergine) a ringraziarlo (il P. Guttierrez) che per mezzo suo l'esimio
dottore P. Francesco Suarez avesse con teologiche ragioni mostrato che la sola
grazia di Maria superava quella di tutti i Santi e di tutti gli Angeli insieme.
La qual sentenza era stata solo accennata da quel egregio predicatore ed
insigne anch'esso divoto di Maria, Giovanni d'Avila.» - «Al che pur concorse il
P. Baldassare (Alvarez).» Ven. LUDOVICO
DA PONTE, Vita, Roma, 1692, cap. 26,
pag. 243.- SEGNERI, S. I., Il divoto di
Maria Vergine, parte 1, cap. 3, § 5 (fine del capitolo). Opere, IV, Venezia, 1757, pag. 458. -
SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars.
2, disp. 18, sectio 4 (versus finem), Opera,
XVII, Venetiis, 1746, pag. 153, col. 1: «Dico secundo: Probabiliter credi
potest B. Virginem consecutam esse plures gradus gratiae et caritatis, quam
sint in omnibus sanctis hominibus et angelis, etiam collective sumptis.» Pag.
155, col. 2: «Accedit quod cum ante viginti annos in Academia Salmanticensi,
rogatus a gravibus viris, quaestionem hanc disputare atque definire fuerim
aggressus, cumque in hanc sententiam valde propenderem, rei novitate detentus,
eam proprio iudicio ac sententia definire ausus non fui, donec doctores
sapientissimos et in rebus theologicis valde versatos consului, quibus omnibus
pia atque probabilis haec sententia visa est.»
12
SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars
2, disp. 4, sectio 1, Quarto
addo, Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 30, col. 2: «Quarto addo, pium et
verisimile esse credere, gratiam Virginis in prima sanctificatione intensiorem
fuisse, quam supremam gratiam in qua consummantur angeli et homines.»
13 Vedi sopra, nota
8.
14 Vedi sopra, nota
9. - «Egli (Suarez) pruova la grazia (di Maria) nel primo stante essere stata
maggiore che non già quella di tutta la Corte celeste nell'ultimo termine della
loro santità, sentenza poi seguita da molti e ottimi teologi, fra quali sono
due di questa nostra Città (di Napoli), il P. Antonio Spinelli e il P. Giulio
Cesare Recupito.» PEPE, Lezione 136 (come
sopra, nota 5), pag. 319, 320.
15
B. Claude de LA COLOMBIÈRE, S. I., Sermons prêchés devant S. A. R. Madame la
Duchesse d'York, II, Lyon, 1692, Sermon
27, Pour le jour de la Conception Immaculée de la S. Vierge, pag. 177, 178:
«Il me semble, Chrétiens auditeurs, d'entendre les Personnes divines assemblées
en leur adorable conseil, et se disposant à créer l'âme de Marie «... Faison
une âme qui soit une image de nous-mêmes et la plus parfaite qui soit encore
sortie de nos mains; le corps que nous lui avons préparé est déjà le plus beau
de tous les corps: mais ce n'est là que la moindre partie de ce grand ouvrage.
Faisons... une âme capable de recevoir elle seule plus de grâces que tous le
Saints, que tous les Anges n'en ont reçu.» - Sermon 31, Pour le jour de l'Assomption de la Sainte Vierge, page
291: «Quand je dis que dans le ciel la Mére de Dieu n'a pas sujet de porter
envie à personne, je ne prétends pas seulement faire entendre que sa gloire de
chaque Saint en particulier... S'il est vrai, ce que tant de Pères ont
enseigné, que dans cette vie, et même dès le premier moment qu'elle fut
sanctifiée, elle reçut une grâce plus abondante que celle de tous les Saints et
de tous les Anges ensemble, il est tout visible que, dans le paradis, tous les
Saints et tous les Anges ensemble ont moins de gloire qu'elle n'en possède elle
seule.»
16 «Post praestantissima... gratiae dona et
opera assumptae humanitati a Verbo aeterno... collata, primum excellentiae
gradum sortita sunt munera gratiarum sacrosanctae Virgini desuper condonata:
quae tam in donis gratiae gratis datae quam in muneribus, habitibus atque
operibus gratiae gratum facientis... post unigenitum Filium suum gloriose
ineffabiliterque praefulget... Omnino condecens fuit, ut Virginem illam quam
sibi (Creator) ab aeterno in matrem elegit... post ipsam assumptam humanitatem
universis gratiae... charismatibus inenarrabiliter excellentius
munificentiusque ornaret, quantum sine dubio decuit Matrem Dei prae ministris
ornari, exaltari atque deificari... Nullatenus decens fuit
personam humanam effici Dei Matrem... nisi praefato modo speciosissime,
gratiosissime ac gloriosissime perornatam.» D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 1, Prooemium. Opera,
XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 17, 18. - «Deus munificentiae
infinitae divitiis gratiae suae... tam munificentissime suam dilectissimam
adimplevit Mariam, quantum sine personali unione potuit pura capere creatura, aut
ei desuper dari condecuit.» Id. op., lib.
1, art. 22, pag. 45. - Et alibi passim.
17
SUAREZ, De Incarnatione, pars 2,
disp. 1, Sectio 2, In
contrarium vero est, Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 5, col. 1: «In
contrarium vero est (cioè, è più grande la dignità di Madre di Dio, che non sia
quella di figliuolo adottivo di Dio, la quale si ottiene colla grazia
santificante: la maternità divina presuppone, comprende e sorpassa questa
figliuolanza adottiva). Quia haec dignitas matris est altioris ordinis:
pertinet enim quodammodo ad ordinem unionis hypostaticae; illam enim intrinsece
respicit, et cum illa necessariam coniunctionem habet.» - Pag. 5, col. 2: «Addi
potest dignitatem Matris Dei moraliter consideratam, et prout includit omnia quae
quodammodo, ex natura rei et secundum ordinem divinae sapientiae, illi
debentur, altiorem esse dignitate filii adoptivi.»
18 «Respondeo
dicendum quod illos quos Deus ad aliquid eligit, ita praeparat et diponit, ut
ad id ad quod eliguntur, inveniantur idonei.» S. THOMAS, Sum.
Theol., III, qu. 27, art. 4, c. - «Unicuique a Deo datur gratia, secundum
hoc ad quod eligitur.» Qu. 27, art. 5, ad 1.
19 «Regula firma est in sacra Theologia,
quod quandocumque Deus per gratiam aliquem eligit ad aliquem statum, omnia dona
illi dispensat atque largitur, quae illi statui necessaria sunt, et illum
copiose decorant.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus B. M. V., Sermo 10, De Purificatione B. M. V., art 2, cap.
1. Opera, IV, Venetiis, 1745, pag.
114, col. 1. - Tractatus de B. Virgine, Sermo
10, In festo Purif. B. M.
V., art. 2, cap. 1. Opera, Venetiis, 1591, III, pag. 118,
col. 2.
20
«Beata autem Virgo fuit electa divinitus ut esset Mater Dei. Et ideo non est
dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc idoneam reddidit, secundum
quod angelus ad eam dicit (Luc. I, 30): Invenisti gratiam apud Deum: ecce concipies, etc.» S. THOMAS, Sum Theol., III, qu. 27, art. 4, c. -
«Beata Virgo Maria tantam gratiae obtinuit plenitudinem, ut esset
propinquissima auctori gratiae: ita quod eum qui est plenus omni gratia, in se
reciperet, et eum pariendo, quodammodo gratiam ad omnes derivaret.» Ibid.,
art. 5, ad 1.
21 «In beata Virgine fuit triplex perfectio
gratiae. Prima quidem quasi dispositiva, per quam reddebatur idonea ad hoc quod
esset Mater Christi: et haec fuit perfectio sanctificationis. Secunda
autem perfectio gratiae fuit in beata Virgine ex praesentia Filii Dei in eius
utero incarnati. Tertia autem est perfectio finis, quam habet in gloria...
(Quoad liberationem a malo) primo, in sua sanctificatione fuit liberata a culpa
originali; secundo, in conceptione Filii Dei, fuit totaliter a fomite mundata;
tertio vero, in sui glorificatione fuit liberata etiam ab omni miseria... (Per
ordinem ad bonum:) primo, in sua sanctificatione adepta est gratiam inclinantem
eam ad bonum; in conceptione autem Filii Dei, consummata est eius gratia
confirmans eam in bono; in sui vero glorificatione, consummata est eius gratia
perficiens eam in fruitione omnis boni.» S. THOMAS, Sum.
Theol. III, qu. 27, art. 5, ad 2.
22 «B. Virgo dicta est plena gratia non ex
parte ipsius gratiae, quia non habuit gratiam in summa excellentia qua potest
haberi; nec ad omnes effectus gratiae: sed dicitur fuisse plena gratia per
comparationem ad ipsam; quia scilicet habebat gratiam sufficientem ad statum
illum ad quem erat electa a Deo, ut esset scilicet Mater Unigeniti eius. Et
similiter Stephanus (Stephanus plenus
gratia et fortitudine: Act., VI, 8) dicitur plenus gratia, quia habebat
gratiam sufficientem ad hoc quod esset idoneus minister et testis Dei, ad quod
erat electus. Et idem dicendum est de
aliis. Harum tamen plenitudinum una est plenior altera, secundum quod aliquis
est divinitus praeordinatus ad altiorem vel inferiorem statum.» S. THOMAS, Sum.
theol., III, qu. 7, art. 10, ad 1.
23 S. THOMAS, Sum. theol., III, qu. 7, a. 12, ad 2. - Cf. art. 11, c.
24
«Capacitas creaturae dicitur secundum potentiam receptibilitatis quae est in
ipsa. Est autem duplex potentia creaturae ad recipiendum. Una
naturalis, quae potest tota impleri, quia haec non se extendit nisi ad
perfectiones naturales. Alia est potentia obedientiae secundum quod potest
recipere aliquid a Deo, et talis capacitas non potest impleri, quia quidquid
Deus de creatura faciat, adhuc remanet in potentia recipiendi a Deo.» S. THOMAS
Quaestiones disputatae de veritate, qu.
29, De gratia Christi, art. 3, ad 3. Opera, Romae, 1570, VIII, fol. 486, col.
3.
25 Vedi sopra, nota
22.
26 «Subditur hic
etiam in iis verbis, quia (quoniam) de
viro sumpta est, (Gen. II, 23), ratio potissima, ob quam et nominis Mariae
praerogativa super omnem creatarum rerum nomenclaturam, et infinita donorum et
gratiarum naturalium ac supernaturalium plenitudo, soli Deo comprehensibilis,
in Virginem effusa fuerit, quia nimirum de viro sumpta est, seu potius, quia
vir de illa sumptus est, quia semper Virgo Deum hominem peperit... Est igitur
dignitas Matris Dei prima et summa regula, per quam metiendum erit quidquid
Virgini a Deo collatum credimus.» Benedictus
FERNANDIUS (Fernandez), S. I., Commentarii,
atque observationes morales in Genesim, cap. 2, sectio 15, n. 4. Lugduni,
1623, pag. 223, col. 1.
27 Fundamenta eius in montibus sanctis: diligit
Dominus portas Sion super omnia tabernacula Iacob... Numquid
Sion dicet: Homo, et homo natus est in ea...? Ps. LXXXVI, 1, 5.
28 «De
Ramatha Sophim, de monte Ephraim...) Potest autem huius
montis nomine, beatissima semper virgo Maria Dei Genitrix designari... Mons quippe in vertice montium fuit, quia altitudo
Mariae supra omnes sanctos refulsit.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Reg. Expositiones, lib. 1, n. 5. ML 79-25.
29
«Sacrum et intemeratum corpus tuum piae sepulturae tradebatur, angelis...
nullum... obsequii genus praetermittentibus...; apostolis item et universo
Ecclesiae coetu divinos hymnos... alta voce canentibus: Replebimur in bonis domus tuae: sanctum est templum tuum, mirabile in
aequitate (Ps. LXIV, 6). Ac rursus:... Mons
Dei, mons pinquis: mons in quo beneplacitum est Deo habitare in eo.» S. IO.
DAMASCENUS, Hom. 1 in Dormitionem B. V.
M., n. 12. MG 96-718, 719.
30
«Electa ut sol. Hanc
attende similitudinem, qua nulla in rebus mundi potest esse sublimior. Nihil
enim habuit Spiritus in visibilibus creaturis excellentius, cui excellentiam
Virginis compararet. Multo enim altius aliquid habet claritas solis quam lunae;
quia etsi illa minores stellas obscurat, non tamen penitus occultat; hic vero
lucidius incandescens, ita sibi siderum et lunae rapit positionem, ut sint
quasi non sint, et videri non possint.» NICOLAUS monachus, quondam notarius S.
Bernardi, Sermo in Assumptione B. M. V.: Sermo
40 inter Opera S. Petri Damiani. ML
144-720.
31 «Quae iam poterit
lingua, etiamsi angelica sit, dignis extollere laudibus Virginem matrem: matrem
autem non cuiuscumque, sed Dei? Duplex
novitas, duplex praerogativa: duplex miraculum, sed digne prorsus aptissimeque
conveniens. Neque enim filius alius virginem, nec Deum decuit partus alter.» S.
BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo
4, n. 5. ML 183-428. - «Deus siquidem - Deus enim est quem peperit - Matrem
suam singulari in caelis donaturus gloria, singulari in terris praevenire
curavit et gratia, qua videlicet ineffabiliter et intacta conciperet, et
pareret incorrupta. Porro Deo (lege cum
Horstio et grammaticis: Deum) huiusmodi decebat nativitas, qua nonnisi de
Virgine nasceretur: talis congruebat et Virgini partus, ut non pareret nisi
Deum. Proinde factor hominum, ut homo fieret, nasciturus de homine, talem sibi
ex omnibus debuit deligere, imo condere matrem, qualem et se decere sciebat, et
sibi noverat placituram.» IDEM, De
laudibus Virginis Matris, Homiliae super «Missus», hom. 2, n. 1. ML
183-61.
32 «Piissima anima
beatae Virginis dilectissimo Filio suo patienti, quantum sustinere poterat,
compatiebatur. Nullo tamen modo est dubitandum quin virilis eius animus et
ratio constantissima vellet etiam Unigenitum tradere pro salute generis humani,
ut Mater per omnia conformis esset Patri. Et in hoc miro modo debet laudari et
amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur.
Et tantum etiam compassa est, ut, si fieri posset (al. potuisset), omnia tormenta quae Filius pertulit, ipsa multo
libentius sustineret (al. sustinuisset).»
S. BONAVENTURA, In I Sent., dist. 48,
Dubia circa litteram Magistri, dub.
4. Opera, ad Claras Aquas, I, 1882,
pag. 861, col. 2.
33 «... Brevi est
sermone colligendum quo initio, quo progressu ad hunc beatitudinis cumulum
Virgo sancta devenerit, ut cum Christo communem in salute mundi effectum
obtineat.» ARNALDUS seu Ernaldus, Abbas
Bonaevallis in campo Carnotensi, De
laudibus B. M. V. ML 189-1727.
34
«Omnium salutem desideravit, quaesivit et obtinuit; imo salus omnium per ipsam
facta est, unde et mundi salus dicta est.» RICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Cant., cap. 26 (in illud: Tota pulchra es.. Cant. IV).
35 «Honora sane
integritatem carnis, vitae sanctitatem: mirare fecunditatem in Virgine, Prolem
venerare divinam. Extolle nescientem, vel in concipiendo concupiscentiam, vel
in pariendo dolorem. Praedica reverendam angelis, desideratam gentibus,
patriarchis prophetisque praecognitam, electam ex omnibus, praelatam omnibus.
Magnifica gratiae inventricem, mediatricem salutis, restauratricem saeculorum:
exalta denique exaltatam super choros angelorum ad caelestia regna. Haec mihi
de illa cantat Ecclesia, et me eadem docuit decantare.» S. BERNARDUS, Epistola 174, ad Canonicos Lugdunenses, de Conceptione S. Mariae, n. 2. ML
182-333.
36 «Ave, inquit, gratia plena; et bene plena, quia ceteris per partes praestatur,
Mariae vero simul se tota infudit plenitudo gratiae... Quia etsi in sanctis patribus et prophetis gratia fuisse
creditur: non tamen eatenus plena. In Mariam vero totius gratiae,
quae in Christo est, plenitudo venit, quamquam aliter.» SOPHRONIUS (non già
però S. Sofronio, Arciv. di Gerusalemme), De
Assumptione B. M. V., ad Paulam et Eustochium: Epistola IX, inter Opera S.
Hieronymi, n. 5. ML 30-127.
37 «Ave, gratia plena, Dei hominumque
sequestra constituta, ut inimicitarum parietes intergerini convellantur, et
caelestia terrenaque in unum coëant.» BASILIUS Seleuciensis, Oratio 39, In
SS. Deiparae Annuntiationem, n. 5. MG 85-443.
38 «Quomodo non est
Maria iuxta Gabrielis oraculum plena gratia, quae effecta est Mater Dei,
paradisi scala, caeli ianua, interventrix mundi, daemonum fuga, peccatorum
spes, naufragantium portus, maris stella, confugium periclitantium, solamen
laborantium, fluctuantium robur, Dei et hominum verissima mediatrix?» S.
LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in
Annuntiatione B. M. V. Opera, Lugduni, 1628, pag. 409, col. 2.
39 «Quas itaque
laudes quasve gratiarum actiones, non solum humana natura, sed omnis creatura
huic sanctissimae Virgini debet? Pura enim sanctitas et sanctissima puritas
piissimi pectoris eius, omnem omnis creaturae puritatem sive sanctitatem
transcendens, incomparabili sublimitate hoc promeruit ut reparatrix perditi
orbis dignissime fieret.» EADMERUS,
Liber de excellentia Virginis Mariae, cap.
9. Inter Opera S. Anselmi. ML
159-573.
40 «Cum tam angeli
quam sanctae animae pro peccatoribus solliciti sint, et eis tam meritis quam
intercessione subveniant, credendum est beatam Virginem tantum in hoc posse
quantum utramque hanc creaturam; imo utraque potior iudicatur, quia utraque per
hanc reparatur: et angelorum ruina per hanc restaurata est, et humana natura
reconciliata.» RICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio
in Cantica Cant., cap. 23. (In illud: Duo
ubera tua... Cant. IV.)
41 «Utique cuncta
quae Deus bona et utiliter fecit, in eo statu quo condita fuerunt, sicut
ostendimus, esse destiterunt, et per hanc beatissimam Virginem in statum
pristinum revocata sunt et restituta. Sicut ergo Deus, sua potentia parando
cuncta, Pater est et Dominus omnium, ita beata Maria, suis meritis cuncta
reparando, mater est et domina rerum; Deus enim est Dominus omnium, singula in
sua natura propria iussione constituendo; et Maria est domina rerum, singula
congenitae dignitati per illam quam meruit gratiam restituendo.» EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap.
11. ML 159-578.
42
Commune festorum B. M. V., Noct. 1,
Responsiorium 2.
43 B.
Claude de LA COLOMBIÈRE, S. I., Sermons
prêchés devant S. A. R. la Duchesse d'York, II, Lyon, 1692, Sermon 27, Pour le jour de la Conception
Immaculée de la Sainte Vierge, seconde partie, page 189: «La sanctification
de Marie ne fut pas le seul privilège dont Dieu l'honora au moment qu'elle fut
conçue; pour rendre son bonheur plus accompli, il fallait la mettre en état de
le connaître. C'est pour cela qu'elle reçut dès lors, avec la grâce, le parfait
usage de la raison; et que son esprit fut orné de toutes les lumières de la
sagesse, de toutes les connaissances et naturelles et morales. Cette opinion,
Messieurs, a été enseignée par Albert le Grand, par Saint Bernardin de Sienne,
par l'illustre Chancelier de l'Université de Paris (Jean Gerson); elle a été
suivie du temps de nos pères par les plus savants théologiens; et toute l'Ecole
s'accorde aujourd'hui à la défendre.» - Riferiamo il pensiero del Beato, senza
appoggiarci colla stessa sicurezza sulle autorità da lui allegate: qualcuna
anzi non è fondata. Notiamo però che i Santi sono i testimoni del
senso cattolico più affinato dei loro tempi, e i canali particolarmente adatti
dello sviluppo della teologia, in quanto questo è, prima di tutto, opera dello
Spirito Santo a favore della Chiesa, per la santificazione delle anime. In loro
si avvera egregiamente la promessa: Et
erunt omnes docibiles Dei (Io. VI, 45; cf. Is. LIV, 13). Questo è un pregio
che aggiunge valore alle altre loro doti personali, né viene disprezzato da un
teologo assennato. Ciò vale tanto per il B. Claudio quanto per S. Alfonso
medesimo.
44 «Ave,
gratia plena, pratum fragrantissimum. Ave,
gratia plena, vitis semper vigens; quae animas glorificantium te
laetificas. Ave, gratia plena, ager
qui non exaratus fructus profert pulcherrimos.» S. GREGORIUS THAUMATURGUS, Opera dubia, Hom. 1, In Annuntiatione
Sanctae Virginis Mariae. MG 10-1151.
45 «Videntes itaque eam (animam sponsam)
filiae Hierusalem Christo inhaerentem, et adhuc ascendentem cum eo - dignatur
enim quaerentibus frequenter occurrere, et condescendere ut eos elevet -
dicunt: Quae est haec quae ascendit a
deserto (Cant. III, 6)?... Mirantur videlicet quomodo anima...
inhaereat Dei Verbo, et ascenderit sicut vitis propago, in superiora se
subrigens.» S. AMBROSIUS, Liber de Isaac et anima, cap. 5, n. 44. ML
14-517.
46 «Laddove di lei
(di Maria) scritto leggiamo ne' sagri Cantici: Quae est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens, innixa super
dilectum suum? sant' Ambrogio, quantunque con altra mira, tradusse
mirabilmente all'intento nostro: «Quae haec est, quae ascendit a deserto: ita
ut inhaereat Dei Verbo, et ascendat sicut vitis propago, in superiora se
subrigens?» Paolo SEGNERI, S. I., Quaresimale, Predica 40, Per la festa della Santissima Nunziata, n.
5. Op., II, Venezia, 1742, pag. 369.
47 Gravi teologi. Tra altri, cf. SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 18, sectio
2 et sectio 4. - Si può leggere quanto scrive Cornelio a Lapide su questa sentenza «pia et probabilis», in Proverbia, XXXI, 21: In Scripturam Sacram, Parisiis, 1860,
VI, 510. - DILLENSCHNEIDER, La Mariologie
de S. Alphonse de Liguori, vol. II, Sources et Synthèse doctrinale, Fribourg,
Suisse, 1934, chapitre 18, § 1, pag. 253-259.
48
«Dicitur autem beata Virgo plena gratia quantum ad tria. Primo, quantum ad animam, in qua habuit omnem plenitudinem gratiae.
Nam gratia Dei datur ad duo, scilicet ad bonum operandum et ad vitandum malum;
et quantum ad ista duo perfectissimam gratiam habuit Virgo Maria. Nam ipsa omne peccatum vitavit magis quam aliquis
sanctus post Christum... Ipsa etiam omnium virtutum opera exercuit, alii autem
sancti specialia quaedam; quia alius fuit humilis, alius castus, alius
misericors: et ideo ipsi dantur in exemplum specialium virtutum, sicut beatus
Nicolaus in exemplum misericordiae, etc.; sed beata Virgo in exemplum omnium
virtutum... ut satis patet. Sic ergo plena est gratia beata Virgo et quantum
ad boni operationem, et quantum ad mali vitationem. Secundo, plena fuit gratia quantum ad redundantiam animae ad
carnem, vel corpus. Nam magnum est in sanctis habere tantum de gratia, quod
sanctificet animam: sed anima beatae Virginis ita fuit plena, quod ex ea
refudit gratiam in carnem, ut de ipsa conciperet Filium Dei... Tertio, quantum ad refusionem in omnes
homines. Magnum enim est in quolibet sancto, quando habet tantum de gratia quod
sufficit ad salutem multorum: sed quando haberet tantum, quod sufficeret ad
salutem omnium hominum de mundo, hoc esset maximum, et hoc est in Christo et in
beata Virgine. Nam in omni periculo potes salutem obtinere ab ipsa Virgine
gloriosa... Item, in omni operatione virtutis, potes eam habere in auditorium (leggi adiutorium)... Sic ergo plena est
gratia, et excedit angelos in plenitudine gratiae.» S. THOMAS, Opusculum 8, Devotissima expositio super Salutatione
Angelica. Opera, Romae, 1570, XVII, fol. 75, col. 3, 4.
49 Et
de plenitudine eius nos omnes accepimus. Io. I,
16.
50 «Gratia plena: implenda Deitate,
obumbranda virtute. Gratia plena: de
cuius plenitudine accipiunt universi, de cuius abundantia totus replendus est
orbis.» S. THOMAS A VILLANOVA, Archiep. Valentinus, In festo Annuntiationis B. M. V., Concio
1, n. 2. Conciones, Mediolani, 1760,
II, col. 179.
51 «Quid amplius
dicere possum, Domina? immensitatem quippe gratiae et gloriae tuae considerare
cupienti, sensus deficit, lingua fatiscit. Quemadmodum enim omnia quae in caelo
sunt, per glorificationem tuam inaestimabiliter decorantur, ita, per eamdem
glorificationem, cuncta quae in terra subsistunt ineffabiliter sublimantur.
Singula nempe in immensae dignitatis decus profecerunt, cum per tuam beatam et
integerrimam virginitatem Dominum Deum suum, quem non cognoverant, agnoscere,
et agnitum colere et amare meruerunt.» EADMERUS,
Cantuariensis monachus, Liber de
excellentia Virginis Mariae, cap. 8. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-573. - PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio
15 super Salutationem Angelicam, n.
6: «Et D. Anselmus (de exc. V., c.
8): «Quid amplius dicere possum, Domina? Immensitatem quippe gratiae et gloriae
et felicitatis tuae considerare incipienti, et sensus deficit, et lingua
fatiscit.» Quindi, senza indicare con alcun segno che sia terminata la
citazione di Anselmo (ossia di Eadmero), continua: «Quid vero? Num aquas
tantarum felicitatum gratiarumque sibimetipsi servat? Num eas aliis communicare desistit? Certe non, sed
ubique et ad omnes eiusmodi aquae se fundunt; ita ut nullus sit qui de
plenitudine gratiae Virginis non sit particeps. Quis unquam reperitur,
cui Virgo propitia non sit? Quis
beneficiorum eius est exsors? Ad quem eius misericordiae non se
extendunt?»
52
«Derivatus est fons usque ad nos, in plateis derivatae sunt aquae, licet non
bibat alienus ex eis (Prov. V, 16, 17). Descendit per aquaeductum vena illa
caelestis, non tamen fontis exhibens copiam, sed stillicidia gratiae arentibus
cordibus nostris infundens, aliis quidem plus, aliis minus. Plenus equidem
aquaeductus, ut accipiant ceteri de plenitudine, sed non plenitudinem ipsam.» S. BERNARDUS, In
Nativ. B. M. V., Sermo
de aquaeductu, n. 3. ML 183-440.
53
«Altius ergo intueamini, quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit
honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei
in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae
ascendit deliciis affluens.» IDEM, ibid., n. 6, col. 441.
54 Vedi Appendice, 4, pag. 525 e seg.
1
«B. Virgo habuit actualem usum rationis in primo instanti conceptionis et
sanctificationis suae.» SUAREZ, De
Incarnatione, pars 2, disp. 4, sectio 7. Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 37,
col. 1.
2 «Respondeo
dicendum quod habere aliquod donum per se est nobilius quam habere illud per
aliud. Semper enim causa quae est per se, potior est ea quae est per aliud, ut
dicitur (Physic., lib. 8, text. 39). Hoc autem dicitur aliquis habere per
seipsum, cuius est sibi aliquo modo causa. Prima autem causa omnium bonorum
nostrorum per auctoritatem est Deus: et per hunc modum nulla creatura habet
aliquid boni per seipsam... Potest tamen secundario aliquis esse causa sibi
alicuius boni habendi, inquantum scilicet in hoc ipso Deo cooperatur: et sic
ille qui habet aliquid per meritum proprium, habet quodammodo illud per
seipsum. Unde nobilius habetur id quod habetur per meritum, quam id quod
habetur sine merito.» S.
THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 19,
art. 3, c. - «Est autem duplex sanctificatio: una quidem adultorum, qui
secundum proprium actum sanctificantur; alia autem puerorum, qui non sanctificantur
secundum proprium actum fidei, sed secundum fidem parentum vel Ecclesiae. Prima autem sanctificatio est perfectior quam
secunda; sicut actus est perfectior quam habitus, et quod est per se, eo quod
est per aliud.» Sum. Theol., III, qu.
34, art. 3, c.
3
SUAREZ, De Incarnatione, pars 2,
disp. 4, sectio 8, pag. 39, col. 1: «Dicendum est... beatam
Virginem fuisse sanctificatam per propriam dispositionem.» Prima ragione: non
per altro fine le fu conceduto, fin dal primo istante della sua concezione,
l'uso della ragione: vedi sopra la nota 1. «Secundo, quia sanctificari per
proprium actum est perfectior modus, ut D. Thomas probat... qu. 34, art. 3.
Ergo credendum est hoc modo fuisse sanctificatam Virginem.»
4 «Terminus
creationis est ipsum esse angeli; terminus vero operationis peccati est quod
sunt mali... Si sunt mutationes instantaneae, simul et in eodem instanti potest
esse terminus primae et secundae mutationis... Manifestum est autem quod creatio est instantanea; et
similiter motus liberi arbitrii in angelis. Non enim indigent collatione et
discursu rationis... Unde nihil prohibet, simul et in eodem instanti esse
terminum creationis et terminum liberi arbitrii. Et ideo... dicendum est quod
impossibile fuit angelum in primo instanti peccasse per inordinatum actum
liberi arbitrii. Quamvis enim res aliqua in primo instanti quo esse
incipit, simul incipere possit operari; tamen illa operatio quae simul incipit
cum esse rei, est ei ab agente a quo habet esse; sicut moveri sursum inest igni
a generante. Unde si aliqua res habeat esse ab agente deficiente, quod possit
esse causa defectiva actionis, poterit in primo instanti in quo incipit esse,
habere defectivam operationem; sicut si tibia quae nascitur clauda ex
debilitate seminis, statim incipiat claudicare. Agens autem quod angelos in
esse producit, scilicet Deus, non potest esse causa peccati. Unde non potest
dici quod diabolus in primo instanti suae creatinis fuerit malus.» S. THOMAS, Sum.
Theol., I, qu.
63, art. 5, c. - Ibid., ad 3: «In
primo instanti suae creationis, angelus mereri potuit.» - Ibid., ad 4: «Omnes (angeli) in gratia creati, in primo instanti
meruerunt.» - Sum. Theol., I, qu. 95,
art. 1, ad 5: «Nihil prohibet etiam in primo instanti suae creationis primum
hominem gratiae consensisse.» - Inoltre, manifestamente si applica tanto agli
angeli quanto al primo uomo, quel che insegna S. Tommaso, III, qu. 34, art. 3,
c., sul modo in cui vengono santificati gli adulti. Vedi sopra, la seconda parte
della nota 2: «Est autem duplex sanctificatio...»
5 «Respondeo
dicendum quod, quanto aliquid magis appropinquat principio in quolibet genere,
tanto magis participat effectum illius principii... Christus autem est
principium gratiae, secundum divinitatem quidem auctoritative, secundum
humanitatem vero instrumentaliter... Beata autem Virgo Maria propinquissima
Christo fuit secundum humanitatem, quia ex ea accepit humanam naturam. Et ideo prae ceteris maiorem debuit a Christo
gratiae plenitudinem obtinere.» S. THOMAS, Sum.
Theol., III, qu.
27, art. 5, c.
6
SUAREZ, De Incarnatione, pars 2,
disp. 2, sectio 2 (in fine), pag. 6, col. 1: «Decet matrem honorari a filio:
imo ratione maternae dignitatis habet singulare ius ad bona filii; ergo hac
ratione dignitas matris est quodammodo ratio et principium dignitatis gratiae,
quam quodammodo eminenter continet, secundum ordinem divinae sapientiae.» - Ibid., pag. 4, col. 1: «Hinc (ex
maternitate divina physice considerata) efficitur ut moraliter, et secundum
prudentem existimationem, Virgo retineat supremum quemdam et excellentem
dignitatis gradum, propter singularem, quam cum Deo habet, coniunctionem et
propinquitatem. Unde etiam fit, ut singulare ius habeat ad bona Dei Filii sui,
ut in sequentibus explicabimus.»
7 «Nulla lingua narrare sufficit quam
prudenter sensus et intellectus gloriosae Virginis ipsum Deum in eodem puncto
comprehendit, quo primo eius cognitionem habuit, praesertim cum omnis humana
mens ad excogitandum debilis sit, quam multiformiter eiusdem Virginis benedicta
voluntas Dei servitio se subiecit; nam omnia quae ipsa Deo placere cognovit,
delectabiliter sibi perficere placuit... Decrevit humillima
Virginis voluntas... quamdiu sua vita vigeret cum omni caritate Deo famulari.» Revelationes S. BIRGITTAE, Coloniae
Agrippinae, 1628, pag. 545, col. 2, Sermo
angelicus de excellentia B. Mariae Virginis, quem ipse angelus dictavit B. Birgittae... et ipsa... devote
conscripsit, cap. 14.
8 BARONIUS, Apparatus ad annales Ecclesiasticos, n.
48-53. Lucae, 1740, pag. 453-455. - NICEPHORUS CALLISTUS, Ecclesiastica historia, lib. 2, cap. 3. MG 145-758. - Georgius
CEDRENUS, Compendium historiarum. MG 121-362. - SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 7 (a principio). Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 60,
col. 1. - Flavio Giuseppe ci spiega
come fosse possibile che più persone abitassero nel Tempio (non già però, come
osserva Baronio - l. c., n. 51 - nel luogo riservato alla preghiera): «Aedificavit
autem (Salomon) in circuitu templi triginta
parvulas domus, quae sui copulatione totum templi spatium extrinsecus
ambiebant. Nam et ingressus earum ita fecit ad invicem, ut ex alia intraretur
ad aliam. Harum namque singulae domus latitudinem quidem habebant quinque
cubitorum, et tantumdem longitudinis: altitudinis vero viginti. Erant autem
supraedificatae his aliae; et rursus aliae super eas, aequales et mensuris et
numero...» FLAVIUS IOSEPHUS, Antiquitates Iudaicae, lib. 8, cap. 3. Opera, Basileae, 1524, pag. 223. -
Quelle parvulae domus erano dunque 90
in tutto. Parla Giuseppe del Tempio di Salomone; ma, nota Baronio (n. 50),
«quod sub Zorobabel fuit restitutum, etsi prioris templi non aequaret
altitudinem, nihilominus ad instar illius esse constructum, docent divinae
litteraeI Esdr. III); ac illud demum quod ab Herode rege fuit excitatum,
aequalis priori illi altitudinis et amplitudinis fuisse, eiusdem Iosephi (Antiquit. iudaic., lib. 15, cap. 11; De bello iudaico, lib. 6, cap. 6)
testimonio comprobatur.» - Anzi, da vari luoghi della Scrittura (Baron., n. 53), si argomenta che alcune
donne e fanciulle potessero abitare nel Tempio stesso, addette alla preghiera
ed ai sacri servizi; così Anna la Profetessa, di cui parla S. Luca, cap. 3. -
S. IO. DAMASCENUS, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159. - GEORGIUS
NICOMEDIENSIS, Oratio 5, In SS. Deiparae
Praesentationem in templo. MG 100-1418; Oratio 6, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1422. - Di S. ANSELMO,
troviamo solo le parole seguenti, in cui anche l'editore delle sue Opere (Gerberon, O. S. B.), come apparisce
dall'Indice, vede una allusione alla
Presentazione di Maria nel Tempio: «Descendisti, (Domine), a regali solio
sublimis gloriae tuae in humilem et abiectam in oculis suis puellam primo
virginalis continentiae voto sigillatam.» Liber
meditationum et orationum, Meditatio 9. ML 158-749. Ma l'opuscolo,
anticamente attribuito a S. Anselmo ed al quale espressamente si riferisce S.
Alfonso, parla più diffusamente di Maria nel tempio, come appresso vedremo:
vedi nota 27. - S. AMBROSIUS, De
Virginibus, lib. 1, cap. 3, n. 12, ML 16-192: «Nam etiam templo
Hierosolymis legimus virgines deputatas.» - Il Machab. III, 18, 19.
9
S. GERMANUS, Patriarcha CP., In
Praesentationem SS. Deiparae,
II: Encomium in S. Deiparam, quando
triennis praesentata est in templo...: «Alacriter ad Deiparam accedamus,
inque ea designata provide divina sacramenta inspectemus: quomodo, inquam, sacratissima
Virgo a suis hodie parentibus per sacerdotes in templo praesentetur...» MG
98-311. - Ibid., col. 315: «Sacerdos
puellam allocutus, eam intus deposuit loco congruo, ac quo praefinitum erat. At
illa exsultans gestiensque, tamquam in thalamo, ita in templo Dei gradiebatur:
triennis quidem, ut aetatem spectes; ut autem gratiam, summe perfecta ac
consummata.» - EPIPHANIUS, monachus et presbyter Hierosolymitanus, Sermo de vita SS. Deiparae, n. 4, MG
120-191: «Cum tres iam annos nata esset puella Maria, duxerunt eam ipsius
parentes in Ierusalem, et praesentarunt eam Domino cum muneribus.» - Però, Epifanio mette fuori un'opinione
singolare; soggiugne nel l. c.: «Et omnes sacerdotes gravisi sunt, et orantes
benedixerunt Ioacim, et Annam, et puellam Mariam. Hi vero baierunt in Nazareth.
Cumque septennis facta est Maria, rursus parentes eam duxerunt in Ierusalem, et
donaverunt eam Domino, consecratam ipsi per omnes dies vitae suae.» Questo Epifanio monaco viveva nel principio del
secolo XI, o, secondo altri, nel secolo VIII.
10
«Supplicat Deo (mater)... Quod si mater evaserit, se, quodcumque pepererit,
ei dedicaturam. Quamobrem cum voti compos effecta filiam suscepisset, eam
vocavit Mariam... Illam igitur, cum iam grandiuscula esset, nec ubere matris
amplius indigeret, ducens ad templum Deo reddidit, et studiose prossimum
exsolvit.» S. GREGORIUS NYSSENUS, Oratio
in diem Natalem Christi. MG 46-1139.
11 La distanza da
Nazaret a Gerusalemme è da 120 a 130 chilometri. - Vedi Discorso V, nota 40, pag. 118.
12
(«Convocat Anna amicas ac sodales, aitque): «... En quam edidi, iuxta
quod voveram, in Dei offero domo. Venite,
ei vos comites iungite, communibusque votis ceu acceptabile munus eam offeramus
Domino.»... Quamobrem triennem illam offerunt in templo.» GEORGIUS
NICOMEDIENSIS, Oratio 5, Encomium in SS.
Deiparae Praesentationem. MG 100-1415, 1418. - «Iam itaque parentes
Virginis, puellam Virginem pro templi foribus offerebant, circumquaque
stipantibus angelis, universisque supramundanis Virtutibus gratulantibus.» Ibid., col. 1422.
13
BERNARDINUS DE BUSTO, O. M., Sermones, III,
Mariale, pars 4 (De vita et conversatione B. V.), Sermo 1, De Mariae Praesentatione in templo, pars 1, Brixiae, 1588, pag.
262, col. 2: «Magnam quoque festivitatem fecit Deus cum angelis in deductione
suae sponsae ad templum: quae, quia deducta fuit per Spiritus Sancti
instigationem et angelorum associationem, ideo II Reg. VI (12, 15) in figura
dicitur quod David, id est Deus, cum cantoribus, i. e. angelis, deducebat arcam
foederis cum iubilo.»
14
IDEM, ibid., pag. 262, col. 1, 2:
«Scitote etiam quod ineffabili gaudio Deus sponsam suam se illi offerentem
implevit: quia nullus umquam Deo gratior usque ad illud tempus templum
ascendit. Cum namque Anna, mater Samuelis, ascenderit templum
Domini ut filium dedicaret: I Reg. I, 24; et
Salomon ut hostias immolaret: III Reg. III, 4: et Ezechias, rex Iuda, ut
gratias pro sanitate rependeret: IV Reg. XX; et Iudith pro victoria obtenta:
Iudith, XVI, 22; Maria tamen magis obtulit in templo quam omnes praedicti: quae
seipsam perpetuis Dei obsequiis obtulit et dedicavit. Plus
enim est dedicare se Deo, quam sua.»
15 «Abi igitur,
Deipara Domina, abi in tuam hereditatem; incede in atriis Domini exsultans ac
gaudens; alta (trefoméne) illic ac virens, Sancti in te Spiritus quotidie
adventum exspectans, ac Altissimi obumbrantem virtutem, tuique Filii
conceptionem, uti tibi Gabriel acclamaturus est.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Praesentationem SS. Deiparae, II, Encomium in S. Deiparam, quando triennis
praesentata est in templo. MG
98-318.
16
Benedictus ARIAS MONTANUS, Antiquitatum Iudaicarum libri IX, lib.
V, volumen III, Lugduni Batavorum, 1593, pag. 93: «Quindecim gradus, quos
quidam in templo constituunt, ad quos psalmi canerentur, ab Israelis ad
sacerdotum atrium pertinuisse videntur.» - FLAVIUS IOSEPHUS, De bello Iudaico, lib. 7, cap. 10, Opera, Basileae, 1524, pag. 818: «Quemadmodum
templum incensum est invito Tito... Magna
vero multitudo invalida et inermis, ubicumque occupati fuerant,
interficiebantur; et circum aram quidem ingens mortuorum numerus congerebatur. Per gradus vero templi, et sanguis
multus profluebat, et eorum corpora qui supra ceciderant delabebantur.» -
«Cumque trium annorum circulus volveretur, et ablactationis tempus completum
esset, ad Templum Domini Virginem cum oblationibus adduxerunt. Erant
autem circa Templum, iuxta quindecim graduum psalmos, quindecim ascensionis
gradus. Nam quia Templum erat in monte (In
monte Morya) constitutum, altare holocausti, quod forinsecus erat, adiri
nisi gradibus valebat. In horum itaque uno, beatam Virginem Mariam parvulam
parentes constituerunt. Cumque ipsi vestimenta quae in itinere habuerant,
exuerent, et cultioribus ex more vestibus se et mundioribus induerent, Virgo
Domini cunctos sigillatim gradus, sine ducentis et levantis manu ita ascendit,
ut perfectae aetati in hac dumtaxat causa nihil deesse putares.» De nativitate S. Mariae, n. 7: in Mantissa Operum S. Hieronymi, Epistola 50.
ML 30-301.
17 «Beatus quippe
revera e viris pater tuus, et beata ex mulieribus mater tua, beata domus tua,
beati noti tui, beati qui te viderunt, beati qui tua usi sunt consuetudine,
beati qui tibi ministrarunt; beata loca quae calcasti; beatum templum in quo
oblata fuisti; beatus Zacharias, qui te
ulnis excepit; beatus Ioseph, qui te sibi despondit; beatus lectus tuus,
beatum sepulcrum tuum! Tu enim summus honor es, summum praemium, ac summa
celsitudo.» S. GERMANUS, In
Praesentationem, II, come sopra, nota 15. MG 98-318.
18 Commune festorum B. M. V., noct. 1,
resp. 2.
19 Deut. VI, 5.
20 «Votum
egregium Deo prima vovisti, votum virginitatis.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comm. in Cant. Cant.,
lib. 3. ML 168-892A. - S. Alfonso, nella nota, allude a S. Ambrogio, il quale - De Institutione virginis, liber unus,
cap. V, n. 35, ML 16-314 - ha lo stesso pensiero di Ruperto, quantumque in
termini meno espressivi: «Egregia igitur Maria, quae signum sacrae virginitatis
extulit, et intemeratae integritatis pium Christo vexillum erexit. Et tamen cum
omnes ad cultum virginitatis sanctae Mariae advocentur exemplo, fuerunt qui eam
negarent virginem perseverasse.»
21 «Maria tamen
magis obtulit in templo quam omnes praedicti (Anna, Salomon, Ezechias et
Iudith): quia seipsam perpetuis Dei obsequiis obtulit et dedicavit.» BERNARDINUS DE BUSTO, Mariale, pars 4, sermo 1, pars 1, Brixiae, 1588, pag. 262, col.
2.
22
«Dilectus meus mihi et ego illi. Vox
est Sponsae Sponsi imperio se parituram promittentis... Dilectus meus mihi
totus vixit, et totus mihi mortuus est. Tota vita eius et tota mors mihi fuit,
id est, propter me. Et ego illi, similiter tota vivam, et tota
moriar.» HUGO DE SANCTO CHARO, O. P. Cardinalis primus, Postilla super Scripturam Sacram, III, Postilla super Cantica
Canticorum. Venetiis, 1703, fol. 119, col. 2.
23
Cant. VI, 9.
24«Tum
deinde in domo Dei plantata, et per Spiritum saginata, instar olivae
fructiferae, virtutum omnium domicilium instruitur.» S. IO. DAMASCENUS,
De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159.
25 «Salvesis, Maria,
Annae dulcissima puella: nam me rursum ad te amor pertrahit. Quonam modo
incessum tuum gravitate plenum describam?... Gressus gravis, nec praeceps, nihil fractum ac molle
habens. Mores severi, et hilaritate temperati... Animus humilis in
sublimissimis contemplationibus. Sermo iucundus, ex leni anima progrediens.»
IDEM, In Nativitatem B. M. V., hom.
1, n. 11. MG 96-678, 679.
26
«Tum deinde in domo Dei plantata, et per Spiritum saginata, instar olivae fructiferae,
virtutum omnium domicilium instruitur; ut quae, abstracta mente ab omni saeculi
carnisque cupiditate, animum una cum corpore virginem conservasset, veluti
decebat illam quae sinu suo conceptura Deum erat, qui, cum ipse Sanctus sit, in
sanctis requiescit. Unde sanctimoniam consectando, templum evadit sanctum et
admirabile, Deique altissimi hospitio dignum.» IDEM, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159.
27
Inter Opera S. Anselmi, Cantuariensis
Archiep., Coloniae Agrippinae, apud Maternum Cholinum, 1560: tomo 3, pag. 226
(ultima), col. 2: «Ex gestis Anselmi
colliguntur forma et mores beatae Mariae et eius unici filii Iesu. - Maria
Dei Genitrix didicit hebraicas litteras adhuc patre eius Ioachim vivente. Erat
docilis, amans doctrinam, et circa Sacram Scripturam perseverabat. Opus vero
manuum eius erat lanae, lini et serici. Erat namque locus distinctus
in domo Domini, scilicet in templo, prope laevam altaris. Isti (sic) stabant virgines solae, et divino
officio peracto, ibant omnes ad propria. Maria vero perseverabat et custodiebat
altare et templum, sacerdotibus ministrans. Mos suus erat modicae loquelae,
expeditae obedientiae, mundae proximationis, sine audacia, sine risu, sine
turbatione, sine ira, benigne salutans; eloquentiam eius homines mirabantur. -
Fuscos habebat oculos, rectos adspectu, nigra supercilia, mediocrem nasum;
vultus eius longus, longae manus, longi digiti, mediocris staturae; perseverans
in orationibus, ferens pannum proprii coloris, lectioni, ieniuniis et labori
manuum, et omni bonae virtuosaeque operationi se dederat...» - Questo opuscolo,
d'autore ignoto, nella sua prima parte, che abbiamo riferita, non sembra altro
che una rozza e confusa trascrizione di quanto scrive Epifanio, monaco di Gerusalemme, De vita B. Virginis, num. 4, 5, 6. MG 120-191, 194.
28 Istoria della vita di Maria, del P. Giuseppe di Gesù e Maria, Carm.
Scalzo, lib. 2, cap. 1, n. 4, Padova, 1658, pag. 158: «S. Girolamo ancora dice
a questo proposito...» e nel margine: «D. Hieronymus, apud Bonaventuram, ut
supra,» cioè nelle Meditationes vitae
Christi, cap. 3 (inter Opera S.
Bonaventurae, Romae, etc., VI, 336): «Beatus vero Hieronymus de vita ipsius
(Mariae in templo) scribit: «Hanc sibi regulam B. Virgo statuerat...» e viene
una descrizione assai particolareggiata della vita di Maria SS. nel tempio.» -
Nell'Epist. 50, De Nativitate S. Mariae, in Mantissa
Operum S. Hieronymi, n. 8, ML 30-302, questo solo si legge: «Virgo autem
Domini, cum aetatis processu et virtutibus proficiebat; et iuxta Psalmistam,
pater et mater dereliquerant eam, Dominus autem assumpsit eam (Ps. XXVI, 10).
Quotidie namque ab angelis frequentabatur; quotidie divina visione fruebatur,
quae eam a malis omnibus custodiebat, et bonis omnibus redundare faciebat.» Qui
viene a proposito la parola di S. Antonino, su questa medesima Epistola, trattando di altro argomento:
«Apocrypha: tamen rationi conformia.» - Cf. Lufolphus
de Saxonia, Vita Iesu Christi, pars 1, cap. 2, n. 9; Bernardinus de Bustis, Mariale, pars 4, sermo 1, pars 3, Tertio.
29
Quali siano queste rivelazioni, e a chi siano state fatte, se a S. Elisabetta
vergine benedettina, o a S. Elisabetta d'Ungheria, del Terzo Ordine di S.
Francesco, vedi Appendice 5, pag. 528
e seg.
30 Vedi Appendice, 6, pag. 536 e seg.
31 Emitte Agnum... Giova ricordare qui
l'interpretazione messianica e mariale data a questo testo da Pio PP. X, nelle
sue Litterae Encyclicae, «Ad diem
illum laetissimum», del 2 febbraio 1904, Acta
S. Sedis, XXXVI, pag. 451: «In Scripturis sanctis, quotiescumque de futura
in nobis gratia prophetatur, toties fere Servator hominum cum sanctissima eius
Matre coniungitur. Emittetur
agnus dominator terrae, sed de petra deserti...»
32
«Canitur in eisdem Canticis de ea: Hortus
conclusus, fons signatus, emissiones tuae paradisus (Cant. IV,
12). Vere hortus deliciarum, in quo consita sunt universa florum genera et
odoramenta virtutum: sicque conclusus, ut nesciat violari neque corrumpi ullis
insidiarum fraudibus.» SOPHRONIUS, ad Paulam et Eustochium, De assumptione B. M. V., n. 9 inter Opera S. Hieronymi, Mantissa, Epistola 9, ML
30-132.
33 «Talis Maria
fuit, si Ambrosio credimus, ut unius vita omnium sit disciplina. Quid vero si Chrysostomum (Hom. in Domini hypapanten), qui
ab ore aureo dictus est, Ambrosio adiungamus? «Erat virgo, inquit, per cuncta
mirabilis, cuius animam decebat ab omni esse tumultu cogitationum immunem, quae
tanti electa est ministra mysterii.» Et rursus in alia oratione, quae latine
nondum exstat: «Beata Maria, ultra omnem humanae naturae modum, modestiam ac
temperantiam excoluit, ac ob id universorum Dominum in utero gestare promeruit.
Quod si qua virgo alia, maiore modestia vel ampliore puritate aut maturitate
praeter hanc ornata exstitisset, illam sibi Dominus prae hac ipsa omnino in
habitaculum elegisset.» S. PETRUS CANISIUS, S. I., De Verbi Dei corruptelis, II, De
Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta, lib. 1, cap. 13,
Lugduni, 1584, pag. 75, col. 1.
34 «Quem enim in
castellum mundi huius intrantem prius ipsa susceperat, ab eo suscipitur hodie
(in Assumptione) sanctam ingrediens civitatem. Sed cum quanto putas honore, cum
quanta putas exsultatione, cum quanta gloria? Nec in terris locus dignior uteri
virginalis templo, in quo Filium Dei Maria suscepit; nec in caelis regali
solio, in quo Mariam Mariae filius sublimavit. Felix nimirum utraque susceptio; ineffabilis utraque,
quia utraque inexcogitabilis est.» S. BERNARDUS, In Assumtpione B. V. M., sermo 1, n. 3 ML 183-416.
35
«(Notantur quindecim perfectionis gratiae quae fuerunt in ipsa Virgine...)
Quintadecima et ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei
concipiendum, quae praeparatio fuit per profundam humilitatem, quod ipsa
insinuat dicens: Respexit humilitatem ancillae suae.» S.
ANTONINUS, O. P., Summa theologica, IV,
titulus 15, cap. 6, § 2 (in fine), Veronae, 1740, col. 948.
36 Suor Domenica del Paradiso, Domenicana
(1473-1553), fondatrice del Monastero di S. Croce in Firenze. Ignazio DEL NENTE, Vita (scritta nel 1625), Venezia, 1675, lib. 1, cap. 27, pag. 27,
28. - Domenico M. MARCHESE, Sacro Diario Domenicano, IV, Napoli,
1676, Vita, 5 agosto, pag.
318.
37
«Illuminasti me, lux; et vidi te, et amavi te; nemo quippe te amat, nisi qui te
videt; et nemo te videt, nisi qui te amat. Sero te amavi, pulchritudo tam
antiqua; sero te amavi. Vae tempori illi quando non amavi te!» Soliloquiorum animae ad Deum liber unus, cap.
31, inter Opera S. Augustini. ML
40-890.
38 L'Amen manca nell'ediz. del 1776.
1 «Talem et matrem elegit B. Mariam, quam ex
omnibus humillimam cognovit. Et eius humilitas traxit eum de caelo, ut ait
Bernardus, imo ipsa dicens: Respexit
humilitatem ancillae suae. Et hoc est quod dicitur Cant. I, 11: Quum (Dum) esset rex Dominus omnium in accubitu suo, id est in requie sua,
quasi dormire videretur et non curare de salute humana - omnes enim ad inferos
descendebant - nardus mea dedit odorem
suum. Nardus est herba parva, sed multum medicinalis. Et significat B.
Virginem humilem, quae permaxime dedit odorem suae humilitatis, quando totam se
Deo committens et subiiciens ait: Ecce
ancilla Domini, etc. Qui odor usque ad caelum
ascendit, et in caelo accumbentem quasi evigilare fecit et in utero suo
quiescere. Et sic Dominus tecum, scilicet erit in te quiescens.» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap.
21, § 2. Veronae, 1740, IV, col. 1071, 1072.
2
Martinus DEL RIO, Antverpiensis, S.
I., In Canticum Canticorum Commentarius
litteralis et Catena mystica, Parisiis, 1604: Cap. I, Sectio I, Mixta
interpretatio, quae est de B. Virgine, pag. 27, recto: «Osculetur me osculo oris sui... Rupertus hic lib. primo refert ad
consensum, quem virgo Gabrieli respondens praebuit; quod disertius a GUILHELMO
explicatum, et luculentius inde decerpam: «Incarnandus Dei filius ex Virgine,
praemisit ad eam unum ex familiaribus suis, ut auriculam eius revelaret et
arcano, quod absconditum fuerat a saeculis..., reserato, consensum et
cooperationem eius flagitaret. Quippe nolebat omnipotens suae incarnationis miraculum
operari in ipsa, non cooperante ipsa, nec carnem volebat sumere ex ipsa non
dante ipsa. Itaque non tantum ex ipsa carnem suscipere volebat, sed etiam ab
ipsa.»
3 Vedi Appendice, 5, pag. 528 e seg.
4 Le
edizioni più antiche qui hanno tu e voi usato
promiscuamente nello stesso periodo. Proferiamo l'ed. del 1776 «accresciuta e
correta dal medesimo autore».
5
«Quae cum audisset, turbata est in
sermone eius, et cogitabat qualis esset ista salutatio. Turbata est,
inquit, non in vultu eius, sed in sermones eius. Non enim angelum, sed verbum
angeli attendebat, et quid illa tam officiosa salutatio sibi praetenderet.» Eusebii Emisseni Opera, Parisiis
1575. Homilia in feria IV post Dom. IV adventus, fol. 10, col. 2 (verso). - «Quae cum audisset... Turbata est,
inquit, non in vultu eius, sed in sermone eius. Non enim angelum, sed verba
angeli attendebat, et quid illa tam officiosa salutatio sibi praetenderet,
cogitabat.» S. BRUNO Astensis, Episcopus
Signiensis, Commentaria in Lucam, pars
1, cap. 1. n. 3. ML 165-341.
6 S. BERNARDINUS
SENENSIS, Quadragesimale Seraphin, feria
V post Dom. V Quadragesimae, De amore
incarnante, pars 3 principalis, Venetiis, 1591, IV, 181, H.: «Nam si ipse
dixisset: Tu, o Maria, es maior ribalda quae sit in mundo, non ita admirata
fuisset, quia ipsa reputasset ipsum dicere verum, propter profundam eius
humilitatem. Unde admirando turbata fuit de tantis, et cum tanto eloquio, et
per tantum excellentem nuntium laudibus sibi attributis.» - Idem sermo, Venetiis, 1745, III, pag.
264, col. 1: «Si ipse dixisset: Tu, o Maria, es scelestissima omnium quae sunt
in mundo, non ita admirata fuisset, quia ipsa reputasset ipsum dicere verum
propter profundam eius humilitatem: unde admirando turbata fuit de tantis, et
cum tanto eloquio, et per tantum excellentem nuntium laudibus sibi attributis.»
- Si veda, su questo Quadragesimale
Seraphin, la nota 97 del Discorso I,
pag. 36.
7 «Ut
quid enim ego me tantum humiliabam, aut unde promerui tantam gratiam, nisi quia
cogitavi et scivi me nihil a me esse vel habere? Ideo et nolui laudem meam, sed solius datoris et
Creatoris.» Revelationes
S. BIRGITTAE, lib. 2, cap. 23 (verso la fine). Coloniae Agrippinae, 1628,
pag. 114, col. 2.
8 «Audistis fragilem
nostrae carnis naturam ad portandam totam deitatis gloriam angelica
exhortatione roborari. Denique ne tanto ponderi caelestis fabricae in Maria,
subtilis nostri corporis arena succumberet, et in virgine totius generis humani
portatura fructum virga tenuis frangeretur, fugatura metum vox angeli mox
praecessit, dicens: Ne timeas, Maria.»
S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 142, De Annuntiatione B. Mariae Virginis. ML
52-579. - SUAREZ, De Incarnatione, pars
2, qu. 30, art. 2, Commentarius, n.
1: «Et Petrus Chrysologus, serm.
142... aliam rationem indicat his verbis: «Audistis fragilem nostrae carnis
naturam ad portandam totam deitatis gloriam, angelica exhortatione roborari;
sicut enim Christus interdum per Angelum confortari voluit, Luc. XXII,
ita decuit Virginem per Angelum animari.» La seconda parte del periodo non è
del Grisologo.
9 «Exspectat angelus responsum: tempus est
enim ut revertatur ad Deum qui misit illum. Espectamus et nos, o Domina, verbum
miserationis, quos miserabiliter premit sententia damnationis. Et
ecce offertur tibi pretium salutis nostrae: statim liberabimur si consentis. In
sempiterno Dei verbo facti sumus omnes, et ecce morimur: in tuo brevi responso
sumus reficiendi, ut ad vitam revocemur... Da, Virgo, responsum festinanter. O
Domina, responde verbum quod terra, quod inferi (cioè i Patriarchi nel Limbo),
quod exspectant et superi. Ipse quoque omnium Rex et Dominus, quantum
concupivit decorem tuum, tantum desiderat et responsionis assensum: in qua
nimirum proposuit salvare mundum.» S.
BERNARDUS, De laudibus Virginis Matris,
Homiliae super «Missus», hom. 4, n. 8. ML 183-83.
10
«Responde iam, Virgo sacra: vitam quid tricas mundo? Assensum tuum Angelus
praestolatur; inde est quod nuntius iste moratur.» Sermo 120, 4 in Natali
Domini, in Appendice ad Sermones S. Augustini, olim De tempore, 21, n. 7. ML 39-1986.
11 «O Fiat potens, o Fiat efficax, o Fiat super
omne Fiat, perpetuo honore
venerandum. Hoc verbo Fiat, factus
mundus, hoc verbo caelestia terrestriaque Altissimus condidit: sed tale Fiat non sonuit in orbe, quale tu nunc
beata dixisti. Quid enim factum est? Quis
dicere potest quid factum est? Natura stupet, iudicium haeret, hebescit sensus,
lingua mutescit, ratio deficit, intellectus non capit, quod factum est in
Maria, cum hoc protulit verbum: Fiat mihi
secundum verbum tuum. Statim namque ad huius verbi sonitum, Verbum caro factum est: subito ex
purissimis eius sanguinibus, Spiritus Sancti opere, sanctum Domini fabricatum
est corpus, subito organizatum, subito animatum, subito Dei Verbo unitum:
statim omni gratia et virtute infans repletus, omnium charismatum donis
insignitus et clara Dei visione beatus, denique omni illa sapientia, gratia et
gloria, qua nunc pollet in caelo, ditatus.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Annuntiationis B. M. V., n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, col.
192, 193.
12 «Super quem autem requiescam, inquit,
nisi super humilem, et quietum, et trementem verba mea? (Is. LXVI, 2. - Et quis est iste locus quietis meae?... Ad
quem autem respiciam, nisi ad pauperculum, et contritum spiritu, et trementem
sermones meos? Is. LXVI, 1, 2) O humilitas angusta tibi, ampla
divinitati; pauper et sufficiens (leggi
con Horstio e secondo il senso manifesto: insufficiens) tibi, sufficiens ei
quem non capit orbis; copiose ac deliciose reficiens illum, qui et Angelos
pascit. Super quem, inquit, requiescam nisi super humilem? In
omnibus requiem quaesivi: sed apud humilem ancillam inveni. Non est inventa
similis illi in gratia humilitatis: ideo in plenitudine humilitatis requievit
etiam corporaliter omnis plenitudo divinitatis.» GUERRICUS, Abbas Igniacensis, In AssumptioneB.M. sermo 3, n. 4. ML
185-196.
13
«Quanta vero et quam pretiosa humilitatis virtus cum tanta puritate, cum
innocentia tanta, cum conscientia prorsus absque delicto, imo cum tanta gratiae
plenitudine? Unde tibi humilitas, et tanta
humilitas, o beata? Digna plane quam respiceret Dominus, cuius decorem
concupisceret rex, cuius odore suavissimo ab aeterno illo paterni sinus
attraheretur accubitu.» S.
BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo
4, N. 7. ML 183-428.
14
Ven. BERNARDINUS DE BUSTIS, Sermones, Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 7, sermo 4, pars 2, pag.
636, col. 2, 637, col. 1: «Liceet beata Virgo Maria non meruerit merito
condigni concipere Christum, quia beneficium Incarnationis est supra merita...
cunctarum creaturarum... tamen quia ex benignitate sua Deus diffinivit pro
salute humani generis carnem assumere de una muliere: ipsa beatissima Virgo, a
principio suae vitae usque ad incarnationem Filii Dei, merebatur esse Mater Dei
merito congrui, quia propter excellentiam sanctitatis suae et perfectionem
virtutum, ad hoc erat magis idonea et disposita quam omnes aliae mulieres, quae
umquam fuissent aut futurae essent in mundo. At ubi verba illa
sanctissima protulit, scilicet: Ecce
ancilla Domini, et suum consensum verbo firmavit, illico meruit merito
digni concipere Christum et effici Mater Dei. Tunc enim inventa est excessisse
merita omnium electorum. Et maxime propter enimentiam quatuor virtutum. Prima
fuit Obedientia dum dixit: Ecce: exhibuit namque se tantum
promptissimam ad obediendum Deo, quanto fieri potest a pura creatura; et
intensissima fuit illius voluntas, quantum intendi potuit. Secunda virtus fuit humilitas, quam demonstravit dum ait: Ancilla Domini. Tunc enim tantum descendit in nihilum respectu
Dei, quod nulla umquam creatura ita viluit sibi ipsi pro Deo sicut ipsa… Tertia fuit fides,
quam explicavit dum prosecuta est: Fiat
mihi. Tunc enim captivavit omnem intellectum in obsequium Dei, crediditque
simpliciter et purissime, quaecumque fuerant sibi per Angelum intimata...Quarta
virtus fuit caritas, quam
demonstravit dum ait: Secundum verbum
tuum. Tunc enim omne cor suum, et omne esse, atque omnino, obtulit
voluntarie Deo. Quapropter tantam Dei gratiam in hoc actu recepit, quod sicut
perfectiones divinae omni intellectui sunt incomprehensibiles, sic perfectiones
gratiarum quas beata Virgo suscepit in conceptione Filii Dei, solo (leggi soli) divino intellectui et animae
Christi fuerunt comprehensibiles... Multa (leggi
multo) namque plura operatus est Deus in Virgine, et quidem grandia, quam
ea quae scripta sunt aut excogitata.» - Ibid.,
pag. 636, col. 1: «Meritum condigni est illud in quo reperitur perfecta
ratio merendi... Meritum digni et congrui est, quando non est perfecta
adaequatio meriti ad praemium... Meritum digni est completum in actu; meritum
vero congrui est meritum non omnino perfecte completum... Vel est perfecta
dispositio et propinquitatis ad consequendam aliquam mercedem in
futuro.»
15 «Potest, inquam,
placere humilitas, quae virginitatem deplorat amissam; sine humilitate autem -
audeo dicere - nec virginitas Mariae placuisset. Super quem, inquit, requiescet spiritus meus, nisi super
humilem et quietum? (Is. LXVI, 2. - Et
quis est iste locus quietis meae?... Ad quem autem respiciam, nisi ad
pauperculum, et contritum spiritu, et trementem sermones meos? Is. LXVI, 1.
2.) Super humilem, dixit, non, super virginem. Si igitur Maria humilis non
esset, super eam Spiritus Sanctus non requievisset; si super eam non requievisset,
nec impraegnasset. Quomodo enim de ipso sine ipso conciperet? Patet itaque quia, ut de Spiritu Sancto conciperet,
sicut ipsa perhibet, respexit humilitatem
ancillae suae (Luc. I, 48), potius quam virginitatem. Et si placuit
ex virginitate, tamen ex humilitate concepit. Unde constat quia, etiam ut
placeret virginitas, humilitas procul dubio fecit.» S. BERNARDUS, De
laudibus Virginis Matris, Homiliae super «Missus», hom. 1, n. 5. ML
183-59.
16
«Maluit Deus de beata Maria incarnari propter humilitatem, quam propter aliam
quamcumque virtutem.» EUSEBIUS (falsarius), (ficta Epistola) ad
Damasum, de morte Hieronymi, cap. 18.
Inter Opera S. Hieronymi. ML
22-249.
17 «Ut quid enim ego
me tantum humiliabam, aut unde promerui tantam gratiam, nisi quia cogitavi et
scivi me nihil a me esse vel habere?» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 2, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 114,
col. 2.
18 «Non ait:
Respexit virginitatem, non innocentiam, non virtutes ceteras, sed humilitatem
tantum: ut manifestaret quantum praeemineret reliquis, quantumve Deo placeret
humilitas.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De
vita solitaria, cap. 14. Opera, Lugduni,
1628, pag. 492, col. 2.
19 S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie dévote, partie 3,
ch. 6. Œuvres, III, Annecy, 1893,
pag. 151: «Je passe plus avant et vous dis, Philothée, qu'en tout et par tout
vous aimiez votre propre abjection. Mais, ce me direz-vous, que veut dire cela:
aimez votre propre abjection? En latin abjection veut dire humilité, et
humilité veut dire abjection; si que, quand Notre Dame en son sacré Cantique
dit que parce que Notre-Seigneur a vu l'humilité de sa servante toutes les
générations la diront bienheureuse, elle veut dire que Notre-Seigneur a
regardé de bon cœur son abjection, vileté et bassesse, pour la combler de
grâces et faveurs.»
20 «O vere, inquam,
gloriosa Mariae humilitas, quae porta paradisi efficitur, scala caeli
constituitur. Facta est certe humilitas Mariae
scala caelestis, per quam descendit Deus ad terras.» Sermo
208, In festo Assumptionis B. Mariae, n.
10: inter Opera S. Augustini, ML
39-2133. - Autore ignoto: alcuni manoscritti portano il nome di S. Ambrogio Autperto.
21 «Ultima gratia perfectionis est praeparatio ad
Filium Dei concipiendum, quae praeparatio fuit per profundam humilitatem, quod
ipsa insinuat dicens: Respexit
humilitatem ancillae suae. Non dixit virginitatem, benignitatem, caritatem,
quae omnia grata Deo erant in ea; sed humilitatem...
Per humilitatem enim praeparavit Virgo se ad recipiendum Filium Dei in
utero.» S. ANTONINUS, Sum Theol., pars 4, tit. 15, cap. 6, § 2
(fine). Veronae, 1740, IV, col. 948.
22
«Egredietur virga de radice Iesse, etc...
Quid ista tria mox significent, videamus: radix, flos, virga. In radice
humilitas cordis, in virga rectitudo confessionis et disciplina satisfactionis,
in flore spes aeternae beatitudinis intelligitur... Radix huius Iesse est
humilitas contritionis, ex qua surgit virga rectae confessionis, et disciplina
discretae afflictionis. Et nota quod non ex humilitate mentis, ascendit flos,
id est spes aeternae beatitudinis.» S. ALBERTUS MAGNUS, Sermones de Sanctis, Sermo 56, De
beata Virgine Maria. Opera,
Lugduni, 1651, XII, pag. 244, 245. Paris.,
XIII, 628.
23 «De tua sanctissima Nativitate longe ante
dictum fuerat: Egredietur virga de radice
Iesse (Is. XI, 1); in quo designatur suprema humilitas tua, gloriosissima
Virgo benedicta; quia non diceris egredi de stipite, sed de radice Iesse; quae
latet in humo, quia humilitas dicitur
quasi humi latens. Nam, sicut totum
quod habet arbor, de radice procedit; sic, beatissima Virgo Maria, tota virtus
tua et excellentia, a tua humilitate processit, quam Deus respexit: Respexit namque humilitatem ancillae suae, quasi radicem; et ex hoc beatam te dicent omnes generationes (Luc. I, 48).» RAYMUNDUS
IORDANUS, Cellensium apud Biturigas Abbas, Contemplationes
de M. V., pars 3, Contemplatio 3, n.
1. Migne-Bourassé, Summa aurea, IV,
col. 883.
24 Averte oculos tuos a me, quia ipsi me
avolare fecerunt. Cant. VI, 4.
25 Sembrano di S.
TOMMASO DA VILLANOVA, In festo
Assumptionis, B. V. M., concio 3, n. 6, Conciones,
Mediolani, 1760, II, col. 320, le parole qui riferite da S. Alfonso:
«Qualis fuit oculorum eius pulchritudo et venustas aspectus quae Regem
maiestatis solo intuitu vulneravit. Unde ait: Vulnerasti cor meum, soror mea sponsa, in uno oculorum tuorum, in uno
crine colli tui (Cant. IV, 9). Et quasi non valens aspectum pulcherrimum
sustinere, vulneratus clamat: Averte
oculos tuos a me: ipsi me avolare fecerunt (Cant. VI, 4). Unde avolare?
nisi a sinu Dei Patris, in uterum Virginis Matris?»
26 «Ita Virginis
beatissimae speciem Deus ipse concupivit; ita oculi illius humillimi ac
modestissimi Deum tenuerunt, ut, suavissima quadam violentia, non modo divinos
thesauros diripuerit, sed ipsummet Dei Patris Verbum ac Filium Unigenitum in
uterum suum atque in materna ubera et brachia sua hominem et infantulum natum
pulcherrima Virgo attraxerit.» Benedictus
FERNANDIUS (Fernandez), S. I., Commentarii
et observationes morales in Genesim, cap. 24, sectio 1, n. 8, Lugduni, II,
1621, col. 334.
27 «Quaenam haec
sponsa tam elegans, tam decora? Ubinam terrarum tam speciosa quae Filium Dei de
sinu Patris alliceret, et in amplexus suos vinculis caritatis pia violentia
captivum traheret? Diu quaesita, multis sanctorum votis exspectata, tandem
inventa est specialis illa specialiter digna, singulariter pulchra Virgo
Maria.» FRANCO, Abbas Affligemensis, De
gratia Dei, lib. 6. ML 166-744.
28 «Maria lingua
syriaca domina dicitur; Christus
dominus, Maria domina; et licet ipsa se Christi profiteatur ancillam, hoc
servitutis genus omni regno sublimius esse intelligit. Constituta quippe est super omnem creaturam.» Ernaldus seu ARNALDUS, Abbas
Bonaevallis, Libellus de laudibus B. M.
V. ML 189-1729.
29
«Inviolata, integra, planeque pura ac casta Virgo Dei Genitrix Maria, Regina
omnium, spes desperantium, Domina nostra (al.
mea) gloriosissima, eademque optima ac praecellentissima: sublimior
caelitibus, candidior solis radiis atque fulgoribus: honoratior Cherubim, et
multis oculis claris (polnommátou; al. perspicacissimis)
Spiritibus perspicacior. Sanctior Seraphim, et incomparabiliter reliquis
omnibus supernis exercitibus gloriosior.» S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae
laudibus. Opera, VI, Opera graece et
latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 575, col. 1. D. Editio
Veneta, 1755, II, pag. 569, col. 1.
30 «Uno excepto Deo,
rebus omnibus excelsior es.» S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio 14, In SS. Dominae nostrae Deiparae dormitionem,
tertia. MG 97-1099.
31 «Nihil tibi, Domina, aequale, nihil
comparabile est: omne enim quod est, aut supra te est, aut subtus te est: quod
supra te est, solus Deus est; quod infra te est, omne quod Deus non est.» Inter Opera S. Anselmi, Tractatus de Conceptione
B. M. V. (ML 159-307), di cui il Gerberon
(ML 158, col. 42-45) non riconosce l'autenticità. – Però nelle sue opere
autentiche, esprime il Santo la stessa sentenza più succintamente: «Nihil est
aequale Mariae: nihil, nisi Deus, maius Maria.» S. ANSELMUS, Oratio 52 (al. 51). ML 158-956.
32 «Perfectiones
gratiarum quas Virgo suscepit in conceptione Filii Dei, soli intellectui
divino, Christo, et sibi, comprehensibiles exstiterunt... Quod declarans
Angelus Gabriel... quum ab eo quaereret beata Virgo ac diceret: Quomodo fiet istud... respondit...
dicens: Spiritus Sanctus superveniet in
te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi; quasi dicat: Quod a me quaeritis
ignoro, sed aeternae sapientiae Doctor, qui sibi soli hoc altissimum mysterium
reservavit, te per illuminatissimam experientiam edocebit.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Pro festivit. B. M.
V., sermo 5, De
Nativitate B. M. V., art. unicus, cap. 12. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 93, col. 2, 94, col. 1. - Ed.
Veneta, 1591, I, 517: Quadragesimale de
christiana religione, sermo 61, in feria IV post Pascha, De gratia et gloria B. V., art. un.,
cap. 12.
33 «Cogitanti mihi
ac diu haesitanti, quid causae sit quod, cum Evangelistae de Ioanne Baptista et
aliis Apostolis tam longum fecere tractatum, de Virgine Maria, quae vita et
dignitate omnes antecedit, ita summatim percurrant historiam: cur, inquam, non
traditum est memoriae quomodo concepta, quomodo nata, quomodo nutrita, quibus
moribus decorata, quibus virtutibus ornata, quid cum Filio in humanis egerit,
quomodo cum illo conversata sit, quomodo post eius Ascendionem cum Apostolis
vixerit: magna erant haec, et memoratu digna, et quae cum summa devotione a
fidelibus legerentur, a populis amplecterentur. O, inquam, o Evangelistae,
quare nos tanto gaudio, vestro silentio, privastis?... Haec, inquam mihi
haesitanti... nihil aliud occurrit... quam ita placuisse Spiritui Sancto,
eiusque providentia Evangelistas siluisse, propterea quia Virginis gloria,
sicut in Psalmis legitur, omnis intus erat, et magis cogitari poterat quam
describi: sufficitque ad plenam eius historiam quod scriptum est in themate (cioè huius concionis): quia de illa natus est Iesus. Quid amplius quaeris? Quid ultra requiris in
Virgine? Sufficit tibi quod Mater Dei est. Quaenam, obsecro, pulchritudo,
quaenam virtus, quae perfectio, quae gratia, quae gloria Matri Dei non
congruit?... Non eam Spiritus Sanctus litteris descripsit, sed tibi eam animo
depingendam reliquit: ut intelligas nihil illi gratiae, aut perfectionis, aut
gloriae, quam animus in pura creatura concipere possit, defuisse: imo reipsa
intellectum omnem superasse. Ubi ergo totum erat, pars scribenda non fuit: ne
putares, quod scriptum non fuerat, eidem forsitan defuisse. Si ancillas suas et
ministras domus suae potentissimus Dominus ita mirifice decoravit, ita donis et
gratiis venustavit: qualem existimas condidit Matrem suam, unicam sponsam suam,
quam sibi ex omnibus elegit et prae omnibus adamavit?» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., n. 8, 9, Conciones, Mediolani, 1760, II, col.
391, 392.
34 «Quamvis igitur
hoc solum de sancta Virgine praedicari, quod Dei Mater est, excedat omnem altitudinem
quae post Deum dici vel cogitari potest, et altissimum quid habeat in hoc ad
contemplandum et ruminandum mens humana quae ad eam anhelat, tamen...» EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap.
2. ML 159-559. Inter Opera S.
Anselmi.
35 «Et quid amplius ei assignare possumus divini
muneris et honoris, quam... Genitricem eam Dei esse et hominis? Infra hoc
dicitur quidquid in eius commendatione offertur. Si caeli reginam, si angelorum
dominam, vel quodlibet aliud excellentissimum, tam ab humano corde quam ore
excogitatum protuleris, non assurget ad hunc superindicibilem honorem quo
creditur et praedicatur Dei Genitrix.» PETRUS Cellensis primum, deinde S. Remigii apud Remos Abbas, demum
episcopus Carnotensis (1183, al. 1187),
Liber de panibus, cap. 21. ML
202-1021.
36
«Respondeo dicendum quod, quanto aliquid magis appropinquat principio in
quolibet genere, tanto magis participat effectum illius principii... Christus
autem est principium gratiae, secundum divinitatem quidem auctoritative,
secundum humanitatem vero instrumentaliter... Beata autem Virgo Maria
propinquissima Christo fuit secundum humanitatem, quia ex ea accepit humanam
naturam. Et ideo prae ceteris
maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 5, c.
37
SUAREZ, De Incarnatione, pars 2,
disp. 1, sectio 2. Opera,
Venetiis, 1746, pag. 5, col. 1.
38 «Post
hypostaticam cum Deo coniunctionem, non est alia Deo tam vicina, ut unio Matris
Dei cum Deo Filio suo.» D.
DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et
laudibus B. V. M., lib. 1, art. 35 (in fine). Opera, XXXVI, Opera
minora, IV, Tornaci, 1908, p. 63.
39 «Humanitas
Christi ex hoc quod est unita Deo, et beatitudo creata ex hoc quod est fruitio
Dei, et beata Virgo ex hoc quod est Mater Dei, habent quamdam dignitatem
infinitam ex bono infinito quod est Deus. Et ex hac parte non potest fieri
aliquid melius eis, sicut non potest aliquid melius esse Deo.» S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 25, art. 6, ad 4.
40 «Immediate post esse Deum, est esse Matrem
Dei (pag. 398, col. 2)... Ex his manifestum est quod maior gratia non potest
intelligi purae creaturae participari quam esse Matrem Dei (pag. 399, col. 1).»
S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale de laudibus Virginis super «Missus
est», cap. 180 (pag. 397-399), De hoc
quod est Mater Dei. (Petrus de Alva, Bibliotheca Virginalis, I, Matriti,
1648). Mariale sive Quaestiones super Evangelicum
«Missus est», Opera, Lugduni, 1651. tom. XX, Responsio ad quaestiones 140 et 141: « 3... Immediate
post esse Deum, est esse Matrem Dei.» Pag. 95, col. 1. - «15... Ex his
manifestum est quod non potest intelligi purae creaturae maior participari gratia,
quam esse Matrem Dei.» - Come si vede, la Bibliotheca
Virginalis e gli editori di Lione ci presentano una medesima opera del Santo Dottore. La principale differenza
consiste nella divisione in 267 Capitoli da
una parte, e in 230 questioni dall'altra.
Non è questa una differenza sostanziale: non viene da altro, se non che uno
degli editori spartisce in due questioni i paragrafi di una stessa questione.
Mancano pure alle volte, nella Bibliotheca
Virginalis, alcune divisioni del
testo, senza però che manchi nulla nel testo medesimo. - Per brevità e maggior
chiarezza, nelle nostre note, chiameremo Mariale
il testo della Bibliotheca
Virginalis, e Quaestiones super
«Missus» quello dell'edizione di Lione. - Quanto alla seconda sentenza.
«Magis Deo coniungi...» risponde a quel che si legge tanto nel Mariale (pag. 398, col. 2) quanto nelle Quaestiones super «Missus» (Responsio ad
quaestiones 140 et 141, 3):
«Inter esse Filium Dei per naturam et esse Deum, et esse filium Dei per
adoptionem et non esse Deum, medium est esse Dei Matrem per naturam et non esse
Deum.»
41
«Quod femina conciperet et pareret Deum, est et fuit miraculum miraculorum.
Oportuit enim, ut sic dicam, feminam elevari ad quamdam quasi infinitatem
perfectionum et gratiarum, quam aequalitatem numquam creatura experta est.» S.
BERNARDINUS SENENSIS, l. c. nella precedente nota 32.
42 «Quatuor modis inest Deus omnibus creaturis. Primo
modo essentialiter tam bonis quam malis, nihilque intercludit deitatis
essentiam, per quam esse omnia acceperunt... Secundo modo inest bonis
operatione... Inest et plerisque bonis
illuminatione... Quarto modo inest uni creaturae, videlicet Mariae Virgini,
identitate, quia idem est quod illa. - Hic taceat et contremiscat omnis
creatura, et vix audeat aspicere tantae dignitatis et dignationis immensitatem.
«Dominus tecum (Luc. I)», inquit
archangelus. Habitat in angelis Deus, sed non cum angelis, quia cum illis
eiusdem non est essentiae. Habitat Deus in Virgine, habitat cum illa, cum qua
unius naturae habet identitatem.» NICOLAUS monachus, notarius
quondam S. Bernardi, Sermo in Nativitate
B. V. M.: inter Opera S. Petri
Damiani, sermo 44. ML 144-738.
43 Vedi sopra, nota
39.
44 Fr.
SUAREZ, De Incarnatione, pars 2,
disp. 18, sectio 4, pag. 154, col. 1 (Venetiis, 1746, XVII): «Secundo
principaliter fit verisimilis conclusio (de supereminenti gratia qua Maria
superet omnes sanctos et angelos collectim sumptos) variis coniecturis. Prima
sumitur ex dignitate Matris Dei, quae in suo genere est infinita. Nam Deus
unicuique dat gratiam accommodatam statui ac muneri suo...: sed tota haec
gratiae intensio ac plenitudo, optime convenit cum dignitate Matris Dei. Primo,
quia illa dignitas est altioris ordinis, et suo modo infinita.»
45 Vedi Append., 7, pag. 541 e seg.
46 «Virtus divina,
licet possit facere aliquid maius et melius quam sit habitualis gratia Christi,
non tamen posset facere quod ordinaretur ad aliquid maius quam sit unio
personalis ad Filium Unigenitum a Patre: cui unioni sufficienter correspondet
talis mensura gratiae, secundum definitionem divinae sapientiae.» S. THOMAS, Sum.
Theol., III, qu. 7, art. 12, ad 2.
47 «Humanitas Christi ex hoc quod est unita
Deo, et beatitudo creata ex hoc quod est fruitio Dei, et beata Virgo ex hoc
quod est Mater Dei, habent quamdam dignitatem infinitam ex bono infinito quod
est Deus. Et ex hac parte non potest aliquid fieri melius eis, sicut non potest
aliquid melius esse Deo.» S. THOMAS, Sum.
Theol., I, qu. 25. art. 6, ad 4.
48
«Utique habet quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti et Omnipotentis.» S.
THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativ. B. V.
M., Concio 3, n. 3. Conciones, Mediolani,
1760, II, col. 398.
49
«Status maternitatis Dei, ad quem Deus Virginem eligebat, erat summus status
qui purae creaturae dari posset.» S.
BERNARDINUS SENENSIS. Pro
festivitatibus B. M. V., sermo 8: De
consensu virginali, sermo 2, art. 3, cap. 1. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 103, col. 2, 104, col. 1. - Ed.
Veneta 1591, Tractatus de B. Virgine,
III, sermo 6, iterum in Annunt.
gloriosae Virginis, De consensu virginali, art. 3, cap. 1, pag.
101.
50 «Dominus beatae
Virgini summum donavit cuius capax fuit pura creatura, scilicet Dei
maternitatem.» S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale,
cap. 178: Bibliotheca Virginalis, I,
p. 396, col. 1. - «Deus beatissimae Virgini summum donum donavit, cuius pura
creatura capax fuit, scilicet Dei maternitatem.» Quaestiones super «Missus,» Quaestio 138, 4. Opera, Lugduni, XX, pag. 93, col. 1. Vedi sopra, nota
40.
51
«Quid enim mirabilius quam esse matrem et virginem, et esse Dei matrem?» CONRADUS
SAXO, Speculum B. M. V., lectio 9:
inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni,
1668, (iuxta ed. Vaticanam et Moguntinam), VI, 144, col. 1. – Ibid., lectio 10, pag. 444, col. 6:
«Mater Domini, mater et virgo mater est dignissima. Ipsa est mater, quae tali
filio est decentissima. Ipsa
mater est cui talis filius decentissimus fuit. Ipsa est qua maiorem Deus facere
non posset. Maiorem mundum posset facere Deus, maius caelum posset facere Deus:
maiorem matrem quam matrem Dei non posset facere Deus.» - «Excellentissimum
nomen habet, ita quod excellentius purae creaturae convenite non potest... Hoc
autem nomen est, quod Virgo exsistens, Dei Mater est, quod quidem tantae
dignitatis est, quod non solum viatores, sed etiam comprehensores, non solum
homines, verum etiam Angeli eam revereantur quadam praerogativa speciali. Ex
hoc enim quod Mater Dei est, praelata est ceteris creaturis.» S.
BONAVENTURA, In III Sententiarum, dist.
9, art. 1, qu. 3. Opera, III, ad
Claras Aquas, 1887, pag. 206. - «Si (loquimur de B. Virgine) quantum ad conceptionem
prolis, sic quia fuit Mater Dei, quo nihil nobilius cogitari potest, et Mater
nobilissimi Filii, sic tantam habuit bonitatis dignitatem, quod nulla mulier
amplius capere potuit. Si enim omnes creaturae, quantumcumque ascenderent in
gradibus nobilitatis, essent praesentes, omnes deberent reverentiam Matri Dei.»
ID., In I Sent., dist. 44, Dubia circa litteram Magistri, dub. 4. Opera, ad Claras Aquas, I, 1882, pag.
793, 794.
52
«Hic iam sileat lingua carnis: excedit enim intellectum et loquelam Virginis
magnitudo, non modo nostram, imo forte et suam. Fecit, inquit, mihi
magna qui potens est. Sed quam magna? Nescio an ipsamet valuit
comprehendere suam magnitudinem. Unde melius eam silentio veneramur; sicut
scriptum est: Tibi silentium laus, secundum
translationem Chaldaicam, ubi dicimus: Te
decet hymnus, Deus, in Sion. (Più esattamente questa traduzione è di S.
Girolamo: Tibi silentium laus, Deus, in
Sion.) Quia vere omnis laus
silentium est: et cum finierit homo laudare, tunc incipit, imo nec locutus est.
Propter quod Sancti Evangelistae de eius laudibus silent, quoniam ineffabilis
est eius magnitudo: satis fuit de ea dicere: De qua natus est Iesus.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativ. B. V. M., Concio 3, n.
3. Conciones, II, col. 398.
53
«Ut breviter concludam, de hac (scilicet de Maria) et ob hanc, et propter hanc
omnis Scriptura facta est, propter hanc totus mundus factus est, et haec gratia
Dei plena est, et per hanc homo redemptus est. Verbum Dei caro factum est, Deus
humilis et homo sublimis.» In
Antiphonam «Salve Regina» sermones IV, Sermo 3, n. 2. ML 184-1096:
inter Opera S. Bernardi. -
Sull'autore dei Sermones IV, vedi Appendice, 8, p. 543.
54 Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 118; inter Opera
S. Bonaventurae, Lugduni, 1668 (iuxta editiones Rom. et Mogunt.), VI, p.
488, col. 1, E: «Dispositione tua perseverat mundus: quem et tu cum Deo
fundasti ab initio.»
55 «Maria namque per
multa millia annorum antequam nasceretur, primo et principaliter Adam et Evam,
et totam eius posteritatem, praeservavit in esse. Constat nempe quod ex propria
transgressione Adam et Eva, non solum mortis, sed et annihilationis exterminium
meruerunt; et divina ultio, quae personarum acceptionem ignorat, sicut nec
culpam angelicam, sic nec etiam humanam dimisisset impunem. Sed propter
praecipuam reverentiam et singularissimam dilectionem quam habebat ad Virginem,
praeservavit; quia eam ab aeterno super omnes creaturas Deo non uniendas, quae
creandae erant, superexcessive dilexit, propterea praeservati sunt protoplasti,
nec, ut merebantur, in nihilum sunt redacti.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Pro fest. B. M.
V., sermo 5, De
nativitate B. M. V., art. unicus, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 91, col. 1. - Ed. Veneta 1591, I,
512: Quadragesimale de Christiana
religione, sermo 61, De
superadmirabili gratia et gloria B. V., cap. 2.
56 Evangelium
in Missa de Assumptione B. M. V.
57 Biblia Mariana, Evang. sec. Lucam, n.
13: «Gratia plena. Quatuor modis fuit gratia plena. Primo,
quia omnes gratias generales et speciales in summo habuit, a quibus omnis alia
creatura vacua fuit (sic).» Opera S.
Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 32 (verso la fine del volume), col.
2. Opera di autenticità più che sospetta.
58 Merito ergo
praedicatur pulchra, quae et divinam et angelicam similitudinem in terris est
adepta... Haec est ergo interior pulchritudo mentis. Exterior quoque fuit decor
castitatis, candor virginitatis... Non quoque dubitandum amoris ignem et
interiorem candorem exterius etiam in ea lucere, ut quae puritatem angelicam
habuit, vultum etiam angelicum habuerit. Tota ergo pulchra merito dicitur, quia
pulchra facie fuit, pulchra mente et corpore.» RICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Canticorum, cap.
26. ML 196-483.
59 «Est haec regina,
quae astitit a dextris Dei, quae, inquam, decori proxima ac splendori, formosa
per naturam, et in quam reprehensio non cadit... O miraculo plena initia! O
eximia symbola! O crementum corporis praecellentem gratiae accretionem
suscipiens! O mundam illam ac praeclare splendidam animam, quae in vegeto
corpore, maiora quam pro humana ratione munera ostendit!» GEORGIUS NICOMEDIENSIS,
Oratio 6, In SS. Deiparae ingressum in
templusm. MG 100-1426, 1434.
60 Petrus HALLOIX, S. I., Vita S. Dionysii Areopagitae, cap. 6
(verso la fine), MG 4-749, 750: «Nec vero tacuit idem beatus Iuvenalis
(patriarca di Gerusalemme, nella sua risposta all'Imperatrice Pulcheria, circa
la morte di Maria SS.) eo in coetu (degli Apostoli) adfuisse una cum discipulis
et sancto Timotheo atque Hierotheo beatissimum Dionysium. - Qui quidem
Dionysius, an conspecta tum in persona Virginis quasi pulsquam humana
maiestate, ea quae passim feruntur, dixerit, nimirum se pro dea eam fuisse
habiturum, nisi aut fides aut ratio inhibuisset, id, inquam, nec ita certum
habeo, ut asserere ausim; nec ita incertum, ut refellere debeam.» - Idem, cap. 6, nota 77, col. 758:
«Primus, quem repererim in ea fuisse sententia, ut Dionysius prae admiratione
gloriae ac maiestatis D. Virginis dixerit, se eam adoraturum fuisse tamquam
Deum, ni fides obstitisset, est Hubertinus
de Casali... lib. 4 Arboris vitae, c.
38... Claruit hic auctor, teste Trithemio... anno Domini 1300.» - Idem, cap. 6, nota 67, col. 749, 750:
«Verba sancti Dionysii capite 3 eiusdem libri (De divinis nominibus) sunt haec: «Quando et nos, ut scis, et ipse
(Hierotheus scilicet) et multi ex sanctis fratribus nostris ad intuendum
corpus, quod principium vitae et Dei conceptaculum fuit, convenissemus. Aderat
autem et Iacobus frater Domini, et Petrus, supremum et venerabilissimum
theologorum columen.» - Cf. HURTER, Nomenclator
literarius, ed. 2, Oeniponte, 1892, I, n. 372, pag. 462, 463; ed. 3,
Oeniponte, 1903, I, pag. 455.
61
«... Respondit Filius: «Mater mea, tu es similis flori, qui crevit in una
valle... Flos etiam iste habuit quinque folia, quae excreverunt super omnes
choros angelorum. Vere tu, Mater mea, flors istorum quinque foliorum es. Primum
folium est honestas tua... Angeli mei viderunt eam supra se esse, et
eminentiorem illorum sanctitate et honestate... Secundum folium est
misericordia tua... Misericordia tua excessit omnium angelorum misericordiam. Tertium folium est mititas tua... Mititas tua
excellentior angelis. Quartum folium est pulchrituo
tua. Angeli enim considerant alter alterius pulchritudinem, et
pulchritudinem omnium animarum et omnium corporum admirantur: sed animae tuae
pulchritudinem vident esse super omnia quae creata sunt, et corporis tui
honestatem excellere omnes homines qui creati sunt. Et sic omnes angelos et omnia quae creata sunt excessit
pulchritudo tua. Quintum folium erat divina delectatio tua, quia nihil
delectabat te nisi Deus... Mater dulcissima, bene ardebat delectatio tua
divina, super omnes choros angelorum. Hic flos, quia habuit haec quinque
folia... erat plenus omni dulcedine.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 1, cap. 51. Coloniae
Agrippinae, 1628, p. 65.
62 «Cuius tanta gratia, ut non solum in se
virginitatis gratiam reservaret, sed etiam his quos viseret, integritatis
insigne conferret. Visitavit Ioannem Baptistam... Nec immerito mansit integer
corpore, quem tribus mensibus oleo quodam suae praesentiae et integritatis
unguento, Domini mater exercuit. Eademque postea Ioanni
Evangelistae est tradita coniugium nescienti. Unde non miror prae ceteris
locutum mysteria divina, cui praesto erat aula caelestium sacramentorum.» S. AMBROSIUS, De
institutione virginis liber unus, cap. 7, n. 50. ML 16-319.
63
«In beata Virgine, inclinatio fomitis (inde a prima sanctificatione) omnino
sublata fuit, et quantum ad veniale, et quantum ad mortale; et quod plus est,
ut dicitur, gratia sanctificationis non tantum repressit in ipsa motus
illicitos, sed etiam in aliis efficaciam habuit, ita ut, quamvis esset pulchra
corpore, a nullo umquam concupisci potuit.» S. THOMAS, In III Sent., distinctio 3, quaestio 1,
art. 2, Ad primam quaestionem, ad
4.
64 Eccli. XXIV, 20.
- Epistola in varie festività di
Maria SS.
65 Fr. SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars 2, sectio 2, Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 4, col. 1: «Hinc (ex maternitate
divina physice considerata) efficitur ut moraliter, et secundum prudentem
existimationem, Virgo retineat supremum quemdam et excellentem dignitatis
gradum, propter singularem quam cum Deo habet coniunctionem et propinquitatem.
Unde etiam fit, ut singulare ius habeat ad bona Dei Filii Sui, ut in
sequentibus explicabimus.» - Ibid., pag.
6, col. 1 (sectio 2, in fine): «Decet matrem honorari a filio: imo ratione
maternae dignitatis habet singulare ius ad bona filii; ergo hac ratione
dignitas matris est quodammodo ratio et principium dignitatis gratiae, quam
quodammodo eminenter continet, secundum ordinem divinae sapientiae.»
66
«Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter
peccant, eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri,
cum Deus, ut verae ac intemeratae Matri suae, quoad omnia, et per omnia, et in
omnibus, morem gerat.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Dormitionem SS. Dominae nostrae Deiparae, sermo 2. MG 98- 351. -
«Quae enim materna polleas fiducia ac potestate, erga Filium tuum, peccatis
praedamnatos, ac qui nec in caelum sursum suspicere audeamus, supplicationibus
tuis ac intercessionibus servas, ac ab aeterno supplicio liberas... Omnia tua,
Dei Genitrix, incredibilia miraque sunt... Quocirca etiam protectio tua,
intelligentiae vim omnem superat.» IDEM, Oratio
in Encaenia venerandae aedis SS. Dominae nostrae Deiparae, et in fascias
Domini, et in zonam SS. Deiparae. MG
98-379, 382.
67 «Ascendens ergo
in altum Virgo beata, dabit ipsa quoque dona hominibus. Quidni daret? Siquidem nec facultas ei deesse poterit,
nec voluntas. Regina caelorum est, misericors est; denique mater est unigeniti
Filii Dei. Nihil enim sic potest potestatis eius seu pietatis magnitudinem
commendare; nisi forte aut non creditur Dei Filius honorare matrem; aut
dubitare quis potest omnino in affectum caritatis transiisse Mariae viscera, in
quibus ipsa quae ex Deo est caritas novem mensibus corporaliter requievit.» S.
BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo
1, n. 2. ML 183-415, 416.
68
RAYMUNDUS IORDANUS, Cellensium Abbas, Contemplationes
de B. V., pars 3, De Nativitate
gloriosae Virginis Mariae, Contemplatio 1, n. 3, Summa Aurea, Migne-Bourassé, IV,
col. 881: «Et non solum sibi ipsi soli te fecit, sed te angelis dedit in
restaurationem, hominibus et nostrae naturae in reparationem, inferiori
creaturae in liberationem, sibi in matrem, daemonibus in hostem, detentis in
limbo in ereptionem. Nam in principio cum ceciderant angeli, natura erat corrupta,
Deus offensus, et diabolus victor. Sed per te, o superbenedicta Virgo Maria,
innocentia reparatur, vita angelica reducitur, Deus homini pacificatur et
unitur, diabolus vincitur et conteritur; quia de te scribitur: Ipsa conteret caput tuum (Gen. III,
15).»
69
«Sabbato quodam, cum Salve, sancta Parens
cantaretur, dixit (Mechtildis) beatae Virgini Mariae: «Si te, o caeli
Regina, dulcissima salutatione quam umquam humanum cor excogitavit, salutare
possem, libentissime facerem.» Statim gloriosa Virgo eidem apparuit, habens in
pectore scriptam aureis litteris Angelicam salutatione, et ait: «Supra hanc
salutationem numquam homo pervenit, nec aliquis me dulcius salutare poterit,
quam is qui salutat me in reverentia, qua Deus Pater me per hoc verbum Ave salutavit, confirmans me
omnipotentia sua, ut essem immunis ab omni vae culpae (Cod. Lips. ab omni vae culpae et poenae). Filius
quoque Dei divina sua sapientia sic me perlustravit, ut sim praeclarum sidus quo
caelum et terra illustratur, quod per hoc nomen Maria, quod sonat maris stella, notatur. Spiritus etiam Sanctus
tota sua divina dulcedine me penetrando, sua gratia tam gratiosam me effecit,
ut omnis qui per me gratiam quaerit, ipsam inveniat, quod innuitur per hoc
verbum, gratia plena. In hoc quoque
verbo: Dominus tecum, admoneor
ineffabilis unionis et operationis quam tota Trinitas perfecit in me, cum meae
carnis substantiam divinae naturae in una persona copulavit, ita ut Deus fieret
homo, et homo Deus; quid illa hora gaudii et dulcedinis senserim, nullus
hominum ad plenum potuit experiri. Per Benedicta
tu in mulieribus, omnis creatura mirando agnoscit et contestatur me
benedictam, et exaltatam super omnem creaturam, tam caelestem quam terrestrem. Per Benedictus
fructus ventris tui, benedicitur et extollitur excellentissimus et
perutilis fructus ventris mei, qui omnem creaturam vivificavit, sanctificavit,
et in aeternum benedixit.» Revelationes
Gertrudianae ac Mechtildianae (cura monachorum Solesmensium O. S. B.): II, Sanctae MECHTILDIS Liber specialis gratiae, pars 1, cap 42, pag. 126, 127. Pictavii,
Parisiis, H. Oudin, 1877.
70 Paolo SEGNERI, S. I., Il Cristiano istruito, parte 3,
ragionamento 34, n. 12. - Daniello BARTOLI,
S. I., Vita del P. Nicolò Zucchi, lib.
2, cap. 6 (Opere, 1825, XXI, pag. 53,
54, 55.)
1
ENGELGRAVE, S. I., Lux evangelica, pars
3: Caeleste Pantheon, pars posterior:
Festum Visitationis B. Virginis, Coloniae,
1659, pag. 11: § 2, Felix domus quam
Maria cum Christo visitat: «O ter quaterque beatam domum illam, quam
Christus cum Matre visitat: tota caelestium benedictionum affluentia
locupletatur.»
2 Le
edizioni precedenti al 1776 hanno qui ed altrove Lisabetta. - Qui S. Alfonso dice S. Elisabetta cognata della Madonna, più sotto la chiama cugina: nell'uno e nell'altro caso nel senso generale di parente.
3 I Cor. XIII, 7.
4 «Ubi audivit hoc
Maria (cioè «senioris feminae sterilisque conceptum»), non quasi incredula de
oraculo, nec quasi incerta de nuntio, nec quasi dubitans de exemplo: sed quasi
laeta pro voto, religiosa pro officio, festina pro gaudio, in montana perrexit.
Quo enim iam Deo plena, nisi ad superiora cum festinatione contenderet? Nescit
tarda molimina Sancti Spiritus gratia». S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum Lucam, lib. 2, n. 19. ML 15-1560.
5
Luc. I, 40.
6
«Didicistis, virgines, pudorem, Mariae: discite humilitatem. Venit
propinqua ad proximam, iunior ad seniorem: nec solum venit, sed etiam prior
salutavit; decet enim ut quanto castior virgo, tanto humilior sit. Noverit
honorem deferre senioribus. Sit magistra humilitatis, in qua est professio
castitatis.» S. AMBROSIUS, l. c., n. 22. ML 15-1560.
7 Le ediz. prima del
'76: prosciolto.
8 Luc. I, 44.
9
«Ideo Christus fecit Mariam salutare Elisabeth, ut sermo procedens de utero
matris ubi habitabat Dominus, per aures Elisabeth ingressus, descenderet ad
Ioannem, ut illic eum ungeret in prophetam.» Ven. BERNARDINUS DE BUSTIS, Sermones, III, Mariale, pars 6, sermo 1, De
Visitatione Mariae, pars 3, Brixiae, 1588, pag. 564, col. 2. - Il Ven. Bernardino
attribuisce queste parole a S. Gio. Grisostomo: non crediamo che siano di
lui.
10 «Advertistis iam,
ni fallor, quem velim dicere aquaeductum, qui plenitudinem fontis ipsius de
corde Patris excipiens, nobis edidit illu, si non prout est, saltem prout
capere poteramus. Nostis enim cui dictum est: Ave gratia plena... Nimirum propterea tanto tempore humano generi
fluenta gratiae defluerunt, quod nondum intercederet is, de quo loquimur,
aquaeductus... Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in
Mariam... Totius boni plenitudinem posuit in Maria... Totum nos habere voluit
per Mariam.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., sermo de
aquaeductu, n. 4, 6, 7. ML 183-440, 441.
11
RAYMUNDUS IORDANUS, Abbas Cellensium, sapiens Idiota, Contemplationes de B. V., Prooemium (Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, col. 851,
852): «Thesaurus Domini est, et Thesauraria gratiarum ipsius.»
12
«Thronus Dei, solium divinitatis, palatium regis aeterni, gazophylacium
thesauri quo sumus de cruenti praedonis servitio comparati...» S.
PETRUS DAMIANI, Sermo 45, In Nativitate
B. V. M. ML 144-746.
13 «Quicumque ergo indiget aliqua virtute,
postulet instanter a Beata Virgine, et dabitur ei. Ipsa nempe est thesauraria
Iesu Christi.» S. ALBERTUS MAGNUS, Sermones
de Sanctis, sermo 37, In Nativitate
B. Mariae, sermo 2. Opera, Lugduni,
1651, XII, p. 218, col. 1; Paris., XIII, 559.
14
«Sic igitur tota Trinitas uniformi et voluntate concordi hanc inaestimabilem
Virginem ostendit esse suam sponsam incommunicabilis caritatis, caeli Reginam
inattingibilis dignitatis, mundi Dominam imparticipabilis potestatis, electorum
omnium genitricem piam inexsiccabilis pietatis: omnium Dei hostium
conculcatricem triumphalissimam insuperabilis strenuitatis, omnium caelestium
thesaurorum dispensatricem largifluam pro suae complacentia volutantis.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Pro festivit. B. M. V. sermo
12, De Assumptione gloriosae V. M. art.
2, cap. 3. Opera, Venetiis, 1745, IV,
pag. 122, col. 1. - Ed. Veneta 1591, Tractatus
de B. V., sermo 11 (in Assumptione B. V.), art. 2, cap. 3: III, 129, col.
1, 2.
15 Petavius, De Theologicis Dogmatibus, VI,
Venetiis, 1745, De Incarnatione, II,
lib. 14, cap. 9, n. 8, pag. 22, col. 2: «(CHRYSIPPUS, presbyter
Hierosolymitanus, Mariam) inter varia encomia nuncupat: «fontem lucis quae
illuminat omnem hominem: vitae promptuarium: radicem omnium bonorum: puteum
aquae vivae.» - Maxima Bibliotheca
veterum Patrum, tom. XI (continens scriptores ab ann. Christi 580 ad ann.
600), Lugduni, 1677, pag. 1044, col. 1, CHRYSIPPI Presbyteri Hierosolymitani, Sermo de S. Maria Deipara: «Ave, fons
lucis omnem hominem illuminantis... Ave, armarium vitae... Ave, radix omnium
bonorum... Ave, quae es puteus semper viventis aquae.» - Quel Chrysippus Hierosolymitanus aveva il suo
posto nella MG 162, col. 755-777: ma questo volume venne bruciato, quando era
già pronto per la stampa, anzi composto, nel grande incendio che consumò les Ateliers catholiques del Migne. Chi
avesse la PGLT (Patrologia graeca, latine
tantum edita, del Migne), troverà la traduzione latina degli opuscoli di Crisippo nel vol. 80, col. 741-758.
16 «Convenienter
igitur angelus (al. archangelus)
sanctae Mariae Virgini, primo omnium, illud: Ave, gratia plena, Dominus tecum, praesignificavit: quoniam cum
ipsa totus gratiae thesaurus reconditus erat.» S. GREGORII THAUMATURGI Homiliae quatuor (dubiae): Hom. 1, In Annuntiatione S. Virginis Mariae. MG
10-1150.
17 «Thesaurus est
ubi diversarum operum (leggi opum)
divitiae quasi minutatim recluduntur, ut quasi simul in unum ibi cumulum
reperiantur... Maria ergo thesaurus: quia in ea ut in gazophylacio reposuit
Dominus omnia dona gratiarum, meritorum, virtutum et praerogativarum, donorum
et charismatum; et de thesauro largitur ipse larga stipendia suis militibus et
operariis.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 21,
n. 1. Inter Opera S.
Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 134, col. 2. Ed. Parisien., XXXVI,
232.
18 «Ecce odor filii mei, sicut odor agri pleni,
cui benedixit Dominus (Gen. XXVII, 27). Ager iste est Maria, in qua thesaurus Angelorum, imo
totius Dei Patris, absconditus est.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., Lectio 7, Septimo.
Inter Opera S. Bonav., Lugduni,
(iuxta ed. Vaticanam et Mogunt.), 1668, VI, p. 444, col. 2.
19 «Altius ergo
intueamini quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius
boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si
quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae ascendit
deliciis affluens.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M.: sermo de
aquaeductu, n. 6. ML 183-441.
20 «In manibus tuis
sunt thesauri miserationum Domini, et sola electa es, cui gratia tanta
conceditur.» NICOLAUS monachus, notarius olim S. Bernardi, In Nativitate B. V. M.: inter Opera
S. Petri Damiani, sermo 44. ML 144-740.
21
«Quis ut tu, Domina, animas steriles sic fecundat? quis sic impinguat corda
arentia? quis sic pectora frigida calefacit? Omnia bona, quae illic summa
maiestas decrevit facere, tuis manibus voluit commendare. Commissi quippe sunt
tibi thesauri sapientiae et scientiae, iocalia charismatum, decoramenta
virtutum, ornamenta gratiarum.» Libellus
de corona Virginis, cap. 15: inter Opera
S. Hildefonso supposita. ML 96-304.
22 «Nemo salvus nisi
per te, o Deipara; nemo periculorum expers nisi per te, Virgo parens; nemo
redemptus nisi per te, Dei Mater; nemo donum per misericordiam consecutus, nisi
per te, o digna quae Deum caperes.» S.
GERMANUS, Patriarcha CP., In Dormitionem
B. Mariae, sermo 2. MG 98-350. - «Nullus munerum tuorum numerus est. Nullus
enim, nisi per te, o sanctissima, salutem consequitur. Nullus nisi per te, o
immaculatissima, qui a malis liberetur. Nullus, nisi per te, o castissima, cui
donum indulgeatur. Nullus, nisi per te, o honoratissima, cui gratiae munus
misericordia praestetur.» IDEM, Oratio in
Encaenia aedis Deiparae, in fascias Domini et in zonam SS. Deiparae. MG
98-379.
23 «Ne timeas, inquam, quia invenisti (gratiam): non creasti, ut
Deus; non semper habuisti, ut Filius tuus; non rapuisti, ut primus angelus; non
perdidisti, ut primus parens; non emisti, ut Simon magus; sed invenisti, quia quaesivisti ubi fuit, ut
Virgo prudentissima, ut doctrix fidelissima; sed reddidisti, ut Mater
misericordissima. Invenisti, inquam, Dei miserantis caritate, promittentis
veritate, hominis necessitate, cui (leggi:
tui) ad hoc identitate (leggi: idoneitate).
Invenisti, inquam, gratiam increatam, et in illa, et cum illa, omnem creaturam
(meglio: creatam): Venerunt enim tibi omnia bona pariter cum illa (Sap. VII, 11).» S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale, cap. 238. Bibliotheca
Virginalis, I, pag. 453, 454. - Quaestiones
super «Missus», qu. 204, Responsio ad
quaestiones 200, 201, etc., Opera, Lugduni, 1651, pag. 142, col. 1: «Ne timeas, inquam, quia invenisti (gratiam): non creasti, ut
Deus; non semper habuisti, ut Filius tuus; non rapuisti, ut primus angelus; non
perdidisti, ut primus parens; non emisti, ut Simon magus; sed invenisti, quia quaesivisti, ut Virgo
prudentissima; non abscondisti, ut doctrix fidelissima; sed reddidisti, ut
Mater mundissima (meglio: misericordissima).
Invenisti enim, inquam, Dei miserantis caritate, promittentis veritate, hominis
necessitate, tui ad hoc idoneitate. Invenisti, inquam, gratiam increatam, et in
illa, et cum illa, omnem creatam: Venerunt
enim tibi omnia bona pariter cum illa
(Sap. VII, 11).» - Vedi, pag. 95 la nota 40 del Discorso IV.
24 «Ave,
gratia plena. Haec est gratia quae dedit caelis gloriam, terris Deum, fidem
gentibus, finem vitiis, vitae ordinem, moribus disciplinam. Hanc gratiam
detulit angelus, accepit Virgo, salutem saeculis redditura.» S. PETRUS
CHRYSOLOGUS, Sermo 143, De Annuntiatione
D. Mariae Virginis. ML 52-583.
25
«Invenisti gratiam. Quantam? quantam
superius dixerat: plenam. Et vere plenam, quae largo imbre totam funderet et
infunderet creaturam.» IDEM, De eadem, Sermo
142. ML 52-579, 580.
26
«Vel ideo dicitur electa ut sol, quia,
sicut sol ad hoc factus est ut illuminet totum mundum, sicut dicit Genesis I,
16, sic Maria ad hoc facta est a Deo Trinitate, ut misericordiam, veniam,
gratiam et gloriam, quasi lumen a Deo impetret toti mundo.» RICHARDUS A S.
LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib.
7, cap. 3, n. 1. Inter Opera S.
Alberti Magni, Parisiis, XXXVI, 1898, pag. 372, col. 1, 2. Ed. Lugdunen.,
XX, pag. 209, 210.
27 «A tempore enim a
quo Virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam - ut sic dicam -
iurisdictionem seu auctoritatem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione
temporali: ita quod nulla creatura aliquam a Deo obtinuit gratiam vel virtutem,
nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. V. M.: sermo 5, De Virginis Matris Dei Nativitate, et de
eius superadmirabili gratia, articulus unicus, cap. 8. Opera, Venetiis, 1745, pag. 92, col.
2. - Ed. Veneta, 1591: Quadragesimale de
christiana religione, sermo 61, De
superadmirabili gratia et gloria B. Virginis Matris Dei, art. 1, cap. 8, I,
pag. 515, col. 1.
28 «Et
hoc est quod docet beatus Bernardus: Cupientes invenire gratiam, quaeramus
inventricem gratiae Mariam: quae quia semper invenit, frustrare non poterit:
exaudietur enim pro sua reverentia.» RICH. A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 3. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 70,
col. 1; Parisiis, 1898, XXXVI, pag. 108, col. 1, 2.
29 S. BERNARDUS, In Nat. B. V. M.: sermo de aquaeductu, n. 8. ML 183-441,
442.
30 IDEM, ibid., n. 7, col. 441.
31
«Nostra est Virgo, nostra sunt Virginis viscera, noster est Virginis partus,
nostra sunt quae penes illam de caelestibus actitantur. Periculosum est ergo ad
punctum ab illa discedere, apud quam nostrae suavitatis deliciae reponuntur;
divitiae salutis, sapientia et scientia, penes Virginem nostris usibus
reservantur. In partu nimirum Virginis thesauri sapientiae et scientiae ad
locupletationem pauperum absconduntur (Coloss. II). «Propter miseriam inopum et gemitum pauperum (Ps. XI),» venit de corde Patris in cor Virginis, et in
Virginis utero pauperum gazophylacium collocavit. Inde
pauperes spiritu locupletati sunt, quos mundi superbia, vanitate et mendacio
non ditavit.» ADAMUS, Abbas Perseniae (+ post annum 1200), Fragmenta Mariana, Fragmentum VII. ML 211-754.
32 «Maria
aquaeductus longissimus excellentia meritorum... Vere longissimus aquarum quae
super caelos sunt, fontem potuit attingere, ut hauriret super angelos, quam
refunderet hominibus, aquam vivam. Beatus Bernardus: Ideo tanto tempore
defuerunt hominibus fluenta gratiarum, quia nondum intercesserat aquaeductus.
Ad hoc enim data est ipsa mundo quasi aquaeductus, ut per ipsam a Deo ad homines
dona caelestia iugiter descenderent.» RICHARDUS
A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib.
9, cap. 15, n. 2. Inter Opera S.
Alberti Magni, Parisiis, 1898, XXXVI, pag. 441, col. 1. Lugduni, XX, pag.
244. - S. BERNARDUS, Sermo in Nativ. B.
M. V., de aquaeductu, n. 3, 4. ML 183-440: «Descendit per aquaeductum vena
illa caelestis... Plenus equidem, ut accipiant ceteri de plenitudine. -
Advertistis iam, ni fallor, quem velim dicere aquaeductum, qui plenitudinem
fontis ipsius de corde Ptris excipiens, nobis edidit illum... Nimirum propterea
tanto tempore humano generi fluenta gratiae defuerunt, quod necdum intercederet
is, de quo loquimur, aquaeductus.»
33 «Felix, inquam,
mulier (Maria), cuius domus Salvatore suscepto inventa est munda quidem, sed
plane non vacua. Quis enim vacuam dixerit,
quam salutat angelus gratia plenam? Neque hoc solum; sed adhuc quoque in eam
superventurum asserit Spiritum Sanctum. Ad quid putas, nisi ut etiam
suprimpleat eam? Ad quid, nisi ut adveniente iam Spiritu plena sibi, eodem
superveniente nobis quoque superplena et supereffluens fiat?» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 2, n. 2. ML
183-417.
34
Questa sì, che fu fatta principalmente per essere compagna al Sole increato, in
qualunque stato, e nella via, e nella patria, sicché piena anch'ella di lui, ma
non mai piena solo per se medesima, comparisca a chi la considera un Sol
minore, concora colla divina Misericordia alla rigenerazion di tutti i
peccatori, alla perfezione di tutti i giusti, e lasci in dubbio, se con la luce
di cui si truova arricchita, e colle influenze, più ella serva all'empireo di
abbellimento, o al basso mondo di aiuto.» SEGNERI, Il divoto di Maria, parte 1, cap. 7, n. 4 (fine), Venezia, 1757,
pag. 478.
35 Siamo fondati a
credere che questa «anima santa» sia Mgr. Giovanni
de Vita, vescovo di Rieti (1764), ivi morto il 1 aprile 1774. Nato in
Benevento (1708), studiò il diritto in Napoli, e, nel 1735, lasciato il foro,
ascese al sacerdozio. Conobbe ed ammirò S. Alfonso, e fu conosciuto e
grandemente stimato da lui: vedi il nostro vol. XV, La Monaca Santa, II, pag. 316, n. 30. - Il suo biogrago, Gregorio PISTELLI, Vita, Rieti, 1831, pag. 214, scive: «Sì alto concetto avea della
confidenza nella Vergine che «basta - diceva rivolto a Maria Santissima - basta
confidare in voi per ottenere tutto da voi.»
36 «Nimirum
propterea tanto tempore humano generi fluenta gratiae defuerunt, quod necdum
intercederet is, de quo loquimur, tam desiderabilis aquaeductus.» S. BERNARDUS, In
Nativ. B. M. V.: sermo
de aquaeductu, n. 4. ML
183-440.
37
«Ego iis qui ad me confugiunt, civitas refugii. Accedite, populi cum
fide, et gratiarum dona affluentissime haurite.» S. IO. DAMASCENUS, In
Dormitionem B. V. M., hom. 2, n. 17. MG 96-746. (Il santo fa parlar
così il sepolcro ove riposò, prima di esser trasportato al cielo, il santissimo
corpo di Maria.)
38 Dom. M. MARCHESE, O. P., Vita della Serva di Dio Suor Maria Villani, O.
P., Fondatrice del Monastero di S. Maria del Divino Amore di Napoli (+ 1670).
Napoli, 1674. Lib. 3, cap. 6, pag. 454, 455: «Vide la Regina dei cieli, che
come avesse un cuore vero orto di delizie del Sovrano Monarca, mandava dal
petto una limpidissima fonte di fresche e pure acque, ed invitava i suoi divoti
con quel liberalissimo invito: Omnes
sitientes, venite ad aquas: et qui non habetis argentum... venite, bibite absque ulla commutatione vinum et lac (Is.
LV, 1). O vino: esclamò ella allora, che di divino amore mi inebrii, o latte
che con celeste santità mi purifichi, oh quando mi sarà lecito di attuffarmi
nelle tue soavissime sorgenti, e non solo ubriacarmi, ma felicemente in esse
naufragare e sommergermi? Così ella aspirando diceva, quando la Vergine
avendola invitata a dissetarsi in quella limpidissima fonte, vide ella
innumerabile moltitudine di uomini e donne, che, recando i loro vasi, venivano
ad empirli di quelli limpide acque, pigliandone chi più e chi meno, secondo la
capacità dei vasi; e vide alcuni, che quantunque si affatigassero per empire i
lor vasi, come questi erano forati o rotti, era vano il loro travaglio...
(Questi) erano i peccatori che... vengono (a Maria, canale delle grazie divine)
con i vasi delle loro anime e cuori, rotti per i peccati, ad attinger le acque
delle grazie celesti; ma quantunque loro siano concesse, non bastano a
riceverle, che non si spargano per le rotture. Ma queste acque non si perdevano
in terra, anzi erano raccolte dagli angeli e dispensate ad altre persone;
perché gusta la Vergine che quei che stanno in grazia preghino per coloro che,
stando in peccato, affettano la sua divozione, acciò risorgendo dalla colpa si
salvino.» - La I ed. di Napoli e le altre edizioni Vente hanno: ma quelli che portavano i vasi rotti, cioè
l'anime aggravate da' pecati, ricevevano le grazie, ma presto poi le
ritornavano a perdere.
39 Questo Sermo
de Assumptione B. V. non si trova nei Sermoni
di S. Agostino o attribuiti a lui; neppure nel tomo X dell'edizione di
Parigi, Chevallo, 1531, la quale (o altra conforme) sembra essere stata usata
da S. Alfonso. - Nota però il Marracci
(Bibliotheca Mariana, Romae, 1648, I, v. Augustinus Hipponensis, pag. 161-165) che vi sono stati due Sermoni
de Assumptione, di S. Agostino (o
creduti di lui), i quali «in Augustini Codicibus hodie non reperiuntur.» Nota
pure il Marracci, che varii autori (e questo l'abbiamo purtroppo sperimentato
più volte), tra i quali S. Bernardino da Siena, Bernardino de Bustis, S.
Antonino, «ex B. Augustino satis notabilia fragmenta in laudem B. Virginis
adducunt, in eiusdem Augustini operibus desiderata;» donde conchiude, non senza
qualche ardire: «ut liquido pateat Augustinum alia, praeter ea quae modo in
eius voluminibus reperiuntur, de SS. Dei Genitricis laudibus
elucubrasse.»
40 Combinando le
osservazioni di Baronio, di S. Girolamo, di S. Beda con quelle di Brocardo, e
supponendo che la famiglia del Precursore abitasse in Hebron, il P. Giuseppe di Gesù Maria (nella sua Istoria della Vita ed eccellenze della V.
Maria, lib. 3, cap. 22, n. 2, Padova, 1658, pag. 333, 334) conchiude:
«Poiché Nazareth distava da Gerusalemme 27 leghe verso tramontana, alle quali
aggiungendo le cinque leghe e mezza ch'erano da Gerusalemme ad Hebron verso
mezzogiorno, si vede che (la distanza da Nazaret sino alla casa di Zacaria) era
trantadue (leghe) e mezza.» Dicendo S. Alfonso che la distanza è di 69 miglia,
conterebbe poco più di due miglia alla lega. Crediamo che vi sia un errore di
stampa, e che invece di 69, si debba leggere 96. Siamo confermati nella nostra
opinione dal fatto che nel Discorso III (pag. 70, nota 11) egli stesso afferma
che da Nazaret a Gerusalemme la distanza è di 80 miglia. - Brocardo, o meglio Burcardo, domenicano,
detto del Monte Sion, dal lungo
soggiorno - dieci anni in circa - che fece nel convento di quel nome in
Gerusalemme; detto anche di Sassonia, dal
luogo probabile di nascita; pubblicò, nella seconda metà del secolo XIII, una Descriptio dei Luoghi Santi, la quale, o
distesa o ristretta, tradotta in varie lingue, fu come il «Baedeker» dei pellegrini di Palestina nel Medio Evo. - Quanto a S. Beda il Venerabile, le edizioni di
COlonia del 1612 e del 1688, ed altre, hanno un suo Libellus de Loxis sanctis, citato da Baronio e da altri. Casimiro Oudin (ML 90-84) lo crede
autentico, quantunque non compreso nell'Indice,
steso dallo stesso Beda, delle sue Opere, forse, dice Oudin, perché
composto dopo l'Indice. Nell'edizione
«Smith et Giles», riprodotta dalla
ML, non ha trovato posto, neppure tra le Opera
dubia aut spuria. - Sulla città «di Giuda, in montanis Luc. I, 39» ove
abitava Zaccaria, varie furono le opinioni. Ormai si escludono Gerusalemme, indicata da pochi antichi; Emmaus, che ebbe, un tempo, gran favore
presso i pellegrini di Terra Santa; Iuta,
o Iutta, oggi Iaththa, a 2 ore da
Hebron, verso sud, i cui moderni fautori supposero doversi leggere, presso S.
Luca, in vece di «in civitatem Iuda», «in civitatem Iuta»; e la stessa Hebron, città sacerdotale assai celebre,
e situata tra i monti. L'opinione oggi più accreditata, e più probabile, è in
favore di Ain Karim, o Karem (S. Ioannes in Montana). Questa
opinione si appoggia sulla tradizione locale, antichissima, anteriore alle
Crociate, come nota il Lagrange, Evangile
de S. Luc (Luc. I, 39). - Maria SS. dovette passare per Gerusalemme, sia
per la vicinanza delle feste di Pasqua, sia perché è la via diretta da Nazaret
ai monti della Giudea. Da Nazaret a Gerusalemme si contano da 120 a 130
chilometri; da Gerusalemme a Hebron, 30 chilometri; da Gerusalemme a Ain Karim,
7 chilometri incirca.
41 Le Parole ad esercitare furono aggiunte nell'ediz.
del 1776.
42 «Ubi audivit hoc
Maria, non quasi incredula de oraculo, nec quasi incerta de nuntio, nec quasi
dubitans de exemplo: sed qusai laeta pro voto, religiosa pro officio, festina
pro gaudio, in montanta perrexit.» S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum Lucam, lib. 2, n. 19. ML
15-1560.
43 «Maria autem
caritatem proximi habebat in corde, et propter hoc exsurgens Maria abiit in montana cum festinatione. Quid enim eam ad
officium caritatis festinare cogebat, nisi caritas quae in corde eius
fervebat?» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum
B. M. V., lectio 4. Inter Opera S.
Bonaventurae, ed. Rom.,
Mogunt., Lugd. (1668), VI, 434, col. 2.
44 Ven. BERNARDINUS DE BUSTO, Ord. Min., Opera, Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 2, De nativitate Mariae, sermo 5, De
divinae sponsae conditionibus, pars 7, De
sponsae caelestis dote ac dotatione, pag. 185, col. 1: «O igitur, peccator,
bonum novum! o peccatrix, optimum novum! non diffidas, non desperes, etiam si
commisisti omnia peccata enormia; sed confidenter et secure ad istam
gloriosissimam dominam recurras: invenies enim eam in manibus plenam
curialitate, pietate, misericordia, gratiositate et largitate: plus enim
desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere
concupiscas.»
45 SALAZAR, In Prov., VIII, 36, n. 456: «Verba sunt Bonaventurae
in Speculo: «Non solum in te peccant,
o Domina, qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non rogant.» -
PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis
animae, Excitatio 4 in Ps. 86, n. 4, Venetiis, 1720, pag. 20,col. 1: «D.
Bonaventura (nota marginale: in Spec. Virg.) cum B. Virgine loquens,
affatur: «Non solum in te peccant... (come sopra presso il Salazar).» - PEPE,
Discorsi in lode di Maria SS., Napoli,
1756, II, 280. - Qualche edizione dello Speculum
B. Virginis (di CORRADO DI SASSONIA, non già di S. Bonaventura) doveva contenere questa sentenza.
46
«Thesaurus Domini est, et Thesauraria gratiarum ipsius; et donis spiritualibus
ditat copiosissime servientes sibi.» RAYMUNDUS IORDANUS, Abbas Cellensium,
sapiens Idiota, Contemplationes de B. V.,
Prooemium. Migne-Bourassé, Summa
Aurea, IV, col. 851, 852.
47
«Per ipsam, et in ipsa, et cum ipsa habet mundus, habuit et habiturus est omne
bonum, scilicet eius benedictum Filium Iesum Christum; qui est omne bonum, et summum
bonum, et sine quo nihil bonum est, quia est solus bonus. Et inventa Virgine
Maria, invenitur omne bonum.» IDEM, ibid.,
col. 851. - «Et tanta est eius benignitas, quod nulli formidandum est
accedere ad eam: et tanta est eius misericordia, quod ab ea nullus repellitur.»
IDEM, ibid., col. 851.
48 «Ego sum, inquit, Mater misericordiae,
plena caritate et dulcedine... Venite omnes, iusti et peccatores... Omnes
invito, omnes exspecto, omnes venire desidero. Nullum peccatorem
despicio; sed super poenitente peccatore, etiam cum Angelis Dei in caelo, magna
caritate congaudeo: quia non perit pretiosus sanguis Filii mei, effusus pro
mundo.» THOMAS A KEMPIS, Soliloquium animae, cap. 24, n. 1. Opera, (ed. Sommalii, S. I.) Coloniae Agrippinae et Coloniae Allobrogum, II,
1759, pag. 51, col. 1. – Editio Pohle, I,
325.
49
«Sapient. VI, 15: Qui de luce vigilaverit
ad illam, non laborabit diu, vel in vacuum: assidentem enim illam foribus suis invenient, scilicet semper
paratam auxiliari et pulsantem ut intret.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n.
7. Inter Opera S. Alberti Magni, Parisiis,
XXXVI, 1898, pag. 61, col. 2. Ed. Lugd., XX, pag. 34, col. 1, 2.
50
«Et sicut illa (mater) Mariam, sic ille (filius) adventum Domini sensit. Et
ideo exsultavit, et illa prophetice locuta est. Vide quanta virtus sit
in verbis Dominae, quia ad eorum pronunciationem confertur Spiritus Sanctus.» Meditationes vitae Christi, cap. 5.
Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun. (1668),
VI, pag. 338, col. 1.
51
«Decebat Dei Matrem, ut omnia et singula bona per ipsam perciperemus a Deo, ut
Filius parenti suae deferret honorem... Ex THEOPILO ALEXANDRINO, in libro de Incarnatione Verbi, argumentum haud
leve duci potest... «Gaudet,
inquit Filius, orante Matre, quia omnia, quae nobis precibus suae Genitricis
evictus donat, ipsi Matri se donare putat, et acceptae ab illa sine patre
humanitatis vices rependere.» SALAZAR, Expositio
in Proverbia Salomonis, in cap. VIII, 18, n. 187, 188. Parisiis, 1619, col.
614, 615. - Sembrava impossibile che questo testo fosse autentico, non
conoscendosi di Teofilo alcuna opera de
Incarnatione Verbi: ma il Cardinal
Mai ritrovò un frammento di Teofilo su quell'argomento (tom. VII Scriptorum
Veterum; cf. Ceillier, Histoire
générale des auteurs sacrés et ecclésiastiques, nouv. édition, Paris, 1861,
VII, 447, col. 2).
52
«Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter
peccant, eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri,
cum Deus, ut verae ac intemeratae Matri suae, quoad omnia, et per omnia, et in
omnibus, morem gerat.» S. GERMANUS, Patr. CP., Orationes, VII, In Dormitionem
B. Mariae, sermo 2. MG 98-351.
53
S. IO. CHRYSOSTOMUS, In Ioannem, hom.
22 (al. 21), n. 1, MG 59-134: «Et
cur, inquies, postquam dixerat: Nondum
venit hora mea, et recusaverat, id quod mater dixerat, effecit? Ut...
demonstraretur ipsum non esse horae et tempori subditum...Ad haec, in matris
honorem id fecit, ne omnino ipsi repugnare videretur, ne ex imbecillitate id
facere videretur, ne tanto adstante coetu matrem pudore afficeret: nam
ministros ipsi obtulerat.» - THEOPHYLACTUS, Bulgariae Archiepiscopus, Enarratio in Evang. Ioannis, cap. 2,
vers. 1-4, MG 123-1190:«Vide autem, oro, quomodo non usque ad finem, neque per
omnia resistit matri, sed cum eam parum perstrinxisset, iterum preces eius
implet, honorans illam, et nobis dat formam reverentiae erga parentes.» -
CORNELIUS A LAPIDE, in Io. II, 4, Parisiis, 1860, XVI, pag. 329, col. 2: «Nondum venit hora mea, qua scilicet
opportune hoc miraculum edam: volo enim adhuc paulisper exspectare, donec vinum
omnino deficiat... Qui enim necessitatem non praesensit, nec
beneficium magnopere sentiet. Ita S. Chrysostomus. Aliter quoque idem S.
Chrysostomus et Theophylactus, quasi dicat: Nondum
venit hora mea, quia statui primum miraculum facere in Ierusalem, utpote
metropoli Iudaeae; sed ad preces tuas, o mater, propositum mutabo faciamque
illud hic in Cana Galilaeae.»
54 S. ALBERTUS
MAGNUS, Sermones de Sanctis, sermo
53, In festo Dedicationis, sermo 2 (Opera, Lugduni, 1651, XII, 242, col. 2;
Paris., XIII, 620): «Quadruplex est thronus. Thronus gratiae, misericordiae (crux), iustitiae, et
gloriae. In quolibet Dominus sedens nova facit omnia. Thronus
gratiae est beata Virgo Maria.»
55
S. BERNARDUS, In Nativ. B. M.V., Sermo
de aquaeductu, n. 8. ML
183-441, 442.
56 «Spiritus etiam
Sanctus tota sua divina dulcedine me penetrando, sua gratia tam gratiosam me
effecit, ut omnis qui per me gratiam quaerit, ipsam inveniat.» Revelationes
Gertrudianae ac Mechtildianae, Pictavii
et Parisiis, H. Oudin, II, 1877: S. MECHTILDIS, Liber specialis gratiae, pars 1, cap. 42, pag. 126. Vedi
sopra, Discorso IV, nota 69, pag.
103. - S. PETRUS CANISIUS, De verbi Dei
corruptelis, II, De Maria Virgine
incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta, lib. 1, cap. 13, Lugduni, 1584,
pag. 72: Non cita testualmente le parole di S. Metilde, ma riassume, come fece
prima per S. Brigida, quanto a quella santa ed illustre vergine venne rivelato
sulla fanciullezza di Maria: «ut (come disse per S. Brigida) sententiam potius
quam eius verba sparsim scripta sequamur, lectoris nempe commodo consulentes.»
57 «
Saepe quippe vidimus et audivimus plurimos hominum in suis periculis recordari
nominis istius bonae Mariae, et omnis periculi malum illico evasisse.
Velociorque est nonnumquam salus memoratio nomine eius quam invocato nomine
Domini Iesu unici Filii eius. Et id quidem non ideo fit quod ipsa maior aut
potentior eo sit, nec enim ipse magnus aut potens per eam, sed illa per ipsum.
Quare ergo promptior salus in recordatione eius quam Filii sui saepe
percipitur? Dicam quid sentio. Filius eius Dominus est et iudex omnium,
discernens merita singulorum; dum igitur ipse a quovis suo nomine invocatus non
statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine Matris
suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen Matris intercedunt ut
exaudiatur. Hoc denique usus humanus quotidie probat, cum quis, proposito amici
sui nomine, efficaciter ab illo aliquid impetrat, quod simpliciter sua prece
nequaquam impetrare valebat.» EADMERUS,
Cantuariensis monachus, Liber de
excellentia Virginis Mariae, n. 6. ML 159-570.
58 S. IO.
DAMASCENUS, Opera, interprete Billio, Parisiis, 1577, Sententiae in SS. Dei Genitricis Annuntiationem,
fol. 404, B: «Ad Deiparam. Misericordiae
ianuam aperi nobis, benedicta Deipara: sperantes igitur in te, ne aberremus:
liberemur per te a calamitatibus: tu enim es salus generis hominum.»
59 Ferdinando DEL CASTIGLIO, Istoria generale di S. Domenico e
dell'Ordine suo de' Predicatori, Palermo, 1626, parte 1, lib. 1, cap. 33,
pag. 63-65. - Reginaldo, Decano della Cattedrale di Orléans, «famosissimo
Dottore in legge, che leggeva nella Università di Parigi,» venne a Roma,
accompagnando il suo vescovo, coll'intento di recarsi da Roma in Terra Santa.
Era «desiderosissimo sempre di occuparsi totalmente nel santo servizio di Dio,
dispregiando tutte le cose terrene. Confidò i suoi pensieri con un Cardinale,
il quale gli fece conoscere S. Domenico e sua impresa. Reginaldo convenne col
Santo «d'entrar nella compagnia e religione sua», adempiuto che avesse il voto
di visitar Gerusalemme e la Terra Santa. «Tra pochi giorni s'ammalò Reginaldo
d'una febbre continua, che dai medici fu giudicata mortale. Onde al beato S.
Domenico fu molto a cuore la sua salute corporale... Tanto l'infermo quanto
egli ricorrevano con gran divozione e spirito alla Vergine gloriosa... E il
Signore... ordinò che, mentre stava S. Domenico occupato in questa dimanda,
entrasse nella camera di Reginaldo l'istessa Regina del cielo... con splendore
maraviglioso... accompagnata da due altre sante vergini, che parevano essere
l'una S. Cecilia, l'altra S. Caterina martire, le quali insieme si accostarono
al letto dell'infermo.» La Vergine disse a Reginaldo: «Che vuoi tu che io
faccia per te?...» Consigliato da una delle vergini, Reginaldo rispose:
«Vergine gloriosa, io non domando niente, né tengo altro volere che il
vostro...» Allora la Madre di Dio, con olio portato da quelle vergini, «unse
Reginaldo nella forma con cui suol darsi la estrema unzione.» Subito Reginaldo
fu perfettamente guarito. Questa grazia si accompagnò con un'altra maggiore: da
quell'ora in poi, Reginaldo «non sentì in se giammai movimento alcuno men che
onesto.» Poi, mostrando al B. Reginaldo lo scapolare e l'abito bianco, Maria
gli disse: «Questo è l'abito dell'Ordine che tu cerchi e che già ti è stato
promesso.» «E nel medesimo momento disparve.» Tutto ciò, nello stesso tempo, fu
mostrato a S. Domenico, «che stava in casa sua orando, per la cui orazione
tutto era stato fatto.» Qualche giorno dopo, si rinnovò la visione, in presenza
di S. Domenico, e d'un religioso dell'Ordine dell'Ospedale (poi Ordine di
Malta) «che soleva poi spesso narrarlo.» Domandò ed ottenne Reginaldo di
ricevere quanto prima l'abito dell'Ordine, che gli fu dato quale gli era stato
mostrato; ed ordinò S. Domenico che tutti i suoi religiosi si vestissero in
quella maniera, colle cappe nere, lasciato ormai il rocchetto dei Canonici
Regolari. Reginaldo poi, quantunque prosciolto dal voto coll'ingresso in
religione, fece, per comando di S. Domenico, il pellegrinaggio di Terra Santa;
e tornato in Roma presso il Santo Patriarca che ancora vi si trovava, fu
d'allora in poi uno dei grandi luminari dell'Ordine nascente.
60
MARCELLINUS DE PISIS, Matisconensis, Annales
Minorum Capucinorum, III, Lugduni, 1676; anno 1630, n. 56, pag. 801:
«Benedictus a Gazoldo... provinciae Venetae Laicus, vitam longaevam in omnium virtutum
praxi transactam hoc anno feliciter ac fauste conclusit.» N. 69, pag. 804:
«Deiparam Virginem singulari affectu prosequebatur, eiusque providam curam
saepius expertus est, sed praesertim dum Romam versus iter haberet. Cum enim
esset in itinere et nesciret ad quem locum diverteret, nocte opaca duo pueri
honorarii occurrerunt ei, et nomine eorum Dominae illum invitavere, ut vicinum
palatium una cum socio ingrederetur. Invitatu acceptato, secutus Benedictus
duos illos adolescentulos, introductus est in palatii cubiculum secretius, ubi
erat mulier speciosa supra omnem hominum elegantiam, ornata quidem modeste, sed
quid caeleste ac divinum spirans, quae mensae assidebat, et ex libro aperto
psalmos ad lumen candelae sedula recitabat. Excepit illa duos Capucinos urbane,
iussitque ut illis omnia, quae ex via defatigatis ad vires instaurandas
praestari solent, humaniter exhiberentur. Post coenam, et noctis quietem, quam
Benedictus fere totam de more in fundendis precibus insumpsit, albescente iam
die, iter inceptum prosequi volens, ductus fuit coram Matrona, quae ei sicut et
socio fausa precans, epistolam dedit, perhumane rogans, ut de illius directione
eam curam susciperent, quam ipsius dignitas merebatur. Confecto quasi stadio,
cupiens Benedictus videre epistolae superscriptionem, et advertens
praetermissam fuisse, suae partis esse credidit ad palatium redire, ut admonita
loci Domina iuberet inscribi quod deerat: sed ut retrocessit, palatium, in quo
pernoctaverat, invenire non potuit; ac tunc primum cognovit Angelos fuisse duos
illos ephaebos, qui eum invitaverant, dominam vero Angelorum Imperatricem, quam
ille votis omnibus excolebat. Quapropter aperta epistola, in ea verba haec
vulgari idiomate, ac aureis characteribus conscripta, invenit: «Christus Dominus
et Maria sint spes vestra, et nihil vobis deerit.» (Leggendario Francescano: «Non lasciate mai di confidare in Gesù
Cristo e nella Vergine Maria, che mai non sarà per mancarvi di sovvenimento.»)
In tertia persona Fratribus hanc historiam saepius referebat, nec poterat
fletus continere, cum humanitatem, qua illi duo Capucini a Beatissima Virgine
excepti fuerant, enarrabat: unde fuit pro comperto tale ei quidpiam accidisse:
siquidem SS. Virginis cultor erat fidelis, et ad illam die ac nocte preces
fundebat.» - Cf. Benedetto MAZZARA,
O. M., Leggendario Francescano, II,
Venezia, 1721, Vita di Fra Benedetto da
Gazoldo, Laico Cappuccino, pag. 437-438. - S. JEAN EUDES, Le cœur admirable de la très sacrée Mère de
Dieu, liv. 4, chap. 7. Œuvres, Paris,
1908, VI, pag. 435 et suiv.
1 Non abbiamo
trovato un testo corrispondente a questa sentenza nelle Opere di S. Tommaso
d'Aquino.
2 «O Virginem,
stupendum Ecclesiae thesaurum, qui adeptus es ingens mysterium, Virginem appellat
velut sacerdotem pariter et altare; quae quidem mensam ferens, dedit nobis
caelestem panem Christum in remissionem peccatorum.» Homilia V, In laudes S. Mariae Deiparae, inter Opera (dubia aut spuria) S. Epiphanii, Constantiae in Cypro
episcopi, MG 43-498. L'autore di queste Orationes
ossia Homiliae potrebbe essere
qualche altro Epifanio, vescovo in Cipro anzi arcivescovo di Cipro: due ne
furono di questo nome e di questa dignità. Cf. Petavius, Ad lectorem, MG 43-10, 11. - Questo titolo di Virgo Sacerdos viene inserito in una
preghiera, composta, per ordine di Pio PP. X, da due insigni Cardinali, ed
approvata poi dallo stesso Pontefice, il 9 maggio 1906. Acta S. Sedis, vol. XL, Romae 1907, pag. 109, 110.
3 «Cum
igitur haec omnia sacramenta ad altare peraguntur, venerabilis senex Simeon
magno intus agitatur desiderio, volvens ac revolvens animo opera quae facturus
est puer, et beatificans eos qui talia visuri essent, dicens saepius intra se:
«O quis ista videret, o quis hodie nasceretur!» Audit pius Dominus senis desiderium... spiritu illi
revelans quaecumque facturus est Christus. Agnovit igitur... illius populi
caecitatem et ingratitudinem, futuramque eius passionem et mortem...
resurrectionem quoque, et populi Iudaici repulsam, gentiumque vocationem. Vidit
ergo oculis cordis quae non erat visurus corporeis oculis: et subito turbatus
vultu, alta e pectore mittit suspiria. Fluunt ab oculis per canam
barbam lacrimarum imbres, omnisque illa prior laetitia in contrariam
maestitudinem permutatur. Aspicit Virgo Deipara pii Vatis perturbatum vultum...
«Quid, inquit, o venerande Simeon, quare concidit vultus tuus?... Quid vidisti?
quid sensisti? Noli celare, pandito mihi, obsecro te et obtestor per ipsum quem
colimus communem Deum.» «O Virgo regia! noli me cogere. Quare sic adiurasti me?
Nollem tibi talia nuntiare; sed audi: nimium nunc pro isto Infante laetaris, et
merito laetaris, quia super omnes feminas benedicta tu: sed veniet ecce tempus,
quando dolores, quos in partu non sensisti, duplicatos cum gemitu reddes. Ecce enim Infans iste positus est in ruinam et in resurrectionem
multorum. Multi in illo impingent et corruent, multi quoque lapsi
sublevabuntur. Positus est hic Infans
in signum cui contradicetur a multis:
contradicetur a Principibus populi, a Sacerdotibus, a Regibus et Imperatoribus
gentium. Omnes gentes, omnes populi, omnes
nationes, et universus orbis huic puero contradicet, et ipse calcabit eos. O quot
millia hominum pro isto puero laniabuntur, iugulabuntur! O grandem rerum permutationem,
o miram mundi renovationem! o quanta latet intus virtus in hoc puero! Sed etisi
omnes patiantur in corpore, tu, Virgo, amplius animo patieris, Tuam enim ipsius animam, istius pueri gladius
pertransibit. Aliorum corpora ferro laniabuntur, sed anima tua multo
acerbius passionis eius gladio transverberabitur.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Purificationis B. M. V., concio
1, n. 6. Conciones, Mediolani, 1760,
II, col. 158.
4
Et tuam ipsius animam petransibit
gladius. Luc. II, 35.
5 Implicitamente ciò
dice S. Girolamo, mentre, dopo aver ricordato le donne illustri dell'Antico
Testamento che furono profetesse, soggiunge: «Taceo de Anna et Elisabeth, et
ceteris sanctis mulieribus, quarum, velut siderum igniculos, clarum Mariae
lumen abscondit.» S. HIERONYMUS, Comment. in Sophoniam Prophetam, Prologus. ML
25-1337. - Inoltre, Sofronio, o l'autore, chiunque esso sia, dell'Epistola ad Paulam et Eustochium, spesso
citato da S. Alfonso sotto il nome di S. Girolamo, scrive: «Ioannes... virgo
virginem servavit, suisque ei deservivit obsequiis: non quod eximius ille
sanctorum chorum apostolorum deseruerit eam, inter quos post resurrectionem
intrans et exiens, familiarius contulit de Christi Incarnatione, quanto ab initio plenius per Spiritum
Sanctum cuncta didicerat, et perspexerat oculis universa.» Ad
Paulam et Eustochium, De Assumptione B.
M. V., n. 3, inter Opera S.
Hieronymi, in Mantissa, Epistola IX. ML 30-124.
6
«Esto me dijo el Señor otro día: «No pienses, cuando ves a mi Madre que me
tiene en los brazos, que gozaba de aquellos contentos sin grave tormento. Desde
que le dijo Simeón aquellas palabras, la dió mi Padre clara luz para que viese
lo que Yo había de padecer...» S.
TERESA, Las Relaciones, Mercedes de Dios,
XXXVI. (Probabilmente ricevé la Santa questo favore nel
monastero dell'Incarnazione nel 1572.) Obras, II, Burgos, 1915, pag. 65.
7 Stabant
autem iuxta crucem Iesu Mater eius... Io. XIX, 25.
8 «Et in hoc miro modo debet laudari et
amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur.
Et tantum etiam compassa est, ut, si fieri posset (al. potuisset), omnia tormenta quae
Filius pertulit, ipsa multo libentius sustineret (al. sustinuisset).» S. BONAVENTURA, In I Sent., dist. 48, Dubia
circa litteram Magistri, Dub. 4. Opera,
ad Claras Aquas, III, 1882, pag. 861, col. 2. - Opera, ed. Rom.,
Mogunt., Lugd. (1668), IV, pag. 390 col. 2: in I Sent., dist. 48, art. 2, qu. 2, perché i Dubia circa litteram Magistri, non vengono separati dal testo
stesso del Commentario.
9
«Tali etiam dic sicut hodie (cioè in
die Purificationis) dolor meus augmentatus fuit. Nam licet sciebam Filium meum
ex inspiratione divina passurum, tamen ex verbis Simeonis, quibus dixit gladium
pertransiturum animam meam et Filium meum positum in signum cui
contradiceretur, gravius perforabat cor meum dolor iste; qui, usquedum assumpta
fui corpore et anima in caelum, numquam defuit a corde meo, licet ex
consolatione Spiritus Dei temperabatur. Scire etiam te volo, quod ab isto die
dolor meus sextuplex fuit:... in cogitatione mea... in auditu meo... in visu
(tempore Passionis)... in tactu (in depositione de cruce et in sepultura Filii)...
ex vehementi desiderio perveniendi ad Filium meum (post Ascensionem)... ex
tribulatione Apostolorum et amicorum Dei... Sed licet gratia Dei perseverabat
mecum, et voluntas mea erat secundum velle Dei, attamen dolor meus continuus
erat, permixtus consolatione, donec assumpta fui corpore et anima in caelum ad
Filium meum.» S. BIRGITTAE Revelationes, Coloniae
Agrippinae, 1628, lib. 6, cap. 57, pag. 403.
10
«Quidquid enim crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit, aut
potius nihil, comparatione ipsius tuae passionis, quae nimirum sua immensitate
transfixit cuncta penetralia tui benignissimi cordis. Et utique, pia Domina,non
crediderim te potuisse ullo pacto stimulos tanti cruciatus, quin vitam
amitteres, sustinere, nisi ipse Spiritus vitae, Spiritus totius consolationis,
Spiritus scilicet dulcissimi tui Filii, pro quo moriente tantopere torquebaris,
te confortaret, te consolaretur, te intus doceret non esse mortem eum
absumentem, sed magis triumphum omnia ei subiicientem, quod in ipso fieri coram
moribunda (al. moribundo) videbas.»
EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber
de excellentia Virginis Mariae, cap. 5. ML 159-567, inter Opera S. Anselmi.
11 «Quoties ipsam prae immensitate doloris credis
potuisse deficere, a quo ipsam summe miror etiam mortuam non fuisse? Moriebatur
vivens, vivendo ferens dolorem morte crudeliorem.» Vitis mystica seu Tractatus de
Passione Domini, cap. 10, n. 36. Inter Opera S. Bernardi, 184-658. - «Quomodo (al. quoties) ipsam prae immensitate
doloris cordis, credis non potuisse (al. credis
potuisse) deficere, a (al. ex) quo
ipsam summe miror etiam mortuam non fuisse? Commoritur (al. Commoriebatur, al. Moriebatur)
vivens, vivendo ferens dolorem morte crudeliorem.» Vitis mystica seu tractatus de
Passione Domini, cap. 9, n. 1. Inter Opera S. Bonaventurae, ad Claras Aquas,
VIII, 1898, pag. 175, col. 1. - Vedi il nostro volume V, Appendice, 2, pag. 452, 453.
12 Sic ergo peccatum
et pena peccati, quae per scelus corruptae mulieris intravit in mundum, per
inviolatae virginis partum aufertur a mundo. Et quia in conditione generis
humani per mulierem, quae de solo viro facta est, contigit ut mortis vinculo
teneremur obstricti; hoc in redemptione humani generis divina bonitas egit, ut
per virum, qui de sola muliere natus est, vita hominibus redderetur... Ibi
femina decepta est, ut fieret filia diaboli; hic virgo gratia repleta est, ut
fieret mater summi atque incommutabilis Unigeniti Dei.» De fide ad Petrum liber unus, cap. 2, n. 18, inter Opera S. Augustini. ML 40-759. - «Quia
per sexum femineum cecidit homo, per sexum femineum reparatus est homo; quia
virgo Christum pepererat, (femina resurrexisse nuntiabat).» S. AUGUSTINUS, Sermo 232, cap. 2, n. 2. ML 38-1108. -
«Decipiendo homini propinatum est venenum per feminam: reparando homini
propinetur salus per feminam. Compenset femina decepti se se hominis peccatum,
generando Christum.» IDEM, Sermo 51, cap.
2, n. 3. ML 38-335.
13 (La nota di S.
Alfonso: De laud. Virg., mostra che,
invece di S. Epifanio, si deve
leggere S. Efrem.) «Tu captivorum
redemptio atque liberatio.» S. EPHRAEM, Sermo
de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera graece et latine, et latine tantum, III, Romae, 1746, pag.
575, col. 2.
14
«Haec namque est hortus conclusus ille deliciarum, fons signatusCant. IV, 12),
puteus aquarum viventium, reparatio
vitae...» Inter Opera S. Hildefonsi, Sermones
dubii, Sermo 1 de Assumptione B. V. M. ML
96-242. - «Haec est anima illa beata... per quam omnis maledicto soluta est
priorum parentum, et caelestis benedictio in toto venit mundo.» Ibid., Sermo 2 de Assumptione, col.
252. - «Est igitur sancta et venerabilis virgo Maria... reparatio Evae.» Ibid., Sermo 4 de Assumptione, col. 258
- «Felix, inquam, mater, per quam generis nostri vita est reparata.» Ibid., Sermo 7 de Assumptione, col. 268.
- EADMERUS, monachus Cantuariensis, De
excellentia Virginis, cap. 9, inter Opera
S. Anselmi, ML 159-553: «Promeruit ut reparatrix perditi orbis dignissime
fieret.»
15 «O Domina, sola
tu meum ex Deo solatium: divinus ros in me exsistensis aestus: exarescentis
cordis mei divinitus affluentes guttae... gemituum meorum cessatio, calamitatum
depulsio...» S. GERMANUS, Patr. CP., Orationes,
IV, Encomium in S. Deiparam, quando triennis praesentata est in templo (in
Praesentationem oratio II). MG
98-318.
16
«Si, inquam, Christus credentium frater, cur non ipsa, quae Christum genuit,
sit credentium mater?» S. AMBROSIUS AUTPERTUS, Abbas Beneventanus (+ 778), Sermo de lectione evangelica, in
Purificatione S. Mariae, n. 7. ML 89-1297.
17 Non abbiamo
trovato questo titolo dato a Maria da S. Agostino. Egli però la chiama «plane
mater membrorum eius (Christi), quod nos sumus.» S. AUGUSTINUS, Liber
de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399. - Serm. 2 de Ass., dice S. Alfonso. Secondo il Marracci (Bibliotheca Mariana, v. Augustinus Hipponensis), furono almeno due Sermones de Ass. attribuiti a S. Agostino. - S. EPIPHANIUS, Adversus haereses: Adversus
Antidicomarianitas, quae est haeresis 58 sive 78, n. 18, MG 42-727: «A
Maria Virgine vita ipsa est in mundum introducta, ut Viventem pariat, et
viventium Maria sit mater.»
18
«O Dei susceptrix Virgo et mater vitae...» S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio XII, In Dormitionem SS. Deiparae Dominae nostrae,
I. MG 97-1054.
19
«Ad matrem de cruce convertitur... Movebat enim eum matris affectio, et omnino
tunc erat una Christi et Mariae voluntas, unumque holocaustum ambo pariter
offerebant Deo: haec in sanguine cordis, hic in sanguine carnis. - Verum altius
repetenda sunt operis huius capitula, et brevi est sermone colligendum quo
initio, quo progressu ad hunc beatitudinis cumulum Virgo sancta devenerit, ut
cum Christo communem in salute mundi effectum obtineat.» Ernaldus sive ARNALDUS, Abbas Bonaevallis, Libellus de laudibus B. M. V. ML 189-1727.
20 «Insuper, amantissima Dei Virgo
Christifera dici potest mundi salvatrix propter eminentiam, virtuositatem et
meritum suae compassionis, qua patienti Filio fidelissime ac acerbissime
condolendo, excellenter promeruit ut per ipsam, hoc est per preces eius ac
merita, virtus ac meritum Passionis Christi communicetur hominibus.» D.
DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et
laudibus B. V. M., lib. 2, art. 23. Opera, XXXVI, Opera
minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 99, col. 1, 2.
21
S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V. sermo de
aquaeductu, n. 6. ML 183-441: «Redempturus humanum genus, pretium
universum contulit in Mariam.»
22 Nelle ediz.
antecedenti al 1776 si legge: «Per le sue
preghiere si moltiplichi il numero degli eletti, cioè la fortunata discendenza
de' suoi figli, per quali ella tiene e protegge tutti i suoi divoti.»
23 «Poco disuguali furono le accoglienze che in una
festività della Purificazione le furono fatte dalla medesima Signora nostra,
riportando, nel fine di soavissimi abboccamenti, certa promissione, che in suo
riguardo sarebbon ogni anno in tal giorno aperti i tesori della misericordia ad
un peccatore, ed introdotta un'anima dal purgatorio nel cielo.» Gio. Andrea ROTA, Vita di Suor Pudenziana Zagnoni, Vergine bolognese, cap. 19, pag.
244, 245. Bologna, 1665.
24
S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V. sermo de
aquaeductu, n. 7. ML 183-441.
25 Olimpia
rimproverava al figlio Alessandro la sua troppa generosità verso gli amici:
«Alia, inquit, ratione amicis tuis benefac, eosque in honore habe; nunc quidem
omnes regis aequales facis, multosque illis amicos, tibi solitudinem paras.»
Alessandro non permise che la madre s'intromettesse nelle cose di governo o di
guerra; ma sopportò i suoi importuni rimproveri. «Multa ad matrem munera misit;
curiose in suas res inquirere, inque rebus bellicis se ingerere eam non est
passus; reprehendentis morositatem aequo animo tulit; nisi quod semel quum
Antipater (il quale già sotto Filippo aveva comandato l'esercito macedone, ed
era rimasto in Macedonia come prefetto di provincia) longas contra ipsam
scripsisset litteras, lectis iis: «Ignorat, dixit, Antipater infinitas litteras
unica matris lacrima obliterari.» PLUTARCHUS, Alexander, § 39. Opera, Parisiis,
Firmin-Didot, II, pag. 820, 821.
26 Addosso, sopra di sé.
1
«Volo te mortem etsi non effugere, certe vel non timere. Iustus quippe mortem,
etsi non cavet, tamen non pavet... Moritur quidem et iustus, sed secure; quippe cuius mors
ut praesentis est exitus vitae, ita introitus melioris. Bona
mors, si peccato moriaris ut iustitiae vivas... Dum vivis in carne, morere
mundo, ut post mortem carnis, Deo vivere incipias... O quam beati mortui qui in Domino moriuntur, audientes
a Spiritu, ut requiescant iam a laboribus suis (Apoc. XIV, 13)! Non solum autem; sed et succedit iucunditas
de novitate, ac de aeternitate securitas. Bona proinde mors iusti
propter requiem, melior propter novitatem, optima propter securitatem.» Esorta
S. Bernardo il suo corrispondente, per acquistar questo prezioso tesoro della
buona morte del giusto, a lasciare il mondo, secondo il proposito che ne avea
formato. Poco sopra (col. 210) gli ha detto: «Rumpe moras, fac cito quod
scripsisti... Quid tardas ipsum, quem iamdudum concepisti, spiritum parturire
salutis? Nil mortalibus vel morte certius, vel incertius hora mortis... Vae
praegnantibus in illa die,» a quelli cioè che, in quell'ora, per negligenza non
avran partorito quei buoni proponimenti che avean concepiti. S. BERNARDUS, Epistola 105, ad Romanum Curiae Romanae
subdiaconum. ML 182-210, 211.
2
«Deus meus et omnia. Quis es tu, dulcissime Domine Deus meus, et quis sum ego
vermiculus servus tuus? Sanctissime Domine, vellem te diligere.
Dulcissime Domine, vellem te diligere. Domine Deus, ego vobis totum cor meum et
corpus meum dedi, et vehementer desidero, si tamen scire possem, pro vestro
amore plura facere.» Oratio quotidiana B.
P. FRANCISCI. Opera (cura Delahaye),
Pedeponti, 1739, pag. 20, col. 1.
3 Meditationes vitae Christi, cap. 3
(inter Opera S. Bonaventurae, Romae,
Moguntiae, Lugduni, 1668, VI, 336). Parla Maria SS. alla santa: «Cum, inquit,
pater meus et mater mea me dimiserunt in templo, statui in corde meo habere
Deum in patrem: et devote ac frequenter cogitabam quid possem facere Deo
gratum... et feci me doceri legem Dei mei. Ex omnibus tamen praeceptis divinis,
tria praecepta praecipue servavi in corde meo, videlicet: Diliges Dominum Deum
tuum ex toto corde tuo...; item: Diliges proximum tuum sicut teipsum; item:
Habebis odio inimicum tuum» (cioè, come lo spiega, più oltre, i vizi e i
peccati: odio che nasce dalla stessa carità). «Ista... servavi in animo meo, et
statim omnes virtutes comprehendi quae in ipsis continentur... Anima... aliquam
virtutem habere non potest, si Deum toto corde non diligat. Ab isto enim amore
descendit omnis gratiae plenitudo.» - Vedi Appendice,
5, pag. 528 e seg.
4
«Talis ascendisti per desertum (o beata Maria), id est animam habens valde
solitariam.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment.
in Cantica Cantic., lib. 3. ML 168-877.
5 «Tunc quasi
loquentia simul, opera dicent: Tu non egisti; opera tua sumus, non te
deseremus, sed tecum semper erimus, tecum pergemus ad iudicium.» S. BERNARDUS, Meditationes
piissimae de cognitione humanae conditionis, cap. 2, n. 5. ML
184-488. - Vedi Appendice, 8, B. pag.
546 e seg.
6 Chi
sia questa anonima suora Teresiana, se compagna di S. Teresa o contemporanea di
S. Alfonso, non ci è dato saperlo.
7
«Intellexit autem vir sanctus migrationis diem advenisse. «Hactenus, inquit,
filii, per iocum res acta est, serio nunc agitur. Prope est sponsus, eundum
illi obviam;» et sublatis oculis in caelum: «Venio, inquit, ad te, bone Iesu.»
Observatum est autem ab iis qui ministrabant ei, quod aliquando plenus animi,
ardore quodam spiritus in caelum ferri gestiebat: interdum vero in profundum
sese humilitatis adiiciens, pertimescere videbatur divinum iudicium. Nam
dum ego ad eum non sine lacrimis dicerem: «Quam laeto animo migrare debes, o
pater, cui palma caelorum parata est!» - «Decerni, inquit, fili, fortibus solet
haec palma, non ignavis, meique similibus.» Haec humilitatis, illa vero quam
plena fiduciae! Nam cum nos lacrimari videret: «Abite, ait, hinc, cum vestris
lacrimis: tempus laetitiae est, non lacrimarum;» sic in fiducia Macarium, in
timore Arsenium referens, inter utrumque medius incedens, ut cum fiducia
metueret, nec sine timore confideret.» Bernardus
IUSTINIANUS (nipote del santo: «necessitudine nepos, pietate filius,» come
egli stesso si chiama nella Prefazione, col.
1), Vita B. Laurentii Iustiniani, a
principio delle Opere, Lugduni, 1628.
- Nella I ediz.: «Andate altrove a piangere, se volete piangere la mia
morte.»
8 Francesco MARCHESE, dell'Oratorio, Vita, Venezia, 1702, lib. 5, cap. 7. n.
6, 7, pag. 209: «(Ricevuto il SS. Viatico), non sì tosto fu lasciato solo,
che... fu soprapreso da una gioconda estasi... comunicandogli il Signore
tenerissimi sentimenti di pietà, e rivelandogli chiaramente le ore che gli
restavano di vita. Con tali felici novelle ritornato... ai sensi, dimandò al
medico quanto egli credeva che dovesse ancora sopravivere; ed essendogli...
risposto che non avrebbe tardato molto, col volto tutto allegro e con le labbra
ridenti, proferì le parole del Salmo: Laetatus
sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus.» - Cap. 9, n. 4,
5, 6, pag. 211, 212: «Stava egli... aspettando la morte con mirabile
tranquillità di mente, la quale si scorgeva anco nella faccia ridente e
serena... Rimase per lo spazio d'un quarto d'ora sospeso in altissima
contemplazione... Ritornato... in sé... proruppe in queste parole: «Figli, non
vedete che qui sono la SS. Trinità, la gloriosa Vergine Maria, e san Giovanni
Evangelista?»... Si pose inginocchioni sopra il letto... recitando... il Salmo:
Voce mea ad Dominum clamavi... Finalmente,
stando così genuflesso, sostenuto dai suoi nelle braccia, finito di recitare le
ultime parole del detto salmo: Me
exspectant iusti, donec retribuas mihi... con voce soave e quasi angelica
proruppe in queste parole: Laetatus sum
in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus, e poco dopo, come se
desse un soave respiro, rendette l'anima a Dio.»
9 «In questo ratto
si tiene che gli fosse rivelato il giorno determinato della sua morte, perché
predisse poi chiaramente a più persone che egli sarebbe morto nel giorno ottavo
dela festa del Corpus Domini, come
seguì... E perché in tanto se gli aggravò il male in modo, che anche il Padre
Vincenzo Bruno, prefetto degli infermi ed intendente di medicina, gli confermò
che poco gli poteva restare di vita, servendosi Luigi di questa notizia disse
ad un fratello: «Non sapete la buona nuova che ho avuta, di dover morire fra
otto giorni? Di grazia, aiutatemi a dire il Te
Deum laudamus, ringraziando Dio di questa grazia che mi fa;» e dissero
quest'inno insieme divotamente. Poco dopo entrando pure in camera sua un Padre
suo condiscepolo, con allegrezza gli disse: «Padre mio, laetantes imus, laetantes imus.» CEPARI, Vita di S. Luigi Gonzaga, parte 2, cap. 30.
10 Ven. BERNARDINUS DE BUSTO, Sermones,
Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 2, De nativitate Mariae, sermo 5 De divinae sponsae conditionibus, pars
7, De sponsae caelestis dote ac
dotatione, pag. 188, col. 2 (de dotatione voluntatis Mariae): «Aliqui etiam doctores dicunt, quod, licet de
communi lege creatura viatrix non possit amare Deum actualiter et continue, sed
interrupte, quia, dum vertitur ad alia, nec de Deo cogitat, nec consequenter
ipsum actualiter amat, saltem quando dormit: tamen ipsa gloriosissima Virgo, de
privilegio singulari, continue et semper Deum amabat actualiter: non solum dum
vigilabat, sed et quando dormiebat, semper de Deo cogitabat et ipsum amabat:
quia licet eius corpus dormiret, animus tamen et cor ipsius
vigilabat.»
11 Non sappiamo se e
dove S. BERNARDO abbia proferito questa sentenza. Certo, egli scrisse, in Cantica, sermo 29, n. 8, ML 183-932,
933: «Est etiam sagitta electa amor Christi, quae Mariae animam non modo
confixit, sed etiam pertransivit, ut nullam in pectore virginali particulam
vacuam amore relinqueret, sed toto corde, tota anima, tota virtute diligeret.»
È cosa manifesta che, senza un aiuto speciale di Dio, quella «saetta» così
penetrante avrebbe portato con sé la morte, massimamente trasformandosi l'amore
in quel dolore, in quel martirio e più che martirio, così vivamente descritto
da San Bernardo, Sermo in «Signum
magnum», n. 14, 15, ML 183-437, 438; la qual descrizione comincia e si
conchiude così: «Martyrium sane Virginis... tam in Simeonis prophetia quam in
ipsa dominicae Passionis historia commendatur... Ille (Filius) etiam mori
corpore potuit, ista (Mater) commori corde non potuit? Fecit illud caritas qua
maiorem nemo habuit: fecit et hoc caritas, cui post illam similis altera non
fuit.»
12 «Talis fumus, imo
talis «fumi virgula», tu, o beata Maria, suavem odorem spirasti Altissimo,
caelestibus disciplinis erudita atque extenuata.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment. in Cantica Cantic., lib. 3. ML
168-877.
13 In vece di: «Ed
Eustachio», leggi: «E S. Girolamo (o Sofronio o altri) ad Eustochio.» - «Ex
persona supernorum civium in eius ascensione admirans Spiritus Sanctus ait in
Canticis (III, 6): Quae est ista quae
ascendit per desertum, sicut virgula fumi ex aromatibus? Et bene quasi
virgula fumi, quia gracilis et delicata, quia divinis extenuata disciplinis, et
concremata intus in holocaustum incendio pii amoris et desiderio caritatis. Ut virgula, inquit, fumi ex aromatibus: nimirum quia multis repleta est virtutum
odoribus: manans ex ea fragrabat suavissimus odor etiam spiritibus angelicis.»
Epistola (IX) ad Paulam et Eustochium, De
Assumptione B. M. V., n. 8. Inter Opera
S. Hieronymi, ML 30-129.
14
Vedi Appendice, 9, pag. 548 e
seg.
15 Non abbiamo
ritrovato questa sentenza presso S. Idelfonso.
16 «Caelestis autem
huius ac beatissimae Virginis Mariae cella, fuit caelum: in quo cum universis
desideriis suis tota inclusa fuit. Schola illius, fuit aeternitas: enimvero a
rebus temporalibus prorsus remota et libera erat. Paedagogus eius, divina
veritas fuit: cuncta namque ipsius vita iuxta hanc solam dirigebatur. Liber
eius, conscientiae ipsius fuit puritas: in qua numquam non inveniebat unde
delectaretur in Domino. Speculum illius, divinitas fuit: nullas namque
imagines, nisi in Deum transformatas et Deum indutas, in se recepit. Ornatus
eius, devotio illius fuit: soli quippe interiori vacabat homini. Quies eius,
unitas eius cum Deo fuit: quandoquidem cordis illius locus et thesaurus, solus
Deus erat. Hanc devotissimus nunc, oro, pulsemus precibus, ut in suam nos ipsa
curam suscipiat, et sicut ipsa hodie nata fuit, ita et nos omnes in nostram
regeneret originem et principium Deum, cui est omnis honor et gloria in saecula
saeculorum. Amen.» IO. TAULERUS, O. P., Sermones
de festis et solemnitatibus Sanctorum, Lugduni, 1558, Sermo in Nativitate gloriosissimae Virginis Mariae (in fine), pag.
126.
17 « Fortassis ergo
prae nimio amore, in loco quo sepultus dicitur, interdum habitasse eam
credimus; quatenus piis pasceretur internus amor obtutibus. Sic namque locus
medius est hinc inde constitutus, ut adire posset ascensionis eius vestigia, et
locum sepulturae ac resurrectionis et omnia in quibus passus est, loca
invisere: non quod iam viventem quaereret cum mortuis, sed ut suis consolaretur
aspectibus. Hoc quidem habet impatiens amor ut, quae desiderat, semper invenire
se credat... Quae scilicet beata Virgo Maria, quamvis iam in spiritu esset,
tamen dum in carne vixit, carnalibus movebatur sensibus, et ideo quam saepe
locorum recreabatur visitationibus: et quem genuerat, mentis complectebatur
amplexibus.» SOPHRONIUS, ad Paulam et
Eustochium, De Assumptione B. M. V., n.
13. Inter Opera S. Hieronymi, in
Mantissa, Epistola IX. ML 30-136, 137.
18 Le ediz.
antecedenti al '76: amata.
19
CEDRENUS, Historiarum compendium, MG
121-366: «Ea (Maria) quindecim ante diebus suum exitum cognovit. Triduoque ante
archangelus ad eam venit, praemium portans.» - NICEPHORUS CALLISTUS, Historia ecclesiastica, lib. 2, c. 21,
MG 145-810. - Symeon Logotheta, cognomento
METAPHRASTES, Vitae Sanctorum, Mensis
Augustus, Oratio de Sancta Maria, n.
38, MG 115-557: «Cum... aetate provecta ad multam senectutem pervenisset, et
peregrinationis tempus praesens esset, per angelum, se migraturam esse, a Filio
edocta est, sicut et antea, quo tempore in eius ventrem ingressurus erat,
nuntiatum illi fuerat.»
20 S.
ANDREAS CRETENSIS (+ 675), Oratio 12,
prima in Dormitionem SS. Deiparae Dominae
nostrae. MG 97-1066. - Cf. Oratio 13,
secunda in Dormitionem. MG 97-1087. -
S. IO. DAMASCENUS, Hom. II in Dormitionem B. V. M., n. 18. MG 96-
747, 750, 751. - Euthymiaca Historia, lib.
3, cap. 40: presso S. Giovanni Damasceno,
Hom. 2 in Dormitionem B. V. M., n.
18. MG 96, col. 747-751. - Vedi Appendice,
10, pag. 553 e seg.
21 «At vero non
infirmioribus eam sermonibus circumstantium sanctorum, qui adhuc in corpore
versabantur, multitudo retrahebant, his fere verbis: Mane nobiscum, nostra
consolatio, unicuique in terra solamen. Ne nos orphanos deseras, benigni illius
et misericordis Mater, qui Filii tui causa periclitamur. Te laborum requiem
sudorumque refrigerium habeamus. Tibi remanere volenti potestas in promptu est,
et abire cupienti nihil impedimento est. Sin abeas, o Dei tabernaculum, una
quoque nobis, qui tuus ob tuum Filium populus sumus, abire liceat. Tu sola
nobis in terra consolatio relicta es: et te vivente, simul vivere, et moriente,
mori beatum est. Quid vero, moriente, dicimus? Tibi namque mors vita est, imo
vita praestantior, hancque vitam incomparabiliter antecellens: nobis vero vita
omnis expers vitae est, consuetudine tua destitutis.» S. IO. DAMASCENUS, Homilia 2 in Dormitionem B. V. M., n. 8.
MG 96-734, 735.
22
Di questo particolare, tace il Damasceno. - METAPHRASTES, Vitae Sanctorum, Mensis Augustus, Oratio de Sancta Maria, n. 38, MG 115-557: «Virgo ergo ad Ioannem
aspiciens virginem, cum pauca cum eo esset locuta, deinde: «Duas, inquit,
tunicas quas toto vitae tempore habui tegumentum mei corporis, eas dari iubeo
hisce duabus mulieribus.» - NICEPHORUS CALLISTUS, Historia ecclesiastica, lib. 2, cap. 21, MG 145-810, 811: « Tum
virgini discipulo et itidem aliis ipsa Virgo praecipit, ut duas eius tunicas
vicinis viduis, quae praeter ceteras propensiore erga eam amore atque pietate
fuissent, donent.» - IDEM, id. op., lib.
15, cap. 24, MG 147-70: «Veneranda immaculatae Matris vestis
Constantinopolim... perlata est. Hanc, sicuti diximus, Mater
Dei ad Filium migrans, mulieri Hebraeae quae virgo erat, reliquit; quae etiam
usque ad illud ipsum tempus ex successione incorrupta permansit, et multa
miracula edidit.» - GIUSEPPE DI G. M., Carm. Sc., Vita ed eccellenze della Vergine Maria nostra Signora, lib. 5, cap.
13, n. 2. Napoli, 1730, pag. 407: «Due tonache, che avevano a lei servito in
vita, voleva che in morte le ereditassero due pietose vergini sue vicine... e
sebbene in questo luogo Niceforo Callisto chiamò queste donne vedove... si
corresse poi in un altro luogo chiamandole vergini.»
23 Revelationes SS.
Virginum Hildegardis et Elizabethae Schoenaugiensis, O. S. B., Coloniae
Agrippinae, 1628. Pag. 204: Liber IV S.
Elizabethae virginis (prooemium). «... Veni in mentis
excessum, cum labore vehementi. Et vidi in loco valde remoto sepulcrum quoddam
multo lumine circumfusum, et quasi speciem mulieris in eo, et circumstabat
multitudo angelorum. Et post pusillum erecta est
de sepulcro; pariterque cum illa multitudine adstantium elevata est in sublime.
Cumque aspicerem, ecce in occursum eius venit de altitudine caelorum vir supra
omnem aestimationem gloriosus, portans in dextera signum crucis, in quo et
vexillum apparuit; quem intelligebam esse ipsum Dominum Salvatorem; et infinita
millia angelorum cum eo: sicque eam alacriter suscipientes, cum magno concentu
in superna caelorum evexerunt.» Ciò vide la Santa, non già
nella morte di Maria, ma nella sua Assunzione.
24
Niente abbiamo trovato, presso S. Giovanni Damasceno, su questo argomento.
Però, la cosa ci sembra, per se stessa, assai verisimile. Avendo voluto Gesù
Cristo esser il Viatico di ogni semplice cristiano, quanto più ebbe questa
degnazione per sua Madre! È pur vero che abbia potuto farle somministrare il
Sacramento dell'Eucaristia per altre mani, poniamo di S. Giovanni Evangelista.
Che sia comunicata Maria, è certo. Ma si può pure piamente credere che abbia
voluto Gesù medesimo restituire a Maria, per la sua ultima santificazione,
quella Carne e quel Sangue che da essa volle ricevere per essere a tutti Pane
di vita eterna. Non ha forse egli fatto questa grazia, a più santi e sante, di
comunicarli di sua propria mano? - Così pensa anche GERSONE, Tractatus 9 super «Magnificat», prima
partitio, Opera, Antverpiae, 1706,
IV, pag. 398, 399: «Iesu, tua fruitio sacramentalis implevit Mariam prius
bonis, quam obiret, id est obviam tibi Christo iret, et assumeretur in caelum.
Nec abhorret a pietate fidei, quia tu, benedictus fructus ventris sui, totus
festivus adveniens, dederis sibi, sicut postmodum Dionysio in carcere,
mysterium hoc corporis dicens: «Accipe hoc, cara mea, quod mox complebo tibi in
regno meo cum Patre meo.»
25 «Ad cuius
profecto exsequias - quantum fas est credere - famulabantur angeli, et
universae caelorum congratulabantur curiae. Nec mirum, quia honor maternus eius est, qui est natus
ex ea... Legimus enim quam saepe ad funera et ad sepulturas quorumlibet
sanctorum angelos advenisse, et... obsequia praestitisse: necnon et animas
electorum usque ad caelos cum hymnis et laudibus detulisse: ubi et utriusque
sexus chori commemorantur frequenter auditi: interea... multo nonnumquam lumine
eosdem resplenduisse; insuper et adhuc viventes in carne, ibidem miri odoris
fragrantiam diutius persensisse. Quod si... Salvator noster... talia et tanta
dignatus est exhibere per suos caeli ministros circa defunctos: quanto magis
credendum est hodierna die militiam caelorum cum suis agminibus festive obviam
venisse Genitrici Dei, eamque ingenti lumine circumfulsisse, et usque ad
thronum... sibi... paratum, cum laudibus et canticis spiritualibus perduxisse!»
De Assumptione B. M. V., n. 8. Inter Opera S. Hieronymi, ML 30-130.
26
«Mater loquitur... Hi vero qui tunc mecum erant in domo, quando
tradidi spiritum, bene noverunt ex insolito lumine qualia divina tunc mecum
agebantur.» S. BIRGITTAE Revelationes, Coloniae
Agrippinae, 1628, lib. 6, cap. 62, pag. 409, col. 1.
27
BARTOLI, Vita, lib. 1, cap. 12. Opere, Torino, 1825, XX, pag. 105, 110.
28
L'ed. veneta del 1760: brillante.
1 «Nobis vero, carissimi, quae in eius Assumptione solemnitatis occasio,
quae causa laetitiae, quae materia gaudiorum?... Merito... resonat in excelsis
gratiarum actio et vox laudis; sed plangendum nobis quam plaudendum magis esse
videtur.» S. BERNARDUS, In Assumptione B.
V. M., sermo 1, n. 1. ML 183-415.
2 In festo
Assumptionis, Introitus.
3 «Secundus status gloriosae Virginis Mariae positus a Propheta (con
queste parole: Surge, Domine, in requiem
tuam, tu et arca sanctificationis tuae: Ps. CXXXI 8), est amorosissimae
obviationis, ita quod verbum Prophetae sit vox una omnium Beatorum iubilantium,
exsultantium et applaudentium, atque exhortantium Dominum ire obviam suae
benedictae Matri, ac dicentium: Domine,
in requiem tuam, scilicet, obvius vade tu cum omni exercitu beatorum.
Vocant enim beatam Virginem requiem Christi, non tamen (leggi: tantum) quia in ea novem mensibus requievit, verum etiam
quia plus per quietum amorem requievit in ea, quam in tota alia rationali
creatura: sicut Eccli. XXIV, 12, ipsa beata Virgo testatur dicens: Et qui creavit me, requievit in tabernaculo
meo.» S. BERNARDINUS SENENSIS, De
Assumptione gloriosae Virginis Mariae Sermo, art. 2, prooemium. Opera, Venetiis, 1745, IV, p. 121, col.
1. - Tractatus de B. Virgine, Sermo
11, In festo Assumpt. gloriosae Virg. Mariae,
art. 2, prooemium, Opera, Venetiis, 1591, III, pag. 127,
col. 1, 2.
4 IV Reg. II, 11.
5 «Quid ergo tu cum hominibus, quamvis
sanctis? Cur non potius... solitudinem expetisti remotior quam Ioannes
Baptista, secretior quam Elias, ut solite scirent, tibique famularentur angeli
sancti... donec tuis completis diebus, ad transferendum te in caelum aethereum
non unus tantum currus igneus, sed totus cum rege suo Filio tuo veniret atque
occurreret angelorum exercitus?» RUPERTUS Abbas, Comm. in Cantica Cant., lib. 5. ML 168-911, 912.
6
«O quis exprimere posset caelestis curiae iucunditatem atque solemnitatem,
quando surrexit Rex gloriosus Iesus festinus et laetus, et regali decore
laureatus, et totam beatorum civitatem commovit, ut omnes caeli cives
occurrerent Virgini Matri ascendenti... Surrexit igitur gloriosus Iesus in
occursum suae dulcissimae Matris.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Ord. Min. Sermones pro festivitatibus B. M. V., sermo
12, De Assumptione gloriosae Virginis
Mariae, art. 2, prooemium. Opera, IV,
Venetiis, 1745, pag. 121, col. 1. - Cf. ibid.,
cap. 2, pag. 121, col. 2. - Opera, Venetiis,
III, 1591, Tractatus de B. V., Sermo
11 et ultimus, In festo Assumptionis, art.
2, prooemium, pag. 127, col. 2. - Cf. cap. 2, pag. 128.
7
«Sed, o bone Iesu, istius tuae dulcissimae Matris piissime fili, quomodo
potuisti pati ut, te in regnum gloriae tuae remeante, illam quasi orbatam in
miseriis mundi relinqueres, et non eam statim tecum regnaturam assumeres?...
Prudentiori... et digniori consilio usus, praecedere illam volebas, quatenus ei
locum immortalitatis in regno tuo praeparares, ac sic comitatus tota curia tua
festivius ei occurreres, eamque sublimius, sicut decebat tuam Matrem, ad
teipsum exaltares.» EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 7. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-571.
8
«Attolle iam oculos ad Assumptionem Virginis, et, salva Filii maiestate
invenies occursum huius pompae non mediocriter digniorem (quam in Ascensione
Domini). Soli quippe angeli Redemptori occurrere potuerunt; Matri vero caelorum
palatia penetranti Filius ipse, cum tota curia tam angelorum quam iustorum
solemniter occurrens, evexit ad beatae consistorium sessionis.» NICOLAUS
Monachus, S. Bernardi aliquando notarius, Sermo
in Assumptione B. M. V. Inter Opera
S. Petri Damiani, Sermo 40. ML 144-717, 718.
9 «Ego sum qui
patrem et matrem filiis honorandos commendavi; ego ut facerem quod docui, et
exemplo essem aliis, ut Patrem honorarem, in terram descendi; nihilominus, ut
Matrem honorarem, in caelum reascendi. Ascendi, et praeparavi ei locum... Veni
igitr, electa mea...» GUERRICUS, Abbas, In
Assumptione B. Mariae, sermo 2, n. 6. ML 185-193.
10
Delle omilie di Origene sulla Cantica, due sole rimangono; che vanno fino al
cap. II, v. 14. - PACIUCHELLI, Excitationes
dormitantis animae, In Ps. 86, Excitatio 15, n. 8: «Una omnium in caelo
erat laetantium (vox) atque dicentium: Quae
est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens, innixa super dilectum suum?
Transfert Origenes: «Super pectus recumbens dilecti.» Ac si amoris pondus
eam totam inclinasset, ubi sedes erat amoris, nempe ad cor sui dilectissimi
dulcissimique Filii.»
11 «Quod si oculus non vidit, nec auris
audivit, nec in cor hominis ascendit, quae praeparavit Deus diligentibus se:
quod praeparavit gignenti se, et, quod omnibus est certum, diligenti prae
omnibus, quis loquatur?» S. BERNARDUS, In
Assumpt. B. V. M., sermo 1, n. 4. ML 183-416, 417.
12 In
officio Assumptionis B. M. V.: V). et R). ad utrasque Vesperas et ad
Laudes; Ant. 1 in Noct. 1; R). et V). ad Tertiam.
13 «Mariam dico exaltatam super choros
angelorum, ut nihil contempletur supra se Mater nisi Filium solum; nihil
miretur supra se Regina nisi Regem solum; nihil veneretur supra se Mediatrix
nostra nisi Mediatorem solum.» (Non Guglielmo,
ma) GUERRICUS Abbas, In Assumptione
B. Mariae, sermo 1, n. 7. ML 185-190.
14 S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 108, art. 1 et 6.
-DIONYSIUS AREOPAGITA, De caelesti
hierarchia, c. 6, § 1, 2. MG 3, col. 199-202.
15 «Constituit ipsa
sola hierarchiam secundam, sub Deo trino et uno, Hierarcha primo et summo; apud
quem Hierarcham humanitas Filii sui sola sublimata, sedet a dextris virtutis
Dei per unitatem suppositi.» Ioannes GERSONIUS,
Tractatus quartus super «Magnificat». Opera, Antverpiae, 1706, IV, col.
286.
16 «Plus
improportionabiliter differt dominus a servo, quam servus a servo. Omnes angeli
sunt administratorii spirtitus, id
est servi, dicit Apostolus ad Hebr. I, 14; B. Maria est Domina angelorum.
Seraphin ergo se habet ad Cherubin ut servus ad servum; B. Maria ut Domina ad
servos; ergo improportionabiliter est super Seraphin, qui est ultimus ordo in
suprema hierarchia: unde super omnem hierarchiam exaltata.» S. ANTONINUS, Sum.
Theol., pars 4, tit. 15, cap. 20, § 15. Veronae, 1740, IV, col.
1065.
17 «Hincque decet
nos eam respicientes, nec non ex ea genitum carniferum Filium dicere: Nunc
«astitit a dextris tuis in vestitu deaurato, circumamicta, circumdata
varietate»... Dicamus igitur iterum atque iterum semper et in perpetuum, cum ad
ipsum Regem Dominum et Deum, tum ad ipsam Reginam, Dominam et Deiparam respicientes,
ex motu quodam contemplationis spiritualis ac perspicacis oculi nostri:
«Astitit Regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumamicta, varietate
circumdata.» Sermo in Annuntiationem
Deiparae, n. 14. Inter Opera S.
Athanasii, MG 28-938. Sospetta Baronio,
Epistola apologetica, VIII, ibid., col.
918 che questo Sermone sia «Anastasii, episcopi Antiocheni,
sanctitate et eruditione clarissimi.»
18 «Sicut incomparabile
est quod gessit et ineffabile donum quod percepit, ita et inaestimabile atque
incomprehensibile praemium et gloria, non dico inter ceteras sacras virgines,
verumetiam ultra omnes sanctos, quam promeruit.» Inter Opera dubia S. Hildefonsi, Sermo 2 De assumptione B. Mariae. ML 96-251.
19 S. THOMAS, Sermones pro dominicis diebus et pro
Sanctorum solemnitatibus, qui ex Bibliotheca Vaticana nunc primum in lucem
prodeunt. Opera, Romae, 1570, XVI.
Fol. 40, col. 2, 3: In Assumptione B. M.
V. ex epistola. «Quasi cedrus exaltata sum in Libano, etc. Eccli. XXIV (17 et seq.). Per sex arbores quibus
comparatur exaltatio Beatae Virginis in ista epistola, intelligi possunt sex
ordines beatorum... Est ergo sensus, quod Virgo est exaltata sicut angeli,
patriarchae et prophetae, apostoli, martyres, confessores et virgines: et est
liptote, qui pauca dicit, significatque magna. Fuit enim exaltata super choros
angelorum et super omnes sanctos; nec mirum si est sicut angeli, pattriarchae,
etc. Habuit enim meritum angelorum angelice vivendo... Habuit enim meritum
prophetae prophetando: Luc. I, 48: Beatam
me dicent omnes generationes: vidit enim spiritu prophetico, et prophetavit
quod debebat beatificari ad omnibus gentibus, et quod omnes gentes debebant
recipere Filium Dei, et suum. Habuit
meritum apostolorum et evangelistarum docendo. Multa enim scripta sunt et
praedicata, quae non potuerunt sancti nisi per revelationem eius scire, sicut
de ingressu angeli in conceptione, et aliis pluribus. Habuit meritum martyris,
mortem crucis cum Filio patiendo. Lucae II, 35: Et tuam ipsius animam pertransibit gladius. Habuit
meritum confessorum, devote Domino confitendo. Luc. I, 47: Magnificat anima mea Dominum. Habuit meritum virginum, inchoando
virginitatem, et conservando. Luc. I, (26, 27, 28): Ingressus est angelus Gabriel ad Mariam virginem. Et sicut habuit
meritum omnium et amplius, ita congruum fuit ut super omnes ponatur... ordines
caelestium.» - Cf. HURTER, S. I., Sermones
S. Thomae, qui circumferuntur, Oeniponte, 1874, Sermo 200.
20
«Quantum enim gratiae in terris adepta est prae ceteris, tantum et in caelis
obtinet gloriae singularis.» S. BERNARDUS, In
Assumpt. B. M. V., sermo 1, n. 4. ML 183-416.
21
B. Claude de LA COLOMBIÈRE, Sermons prêchés devant S. A. R. Madame la
Duchesse d'York, Lyon, 1692, II, Sermon
31, pour le jour de l'Assomption de la Sainte Vierge, exorde, pag. 272,
273: «De tous les éloges qui ont été donnés à Marie, lorsqu'elle était encore
parmi les hommes, le plus magnifique sans doute, fut celui qu'elle reçut de
Dieu même par la bouche de Gabriel, lorqu'il l'appela pleine de grâce: Ave, gratia plena. Mais présentement,
qu'elle est élevée au-dessus des Anges, on doit ajouter quelque chose à cet
éloge; et ce que l'on peut dire de plus grand en sa faveur, si je ne me trompe,
c'est qu'elle est pleine de gloire. Gloria
Domini plenum est opus eius. (Eccli. XLII, 16). Je n'ignore pas que cette
plénitude, prise en un certain sens, est commune à tous les saints... Mais il
s'en faut beaucoup que la plénitude de leur félicité n'égale le comble de la
gloire de la Sainte Vierge: leurs richesses, comparées à celle de leur Reine,
peuvent passer pour indigence... Il est certain qu'elle est, dans le paradis,
ce qu'elle a été sur la terre, la choisie, la bien-aimée; il est certain
qu'entre les Bienheureux mêmes, elle est la Favorite et la Bienheureuse.»
22 «Excepta itaque sancta virgine Maria, de
qua propter honorem Domini nullam prorsus, cum de peccatis agitur, haberi volo
quaestionem... hac ergo Virgine excepta, si omnes illos sanctos et sanctas, cum
hic viverent, congregare possemus et interrogare utrum essent sine peccato,
quid fuisse responsuros putamus?... Rogo vos, quantalibet fuerint in hoc corpore
excellentia sanctitatis, si hoc interrogari potuissent, nonne una voce
clamassent: Si dixerimus quia peccatum
non habemus, nos ipsos seducimus, et veritas in nobis non est.» S.
AUGUSTINUS, De natura et gratia lib.
unus, cap. 36. ML 44-267.
23 Le ediz.
precedenti al 1776 hanno: definito.
24 «Si quis hominem
semel iustificatum dixerit amplius peccare non posse, neque gratiam
amittere...aut contra, posse in tota vita peccata omnia, etiam venialia, vitare,
nisi ex speciali Dei privilegio, quemadmodum de beata Virgine tenet Ecclesia,
anathema sit.» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio VI, De iustificatione, canon 23.
25
I Cor. XII, 4.
26
Commune Confessoris Pontificis, Antiphona
2 ad Laudes et per Horas; capitulum ad Sextam.
27 RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Can. Reg. O. S. Aug., ex
praeposito Uticensi abbas Cellensium apud Biturigas, (+ dopo l'anno 1381:
RAYNAUDUS, Opera, XI, pag. 43, 44), Contemplationes de B. V., pars 2,
Contemplatio 3, n. 2, Migne-Bourassé,
Summa aurea, IV, col. 877: «Non defuit tibi puritas angelorum, non fides
patriarcharum, non scientia prophetarum, non zelus apostolorum, non patientia
martyrum, non sobrietas confessorum, non innocentia aut humilitas virginum. In
summa, nullo genere vacasti virtutum, o Virgo plusquam beata. Quodcumque donum
alicui sanctorum umquam datum fuit, tibi non fuit negatum, sed omnium sanctorum
privilegia omnia habes in te congesta.»
28
«Si de aliis sanctis Paulus asserit: Quibus
dignus non erat mundus (Hebr. XI, 38); quid dicemus de Deipara, quae tanto
super omnes martyres exsplenduit, quanto stellas praefulgurat sol?» BASILIUS Seleuciensis, Oratio 39, In SS. Deiparae Annuntiationem, n. 5. MG
85-442.
29
«Electa ut sol. Hanc
attende similitudinem, qua nulla in rebus mundi potest esse sublimior. Nihil
enim habuit Spiritus in visibilibus creaturis excellentius, cui excellentiam
Virginis compararet. Multo enim altius aliquid habet claritas solis quam lunae;
quia, etsi illa minores stellas obscurat ,
non tamen penitus occultat; hic vero lucidius incandescens, ita sibi siderum et
lunae rapit positionem, ut sint quasi non sint, et videri non possint.»
NICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Assumptione B. M. V., sermo 40, inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-720.
30
«Secundo autem data est illi largitas gloriae; nam in paradiso divinae gloriae participatio
ceteris quodammodo per partes datur: sed, secundum Bernardum, beata Virgo Maria
divinae sapientiae profundissimum, ultra quam credi valeat, penetravit abyssum:
ut quantum sine personali unione creaturae conditio patitur, illi luci
inaccessibili videatur immersa.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus B. M. V., Sermo 13, De exaltatione B. V. in gloria, art. 1,
cap. 10. Venetiis, 1745, IV, pag. 128, col. 2. - Ed. Veneta, 1591, I, pag. 522
col. 1, 2: Quadragesimale de religione
christiana, Sermo 61, De
superadmirabili gratia et gloria B. V., art. 2, cap. 10. - «Stultus ut luna mutatur: sapiens autem
permanet ut sol (Eccli. XXVII,
12). In sole nimirum et fervor, et splendor stabilis; in luna solus splendor
atque is omnino mutabilis et incertus, qui numquam in eodem statu permanet. Iure
ergo Maria sole perhibetur amicta, quae profundissimam divinae sapientiae,
ultra quam credi valeat, penetravit abyssum: ut quantum sine personali unione
creaturae conditio patitur, luci illi inaccessibili videatur immersa. Illo
nimirum igne prophetae labia purgantur (Is. VI, 7), illo igne Seraphin
accenduntur. Longe vero aliter Maria meruit, non velut summatim tangi, sed
operiri magis undique, et circumfundi, et tamquam ipso igne concludi.
Candidissimus sane, sed et calidissimus huius mulieris amictus: cuius omnia tam
excellenter irradiata noscuntur, ut nihil in ea, non dico tenebrosum, sed ne
subobscurum saltem, vel minus lucidum, sed ne tepidum quidem aliquid, aut non
gerventissimum, liceat supsicari.» S. BERARDUS, Dominica infra octavam Assumpt. B. V. M., Sermo «in Signum magnum», n. 3. ML
183-431.
31 S. ALBERTUS
MAGNUS, Quaestiones super «Missus»,
Quaestio 61, Praemittenda ad solutionem praecedentium quaestionum, § 5,
Lugduni, 1651, XX, pag. 54, col. 2.: «Illi autem qui elevantur secundum statum
patriae, vident per speciem, et faciunt tres gradus... Tertius gradus visionis
patriae est visio gloriosae Virginis Matris Dei, quae super omnes creaturas
improportionabiliter et limpidissime et propinquissime contemplatur maiestatem
Dei, utpote super omnes choros Angelorum exaltata; et ideo tres hierarchias
supergressa, in quarta a dextris cum Filio eius, id est in potioribus bonis,
collocata.» - Il Mariale, cap. 96,
pag. 355, col. 1, 2, ha lo stessissimo testo, con qualche leggerissima
differenza verbale: levantur per elevantur; gloriosissimae per gloriosae.
32 «Tantum enim
differt gloria Virginis a gloria aliorum beatorum, quantum sol a ceteris
luminaribus caeli: et quodammodo sicut cetera luminaria irradiantur a sole, sic
tota caelestis curia a gloriosa Virgine laetificatur et decoratur. Unde
Bernardus in sermone de Assumptione ait: Itaque gloriosa Virgo dum caelos
ascendit, etiam supernorum gaudia civium copiosis augmentis cumulavit.» S.
BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro
festivit. B. V. M., sermo 13, De
exaltatione B. V. in gloria, art. 1, cap. 3. Venetiis, 1745, IV, pag. 126,
col. 2. - Ed. Veneta, 1591, I, pag. 519, col. 1, 2: Quadragesimale de christiana religione, sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., art.
2, cap. 3. - S. BERNARDUS, In Assumptione
B. V. M., sermo 1, n. 1, ML 183-415: «Virgo hodie gloriosa caelos
ascendens, supernorum gaudia civium copiosis sine dubio cumulavit
augmentis.»
33 Vedi la nota
precedente.
34 «Summa gloria est
post Deum te videre, adhaerere tibi, et in tuae protectionis munimine
demorari.» NICOLAUS monachus, notarius aliquando S. Bernardi, Sermo in Nativitate B. V. M.. Inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44. ML
144-740.
35 «Gloriosum
gloriae Mariae privilegium est, quod quidquid post Deum pulchrius, quidquid
dulcius, quidquid iucundius in gloria est, hoc Maria, hoc in Maria, hoc per
Mariam est. Gloriosum omnino gloriae Mariae privilegium est, quod post Deum
maior gloria nostra, maius nostrum gaudium de Maria est.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 6. Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni (iuxta
ed. Vaticanam et Moguntinam), 1668, VI, pag. 439, col. 1, CD.
36 «Numquid quia ita
deificata, ideo nostrae humanitatis oblita es? Nequaquam, Domina. Scis in quo
discrimine nos reliqueris, ubi iaceant, quantum delinquant servi tui; non enim
convenit tantae misericordiae tantam miseriam oblivisci.» NICOLAUS monachus, S.
Bernardi iam notarius, Sermo in
Nativitate B. V. M. Inter Opera S.
Petri Damiani, sermo 44. ML 144-740.
37
«Magna enim erga miseros fuit misericordia Mariae adhuc exsulantis in mundo,
sed multo maior erga miseros est misericordia eius iam regnantis in caelo.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 10. Inter Op. S. Bonav., ed. ut supra, VI, pag. 444, col. 2, C.
38 «Maria regina
propter... largitatem: largitur enim servis suis dona gratiarum, vestes
virtutum, thesauros meritorum, et magnitudinem praemiorum.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 6, cap. 13, n. 3. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651,
pag. 200, col. 2; Parisiis, XXXVI, 354.
39 «O mater misericordiae,
saturare gloria Filii tui; et dimitte reliquias tuas parvulis tuis. Tu iam ad
mensam, Domina; nos, sub mensa catelli. Sicut oculi ancillae in manibus dominae
suae, ita familia haec famelica de te praestolatur alimoniam vitae.» GUERRICUS, Abbas Igniacensis, In
Assumptione B. Mariae, sermo 4, n. 5. ML 185-200.
40 Silvano RAZZI, Monaco Camaldolese, Raccolta di miracoli operati ad
intercessione della Beatissima Vergine Maria Nostra Signora, lib. 3,
miracolo 5, Venezia, 1757, pag. 235-237. - Ioannes
HEROLT, O. P., Sermones Discipuli de
tempore et de Sanctis, 3 vol., Venetiis, 1598. Alla fine del 1° vol., pag.
619-624: Exempla de B. Virgine. Alla
fine del 2° vol., con paginazione a parte: Promptuarium
exemplorum Discipuli, 205 pag., non compreso l'Indice. Poi, con nuova
paginazione: Pomptuarium Discipuli de
miraculis B. M. V., 40 pag., non compreso l'Indice. Dopo viene il 3° vol.,
Venetiis, 1599, Sermones Discipuli in
Quadragesima. - Promptuarium Discipuli de miraculis B. M. V., Exemplus 78,
pag. 34: «Quidam clericus Parisiensis, beatissimae Virgini valde devotus, qui
ardenti animo diu desiderabat videre pulchritudinem Virginis Mariae. Post multa
tempora, angelus Domini ex parte Virginis Mariae destinatus, salutavit
clericum, ei dicens: «Domina mea Maria... exaudivit orationiem tuam, et mandat
tibi quod tali die et hora veniet ad te, et videbis eam. Sed scias, si eam videbis, amplius caecus eris.» Ad
quod clericus: «Libenter volo perdere lumen, ut ipsam semel videre merar.» Cum
autem audisset angelum, coepit ille sollicitus esse, et cogitare: «Quid ultra
facies, postquam oculos amittes? Tuc non poteris lucrari scribendo panem tuum,
sed oportebit te esse amplius miserum et mendicum.» Et postmodum cogitavit in
seipso, et dixit: «Quando beata Maria venerit, unum oculum aperiam ad videndum
eam, et alium claudam, et sic unum oculum tantum amittam...» Cum autem postea
gloriosa Virgo apparuisse... et cum manum alteri oculo superposuisset... et cum
postea manum deponeret ut eam ambobus oculis inspiceret, beata Virgo disparuit,
et eam ultra non vidit. Tunc... ipse se acriter arguens... dicebat: «Heu miser,
quare unum oculum clausi, et ambos oculos non aperui? Utinam caeus essem, ut
eam plenius vidissem.» Cumque diu beatam Virginem Mariam exorasset, ut eam
videre posset iterum, quia altero oculo libenter carere vellet, tunc iterum
misit angelum, qui dicebat: «Mandat tibi Domina angelorum adventum suum, ex quo
vis et altero oculo orbari.» Cui ille: «Etiam, domine, si mille oculos
haberem, optarem perpetuo perdere, dummodo eam possem secundario praesentem
videre.» Cui angelus: «Ipsa clementissima Domina mandat tibi quod videbis eam,
et superstitem oculum non amittes, et insuper recuperabis oculum perditum.»...
Non multo tempore post... et beata Virgo Maria apparens ei, se videndam
exhibuit, et amissum oculum ei restituit. Ex quo possumus perpendeere quanta
sit pulchritudo Virginis Mariae, et quam delectabile est eam oculis videre.»
1 Le
ediz. precedenti quella del '76 hanno: dissanguato.
2
«Sicut appellatur Virgo virginum, ita et Martyr martyrum deberet appellari.»
RICH. A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib.
3, § 12. Inter Op. S. Alb. M., Lugduni,
XX, 96, col. I; Paris., XXXVI, 156.
3 Aggiunta che si
trova nell'ed. del 1776.
4 D. DIONYSIUS
CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B.
V. M., lib. 3, art. 24, Opera, XXXVI, Opera
minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 139, col. 1: «Quam praecordialissime et
amarissime amorosissima, fidelissima ac henignissima mater virgo Maria
Unigenito suo compassa sit in passione illius, ex multis potest perpendi. Primo
et maxime incomparabili et ineffabili amore quem ad dilectissimum et unigenitum
suum habuit Filium: qui quanto praecordialior atque intensior exstitit, tanto
acerbiorem in corde piissimae Matris produxit compassionem. Denique, triplex fuit amor Matris illius ad Filium
suum, videlicet, naturalis, acquisitus, gratuitus: quorum unusquisque
intensissimus fuit in ea, ut patet ex praeinductis. Idcirco compassio illa
materna ex cunctis illis emanans amoribus, inenarrabiliter fuit poenalis et
dolorosa ac penetrativa, corporali martyrio gravior, ac ipsa morte amarior.» -
PELBARTUS DE THEMESWAR, O. M., Stellarium
coronae gloriosissimae Virinis, Venetiis, 1586, liB. 3, pars 2, art. 2,
fol. 69 et seq.: «Quod magnitudo doloris, et martyrii acerbitas, in beata
Virgine Maria ostenditur ex duodecim causis;» art. 3, fol. 71, a tergo, et
seq.: «Quod beata Maria, per gladium doloris, aureolam martyrii meruit.» - Ambrosius CATHARINUS, O. P., Opuscula. De consummata gloria Christi ac divae Virginis. Lugduni,
1542, pag. 109, 110. Dopo aver ricordato quanto soffrì Maria nell'infanzia di
Gesù, nella fuga in Egitto, nello smarrimento del Figlio nel Tempio, nella vita
pubblica di lui, «quae pene semper lateri eius iungebatur, et audiebat
opprobria, et detractiones, et susurrationes, et murmurationes iniquissimas in
dulcem Filium et innocentissimum et beneficentissimum,» soggiunge il Catarino:
«Quid dicam de crucis opprobriis et passionibus, quas non solum ipsa vidit, sed
pertulit, et quarum pars magna fuit? De ipsa enim sola scriptum est quod stetit
iuxta crucem et quod numquam secuta sit eum a longe. Ceteri autem prorsus omnes a longe quandoque fuisse
describuntur. Ipsa semper prope, eius animam pertransivit gladius, et cum illo
martyr effecta est, et pulsqam martyr, quae vere exanimata fuit; et veluti
prior Eva dulcem fructum gustavit et obtulit viro suo ad mortem suam et
nostram: ita haec Eva secunda deglutivit amarum cibum crucis, et viro detulit
Christo, qui et ipse gustavit ad vitam suam et nostram. Sic
enim oportuit utrumque pati, et ita intrare in gloriam suam.» Cf. De Alva, Bibliotheca Virginalis, II,
Matriti, 1648, pag. 65, col. 1, 2. - «O quam bene Hieronymus (intendi ciò della
Lettera a Paola ed Eustochio de
Assumptione Virginis), neque sine spiritu, ut arbitror, interius
suggerente, hanc Virginem etiam plusquam martyrem fuisse testatus est, quam eo
plus doluisse censet quo plus etiam dilexisse certissimum esse debet. Quod et ceteri sancti viri merito susceperunt; haec
enim illa fuit de cuius dilectione scriptum est: Fortis est ut mors dilectio. Sed aiunt quidam: «Nec littera
nec historia docet ex hac vita Mariam corporalis necis passione migrasse.» Neque
nos hoc audemus dicere neque credere, videlicet illam materiali gladio
peremptam, sed gladium doloris dicimus quo transverberata est eius anima, iuxta
prophetiam.» Opuscula, Lugduni, 1542,
pag. 78: Disputatio pro immaculata
Conceptione Divae Virginis, lib. 3, Septima
persuasio. - De Alva, Bibliotheca
Virginalis, pag. 49, col. 2.
5
«Refert autem Tertullianus quod Romae missus in ferventis olei dolium, purior
et vegetior exiverit quam intraverit.» Officium
S. Ioannis ante Portam Latinam, die 6 maii, lectio 5: «Ex libro sancti HIERONYMI presbyteri contra Iovinianum», lib. 1,
n. 26, ML 23-217. - TERTULLIANUS, Liber
de praescriptionibus, cap. 36, ML 2-49: «Si autem Italiae adiaces, habes
Romam, unde nobis quoque auctoritas praesto est. Ista quam felix Ecclesia! cui
totam doctrinam Apostoli cum sanguine suo profuderunt; ubi Petrus passioni
Dominicae adaequatur; ubi Paulus Ioannis (Baptistae) exitu coronatur; ubi
Apostolus Ioannes, posteaquam, in oleum igneum demersus, nihil passus est, in
insulam relegatur.»
6
«Martyrium complectitur id quod summum in obedientia esse potest, ut scilicet
aliquis sit obediens usque ad mortem, sicut legitur de Christo (Philip. II, 8)
quod factus est obediens usque ad mortem.
Unde patet quod martyrium secundum se est perfectius quam obedientia
absolute dicta.» S. THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 124, art. 3, ad
2. - Però, nell'articolo seguente (art. 4, c.), dice S. Tommaso: «Ad perfectam
rationem martyrii requiritur quod aliquis mortem sustineat propter Christum.»
Ed opponendosi, tra altri, il testo di S. Girolamo (cioè di Sofronio, Epist. ad Paulam et Eustochium de Assumpt.):
«Recte dixerim quod Dei Genitrix virgo et martyr fuit, quamvis in pace
vitam finiverit;» risponde (ad. 1): «Illae auctoritates, et si quae similes
inveniuntur, loquuntur de martyrio per quamdam similitudinem.» - Nei Sermones, Sermo in Assumptione B. M. V.,
Opera, 1570, XVI, fol. 40, dice l'Angelico: «Habuit meritum martyris,
mortem crucis cum Filio patiendo.» L'autorità dei Sermones, anche per la non del tutto
sicura autenticità e genuinità, non è da paragonarsi a quella della Somma. Però, anche la Somma concede che, in qualche senso,
Maria può chiamarsi martire; né vuol negare che il suo martirio, sia pure non
propriamente detto, abbia sorpassato ogni altro martirio, e quanto al dolore, e
quanto al merito.
7
«Qui ait: Modicum tempus vobiscum sum... Istud
modicum tantum fuit amarum tibi!... In isto modico Domina mea, Mater tua, virgo
incorrupta, virgo intemerata, virgo ante partum, virgo post partum tui; Mater
tua, imo martyr tua, martyr non ferro carnificis, sed acerbo dolore cordis,
quam amare flebat, quam amare dolebat!» Inter Opera S. Bernardi, ML 184-897, 898. B. OGERIUS, Abbas Lucedii Ord.
Cist. in dioecesi Vercellensi, De Sermone
Domini in ultima coena sermones XV, sermo 4, n. 5. - Mabillon, ML 184-879, 880: «Sunt qui existiment, Ogerium seu Oglerium vixisse ipso tempore S. Bernardi. At posteriorem aliquanto
fuisse probat Manrique.» - «Martyrium
sane Virginis... tam in Simeonis prophetia quam in ipsa Dominicae passionis
historia commendatur... Vere tuam, o beata Mater, animam gladius
pertransivit... Ipsius (Iesu) plane non attigit animam crudelis lancea, quae
ipsius... aperuit latus, sed tuam utique animam pertransivit. Ipsius nimirum
anima iam ibi non erat; sed tua plane inde nequibat avelli. Tuam ergo
pertransivit animam vis doloris, ut plus quam martyrem non immerito
praedicemus, in qua nimirum corporeae sensum passionis excesserit compassionis
affectus.» S. BERNARDUS, In «Signum magnum», n. 14. ML 183-437, 438.
8
Vitis mystica seu tractatus de Passione
Domini. Inter Opera S. Bernardi, cap
35, n. 126, De rosa passionis, ML
184-711: «Ecce in expositione huius verbi (cioè: quantum amaverit) necessarium habemus rosam passionis rosae
caritatis coniungere: ut rosa caritatis in passione rubescat, et rosa passionis
igne caritatis ardescat. Tantum enim dilexit nos dilector noster, ut, caritatis
ardore cogente, ruborem passionis incideret, traderetque in mortem animam suam,
mortem autem crucis, non breviter transeuntis, sed a principio ortus sui usque
in finem mortis durissimae perdurantis. Sicut etenim superius vestrae
commendavimus caritati, (cap. 5, n. 22) crux optimi Iesu Christi non tantum
fuit unius diei; sed tota vita ililus crux fuit et martyrium.» Inter Opera S. Bonaventurae, VIII, ad Claras
Aquas, 1898, cap. 17, De rosa passionis, n.
1, pag. 182, 183: «Ecce in expositione hujus verbi (come sopra: quantum amaverit) necessarium habemus
rosam passionis rosae caritatis coniungere, ut rosa caritatis in passione
rubescat, et rosa passionis igne caritatis ardescat. Tantum enim dilexit nos
noster dilector, ut, caritatis ardore cogente, ruborem passionis incideret traderetque in mortem animam suam, mortem
autem crucis non breviter transeuntis, sed a principio ortus sui usque in
finem mortis durissimae perdurantis. (In nota, secondo qualche edizione e qualche codice, si aggiunge:)
Sicut etenim superius vestrae commendavimus caritati (cap. 5, n. 2), crux
optimi Iesu Christi non tantum fuit unius diei, sed tota vita illius crux fuit
et martyrium.» - Vedi il nostro vol. V, Appendice,
2, 9°, pag. 452, 453.
9 «Maria enim
interpretatur Domina, stella maris, illuminata, illuminatrix, amarum mare.» S.
ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super
«Missus», qu. 29, § 2, Opera, Lugduni,
1651, XX, pag. 31, col. 1.
10 «Et vere
proculdubio est credendum, quod ex inspiratione Spiritus Sancti ipsa perfectius
intellexit quidquid Prophetarum eloquia figurabant, quam ipsi Prophetae, qui ex
eodem Spiritu verba oretenus protulerunt.» S. BIRGITTAE Revelationes, Sermo Angelicus, cap. 17. Coloniae Agrippinae, 1628,
pag. 548, col. 1.
11 «Ex Prophetarum
scripturis Deum incarnari velle intelligens, et quod tam diversis poenis in
carne assumpta deberet cruciari, tribulationem protinus non modicam, propter
ferventem caritatem quam ad Deum habebat, sustinuit, quamquam nondum sibi
innotesceret quod ipsa eius mater fieri debebat.» S. BIRGITTAE Revelationes, Sermo Angelicus, cap. 16.
Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 547, col. 1, 2.
12
«Tu... longum in cogitationibus tuis, praescia futurae Passionis Filii tui,
pertulisti martyrium.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comm. in Cantica Cant., lib. 3. ML 168-886.
13 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 2, Coloniae
Agrippinae, 1628, pag. 441, col. 2, pag. 442, col. 1: «In Purificatione B. M.
V., dum esset Sponsa Christi (Birgitta) in Roma, in ecclesia quae dicitur S.
Mariae Maioris, rapta fuit dicta Domina in spiritualem visionem, videns in
caelo quasi omnia ad magnum festum praeparari. Et tunc vidit quasi unum templum mirabilis
puchritudinis. Et ibi erat ille venerabilis senex iustus Simeon, paratus ad
recipiendum puerum Iesum in ulnis suis, cum summo desiderio et gaudio. Videbat
quoque Beatam Virginem venientem honestissime, et portantem puerum Filium, ut
offerret eum in templo secundum legem Domini. Deinde innumerabilem multitudinem
Angelorum et diversorum ordinum Sanctorum Dei, et Sanctarum virginum et
dominarum, Beatam Virginem Matrem Dei praecedentium, et eam cum omni laetitia
et devotione circumdantium: ante quam portabatur a quodam Angelo unus gladius
longus e valde latus et sanguinolentus, qui significabat illos maximos dolores
quos Maria passa est in morte amantissimi Filii sui, qui figurabantur in gladio
quem iustus Simeon prophetabat ipsius animam pertransiturum esse. Unde,
tota exsultante caelesti curia, dictum fuit Sponsae: «Ecce quantus honor et
gloria rependitur in hoc festo Reginae Caeli, pro gladio dolorum quos sustinuit
in sui dilecti Fillii Passione!» Et tunc
haec visio disparuit.»
14
«Nolite solam attendere horam vel diem illam, in qua vidi talem dilectum ab
impiis comprehensum male tractari, sciliceet illudi, spinis coronari,
flagellari, crucifigi, felle et aceto potari, lanceari, mori et sepeliri. Nam tunc quidem gladius animam meam pertransivit;
sed, antequam sic pertransiret, longum per me transitum fecit. Prophetissa
namque eram, et ex quo mater eius facta sum, scivi eum ista passurum. Cum
igitur carne mea taliter progenitum, talem filium sinu meo foverem, ulnis
gestarem, uberibus lactarem, et talem eius futuram mortem semper prae oculis
haberem, et prophetica, imo plus quam prophetica mente praeviderem, qualem,
quantam, quam prolixam me putatis materni doloris pertulisse passionem?» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment. in Cantica Cant., lib. 1. ML 168-856.
15
«Omni tempore quod post Ascensionem Filii mei vixi, visitavi loca in quibus
ipse passus est et mirabilia sua ostendit. Sic quoque Passio sua in corde
meo fixa erat, quod, sive comedebam, sive laborabam, quasi recens erat in
memoria mea.» Revelationes S. BIRGITTAE,
Coloniae Agrippinae, 1628, lib. 6, cap. 61, pag. 408, col. 1.
16 Ioannis THAULERI, O. P., De vita et Passione Salvatoris nostri Iesu
Christi piissima exercitia, Coloniae, 1558, cap. 18, pag. 110, 111: «O
Maria, gratiae fons, praecipua martyrum omnium: non hoc initium est dolorum
tuorum (cioè nel tempo della Passione), non hic tua coepit professio, non haec
prima est tui sub Dei obedientia abnegatio: sed sicut Christus filius tuus ab
initio gratissimae se subdidit, ad mortem usque, Patris voluntati, ultroque
humeros cunctis a Patre sibi impositis crucibus submisit, et toto vitae suae
spatio paupertatem, persecutiones, oblocutiones et contemptum sponde sustinuit:
sic et tu, Domina nostra dulcissima, totam te resignasti Deo, quanto mater
Filii Dei esse consensisti, dicendo: Ecce
ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. Christus autem ad hoc natus est, ut moreretur. Sicut
ergo ad Filii Dei generationem te obtulisti, ita et ad mortem et passionem te
resignasti. Unde, sicut in nativitate, omnium quae umquam fuere genitricum
laetissima fuisti, ita in passione omnium maxime doluisti: et dolores atque
angustias quas pariens evasisti, patiente filio, cumulatius asperiusque multo
perpessa es. O mater piissima, quam fideliter crucem tuam in humeros recepisti,
sequens dilectum filium tuum, cuius omnem passionem corporalem et externam tu
intrinsecus pertulisti! Eius
namque crux tua erat, et tua illius... Tu de arbore crucis dolorem in
te suscepisti, satiataque amaritudine, una cum filio tuo hominem redemisti… Et
quis aestimare sufficiat, quas curas, quae onera, quantam penuriam,
afflictionem, molestiam, triginta tribus annis cum filio tuo pertuleris?
Enimvero, quidquid persecutionis et afflictionis a Iudaeis unicus tuus
perpessus est, id omne tu, eius piissima mater, sustinuisti.»
17 Revelationes S. BIRGITTAE: Sermo angelicus de excellentia B. M. V.,
quem ipse Angelus dictavit B. Birgittae, cap. 16, Coloniae Agrippinae,
1628, pag. 547, col. 1: «Congrue itaque haec Virgo nuncupari potest florens
rosa: nam sicut rosa crescere solet inter spinas, ita haec venerabilis Virgo in
hoc mundo crevit inter tribulationes. Et quemadmodum quanto rosa in crescendo
se plus dilatat, tanto fortior et acutior spina efficitur, ita et haec electissima
rosa Maria, quanto plus aetate crescebat, tanto fortiorum tribulationum spinis
acutius pungebatur.»
18
«Sic intelligendum est ac si diceret: quemadmodum mare super omnes alias aquas
et mole et amaritudine excellens est, ita tuae contritioni nulla calamitas
coaequari potest.» HUGO DE S. VICTORE (non già Hugo Cardinalis), Adnotationes in Threnos, II, 13. ML 175-291.
19 «Utique, pia Domina, non crediderim te
potuisse ullo pacto stimulos tanti cruciatus, quin vitam amitteres, sustinere,
nisi ipse Spiritus vitae, spiritus totius consolationis, Spiritus scilicet
dulcissimi tui Filii, pro quo moriente tantopere torquebaris, te confortaret.»
EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber
de excellentia Virginis Mariae, cap. 5. ML
159-567, inter Opera S.
Anselmi.
20 Parla S. Bernardino dell'amore che ha per Maria
anche l'ultimo dei beati; e dà le ragioni di questo amore. «(Est autem hoc)
secunda (leggi: secundo) ratione
compassionis. Talis nempe beatus aperte intelligit quod tota rationalis natura
non sustinuit, nec sustinere posset, tantum dolorem et poenam pro sua
redemptione, quantum sola sustinuit Mater Dei, considerata dilectione qua
Filium suum amavit... Tantus enim fuit dolor Virginis in morte Christi... quod,
si in omnes creaturas quae pati possunt divideretur, omnes subito interirent.»
S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro
festivit. B. M. V., Sermo 13, De
exaltatione B. Virginis in gloria, art. 2, cap. 2. Venetiis, 1745, IV, pag.
129, col. 2. - Ed. Veneta, 1591, I, 524, col. 1: Quadragesimale de christiana religione, sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., art.
3, cap. 2.
21
Et tuam ipsius animam pertransibit
gladius. Luc. II, 35.
22
«Questo mi ricordo che il dolce e buono Gesù manifestava una volta ad una serva
sua. Vedendo ella in lui la croce del desiderio e la croce del corpo, ella
dimandava: «Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del corpo,
o la pena del desiderio?» Egli rispondeva dolce e benignamente, e diceva:
«Figliuola mia, non dubitare: che io ti fo sicura di questo; che veruna
comparazione si può fare dalla cosa finita alla cosa infinita. Così ti pensa
che la pena del corpo mi fu finita; ma il santo desiderio non finisce mai. Però
io portai la croce del santo desiderio.» S. CATERINA DA SIENA, Lettere, ed. 3, a cura di Piero
Misciatelli, Siena, 1922, vol. I, Lettera XIV, pag. 63, 64. - Dei dolori poi
sofferti nell'anima da Maria, dice S. CATERINA, nell'Orazione XI «in Roma, il dì dell'Annunziazione della dolcissima
Vergine Maria, in astrazione,» Opere, IV,
Siena, 1707, pag. 352, col. 1: «O Maria Maria, tempio della Trinità... Maria
ricompratrice dell'umana generazione, perché sostenendo la carne tua in el
Verbo, fu ricomprato el mondo. Cristo ricomprò colla sua Passione, e tu col
dolore del corpo e della mente.»
23 «Nimirum in
tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in pectore Mariae, aliud in corpore
Christi. Christus carnem, Maria immolabat
animam.» ARNALDUS seu Ernaldus, Abbas
Bonaevallis in diocesi Carnotensi, De VII
verbis Domini in cruce, tract. 3. ML 189-1694.
24
«Doctores... dicunt ipsam consecutam fuisse aureolam martyrii, in persecutione
mortis Filii. B. Bernardus: «Longe plus martyrem censemus, in qua passionis
sensum compassionis superavit affectus.» Ioannes Damascenus etiam appellat eam
martyrem in passione Filii. Probatur autem sic: Dationi animae debetur aureola
martyrii; ergo dationi pretiosissimae animae et dilectissimae debetur
pretiosissima aureola martyrii. Sed pretiosissima Virgo Maria
dedit pretiosissimam et dilectissimam animam; ergo habebit pretiosissimam
aureolam. Medium probatur: dedit enim dilectissimam animam, id est vitam Filii.
Ipsa enim in infinitum plus dilexit animam, id est vitam Filii, quam B. Petrus
animam, id est vitam suipsius. Quod dedit pretiosissimam, patet, quia datio
huius animae, id est vitae Filii, fuit pretium totius mundi et redimibilis
creaturae; et sic dedit animam in infinitum plus dilectam; ergo et habet
pretiosissimam aureolam martyrii.» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 24, § 1. Veronae, 1740, IV,
col. 1098.
25
«Isti (filii) in se singuli sentiendo, illa (mater) videndo in omnibus passa
est. Facta mater septem martyrum, septies martyr: a filiis non separata
spectando, et filiis addita moriendo. Videbat omnes, amabat omnes. Ferebat in
oculis, quod in carne omnes.» S. AUGUSTINUS, Sermo 300, In solemnitate martyrum Machabaeorum, cap. 6, n. 6. ML 38-1379,
1380.
26 B. AMEDEUS,
Lausannensis episcopus, Homiliae, hom.
5, De mentis robore seu martyrio
Beatissimae Virginis. ML
188-1330.
27
«(Dopo la deposizionie dalla croce:) Clarissimum Passionis Christi speculum
effectum erat cor Virginis, necnon et perfecta mortis imago. In
illo agnoscebantur sputa, convicia, verbera, et Redemptoris vulnera... Iam
iuxta Simeonis vaticinium passionis gladius ipsius pertransierat animam. Iamque
cum exstincto Filii corpore spiritualiter exspiraverat.» S. LAURENTIUS
IUSTINIANUS, De triumphali agone
Mediatoris Christi, cap. 21. Opera, Lugduni,
1628, pag. 335, col. 1.
28 «Stabat iuxta crucem Iesu mater eius. O
Domina mea, ubi stabas? Numquid tantum iuxta crucem? Imo certe in cruce cum
Filio: ibi crucifixa eras secum. Sed hoc distat, quia ipse in corpore, tu autem
in corde. Necnon et eius vulnera per corpus eius dispersa, sunt in corde tuo
unita.» Stimulus amoris, pars 1, cap.
3, Meditatio compassiva in Parasceve
doloris quem tunc habuit B. V. Maria.Inter Op. S. Bonav., Lugduni (iuxta ed. Vaticanam et Mogunt.) 1668, VII,
pag. 196, col. 1, C.
29 Vedi la nota
precedente.
30
«Quid ergo est quod Dominus dicit, Is. LXIII, 3: Torcular calcavi solus, et de gentibus non est vir mecum? Verum
est, Domine, quod non est vir tecum: sed mulier una tecum est, quae omnia
vulnera quae tu suscepisti in corpore, suscepit in corde.» RICHARDUS A S.
LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 1, cap.
5, n. 4. Inter Opera S.
Alb. M., Lugduni, 1651, XX, pag. 22, col. 1; Paris., XXXVI, 39.
31 FLAVII IOSEPHI
IUDAEI, De imperio rationis libellus, ab
Erasmo recognitus, Martyrium Mahcabaeorum graphice describens.
Opera, Basileae, 1524, pag. 890 et
seq., pag. 904. «Interfectis parvulis, mater pie accensa, nec immerito, cum id
non solum humanus sensus habeat, sed immanibus quoque feris amoris ista
conditio sit, ut visis insidiis, parvulos saluti propriae praeponentes, alis
protegant, defendant morsu, ungue custodiant; et cum cuique sit resistendi
facultas, obviam ire hosti pro pullorum amore festinant... At haec zelosissima
mater... filios ante se perire festinavit... Matri in omnibus (filios) pares
dicam: in nullo ei postponendi... nisi quod illa immanitatem dolorum prae
oculis excepit: et dum in suis quoque torqueretur membris, similis vobis
(filiis) illi tolerantiae animus fuit. Hoc illa praestantior, quod septem
cruciatus, antequam cruciaretur, excepit: et in omnibus, ne superaretur extimuit.
Verum exemplum feminarum omnium, nescio an pepereris mulier parvulos tuos, an
creaveris, quos sereno vultu passa es in frusta secari: quod intrepida vidisti,
parum est: hortata es ut perirent... Et quamvis cum intestino in illorum
laceratione ferireris dolore, graviora quam olim parturiens tormenta sentires,
simulabas tamen laetitiam: et discusso vultus nubilo, inducebas speciem
triumphantis.» - «Saepe namque mater febri aestuantem filium videns, nihil non
doloris amplectatur, ut ex illo corpore aegritudinis ignem in se transferat:
ita nempe matres filiorum aerumnas propriis malis intolerabiliores existimant.
Quod si hoc verum est, ut est profecto verum, in suppliciis filiorum gravius
quam ipsi filii cruciabatur mater, maiusque in matre martyrium erat quam in
filiis.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, In sanctos
Maccabaeos et in matrem eorum, n. 2. MG 50-620.
32 «Quod hominum
genus ferre non posset, adiuta divino munere femina valuit sustinere. Vicit sexum, vicit hominem et passa est ultra humanitatem.
Torquebatur namque magis, quasi torqueretur ex se, quoniam supra se
incomparabiliter diligebat id unde dolebat.» B. AMEDEUS, Episc. Lausannen., Homiliae, hom. 5, De mentis robore seu martyrio Beatissimae Virginis. ML
188-1328.
33
«Neque enim praesentior spiritus noster est ubi animat, quam ubi amat.» S.
BERNARDUS, Liber de praecepto et
dispensatione, cap. 20, n. 60. ML 182-892.
34 «Tanta poena erat in membris, tanta
securitas in verbis, tamquam alius torqueretur, alius loqueretur.» S.
AUGUSTINUS, Sermo 275, In Natali martyris
Vincentii, n. 1. ML 38-1254.
35 «Comprehensus
igitur, ferreis ungulis excarnificatus est; cui etiam inter manuum ungues et
carnem acuti calami sunt infixi, plumbumque liquefactum in os eius infusum.
Quibus in cruciatibus ea vox tantum Bonifatii audiebatur: Gratias tibi ago,
Domine Iesu Christe, Fili Dei.» Officium S. Bonifatii martyris, die 14 maii, lectio 3.
36
BREVIARIUM ROMANUM, die 18 iunii, lectio 9: «Numquam tam iucunde epulati sumus,
quam haec libenter, Iesu Christi causa, perferimus, in cuius amore nunc fixi
esse coepimus.» - Acta Sanctorum
Bollandiana, Tom. 2, Parisiis et Romae, pag. 641, 642, Acta S. Sebastiani martyris, cap. 22, n. 84: «Tenentur post haec
Marcellianus et Marcus; et ambo ligati ad stipitem clavos in pedibus acutos
acceperunt; quibus dicebat insanissimus Fabianus: «Tamdiu fixis stabitis
plantis, quousque diis debitum redhibeatis officium.» Tunc ambo fratres in uno
ligno confixi psallebant dicentes: Ecce
quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum. Dicit eis Fabianus:
«Infelices et miseri, deponite amentiam vestram, et liberate vosmetipsos a
cruciatibus iminentibus super vos.» Cui respondentes ambo dixerunt:
«Numquam tam bene epulati sumus; modo coepimus esse fixi in amore Christi.
Utinam non sic esse sicut sumus tamsiu permittas, quamdiu huius tegimur
corporis indumento.» Cumque transisset una dies et una nox, et illi in psalmis
et hymnis perseverarent, iussit eos ambos ubi stabant lanceis per latera
verberari et ita per martyrii gloriam ad siderea regna migraverunt. Item
sepulti sunt et ipsi in via Appia, militario secundo ab Urbe, in loco qui
vocatur Ad arenas, quia cryptae arenarum illic erant, ex quibus Urbis moenia
struebantur.» - Viene riconosciuto che il redattore degli Acta S. Sebastiani, quali li abbiamo, volendo unire, «con un
vincolo probabilmente molto
artificiale (p. Allard)», vari
episodi, per altro veri, ne ha spostati alcuni. A ciò accennava già, con
benigna interpretazione, il Baronio
(Annales, ann. 286, n. 8). Può essere che i Santi Marco e Marcelliano
abbiano sofferto il martirio prima del tempo assegnato dagli Acta (cf. P. Allard, Storia critica delle persecuzioni, IV, cap. 6, § 1, pag.
338, 339). Ma il fatto e il modo del loro martirio sono pienamente accertati.
La loro cripta venne scoperta da Mgr. Wilpert, nel 1903, nel cimitero contiguo
a quello di S. Callisto.
37
Officium S. Laurentii martyris, lectio
6. Sermo sancti LEONIS
Papae, in Natali S. Laurentii, Sermo
85 (al. 83), cap. 4. ML 54-437.
38
SURIUS, De probatis Sanctorum historiis, Coloniae
Agrippinae, IV, die 10 augusti. Gesta...
illustrissimi martyris et Archilevitae Laurentii, pag. 614: «Valerianus
praefectus dixit: «Ubi sunt ignes quos tu diis minabaris?» Beatus Laurentius
ait: «O vestram insaniam! Infelices, non cognoscitis vestros carbones mihi non
ardorem adferre, sed refrigerium?» Omnes vero, qui illic aderant, mirabantur praecepisse
Decium ut vivus assaretur. At ille vultu elegantissimo dicebat: «Gratias ago
tibi, Domine Iesu Christe, quod me confortare dignatus es;» elevansque oculos
suos in Decium: «Ecce, miser, assasti unam partem: versa aliam, et manduca;»
gratiasque agens Deo, dixit: «Gratias ago tibi, Domine Iesu Christe, quod merui
ianuas tuas ingredi;» atque ita reddidit spiritum.» - Acta alia, ex Martyriologio
Adonis, inter Acta Sanctorum
Bollandiana, die 10 augusti, tom. XXXVI, augusti II, Parisiis et Romae,
1867, pag. 519, n. 11: «Sanctus Laurentius dixit: «Disce, miser, quanta est
virtus Dei mei. Nam carbones tui mihi refrigerium praestant, tibi aeternum
supplicium: quia ipse Dominus novit, quod accusatus, non negavi; interrogatus,
Christum confessus sum; assatus, gratias ago.» Et vultu pulcherrimo dicebat:
«Gratias tibi ago, Domine Iesu Christe, qui me confortare dignatus es.» Et
elevans oculos suos in Decium, dixit: «Ecce, miser, assasti unam partem: regyra
aliam, et manduca.» Gratias igitur agens et glorificans Deum, dixit: «Gratias
tibi ago, Domine Iesu Christe, quia ianuas tuas ingredi merui;» et emisit
spiritum.»
39
«Non enim occisus est cito, sed cruciatus est in igne; diu vivere permissus
est: imo non diu vivere permissus est, sed tarde mori compulsus est. In
illa ergo longa morte, in illis tormentis, quia bene manducaverat et bene
biberat, tamquam illa esca saginatus et illo calice ebrius, tormenta non
sensit.» S. AUGUSTINUS, In Ioannem, tractatus 27, n. 12. ML
35-1621.
40
Questi è certamente Philippus DIEZ,
Lusitanus, (altrove è detto di Salamanca), Ord. Min. de Observ. Non abbiamo rintracciato
questa sentenza, né nel suo Mariale, Venezia,
1608; né nelle sua Conciones
quadruplices, Venetiis, 1603, 4 vol. Egli termina quasi tutte le sue
prediche con domandare per sé e per gli uditori la gloria o felicità eterna,
«ad quam nos perducat Iesus Mariae
filius». Si ha pure di lui un'altra opera, che non abbiamo potuto
rinvenire: De festivitatibus B. Virginis
conciones 28, Venetiis, 1601.
41
«Dans les autres martyrs, dit saint Bernard, le grand amour qu'ils avaient pour
Dieu adoucissait la douleur que leur causaient leurs tourments; mais l'amour
extrême qu'avait la sainte Vierge pour son cher fils, faisait son martyre, et
comme elle a plus aimé Iésus- Christ que tous les saints ensemble, son martyre
a été plus amer et plus douloureux que le leur: «In aliis martyribus magnitudo
amoris dolorem lenivit passionis; sed beata Virgo quanto plus amavit, tanto
plus doluit, tantoque ipsius martyrium gravius fuit.» Jean CROISET, L'année
chrétienne ou Exercices de piété, contenant la vie de N.- S. Jésus-Christ... et
celle de la trés sainte Vierge Marie. La Vie de la très sainte Vierge, §
23. Lyon, 1819, pag. 465. - «Super haec martyrio (B. Virgo) decorata fuit.
Ipsius enim animam pertransivit gladius, non materialis, sed doloris. Quo
martyrio gravius passsa fuit quam ferro. Quanto enim incomparabiter amavit,
tanto vehementius doluit. Unde sicut non fuit amor sicut amor eius, ita nec
fuit dolor similis dolori eius. In martyribus magnitudo amoris dolorem lenivit
passionis: sed beata Virgo quanto plus amavit, tanto plus doluit, tantoque
ipsius martyrium gravius fuit; unde, quia plus omnibus dilexit, et iuxta
magnitudinem amoris erat vis doloris, gravius passa fuit mente quam martyres
carne.» RICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio
in Cantica Canticorum, cap. 26. ML 196-483, 484. - Però, S. BERNARDO
esprime una sentenza simile. Sermo in «Signum
magnum», n. 14, 15, ML 183-437, 438: «Tuam ergo (o beata Mater)
pertransivit animam vis doloris, ut plus quam martyrem non immerito
praedicamus, in quam nimirum corporeae sensum passionis excesserit compassionis
affectus... Ille etiam (Iesus) mori corpore potuit, ista commori corde non
potuit? Fecit illud caritas, qua maiorem nemo habuit; fecit et hoc caritas, cui
post illam similis altera non fuit.»
42
«Ut ait Ethicus: «Pulsus doloris est amor.» Ut scias quanta sit febris et
calor, tangis et tentas pulsum: ita, ut scias quantus fuerit dolor Christi et
Virginis, cogita quantus fuerit utriusque amor, tum mutuus, tum erga omnes
homines. Nam mensura et «ulna doloris amor.» Quantus amor, tantus dolor; et
vice versa, quantus dolor, tantus amor.» CORNELIUS A LAPIDE, Com. in Threnos Ieremiae, cap. 1, v. 12.
Comment. in Scripturam Sacram, Parisiis,
XII, 1860, pag. 361, col. 1.
43
«Ergo abysso abyssum invocante (Ps. XLI, 8), duae dilectiones in unam
convenerant, et ex duobus amoribus factus est amor unus, cum Virgo mater Filio
divinitatis amorem impenderet, et, in Deo, amorem nato exhiberet.» B. AMEDEUS,
Lausannen. episc., Homilia 5, De mentis
robore seu martyrio Beatissima Virginis. ML 188-1329.
44
DEL RIO, S. I., In Canticum Canticorum, Parisiis,
1604, cap. 2, sectio 2, § 4, pag. 71: «Pie namque creditur - verba haec sunt
GUILHELMI, - cum Deum corporaliter conciperet, tantam in se ipsa, de calore
supervenientis in se Spiritus Sancti, flammam pii amoris concepisse, quantam
capere poterat puri hominis modus.» - Tanto Guglielmo,
detto Parvus, Abbas Neobrigensis, quanto
Guglielmo, detto Alvernus ossia Parisiensis, hanno
scritto Commentarii sulla Cantica, rimasti inediti. Di uno
di loro il Del Rio riferisce ogni
tanto qualche passo: di quale dei due, non apparisce chiaramente; sembra però
che sia piuttosto del Neobrigensis.
45 «Non fuit talis filius, non fuit talis mater, non
fuit tanta caritas sicut inter matrem et filium, non fuit tam indigna mors, non
fuit dolor tantus. Sciebat siquidem mater qualis erat filius, unde conceptus,
et quomodo, et cetera huiusmodi. Et ideo quanto dilexit
tenerius, tanto vulnerata est profundius.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 3, § 12, n. 3. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651,
XX, pag. 95, col. 2.
46
S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super
«Missus», quaestio 78, n. 7, pag. 66, col. 2; Mariale, cap. 116, p. 368, col. 2: «Omnis dolor ex amore est...
Ergo, ubi improportionabilis amor, ibi improportionabilis dolor.» Conchiude il
Santo Dottore: «Ergo in infinitum maior erat dolor beatae Virginis quam dolor
aliorum (sanctorum in Passione Christi); ergo et eius maior erat (Mariale: erit) aureola (martyrii)
aliorum aureolis.»
47
«Nullus dolor amarior, - nam nulla proles carior.» Officium de Compassione B. M. V., Hymnus ad Vesperas. Inter Op. S. Bonav., ed. Lugdun., (iuxta ed.
Rom. et Mogunt.), VI, pag. 465, col. 1, B. - «Bonelli ponit illud (opusculum)
inter dubia; nos vero non dubitamus illud esse spurium.» Editores
Claraquenses, X, pag. 21, n. 10. «Plures
codices saeculi XIV inveniuntur.» Iidem, ibidem.
48 «Item quod non fuerit tam amarum
martyrium aliorum sanctorum, manifestissime patet. Non fuit talis filius, non fuit talis mater, non fuit
tanta caritas, sicut inter matrem et filium, non fuit tam indigna mors, non
fuit dolor tantus. Sciebat siquidem mater qualis erat Filius, unde conceptus,
et quomodo, et cetera huiusmodi. Et ideo quanto dilexit
tenerius, tanto vulnerta est profundius.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 3, § 12, n. 3. Inter Op. S. Alberti M., Lugduni, XX, 95, col.
2. - La nota di S. Alfonso «Lib. 3, de laud. Virg.» indica la sua intenzione di
citare Riccardo di S. Lorenzo, e non
già S. Lorenzo Giustiniani.
49 «S. Idelfonso, parlando dei dolori di
Maria, non dubitò di asserire che questi furono maggiori di tutti insieme i
tormenti di tutti i martiri: «Parum est Mariam in Passione Filii tot et tam
acerbos pertulisse dolores, ut omnium martyrum collective tormenta superaret.»
SINISCALCHI, S. I., Il martirio del Cuore
di Maria Addolorata, Considerazione 36, III. Venezia, 1784, pag. 249. -
«Haec Virgo gloriosa refulget, etiam super choros, ut cantatur, exaltata
angelicos, clarissima inter virgines, candidior inter martyres. Quia etsi illi
martyrio coronati dealbarunt stolas suas et candidas eas fecerunt in sanguine
Agni (Apoc. VII, 14), nihilominus haec beata et venerabilis Virgo candidior
digne praedicatur, eo quod etsi corpora martyrum pro Domino supplicia
pertulerunt, nihilominus haec admirabilis Virgo in anima passa, teste Domino,
comprobatur. Ait enim Simeon, vel Dominus
ad eam: Et tuam ipsius animam
pertransibit gladius (Luc. II, 35). Quod si gladius usque ad animam
pervenit, quando ad crucem stetit... etiam plus quam martyr fuit, quia in animo
non minus amoris quam maeroris est intus gladio vulnerata. Parata
enim stetit, si non deesset manus percussoris. Beata Dei Genitrix iure plus
quam mater est (al., e, a nostro
parere, meglio: plus quam martyr mater est); quae nimio amore vulnerata testis
exstitit Salvatoris, et pro maerore in animo (al. per maerorem in anima) cruciatum sustinuit passionis.» S. Hildefonsi, episcopi Toletani, Semones dubii, De Assumptione B. Mariae, sermo
II. ML 96-252.
50 L'ed. I e quella
del 1760: o pur niente; quella del
'76, come nel testo.
51 «Quidquid enim
crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit, aut potius nihil,
comparatione ipsius tuae passionis, quae nimirum sua immensitate transfixit
cuncta penetralia tui benignissimi cordis.» EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 5. ML
159-567, inter Opera S. Anselmi.
52 «Nam si de aliis sanctis Paulus asserit: Quibus dignus non erat mundus (Hebr. XI,
38): quid dicemus de Deipara, quae tanto super omnes martyres exsplenduit,
quanto stellas praefulgurat sol?» BASILIUS SELEUCIENSIS, Oratio 39, In SS. Deiparae Annuntiationem, n.
5. MG 85-442. - Qui propriamente, Basilio paragona Maria agli altri santi, non
quanto ai dolori, ma quanto alla dignità ed eccellenza assoluta, essendo ella
Madre di Dio ed avendoci dato Gesù Cristo.
53 «La piena di
questi dolori non solo doveva confarsi con le virtù di Maria e con la gloria
che l'aspettava su in cielo, ma doveva anche confarsi all'onore dovuto al suo
Figliuolo divino qui in terra. Imperocché, non era mai dovere che un Dio patisse,
e che non fosse insieme degnamente compatito. Ma chi poteva compatirlo
degnamente? Gli angeli in cielo potevano adorarlo, potevano ammirarlo, potevano
lodarlo, ma non potevano compatirlo. Gli uomini in terra, invece di compatirlo,
cagionavano e raddoppiavano i suoi tormenti. Ora, affinché non si vedesse
questa mostruosità, che solo le creature insensibili, la terra, gli elementi,
il sole, il cielo, avessero ad addolorarsi nella morte e nella Passione del
loro Creatore, scelse la Provvidenza il Cuore di Maria; ed in esso versò tanto
di duolo, che potesse giustamente compassionare la Passione tanto acerba
dell'Uomo Dio. Perciò, come la Vergine annunziata dall'Angelo diede in luogo di
tutti gli uomini il suo consenso per le nozze del Verbo eterno con l'umana
natura; all'istesso modo, appassionata sul Calvario, in luogo di tutti gli
uomini lo compatì.» Gio. Piero PINAMONTI,
S. I., Il Sacro Cuore di Maria Vergine,
considerazione 6, § 1 (verso la fine), Opere,
Parma, 1710, pag. 352, col. 1.
54 «Exinde Doctor
Seraphicus...: «O Domina, cur ivisti immolari pro nobis? Numquid non
sufficiebat Filii Passio nobis, nisi crucifigeretur et mater?» PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae: Ave Maria, excitatio
10, n. 9, Venetiis, 1720, pag. 449, col. 1. - Stimulus amoris, pars 1, cap. 3: inter Opera S. Bonav., Rom., Mog., Lugd., 1668, VII, 196, col. 1, C.
55 S.
ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super
«Missus», Quaestio 150, Responsio ad quaestiones 148, 149 et 150, pag. 105,
col. 1; Mariale, cap. 189, pag. 409,
col. 1: «Sicut totus mundus obligatur Deo per suam Passionem, ita et Dominae (Mariale: Dominus: sbaglio manifesto)
omnium per compassionem.»
56 I ediz.: dissi.
57 «Beata Agnes (non
già l'angelo) loquitur sponsae (Birgittae) dicens: «... Habuit insuper Maria
latitudinem excedentem, hoc est, misericordiam. Nam sic pia et misericors fuit
et est, quod maluit omnes tribulationes sufferre, quam quod animae non
redimerentur.» Revelationes S. BIRGITTAE,
lib. 3, cap. 30. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 165, col. 1 - Oratio IV, pag. 557, col. 2: «Et quamvis
Filium tuum cordialiter diligebas, maluisti tamen illam poenam amarissimam
sustinere, ut scilicet ipse pro animabus redimendis moreretur, quam quod, ipsis
perditis, mors illa ab eo evitaretur.»
58 «Et laetabatur
dolens, et laetabunda dolebat, quod offerebatur sacrificium vespertinum in
salvationem sui, et in redemptionem omnium nationum, quo placabatur iratus,
quia non pecoris, sed iusti sanguinis (leggi;
sanguis) immolabatur innoxius, et pretium solvebatur in illo ligno divinum, quo
genus liberabatur humanum.» B. SIMON DE CASSIA (beatificato nel 1833 da
Gregorio PP. XVI), De gestis Domini
Salvatoris in IV Evangelistas libri XV, lib. 2, De Virgine Maria, cap. 27. Coloniae Ubiorum, 1540, pag. 76, col.
1.
59
«Maria loquebatur: «... Ego plena fui tribulatione a nativitate Filii mei
usque ad mortem eius... Sed nunc respicio ad omnes qui in mundo sunt, si forte
aliqui compatiantur mihi et recogitent dolorem meum; et valde paucos invenio
qui cogitant tribulationem et dolorem meum. Ideo, filia mea, licet a multis oblita et neglecta sim,
tu tamen non obliviscaris me: vide dolorem meum, et imitare quantum potes.
Considera dolores meos, et lacrimas; et dole, quia amici Dei pauci sunt.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 2, cap.
24. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 115, col. 1.
60 Ritiratisi, fin
dal 1233, in una povera casa di campagna, e, l'anno seguente, nella solitudine
del Monte Senario, a menare vita austerissima, a ciò invitati da Maria SS.,
sette nobili e ricchi mercanti Fiorentini, nel 1239, la notte tra il Venerdì
Santo ed il Sabato Santo, ebbero, - se tutti insieme o ciascuno a parte, non
risulta chiaramente dagli antichi documenti - una nuova apparizione di Maria.
«Adsum, inquit, ego Dei Mater tot vestris precibus efflagitata. Vos mihi primum
in Servos elegi, ut sub hoc meo
nomine vineam Filii mei excolatis. Aspicite quali vos vestium genere indui
iubeo: habitus hic indicat suo atro colore, quem hodie in Unigeniti mei morte
sim passa maerorem. Vos igitur multicolores mundanarum vestium pro me aspernati
(già nel 1233 vestivano di grigio), haud difficile habebitis in posterum
huiusmodi indumenta gestare, quo referatis in veste quos passa fuerim dolores
in corde. Accipite et hanc Augustini Regulam, ut hoc aureo Servorum meorum
titulo insigniti, hanc quoque aeternae vitae palmam consequamini.» Era
accompagnata la celeste Regina da una moltitudine di angeli, «quorum alii
singula Passionis mysteria, alii proprius lugubres habitus, alius expansum
librum, titulum alius Servorum aureis radiis circumornatum cum palma in manibus
gestabat.» GIANIUS, Annales S. Ordinis
Fratrum Servorum B. M. V., I, Centuria prima, lib. 1, cap. 14, Lucae, 1719,
pag. 33, col. 1. - Cf. Officium SS. Septem
Fundatorum Ordinis Servorum B. M. V., die 12 februarii.
61 B. Veronica de Binasco, Virgo Monasterii
S. Marthae, Mediolani, sub Regula S. Augustini (+ 1497). - Isidorus de ISOLANIS, O. P., Vita,
lib. 1, cap. 9, n. 14, inter Acta SS.
Bollandiana, 13 ian. (Paris, V. Palmé, Ian. II, pag. 174): «Qua tempestate
rapi primum ad supernas delicias coepit, Christum Maximum audivit dicentem:
«Intellige, filia mea, lacrimas Passionis meae gratia ab meditantibus manantes
mihi quam gratissimas fore. At cum mei Genitricem coelorum Reginam inexcogitato
amore prosequar, gratior mihi est dolorum, quos in Passione mea perpessa est,
attenta meditatio.»
62 «Legitur nempe in
quibusdam revelationibus, et memini legisse me idipsum excerptum fore ex libro
revelationum sanctae Elisabeth, videlicet quod post Assumptionem beatae Mariae,
sactus Ioannes apostolus, cum esset anxius ex devotionis fervore beatam Mariam
in gloria caelesti videre, raptus in spiritu vice quadam vidit in spiritu
Dominum Iesum cum gloriosa sua Matre. Audivit quoque, quod ecce beata Virgo
loquebatur suo Filio Domino Iesu de doloribus quos Christus pertulit in cruce,
et de compassione quam ipsa Mater pro tunc sustinuit, et quomodo hic apostolus
Ioannes pro tunc affuit, etc. Petivit quoque beata Maria Filium, ut specialem
gratiam donare dignaretur omnibus, qui huius memoriam agerent devote. Et mox
Dominus Iesus promisit talibus quatuor praecipua dona gratiarum. Primo, quod
qui beatam Mariam per dictos dolores invocaret, veram poenitentiam de omnibus
peccatis agere mereretur ante mortem. Secundo, quod tales in adversis custodit,
praecipue in mortem. Tertio, quod memoriam Passionis imprimit mentibus eorum, et
in caelo praemium praestat. Quarto, quod talem concederet potestati beatae
Mariae, ut, quidquid vellet, cum eo homine faceret, atque omnia optata sibi
impetraret ad salutem.» PELBARTUS DE THEMESWAR, O. M., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 3, pars 3, art. 3,
Venetiis, 1586, fol. 76, col. 1. - Il P.
Livario OLIGER, Ord. Min., ci ha dato il testo completo della Revelationes B. Elisabeth, che
riguardano la vita di Maria SS., in una molto accurata Disquisitio critica, pubblicata dall'Antonianum, Anno I (1936), fasc. 1, pag. 24-83. Non vi si trova
nulla sul presente argomento. Vedi, su queste Rivelazioni, la nostra Appendice,
5, pag. 528 e seguenti. - HEROLT (Discipulus),
sermones de Tempore et de Sanctis, Venetiis, 1598.In fine: Promptuarium «Discipuli» de miraculis B. M.
V., Exemplum 12, pag. 7, riferisce una simile rivelazione: «Quidam sanctus
Pater in spiritu audivit Iesum Christum quaerentem a Matre misericordiae, qui
fuissent dolores sui maiores in mundo. Et
illa: «Quinque fuerunt maiores ceteris. Primus, cum Simeon te occidendum
prophetavit. Secundus fuit, cum te perdidi per triduum. Tertius, cum te captum
et ligatum audivi. Quartus, cum te crucifixum vidi. Quintus,
cum te vidi poni in sepulcro.» Cui Christus ait: «Qui me ad primum tuum dolorem
cum uno Pater noster et Ave Maria salutaverit, dabo ei
cognitionem et contritionem peccatorum. Si ad secundum idem fecerit, dabo ei
remissionem omnium peccatorum. Si ad tertum idem fecerit, virtutes, quas per
peccatum perdidit, dabo. Et ad quartum dabo ei donum gratiae, et cibabo eum
ante mortem corpore meo. Si ad quintum, apparebo ei in morte, et recipiam eum
in vitam aeternam.» -
63 La I ed. e quella
del 1760: tornasse.
64 I ed.: della mia salute.
65 Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 6, cap.
97, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 431, col. 1: «Quidam magnus dominus... qui
diu non fuerat confessus, graviter infirmabatur, etc... Tertio autem die iterum
veniens confessor ad infirmum, ex revelatione Christi sponsae facta, sic dixit
ei: «Christus Filius Dei vivi et diaboli Dominus, dicit tibi: Tu habes in te
septem daemonia. Unus
sedet in corde, ligans illud ne peccatis compungaris. Secundus
sedet in oculis, ne videat utiliora animae tuae. Tertius sedet in ore tuo, ne
loquaris ea quae sunt ad honorem Dei. Quartus
sedet in inferioribus tuis: ideo dilexisti omnem impuritatem. Quintus est in
manibus tuis et pedibus: ideo homines spoliare et interficere non verebaris.
Sextus est in interioribus tuis, et ideo gulae deditus es et ebrietati.
Septimus in anima tua, ubi Deus sedere deberet, et modo ibi sedet diabolus
inimicus eius. Ideo poenitere citius, qui adhuc Deus propitiabitur tibi. «Tunc
infirmus ille cum lacrimis respondit: «Quomodo mihi persuadere poteris veniam,
qui tot publicis sceleribus sum irretitus?» Respondit confessor: «Iuro tibi,
quia expertus sum, quod etiamsi maiora fecisses, per contritionem salvaberis.»
Tunc ille iterum cum lacrimis dixit: «Ego desperabam de salute animae meae,
quia homagium feci diabolo, qui mihi multoties locutus est: ideo iam
sexagenarius numquam feci confessionem, nec sumpsi corpus Christi, sed finxi
mihi negocia quando alii communicabant; iam vero confiteor tibi, Pater, quod
tales lacrimas quales nunc habeo, numquam recordor me habuisse.» Igitur illo
die quater confessus est, et sequenti die etiam post confessionem communicavit.
Post haec autem sexto die mortuus est, de quo Christus ad Sponsam sic
loquebatur dicens: «Iste homo servivit latroni illi, cuius periculum ostendi
tibi prius; et ab eo iam fugit diabolus, cui homagium fecerat; e hoc fuit
propter contritionem quam habuit, et iam venit ad purgatorium; et huius
liberationis signum est contritio quam habebat in fine. Sed potes quaerere:
quare meruit contritionem homo qui tantis sceleribus involutus erat? Respondeo
tibi: hoc fecit dilectio mea, qui usque ad ultimum punctum exspecto hominis
conversionem, et meritum Matris meae; nam licet iste homo non dilexit eam
corde, tamen quia consuetudo sua fuit compati dolori eius quoties eam
considerabat et audiebat nominari, ideo compendium salutis suae invenit, et
salvus erit.»
66 Fr.
IACOBUS Mediolanensis, Stimulus
amoris, cap. 15. Bibliotheca
Franciscana ascetica medii aevi, tom. 4, ad Claras Aquas, 1905,
pag. 80. - Inter Opera S. Bonaventurae, ed.
Lugdunen. (iuxta Vaticanam et Moguntinam), 1668, VII, pag. 196, col. 2, Stimulus amoris, pars 1, cap. 3.
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