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S. Alfonso Maria de Liguori
Glorie di Maria

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Parte seconda.

DISCORSI SULLE SETTE FESTE PRINCIPALI DI MARIA

DISCORSO I. - Dell'Immacolata Concezione di Maria.

Quanto convenne a tutte tre le divine Persone il preservar Maria dalla colpa originale.

Troppo fu grande la ruina che 'l maledetto peccato apportò ad Adamo ed a tutto il genere umano; mentreché perdendo egli allora miseramente la grazia, perdé insieme tutti gli altri beni di cui nel principio fu arricchito, e tirò sopra di sé e di tutti i suoi discendenti, coll'odio di Dio, il cumulo di tutti i mali. Ma da questa comune disgrazia volle Dio esimere quella Vergine benedetta, ch'egli avea destinata per madre del secondo Adamo Gesù Cristo, il quale dovea dar riparo al danno fatto dal primo.

Or vediamo quanto convenne a Dio e a tutte tre le divine Persone di preservar questa Vergine dalla colpa originale. Vedremo che convenne al Padre preservarnela come sua figlia, al Figlio come sua madre, allo Spirito Santo come sua sposa.

Punto I.

E in primo luogo convenne all'Eterno Padre far che Maria fosse immune della macchia originale perch'ella era sua figlia e figlia primogenita, com'ella stessa attestò:


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Ego ex ore Altissimi prodivi primogenita ante omnem creaturam (Eccli. XXIV, [5]); siccome già viene applicato questo passo a Maria da' sacri Interpreti, da' SS. Padri e dalla stessa Chiesa appunto nella solennità di sua Concezione. Poiché o sia ella primogenita in quanto fu predestinata insieme col Figlio ne' divini decreti prima di tutte le creature, come vuole la scuola de' Scotisti; o sia primogenita della grazia come predestinata per madre del Redentore dopo la previsione del peccato, secondo vuole la scuola de' Tomisti: tutti non però si accordano in chiamarla la primogenita di Dio. Il che essendo, ben fu conveniente che Maria non fosse mai stata schiava di Lucifero, ma solo e sempre posseduta dal suo Creatore, come già fu, secondo ella medesima dice: Dominus possedit me in initio viarum suarum (Eccli., loc. cit.)1 Onde con ragione fu Maria chiamata da Dionigi arcivescovo d'Alessandria: Una et sola filia vitae (Ep. contr. Pau. Samos.).2 Unica e sola figlia della vita, a differenza dell'altre che, nascendo in peccato, son figlie della morte.

In oltre ben convenne che l'Eterno Padre la creasse in sua grazia, poiché la destinò per riparatrice del mondo perduto, e mediatrice di pace tra gli uomini e Dio; come appunto la chiamano i SS. Padri e specialmente S. Giov. Damasceno, il quale così le dice: O Vergine benedetta, voi siete nata per servire alla salute di tutta la terra: In vitam prodiisti, ut orbis universi administram te praeberes (Or. 1, de Nat. Virg).3 Perciò dice S. Bernardo che Maria fu già figurata nell'arca di Noè; mentre siccome per quella furon liberati gli uomini dal diluvio, così per Maria noi siam salvati dal naufragio del peccato; ma colla differenza, che per mezzo dell'arca si salvarono pochi, per mezzo di Maria è stato liberato tutto il genere umano: Sicut per illam omnes evaserunt diluvium, sic per istam peccati naufragium. Per illam


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paucorum facta est liberatio, per istam humani generis salvatio (Serm. de B. Virg.).4 Ond'è che Maria da S. Atanasio chiamasi: Nova Heva, mater vitae (Or. de S. Deip.).5 Nuova Eva, perché la prima fu madre della morte, ma la SS. Vergine è madre della vita. S. Teofane vescovo di Nicea le dice: Salve, quae sustulisti tristitiam Hevae.6 S. Basilio la chiama paciera fra gli uomini e Dio: Ave, Dei hominumque sequestra constituta.7 S. Efrem la paciera di tutto il mondo: Ave, totius orbis conciliatrix.8

Or a chi tratta la pace, non certamente conviene ch'egli sia nemico dell'offeso, e tanto meno che sia complice dello stesso delitto. Dice S. Gregorio che a placare il giudice non può andarvi un suo nemico, altrimenti in vece di placarlo più lo sdegnerebbe.9 E perciò dovendo Maria esser la mezzana di


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pace degli uomini con Dio, ogni ragion volea che non comparisse ella ancora peccatrice e nemica di Dio, ma tutt'amica e monda dal peccato.

Di più convenne che Dio la preservasse dalla colpa originale, poiché la destinava a schiacciare la testa al serpente infernale, che col sedurre i primi progenitori recò la morte a tutti gli uomini, come già gli predisse il Signore: Inimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius: ipsa conteret caput tuum (Gen. III, 15). Or se Maria dovea esser la donna forte posta nel mondo a vincere Lucifero, al certo non conveniva ch'ella fosse prima da Lucifero vinta e fatta sua schiava: ma più presto fu ragionevole che fosse esente da ogni macchia e da ogni soggezione al nemico. Cercò il superbo, siccome avea già infettato col suo veleno tutto il genere umano, così anche d'infettare la purissima anima di questa Vergine. Ma sia sempre lodata la divina bontà, che la prevenne a questo fine con tanta grazia, che restando ella libera da ogni reato di colpa, così poté abbattere e confonder la sua superbia, come dice sant'Agostino o chi altro sia l'autor del commento nella Genesi: Cum peccati originalis caput sit diabolus, tale caput Maria contrivit, quia nulla peccati subiectio ingressum habuit in animam Virginis, et ideo ab omni macula immunis fuit (in cit. loc. Gen.).10 E più chiaramente S. Bonaventura:


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Congruum erat ut B. Virgo Maria, per quam aufertur nobis opprobrium, vinceret diabolum, ut nec ei succumberet ad modicum (In 3, dist. 3, art. 2, qu. 2).11

Ma sopra tutto convenne principalmente all'Eterno Padre che rendesse illesa questa sua figlia dal peccato di Adamo, perché la destinava per madre del suo Unigenito. Tu ante omnem creaturam in mente Dei praeordinata fuisti, ut Deum ipsum hominem procreares, parla S. Bernardino da Siena (Serm. 51, cap. 4).12 Se non per altro motivo dunque, almeno per onor del suo Figlio ch'era Dio, fu ragione che 'l Padre la creasse pura da ogni macchia. Dice S. Tommaso l'Angelico che tutte le cose che sono ordinate a Dio, debbono esser sante e monde da ogni lordura: Sanctitas illis rebus attribuitur quae in Deum sunt ordinatae (1 p., q. 36, art. 1).13 Che perciò Davide, designando il tempio di Gerosolima con quella magnificenza che si conveniva al Signore, dicea: Neque enim homini praeparatur habitatio, sed Deo (I Par. XXIX, 1). Or quanto più dobbiamo ragionevolmente credere che 'l sommo Fattore, destinando Maria per essere la madre del suo medesimo Figlio, la dovette adornare nell'anima di tutti i pregi più belli, acciocché fosse degna abitazione d'un Dio? Omnium artifex Deus - afferma il B. Dionigi Cartusiano - Filio suo dignum habitaculum fabricaturus, eam omnium gratificantium charismatum [plenitudine] adornavit


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(L. 2, de laud. Virg., art. 2).14 E la stessa S. Chiesa di ciò ne assicura attestando che Dio apparecchiò il corpo e l'anima della Vergine, per essere degno albergo in terra del suo Unigenito: Omnipotens sempiterne Deus, così prega la S. Chiesa, qui gloriosae Virginis et Matris Mariae corpus et animam, ut dignum Filii tui habitaculum effici meretur, Spiritu Sancto cooperante, praeparasti, etc.15

Si sa che 'l primo pregio de' figli è di nascere da padri nobili: Gloria filiorum patres eorum (Prov. XVII, 6). Ond'è che più si tollera nel mondo lo sfregio d'esser riputato scarso di beni e di dottrina, che vile di nascita; mentre il povero può farsi ricco colla sua industria, l'ignorante può farsi dotto collo studio, ma chi nasce vile difficilmente può giungere a diventare nobile; e se mai vi giungesse, sempre potrà rinfacciarglisi l'antica ed originaria sua macchia. Come dunque possiamo pensare che Dio, potendo far nascere il Figlio da una madre nobile, con preservarla dalla colpa, l'abbia voluto far nascere da una madre infetta dal peccato, permettendo che Lucifero avesse potuto sempre rinfacciargli l'obbrobrio d'esser nato da una madre sua schiava e nemica di Dio? No, che 'l Signore ciò non permise: ma ben provvide all'onor del suo Figlio con far che la sua madre fosse stata sempre immacolata, affinché fosse una madre qual si conveniva ad un tal Figlio. Così ci attesta la Chiesa greca: Providentia singulari perfecit, ut SS. Virgo ab ipso vitae suae principio tam omnino exsisteret pura, quam decebat illam quae Christo digna mater exsisteret (In Men., die 25 martii).16


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È assioma comune fra' Teologi, non essere stato mai conceduto alcun dono ad alcuna creatura, di cui non sia stata anche arricchita la B. Vergine. Ecco come parla S. Bernardo: Quod vel paucis mortalium constat esse collatum, fas certe non est suspicari tantae Virgini fuisse negatum (Epist. 174).17 E S. Tommaso da Villanova: Nihil umquam alicui sanctorum concessum est, quod a principio vitae cumulatius non praefulgeat in Maria (Serm. 2, de Ass.).18 Ed essendo vero che tra la Madre di Dio ed i servi di Dio vi è una distanza infinita, secondo il celebre detto di S. Giovanni Damasceno: Matris Dei et servorum Dei infinitum est discrimen (Or. 1 de Ass.);19 certamente dee supporsi, come insegna San Tommaso, che Dio abbia conferiti privilegi di grazia in ogni genere maggiori alla Madre che a' servi: Maiora in quovis genere privilegia gratiae deferenda sunt Matri Dei, quam servis (3 p., q. 27, art. 2).20 Or ciò supposto, ripiglia S. Anselmo, il gran difensore di Maria immacolata,


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e dice: Impotensne fuit sapientia Dei mundum habitaculum condere, remota omni labe conditionis humanae? (Serm. de Concept.): Forse non poté la divina Sapienza apparecchiare al suo Figlio un ospizio mondo, con preservarlo da ogni macchia del genere umano? Ha potuto già Dio - seguita a parlare S. Anselmo - conservare illesi gli angeli del cielo nella rovina di tanti, e non ha potuto poi preservar la Madre del Figlio, e la regina degli angeli dalla comune caduta degli uomini? Angelos, aliis peccantibus, a peccato reservavit; et Matrem ab aliorum peccatis exsortem servare non potuit? (Loc. cit.).21 Ha potuto Dio, io aggiungo, dar la grazia anche ad un'Eva di venir al mondo immacolata, e poi non ha potuto darla a Maria?

Ah no, che Dio ha potuto ben farlo e l'ha fatto; mentre con ogni ragione conveniva, come dice lo stesso S. Anselmo, che quella Vergine, che Dio disponea di dare per Madre all'unico suo Figlio, fosse adorna di una purità,22 che non solo avanzasse quella di tutti gli uomini e di tutti gli angeli, ma fosse la maggiore che può intendersi dopo Dio: Decens erat, ut ea puritate, qua maior sub Deo nequit intelligi, Virgo illa niteret, cui Deus Pater unicum sibi Filium dare disponebat (Dict. lib. de Conc.).23 E più chiaro S. Gio. Damasceno: Cum Virginis una cum corpore animam conservasset, ut eam decebat, quae Deum in sinu suo exceptura erat: sanctus enim ipse cum sit, in sanctis requiescit (Lib. 4, de fid. ort., c. 15).24 Sicché ben poté dire


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l'Eterno Padre a questa Figlia diletta: Sicut lilium inter spinas, sic amica mea inter filias (Cant. II, 2): Figlia, fra tutte le altre mie figlie tu sei come giglio tra le spine, giacché quelle sono tutte macchiate dal peccato, ma tu fosti sempre immacolata e sempre amica.

Punto II.

In secondo luogo convenne al Figlio di preservar Maria dalla colpa, come sua madre.

A tutti gli altri figli non si concede di potersi sceglier la madre secondo il lor piacere; ma se a taluno ciò mai si concedesse, chi sarebbe quello che potendo aver per madre una regina, la volesse schiava? potendo averla nobile, la volesse villana? potendo averla amica di Dio, la volesse nemica? Se dunque il solo Figliuolo di Dio poté eleggersi la madre conforme gli piaceva, ben dee tenersi per certo che se la scegliesse qual conveniva ad un Dio. Così parla S. Bernardo: Nascens de homine Factor hominum talem sibi debuit eligere matrem, qualem se decere sciebat (Hom. 3, sup. Miss.).25 Ed essendo ben decente ad un Dio purissimo l'avere una madre pura da ogni colpa, tale appunto se la fece, afferma S. Bernardino da Siena con quelle parole: Tertio fuit sanctificatio maternalis, et haec removet omnem culpam originalem. Haec fuit in B. Virgine: sane Deus talem tam nobilitate naturae, quam perfectione gratiae condidit matrem, qualem eum decebat habere suam matrem (Tom. 2, serm. 51, c. 1).26 Al che fa ciò che scrisse l'Apostolo: Talis enim decebat


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ut nobis esset pontifex sanctus, innocens, impollutus, segregatus a peccatoribus, etc. (Hebr. VII, [26]). Nota qui un dotto autore che secondo S. Paolo fu decente che 'l nostro Redentore non solo fosse segregato da' peccati, ma anche da' peccatori, conforme spiega S. Tommaso: Oportuit eum qui peccata venit tollere, esse segregatum a peccatoribus, quantum ad culpam cui Adam subiacuit (3 p., q. 4, art. 6).27 Ma come Gesù Cristo potea chiamarsi segregato da' peccatori, avendo una madre peccatrice?

Dice S. Ambrogio: Non de terra, sed de caelo vas sibi hoc, per quod descenderet, Christus elegit, et sacravit templum pudoris (De Inst. Virg., c. 5).28 Allude il santo al detto di S. Paolo: Primus homo de terra, terrenus: secundus homo de caelo, caelestis (I Cor. XV, [47]). S. Ambrogio chiama la divina Madre Vaso celeste, non perché Maria non fosse terrena per natura, come han sognato gli eretici; ma celeste per grazia, poich'ella fu superiore agli angeli del cielo in santità e purità, come si conveniva ad un re della gloria, che doveva abitar nel suo seno, secondo rivelò il Battista a santa Brigida: Non decuit regem gloriae iacere nisi in vase purissimo et electissimo, prae omnibus angelis et hominibus (Rev. l. I, c. 17).29


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Al che s'unisce quel che lo stesso Eterno Padre disse alla medesima santa: Maria fuit vas mundum et non mundum. Mundum, quia tota pulchra: sed non mundum, quia de peccatoribus nata est; licet sine peccato concepta, ut Filius meus de ea sine peccato nasceretur (Lib. V, c. 13).30 E notinsi queste ultime parole, cioè che Maria fu senza colpa conceputa, acciocché da lei senza colpa nascesse il divin Figlio. Non già che Gesù Cristo fosse stato capace di contrarre la colpa, ma affinché egli non avesse l'obbrobrio di avere una madre infetta dal peccato e schiava del demonio.

Dice lo Spirito Santo che l'onore del padre è la gloria del figlio, e 'l disonore del padre è l'obbrobrio del figlio: Gloria enim hominis est honor patris sui, et dedecus filii pater sine honore (Eccli. III, 13).31 Che però dice S. Agostino (Serm. de Ass. B.V.) che Gesù preservò il corpo di Maria dal corrompersi dopo la morte, poiché ridondava in suo disonore che fosse guasta dalla putredine quella carne verginale di cui egli s'era già vestito: Putredo namque humanae est opprobrium conditionis, a quo cum Iesus sit alienus, natura Mariae excipitur; caro enim Iesu caro Mariae est (Serm. de Ass. B.V.).32 Or se


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sarebbe stato obbrobrio di Gesù Cristo nascere da una madre che avesse avuto un corpo soggetto alla putredine della carne, quanto più il nascere da una madre che avesse avuta l'anima infetta dalla putredine del peccato? Oltrechè, essendo vero che la carne di Gesù è la stessa che quella di Maria, in tal maniera - come soggiunge ivi lo stesso santo - che la carne del Salvatore anche dopo la sua risurrezione è restata la stessa ch'egli prese dalla Madre: Caro Christi caro est Mariae, et quamvis gloria resurrectionis fuerit glorificata, eadem tamen mansit quae de Maria sumpta est (Loc. cit.).33 Onde disse S. Arnoldo Carnotense: Una est Mariae et Christi caro; atque adeo Filii gloriam cum Matre non tam communem iudico, quam eamdem (De laud. Virg.).34 Or essendo ciò vero, se mai la B. Vergine fosse stata conceputa in peccato, benché il Figlio non ne avrebbe contratta la macchia del peccato, nulladimeno sempre gli sarebbe stata una certa macchia l'aver seco unita la carne un tempo infetta dalla colpa, vaso d'immondizia, e soggetta a Lucifero.

Maria non solo fu madre, ma degna madre del Salvatore. Così la chiamano tutti i Santi Padri. S. Bernardo: Tu sola inventa es digna, ut in tua virginali aula Rex regum primam sibi mansionem eligeret (In depr. ad Virg.).35 S. Tommaso da Villanova: Antequam conciperet, iam idonea erat, ut esset Mater


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Dei (Serm. 3, de Nat. Virg.).36 La stessa S. Chiesa ci attesta che la Vergine meritò d'esser madre di Gesù Cristo: B. Virgo, cuius viscera meruerunt portare Christum Dominum (Resp. 1, noct. 2, in Nat. Mar.). Il che spiegando S. Tommaso d'Aquino, dice: B. Virgo dicitur meruisse portare Dominum omnium, non quia meruit ipsum incarnari, sed quia meruit ex gratia sibi data illum puritatis et sanctitatis gradum, ut congrue posset esse Mater Dei (3 p., q. 2, a. 11, ad 3).37 Dice dunque l'Angelico che Maria non già poté meritare l'incarnazione del Verbo, ma colla divina grazia meritò tal perfezione, che la rendesse degna Madre d'un Dio, secondo quel che ne scrisse anche S. Pier Damiani: Singularis eius sanctitas ex gratia hoc promeruit, quod susceptione Dei singulariter iudicata est digna (De Ass., serm. 2).38

Or ciò supposto che Maria fu degna Madre di Dio, quale eccellenza mai, dice S. Tommaso da Villanova, e qual perfezione a lei non si convenne? Quae autem excellentia, quae perfectio decuit eam, ut esset Mater Dei? (Serm. 3, de Nat. Virg.)39

Insegna lo stesso dottore Angelico che quando Dio elegge taluno a qualche dignità, lo rende ancora idoneo a quella; onde dice che Dio avendo eletta Maria per sua madre, certamente ne la rendette ancora degna colla sua grazia: Beata autem Virgo fuit electa divinitus ut esset Mater Dei; et ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc


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idoneam reddiderit iuxta illud: Invenisti gratiam apud Dominum: Ecce concipies, etc. Luc. I (3 p., q. 27, a. 4). E da ciò ricava il santo che la Vergine non commise mai alcun peccato attuale, neppur veniale; altrimenti, dice, ella non sarebbe stata degna Madre di Gesù Cristo, poiché l'ignominia della Madre sarebbe stata anche del Figlio, avendo una peccatrice per madre: Non fuisset idonea Mater Dei, si peccasset aliquando, quia ignominia matris ad Filium redundasset (Loc. cit.).40 Or se Maria, peccando con un sol veniale, che non priva già l'anima della divina grazia, non sarebbe stata Madre idonea di Dio; quanto più se Maria fosse stata rea della colpa originale, la quale l'avrebbe renduta nemica di Dio e schiava del demonio? Che perciò S. Agostino disse in quella sua celebre sentenza che parlando di Maria non volea far parola di peccati, per onore di quel Signore ch'ella meritò per Figlio e per cui ebbe la grazia di vincere il peccato per ogni parte: Excepta itaque S. Virgine Maria, de qua propter honorem Domini nullam prorsus, cum de peccatis agitur, habere volo quaestionem. Unde enim scimus quod ei plus gratiae collatum fuerit ad vincendum ex omni parte peccatum, quae concipere et parere meruit eum, quem constat nullum habuisse peccatum (De Nat. et grat. contr. Pel., t. 7, c. 36).41


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Sicché dobbiamo tener per certo che 'l Verbo Incarnato si elesse la madre quale gli conveniva, e di cui non se ne avesse a vergognare, come parla S. Pier Damiani: Christus talem matrem sibi elegit, quam meruit habere, de qua non erubesceret.42 E parimente S. Proclo: Intra viscera, quae citra ullam sui dedecoris notam creaverat, habitavit (Or. de Nat. Dom.).43 Non fu già d'obbrobrio a Gesù il sentirsi chiamar dagli Ebrei figlio di Maria per disprezzo, come figlio di una povera donna: Nonne mater eius dicitur Maria? (Matth. XIII, 55), mentr'egli venne in terra a dar esempi d'umiltà e di pazienza. Ma senza dubbio all'incontro gli sarebbe stato d'obbrobrio, se da' demoni avesse potuto sentirsi dire: Nonne mater eius exstitit peccatrix? E che forse egli non è nato da una madre peccatrice ed un tempo nostra schiava? Anche indecenza sarebbe stata il nascere Gesù Cristo da una donna deforme e storpiata di corpo, o pure nel corpo invasata da' demoni. Ma quanto più poi il nascere da una donna deforme un tempo nell'anima, e nell'anima invasata da Lucifero?

Ah che questo Dio ch'è la stessa Sapienza ben seppe fabbricarsi in terra quale gli si conveniva quella casa dove doveva abitare: Sapientia aedificavit sibi domum (Prov. IV, 1). Sanctificavit tabernaculum suum Altissimus... Adiuvabit eam Deus mane diluculo (Ps. XLV, [5, 6]). Il Signore, dice Davide, santificò questa sua abitazione mane diluculo, cioè dal principio di sua via, per renderla degna di sé; poiché ad un Dio santo non conveniva eleggersi una casa che non fosse santa: Domum tuam decet sanctitudo (Ps. XCII, [5]). E se egli si protesta che non entrerà mai ad abitare in un'anima di mala volontà e in un corpo soggetto a' peccati: In malevolam animam non introibit sapientia, nec habitabit in corpore subdito peccatis (Sap. I, [4]); come mai possiamo pensare che il Figlio di Dio abbia eletto d'abitare nell'anima e nel corpo


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di Maria, senza prima santificarla e preservarla da ogni sozzura di peccato; giacché, siccome insegna S. Tommaso, il Verbo Eterno abitò non solo nell'anima, ma anche nell'utero di Maria: Dei Filius in ipsa habitavit, non solum in anima, sed etiam in utero (3 p., q. 27, a. 4).44 - Canta la S. Chiesa: Signore, voi non avete avuto orrore di abitare nell'utero della Vergine: Non horruisti Virginis uterum.45 Sì, perché un Dio avrebbe avuto orrore d'incarnarsi nel seno di una Agnese, d'una Geltrude, d'una Teresa; poiché queste vergini, benché sante, furono non pertanto un tempo macchiate dal peccato originale; ma non ebbe poi orrore di farsi uomo nel seno di Maria, perché questa Vergine prediletta fu sempre pura da ogni neo di colpa e non mai posseduta dal nemico serpente. Onde scrisse S. Agostino: Nullam digniorem domum sibi Filius Dei aedificavit, quam Mariam, quae numquam fuit ab hostibus capta, neque suis ornamentis spoliata.46

All'incontro, dice S. Cirillo Alessandrino, chi mai ha inteso che un architetto s'abbia per suo uso fabbricata una casa, e poi n'abbia conceduto il primo possesso al principal suo nemico? Quis umquam audivit architectum qui sibi domum aedificavit, eius occupationem et possessionem primo suo inimico cessisse? (In Conc. Eph., n. 6).47 Sì, perché quel Signore, ripiglia S. Metodio, che ci ha dato il precetto d'onorare i genitori, non ha voluto egli, facendosi uomo come noi, lasciar di osservarlo, con dare alla sua Madre ogni grazia ed onore: Qui dixit, honora patrem et matrem, ut decretum a se promulgatum servaret, omnem Matri gratiam et honorem impendit (Or. in Hypap.).48 Perciò dice sant'Agostino che dee certamente


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credersi che Gesù Cristo abbia preservato dalla corruzione il corpo di Maria dopo la morte, come di sopra si è detto, giacché, se egli non l'avesse fatto, non avrebbe osservata la legge, la quale sicut honorem matris praecipit, ita inhonorationem damnat (Serm. de Ass. B.V.).49 Or quanto meno avrebbe atteso Gesù all'onor di sua Madre, se non l'avesse preservata dalla colpa di Adamo? Ben peccherebbe quel figlio, dice il P. Tommaso d'Argentina agostiniano, che potendo preservar la madre dal peccato originale, non lo facesse; or quello che sarebbe a noi peccato - dice il suddetto autore - dee credersi non essere stato decente al Figlio di Dio, che potendo render la Madre immacolata, non l'abbia fatto.50 Ah no, soggiunge il Gersone: Cum tu summus princeps velis habere Matrem, illi certe debebis honorem. Nunc autem appareret illam legem non bene adimpleri, si in abominationem peccati originalis permitteres illam quae esse debet habitaculum totius puritatis (Serm. de Conc. B. Mar.).51

In oltre si sa che 'l divin Figlio venne al mondo più per redimer Maria, che tutti gli altri uomini, come scrisse S. Bernardino il Senese: Christus plus pro redimenda Virgine venit,


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quam pro omni alia creatura.52 Ed essendoché vi son due modi di redimere, come insegna S. Agostino:53 uno con sollevare il già caduto, l'altro con prevedere che quegli non cada: Duplex est redimendi modus, unus redimendo lapsum, alter redimendo non lapsum, ne cadat. E senza dubbio questo è il modo più nobile: Nobilius redimitur cui providetur ne cadat, quam ut lapsus erigatur (S. Anton.),54 perché in tal modo si evita anche quel danno o quella macchia che sempre ne contrae l'anima dalla caduta fatta. Quindi in tal più nobile modo, qual si conveniva alla Madre d'un Dio, dee credersi che fu redenta Maria, come parla S. Bonaventura: Credendum est enim quod novo sanctificationis genere in eius conceptionis primordio Spiritus Sanctus eam a peccato originali - non quod infuit, sed quod infuisset - redemit, atque singulari


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gratia praeservavit (Serm. 2, de Ass.).55 Questo sermone prova esser veramente del S. Dottore, Frassen (Scot. Acad., to. 8, a. 3, sect. 3, q. 1, § 5).56 Sul che elegantemente scrisse il cardinal Cusano: Alii liberatorem, Virgo sancta praeliberatorem habuit:57 Altri hanno avuto il Redentore, che gli ha liberati dal peccato già contratto; ma la Santa Vergine ebbe il Redentore, perché figlio, che la liberò dal contrarre il peccato.

In somma per conclusione di questo punto, dice Ugone di S. Vittore che dal frutto si conosce l'albero. Se l'Agnello fu sempre immacolato, sempre immacolata dovette essere ancora la Madre: Talis Agnus, qualis mater Agni; quoniam omnis arbor ex fructu suo cognoscitur (Coll. 3, de Verb. Inc.).58 Onde questo medesimo Dottore salutava Maria chiamandola: O digna digni: O degna madre d'un degno figlio; e volea dire che non altri che Maria era degna madre d'un tal Figlio, e non altri che Gesù era degno figlio d'una tal Madre: O digna digni - e siegue a dire - formosa pulchri, excelsa Altissimi, Mater


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Dei (Hug. de S. Vict., serm. de Ass.).59 Lattate dunque - diciamole con S. Idelfonso - lattate, o Maria, il vostro Creatore; lattate colui che vi fece, e tal vi fece pura e perfetta, che meritaste ch'egli da voi prendesse l'essere umano: Lacta o Maria, Creatorem tuum, lacta eum qui te fecit, et qui talem fecit te, ut ipse fieret ex te (Serm. de Nat. Virg.).60

Punto III.

Se dunque al Padre convenne preservar Maria dal peccato come sua figlia, ed al Figlio come sua madre, benanche allo Spirito Santo convenne preservarla come sua sposa.

Maria, dice S. Agostino, fu quella sola che meritò d'esser chiamata madre e sposa di Dio: Haec est quae sola meruit mater et sponsa vocari (Serm. de Ass.).61 Poiché asserisce S. Anselmo che 'l Divino Spirito venne già corporalmente in Maria, ed arricchendola di grazia sopra tutte le creature, in lei riposò e fe' regina del cielo e della terra la sua sposa: Ipse Spiritus Dei, ipse amor Patris et Filii corporaliter venit in eam, singularique gratia prae omnibus in ipsa requievit, et reginam caeli et terrae fecit sponsam suam (De Ex. Virg., c. 4).62 Dice che venne in lei corporalmente in quanto all'effetto, poiché venne a formar dal suo corpo immacolato l'immacolato corpo di Gesù Cristo, siccome già l'Arcangelo le predisse: Spiritus Sanctus superveniet in te (Luc. I, [35]). Che


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perciò, dice S. Tommaso, chiamasi Maria tempio del Signore, sacrario dello Spirito Santo, perché per opera dello Spirito Santo fu fatta madre del Verbo Incarnato: Unde dicitur templum Domini, sacrarium Spiritus Sancti, quia concepit ex Spiritu Sancto (Opusc. 8).63

Or se un eccellente pittore avesse mai a sortir la sua sposa bella o deforme, qual egli medesimo se la dipingesse, qual diligenza ei mai non porrebbe a farla quanto più bella potesse? Chi dunque può dire che lo Spirito Santo abbia operato altrimenti con Maria, che, potendo egli stesso farsi questa sua sposa tutta bella quale gli conveniva, non l'abbia fatto? No, che così gli convenne e così ha fatto, come attestò il medesimo Signore, quando lodando Maria le disse: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te (Cant. IV, 7). Le quali parole dicono S. Idelfonso64 e S. Tommaso65 che propriamente di Maria s'intendono, come riferisce Cornelio a Lapide sul detto passo;66 e S. Bernardino da Siena (To. 2, serm. 52)67 con


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S. Lorenzo Giustiniani (Serm. de Nat. Virg.)68 asseriscono che s'intendono le parole citate precisamente della sua immacolata Concezione; onde l'Idiota le dice: Tota pulchra es, Virgo gloriosissima, non in parte, sed in toto; et macula peccati sive mortalis, sive venialis, sive originalis, non est in te (In Contempl. B.V., c. 3).69

Lo stesso significò lo Spirito Santo, quando chiamò questa sua sposa orto chiuso e fonte segnato: Hortus conclusus, soror mea sponsa, hortus conclusus, fons signatus (Cant. IV, 12). Maria appunto, dice S. Girolamo, fu quest'orto chiuso e fonte suggellato; poiché in lei non entrarono mai i nemici ad offenderla, ma sempre ella ne fu illesa, restando santa nell'anima e nel corpo: Haec est hortus conclusus, fons signatus, ad quam nulli potuerunt doli irrumpere, nec praevalere fraus inimici; sed permansit sancta mente et corpore. Così S. Girolamo (Ep. 10, ad Eust., de Ass.).70 E similmente S. Bernardo disse, parlando colla B. Vergine: Hortus conclusus tu es, quem ad deflorandum manus peccatorum numquam introivit (V. in loc. cit. Cant. 4).71


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Sappiamo che questo divino Sposo amò più Maria che tutti gli altri santi ed angeli insieme uniti, come asserisce il P. Suarez72 con S. Lorenzo Giustiniani ed altri.73 Egli sin dal principio l'amò e l'esaltò nella santità sopra di tutti, com'espresse Davide: Fundamenta eius in montibus sanctis; diligit Dominus portas Sion super omnia tabernacula Iacob... Homo natus est in ea, et ipse fundavit eam altissimus (Ps. LXXXVI, [1, 2, 5]). Parole che tutte significano che Maria fu santa sin dalla sua Concezione. Lo stesso significa ciò che le disse il medesimo Spirito Santo in altri luoghi. Multae filiae congregaverunt divitias, tu supergressa es universas (Prov. XXXI, [29]). Se Maria ha superati tutti in ricchezze della grazia, dunque ha avuto ancora la giustizia originale, come l'ebbero Adamo e gli angeli. Adolescentularum non est numerus: una est columba mea, perfecta mea - l'ebreo legge, integra, immaculata mea - una est matris suae (Cant. VI, [7, 8]).74 Tutte l'anime giuste son figlie della divina grazia, ma fra queste Maria fu la colomba senza fiele di colpa, la perfetta senza macchia d'origine, l'una conceputa in grazia.

Quindi è che l'angelo, prima ch'ella fosse Madre di Dio, già la trovò piena di grazia e così la salutò: Ave, gratia plena. Sulle quali parole scrisse Sofronio che agli altri santi la grazia si in parte, ma alla Vergine fu data tutta: Bene gratia plena dicitur, quia ceteris per partes praestatur, Mariae vero simul se tota infudit plenitudo gratiae (Serm. de Ass. B.V.).75 Talmenteché dice S. Tommaso che la grazia non solo fe' santa l'anima, ma benanche la carne di Maria, acciocché di quella avesse indi potuto la Vergine vestirne il Verbo Eterno: Anima


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ma B. Virginis ita fuit plena, quod ex ea refudit gratiam in carnem, ut de ipsa conciperet Deum (Opusc. 8).76 Or tutto ciò conduce ad intendere che Maria sin dalla sua concezione dallo Spirito Santo fu fatta ricca e piena della divina grazia, come argomenta Pietro Cellense: Simul in ea collecta est gratiae plenitudo, quia ab exordio suae conceptionis aspersione Spiritus Sancti tota deitatis gratia est superfusa (Lib. de Panib., c. 10).77 Onde dice S. Pier Damiani: A Deo electam et praeelectam totam eam rapturus erat sibi Spiritus Sanctus (Serm. de Ann.).78 Rapturus, per ispiegare il santo la velocità del Divino Spirito in prevenire e far sua questa sposa, prima che Lucifero la possedesse.

Voglio finalmente chiudere questo discorso, in cui mi son diffuso più che negli altri, per ragione che la nostra minima Congregazione ha per sua principal protettrice la SS. Vergine Maria appunto sotto questo titolo della sua Immacolata Concezione: voglio, dico, finire con dichiarare in breve quali siano i motivi che mi fan certo, ed a mio parere dovrebbero far certo ognuno di questa sentenza così pia e di tanta gloria della divina Madre, ch'ella sia stata immune dalla colpa originale.

Vi sono molti Dottori ch'anzi difendono che Maria sia stata esente dal contrarre anche il debito del peccato; come sono il cardinal Galatino (De arca, l. 7, c. 18), il cardinal Cusano (Lib. 8, exercit. 8), De Ponte (L. 2, Cant., ex. 10), Salazar (De V. Conc., c. 7, § 7), il Caterino (De pecc. orig., c. ult.), il Novarino (Umbra Virg., c. 10, exc. 28), Viva (P. 8, d. 1, q. 2, a. 3), De Lugo,


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Egidio, Richelio, ed altri.79 Or questa opinione è ben ella probabile; poiché, s'è vero che nella volontà di Adamo come capo degli uomini furono incluse le volontà di tutti, secondo probabilmente tengono Gonet (Man., to. 3, tr. 5, c. 6, § 2), Habert (T. 3, de pecc., c. 7),80 ed altri, fondati sul testo di S. Paolo: Omnes in Adam peccaverunt (Rom. V);81 se ciò dunque è probabile, probabile benanche è che Maria non abbia contratto il debito del peccato: mentre avendola Dio molto distinta nella grazia dal comune degli uomini, dee piamente credersi che nella volontà di Adamo non abbia inclusa quella di Maria.

Questa opinione è solamente probabile, ed a questa io aderisco come più gloriosa per la Signora mia. Ma poi tengo per certa la sentenza che Maria non ha contratto il peccato di Adamo; siccome la tengono per certa, anzi per prossimamente definibile di fede, come la chiamano il cardinale Everardo (In exam. theol.), Duvallio (I-II, qu. 2, de pecc.), Rainaldo (Piet. Lugd., n. 29), Lossada (Disc. Th. de Imm. Conc.), Viva (Qu. Prod. ad Trut.), ed altri molti.82 Lascio pertanto le


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rivelazioni che confermano la suddetta sentenza, specialmente quelle fatte a S. Brigida, approvate già dal cardinale Torrecremata e da quattro Sommi Pontefici, come si legge nel libro sesto di dette rivelazioni in più luoghi (al cap. 12, 49 e 55);83 ma a patto veruno lasciar non posso di notar qui le sentenze de' SS. Padri su questo punto, per dimostrare quanto essi sono stati uniformi in accordar tale privilegio alla divina Madre. S. Ambrogio dice: Suscipe me non ex Sara, sed ex Maria, ut incorrupta sit virgo, sed virgo per gratiam ab omni integra labe peccati (Serm. 22, in Ps. 118).84 Origene parlando di Maria dice: Nec serpentis venenosis afflatibus infecta est (Hom. I).85 S. Efrem: Immaculata, et ab omni peccati labe alienissima (Tom. 5, or. ad Dei Gen.).86 S. Agostino sulle parole dell'Angelo, Ave, gratia plena, scrisse: Quibus ostendit ex integro - nota ex integro - iram primae sententiae exclusam, et plenam benedictionis gratiam restitutam (Serm. 11, in Nat. Dom.).87 S. Girolamo: Nubes illa non fuit in tenebris, semper in luce (In Ps. 77).88 S. Cipriano o chi altro ne sia l'autore:


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Nec sustinebat iustitia, ut illud vas electionis communibus laxaretur iniuriis, quoniam plurimum a ceteris distans natura communicabat, non culpa (Lib. de card. Chr. oper., de Nat.).89 Sant'Anfilochio: Qui antiquam virginem sine probro condidit, ipse et secundam sine nota et crimine fabricatus est (Tr. de Deip.).90 Sofronio: Virginem ideo dici immaculatam, quia in nullo corrupta est (In. Ep., ap. 6 Syn., t. 3, p. 307).91 S. Idelfonso: Constat eam ab originali peccato fuisse immunem (Contr. Disp. de Virg. Mar.).92 S. Gio. Damasceno: Ad hunc paradisum serpens aditum non habuit (Or. 2, de Nat. Mar.).93 S. Pier Damiani: Caro Virginis ex Adam sumpta maculas Adam non admisit (Serm. de Ass. V.).94 S. Brunone: Haec est incorrupta


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terra illa, cui benedixit Dominus: ab omni propterea peccati contagione libera (In Ps. 101). 95 S. Bonaventura: Domina nostra fuit plena gratia praeveniente in sua sanctificatione, gratia scilicet praeservativa contra foeditatem originalis culpae (Serm. 2, de Assumpt.).96 S. Bernardino da Siena: Non enim credendum est quod ipse Filius Dei voluerit nasci ex Virgine et sumere eius carnem quae esset maculata aliquo originali peccato (Tom. 3, serm. 49).97 San Lorenzo Giustiniani:


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Ab ipsa conceptione fuit in benedictionibus praeventa (Serm. de Ann.).98 L'Idiota su quelle parole, Invenisti gratiam, dice: Gratiam singularem, o dulcissima Virgo, invenisti, quia fuerunt in te ab originali labe praeservatio, etc. (Cap. 6).99 E lo stesso dicono tanti altri Dottori.

Ma i motivi che finalmente della verità di questa pia sentenza assicurano son due. Il primo si è il consentimento universale su questo punto de' fedeli. Attesta il P. Egidio della Presentazione (De praes. Virg., q. 6, a. 4) che tutti gli Ordini religiosi seguitano la detta sentenza;100 e dello stesso Ordine di S. Domenico, dice un moderno autore, benché siano 92 scrittori per la contraria, nulladimeno 136 sono per la nostra.101 Ma sopra tutto dee persuaderci che la nostra pia sentenza sia conforme al comun sentimento de' Cattolici, ciò che ne attesta il Papa Alessandro VII nella sua celebre bolla, Sollicitudo omnium ecclesiarum, uscita sin dall'anno 1661, in cui si dice: Aucta rursus et propagata fuit pietas haec et cultus erga Deiparam... ita ut, accedentibus Academiis ad hanc sententiam


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- cioè alla pia - iam fere omnes Catholici eam complectantur.102 Ed in fatti questa sentenza è difesa dalle accademie della Sorbona, di Alcalà, di Salamanca, di Coimbra, di Colonia, di Magonza, di Napoli, e da altre molte, in cui ciascun laureato si obbliga con giuramento alla difesa di Maria Immacolata. Di questo argomento, cioè del comun senso de' fedeli, sopra tutto s'avvale a provarla il dotto Petavio (Tom. 5, p. 2, l. 14, c. 2, n. 10);103 il quale argomento, scrive il dottissimo vescovo D. Giulio Torni (In adn. ad Aest., l. 2, dist. 3, § 2) che non può non convincere, mentre in verità, se non altro che 'l comun consentimento de' fedeli ci rende certi della santificazione di Maria nell'utero, e della sua Assunzione in cielo in anima e corpo; perché poi questo stesso comun sentimento de' fedeli non ci ha da render certi della sua Concezione immacolata?104

L'altro motivo più forte del primo, che ne fa certi dell'esenzione della Vergine dalla macchia originale, è la celebrazione ordinata dalla Chiesa universale della sua Concezione immacolata. E circa di ciò io vedo da una parte che la Chiesa celebra il primo istante, quando fu creata la di lei anima ed infusa al corpo, come dichiara Alessandro VII nella


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bolla mentovata, in cui si esprime darsi dalla Chiesa alla Concezione di Maria quello stesso culto che le la pia sentenza, la quale la vuol conceputa senza la colpa originale.105 Dall'altra parte intendo esser certo che la Chiesa non può celebrare cosa non santa, secondo gli oracoli di S. Leone Papa (Ep. Decr. 4, c. 2)106 e di S. Eusebio pontefice: In sede apostolica extra maculam semper est catholica servata religio (Decr., 24, q. 1, c. In sede);107 e come insegnano tutt'i Teologi con S. Agostino (Serm. 95 et 113),108 S. Bernardo (Ep. ad Can. Lugd.),109 e S. Tommaso, il quale per provare che Maria fu santificata


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prima di nascere, di questo argomento appunto si serve, cioè della celebrazione che fa la Chiesa di sua nascita, e perciò dice: Ecclesia celebrat nativitatem B. Virginis; non autem celebratur festum in Ecclesia nisi pro aliquo sancto; ergo B. Virgo fuit in utero sanctificata (3 p., q. 27, a. 2).110 Or s'è certo, come dice l'Angelico, che Maria fu santificata nell'utero, perché così la S. Chiesa celebra la sua nascita; perché poi non abbiamo da tenere per certo che Maria fu preservata dal peccato originale fin dal primo istante di sua Concezione, or che sappiamo che in questo senso la stessa Chiesa ne celebra la festa?

In conferma poi di questo gran privilegio di Maria son note già le grazie innumerabili e prodigiose che il Signore si compiace di dispensare tutto giorno nel regno di Napoli per mezzo delle cartelline della di lei Immacolata Concezione.111


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Io potrei riferirne molte passate per mano de' Padri della nostra medesima Congregazione;112 ma voglio narrarne solamente due, che sono veramente ammirabili.

Esempio.

In una delle case che tiene la nostra minima Congregazione in questo regno, venne una donna a dire ad un Padre de' nostri che 'l marito da più anni non si era confessato, e che non sapeva più che fare la misera per ridurlo, poiché parlandogli di confessione quegli la bastonava. Disse il Padre alla donna che gli avesse data una cartella di Maria immacolata. Venuta la sera, la donna di nuovo pregò il marito che si confessasse; ma facendo quello il sordo secondo il solito, gli diede una cartella. Ed ecco che appena ricevuta la cartella, disse il marito: E bene, quando mi vuoi portare a confessare, che son pronto? La moglie si pose a piangere per allegrezza, vedendo quella mutazione così istantanea. La mattina venne in fatti costui alla nostra chiesa. Dimandandogli quel nostro Padre, da quanto tempo non si era confessato? Rispose, da ventiotto anni. E come, replicò il Padre, ti sei mosso questa mattina a venire a confessarti? Padre, disse, io stava ostinato; ma iersera mia moglie mi diede una cartella della Madonna, e subito m'intesi mutar il cuore; tantoché questa notte ogni momento mi parea mille anni che si facesse


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giorno, per poter venire a confessarmi. Ed in effetto si confessò con molta compunzione, mutò vita, e seguitò per molto tempo a confessarsi spesso dallo stesso Padre.

In un altro luogo della diocesi di Salerno, mentre da noi si faceva vi la santa missione, vi era un certo uomo che teneva una grave inimicizia con uno che l'aveva offeso. Un Padre de' nostri gli parlò per la remissione, ed egli rispose: Padre, voi m'avete veduto mai alle prediche? No, e per questo io non ci accosto: già lo vedo che son dannato; ma non ci vuol altro, io mi voglio vendicare. Faticò molto il Padre per convertirlo, ma, vedendo che ci perdeva le parole: Prendi, gli disse, questa cartella della Madonna. Quegli rispose a principio: Ed a che serve questa cartella? Ma presasi la cartella, come non mai avesse negato di far la remissione richiesta, disse al missionario: Padre mio, V. R. vuol altro che la remissione? eccomi son pronto a farla. E si appuntò per la mattina susseguente. Ma venuta la mattina, era di nuovo svoltato e non ne voleva far più niente. Il detto Padre gli porse un'altra cartella: esso non la voleva; onde a stento se la prese. Ma che? subito presasi l'altra cartellina, immediatamente disse: Orsù sbrighiamoci, dovè il mastrodatti?113 E subito fece la remissione; e poi si confessò.

Preghiera.

Ah mia immacolata Signora, io mi rallegro con voi di vedervi arricchita di tanta purità. Ringrazio e propongo di sempre ringraziare il comun Creatore, per avervi preservata da ogni macchia di colpa, com'io tengo per certo, e per difender questo vostro sì grande e singolar privilegio della vostra immacolata Concezione, son pronto e giuro di dar, se bisogna, anche la mia vita.

Vorrei che tutto il mondo vi conoscesse e vi confessasse per quella bell'aurora114 che sempre foste adorna della divina luce: per quell'arca eletta di salute, libera dal comun naufragio del peccato: per quella perfetta ed immacolata colomba,115


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qual vi dichiarò il vostro Sposo divino: per quell'orto chiuso che fu la delizia di Dio: per quel fonte segnato116 in cui non entrò mai il nemico ad intorbidarlo: per quel candido giglio117 finalmente, qual siete voi, che nascendo tra le spine de' figli di Adamo, dove tutti nascono macchiati dalla colpa e nemici di Dio, voi nasceste pura e tutta candore e tutt'amica del vostro Creatore.

Lasciate dunque ch'io ancora vi lodi come vi lodò il vostro medesimo Dio: Tota pulchra es et macula non est in te.118 O purissima colomba, tutta candida, tutta bella, sempre amica di Dio: O quam pulchra es, amica mea, quam pulchra es!119 Ah dolcissima, amabilissima, immacolata Maria, voi che siete sì bella agli occhi del vostro Signore, deh non isdegnate di guardar cogli occhi vostri pietosi le piaghe così schife dell'anima mia. Guardatemi, e compatitemi e sanatemi.

O bella calamita de' cuori, tiratevi ancora il misero cuor mio. Voi che sin dal primo momento di vostra vita compariste pura e bella avanti a Dio, abbiate pietà di me, che non solo nacqui in peccato, ma dopo il battesimo ho di nuovo imbrattato di colpe l'anima mia. Quel Dio che vi ha scelta per sua figlia, sua madre e sua sposa, e perciò vi ha preservata da ogni macchia, e vi ha preferita nel suo amore a tutte le creature, qual grazia mai vi negherà? Vergine immacolata, voi mi avete da salvare. Vi dirò con S. Filippo Neri: Fate ch'io mi ricordi sempre di voi: e voi non vi scordate di me.120 Mi pare mille anni di venire a vedere la vostra bellezza in paradiso, per più lodarvi ed amarvi, mamma mia, regina mia, diletta mia, bellissima, dolcissima, purissima, immacolata Maria. Amen.


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DISCORSO II. - Della Nascita di Maria.

Maria nacque santa e gran santa; poiché grande fu la grazia di cui Dio l'arricchì sin dal principio, e grande fu la fedeltà con cui Maria subito corrispose a Dio.

Sogliono con segni di festa e di allegrezza solennizzarsi dagli uomini le nascite de' loro bambini; ma più presto dovrebbonsi compiangere con segni di lutto e di dolore; considerando ch'essi nascono non solo privi di meriti e di ragione, ma di più infetti dalla colpa e figli d'ira, perciò condannati alle miserie ed alla morte. La nascita sì della nostra bambina Maria è giusto che si celebri con festa e lode universale, mentr'ella viene alla luce di questo mondo bambina nell'età, ma grande ne' meriti e nelle virtù.

Maria nasce santa, e gran santa. Ma per intendere il grado di santità con cui ella nacque, bisogna considerare per prima quanto fu grande la prima grazia con cui Dio arricchì Maria; per secondo quanto fu grande la fedeltà con cui Maria subito corrispose a Dio.

Punto I.

E cominciando dal primo punto, è certo che l'anima di Maria fu l'anima più bella che Dio creasse; anzi, dopo l'incarnazione del Verbo, questa fu l'opera più grande e di sé più degna che l'Onnipotente facesse in questo mondo: Opus quod solus Deus supergreditur, così la chiama S. Pier Damiani.1 Quindi avvenne che la divina grazia in Maria non già discese a stille come negli altri santi, ma sicut pluvia in


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vellus, come predisse Davide (Ps. LXXI, 6). Fu l'anima di Maria a guisa di lana che succhiò felice tutta la gran pioggia della grazia senza perderne una stilla: Virgo sancta totam sibi hauserat Spiritus Sancti gratiam: S. Basilio (In Cat. D. Th. in I Luc.).2 Ond'ella poi disse per bocca dell'Ecclesiastico: In plenitudine sanctorum detentio mea (Cap. XXIV, 16). Cioè, come espone S. Bonaventura: Totum teneo in plenitudine, quod alii sancti tenent in parte: Io possiedo con pienezza tutto quello che gli altri santi possiedono in parte (S. Bon., serm. 3, de B.V.).3 E S. Vincenzo Ferreri, parlando singolarmente della santità di Maria prima di nascere, dice ch'ella passò la santità di tutti i santi ed angeli: Virgo sanctificata fuit in utero super omnes sanctos et angelos.4


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La grazia ch'ebbe la B. Vergine ella avanzò la grazia non solo di ciascun santo in particolare, ma di tutti i santi ed angeli unitamente, come prova il dottissimo P. Francesco Pepe della Comp. di Gesù nella sua bell'opera delle Grandezze di Gesù e di Maria (Tom. 3, lez. 136);5 ed asserisce questa sentenza così gloriosa per la nostra regina essere oggidì comune e certa appresso i Teologi moderni - com'è appresso il Cartagena,6 Suarez,7 Spinelli,8 Recupito,9 Guerra10 ed altri molti, i quali l'hanno esaminata ex professo, cosa non fatta dagli antichi - ; e narra di più che la divina Madre mandò per mezzo del P. Martino Guttierez a ringraziar da sua parte il P. Suarez per aver con tanto valore difesa tal probabilissima sentenza, la quale, secondo attesta anche il P. Segneri nel suo Divoto di Maria, è stata poi sostenuta dal sentimento comune della scuola di Salamanca.11


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Or se questa sentenza è comune e certa, molto probabile è ancora l'altra sentenza, che Maria sin dal primo istante di sua immacolata Concezione ricevé questa grazia superiore alla grazia di tutti i santi ed angeli insieme. Ciò fortemente difende lo stesso P. Suarez,12 e lo seguitano il P. Spinelli13 e 'l P. Recupito (Appres. il P. Pepe, al luogo cit.),14 e il P. la Colombiere alla Pred. 27.15

Ma oltre le autorità de' Teologi, ben vi sono due grandi e convincenti ragioni, con cui abbastanza vien provata la mentovata sentenza.


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La prima ragione si è perché Maria fu eletta da Dio per Madre del divin Verbo. Onde dice il B. Dionisio Cartusiano16 ch'essendo ella stata eletta in ordine superiore a tutte le creature, - poiché in certo modo la dignità di Madre di Dio, come asserisce il P. Suarez, s'appartiene all'ordine di unione ipostatica17 - con ragione sin dal principio di sua vita le furono conferiti doni d'ordine superiore, sì che incomparabilmente superarono i doni a tutte le altre creature conceduti. E in verità non può dubitarsi, che nello stesso tempo che ne' divini decreti fu predestinata la persona del Verbo Eterno a farsi uomo, gli fu ancora destinata la madre, da cui doveva egli prendere l'essere umano; e questa fu la nostra bambina Maria.

Or insegna S. Tommaso (3 p., q. 27, a. 5, ad 1) che 'l Signore a ciascuno la grazia proporzionata a quella dignità a cui lo destina: Unicuique datur gratia, secundum id ad quod eligitur.18 E prima l'insegnò S. Paolo, quando scrisse: Qui et idoneos nos fecit ministros novi testamenti (II Cor. III, 6), significandoci


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che gli Apostoli riceverono da Dio i doni proporzionati al grande officio al quale furono eletti. Aggiunge S. Bernardino da Siena che quando alcuno è eletto da Dio a qualche stato, riceve non solamente le disposizioni a quello necessarie, ma anche i doni che bisognano a sostenere quell'impiego con decoro: Regula firma est in sacra Theologia quod quandocumque Deus aliquem eligit ad aliquem statum, omnia bona illi dispenset, quae illi statui necessaria sunt et illum copiose decorant (Serm. 10, a. 2, c. 1).19

Or se Maria fu eletta ad esser Madre di Dio, fu ben conveniente che Dio l'adornasse sin dal primo istante d'una grazia immensa e d'ordine superiore alla grazia di tutti gli altri uomini ed angeli, dovendo la grazia corrispondere alla dignità immensa ed altissima a cui Dio l'esaltava, come conchiudono tutti i Teologi con S. Tommaso, il quale (Loc. cit., art. 4) dice: Virgo fuit electa ut esset Mater Dei, et ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc idoneam reddiderit.20 In modo tale che Maria prima d'essere fatta Madre di Dio, fu adornata d'una santità così perfetta, che la fece idonea a questa gran dignità: In beata Virgine fuit perfectio quasi dispositiva, per quam reddebatur idonea ad hoc quod esset Mater Christi, et hoc fuit perfectio sanctificationis. Così parla il santo dottore (Cit. qu. 27, a. 5, ad 2).21


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E prima avea detto (3 p., q. 7, a. 10, ad 1)22 che perciò Maria si chiamò piena di grazia, non già per parte d'essa grazia, perché ella non ebbe la grazia nella somma eccellenza che possa aversi; siccome neppure fu somma la grazia abituale di Gesù Cristo - siccome dice lo stesso santo dottore - sì che la divina virtù non avesse potuto farla maggiore di potenza assoluta, sebben'ella fu una grazia a sufficienza corrispondente al fine a cui la di lui umanità era ordinata dalla divina Sapienza, cioè all'unione colla persona del Verbo: Virtus divina licet possit facere aliquid maius et melius quam sit habitualis gratia Christi, non tamen posset facere quod ordinaretur ad aliquid maius quam sit unio personalis ad Filium unigenitum a Patre; cui unioni sufficienter correspondet talis mensura gratiae, secundum definitionem divinae Sapientiae (d. q. 7, a. 12, ad 2).23 Poiché insegna l'Angelico medesimo che la divina potenza è sì grande, che per quanto doni, sempre le resta che dare; e quantunque la potenza naturale della creatura in quanto al ricevere sia per sé limitata, sicché possa interamente esser riempiuta; nulla di meno la potenza di lei ubbidienziale alla divina volontà è illimitata, e Dio sempre più può riempierla con farla più capace a ricevere: Potentiam naturalem aid recipiendum posse totam impleri, non autem potentiam obedientiae (S. Th., q. 29, de Verit., a. 3, ad 3).24


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E per tanto - ritornando al nostro proposito - disse S. Tommaso che la B. Vergine, benché non fu piena di grazia in quanto alla stessa grazia, nulla di meno si dice piena di grazia a riguardo di sé, mentr'ebbe una grazia immensa, sufficiente e corrispondente alla sua immensa dignità, sicché la rendette idonea ad esser Madre d'un Dio: B. Virgo est plena gratia, non ex parte ipsius gratiae, quia non habuit gratiam in summa excellentia qua potest haberi, nec ad omnes effectus gratiae; sed dicitur fuisse plena gratia per comparationem ad ipsam, quia scilicet habebat gratiam sufficientem ad statum illum, ad quem erat a Deo electa, ut esset Mater Unigeniti eius (d. q. 7, a. 10, ad. 1).25 Onde soggiunge Benedetto Fernandez che la misura per conoscere quanta sia stata la grazia comunicata a Maria è la sua dignità di Madre d'un Dio: Est igitur dignitas Matris Dei regula, per quam metiendum quidquid Virgini ab eo collatum credimus.26

Con ragione dunque disse Davide che i fondamenti di questa città di Dio, Maria, dovevano piantarsi sopra le cime de' monti: Fundamenta eius in montibus sanctis (Psalm. XXVIII); cioè che il principio della vita di Maria doveva essere più alto di tutte le vite consumate de' santi: Diligit Dominus, siegue il Profeta, portas Sion super omnia tabernacula Iacob. E lo stesso Davide assegnò di ciò la ragione, perché Dio doveva farsi uomo nel suo seno verginale: Homo natus est in ea.27 Onde fu conveniente che Dio donasse a questa Vergine sin dal primo momento che la creò una grazia corrispondente alla dignità d'una Madre di Dio.

Lo stesso volle significare Isaia allorché disse che ne' tempi futuri dovea prepararsi il monte della casa del Signore -


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che fu la B. Vergine - sopra la sommità di tutti gli altri monti, e che perciò tutte le genti doveano correre a questo monte per ricevere le divine misericordie: Et erit in novissimis diebus praeparatus mons domus Domini in vertice montium, et elevabitur super colles; et fluent ad eum omnes gentes (Is. II, 2). Spiega S. Gregorio: Mons quippe in vertice montium, quia altitudo Mariae supra omnes sanctos refulsit (L. 1, in I Reg., c. 1).28 E S. Giovan Damasceno: Mons in quo beneplacitum est Deo habitare in eo:29 Monte che Dio si compiacque di scegliere per suo ricetto. Perciò Maria fu chiamata cipresso, ma cipresso del monte Sion: fu chiamata cedro, ma cedro del Libano: uliva, ma uliva speciosa: eletta, ma eletta come il sole; poiché, dice S. Pietro Damiani, come il sole colla sua luce avanza talmente lo splendore delle stelle, che queste non più compariscono: Siderum rapit positionem, ut sint quasi non sint; così la gran Vergine Madre supera colla sua santità i meriti di tutta la corte celeste: Sic Virgo merita singulorum et omnium antecedit (Serm. de Ass.).30 In modo che elegantemente dice S. Bernardo che Maria fu così sublime nella santità, che a Dio non conveniva altra madre che Maria, ed a Maria non conveniva altro figlio che Dio: Neque enim decebat Deum alia mater quam Virgo, neque Virginem alius filius quam Deus.31


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La seconda ragione, per cui si prova che Maria nel primo istante di sua vita fu più santa di tutt'i santi insieme, si fonda sul grande ufficio di mediatrice degli uomini ch'ella ebbe sin dal principio; onde bisognò che sin dal principio ella possedesse maggior capitale di grazia, che non hanno tutti gli uomini insieme. - È noto già quanto comunemente da' Teologi e SS. Padri venga attribuito a Maria questo titolo di mediatrice, per aver ella colla sua potente intercessione e merito di congruità ottenuta a tutti la salute, procurando al mondo perduto il gran beneficio della Redenzione. Dicesi merito di congruità, perché solo Gesù Cristo è nostro mediatore per via di giustizia e per merito de condigno, come parlano le Scuole, avendo egli offerti i suoi meriti all'Eterno Padre, che gli ha accettati per la nostra salute. Maria all'incontro è mediatrice di grazia per via di semplice intercessione e di merito de congruo, avendo ella offerto a Dio, come dicono i Teologi con S. Bonaventura,32 i suoi meriti per la salute di tutti gli uomini, e Dio per grazia gli ha accettati con i meriti di Gesù Cristo. Dal che dice S. Arnoldo Carnotense: Ipsa in nostra salute communem cum Christo effectum obtinuit.33 E Riccardo di S. Vittore: Omnium salutem desideravit, quaesivit, obtinuit:


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imo omnium salus per ipsam effecta (Cap. 26, in Cant.).34 Sicché ogni bene, ogni dono di vita eterna, che ciascun de' santi ha ricevuto da Dio, per mezzo di Maria è stato loro dispensato.

E questo è quello che vuol darci ad intendere la S. Chiesa, allorché onora la divina Madre con applicarle i passi dell'Ecclesiastico, al capo XXIV, 25: In me gratia omnis viae et veritatis. Dicesi viae, perché per Maria si dispensano tutte le grazie a' viatori; veritatis, perché per Maria si dona la luce della verità. In me omnis spes vitae et virtutis. Vitae, perché per Maria speriamo di ottenere la vita della grazia in terra e della gloria in cielo; et virtutis, perché per mezzo di Maria si fa acquisto delle virtù e specialmente delle virtù teologali che sono le virtù principali de' santi. Ego mater pulchrae dilectionis, [et] timoris, [et] agnitionis et sanctae spei. Maria colla sua intercessione impetra a' suoi servi i doni del divino amore, del timor santo, della luce celeste, e della santa confidenza. Dal che ne deduce S. Bernardo essere insegnamento della Chiesa che Maria è la mediatrice universale della nostra salute: Magnifica gratiae inventricem, mediatricem salutis, restauratricem saeculorum. Haec mihi de illa cantat Ecclesia, et me eadem docuit decantare (Ep. 174, ad Can. Lugd.).35

Perciò asserisce S. Sofronio Patriarca di Gerusalemme, che l'arcangelo Gabriele la chiamò piena di grazia: Ave, gratia plena, perché dove agli altri, dice il suddetto santo, la grazia è stata donata limitata, a Maria fu data tutta intiera: Bene plena, quia ceteris sanctis datur gratia per partes: Mariae vero tota se infudit plenitudo gratiae (Serm. de Ass.).36 E ciò


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avvenne, come attesta S. Basilio, affinché in tal modo potesse ella essere poi la degna mediatrice tra gli uomini e Dio: Ave gratia plena, propterea Deum inter et homines mediatrix intercedens.37 Altrimenti, ripiglia S. Lorenzo Giustiniani, se la SS. Vergine non fosse stata ripiena della divina grazia, come avrebbe potuto essere la scala del paradiso, l'avvocata del mondo, e la vera mediatrice degli uomini con Dio? Quomodo non est Maria plena gratia, quae effecta est paradisi scala, interventrix mundi, Dei atque hominum verissima mediatrix? (Serm. de Ann. B.V.).38

Ecco dunque fatta pur troppo chiara la seconda ragione proposta. Se Maria sin dal principio, come madre già destinata del comun Redentore, ricevé l'ufficio di mediatrice di tutti gli uomini e per conseguenza di tutt'i santi ancora, fu ben anche necessario ch'ella sin dal principio avesse una grazia maggiore che non hanno avuta tutt'i santi, per cui ella dovea intercedere. Mi spiego più chiaro: se per mezzo di Maria doveano rendersi cari a Dio tutti gli uomini, ben fu bisogno che Maria fosse più santa e più cara a Dio che tutti gli uomini insieme. Altrimenti com'ella avrebbe potuto per tutti gli altri intercedere? Acciocché un intercessore ottenga dal principe la grazia per tutt'i vassalli, è assolutamente necessario che egli più che tutti gli altri vassalli sia caro al suo monarca. E perciò Maria, conclude S. Anselmo, meritò di esser fatta la degna riparatrice del mondo perduto, perché ella fu la più santa e più pura di tutte le creature: Pura sanctitas pectoris eius, omnis creaturae puritatem sanctitatemque transcendens, promeruit ut reparatrix perditi orbis dignissima fieret (De excell. Virg., c. 9).39


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Fu dunque Maria mediatrice degli uomini, dirà alcuno; ma come può dirsi mediatrice anche degli angeli? - Voglion molti Teologi che Gesù Cristo meritò la grazia della perseveranza ancora agli angeli; onde siccome Gesù fu lor mediatore de condigno, così Maria può dirsi mediatrice anche degli angeli de congruo, avendo accelerata colle sue preghiere la venuta del Redentore. Almeno meritando de congruo l'esser fatta madre del Messia, meritò agli angeli la riparazione delle loro sedi perdute da' demoni. Dunque almeno meritò ad essi questa gloria accidentale; e perciò disse Riccardo di S. Vittore: Utraque creatura per hanc reparatur, et angelorum ruina per hanc restaurata est, et natura humana reconciliata (In Cant. 4).40 E prima lo disse S. Anselmo: Cuncta per hanc Virginem in statum pristinum revocata sunt et restaurata (De exc. Virg., c. 11).41

Sicché la nostra celeste fanciulla sì per essere stata fatta la mediatrice del mondo, sì per essere stata destinata Madre del Redentore, sin dal principio del suo vivere ricevé una grazia maggiore di quella di tutt'i santi insieme. Onde che vago spettacolo era al cielo e alla terra la bell'anima di questa felice bambina, sebbene racchiusa ancora nell'utero di sua madre! Ella era la creatura più amabile agli occhi divini, perché già colma di grazia e di merito poteva fin d'allora vantarsi: Cum essem parvula, placui Altissimo.42 Ed era insieme


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la creatura più amante di Dio, che mai sino a quel tempo fosse comparsa nel mondo. In tal modo che se Maria fosse nata immediatamente dopo la sua purissima Concezione, già sarebbe venuta al mondo più ricca di meriti e più santa di tutt'i santi unitamente. Or pensiamo quanto più santa ella nacque, uscendo alla luce dopo gli acquisti de' meriti che fece per tutti que' nove mesi che stiede nell'utero di sua madre? - Quindi passiamo a considerare il secondo punto, cioè quanto fu grande la fedeltà, con cui Maria subito corrispose alla divina grazia.

Punto II.

Ella non è già una semplice opinione, dice un dotto autore (il P. La Colombière, Serm. 31),43 ella è l'opinione di tutto il mondo, che la santa Bambina, ricevendo nell'utero di S. Anna la grazia santificante, ricevesse nello stesso tempo il perfetto uso della ragione con una gran luce divina corrispondente alla grazia di cui fu arricchita. Sicché ben possiamo credere che dal primo istante che la sua bell'anima fu unita al suo purissimo corpo, fu ella illuminata con tutt'i lumi della divina sapienza a ben conoscere le verità eterne, la bellezza delle virtù, e sopra tutto l'infinita bontà del suo Dio e il merito ch'egli avea d'essere amato da tutti, ma singolarmente da lei, a riguardo de' pregi singolari con cui il Signore l'avea adornata e distinta fra tutte le creature, preservandola


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dalla macchia della colpa originale, dandole una graziaimmensa e destinandola per madre del Verbo e regina dell'universo.

Ond'è che fin da quel primo momento Maria, grata al suo Dio, cominciò subito ad operare tutto quello che poté operare, trafficando sin d'allora fedelmente quel gran capitale di grazia, che l'era stato donato; e tutta applicandosi a compiacere ed amare la divina bontà, sin d'allora l'amò con tutte le sue forze, e così seguitò sempre ad amarlo per tutti que' nove mesi che visse prima di nascere, in cui non cessò un momento di sempre più unirsi a Dio con atti ferventi d'amore. Era ella già libera dalla colpa originale, ond'era ancor libera da ogni attacco terreno, da ogni moto disordinato, da ogni distrazione, da ogni contrasto de' sensi che mai l'avessero potuta impedire di sempre più avanzarsi nel divino amore; tutt'i suoi sensi ancora eran d'accordo col suo spirito benedetto in correre a Dio; onde la sua bell'anima sciolta da ogni impedimento, senza mai fermarsi sempre volava a Dio, sempre l'amava e sempre cresceva in amarlo. Che perciò ella stessa si chiamò platano piantato alla corrente dell'acque: Quasi platanus exaltata sum iuxta aquam (Eccli. XXIV, 19); mentr'ella fu già quella nobil pianta di Dio che sempre crebbe alla corrente delle divine grazie. Perciò similmente si chiamò vite: Ego quasi vitis fructificavi suavitatem odoris (Eccli. XXIV, 23); non solo perché fu sì umile agli occhi del mondo, ma perché ancora, siccome la vite sempre cresce, secondo il comun proverbio, Vitis nullo fine crescit, - gli altri alberi, l'arancio, il gelso, il pero hanno una statura determinata, ma la vite sempre cresce, e cresce tanto quanto è alto l'albero a cui si attiene - così la SS. Vergine sempre crebbe nella perfezione. Ave vitis semper vigens, così la salutava S. Gregorio Taumaturgo (S. 1, in Ann.);44 e sempre fu unita al suo Dio, ch'era l'unico suo appoggio. Quindi di lei parlò lo Spirito Santo allorché disse: Quae est ista quae ascendit de deserto deliciis affluens, innixa super dilectum suum? (Cant. VIII, 5). Commenta


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S. Ambrogio: Hoc est, quae ascendit ita ut inhaereat Dei Verbo sicut vitis propago?45 (Ap. Segn., Pred. 40 dell'Ann.):46 Chi è questa che accompagnata col divin Verbo cresce come una pianta di vite appoggiata ad un grand'albero?

Dicono più e gravi Teologi47 che l'anima la quale possiede un abito di virtù, sempreché ella fedelmente corrisponde alle grazie attuali che da Dio riceve, viene sempre a produrre un atto eguale nell'intensione all'abito che possiede; talmente che viene ogni volta ad acquistare un nuovo e doppio merito eguale al cumulo di tutt'i meriti già prima acquistati. Già questo aumento, come dicono, fu conceduto agli angioli nello stato della loro vita; e se fu conceduto agli angioli, chi mai potrà negarlo alla divina Madre per mentre visse in questa terra, ma specialmente nel tempo di cui parlo, che stiede nell'utero della madre, nel quale fu ella certamente più fedele che gli angioli in corrispondere alla grazia? Maria dunque in tutto quel tempo venne a raddoppiare in ogni momento quella sublime grazia, che dal primo istante possedette; poiché corrispondendo ella con tutte le forze e perfezioni, in ogni atto che faceva raddoppiava susseguentemente i meriti in ogni istante. In modo che se nel primo istante ebbe mille gradi di grazia, nel secondo ne ebbe due mila, nel terzo quattro mila, nel quarto otto mila, nel quinto sedici mila, nel sesto trentadue mila. E siamo ora non più che al sesto istante; ma moltiplicate così per un giorno intiero, moltiplicate per


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nove mesi, considerate quali tesori di grazia, di meriti, e di santità portò Maria al mondo, allorché nacque.

Rallegriamoci dunque colla nostra Bambina che nascesanta, sì cara a Dio e sì ripiena di grazia. E rallegriamoci non solo per lei, ma anche per noi, poich'ella viene al mondo piena di grazia, non solo per gloria sua, ma anche per bene nostro.

Considera S. Tommaso nell'Opuscolo 8, che in tre modi fu ripiena di grazia la SS. Vergine. Per prima fu ripiena di grazia nell'anima, sì che sin dal principio la sua bell'anima fu tutta di Dio. Per secondo ne fu piena nel corpo, sicché della sua purissima carne meritò vestirne il Verbo eterno. Per terzo ne fu piena a beneficio comune, acciocché tutti gli uomini potessero parteciparne: Fuit etiam gratia plena, quantum ad refusionem ad omnes homines. Alcuni santi, soggiunge l'Angelico, hanno tanta grazia che non solo basta per essi, ma anche per salvare molti altri, ma non già tutti gli uomini; solamente a Gesù Cristo ed a Maria fu donata una tal grazia che bastasse per salvare tutti: Sed quando quis haberet tantum quod sufficeret ad salutem omnium, hoc esset maximum; et hoc fuit in Christo et Beata Virgine. Così S. Tommaso (Opusc. 8).48


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Sicché quel che dice S. Giovanni (al capo I, 16) di Gesù: Et de plenitudine eius accepimus omnes;49 lo stesso dicono i santi di Maria. San Tommaso da Villanova: Gratia plena, de cuius plenitudine accipiunt universi.50 Talmente che, dice S. Anselmo, non vi è chi non partecipi della grazia di Maria: Ita ut nullus sit qui de plenitudine gratiae Virginis non sit particeps. E chi mai si trova al mondo a cui Maria non sia benigna e non gli dispensi qualche misericordia? Quis umquam reperitur cui Virgo propitia non sit? Quis, ad quem eius misericordia non se extendat?51

Da Gesù non però, dobbiamo intendere, riceviamo la grazia come autor della grazia, da Maria come mezzana: da Gesù come Salvatore, da Maria come avvocata: da Gesù come fonte, da Maria come canale.

Onde dice S. Bernardo che Dio costituì Maria qual acquedotto delle sue misericordie ch'egli volea dispensare agli uomini; e perciò la riempì di grazia, acciocché dalla sua pienezza ne fosse a ciascuno comunicata la sua parte: Plenus aquaeductus, ut accipiant ceteri de eius plenitudine, non autem plenitudinem ipsam.52 Onde il santo esorta tutti a considerare con


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quanto amore vuole Dio che noi onoriamo questa gran Vergine, mentre in lei ha collocato tutto il tesoro de' suoi beni: acciocché quanto noi abbiamo di speranza, di grazia e di salute, di tutto ne ringraziamo la nostra amantissima regina; mentre tutto ci perviene dalle sue mani e dalla sua intercessione. Ecco le sue belle parole: Intuemini quanto devotionis affectu a nobis eam voluit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria; ut proinde, si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare (Serm. de Aquaed.).53 Misera quell'anima che si chiude questo canale di grazia col trascurare di raccomandarsi a Maria! - Oloferne quando volle impadronirsi della città di Betulia procurò di rompere gli acquedotti: Incidi praecepit aquaeductus illorum (Iud. VII, 6). E questo fa il demonio quando vuol farsi padrone di un'anima, le fa abbandonare la divozione di Maria SS. Chiuso questo canale, perderà ella facilmente la luce, il timore di Dio, e in fine la salute eterna.

Leggasi il seguente esempio in cui si vedrà quanto sia grande la pietà del cuore di Maria, e la ruina che si tira sopra chi si chiude questo canale con abbandonare la divozione a questa regina del cielo.

Esempio.

Si narra dal Tritemio, Canisio ed altri, che in Magdeburg città della Sassonia vi fu un certo chiamato Udone, il quale da giovane fu di così scarso intendimento, ch'era la derisione di tutti gli altri suoi condiscepoli. Egli perciò un giorno, stando più afflitto di questa sua incapacità, andò a raccomandarsi alla Vergine SS. avanti di una sua immagine. Maria l'apparve in sogno e gli disse: Udone, ti voglio consolare, e non solo ti voglio ottenere da Dio un'abilità che basti a liberarti


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dagli scherni, ma di più un talento tale che ti renda ammirabile: e in oltre ti prometto che dopo la morte del vescovo tu sarai eletto in suo luogo. Così gli disse Maria e così tutto si avverò. Si avanzò presto nelle scienze ed ottenne il vescovato di quella città.

Ma Udone ne fu così ingrato a Dio e alla sua benefattrice, che lasciata ogni divozione divenne lo scandalo di tutti. Mentre una notte egli stava in letto con sacrilega compagnia, intese una voce che gli disse: Udo, cessu de ludo: lusisti satis, Udo: Udone, cessa dal giuoco dell'offesa di Dio: basta quanto hai giocato. La prima volta egli si adirò a queste parole, pensando che fosse alcun uomo che gliene dicesse per correggerlo. Ma sentendosele replicare la seconda e la terza notte, entrò in qualche timore che quella fosse voce del cielo. Con tutto ciò non pertanto seguitò la mala vita. Ma dopo tre mesi che Dio gli diede di tempo per ravvedersi, ecco il castigo.

Stavasene una notte nella chiesa di S. Maurizio un divoto canonico chiamato Federigo pregando Dio che volesse rimediare allo scandalo che dava il prelato, quand'ecco aprirsi da un gran vento la porta della chiesa. Entrarono poi due giovani con torce accese in mano, e si posero da' lati dell'altar maggiore. Indi seguirono altri due che stesero avanti all'altare un tappeto, con porvi sopra due sedie d'oro. Venne appresso un altro giovane in abito di soldato colla spada in mano, il quale fermatosi in mezzo alla chiesa gridò: O voi santi del cielo, che in questa chiesa avete le vostre sacre reliquie, venite ad assistere alla gran giustizia che farà il sovrano giudice. A questa voce comparvero molti santi ed anche i dodici Apostoli, come assessori di questo giudizio: ed in fine entrò Gesù Cristo che si andò a sedere in una di quelle due sedie. Comparve poi Maria corteggiata da molte sante vergini, che fu posta a sedere dal Figlio in quell'altra sedia. Allora ordinò il giudice che si conducesse ivi il reo e questo fu il misero Udone.

Parlò S. Maurizio e dimandò giustizia per la di lui vita infame da parte di quel popolo scandalizzato. Tutti alzarono la voce: Signore, merita la morte. Via su muoia, disse l'eterno Giudice. Ma prima di eseguire la sentenza - vedasi quanto è grande la pietà di Maria - ella la pietosa Madre, per non assistere a quell'atto tremendo di giustizia, si partì dalla chiesa,


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ed indi il celeste ministro ch'entrò fra' primi colla spada, si avvicinò ad Udone e gli spiccò ad un colpo il capo dal busto; e sparì la visione.

Era il luogo rimasto all'oscuro. Il canonico tutto tremante va ad accendere il lume ad una lampada che ardeva sotto la chiesa, ritorna e vede il corpo di Udone col capo tronco e 'l pavimento tutto insanguinato. Fatto e concorsovi nella chiesa il popolo, il canonico narrò tutta la visione e 'l fatto di quella orribil tragedia. E nello stesso giorno comparve il povero Udone dannato nell'inferno ad un suo cappellano, che niente sapeva del fatto avvenuto nella chiesa. Fu pertanto il cadavere di Udone gettato in una palude e 'l sangue suo restò a perpetua memoria in quel pavimento che si tiene sempre coperto con un tappeto. E d'indi in poi si prese costume di scoprirlo al tempo che prende possesso il nuovo vescovo, acciocché alla vista di tal castigo egli pensi a ben ordinare la sua vita, e a non essere ingrato alle grazie del Signore e della sua Madre santissima.54

Preghiera.

O santa e celeste Bambina, voi che siete la madre destinata del mio Redentore e la gran mediatrice de' miseri peccatori, abbiate pietà di me. Ecco a' piedi vostri un altro ingrato che a voi ricorre e vi domanda pietà. È vero che per le mie ingratitudini a Dio ed a voi meriterei da Dio e da voi essere abbandonato; ma io sento dire e così tengo - sapendo quanto è grande la vostra misericordia - che voi non ricusate d'aiutare chi con confidenza a voi si raccomanda. Dunque, o creatura la più eccelsa del mondo, giacché sopra di voi non v'è che Dio, e innanzi a voi sono piccioli i più grandi del cielo, o Santa de' santi, o Maria abisso di grazia e piena di grazia, soccorrete un miserabile che l'ha perduta per sua colpa.

Io so che voi siete così cara a Dio, ch'egli niente vi nega. So ancora che voi godete d'impiegare la vostra grandezza a sollevare i miseri peccatori. Deh su fate vedere quanto sia


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grande la grazia che possedete appresso Dio, con impetrarmi una luce ed una fiamma divinapotente, che mi muti da peccatore in santo, e che staccandomi da ogni affetto di terra, tutto m'accenda del divino amore. Fatelo, Signora, che voi lo potete fare. Fatelo per amore di quel Dio che vi ha fatto sì  grande, sì potente e pietosa. Così spero. Amen.

DISCORSO III. - Della Presentazione di Maria.

L'offerta che Maria fe' di se stessa a Dio fu pronta senza dimora, fu intiera senza riserba.

Non v'è stata, né mai vi sarà offerta di pura creatura più grande e più perfetta di quella che fece Maria fanciulla di tre anni a Dio, allorché si presentò nel tempio ad offerirgli, non aromi o vitellitalenti d'oro, ma tutta se stessa in perfetto olocausto, consagrandosi vittima perpetua in suo onore. Ben ella intese la voce di Dio che sin d'allora la chiamava a dedicarsi tutta al suo amore, con quelle parole: Surge, propera, amica mea... et veni (Cant. II, [10]). E perciò voleva il suo Signore che sin d'allora ella si scordasse di sua patria, de' suoi parenti e di tutto per attendere solo ad amarlo e compiacerlo: Audi, filia, et vide et inclina aurem tuam, et obliviscere populum tuum et domum patris tui (Ps. XLIV, [11]). Ed ella pronta subito ubbidì alla divina voce.

Consideriamo dunque quanto fu accetta a Dio questa offerta che Maria gli fe' di se stessa, mentr'ella se gli offerì presto ed intieramente: presto senza dimora, intieramente senza riserba: due punti.

Punto I.

Cominciamo: Maria si offerì presto a Dio.

Benché sin dal primo momento che questa celeste fanciulla fu santificata nell'utero di sua madre, che fu già nel


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primo istante di sua immacolata Concezione, ella ricevé l'uso perfetto della ragione, per poter sin d'allora cominciare a meritare, secondo dicono per comun sentenza i Dottori col P. Suarez;1 - il quale dice ch'essendo il modo più perfetto che usa Dio nel santificare un'anima, il santificarla per proprio merito, siccome insegna S. Tommaso (3 p., q. 19, a. 3),2 così dee credersi essere stata santificata la S. Vergine: Sanctificari per proprium actum est perfectior modus; ergo credendum est hoc modo fuisse sanctificatam Virginem (Tom. 2, in 3 p., d. 4, l. 8).3 E se questo privilegio fu conceduto agli angeli e ad Adamo, come dice l'Angelico (1 p., q. 63, a. 5, et q. 95, a. 2),4 molto più dobbiamo crederlo conceduto alla divina Madre,


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a cui certamente dee supporsi che Dio, essendosi degnato di farla sua madre, abbia conferiti maggiori doni che a tutte l'altre creature, secondo insegna lo stesso S. Dottore: Ex ea accepit humanam naturam, et ideo prae ceteris maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere (3 p., q. 27, a. 5).5 Poich'essendo madre, dice il P. Suarez, ha un certo diritto singolare a tutti i doni del suo Figlio: Unde fit ut singulare ius habeat ad dona Filii sui (T. 2, in 3 p., d. 1, s. 2).6 E siccome per l'unione ipostatica fu ragione che Gesù avesse la pienezza di tutte le grazie, così per la divina maternità convenne che Gesù per debito naturale conferisse a Maria grazie maggiori di quelle concedute a tutti gli altri santi ed angeli.

Sicché sin dal principio di sua vita Maria conobbe Dio, e lo conobbe tanto che niuna lingua - così disse l'angelo a S. Brigida - basterà a spiegare quanto l'intelletto della S. Vergine giungesse a penetrare Dio nel primo istante che lo conobbe (Serm. ang., c. 14). E sin d'allora Maria, a quella prima luce da cui fu illuminata, tutta si offerì al suo Signore, dedicandosi intieramente al suo amore ed alla sua gloria, siccome


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l'angelo seguitò a dire a santa Brigida: «Subito la nostra Regina determinò di sagrificare la sua volontà a Dio con tutto il suo amore, per tutto il tempo di sua vita. E niuno può capire quanto la sua volontà si soggettò allora ad abbracciare tutte le cose di suo gusto» (Loc. cit.).7

Ma intendendo poi l'immacolata fanciulla che i suoi santi genitori, Gioacchimo ed Anna, aveano promesso a Dio anche con voto, come si rapporta da diversi autori, che se loro avesse data prole gliel'avrebbero consagrata a servirlo nel tempio; ed essendo già costume antico de' Giudei di chiuder le loro figliuole in alcune celle, che stavano d'intorno al tempio, per bene ivi educarsi, - come riferiscono il Baronio, Niceforo, Cedreno, e Suarez con Giuseppe Ebreo, coll'autorità ancora di S. Gio. Damasceno, di S. Giorgio di Nicomedia, di S. Anselmo (De form. et mor. B.M.), e S. Ambrogio (De Virg., l. 1): e come chiaramente si raccoglie anche dal libro II de' Maccabei (III, 20), dove parlandosi d'Eliodoro che volea assalire il tempio per prenderne l'erario ivi deposto, si dice che Pro eo quod in contemptum locus esset venturus... Virgines quae conclusae erant procurrebant ad Oniam8 - Maria ciò


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intendendo, dico, appena giunta all'età di tre anni, come attestano S. Germano e S. Epifanio, che dice: Tertio anno oblata est in templo (Serm. de laud. V.),9 - età in cui le fanciulle maggiormente desiderano ed hanno maggior bisogno dell'assistenza de' loro parenti, - ella volle solennemente offerirsi e consagrarsi a Dio, presentandosi nel tempio: ond'ella fu la prima che andò ad istantemente pregare i suoi genitori che l'avessero condotta al tempio per adempiere la loro promessa. E la santa sua madre, dice S. Gregorio Nisseno, Anna haud cunctata est eam ad templum adducere ac Deo offerre (Or. de Nat. Chr.).10


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Ecco come Gioachimo ed Anna, generosamente sagrificando a Dio la parte più cara de' loro cuori che in terra aveano, si partono da Nazaret portando or l'uno or l'altra fra le braccia la loro troppo amata picciola figlia; poich'ella non era atta a tal viaggio sì lungo, qual era quello da Nazaret a Gerusalemme, di ottanta miglia, come narrano più autori.11 Andavano essi accompagnati da pochi parenti, ma gli angioli a schiere - dice S. Giorgio Nicomediense (De oblat. Deip.) andavan corteggiando e servendo in questo viaggio l'immacolata verginella, che andava a consagrarsi alla Maestà divina.12 Quam pulchri sunt gressus tui, ... filia principis (Cant. VII, 1): Oh come sono belli - doveano allora andar cantando gli angeli - come son graditi a Dio questi tuoi passi che dai per andare ad offerirtegli, o gran figlia prediletta del nostro comun Signore! Lo stesso Dio, dice Bernardino da Busto, fece in quel giorno con tutta la sua celeste corte una gran festa, vedendo condursi la sua sposa al tempio: Magnam quoque festivitatem fecit Deus cum angelis in deductione suae sponsae ad templum (Marial., p. 4, serm. 1).13 Poich'egli non vide mai creatura più santa e più amata che se gli andasse ad offerire: Quia nullus umquam Deo gratior usque ad illud tempus ascendit (Loc. cit.).14 Vanne dunque - le dicea S. Germano


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arcivescovo di Costantinopoli - vanne, o regina del mondo, o Madre di Dio, vanne allegramente alla casa del Signore ad aspettare la venuta del Divino Spirito che madre ti renderà del Verbo Eterno: Abi ergo, o Domina Mater Dei, in atria Domini, exsultans et exspectans Sancti Spiritus adventum, et unigeniti Filii conceptionem (De obl. Virg.).15

Giunta che fu la santa comitiva al tempio, la vaga fanciulla si volge a' suoi genitori, e genuflessa, baciando loro le mani, lor dimanda la benedizione; e poi senza più voltarsi indietro, sale i quindici gradini del tempio - come riferisce Arias Montano da Giuseppe Ebreo16 - e si presenta al sacerdote S. Zaccaria, come vuole S. Germano.17 E licenziandosi allora dal mondo e rinunziando a tutti i beni ch'egli promette a' suoi seguaci, si offerisce e si consagra al suo Creatore.


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A tempo del diluvio il corvo mandato da Noè fuori dell'arca restò a pascersi de' cadaveri, ma la colomba senza posare il piede presto ritornò all'arca: Reversa est ad eum in arcam (Gen. VIII, 9). Molti mandati da Dio in questo mondo, infelici si fermano a pascersi de' beni terreni. Non così la nostra celeste colomba Maria; conobbe ella che l'unico nostro bene, l'unica speranza, e l'unico amore dee essere Dio; conobbe che 'l mondo è pieno di pericoli e che colui che più presto lo lascia, egli è più libero da' suoi lacci; onde cercò presto di fuggirlo dalla sua più tenera età, ed andò a chiudersi dentro il sagro ritiro del tempio, dove potesse meglio udirne le voci, e meglio onorarlo ed amarlo. E così la S. Vergine sin dal principio del suo operare si rese tutta cara e gradita al suo Signore, come la fa parlare la S. Chiesa: Congratulamini mihi omnes qui diligitis Dominum, quia, cum essem parvula, placui Altissimo (In 2 resp. I noct. in fest. S.M. ad Niv.).18 E perciò ella fu assomigliata alla luna, poiché siccome la luna compisce il suo corso più velocemente degli altri pianeti, così Maria più presto di tutti i santi giunse alla perfezione, con darsi presto a Dio senza dimora ed intieramente senza riserva.

E passiamo al secondo punto, dove avremo molto che dire.

Punto II.

Ben sapea l'illuminata fanciulla che Dio non accetta un cuore diviso, ma lo vuol tutto consagrato al suo amore, secondo il precetto dato: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo.19 Ond'ella fin dal momento in cui cominciò a vivere, cominciò ad amare Dio con tutte le forze, e tutta a lui si donò. Ma l'anima sua santissima aspettava con gran desiderio il tempo di consagrarsegli intieramente con effetto e con pubblica solennità. Onde consideriamo con quanto fervore l'amante verginella, vedendosi già chiusa in quel santo luogo, prima si prostrò a baciar quella terra, come casa del Signore, indi adorò la sua infinita Maestà, lo ringraziò del favor ricevuto di averla ridotta così per tempo ad abitare nella sua casa, e poi tutta si offerì al suo Dio; tutta senza riserba di cosa, offerendogli tutte le potenze e tutti i sensi, tutta la mente


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e tutto il cuore, tutta l'anima e tutto il corpo; poiché allora fu, come vogliono, che, per piacere a Dio, fece il voto di sua verginità; voto, che Maria fu la prima a farlo, al dir di Ruperto abbate: Votum virginitatis prima emisit (Lib. 1 de Inst. Virg.).20 E si offerì tutta senza limitazione di tempo, come asserisce Bernardino da Busto: Maria seipsam perpetuis Dei obsequiis obtulit et dedicavit (Mar., p. 4, serm. 1);21 mentr'ella ebbe allora intenzione di dedicarsi a servire sua divina Maestà nel tempio per tutta la sua vita, se così a Dio fosse piaciuto, senza più uscire da quel sagro luogo. - Oh con quale affetto dovette allora dire: Dilectus meus mihi et ego illi (Cant. II, 16). Ego illi, come commenta Ugon cardinale, tota vivam et tota moriar.22 Mio Signore e Dio, dicea, io qui son venuta solo per compiacervi e darvi tutto l'onore che posso: qui tutta voglio a voi vivere ed a voi morire, se vi piace; accettate il sagrificio che vi fa questa povera serva, ed aiutatemi ad esservi fedele.

E qui consideriamo quanto fu santa la vita che Maria fece nel tempio, dove, quasi aurora consurgens,23 crescendo sempre nella perfezione come cresce nella sua luce l'aurora, chi mai può spiegare quanto di giorno in giorno risplendevano in lei sempre più belle le sue virtù, la carità, la modestia, l'umiltà, il silenzio, la mortificazione, la mansuetudine? Piantata nella casa di Dio questa bella uliva, dice S. Gio. Damasceno, innaffiata dallo Spirito Santo, divenne abitazione di tutte le virtù: Ad templum adducitur, ac deinde in domo Dei plantata, atque per Spiritum saginata, instar olivae frugiferae virtutum omnium


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domicilium efficitur (Lib. 4, de fid., c. 14).24 In altro luogo dice lo stesso santo: Il volto della Vergine era modesto, l'animo umile, le parole amorevoli, uscendo da un interno composto (Or. 1, de Nat. Virg.).25 Ed altrove asserisce: La Vergine allontano il pensiero da tutte le cose terrene, abbracciando tutte le virtù; esercitando dunque così la perfezione, profittò in poco tempo a tal segno che meritò d'esser fatta tempio degno di Dio (De fid. ort., l. 4, c. 14).26

Parla ancora S. Anselmo della vita della S. Vergine nel tempio, e dice: Maria era docile, poco parlava, stava sempre composta, senza ridere e senza mai turbarsi. Perseverava poi nell'orazione, nella lezione della Sacra Scrittura, ne' digiuni, ed in tutte l'opere virtuose (De form. et mor. B. Mar.).27 S. Girolamo ne riferisce cose più particolari: Maria tenea la sua vita ordinata così: dalla mattina sino a terza stava in


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orazione, da terza sino a nona si occupava in alcun lavoro, da nona ripigliava l'orazione sin che l'angelo le portava il cibo, com'era il solito. Procurava d'esser la prima nelle vigilie, la più esatta nella divina legge, la più profonda nell'umiltà, e in ogni virtù la più perfetta. Niun mai la vide irata: tutte le sue parole uscivano così piene di dolcezza, che sempre nella sua lingua fu riconosciuto Dio (S. Gir., app. l'Ist. della vita di Maria del P. Gius. di Gesù e Maria, carm. scalzo, l. 2, c. 1).28

Rivelò poi la stessa divina Madre a S. Elisabetta vergine benedettina nel monastero di Sconaugia - come si legge appresso S. Bonaventura (De vita Christi, c. 3), - che quand'ella fu lasciata nel tempio da' suoi parenti, deliberò di avere solo Dio per padre; e spesso pensava che potesse fare per dargli gusto: Cum pater meus et mater mea dimiserunt me in templo, statui in corde meo habere Deum in patrem, et saepe cogitabam quid possem facere illi gratum. Determinò di più di consagrargli la sua verginità, e di non possedere cosa alcuna nel mondo, donando a Dio tutta la sua volontà: Statui servare virginitatem, nihil umquam possidere in mundo, et omnem voluntatem meam Deo commisi. In oltre le disse che fra tutti i precetti da osservare si pose avanti gli occhi il precetto: Diliges Dominum Deum tuum; e ch'ella andava di mezza notte a pregare il Signore all'altare del tempio che le concedesse la grazia di osservare i precetti, e di farle veder nata la madre del Redentore, pregandolo che le conservasse gli occhi per vederla,


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la lingua per lodarla, le mani e piedi per servirla, e le ginocchia per adorar nel suo seno il suo divin Figliuolo. Ma S. Elisabetta in sentir ciò le disse: «Ma Signora, voi non eravate piena di grazia e di virtù?» E Maria le rispose: «Sappi ch'io mi riputava la più vile ed indegna della divina grazia; perciò io chiedea così la grazia e le virtù.» E finalmente, acciocché ci persuadiamo della necessità assoluta, che abbiamo tutti di cercare a Dio le grazie che ci abbisognano, le soggiunse: «Pensi tu ch'io abbia avuta la grazia e le virtù senza fatica? Sappi ch'io non ebbi grazia alcuna da Dio senza gran fatica, orazione continua, desiderio ardente, e molte lagrime e penitenze».29

Ma sopra tutto son da considerarsi le rivelazioni fatte a S. Brigida delle virtù ed esercizi praticati dalla B. Vergine nella sua fanciullezza, con queste parole: Sin da bambina Maria fu ripiena dello Spirito Santo, e conforme cresceva in età, cresceva in lei la grazia. Sin d'allora stabilì di amare Dio con tutto il cuore, sicché nelle azioni e nelle parole non mai restasse egli offeso; e perciò tutti i beni della terra eran da lei disprezzati. Dava quanto poteva a' poveri. Nel cibarsi era così temperata che prendeva solamente il puro necessario a sostentare il corpo. Penetrando poi nella Sacra Scrittura che questo Dio dovea nascere da una vergine a redimere il mondo, si accese in tal modo il suo spirito nel divino amore, che non bramavapensava che a Dio, e solo in Dio compiacendosi, fuggiva la conversazione anche de' suoi genitori, acciocché non la distogliessero dalla memoria di Dio. E sommamente desiderava di trovarsi al tempo della venuta del Messia, per poter fare la serva a quella felice verginella, che meritava d'essergli madre. Ciò dicono le rivelazioni fatte a S. Brigida (L. 1, et l. 3, c. 8).30

Ah sì che per amore di questa gran fanciulla accelerò il Redentore la sua venuta nel mondo; poiché dov'ella per sua umiltà non si stimava neppure degna di esser la serva della divina Madre, ella fu eletta per questa Madre; e coll'odore delle sue virtù e colle sue potenti preghiere tirò nel suo seno


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verginale il divin Figliuolo. Perciò fu chiamata Maria tortorella dal suo divino Sposo: Vox turturis audita est in terra nostra (Cant. II, 12); non solo perché ella, a guisa di tortorella, amò sempre la solitudine, vivendo in questo mondo come in un deserto; ma anche perché qual tortorella, che sempre va gemendo per le campagne, Maria sempre gemeva nel tempio, compatendo le miserie del mondo perduto e cercando a Dio la comune Redenzione. Oh con qual maggior affetto e fervore ella ripeteva a Dio nel tempio le suppliche ed i sospiri de' Profeti, acciocché mandasse il Redentore: Emitte Agnum, Domine, dominatorem terrae (Is. XVI, 1).31 Rorate caeli desuper et nubes pluant Iustum (Id. XLV, 8). Utinam dirumperes caelos et descenderes (Id. LXIV, 1).

In somma era l'oggetto delle compiacenze di Dio il veder salire sempre più questa verginella alla più alta perfezione a guisa di una verghetta di fumo, ricca di odori di tutte le virtù, come appunto la descrive lo Spirito Santo ne' Sagri Cantici: Quae est ista quae ascendit per desertum sicut virgula fumi, ex aromatibus myrrhae et thuris et omnis pulveris pigmentarii? (Cant. III, 6). Era in verità questa fanciulla, dice Sofronio, il giardino di delizie del Signore, poiché vi trovava tutte le sorti de' fiori e tutti gli odori delle virtù: Vere Virgo erat hortus deliciarum, in quo consita sunt universa florum genera et odoramenta virtutum (Serm. de Ass.).32 Ond'è che afferma S. Giovan Grisostomo (Ap. Canis., l. I, de B.V., c. 13)33


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che Dio perciò elesse Maria per sua madre in terra, perché non trovò in terra vergine più santa e più perfetta di Maria, né luogo più degno da abitare che l'utero sagrosanto di lei, come dice parimente S. Bernardo: Nec in terris locus dignior utero virginali:34 asserendo sant'Antonino che la beata Vergine, per essere eletta e destinata alla dignità di Madre di Dio, dovette possedere una perfezionegrande e consumata, che avanzasse la perfezione di tutte l'altre creature: Ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum (P. IV, tit. 15, c. 6).35

Conforme dunque la santa pargoletta Maria si presentò e si offerì nel tempio a Dio presto ed intieramente; così noi in questo giorno senza dimora e senza riserva presentiamoci a Maria, e preghiamola ch'ella ci offerisca a Dio, il quale non ci rifiuterà vedendoci offerti per mano di lei, che fu il tempio vivo dello Spirito Santo, la delizia del suo Signore e la madre eletta del Verbo Eterno. E speriamo assai in questa eccelsa e gratissima Signora, che ricompensa con troppo amore gli ossequi ch'ella riceve da' suoi divoti, come può scorgersi dal seguente esempio.

Esempio.

Si legge nella Vita di Suor Domenica del Paradiso, descritta dal P. Ignazio del Niente [Nente] domenicano, che in un villaggio nominato Paradiso, presso a Firenze, nacque questa


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verginella da poveri genitori. Sin da fanciulla cominciò ella a servire la divina Madre. Digiunava in suo onore tutti i giorni della settimana, nel sabbato poi dispensava a' poveri quel cibo che s'era tolto di bocca, ed ogni sabbato andava nell'orto di casa o nei campi vicini, ivi raccoglieva tutti i fiori che potea, e li presentava avanti un'immagine della S. Vergine col Bambino in braccio, che tenea in casa.

Ma voltiamoci ora a vedere con quanti favori la gratissima Signora compensava gli ossequi che questa sua serva le offeriva. Stando una volta Domenica alla finestra - ed era allora di dieci anni - vide nella strada una donna di bell'aspetto, e seco un fanciullino, che tutti due stendean le mani in atto di chieder limosina. Va ella per prender il pane, ed ecco che senza aprir la porta, se li vide accanto e vide che il fanciullo tenea ferite le mani, i piedi, e 'l petto. Onde dimandò alla donna: Chi ha ferito questo bambino? Rispose la madre: È stato l'amore. Domenica, innamorata della bellezza e modestia di quel fanciullino, gli dimandò se gli dolevano quelle ferite. Ma quello non rispose se non con un sorriso. Intanto stando già tutti vicini alle immagini di Gesù e di Maria, la donna disse a Domenica: Dimmi, figliuola, chi ti muove a coronar queste immagini di fiori? Ella rispose: Mi muove l'amore che porto a Gesù e Maria. - E quanto gli ami tu? - Gli amo quanto posso. - E quanto puoi? - Quanto essi mi aiutano. - Seguita, allora disse la donna, seguita ad amarli, che ben essi te lo renderanno in paradiso.

Indi la donzella, sentendo uscir da quelle piaghe un odore celeste, chiese alla madre con quale unguento le ungesse, e se quell'unguento si potea comperare. Rispose la donna: Si compera colla fede e colle opere. Domenica offerì il pane. La madre disse: Il cibo di questo mio figlio è l'amore; digli ch'ami Gesù, e lo farai contento. Il bambino a questo nome di amore cominciò a giubilare, e rivolto alla fanciulla le dimandò quanto amava Gesù; ed ella rispondendo che lo amava tanto che giorno e notte sempre a lui pensava né altro cercava che dargli gusto quanto poteva. Or bene, soggiunse egli, amalo, che l'amore t'insegnerà che hai da fare per contentarlo. Crescendo poi l'odore che esalava da quelle piaghe, Domenica esclamò: Oh Dio, quest'odore mi fa morire


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d'amore. Se l'odor d'un fanciullo è così soave, che sarà l'odor del paradiso!

Ma ecco allora mutarsi la scena: la madre comparve vestita da regina, e circondata di luce; e 'l fanciullo risplendente come un sol di bellezza, che prendendo quei stessi fiori gli sparse sulla testa di Domenica, la quale, riconoscendo in quei personaggi Maria e Gesù, s'era prostrata ad adorarli. E così finì la visione.

Domenica poi prese l'abito domenicano, e morì con opinione di santa nell'anno 1553.36

Preghiera.

O diletta di Dio, amabilissima fanciulla Maria, oh se conforme voi vi presentaste nel tempio, e presto e tutta vi consagraste alla gloria e all'amore del vostro Dio, così potessi ogg'io offerirvi i primi anni della mia vita, per dedicarmi tutto a servire voi, santa e dolcissima Signora mia! Ma non sono più in tempo, mentre infelice ho perduti tanti anni a servire il mondo e i miei capricci, quasi scordato in tutto di voi e di Dio. Vae tempori illi in quo non amavi te!37 Ma è meglio tardi, che non incominciar mai. Ecco, o Maria, che oggi a voi mi presento, e mi offerisco tutto alla vostra servitù per quel poco o molto che mi resta da vivere in questa terra; e insieme con voi rinunzio a tutte le creature ed intieramente mi dedico all'amore del mio Creatore.

Vi consacro dunque, o Regina, la mia mente, acciocché pensi sempre all'amor che voi meritate; la mia lingua a lodarvi, il mio cuore ad amarvi. Accettate voi, o SS. Verginella, l'offerta che vi presenta questo misero peccatore; accettatela, vi prego, per quella consolazione che sentì il vostro cuore, quando nel tempio vi donaste a Dio. E se tardi mi pongo io a servirvi, è ragione che compensi il tempo perduto con raddoppiarvi gli ossequi e l'amore.


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Aiutate voi colla vostra potente intercessione, o madre di misericordia, la mia debolezza, con impetrarmi dal vostro Gesù la perseveranza e la forza per esservi fedele sino alla morte; acciocch'io, sempre servendovi in questa vita, possa venire a lodarvi in eterno nel paradiso. Amen.38

DISCORSO IV. - Dell'Annunziazione di Maria.

Maria nell'Incarnazione del Verbo non poté umiliarsi più di quello che si umiliò: Iddio all'incontro non poté esaltarla più di quello che l'esaltò.

Chi si esalta sarà umiliato, e chi s'umilia sarà esaltato. Questa è parola del Signore, non può fallire: Qui autem se exaltat humiliabitur, et qui se humiliaverit exaltabitur (Matth. XXIII, 12). Ond'è che avendo Dio stabilito di farsi uomo per redimere l'uomo perduto e così manifestare al mondo la sua bontà infinita, e dovendo in terra eleggersi la madre, andava cercando fra le donne chi fosse fra di loro la più santa e la più umile. Ma fra tutte una ne mirò, e fu la verginella Maria, che quanto era più perfetta nelle virtù, tanto più semplice ed umile qual colomba era nel suo concetto. Adolescentularum, dicea il Signore, non est numerus: una est columba mea, perfecta mea (Cant. VI, [7], 8). Onde questa, disse Iddio, sia la mia madre eletta. Quindi vediamo quanto Maria fu umile, e perciò quanto Iddio l'innalzò.

Maria nell'Incarnazione del Verbo non poté più umiliarsi di quello che s'umiliò; sarà il primo punto. Iddio non poté esaltar Maria più di quello che l'esaltò; sarà il secondo.

Punto I.

Parlando appunto il Signore nei Sacri Cantici dell'umiltà di questa umilissima Verginella, disse: Dum


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esset rex in accubitu suo, nardus mea dedit odorem suum (Cant. I, 11). Commenta S. Antonino le citate parole, e dice che nella pianta di nardo, per esser questa così picciola e bassa, fu figurata l'umiltà di Maria, il cui odore salì al cielo, e fin dal seno dell'Eterno Padre tirò nell'utero suo verginale il Verbo Divino: Nardus est herba parva, et significat beatam Virginem, quae dedit humilitatis odorem; qui odor usque ad caelum ascendit, et in caelo accumbentem fecit quasi evigilare et in utero suo quiescere (P. 4, lib. 15, c. 21, § 2).1 Sicché il Signore, tirato dall'odore di questa umile Verginella, l'elesse per sua madre nel volersi far uomo per redimere il mondo. Ma egli per maggior gloria e merito di questa madre non volle farsi di lei figlio, senza averne prima il consenso: Noluit carnem sumere ex ipsa, non dante ipsa, dice Guglielmo abbate (In Cant. 3).2 Quindi mentre l'umile Verginella se ne stava nella sua povera casetta, e se ne stava sospirando e pregando Dio allor più che mai con maggior desiderio, acciò mandasse il Redentore, come fu rivelato a S. Elisabetta monaca di S. Benedetto;3 ecco viene l'arcangelo Gabriele a portare la grande imbasciata; entra e la saluta dicendo: Ave, gratia plena; Dominus tecum; benedicta tu in mulieribus (Luc. I, [28]): Dio vi salvi, o Vergine piena di grazia, poiché voi foste sempre ricca della


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grazia sopra tutti gli altri santi. Il Signore è con voi, perché voi siete così umile. Voi siete benedetta fra le donne, mentre tutte l'altre incorsero nella maledizione della colpa, ma voi, perché Madre del Benedetto, siete stata e sarete sempre benedetta e libera da ogni macchia.4

L'umile Maria intanto a questo saluto, così pieno di lodi, che risponde? Niente; ella non rispose, ma pensando a tal saluto si turbò: Quae cum audisset, turbata est in sermone eius et cogitabat qualis esset ista salutatio. - E perché mai si turbò? forse per timore d'illusione, o per modestia, vedendo un uomo, come vuole alcuno, pensando che l'angelo le apparve in forma umana? No, il testo è chiaro, turbata est in sermone eius; nota Eusebio Emisseno: Non in vultu, sed in sermone eius.5 Fu adunque un tal turbamento tutto d'umiltà al sentir quelle lodi tutte lontane dal suo umile concetto. Onde quanto più dall'angelo sente innalzarsi, più ella s'abbassa ed entra a considerare il suo niente. Riflette qui S. Bernardino e dice che se l'angelo mai l'avesse detto ch'ella era la maggiore peccatrice del mondo, Maria non se ne sarebbe così ammirata; ma in udir quelle lodi così eccelse, tutta si turbo: Si dixisset: O Maria, tu es maior ribalda quae est in mundo, non ita admirata fuisset: unde turbata fuit de tantis laudibus (Serm. 35, de Am. inc., p. 3).6 Si turbò, perch'ella, essendo sì


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piena d'umiltà, abborriva ogni sua lode, e desiderava che il suo Creatore e dator d'ogni bene fosse lodato e benedetto; così appunto Maria stessa disse a S. Brigida, parlando del tempo in cui fu fatta Madre di Dio: Nolui laudem meam, sed solius datoris et Creatoris (L. 2, Rev., c. 23).7

Ma almeno, io dico, già la B. Vergine era ben istruita dalle Sacre Scritture essere giunto già il tempo predetto da' Profeti della venuta del Messia, già compite le settimane di Daniele, già secondo la profezia di Giacobbe passato in mano di Erode re straniero lo scettro di Giuda, già sapea che una vergine dovea esser la madre del Messia; sente poi dall'angelo darsele quelle lodi, che ad altra già parea che non convenissero, se non ad una madre di Dio; le venne forse allora il pensiero, almeno un chi sa se mai fosse ella questa madre di Dio eletta? No, la sua profonda umiltà non la fece neppure entrare in questo pensiero. Valsero solamente quelle lodi a farla entrare in gran timore, talmenteché, come riflette S. Pier Grisologo: Sicut Christus per angelum voluit confortari, ita per angelum debuit Virgo animari:8 Siccome il Salvatore voll'essere confortato da un angelo, così fu bisogno che S. Gabriele, vedendo Maria così sbigottita a quel saluto, l'animasse dicendo: Ne timeas, Maria, invenisti gratiam apud Deum: Non temete, o Maria, né vi stupite de' titoli grandi con cui v'ho salutata; poiché se voi negli occhi vostri siete così picciola e bassa, Dio ch'esalta gli umili vi ha fatta degna di trovar la grazia dagli uomini perduta, e perciò egli vi ha preservata dalla macchia comune di tutti i figli d'Adamo; perciò fin dalla


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vostra Concezione vi ha onorata d'una grazia maggior di quella di tutti i santi; perciò finalmente ora vi esalta sino ad esser sua madre: Ecce concipies et paries filium, et vocabis nomen eius Iesum.

Or via, che s'aspetta? Exspectat angelus responsum - parla qui S. Bernardo - exspectamus et nos, o Domina, verbum miserationis, quos miserabiliter premit sententia damnationis (Hom. 4, sup. Miss.): Signora, aspetta l'angelo la vostra risposta; l'aspettiamo più noi già condannati alla morte. Esce offertur tibi pretium salutis nostrae; statim liberabimur, si consentis. Siegue a parlar S. Bernardo: Ecco, o madre nostra, a voi già s'offerisce il prezzo di nostra salute, che sarà il Verbo Divino in voi fatt'uomo; se voi lo accettate per figlio, subito saremo dalla morte liberati. Ipse quoque Dominus, quantum concupivit decorem tuum, tantum desiderat et responsionis assensum, in qua nimirum proposuit salvare mundum (S. Bern., loc. cit.):9 Lo stesso vostro Signore, quanto egli s'è innamorato di vostra bellezza, altrettanto desidera il vostro consenso, in cui ha stabilito di salvare il mondo. Responde iam Virgo sacra, ripiglia S. Agostino: vitam quid tricas mundo? (Serm. 21, de Temp.):10 Presto, Signora, rispondete; non ritardate più al mondo la salute, che dal vostro consenso ora dipende.

Ma ecco che Maria già risponde; risponde all'angelo e dice: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. O risposta, che più bella, più umile e più prudente non avrebbe potuto inventare tutta la sapienza degli uomini e degli angeli insieme, se vi avessero pensato per un milione d'anni! O


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risposta potente che rallegraste il cielo ed apportaste alla terra un mare immenso di grazie e di beni! Risposta che appena uscita dall'umil cuore di Maria tiraste dal seno dell'Eterno Padre l'unigenito Figlio nel suo purissimo utero a farsi uomo! Sì, perché appena proferite quelle parole: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum, subito Verbum caro factum est, il Figliuol di Dio divenne anche figliuol di Maria. O fiat potens! - esclama S. Tommaso da Villanova - o fiat efficax! o fiat super omne fiat venerandum! (Conc. 1, de Ann.). Poiché cogli altri fiat Iddio creò la luce, il cielo, la terra; ma con questo fiat di Maria, dice il santo, un Dio diventò uomo come noi.11

Ma non ci partiamo dal nostro punto; consideriamo la grande umiltà della Vergine in questa risposta. - Ben ella era illuminata a conoscere quanto fosse eccelsa la dignità di Madre di Dio. Già dall'angelo veniva assicurata ch'ella era questa felice madre eletta dal Signore. Ma con ciò ella niente si avanza nella stima di se stessa, niente si ferma a compiacersi della sua esaltazione, guardando da una parte il suo niente e dall'altra l'infinita maestà del suo Dio, che la scegliea per sua madre, si conosce indegna di tanto onore, ma non vuole opporsi punto alla di lui volontà. Onde richiesta del suo consenso, che fa? che dice? Ella tutta annientata in se stessa, tutta infiammata d'altra via di desiderio di unirsi così maggiormente con Dio, tutt'abbandonandosi nella divina volontà: Ecce, risponde, ecce ancilla Domini. Ecco la schiava del Signore, obbligata a fare quel che 'l suo Signore comanda. E volea dire: Se il Signore elegge per sua madre me che niente ho del mio,


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tutto quel che ho è suo dono, chi mai può pensare ch'egli m'elegga per merito mio? Ecce ancilla Domini. Che merito mai può avere una schiava per esser fatta madre del suo Signore? Ecce ancilla Domini. Si lodi solamente dunque la bontà del Signore, e non si lodi la schiava; giacch'è tutta sua bontà mettere gli occhi su d'una creaturabassa come son io, e farla così grande.

O humilitas - qui esclama Guerrico abbate - angusta sibi, ampla divinitati! Insufficiens sibi, sufficiens ei quem non capit orbis!12 O grande umiltà di Maria che la rende picciola a se stessa, ma grande davanti a Dio! Indegna agli occhi suoi, ma degna agli occhi di quel Signore immenso, che non è capito dal mondo.

Ma più bella a tal proposito è l'esclamazione di S. Bernardo che fa nel sermone quarto di Maria assunta in cui dice, ammirando l'umiltà di Maria: Signora, e come voi avete potuto unir nel vostro cuore concetto di voi stessa così umile con tanta purità, con tanta innocenza, e tanta pienezza di grazia che voi possedete? Quanta humilitatis virtus, cum tanta puritate, cum innocentia tanta, imo cum tanta gratiae plenitudine? E donde mai, siegue il santo, o Vergine beata, si è così ben radicata in voi questa umiltà, e tanta umiltà, vedendovi così onorata ed innalzata da Dio? Unde tibi humilitas et tanta humilitas, o beata?

Lucifero vedendosi dotato di gran bellezza aspirò ad esaltare il suo trono sulle stelle e rendersi simile a Dio: Super astra Dei, disse, exaltabo solium meum... et similis ero Altissimo (Is. XIV, 13). Or che avrebbe detto e preteso il superbo, se mai si fosse veduto ornato de' pregi di Maria? L'umile Maria non fece così: quanto più ella si vide esaltata, tanto più si


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umiliò. Ah Signora, per questa sì bella umiltà - conclude S. Bernardo - ben voi vi siete fatta degna d'essere mirata da Dio con amor singolare: degna d'innamorare il vostro Re colla vostra bellezza: degna di trarre coll'odor soave di vostra umiltà l'eterno Figlio dal suo riposo, dal seno di Dio nel vostro purissimo utero: Digna plane quam respiceret Dominus, cuius decorem concupisceret rex, cuius odore suavissimo ab aeterno illo paterni sinus attraheretur accubitu (Loc. cit.).13 Onde dice Bernardino da Bustis che meritò più Maria con quella risposta: Ecce ancilla Domini, che non potrebbero meritare tutte le creature con tutte le opere loro: B. Virgo plus meruit, dicendo humiliter, Ecce ancilla Domilli, quam simul mereri possent omnes purae creaturae (Mar. 12, p. 5, p. 2).14


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Così è, dice S. Bernardo, mentre questa innocente Vergine, benché colla sua verginità si rendé cara a Dio, nulladimeno coll'umiltà si rendé poi degna, per quanto potea rendersi degna una creatura, d'essere fatta Madre del suo Creatore: Etsi placuit ex virginitate, tamen ex humilitate concepit (Hom. 1, sup. Miss.).15 E lo conferma S. Girolamo dicendo che Dio più per la di lei umiltà, che per tutte l'altre sue eccelse virtù, l'elesse per madre: Maluit Deus de Virgine incarnari propter humilitatem, quam propter aliam quamcumque virtutem.16 Maria stessa ciò l'espresse a S. Brigida, con dirle: Donde io meritai una tal grazia d'esser fatta Madre del mio Signore, se non perché conobbi il mio niente e mi umiliai? Unde promerui tantam gratiam, nisi quia cogitavi et scivi nihil me esse vel habere? (Lib. 2, Rev., c. 35).17 E prima lo dichiarò nel suo umilissimo cantico, quando disse: Quia respexit humilitatem ancillae suae... fecit mihi magna qui potens est (Luc. I, [48, 49]). Dove nota S. Lorenzo Giustiniani che la B. Vergine Non ait, respexit virginitatem, innocentiam, sed humilitatem tantum.18 E per questa umiltà, avverte S. Francesco di Sales che non già intendeva Maria di lodare la virtù della sua


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umiltà, ma volle dichiarare che Dio avea riguardato il suo niente - humilitatem, idest nihilitatem - e per sua mera bontà avea voluto così esaltarla.19

In somma dice S. Agostino che l'umiltà di Maria fu come una scala, per cui si degnò il Signore di scendere in terra a farsi uomo nel suo seno: Facta est Mariae humilitas scala caelestis, per quam Deus descendit ad terras (Sup. Magn.).20 E lo confermò S. Antonino dicendo che l'umiltà della Vergine fu la disposizione di lei più perfetta e più prossima ad esser Madre di Dio: Ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum; quae praeparatio fuit per profundam humilitatem (P. 5, tit. 15, c. 6 et 8).21 E con ciò s'intende ciò che predisse Isaia: Egredietur virga de radice lesse et flos de radice eius ascendet (Is. XI, 1). Riflette il B. Alberto Magno che 'l fiore divino, cioè l'Unigenito di Dio, secondo disse Isaia, dovea nascere non già dalla sommità o dal tronco della pianta di Gesse, ma dalla radice, appunto per dinotare l'umiltà della madre: De radice eius, humilitas cordis intelligitur.22 E più chiaro lo spiega l'abbate di Celles: Nota quod non ex summitate,


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sed de radice ascendet flos.23 E perciò disse il Signore a questa sua diletta figlia: Averte oculos tuos, quia ipsi me avolare fecerunt (Cant. 5).24 S. Agostino: Unde avolare, nisi a sinu Patris in uterum Matris?25 Sul qual pensiero dice il dotto interprete Fernandez che gli occhi umilissimi di Maria, con cui ella rimirò sempre la divina grandezza, non perdendo mai di vista il suo niente, fecero tal violenza a Dio stesso, che lo trassero nel di lei seno: Ita illius oculi humillimi Deum tenuerunt, ut suavissima quadam violentia ipsummet Dei Patris Verbum in uterum suum Virgo attraxerit (In c. 14 Gen., sect. 1).26 E con ciò s'intende, dice l'abbate Francone, perché lo Spirito Santo tanto lodò la bellezza di questa sua sposa per gli occhi che aveva di colomba: Quam pulchra es, amica mea! quam pulchra es! oculi tui columbarum (Cant. IV, 1). Perché Maria guardando Dio con occhi di semplice ed umil colomba, tanto l'innamorò di sua bellezza, che con legami d'amore lo fe' prigioniero nel suo utero verginale. Così parla l'abbate Francone: Ubinam terrarum tam speciosa Virgo inveniri posset quae regem caelorum oculis caperet et vinculis caritatis pia violentia captivum traheret? (De grat. No. Test., tr. 6).27


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Sicché Maria - concludiamo questo punto - nell'Incarnazione del Verbo, come abbiam veduto da principio, non poté più umiliarsi di quello che si umiliò. Vediamo ora come Dio, avendola fatta sua madre, non poté più esaltarla di quello che l'esaltò.

Punto II.

Per comprendere l'altezza a cui fu innalzata Maria, bisognerebbe comprendere quanto sublime sia l'altezza e la grandezza di Dio. Basterà solamente dunque dire che Dio fe' questa Vergine sua madre, per intendere che Dio non poté esaltarla più di quello che l'esaltò. Bene asserì S. Arnoldo Carnotense che Dio, facendosi figliuol della Vergine, la costituì in un'altezza superiore a tutti i santi ed angeli: Maria constituta est super omnem creaturam (Tract. de L. V.).28 Sicché, fuori di Dio, ella senza paragone è più alta di tutti gli spiriti celesti, come parla S. Efrem: Nulla comparatione ceteris superis est gloriosior (Or. de laud. Deip.).29 E lo conferma S. Andrea Cretense: Excepto Deo, omnibus altior (Or. de dorm. Deip.),30 con S. Anselmo che dice: Signora, voi non avete chi vi sia eguale, perché ognun altro o è sopra o sotto di voi; Dio solo è a voi superiore, e tutti gli altri sono inferiori a voi: Nihil tibi, Domina, est aequale; omne enim quod est, aut supra te est, aut infra: quod supra, solus Deus; quod infra, est omne quod Deus non


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est (Ap. Pelb., Stellar. 2, p. 3, art. 2).31 È così grande in somma, ripiglia S. Bernardino, l'altezza di questa Vergine, che solo Dio la può e sa comprendere: Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo cognoscenda reservetur (T. 2, serm. 51, a. 3, c. 2).32

E ciò toglie la meraviglia di taluno - avverte S. Tommaso da Villanova - perché i sagri Vangelisti che sono statidiffusi in registrare le lodi di un Battista, d'una Maddalena, sieno stati poi sì scarsi in descrivere i pregi di Maria. Satis fuit, risponde il santo, de ea dicere: de qua natus est Iesus. Che più vai cercando, siegue a parlare il medesimo, che dicano i Vangelisti delle grandezze di questa Vergine? ti basti che attestino esser ella la Madre di Dio. Avendo essi dunque scritto in questo solo detto il massimo, il tutto de' suoi pregi, non fu bisogno che li andassero descrivendo per parti: Quid ultra requiris? Sufficit tibi quod Mater Dei est. Ubi ergo totum erat, pars scribenda non fuit (Conc. 2, de Nat. V.).33 E come no? ripiglia S.


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Anselmo: il dirsi di Maria ciò solamente, ch'ella sia Madre di un Dio, sopravanza ogni altezza che può dirsi o pensarsi dopo Dio: Hoc solum de S. Virgine praedicari, quod Dei Mater sit, excedit omnem altitudinem quae post Deum dici vel cogitari potest (De exc. Virg., c. 4).34 E Pietro Cellense sullo stesso pensiero soggiunge: Dagli qual vuoi nome di Regina del cielo, di Signora degli angeli, o qualunque altro titolo d'onore, non mai giungerai ad onorarla tanto quanto col solo chiamarla Madre di Dio: Si caeli reginam, si angelorum dominam, vel quodlibet aliud protuleris; non assurges ad hunc honorem, quo praedicatur Dei Genitrix (L. de pan., c. 21).35

La ragione è evidente, perché, come insegna l'Angelico, quanto più una cosa si avvicina al suo principio tanto più riceve della di lui perfezione; e perciò essendo Maria la creatura più vicina a Dio, ella n'ha partecipato più di tutte le altre di grazia, di perfezione e di grandezza: Quanto aliquid magis participat illius effectum, etc. Beata autem Virgo Maria propinquissima Christo fuit, quia ex ea accepit humanam naturam; et ideo prae ceteris maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere (3 p., q. 27, a. 5).36 Quindi il P. Suarez ricava


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la ragione, perché la dignità di Madre di Dio sia d'ordine superiore ad ogni altra dignità creata; mentre quella s'appartiene in certo modo all'ordine dell'unione con una persona divina, colla quale va necessariamente congiunta: Dignitas Matris est altioris ordinis, pertinet enim quodammodo ad ordinem unionis hypostaticae; illam enim intrinsece respicit et cum illa necessariam coniunctionem habet (T. 2, in 3 p., Id. 2, s. 2).37 Onde asserisce S. Dionisio Cartusiano che dopo l'unione ipostatica non ve n'è più prossima, che quella di Madre di Dio: Post hypostaticam coniunctionem, non est alia tam vicina, ut unio Matris Dei cum Filio suo (L. 2, de laud. Virg.).38 Questa è, insegna S. Tommaso, l'unione suprema che può avere una pura creatura con Dio: Est suprema quaedam coniunctio cum persona infinita (1 p., q. 25, a. 6).39 E il B. Alberto Magno asserisce che l'esser Madre di Dio è la dignità immediata dopo la dignità d'esser Dio: Immediate post esse Deum, est esse Matrem Dei (Sup. Miss., c. 180). Onde dice che Maria non poté esser più unita a Dio di quel che fu, se non con diventare anche Dio: Magis Deo coniungi, nisi fieret Deus, non potuit.40


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Afferma S. Bernardino che la S. Vergine per esser Madre di Dio bisognò che fosse innalzata ad una certa egualità colle persone divine per una quasi infinità di grazie: Quod femina conciperet et pareret Deum, oportuit eam elevari ad quamdam aequalitatem divinam per quamdam infinitatem gratiarum (Tom. 1, serm. 61, c. 16).41 Ed essendoché i figli coi loro genitori, moralmente parlando, si reputano la stessa cosa, sicché tra di loro comuni sono i beni, comuni gli onori; quindi dice S. Pier Damiani che se Dio abita in diversi modi nelle creature, in Maria abitò con modo singolare d'identità, facendosi la stessa cosa con Maria: Quarto modo inest Deus creaturae, scilicet Mariae Virgini, per identitatem, quia idem est quam illa (Serm. 1, de Nat. V.). Indi esclama con quel celebre detto: Hinc taceat et contremiscat omnis creatura, et vix audeat aspicere tantae dignitatis immensitatem. Habitat Deus in Virgine, cum qua unius naturae habet identitatem (Loc. cit.).42

Perciò asserisce S. Tommaso che Maria essendo fatta Madre di Dio, per ragione di questa unione così stretta con un bene infinito, ricevé una certa infinita dignità,43 che il P. Suarez chiama infinita nel suo genere: Dignitas Matris Dei suo genere


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est infinita (T. 2, in 3 p., d. 18, s. 4).44 Poiché la dignità di divina madre è la massima dignità che può conferirsi ad una pura creatura; insegnando l'Angelico che siccome l'umanità di Gesù Cristo, sebben ella avrebbe potuto ricevere da Dio maggiore grazia abituale: Cum enim gratia habitualis - ecco la ragione che ne assegna - sit donum creatum, confiteri oportet quod habeat essentiam finitam. Est cuiuslibet creaturae determinata capacitatis mensura, quae tamen divinae potestati non praeiudicat quin possit aliam creaturam maioris capacitatis facere (Opusc. 2, Comp. Th., c. 215);45 nulladimeno in quanto all'unione con una persona divina, non poté ricevere maggior pregio: Virtus divina licet possit facere aliquid maius et melius quam sit habitualis gratia Christi, non tamen posset facere quod ordinaretur ad aliquid maius quam sit unio personalis ad Filium unigenitum a Patre (3 p., q. 7, a. 12, ad 2).46 Così all'incontro la B. Vergine non poté esser fatta più grande in dignità che d'esser Madre di Dio: B. Virgo ex hoc quod est Mater Dei, habet quamdam dignitatem infinitam ex bono infinito quad est Deus; et ex hac parte non potest fieri melius (1 p., q. 25, a. 6, ad 4).47 Lo stesso scrisse S. Tommaso da Villanova: Utique habet quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti (Conc. 3, de Nat. Mar.).48 E S. Bernardino dice che lo stato a cui Dio esaltò Maria di sua madre fu sommo, sicché non poté innalzarla più: Status maternitatis Dei erat summus status, qui purae creaturae dari posset 


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(Tom. 3, ser. 6, a. 3, c. 1).49 E lo conferma il B. Alberto Magno: Dominus B. Virgini summum donavit, cuius capax fuit pura creatura, scilicet Dei maternitatem (L. 1, de laud. V., c. 178).50

Quindi S. Bonaventura scrisse quella celebre sentenza, che Dio può fare già un mondo maggiore, un cielo più grande, ma non può fare una creatura più eccelsa che con farla sua madre: Esse Matrem Dei est gratia maxima purae creaturae conferibilis. Ipsa est quam maiorem facere non potest Deus. Maiorem mundum facere potest Deus, maius caelum, maiorem quam Matrem Dei facere non potest (Spec. B.V., lect. 10).51 Ma meglio di tutti la stessa divina Madre espresse l'altezza a cui Dio l'avea sublimata, quando disse: Fecit mihi magna qui potens est (Luc. I, [49]). E perché mai la S. Vergine non dichiarò quali erano queste gran cose concedute da Dio? Risponde S. Tommaso da Villanova che Maria non le spiegò, perché erano sì grandi che non poteano spiegarsi: Non explicat


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quaenam haec magna fuerint, quia inexplicabilia (Conc. 3, de Nat. V.).52

Ond'ebbe ragione S. Bernardo di dire che Dio per questa Vergine, che doveva essere sua madre, ha creato tutto il mondo: Propter hanc totus mundus factus est (Serm. 7, in Salv. Reg.);53 e S. Bonaventura di dire che 'l mondo persevera a disposizion di Maria: Dispositione tua, Virgo sanctissima, perseverat mundus, quem et tu cum Deo ab initio fundasti (Ap. il P. Pepe, lez. 371),54 aderendo il santo in ciò alle parole dei Proverbi dalla Chiesa applicate a Maria: Cum eo eram cuncta componens (Prov. VIII, [30]). Aggiunse S. Bernardino che Dio per amor di Maria non distrusse l'uomo dopo il peccato di Adamo: Propter singularissimam dilectionem ad hanc Virginem praeservavit (Tom. 1, serm. 61, c. 8).55 Quindi con ragione la S. Chiesa canta di Maria: Optimam partem elegit


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(In off. Ass. B.M.).56 Mentre questa Madre vergine non solo elesse l'ottime cose, ma dell'ottime cose elesse l'ottima parte, dotandola il Signore in sommo grado - come attesta il B. Alberto Magno - di tutte le grazie e doni generali e particolari conferiti a tutte l'altre creature; tutto in conseguenza della dignità concedutale di divina madre: Beatissima Virgo gratia fuit plena, quia omnes gratias generales et speciales omnium creaturam in summo habuit (Bibl. Ma., in Luc. 13).57

Sicché fu Maria bambina, ma di quello stato ebbe solo l'innocenza, non già il difetto d'incapacità; poiché dal primo suo vivere ebb'ella sempre uso perfetto della ragione. Fu vergine, ma senza l'ignominia di sterile. Fu madre, ma unitamente col pregio della verginità. Fu bella, anzi bellissima, come dice Riccardo di S. Vittore58 con S. Giorgio Nicomediense59 e S. Dionisio Areopagita, il quale - secondo molti ammettono - godè di vedere una volta la sua bellezza, e disse che se la fede non l'avesse istruito che quella era creatura, l'avrebbe adorata per Dio:60 e lo stesso Signore rivelò a S. Brigida che


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la bellezza di sua madre superò la bellezza di tutti gli uomini e degli angeli, facendosi udir dalla santa parlar con Maria e dirle: Omnes angelos et omnia quae creata sunt excessit pulchritudo tua (Lib. 1 Rev., c. 51).61 Fu bellissima, dico, ma senza danno di chi la guardava, giacché la sua bellezza fugava i moti impuri, anzi ingeriva pensieri di purità, come attesta S. Ambrogio: Tanta erat eius gratia, ut non solum in se virginitatem servaret, sed etiam si quos inviseret integritatis donum insigne conferret (De Inst. Virg., c. 7).62 E 'l conferma S. Tommaso: Gratia sanctificationis non solum repressit in Virgine motus illicitos, sed etiam in aliis efficaciam habuit; ita ut quamvis esset pulchra corpore, a nullo concupisceretur (In 3 dist., disp. 2, q. 2, a. 2).63 Che perciò ella si nominò


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mirra che impedisce la putredine: Quasi myrrha electa dedi suavitatem odoris;64 come l'applica la S. Chiesa. Nella vita attiva operava, ma senza che l'operare la distogliesse dall'unione con Dio. Nella contemplativa stava raccolta in Dio, ma senza negligenza del temporale e della carità dovuta al prossimo. Toccò a lei la morte, ma senza le sue angustie e senza la corruzione del corpo.

Dunque concludiamo. - Questa divina Madre ella è infinitamente inferiore a Dio, ma è immensamente superiore a tutte le creature. E s'è impossibile trovare un figlio più nobile di Gesù, è impossibile ancora trovare una madre più nobile di Maria. Ciò dee servire a' divoti di questa regina non solo per rallegrarsi delle sue grandezze, ma anche per accrescere la confidenza nel suo potentissimo patrocinio; poich'essendo Madre di Dio, dice il P. Suarez ch'ella ha un certo dritto sopra i suoi doni per impetrarli a coloro per cui ella prega: Unde fit ut singulare ius habeat ad dona Filii sui (Tom. 2, in 3 p., d. 1, s. 2).65 Dicendo d'altra parte S. Germano che Dio non può non esaudir le preghiere di questa Madre, mentre non può non riconoscerla per sua vera ed immacolata madre; così dice il santo parlando colla Vergine: Tu autem quae materna in Deum auctoritate polles, etiam iis qui enormiter peccant eximiam reconciliationis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi ut verae ac intemeratae Matri suae in omnibus morem gerat (De zona Virg.).66 Sicché


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a voi, o Madre di Dio e madre nostra, non manca potenza da soccorrerci; non manca poi volontà: Nec facultas nec voluntas illi deesse potest (S. Bern., serm. de Ass.).67 Poiché voi già sapete, vi dirò col vostro abbate Cellense, che Dio non vi ha creata solo per sé, ma v'ha data agli angeli per loro ristoratrice, agli uomini per loro riparatrice e a' demoni per loro debellatrice; mentre per vostro mezzo noi ricuperiamo la divina grazia, e per voi il nemico resta vinto e depresso: Non tantum sibi te fecit, sed te angelis dedit in instaurationem, hominibus in reparationem, daemonibus in hostem; nam per te Deus homini pacificatur, diabolus vincitur et conteritur (V. in Prol. Cont. Virg.).68

E se desideriamo compiacere la divina Madre, salutiamola spesso coll'Ave Maria. Apparve un giorno Maria a S. Metilde e le disse che niuno potea meglio riverirla che con questo saluto.69 Ed indi trarremo benanche grazie singolari da questa madre di misericordia, come si vedrà dal seguente esempio.


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Esempio.

È celebre quell'avvenimento che riferisce il P. Paolo Segneri nel suo Cristiano Istruito (P. 3, Rag. 34).70 Andò a confessarsi in Roma al P. Niccolò Zucchi un giovane carico di peccati disonesti e di mali abiti. Il confessore l'accolse con carità, e compatendo la sua miseria, gli disse che la divozione alla Madonna potea liberarlo da quel vizio maledetto: onde gl'impose per penitenza che sino all'altra confessione, ogni mattina e sera, in alzarsi e porsi a letto, recitasse un'Ave Maria alla Vergine; offerendole gli occhi, le mani e tutto il suo corpo, con pregarla a custodirlo come cosa sua, e baciare tre volte la terra. Il giovane praticò questa penitenza, e da principio con picciola emendazione. Ma il padre continuò ad inculcargli che non la lasciasse mai, dandogli animo a confidare nel patrocinio di Maria.

Fra questo tempo il penitente si partì con altri compagni ed andò per più anni girando il mondo. Tornato che fu in Roma, fu di nuovo a ritrovare il suo confessore, il quale, con giubilo grande e maraviglia, lo trovò tutto mutato e libero dalle


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antiche sozzure. Figlio, gli disse, come hai ottenuto da Diobella mutazione? Rispose il giovine: Padre, la Madonna con quella picciola divozione che voi m'insegnaste, m'ha ottenuta la grazia.

Ma non finiscono qui le maraviglie. Il medesimo confessore narrò dal pulpito questo fatto; l'intese un capitano, il quale da molti anni aveva una mala pratica con una certa donna, propose anch'egli di fare la stessa divozione per liberarsi da quella orribil catena che lo tenea schiavo del demonio - il qual fine è necessario in tutti quei peccatori, acciocché la Vergine possa aiutarli - e così anch'egli lasciò la pratica e cambiò vita. - Ma che più? In capo a sei mesi egli scioccamente, e troppo fidandosi delle sue forze, volle andare un giorno a trovar quella femmina per vedere se ell'ancora avesse mutato vita. Ma nell'accostarsi alla porta della casa dove correva manifesto pericolo di tornare a cadere, si sentì da una forza invisibile respingere indietro, e si trovò tanto lontano dalla casa quanto era lunga quella strada, e fu lasciato avanti la casa propria; e conobbe allora con un lume chiaro che Maria così lo liberava dalla sua perdizione. - Dal che si scorge quanto è sollecita la nostra buona Madre non solo a cavarci dal peccato, se noi con questo buon fine a lei ci raccomandiamo, ma anche a liberarci dal pericolo di nuove cadute.

Preghiera.

O Vergine immacolata e santa, o creatura la più umile e la più grande dinanzi a Dio! Voi foste così picciola agli occhi vostri, ma foste così grande agli occhi del vostro Signore, che vi esaltò sino a scegliervi per sua madre e quindi a farvi la regina del cielo e della terra. Ringrazio dunque quel Dio che tanto v'ha innalzata, e me ne rallegro con voi in vedervi così unita a Dio che più non è permesso ad una pura creatura. Davanti a voi, che siete così umile con tanti pregi, mi vergogno di comparire io misero così superbo con tanti peccati. Ma pure misero qual sono


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voglio anch'io salutarvi: Ave, Maria, gratia plena: Voi siete già piena di grazia, impetratene parte anche a me. Dominus tecum: Quel Signore ch'è stato sempre con voi sin dal primo momento di vostra creazione, ora s'è più stretto con voi facendosi vostro Figlio. Benedicta tu in mulieribus: O donna benedetta fra tutte le donne, ottenete anche per noi la divina benedizione. Et benedictus fructus ventris tui: O pianta beata che avete dato al mondo frutto così nobile e santo! Sancta Maria Mater Dei: O Maria, io confesso che voi siete vera Madre di Dio, e per questa verità son pronto a dare mille volte la vita. Ora pro nobis peccatoribus: Ma se voi siete la Madre di Dio, siete ancora la madre della nostra salute e di noi poveri peccatori, giacché per salvare i peccatori Iddio s'è fatto uomo; ed egli ha fatto voi sua madre, acciocché le vostre preghiere abbiano virtù di salvare qualunque peccatore. Su dunque, o Maria, pregate per noi. Nunc et in hora mortis nostrae: Pregate sempre: pregate ora che stiamo in vita in mezzo a tante tentazioni e pericoli di perdere Dio; ma più pregate poi nell'ora di nostra morte, allorché staremo al punto di uscir da questo mondo ed essere presentati al divin tribunale; acciocché salvandoci per li meriti di Gesù Cristo e per la vostra intercessione, possiamo venire un giorno, senza pericolo più di perderci, a salutarvi e lodarvi col vostro Figlio in cielo per tutta l'eternità. Amen.


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DISCORSO V. - Della Visitazione di Maria.

Maria è la tesoriera di tutte le divine grazie: onde chi desidera grazie dee ricorrere a Maria; e chi ricorre a Maria dee star sicuro d'aver le grazie che desidera.

Felice si stima quella casa che viene visitata da qualche personaggio reale, e per l'onore che ne riceve e per li vantaggi che poi ne spera. Ma più felice dee chiamarsi quell'anima ch'è visitata dalla regina del mondo Maria Santissima, la quale non sa non riempire di beni e di grazie quell'anime beate, ch'ella si degna di visitare per mezzo de' suoi favori. Fu benedetta la casa di Obededom, allorché fu visitata dall'arca del Signore: Benedixit Dominus domui eius (I Par. XIII, [14]). Ma di quante maggiori benedizioni sono arricchite quelle persone, che ricevon qualche visita amorosa da quest'arca viva di Dio quale fu la divina Madre! Felix illa domus quam Mater Dei visitat, scrisse Engelgrave.1 Ben l'esperimentò la casa del Battista, dove appena entrando Maria, colmò tutta quella famiglia di grazie e benedizioni celesti; che perciò la presente festa della Visitazione si chiama comunemente la festa della Madonna delle Grazie.

Quindi vedremo oggi nel presente discorso, come la divina Madre è la tesoriera di tutte le grazie. E divideremo il discorso in due punti. Nel primo vedremo che chi desidera grazie, dee ricorrere a Maria. Nel secondo, che chi ricorre a Maria, dee star sicuro d'aver le grazie che desidera.


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Punto I.

Dopo che la S. Vergine udì dall'Arcangelo S. Gabriele che la sua cognata Elisabetta2 era gravida di sei mesi, fu illuminata dallo Spirito Santo internamente a conoscere che il Verbo umanato e fatto già suo figlio, volea cominciare a manifestare al mondo le ricchezze della sua misericordia, colle prime grazie che volea compartire a tutta quella famiglia. Onde senza frammetter dimora, exsurgens, come narra S. Luca (I, 39), Maria... abiit in montana cum festinatione. Alzandosi ella dalla quiete della sua contemplazione, a cui stava sempre applicata, e lasciando la sua cara solitudine, subito si partì per andare alla casa di Elisabetta. E perché la santa carità tutto sopporta - Caritas omnia suffert3 - e non sa patir dimora, come appunto su questo Evangelio dice S. Ambrogio, Nescit tarda molimina Spiritus Sancti gratia;4 perciò, non curando la fatica del viaggio, la tenera e delicata donzella presto si pose in cammino. Giunta che fu a quella casa, ella salutò la sua cugina: Et intravit in domum Zachariae et salutavit Elisabeth.5 E come riflette S. Ambrogio, Maria fu la prima a salutare Elisabetta, prior salutavit.6 Ma non fu la visita della B. Vergine come sono le visite de' mondani, che per lo più si riducono in cerimonie e false esibizioni: la visita di Maria apportò in quella casa un cumolo di grazie. Poiché alla sua prima entrata ed a quel primo saluto Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, e Giovanni restò libero7 dalla colpa e santificato; che perciò egli diede quel segno di giubilo esultando nell'utero di sua madre, volendo così palesare la grazia ricevuta per mezzo della B. Vergine, come dichiarò la


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stessa Elisabetta: Ut facta est vox salutationis tuae in auribus meis, exsultavit in gaudio infans in utero meo.8 Sicché, come riflette Bernardino da Bustis, in virtù del saluto di Maria Giovanni ricevé la grazia dello Spirito Divino che lo santificò: Cum B. Virgo salutavit Elisabeth, vox salutationis per aures eius ingrediens ad puerum descendit, virtute cuius salutationis puer Spiritum Sanctum accepit (Part. VII, serm. 4).9

Or se questi primi frutti della Redenzione passarono tutti per Maria, ed ella fu il canale per mezzo di cui fu comunicata la grazia al Battista, lo Spirito Santo a Elisabetta, il dono di profezia a Zaccaria, e tante altre benedizioni a quella casa, che furono le prime grazie che sappiamo essersi fatte sulla terra dal Verbo dopo essersi incarnato; è molto giusto il credere che Dio sin d'allora avesse costituita Maria quale acquedotto universale, come la chiama S. Bernardo,10 per cui d'indi in poi passassero a noi tutte le altre grazie che 'l Signore vuol dispensarci, secondo quello che si disse nella Parte I, al cap. V.

Con ragione dunque questa divina Madre vien detta il tesoro, la tesoriera, e la dispensatrice delle divine grazie. Così vien nominata dal Ven. abbate di Celles: Thesaurus Domini et thesauraria gratiarum (Prol. Cont. Virg., c. 1);11 così da S. Pietro Damiani: Thesaurus divinarum gratiarum;12


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dal B. Alberto Magno: Thesauraria Iesu Christi;13 da S. Bernardino: Dispensatrix gratiarum;14 da un dottor greco appresso Petavio (De Trin.): Promptuarium omnium bonorum: dispensa di tutti i beni;15 così anche da S. Gregorio Taumaturgo il quale dice: Maria sic gratia plena dicitur, quod in illa gratiae thesaurus reconderetur.16 E Riccardo di S. Lorenzo dice che Dio ha riposto in Maria, come in un erario di misericordia, tutti i doni delle grazie, e da questo tesoro egli arricchisce i suoi servi: Maria est thesaurus, quia in ea, ut in gazophylacio, reposuit Dominus omnia dona gratiarum; et de hoc thesauro largitur ipse larga stipendia suis militibus et operariis (De laud. Virg., l. 4).17


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S. Bonaventura parlando del campo dell'Evangelio dove sta nascosto il tesoro, e che dee comperarsi ad ogni gran prezzo, come disse Gesù Cristo: Simile est regnum caelorum thesauro abscondito in agro, quem qui invenit homo... vadit et vendit universa quae habet et emit agrum illum (Matth. XIII, 44); dice che questo campo è la nostra regina Maria, in cui sta il tesoro di Dio, ch'è Gesù Cristo, e con Gesù Cristo la sorgente e la fonte di tutte le grazie: Ager iste est Maria, in qua thesaurus Dei Patris absconditus est (Spec., c. 7).18 Affermò già S. Bernardo che 'l Signore tutte le grazie che vuole a noi dispensare le ha poste in mano di Maria, acciocché sappiamo che quanto noi riceviamo di bene, tutto lo riceviamo dalle sue mani: Totius boni plenitudinem posuit in Maria, ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare (Serm. de aqu.).19 E ce ne assicura Maria stessa dicendo: In me gratia omnis viae et veritatis (Eccli. XXIV, [25]): In me son tutte le grazie de' veri beni che voi uomini potete desiderare in vostra vita. Sì, madre e speranza nostra, ben lo sappiamo, le diceva S. Pier Damiani, che tutti i tesori delle divine misericordie stanno nelle vostre mani: In manibus tuis omnes thesauri miserationum Dei.20 E prima del Damiani l'asserì con maggior espressione S. Idelfonso, allorché parlando colla Vergine le dicea: Signora, tutte le grazie che Dio ha determinato di fare agli uomini, tutte ha determinato di farle per le vostre mani, e perciò tutti i tesori delle grazie a voi l'ha consegnati: Omnia bona quae illis summa maiestas decrevit facere, tuis manibus decrevit commendare; commissi quippe tibi sunt thesauri et


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ornamenta gratiarum (In Cor. Virg., c. 15).21 Sicchè, o Maria, concludea S. Germano, non v'è grazia che si dispensi ad alcuno se non per le vostre mani: Nemo qui salvus fiet, nisi per te: nemo donum Dei suscipit, nisi per te (Serm. de zon. Virg.).22 - Sulle parole che disse l'Angelo alla SS. Vergine: Ne timeas, Maria, invenisti enim gratiam apud Deum (Luc. I, [30]), soggiunge con bella riflessione il B. Alberto Magno e dice: Ne timeas, quia invenisti. Non rapuisti, ut primus angelus: non perdidisti, ut primus parens: non emisti, ut Simon magus; sed invenisti, quia quaesivisti. Invenisti gratiam increatam, et in illa omnem creaturam (In Mar., cap. 237):23 O Maria, voi non avete rapita la grazia come voleva rapirla Lucifero; non perduta, come la perdette Adamo; non comperata, come volea comperarla Simon mago;


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ma l'avete trovata, perché l'avete desiderata e cercata. Avete ritrovata la grazia increata, ch'è Dio stesso fatto già vostro figlio, ed insieme con quella avete ritrovato ed ottenuto tutti i beni creati. Conferma questo pensiero S. Pier Grisologo, dicendo che la gran Madre ritrovò questa grazia per render poi la salute a tutti gli uomini: Hanc gratiam accepit Virgo, salutem saeculis redditura (Serm. 3, de Ann).24 E in altro luogo dice che Maria trovò una grazia piena, che bastasse a salvare ognuno: Invenisti gratiam, quantam? quantam superius dixerat, plenam et vere plenam, quae largo imbre totam infunderet creaturam (Serm. 142).25 In modo tale, dice Riccardo di S. Lorenzo, siccome Dio ha fatto il sole, acciocché per suo mezzo sia illuminata la terra; così ha fatta Maria, acciocché per suo mezzo si dispensino al mondo tutte le divine misericordie: Sicut sol factus est ut illuminet totum mundum, sic Maria facta est ut misericordiam impetret toti mundo (De laud. Virg., lib. 7).26 E S. Bernardino soggiunge che la Vergine, dacché fu fatta Madre del Redentore, acquistò una quasi giurisdizione sopra tutte le grazie: A tempore quo Virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam, ut sic dicam, iurisdictionem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali: ita ut nulla creatura aliquam a Deo obtinuit gratiam, nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem (Serm. 61, tract. 1, art. 8).27


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Onde concludiamo questo punto con Riccardo di S. Lorenzo, il quale dice che se vogliamo ottenere alcuna grazia ricorriamo a Maria, che non può non ottenere a' suoi servi quanto dimanda, poich'ella ha ritrovata la grazia divina e sempre la trova: Cupientes invenire gratiam, quaeramus inventricem gratiae, quae quia semper invenit, frustrari non potest (De laud. Virg., l. 2, p. 5).28 E lo prese da S. Bernardo il quale disse: Quaeramus gratiam et per Mariam quaeramus, quia quod quaerit invenit, et frustrari non potest (Serm. de aquaed.).29 Se dunque desideriamo grazie, bisogna che andiamo a questa tesoriera e dispensatrice delle grazie, giacché questa è la volontà suprema del dator d'ogni bene, come ci assicura lo stesso S. Bernardo, che tutte le grazie per mano di Maria si dispensano: Quia sic est voluntas eius, qui totum nos habere voluit per Mariam (Loc. cit.).30 Totum, totum: chi dice tutto, non esclude niente.

Ma perché per ottenere le grazie v'è necessaria la confidenza, passiamo ora a vedere quanto dobbiamo star certi di ottener le grazie, ricorrendo a Maria.

Punto II.

E perché mai Gesù Cristo ha riposte in mano di questa sua Madre tutte le ricchezze delle misericordie, ch'egli vuole usarci, se non affine ch'ella ne faccia ricchi tutti i suoi divoti che l'amano, l'onorano, e con confidenza a lei ricorrono? Mecum sunt divitiae... ut ditem diligentes me (Prov. VIII, [17, 21]). Così si protesta la stessa Vergine in questo passo che le applica la S. Chiesa in tante sue festività. Sicché non ad altro uso che per giovare a noi, dice l'abbate Adamo, queste ricchezze di vita eterna si conservano da Maria, nel cui seno il Salvatore ha collocato il tesoro de' miserabili, acciocché da questo tesoro i poveri provveduti diventino ricchi: Divitiae salutis penes Virginem nostris usibus reservantur. Christus in Virginis utero pauperum gazophylacium collocavit: inde pauperes locupletati sunt 


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(In Alleg. utr. Test., c. 24 Eccli.).31 E soggiunge S. Bernardo - come ho trovato presso un autore - che a questo intento Maria è stata data al mondo come un canale di misericordia, acciocché per suo mezzo scendessero dal cielo agli uomini di continuo le grazie; ecco le sue memorabili parole: Ad hoc enim data est ipsa mundo quasi aquaeductus, ut per ipsam a Deo ad homines dona caelestia iugiter descenderent.32

Quindi lo stesso santo Padre va discorrendo, perché mai S. Gabriele avendo ritrovata la divina Madre già piena di grazie, come già l'avea salutata, Ave, gratia plena; poi le dice che in lei dovea sopravvenire lo Spirito Santo per più riempirla di grazia? S'ella era già piena di questa grazia, che più potea operare la venuta del Divino Spirito? Ad quid, così risponde S. Bernardo, nisi ut adveniente iam Spiritu plena sibi, eodem superveniente nobis superplena et supereffluens fiat? (Serm. 2, de Ass.).33 Era già piena, dice il santo, Maria di grazia, ma lo Spirito Santo ne la sovrariempì per bene nostro,


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affinché della sua soprabbondanza ne fossimo provveduti noi miserabili. Che perciò Maria fu chiamata luna, di cui si dice: Luna plena sibi et aliis.34

Qui me invenerit, inveniet vitam et hauriet salutem a Domino (Prov. VIII, 35). Beato chi mi trova con ricorrere a me, dice la nostra Madre. Egli troverà la vita e la troverà facilmente: poiché siccomfacile trovare e cavare l'acqua per quanto si desidera da una gran fonte, così è facile a trovar le grazie e la salute eterna ricorrendo a Maria. - Diceva un'anima santa: Basta cercar le grazie alla Madonna per averle.35 E S. Bernardo diceva che prima che nascesse la Vergine, perciò mancava nel mondo tant'abbondanza di grazie ch'ora si vedono scorrere in terra, perché mancava questo desiderabil canale qual è Maria: Ideo tanto tempore defuerunt omnibus fluenta gratiarum, quia nondum intercesserat hic aquaeductus (Serm. de aquaed.).36 Ma ora che abbiamo già questa Madre di misericordia, quali grazie possiamo temer di non ottenere ricorrendo a' piedi suoi? - Io sono la città di rifugio - così la fa parlare S. Giovan Damasceno - per tutti coloro che a me ricorrono; venite dunque, figli miei, ed otterrete da me le grazie con maggior abbondanza di quel che voi pensate: Ego civitas refugii iis qui ad me confugiunt; accedite et gratiarum dona affluentissime haurite (Serm. 2, de dorm. B.V.).37


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È vero che a molti avviene quel che conobbe la Ven. Suor Maria Villani in una visione celeste: vide questa serva di Dio una volta la Madre di Dio in sembianza d'una gran fonte a cui molti andavano e ne prendevano molt'acqua di grazie; ma che poi avveniva? Quelli che portavano i vasi sani conservavano in appresso le grazie ricevute; ma quelli che portavano i vasi rotti, cioè l'anima aggravata da' peccati, ricevevano le grazie, ma presto ritornavano a perderle.38 Del resto è certo che per mezzo di Maria ottengono grazie innumerabili tutto giorno gli uomini, anche gl'ingrati, i peccatori, i più miserabili. Dice S. Agostino, parlando colla Vergine: Per te hereditamus misericordiam miseri, ingrati gratiam, veniam peccatores, sublimia infirmi, caelestia terreni, mortales vitam, et patriam peregrini (Serm. de Ass. B.V.).39


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Ravviviamo dunque sempre più la nostra confidenza, o divoti di Maria, sempreché a lei ricorriamo per grazie. E per ravvivare questa confidenza, ricordiamoci sempre de' due gran pregi che ha questa buona madre, cioè del desiderio che ha ella di far bene a noi, e della potenza che ha col Figlio d'ottener quanto cerca. - Per conoscere il desiderio che ha Maria di giovare a tutti, basterebbe solamente considerare il mistero della presente festività, cioè la visita che fa Maria a Elisabetta. Il viaggio da Nazaret, dove abitava la SS. Vergine, sino alla città di Ebron - chiamata da S. Luca città di Giuda - come portano il Baronio ed altri autori, dove abitava Elisabetta, era ben lungo di 69 miglia in circa, secondo riferisce l'autor della Vita di Maria, fra Giuseppe di Gesù e Maria carmelitano scalzo (Lib. 3, cap. 22), da Beda e Brocardo;40 ma ciò non ostante, non si trattenne la


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B. Vergine, tenera e delicata donzella qual era allora e non avvezza a simili fatiche, di mettersi subito in cammino, spinta da che? spinta da quella gran carità di cui è stato sempre pieno il suo tenerissimo cuore, per andare e cominciar sin d'allora ad esercitare41 il suo grande officio di dispensiera delle grazie. Così appunto ne parla S. Ambrogio di questo suo viaggio: Non abiit quasi incredula de oraculo, sed quasi laeta pro voto, festina prae gaudio, religiosa pro officio (In c. 1 Luc.).42 Non già Maria, dice S. Ambrogio, andò per chiarirsi se era vero ciò che l'avea detto l'angelo della gravidanza di Elisabetta; ma ella giubilando per lo desiderio di giovare a quella casa, dandosi fretta per la gioia che sentiva di far bene agli altri, e tutta intenta a quell'impiego di carità, exsurgens abiit cum festinatione. Notisi qui: il Vangelista, quando parlò dell'andata di Maria alla casa di Elisabetta, disse che andò in fretta, abiit cum festinatione; ma parlando poi del suo ritorno da quella casa, non fa menzione più di fretta, ma dice semplicemente: Mansit autem Maria cum illa quasi mensibus tribus, et reversa est in domum suam (Luc. I, 56). Qual altro fine dunque, dice S. Bonaventura, forzava la Madre di Dio a darsi fretta nell'andare a visitare la casa del Battista, se non il desiderio di far bene a quella famiglia? Quid eam ad officium caritatis festinare cogebat, nisi caritas quae in corde fervebat? (Spec., c. 4).43

Non già è mancato in Maria coll'andare in cielo questo affetto di carità verso degli uomini, anzi ivi è cresciuto, perché


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ivi ella maggiormente conosce i nostri bisogni e più compatisce le nostre miserie. Scrisse Bernardino da Bustis che più Maria anela di far bene a noi, che noi non lo desideriamo da lei: Plus vult illa bonum tibi facere et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar., p. 1, serm. 5).44 A segno tale che dice S. Bonaventura ch'ella si chiama offesa da coloro che non le cercano grazie: In te, Domina, peccant non solum qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non rogant (S. Bon., in Spec. Virg.).45 Poiché questo è il genio di Maria, di arricchire tutti di grazie, come già, secondo asserisce l'Idiota, ella soprabbondantemente ne arricchisce i suoi servi: Maria thesaurus Domini est et thesauraria gratiarum ipsius. Donis specialibus ditat copiosissime servientes sibi (In prol. Cont. B.V., c. 1).46

Onde dice lo stesso autore che chi trova Maria, trova ogni bene: Inventa Maria, invenitur omne bonum. E soggiunge che ognuno la può trovare, benché fosse il peccatore più misero del mondo; mentr'ella è così benigna, che non discaccia niuno che a lei ricorre: Tanta est eius benignitas; quod nulli formidandum est ad eam accedere; tantaque misericordia, quod ab ea nemo repellitur.47 Io tutti invito a ricorrere


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a me - così la fa parlare Tommaso da Kempis - tutti aspetto, tutti desidero; né mai disprezzo alcun peccatore, indegno quanto sia, che viene a cercarmi aiuto: Omnes invito, omnes exspecto, omnes desidero, nullum peccatorem despicio.48 Ciascuno che va a dimandar le grazie, inveniet semper paratam auxiliari, dice Riccardo:49 la troverà sempre pronta e sempre inclinata a soccorrerlo ed ottenergli ogni grazia di salute eterna colle sue potenti preghiere.

Dissi colle sue potenti preghiere, perché questo è l'altro riflesso, che deve accrescere la nostra confidenza, il sapere ch'ella ottiene da Dio quanto dimanda a favore de' suoi divoti. Osservate, dice S. Bonaventura, appunto in questa visita che fece Maria a Elisabetta, la gran virtù che ebbero le parole di Maria; poiché alla sua voce fu conferita la grazia dello Spirito Santo così a Elisabetta, come a Giovanni suo figlio, secondo notò il Vangelista: Et factum est, ut audivit salutationem Mariae Elisabeth, exsultavit infans in utero eius, et repleta est Spiritu Sancto (Luc. I, [41]). Dove soggiunge S. Bonaventura: Vide quanta virtus sit verbis Dominae, quia ad eorum pronuntiationem confertur Spiritus Sanctus (Trac. de Vi. Chr.).50 - Dice Teofilo Alessandrino che Gesù molto si compiace allorché Maria lo prega per noi; perché allora tutte le grazie ch'egli ci fa per le suppliche di Maria, non tanto stima di farle a noi, quanto alla stessa sua Madre: Gaudet Filius, orante Matre, quia omnia quae nobis precibus suae Genitricis


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evictus donat, ipsi Matri se donasse putat (Ap. Baldi, Giard. di Mar., in praef.).51 E notinsi quelle parole, precibus suae Genitricis evictus donat. Sì, perché Gesù, come attesta S. Germano, non può non esaudire Maria in tutto quello che gli dimanda, volendola in ciò quasi ubbidirla come vera Madre; onde dice il santo che le preghiere di questa Madre hanno una certa autorità con Gesù Cristo, sicch'ella ottiene il perdono anche a' peccatori più grandi, che a lei si raccomandano: Tu autem materna in Deum auctoritate pollens, etiam iis qui enormiter peccant eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi ut verae et intemeratae Matri in omnibus morem gerat (Or., de dorm. V.).52 - Il che ben si conferma, come avverte S. Gio. Grisostomo, dal fatto accaduto nelle nozze di Cana, dove Maria chiedendo al Figlio il vino che mancava: Vinum non habent: Gesù rispose: Quid mihi et tibi [est], mulier? nondum venit hora mea (Io. II, 4). Ma contuttoché allora non fosse giunto per anche il tempo destinato a' miracoli, come spiegano il Grisostomo e Teofilatto; pure, dice lo stesso Grisostomo, il Salvatore, per ubbidire alla Madre, fece il miracolo da lei richiesto convertendo l'acqua in vino: Et licet ita responderit, maternis tamen precibus obtemperavit (S. Io. Chrys., ap. Corn. a Lap., in Io., c. 2, v. 5).53


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Adeamus ergo, ci esorta l'Apostolo, cum fiducia ad thronum gratiae, ut misericordiam consequamur et gratiam inveniamus in auxilio opportuno, (Hebr. IV, 16). Thronus gratiae est B. Virgo Maria, dice il B. Alberto Magno (Serm. de ded. eccl.).54 Se vogliamo dunque grazie, andiamo al trono della grazia ch'è Maria; ed andiamo con isperanza d'esser certamente esauditi; poiché abbiamo l'intercessione di Maria che tutto ottiene quanto cerca al Figlio. Quaeramus gratiam, ripeto con S. Bernardo, et per Mariam quaeramus;55 aderendo a quel che la stessa Vergine Madre disse a S. Metilde che lo Spirito Santo riempiendola di tutta la sua dolcezza l'avea renduta così cara a Dio, che ognuno il quale per mezzo suo avesse richieste le grazie, certamente l'avrebbe ottenute: Spiritus Sanctus tota sua dulcedine me penetrando, tam gratiosam effecit, ut omnis qui per me gratiam quaerit, ipsam inveniat (Ap. Canis., lib. 1, c. 13).56

E se diam credito a quella rinomata sentenza di S. Anselmo: Velocior est nonnumquam salus nostra, invocato nomine Mariae, quam invocato nomine Iesu


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(De exc. Virg., c. 6),57 troveremo - come dice questo santo - qualche volta più presto le grazie ricorrendo a Maria, che ricorrendo allo stesso nostro Salvatore Gesù: non perché egli non sia la fonte e il signore di tutte le grazie, ma perché ricorrendo noi alla Madre, e pregando allor ella per noi, avranno più forza le preghiere sue, come preghiere di madre, che le nostre. Non ci partiamo dunque mai da' piedi di questa tesoriera di grazie, dicendole sempre con S. Giovan Damasceno: Misericordiae ianuam aperi nobis, benedicta Deipara; tu enim es salus generis humani:58 O Madre di Dio, deh aprite a noi la porta della vostra pietà, con pregare sempre per noi, giacché le vostre preghiere sono la salute di tutti gli uomini.

E ricorrendo a Maria, il meglio sarà pregarla che ella dimandi per noi e ci ottenga quelle grazie, che conosce più espedienti alla nostra salute; come appunto fece fra Reginaldo domenicano, siccome si narra nelle Croniche dell'Ordine (Lib. 1, p. 1, c. 5). Stava infermo questo servo di Maria e le dimandava la grazia della salute corporale: gli apparve la sua Signora accompagnata da S. Cecilia e S. Caterina e poi gli disse con somma dolcezza: Figlio, che vuoi ch'io faccia per te? Il religioso, a questa sì cortese offerta di Maria, si confuse e non sapea che rispondere. Allora una di queste sante gli diè questo consiglio: Reginaldo, sai che devi fare? non chiedere tu cosa alcuna, rimettiti totalmente nelle sue mani, perché Maria saprà farti una grazia migliore di quella che


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tu sai cercare. Così fece l'infermo, e la divina Madre gli ottenne la grazia di guarirsi.59

Ma se noi desideriamo ancora le visite felici di questa regina del cielo, gioverà molto che noi ancora spesso la visitiamo in qualche sua immagine o in qualche chiesa a lei dedicata. - Leggasi il seguente esempio e s'intenda con quali favori speciali ella rimunera le visite divote de' suoi servi.

Esempio.

Narrasi nelle Croniche Francescane che andando due religiosi dell'Ordine a visitare un santuario della Vergine, occorse loro che ritrovandosi in un gran bosco lor si fece notte;


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onde confusi ed afflitti non sapeano che farsi. Ma camminando un poco più innanzi, parve loro, così all'oscuro come stavano, di vedere una casa. Vanno colle mani e tastano già le mura, cercano la porta, bussano e sentono subito di dentro dimandare chi fossero. Risposero ch'erano due poveri religiosi sperduti a caso, in quella notte per quel bosco, e che cercavano un poco di ricetto, almeno per non esser mangiati da' lupi. Ma ecco subito sentono aprir la porta, e veggono due paggi riccamente vestiti, che li ricevettero con gran cortesia. I religiosi dimandarono loro chi abitasse in quel palazzo. Risposero i paggi che vi abitava una signora molto pia. Vogliamo riverirla, dissero quelli, e ringraziarla della carità. E questi: Appunto a lei vi portiamo, perché ella vuol parlarvi. Salgono le scale, trovano le camere tutte illuminate e addobbate, e con un odore che pareva odore di paradiso; entrano finalmente dove stava la padrona, e trovano una signora maestosa e bellissima, che con somma benignità gli accolse e poi lor dimandò per dove fossero di viaggio. Risposero che andavano a visitar una certa chiesa della B. Vergine. Or s'è questo, allora disse la signora, quando partirete voglio darvi una lettera mia che molto vi gioverà. E mentre lor parlava quella signora, si sentivano tutti infiammare all'amore di Dio, godendo una gioia non ancor provata.

Andarono poi a dormire, se pure poterono prender sonno in mezzo a tanto gaudio; e la mattina furono di nuovo a licenziarsi dalla padrona e ringraziarla e insieme a ricever la lettera, che in effetto già ebbero, e si partirono. Ma essendosi poco allontanati dalla casa, s'accorgono che alla lettera non v'era soprascritta; onde ritornano indietro per farvi fare la soprascritta: ma girano, rigirano e non vedono più la casa. Finalmente aprono la lettera per vedere a chi andava e che diceva: e trovano che quella lettera era di Maria SS., che scriveva ad essi medesimi, e lor faceva intendere com'ella era stata la signora veduta in quella notte, e che per la divozione che verso di lei nutrivano, ella gli avea in quel bosco provveduti di casa e di ristoro: che seguitassero pure a servirla ed amarla, ch'ella ben avrebbe sempre rimunerati i loro ossequi, e l'avrebbe soccorsi in vita ed in morte. Ed in piedi della lettera lessero la firma che diceva, Io Maria Vergine.


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Qui ciascuno consideri i ringraziamenti che poterono fare allora quei buoni religiosi alla divina Madre, e quanto rimasero più accesi nel desiderio di amarla e servirla per tutta la lor vita.60

Preghiera.

Vergine immacolata e benedetta, giacché voi siete la dispensiera universale di tutte le divine grazie, voi siete dunque la speranza di tutti e la speranza mia. Ringrazio sempre il mio Signore che mi vi ha dato a conoscere, e che mi ha fatto intendere il mezzo ch'io ho da prendere per ottenere le grazie e per salvarmi: il mezzo siete voi, o gran Madre


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di Dio; mentre già intendo che principalmente per li meriti di Gesù Cristo e poi per la vostra intercessione io mi ho da salvare.

Ah regina mia, voi già vi deste tanta fretta per visitare e santificare colla vostra visita la casa di Elisabetta; deh visitate, e visitate presto la povera casa dell'anima mia. Datevi fretta; voi già sapete meglio di me quant'ella è povera e sta inferma di molti mali: di affetti sregolati, d'abiti cattivi e di peccati fatti, tutti mali pestiferi che son per condurla alla morte eterna. Voi la potete far ricca, o tesoriera di Dio; e voi la potete guarire da tutte le sue infermità. Visitatemi dunque in vita e visitatemi poi specialmente nel punto di morte, perché allora mi sarà più necessaria la vostra assistenza. Io non pretendo già, né son degno, che voi in questa terra mi abbiate a visitare colla vostra presenza visibile, come avete fatto con tanti vostri servi, ma servi non indegni ed ingrati come sono io; mi contento di avervi poi a vedere nel vostro regno del cielo per ivi maggiormente amarvi e ringraziarvi di quanto bene mi avete fatto. Al presente mi contento che mi visitate colla vostra misericordia: mi basta che preghiate per me.

Pregate dunque, o Maria, e raccomandatemi al vostro Figlio. Voi meglio di me conoscete le mie miserie ed i bisogni miei. Che voglio dirvi più? Abbiate pietà di me. Io sono così misero ed ignorante, che neppure so conoscere e cercare le grazie che più mi bisognano. Regina e madre mia dolcissima, cercate voi per me ed impetratemi dal vostro Figlio quelle grazie, che voi intendete essere più espedienti e necessarie per l'anima mia. In mano vostra io tutto m'abbandono, e prego solamente la divina Maestà che per li meriti del mio Salvatore Gesù mi faccia quelle grazie che voi gli domandate per me. Cercate, cercate dunque per me, o Vergine SS., ciocché meglio stimate. Le vostre preghiere non hanno ripulsa; son preghiere di madre appresso ad un figlio che tanto v'ama e gode di far quanto voi gli cercate, per così maggiormente onorarvi e dimostrarvi insieme il grande amor che vi porta. Signora, così restiamo. Io vivo fidato in voi. Voi ci avete a pensare di salvarmi. Amen.


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DISCORSO VI. - Della Purificazione di Maria.

Il gran sacrificio che fece Maria in questo giorno a Dio in offerirgli la vita del Figlio.

Nella nascita de' figli primogeniti vi eran due precetti nella legge antica: uno era che la madre stesse come immonda ritirata in casa per quaranta giorni, dopo i quali andasse a purificarsi nel tempio. Era l'altro che i genitori del nato primogenito lo portassero al tempio e quivi l'offerissero a Dio. All'uno ed all'altro precetto volle ubbidire la santissima Vergine in questo giorno. Benché Maria non fosse obbligata alla legge della purificazione, poich'ella fu sempre vergine e sempre pura; nulladimeno per affetto all'umiltà ed all'ubbidienza volle andar come l'altre madri a purificarsi. - Ubbidì poi al secondo precetto di presentare ed offerire il Figlio all'Eterno Padre: Et postquam impleti sunt dies purgationis eius, secundum legem Moysi, tulerunt illum in Ierusalem, ut sisterent eum Domino (Luc. II, 22). Ma la Vergine l'offerì in altro modo di quello che le altre madri offerivano i loro figliuoli. Le altre gli offerivano, ma sapeano che questa oblazione era una semplice cerimonia della legge, sicché col riscattargli gli rendevano suoi, senza timore di doverli più offerire alla morte. Maria offerì il Figlio alla morte realmente, e stando certa che il sacrificio della vita di Gesù ch'ella fece allora, dovea un giorno con effetto consumarsi sull'altare della croce: sicché con offerir Maria la vita del Figlio, venne, per l'amore che portava a questo Figlio, a sacrificare a Dio tutta se stessa.

Lasciando dunque da parte tutte le altre considerazioni, che potremmo fare sopra molti misteri di questa festività, mettiamoci a considerare solamente quanto fu grande questo sacrificio che fece Maria di se stessa a Dio, in offerirgli in questo giorno la vita del Figlio. E questo sarà l'unico assunto del discorso.


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Aveva già l'Eterno Padre determinato di salvare l'uomo perduto per la colpa e liberarlo dalla morte eterna. Ma perché volea che nello stesso tempo la sua divina giustizia non restasse defraudata della sua degna e dovuta soddisfazione, perciò non perdonando alla vita del suo medesimo Figlio, fatto già uomo per redimere gli uomini, volle che egli avesse a tutto rigore pagata la pena da questi uomini meritata: Qui... proprio Filio suo non pepercit, parla l'Apostolo, sed pro nobis omnibus tradidit illum (Rom. VIII, 32). Mandollo per tanto in terra a farsi uomo; gli destinò la madre, e questa volle che fosse la Vergine Maria. Ma siccome non volle che il suo Verbo divino divenisse figlio di lei prima ch'ella l'accettasse col suo espresso consenso, così non volle che Gesù sacrificasse la sua vita per la salute degli uomini, senza che vi concorresse ancora il consenso di Maria; affinché insieme col sagrificio della vita del Figlio fosse ancor sagrificato il cuor della Madre. - Insegna S. Tommaso che la qualità di madre un dritto speciale sovra de' figli;1 ond'essendo Gesù per sé innocente, e che non meritava alcun supplicio per propria colpa, parea conveniente che non fosse destinato alla croce per vittima de' peccati del mondo, senza il consenso della madre, col quale spontaneamente l'offerisse alla morte.

Ma benché Maria sin dacché fu fatta Madre di Gesù diede il consenso alla di lui morte, volle non però il Signore che in questo giorno ella facesse nel tempio un solenne sacrificio di se stessa con offerirgli solennemente il suo Figlio, sagrificando alla divina giustizia la di lui vita preziosa. Che perciò S. Epifanio la chiamò sacerdote: Virginem appello velut sacerdotem (Or. de laud. Deip.).2

Or qui entriamo a vedere quanto le costò di dolore questo


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suo sacrificio e quale eroica virtù ebb'ella ad esercitare in dover sottoscrivere ella stessa la sentenza della condanna del suo caro Gesù alla morte.

Ecco che Maria già s'incammina verso Gerusalemme ad offerire il Figlio, affretta i passi al luogo del sacrificio ed ella medesima portasi la sua amata vittima tra le braccia. Entra nel tempio, s'accosta all'altare, ed ivi tutta piena di modestia, umiltà e divozione, presenta il Figlio all'Altissimo. Ed ecco in questo mentre S. Simeone, il quale avea avuta la promessa da Dio di non morire prima di vedere l'aspettato Messia, prende il divino Fanciullo dalle mani della Vergine, ed illuminato dallo Spirito Santo, le annunzia quanto dovea costarle il sacrificio che allora ella facea del suo Figliuolo, con cui dovea essere anche sacrificata la di lei anima benedetta. - Qui S. Tommaso da Villanova (Serm. de purific. Virg.) contempla il santo vecchio, che in dover proferire il funesto annunzio a questa povera Madre, si turba e tace. Indi il santo considera Maria che gli dimandi: Unde tanta turbatio? Perché, o Simeone, in tempo di tanta vostra consolazione or così vi turbate? A cui egli risponde: O Virgo regia, nollem tibi talia nuntiare, sed audi. O nobile e santa Vergine, dice, non vorrei esservi nunzio di nuova così amara; ma giacché così vuole il Signore per vostro maggior merito, sentite quello che vi dico: Questo bambino che ora vi apporta tanta gioia, e con ragione, oh Dio, un giorno vi ha da recare il dolore più acerbo che mai al mondo alcuna creatura ha provato; e sarà quando voi lo vedrete perseguitato da ogni sorta di gente, e posto in terra come bersaglio degli scherni e degli strazi degli uomini, sino a farvelo morire giustiziato innanzi agli occhi vostri: Nimium nunc pro isto infante laetaris, sed ecce iste positus in signum cui contradicetur. Sappiate che dopo la sua morte vi saran molti martiri, che per amore di questo vostro Figlio saranno tormentati ed uccisi; ma se il loro martirio sarà nel corpo, il martirio vostro, o divina Madre, sarà nel cuore: O quot millia hominum pro isto puero laniabuntur et iugulabuntur: et si omnes patientur in corpore, tu Virgo in corde patieris (Loc. cit.).3


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Sì, nel cuore, poiché non altro che la compassione alle pene di questo Figliocaro avea da essere la spada di dolore che dovea trafiggere il cuor della Madre, come appunto le predisse S. Simeone: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. 2).4 Già la S. Vergine, come dice S. Girolamo, era stata illuminata dalle divine Scritture a saper le pene che dovea patire il Redentore nella sua vita e più nel tempo poi della sua morte.5 Ben ella intendea da' Profeti ch'egli dovea esser tradito da un suo familiare: Qui edebat panes meos, magnificavit super me supplantationem,


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come predisse Davide (Ps. XL [10]); abbandonato da' suoi discepoli: Percute pastorem et dispergentur oves (Zach. XIII, [7]). Ben sapeva i dispregi, sputi, schiaffi, derisioni, che dovea soffrire dalle genti: Corpus meum dedi percutientibus et genas meas vellentibus: faciem meam non averti ab increpantibus et conspuentibus in me (Is. L, [6]). Sapea che dovea diventare il vituperio degli uomini e 'l rifiuto della plebe più vile, sino ad essere saziato d'ingiurie e villanie: Ego autem sum vermis et non homo: opprobrium hominum et abiectio plebis (Ps. XXI, [7]). Saturabitur opprobriis (Thren. III, [30]). Sapea che nel fine della di lui vita le carni sue sacrosante doveano esser tutte lacerate e rotte da' flagelli: Ipse autem vulneratus est propter scelera nostra (Is. LIII, [5]), a tal segno che il suo corpo davea restarne tutto difformato, divenuto come un lebbroso tutto piaghe, sino a comparirvi l'ossa scoperte: Non est species ei neque decor... Et nos putavimus eum quasi leprosum (Ibid.). Dinumeraverunt omnia ossa mea (Ps. XXI, [18]). Sapea che dovea esser trafitto da chiodi: Foderunt manus meas et pedes meos (Ib.). Collocato tra malfattori: Et cum sceleratis reputatus est (Is. LIII, [12]). E che finalmente appeso alla croce dovea morire giustiziato per la salute degli uomini: Et aspicient ad me quem confixerunt (Zach. XII, [10]).

Già sapea, dico, Maria tutte queste pene che dovea patir il Figlio, ma nelle parole dettele da S. Simeone: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit, le furon palesate - come il Signore rivelò a S. Teresa - tutte le circostanze in particolare de' dolori così esterni come interni, che dovean tormentare il suo Gesù nella di lui Passione.6 Ed ella a tutto acconsente, e con una costanza che fa stupire gli angeli, pronunzia la sentenza che muoia il Figlio, e muoia con questa mortevituperosa e penosa, dicendo: Padre Eterno, giacché voi così volete, non mea voluntas, sed tua fiat; unisco la mia alla vostra santa volontà, e vi sacrifico questo mio Figlio: mi contento che perda la vita per la gloria vostra e per la salute


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del mondo. E con ciò vi sacrifico anche il mio cuore; trafiggalo il dolore quanto vi piace; mi basta che voi, mio Dio, ne restiate glorificato e contento: non mea voluntas, sed tua fiat! O carità senza misura! o costanza senza esempio! o vittoria che merita l'ammirazione eterna del cielo e della terra!

E quindi fu che Maria nella Passione di Gesù tacque, allorché l'accusavano ingiustamente; niente disse a Pilato che stava inclinato a liberarlo per la innocenza in lui già conosciuta; ma solo comparve in pubblico per assistere al gran sacrificio, che dovea eseguirsi sul Calvario: ella l'accompagna al luogo del supplicio; ella l'assiste dal principio, in cui il Figlio fu posto sul patibolo, stabat iuxta crucem Iesu Mater eius,7 finché lo vide spirare e fu consumato il sacrificio. Tutto per eseguire l'offerta che nel tempio già ella ne avea fatta a Dio.

Per intendere la violenza che Maria ebbe da fare a se stessa in questo sacrificio, bisognerebbe comprendere l'amore che questa Madre portava a Gesù. Generalmente parlando l'amore delle madri è sì tenero per li figli, che allorché questi sono in punto di morte e si teme averli a perdere, loro fa dimenticare tutti i loro difetti, le loro deformità, ed anche le ingiurie da essi prima ricevute, e lor fa soffrire un dolore inesplicabile. E pure l'amor di queste madri è un amor diviso in altri figli, ovvero in altre creature. Maria ha un solo Figlio e questi è bellissimo sopra tutti gli altri figli di Adamo: è amabilissimo, poiché ha tutte le parti per essere amato: è ubbidiente, virtuoso, innocente, santo; basta dire, è Dio. L'amor di questa Madre poi non è diviso in altri oggetti; ella ha collocato tutto il suo amore in questo solo Figlio; né in ciò teme di eccedere in amarlo, mentre questo Figlio è Dio, che merita un amore infinito. E questo Figlio è la vittima, ch'ella dee sacrificar volontariamente alla morte.

Veda dunque ciascuno quanto dovette costare a Maria e quale fortezza d'animo ebbe da esercitare in quest'atto di sacrificare alla croce la vita d'un Figlio così amabile. Ecco perciò la Madre più fortunata, perché Madre di un Dio, ma nello stesso tempo la Madre più degna di compassione, perché la più addolorata, essendo Madre d'un Figlio, ch'ella vedea destinato al patibolo sin dal giorno in cui le fu dato per


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figlio. Qual madre accetterebbe un figlio, sapendo che poi lo dovesse perdere miseramente con una morte infame, con trovarsi presente a vederlo morire? Maria accetta volentieri questo Figlio con condizionedura, e non solamente lo accetta, ma ella stessa in questo giorno l'offerisce di propria mano alla morte, sacrificandolo alla divina giustizia. - Dice S. Bonaventura che la B. Vergine assai più volentieri avrebbe accettate per sé le pene e la morte del Figlio, ma per ubbidire a Dio fece la grande offerta della vita divina del suo amato Gesù, vincendo, ma con sommo dolore, tutta la tenerezza dell'amore che gli portava: Si fieri potuisset, omnia tormenta quae Filius pertulit, sustinuisset; et nihilominus placuit ei, quod Unigenitus eius pro salute generis humani offerretur (In p. 1, dist. 48, quest. 2).8 Ond'è che in questa offerta Maria ebbe da farsi più violenza, e fu più generosa che se avesse offerta se stessa a tutto quello che dovea patire il Figlio. Superò ella allora la generosità di tutti i martiri, poiché i martiri offeriscono la vita loro, ma la Vergine offerì la vita del Figlio che amava e stimava immensamente più che la vita propria.

Né qui finì la pena di questa dolorosa offerta, anzi qui cominciò, poiché d'allora innanzi in tutta la vita del Figlio Maria sempre ebbe avanti gli occhi la morte e tutti i dolori ch'egli dovea patire nella sua morte. Onde quanto più se l'andava scoprendo bello, grazioso, amabile questo suo Figlio, tanto più sempre andava crescendo l'angoscia del suo cuore. - Ah Madre addolorata, se voi foste stata meno amante del vostro Figlio, o il vostro Figlio fosse stato meno amabile, o meno vi avesse amata, minore al certo sarebbe stata la vostra pena in offerirlo alla morte. Ma non v'è stata né vi sarà madre di voi più amante d'alcun figlio, perché non v'è stato mai né vi sarà figlio più amabile e più amante della madre, che 'l vostro Gesù. Oh Dio, se noi avessimo veduta la bellezza, la maestà del volto di quel divino fanciullo, avressimo forse avuto


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l'animo di sagrificar la sua vita per la nostra salute? E voi, o Maria, che gli siete Madre, e Madre che tanto lo amate, poteste offerire il vostro Figlio innocente per la salute degli uomini ad una morte la più dolorosa e più crudele che mai abbia patita alcun reo sulla terra?

Oimè e quale scena funesta da quel giorno in poi dovea l'amore continuamente mettere innanzi agli occhi di Maria, rappresentandole tutti gli strazi, i dispregi, che doveano farsi al povero Figlio! Ecco l'amore che già glielo fa vedere agonizzante per la mestizia nell'orto, lacerato da' flagelli e coronato di spine nel Pretorio, appeso finalmente ad un legno d'obbrobrio sul Calvario. Ecco, o Madre, dicea l'amore, qual Figlio amabile ed innocente tu offerisci a tante pene, ad una morte così orribile! E che ti servirà sottrarlo dalle mani di Erode, per riserbarlo poi ad una finecompassionevole?

Sicché Maria non offerì solamente nel tempio il Figlio alla morte, ma l'offerì in ogni momento di sua vita; poich'ella rivelò a S. Brigida che questo dolore che l'annunziò S. Simeone non si partì mai dal suo cuore, finché fu assunta in cielo: Dolor iste usquedum assumpta fui corpore et anima in caelum, numquam defecit a corde meo.9 Onde le dice S. Anselmo: Signora, io non posso credere che voi, con tal dolore avreste potuto vivere un sol momento, se lo stesso Dio, che dona la vita, non vi avesse confortata colla sua virtù divina: Pia Domina, non crediderim te ullo puncto potuisse stimulos tanti cruciatus, quin vitam amitteres, sustinere, nisi ipse Spiritus vitae te confortasset.10 Ma ci attesta S. Bernardo, parlando appunto del grande


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affanno che provò Maria in questo giorno, ch'ella d'allora in poi Moriebatur vivens, dolorem ferens morte crudeliorem:11 Vivea morendo ad ogn'istante, perché ad ogn'istante l'assaliva il dolore della morte del suo diletto Gesù, ch'era più crudele d'ogni morte.

Quindi la divina Madre per lo gran merito, che acquistò in questo gran sacrificio, ch'ella offerì a Dio per la salute del mondo, giustamente venne chiamata da S. Agostino la riparatrice del genere umano: Reparatrix generis humani (De fide ad Petr.).12 Da S. Epifanio la redentrice degli schiavi: Redemptrix captivorum (De laud. Virg.).13 Da S. Idelfonso la riparatrice del mondo perduto: Reparatrix perditi orbis (Serm. 1 de Ass.).14 Da S. Germano il ristoro delle nostre miserie:


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Restauratio calamitatum nostrarum (In enc. Virg.).15 Da S. Ambrogio la madre di tutti i fedeli: Mater omnium credentium (Ap. S. Bon., Spec., c. 10).16 Da S. Agostino la madre de' viventi: Mater viventium (Serm. 2, de Ass.).17 E da S. Andrea Cretense la madre della vita: Mater vitae (Hom. 2, de Ass.).18 Poiché dice Arnoldo Carnotense: Omnino tunc erat una Christi et Mariae voluntas, unumque holocaustum ambo pariter offerebant; unde communem in mundi salute cum illo effectum obtinuit (Tr. de laud. Virg.).19 Nella morte di Gesù, Maria unì la sua volontà a quella del Figlio, talmente che ambedue vennero ad offerire uno stesso sagrificio, e perciò dice il santo abbate che così il Figlio come la Madre operarono l'umana Redenzione, ottenendo la salute agli uomini, Gesù col soddisfare per li peccati nostri, Maria coll'impetrarci che ci fosse


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applicata una tal soddisfazione. E perciò parimente asserisce il B. Dionisio Cartusiano che la divina Madre può chiamarsi salvatrice del mondo; poiché per la pena sofferta nel compatire il Figlio - volontariamente da lei sagrificato alla divina giustizia - meritò che fossero comunicati agli uomini i meriti del Redentore: Dici potest Virgo mundi salvatrix propter meritum suae compassionis, quae patienti Filio acerbissime condolendo excellenter promeruit, ut per preces eius meritum Passionis Christi hominibus communicetur (Lib. 2, de laud. Virg., art. 23).20

Essendo stata fatta dunque Maria, per lo merito de' suoi dolori e dell'offerta del suo Figlio, madre di tutti i redenti, è giusto il credere che solo per mano di lei si doni ad essi il latte delle divine grazie, che sono i frutti de' meriti di Gesù Cristo, ed i mezzi per conseguire la vita eterna. Ed a ciò allude quel che dice S. Bernardo che Dio ha posto in mano di Maria tutto il prezzo della nostra Redenzione: Redempturus humanum genus, universum pretium contulit in Maria (Serm. de aquaed.).21 Colle quali parole ci fa intendere il santo che per mezzo dell'intercessione della B. Vergine s'applicano all'anime i meriti del Redentore, mentre per sua mano si dispensano le grazie che sono appunto il prezzo de' meriti di Gesù Cristo.

E se Dio tanto gradì il sacrificio d'Abramo per avergli offerto il suo Isacco, che s'obbligò in premio a moltiplicare i suoi discendenti come le stelle del cielo: Quia fecisti hanc rem et non pepercisti filio tuo unigenito propter me, benedicam tibi et multiplicabo semen tuum sicut stellas caeli (Gen. XXII, [16, 17]); dobbiamo certamente credere che molto più grato fosse stato al Signore il sacrificio più nobile che gli fece la gran Madre del suo Gesù; e perciò sia stato a lei conceduto che per le sue preghiere si moltiplichi il numero degli eletti, e per conseguenza de' suoi divoti.22


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S. Simeone ebbe la promessa da Dio di non morire prima di veder nato il Messia: Responsum acceperat a Spiritu Sancto non visurum se mortem, nisi prius videret Christum Domini (Luc. II, 26). Ma questa grazia egli poi non la ricevé se non per mezzo di Maria, poiché non trovò il Salvatore se non in braccio a Maria. Onde chi vuole trovare Gesù, non lo troverà se non per mezzo di Maria. Andiamo dunque a questa divina Madre se vogliamo ritrovare Gesù, e andiamo con gran confidenza. - Disse Maria a quella sua serva Pudenziana Zagnoni (Ap. Marc.) che ogni anno, in questo giorno della Purificazione, si sarebbe fatta una gran misericordia ad un peccatore.23 Chi sa forse se alcuno di noi sarà oggi questo fortunato peccatore? Se son grandi i nostri peccati, più grande è la potenza di Maria. Il Figlio non sa negar niente a questa Madre: Exaudiet utique Matrem Filius, dice S. Bernardo (De aquaed.).24 Se Gesù è sdegnato contra di noi, Maria subito lo placa. - Narra Plutarco che Antipatro scrisse ad Alessandro Magno una lunga lettera di accuse contra Olimpia madre dello stesso Alessandro. Letta egli la lettera, rispose: Non sa Antipatro che una picciola lagrima di mia madre basta a cancellare infinite lettere di accuse? Ignorare Antipatrum sexcentas epistolas una deleri matris lacrimula? (Plut. in Alex.).25 Così immaginiamoci che anche risponda Gesù alle accuse, che gli presenta contro


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di noi il demonio, quando Maria per noi lo prega: Non sa Lucifero che una preghiera di mia Madre a favore d'un peccatore basta a farmi scordare di tutte le accuse delle offese a me fatte? Eccone in comprova il seguente esempio.

Esempio.

Questo esempio non sta registrato in alcun libro, ma me l'ha riferito un sacerdote mio compagno, essendo accaduto a lui stesso. Mentre questo sacerdote stava confessando in una chiesa - si tace il paese per degni rispetti, benché il penitente gli diede licenza già di pubblicare il fatto - se gli pose a vista un giovine all'in piedi, che pareva che volesse e non volesse confessarsi. Guardandolo il Padre più volte, finalmente lo chiamò e gli domandò se volea confessarsi. Rispose che sì, ma perché la confessione dovea esser ben lunga, il confessore lo condusse in una stanza solitaria.

Ivi cominciò a dire il penitente che egli era forestiere e nobile, ma non intendea come Dio lo potesse perdonare, avendo esso fatta la vita che aveva fatta. Oltre degli altri innumerabili peccati fatti, di disonestà, omicidi ed altro, disse che avendo affatto disperato di sua salute s'era posto a far peccati, non tanto per soddisfarsi, quanto per far dispetto a Dio e per odio che gli portava. Disse tra l'altre cose che tenea sopra26 un Crocifisso, e questo l'avea buttato per dispregio. Disse che poco tempo innanzi in quella stessa mattina s'era andato a comunicare sagrilegamente, ed a qual fine? per porsi poi sotto i piedi la particola consagrata. E che in effetto, presa già la particola, volea eseguire l'orrendo pensiero; ma che non l'aveva eseguito per essere stato impedito dalle genti, che lo vedeano. Ed in fatti consegnò allora al confessore la particola riposta in una carta. Narrò poi che passando per avanti quella chiesa avea sentito un grande impulso d'entrarvi, a cui non potendo resistere era entrato; e che poi gli era ivi venuto un gran rimorso di coscienza con una certa volontà, ma confusa ed irresoluta, di confessarsi: che perciò si era posto avanti al confessionale; ma che stando ivi era tanta la confusione e diffidenza, che volea partirsi, e parea che alcuno l'avesse trattenuto


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per forza; finché, egli disse, Padre, voi mi avete chiamato: ora mi vedo qui, mi trovo a confessarmi, ma non so come.

Indi gli domandò il Padre, se avesse usata qualche divozione fra questo tempo; intendendo verso Maria SS., poiché tali colpi di conversioni non vengono che da quelle potenti mani della Vergine. Niente, Padre: che divozione? rispose il giovane: Io mi stimava dannato. Ma andatevi ricordando meglio, ripigliò il Padre. Padre, niente, quegli replicò: ecco qua. Ma mettendosi la mano al petto in atto di scoprirlo, s'accorse che vi tenea l'abitino di Maria Addolorata. Ah, figlio, disse allora il confessore, non lo vedi che la Madonna ti ha fatta la grazia? E sappi, gli soggiunse, che questa chiesa è chiesa della Madonna. In sentir ciò il giovine s'intenerì, cominciò a compungersi ed insieme a piangere; e seguendo poi a palesare i peccati, crebbe in tal modo la compunzione col pianto dirotto, che cadde svenuto di dolore, come parve, a' piedi del Padre; il quale, avendolo fatto rinvenire con acque spiritose, finalmente gli terminò la confessione, l'assolvette con somma consolazione, e tutto contrito e risoluto di mutar vita ne lo rimandò alla patria, dopo aver avuta da lui ampia licenza di predicare e pubblicare da per tutto la gran misericordia usatagli da Maria.

Preghiera.

O santa Madre di Dio e madre mia Maria, voi dunque siete stata così interessata per la mia salute, che giungeste a sagrificare alla morte l'oggetto più caro al vostro cuore, il vostro amato Gesù? Se tanto dunque voi desideraste di vedermi salvo, è ragione che in voi dopo Dio io riponga tutte le mie speranze. O Vergine benedetta, sì che in voi tutto confido. Deh per lo merito di questo gran sacrificio, che voi in questo giorno offeriste a Dio della vita del vostro Figlio, pregatelo ch'abbia pietà dell'anima mia, per cui già questo Agnello immacolato non ricusò di morire sulla croce.

Vorrei, regina mia, in questo giorno ancor'io a vostra imitazione offerire il mio povero cuore a Dio; ma temo che lo rifiuti vedendolo così infangato e sozzo. Ma se voi gliel'offerite,


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non lo ricuserà. Le offerte che gli vengono presentate per le vostre purissime mani, egli tutte le gradisce e riceve. A voi dunque, o Maria, oggi io mi presento misero qual sono, ed a voi tutto mi dono. Voi offeritemi come cosa vostra all'Eterno Padre insieme con Gesù, e pregatelo che per li meriti del Figlio ed in grazia vostra mi accetti e mi prenda per suo.

Ah madre mia dolcissima, per amore di questo Figlio sagrificato, aiutatemi sempre, e non m'abbandonate: non permettete che questo mio amabilissimo Redentore da voi oggi con tanto dolore offerto alla croce, io l'abbia a perdere un giorno per li miei peccati. Ditegli ch'io sono vostro servo: ditegli ch'io in voi ho posta tutta la speranza: ditegli in somma che voi mi volete salvo, ch'egli certamente vi esaudirà. Amen.

DISCORSO VII. - Dell'Assunzione di Maria.

In questi giorni la Chiesa ci propone a celebrare due solenni memorie in onore di Maria: cioè una del suo felice transito da questa terra, l'altra della sua gloriosa Assunzione in cielo. Nel presente discorso parleremo del transito, nel susseguente dell'Assunzione.

Quanto fu preziosa la morte di Maria: 1. Per li pregi che l'accompagnarono; 2. Per la maniera con cui seguì.

Essendo la morte pena del peccato, parea che la divina Madre, tutta santa ed esente da ogni neo di colpa, non dovesse essere soggettata alla morte e patire la stessa sventura de' figli d'Adamo, infetti già del veleno del peccato. Ma sì perché Dio volendo Maria tutta simile a Gesù, essendo morto il Figliuolo, conveniva che ancor morisse la Madre; sì perché volea dare a' giusti un esemplare della morte preziosa ad essi


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preparata; perciò volle che anche morisse la Vergine, ma d'una morte tutta dolce e felice. Quindi entriamo a considerare quanto fu preziosa la morte di Maria: 1. Per li pregi che l'accompagnarono; 2. Per la maniera con cui seguì.

Punto I.

Tre cose render sogliono amara la morte, l'attacco alla terra, il rimorso de' peccati e l'incertezza della salute. Ma la morte di Maria fu affatto esente da queste amarezze ed accompagnata da tre bellissimi pregi che la renderono assai preziosa e gioconda. Ella morì tutta distaccata, come sempre visse, da' beni mondani: morì con somma pace di coscienza: morì con certezza della gloria eterna.

E per prima non v'ha dubbio che l'attacco ai beni della terra rende amara e misera la morte de' mondani, come dice lo Spirito Santo: O mors, quam amara est memoria tua homini pacem habenti in substantiis suis! (Eccli. XLI, 1). Ma perché i santi muoiono distaccati dalle cose del mondo, la loro morte non è amara, ma dolce, amabile e preziosa, cioè - come spiega S. Bernando - degna di comperarsi ad ogni gran prezzo.1 Beati mortui, qui in Domino moriuntur (Apoc. XIV, 13). Chi mai sono questi che muoiono essendo morti? Sono appunto quell'anime fortunate che passano all'eternità trovandosi già distaccate e come morte a tutti gli affetti di queste cose terrene; avendo ritrovato in Dio solo ogni loro bene, come l'avea trovato S. Francesco d'Assisi che dicea: Deus meus et omnia.2 Ma quale anima mai fu più distaccata dalle cose


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del mondo e più unita a Dio che la bell'anima di Maria? Fu ben ella tutta distaccata da' suoi parenti, poiché sin dall'età di tre anni, allorché le fanciulle sono più attaccate ai loro genitori e più bisognose del loro soccorso, con tanta intrepidezza Maria li lasciò e andò a rinserrarsi nel tempio per attendere solamente a Dio. Distaccata dalle robe, contentandosi di vivere sempre povera e sostenendosi colle fatiche delle sue mani. Distaccata dagli onori, amando la vita umile ed abbietta, benché le toccasse l'onor di regina, per ragion della discendenza ch'ella traeva dai re d'Israele. Rivelò la stessa Vergine a S. Elisabetta benedettina che quando ella fu lasciata da' suoi parenti, stabilì nel suo cuore di non avere altro padre e non amare altro bene che Dio.3

S. Giovanni vide Maria figurata in quella donna vestita di sole, che teneva la luna sotto i piedi: Signum magnum apparuit in caelo: mulier amicta sole et luna sub pedibus eius (Apoc. XII, 1). Per la luna spiegano gl'interpreti significarsi i beni di questa terra, che son caduchi e mancano come manca la luna. Tutti questi beni Maria non gli ebbe mai nel cuore, ma sempre gli disprezzò e gli tenne sotto i piedi; vivendo in questo mondo come solitaria tortorella in un deserto, senza metter affetto a cosa alcuna, sicché di lei fu detto: Vox turturis audita est in terra nostra (Cant. II, 12). E in altro luogo: Quae est ista quae ascendit per desertum, etc.? (Cant. III, 6). Onde disse Ruperto: Talis ascendisti per desertum, idest


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animam habens solitariam.4 Essendo dunque Maria vivuta sempre e tutta distaccata dalle cose della terra e solamente unita a Dio, non amara, ma troppo dolce e cara, l'era la morte, che più strettamente a Dio l'univa con vincolo eterno in paradiso.

Per secondo, rende preziosa la morte de' giusti la pace di coscienza. I peccati fatti nella vita sono quei vermi che maggiormente affliggono e rodono il cuore de' poveri peccatori moribondi, i quali dovendo allor tra breve presentarsi al divin tribunale, si vedono circondati in quel punto dai loro peccati che gli spaventano e lor gridano intorno, al dir di S. Bernardo: Opera tua sumus, non te deseremus.5 Non poté Maria certamente in morte essere afflitta da alcun rimorso di coscienza, poich'ella fu sempre santa, sempre pura e sempre libera da ogni ombra di colpa attuale ed originale, onde di lei fu detto: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te (Cant. IV, [7]). Dacché ella ebbe l'uso di ragione, cioè dal primo istante di sua immacolata Concezione nell'utero di S. Anna, sin d'allora cominciò con tutte le sue forze ad amare il suo Dio; e così seguì a fare sempre più avanzandosi nella perfezione e nell'amore in tutta la sua vita. Tutti i suoi pensieri, i desideri, gli affetti non furono che di Dio: non disse parola, non fece moto, non diede occhiata, non respiro, che non fosse per Dio e per la sua gloria, senza mai storcere un passo, senza mai distaccarsi un momento dall'amore divino. Ah che nell'ora felice della sua morte se le fecero intorno al suo beato letto tutte le sue belle virtù praticate in vita: quella sua fede così costante, quella sua confidenza in Dio così amorosa, quella pazienza così forte in mezzo a tante pene, quell'umiltà in mezzo a tanti privilegi, quella sua modestia, quella mansuetudine, quella pietà verso l'anime, quel zelo della divina gloria; sopra tutto quella perfetta carità verso Dio con quella totale uniformità alla volontà divina: tutte in somma le si fecero intorno e consolandola le dicevano: Opera tua sumus,


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non te deseremus: Signora e madre nostra, noi siamo tutte figlie del vostro bel cuore; or che voi lasciate questa misera vita noi non vogliamo lasciarvi, verremo ancora noi a farvi eterno corteggio ed onore in paradiso, dove voi per mezzo nostro avrete a seder regina di tutti gli uomini e di tutti gli angeli.

Per terzo, rende dolce la morte la sicurezza dell'eterna salute. La morte si chiama transito, poiché per la morte si passa da una vita breve ad una vita eterna. Onde conforme è troppo grande lo spavento di coloro che muoiono con dubbio della loro salute, e si accostano al gran momento con giusto timore di passare ad una morte eterna; così all'incontro troppo grande è l'allegrezza de' santi in finire la vita, sperando con qualche sicurezza di andare a possedere Dio nel cielo. - Una religiosa Teresiana, allorché il medico le diè la nuova della morte, ebbe tanta allegrezza che gli disse: E come, signor medico, mi date questa cara novella e non mi cercate la mancia?6 S. Lorenzo Giustiniani, stando vicino alla morte e sentendo i suoi familiari che gli piangevano intorno: Abite, loro disse, abite cum lacrimis vestris: non est tempus lacrimarum.7 Andate altrove a piangere; se volete star qui meco, avete da godere come godo io in vedermi aprire la porta del paradiso ad unirmi col mio Dio. E così parimente un S. Pietro d'Alcantara,8 un S. Luigi Gonzaga e tanti altri santi, al ricevere la


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notizia della morte diedero in voci di giubilo e di allegrezza.9 E pure questi non aveano la certezza della divina grazia, né sicuri erano della propria santità come n'era sicura Maria. Ma qual giubilo dovette sentire la divina Madre in avere la nuova della sua morte, ella che avea somma certezza di godere la divina grazia, specialmente dopo che l'arcangelo Gabriele l'assicurò ch'ella era piena di grazia e già posseditrice di Dio? Ave, gratia plena, Dominus tecum... invenisti [enim] gratiam (Luc. I, [28, 30]). E ben ella stessa intendeva che 'l suo cuore ardeva già di continuo amor divino; in modo che, siccome dice Bernardino da Busto, Maria per privilegio singolare non conceduto ad alcun altro santo amava e stava amando sempre attualmente Dio in ogn'istante della sua vita;10 e con tanto ardore, che dice S. Bernardo esservi stato


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necessario un continuo miracolo, acciocch'ella avesse potuto vivere in mezzo a tanta fiamma.11

Di Maria già fu detto ne' Sagri Cantici: Quae est ista quae ascendit per desertum sicut virgula fumi ex aromatibus myrrhae et thuris et universi pulveris pigmentarii? (Cant. III, 6). La sua total mortificazione figurata nella mirra, le sue ferventi orazioni significate nell'incenso e tutte le sue sante virtù unite alla sua perfetta carità verso Dio, accendevano in lei un incendio così grande, che la sua bell'anima, tutta sacrificata e consumata dal divino amore, s'alzava continuamente a Dio qual verghetta di fumo che da ogni parte spirava soavissimo odore. Qualis fumi virgula, beata Maria, suavem odorem spirasti Altissimo, scrisse Ruperto.12 Ed Eustachio con maggior espressione: Virgula fumi, quia concremata intus in holocaustum incendio divini amoris, ex ea flagrabat suavissimus odor.13 E qual visse l'amante Vergine, tale morì. Siccome l'amor divino le diè la vita, così le diè la morte, morendo ella, come


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comunemente dicono i Dottori e i SS. Padri, non di altra infermità che di puro amore,14 dicendo S. Idelfonso che Maria o non doveva morire o solo morire di amore.15

Punto II.

Ma vediamo ora come avvenne la sua beata morte. - Dopo l'ascensione di Gesù Cristo restò Maria in terra per attendere alla propagazione della fede. Onde a lei ricorrevano i discepoli di Gesù Cristo ed ella loro scioglieva i dubbi, li confortava nelle persecuzioni e l'animava ad affaticarsi per la divina gloria e per la salute dell'anime redente. Ben ella volentieri si tratteneva in terra, intendendo questa essere la volontà di Dio per bene della Chiesa; ma non poteva non sentire la pena di vedersi lontana dalla presenza e dalla vista del suo diletto Figlio che se n'era asceso al cielo. Ubi... thesaurus vester est, disse il Redentore, ibi et cor vestrum erit (Luc. XII, 34): Dove alcuno stima essere il suo tesoro e 'l suo contento, ivi tiene sempre fisso l'amore e 'l desiderio del suo cuore. Se dunque Maria non amava altro bene che Gesù, stando egli in cielo, al cielo erano tutti i suoi desideri. - Scrisse di Maria il Taulero (Serm. de Nat. V. Mar.): Mariae cella fuit caelum, poiché nel cielo coll'affetto faceva la sua continua dimora; schola aeternitas, sempre distaccata da' beni temporali; paedagogus divina veritas, operando sempre secondo la divina luce; speculum divinitas, mentre non mirava altro che Dio, per uniformarsi sempre alla sua volontà; ornatus eius devotio, sempre pronta ad eseguire il divino beneplacito; quies, unitas cum Deo, la sua pace era nell'unirsi tutta con Dio; cordis illius locus et thesaurus, solus Deus erat, in somma il luogo e tesoro del suo cuore non era altro che Dio.16 Andava


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sibbene la SS. Vergine consolando il suo cuore innamorato in questa dura lontananza con visitare, come si narra,17 i santi luoghi della Palestina, dove il Figlio era stato in sua vita; visitava spesso or la stalla di Betlemme dove il Figlio era nato: or la bottega di Nazaret dove il Figlio era vivuto tanti anni povero e disprezzato: ora l'orto di Getsemani dove il Figlio diè principio alla sua Passione: ora il pretorio di Pilato dove fu flagellato: or il luogo dove fu coronato; ma più spesso visitava il Calvario dove il Figlio spirò, e il santo sepolcro dov'ella finalmente lo lasciò. E così l'amantissima Madre si andava sollevando nella pena del suo duro esilio. Ma ciò non poteva bastare a fare contento il suo cuore, il quale non potea trovar la sua perfetta quiete su questa terra; onde altro non faceva che mandare continui sospiri al suo Signore, esclamando con Davide, ma con amore più ardente: Quis dabit pennas sicut columbae? [et] volabo et requiescam (Ps. LIV, 7): Chi mi darà penne di colomba, per volare al mio Dio ed ivi trovare il mio riposo? Quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus (Ps. XLI, 2): Come il cervo ferito desidera la fonte, così l'anima mia dall'amor tuo ferita, mio Dio, ti desidera e sospira. - Ah che i sospiri di questa santa tortorella non potevano non penetrare il cuore del suo Dio che troppo l'amava: Vox turturis audita est in terra nostra (Cant. II, 12). Ond'egli non volendo più differire la consolazione alla sua amante,18 ecco esaudisce il suo desiderio, e la chiama al suo regno.

Portano il Cedreno (Comp. histor.), Niceforo (L. 2, c. 21) e


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il Metafraste (Orat. de dorm. Mar.) che 'l Signore alcuni giorni prima della morte le inviò l'angelo S. Gabriele,19 quello stesso che un tempo le portò l'avviso d'esser ella la donna benedetta e scelta per Madre di Dio. Mia signora e regina, le disse l'angelo, Dio ha già esauditi i vostri santi desideri, mi ha mandato a dirvi che vi apparecchiate a lasciare la terra, perch'egli vi vuol seco in paradiso. Venite dunque a prendere possesso del vostro regno, mentre io e tutti quei santi cittadini vi aspettiamo e desideriamo. A questo felice annunzio, che altro mai dovette fare la nostra umilissima e SS. Vergine, se non maggiormente nascondersi nel centro della sua profondissima umiltà, e replicare quelle stesse parole che rispose a S. Gabriele, allorché le annunziò la divina maternità: Ecce ancilla Domini. Ecco, di nuovo rispose, la schiava del Signore; egli per sua mera bontà mi ha eletta e fatta sua Madre: ora mi chiama al paradiso. Io non meritava né quello né questo onore. Ma giacché egli vuole su di me dimostrare la sua infinita liberalità, eccomi pronta a venire dov'egli vuole. Ecce ancilla Domini, sia sempre in me adempiuta la volontà del mio Dio e Signore.

Dopo aver ricevuto questo caro avviso, ne diede parte a S. Giovanni, il quale possiamo considerare con qual dolore e tenerezza dovette intendere questa nuova, egli che per tanti anni assistendola come figlio, avea già goduta la celeste conversazione di questa SS. Madre. Visitò poi ella di nuovo i santi luoghi di Gerusalemme, licenziandosi da loro con tenerezza, specialmente dal Calvario dove l'amato Figlio lasciò la vita. E poi si pose nella sua povera casa ad apparecchiarsi alla morte. Fra questo tempo non lasciavano gli angeli di venir spesso a salutare la loro amata regina, consolandosi in sapere che presto l'aveano a veder coronata nel cielo. - Portano molti autori 


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(S. Andr. Cret., Or. de dorm. Deip.; S. Io. Damasc. De dorm. Deip.; Euthim., l. 3 Hist., c. 40)20 che prima di morire, per divin miracolo gli Apostoli ed anche parte de' Discepoli si trovarono da diverse parti, dov'erano dispersi, tutti uniti nella stanza di Maria; ond'ella vedendo già uniti que' suoi cari figli alla sua presenza, così cominciò a parlare: Miei diletti, per vostro amore e per aiutarvi il mio Figlio mi lasciò. Or già la santa fede è sparsa nel mondo, già il frutto della divina semenza è cresciuto; onde vedendo il mio Signore che non era più in terra necessaria la mia assistenza, e compatendo alla pena della mia lontananza, ha esaudito il mio desiderio di uscir da questa vita e di andarlo a vedere in cielo. Restate voi dunque a faticare per la sua gloria. S'io vi lascio, non vi lascio col cuore; meco porterò e starà sempre meco il grande amore che vi porto. Vado al paradiso a pregare per voi. A questa dolorosa novella chi mai può comprendere quali fossero le lagrime e i lamenti di quei santi Discepoli, pensando che fra poco aveano a separarsi dalla loro madre? Dunque - piangendo tutti essi presero a dire - dunque, o Maria, già ci volete lasciare? È vero che questa terra non è luogo degno e proprio per voi, e noi non siamo degni di godere la compagnia di una Madre di Dio: ma ricordatevi che voi siete la nostra madre; voi siete stata sinora la nostra maestra ne' dubbi, voi la consolatrice nelle angustie, voi la nostra fortezza nelle persecuzioni; e come ora ci volete abbandonare, lasciandoci soli senza il vostro conforto in mezzo a tanti nemici ed a tante battaglie? Abbiamo già perduto in terra il nostro maestro e padre Gesù, che se n'è asceso al cielo; noi ci siamo consolati fra questo tempo con voi nostra madre; or come voi ancora volete lasciarci orfani senza padre e senza madre? Signora nostra, o restate con noi o portateci con voi. Così S. Gio. Damasceno (Or. de Ass. Virg.).21 No, figli


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miei - riprese dolcemente a parlare l'amorosa Regina - non è questo secondo la volontà di Dio; contentatevi di far quello ch'egli di me e di voi ha disposto. A voi anche resta di faticare in terra per la gloria del vostro Redentore e per compire la vostra eterna corona. Io non vi lascio per abbandonarvi, ma per maggiormente soccorrervi colla mia intercessione appresso Dio nel cielo. Restate contenti. Vi raccomando la S. Chiesa: vi raccomando le anime redente; questo sia l'ultimo addio ed unico ricordo ch'io vi lascio: fatelo se m'amate, faticate per l'anime e per la gloria del mio Figlio; perché un giorno poi ci rivedremo di nuovo uniti in paradiso per non mai più separarci in eterno.

Indi li pregò a dar sepoltura al suo corpo dopo morte, e li benedisse. Ordinò a S. Giovanni, come riferisce il Damasceno, che dopo la sua morte avesse date due sue vesti a due vergini che l'avevano servita per certo tempo (Niceforo e Metafraste appr. l'Ist. di Mar. del P. F. Gius. di G. e M., l. V, 13).22 E poi decentemente si compose sul suo povero letticciuolo, dove si pose con desiderio ad aspettare la morte e colla morte l'incontro del divino sposo, che tra breve dovea venire a prenderla per condurla seco al regno beato. - Ecco già sente nel


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cuore un gaudio foriero della venuta dello Sposo, che tutta la ricolma d'un'immensa e nuova dolcezza. I SS. Apostoli, vedendo che Maria già stava per partirsi da questa terra, rinnovando le lagrime, tutti se le posero intorno genuflessi vicino al letto; e chi si pose a baciarle i santi piedi, chi le cercava la sua speciale benedizione, chi le raccomandava qualche suo particolare bisogno; e tutti piangendo dirottamente si sentivano trafiggere dal dolore, in doversi separare per sempre in questa vita dalla loro amata Signora. Ed ella l'amantissima Madre tutti compativa e andava consolando ciascuno, ad altri promettendo il suo patrocinio, altri benedicendo con speciale affetto, ed altri animando alla conversione del mondo; specialmente si chiamò S. Pietro, e come a Capo della Chiesa e Vicario del suo Figlio, a lui raccomandò principalmente la propagazione della fede, promettendogli dal cielo una particolare protezione. Ma singolarmente poi si chiamò S. Giovanni, il quale più di tutti gli altri sentiva dolore nel punto di dividersi da quella santa Madre; e ricordandosi la gratissima Signora dell'affetto ed attenzione con cui questo santo discepolo l'avea servita per tutti gli anni ch'ella era stata in terra dopo la morte del Figlio: Giovanni mio - con gran tenerezza gli disse - Giovanni mio, ti ringrazio di tutta l'assistenza che m'hai fatta: figlio mio, sta sicuro che non te ne sarò ingrata. Se ora ti lascio, vado a pregare per te. Resta tu in pace in questa vita, fintanto che non ci rivedremo in cielo dove t'aspetto. Non ti scordare di me: in tutti i tuoi bisogni chiamami in tuo aiuto, ch'io non mai mi scorderò di te, figlio mio diletto. Figlio, ti benedico, ti lascio la mia benedizione, resta in pace, addio.

Ma già la morte di Maria è vicina. Avendo l'amor divino colle sue beate e veementi fiamme già quasi tutti consumati gli spiriti vitali, già la celeste fenice in mezzo a tanto incendio va perdendo la vita. Venivano allora gli angeli a schiere a schiere a ritrovarla, come in atto di trovarsi pronti al gran trionfo con cui dovevano accompagnarla al paradiso. Ben si consolava Maria alla vista di quei santi spiriti; ma non si consolava appieno, non vedendo ancor comparire il suo amato Gesù, ch'era tutto l'amor del suo cuore. Onde spesso ripeteva agli angeli, che scendevano a salutarla: Adiuro vos, filiae Ierusalem, si inveneritis dilectum meum. ut nuntietis ei quia


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amore langueo (Cant. V, 8): Angeli santi, o belli cittadini della celeste Gerusalemme, voi venite a schiere cortesi a consolarmi, e tutti mi consolate colla vostra amabil presenza; io vi ringrazio, ma voi tutti non mi contentate appieno, perché non vedo ancora il mio Figlio a consolarmi: andate, se mi amate, tornate al paradiso, e dite da mia parte al mio Diletto, nuntietis ei quia amore langueo: ditegli che io languisco e vengo meno per suo amore: ditegli che venga e venga presto, perché io mi sento morire per desiderio di vederlo.

Ma ecco Gesù, che già viene a prendere la sua Madre per condurla al regno beato. Fu rivelato a S. Elisabetta che 'l Figlio apparve a Maria prima di spirare colla croce in mano, per dimostrare la gloria speciale ch'egli avea tratto dalla Redenzione, avendo colla sua morte fatto acquisto di quella gran creatura, che per secoli eterni doveva onorarlo più di tutti gli uomini e di tutti gli angeli.23 Porta S. Giovan Damasceno ch'egli stesso poi la comunicò per viatico, dicendole con amore: Prendi, o Madre mia, dalle mie mani quello stesso mio corpo che tu mi hai dato. E la Madre, avendo ricevuto con maggior amore quell'ultima comunione, fra quegli ultimi respiri gli disse: Figlio, nelle vostre mani raccomando lo spirito mio; vi raccomando quest'anima, che voi creaste per vostra bontà fin dal principio ricca di tante grazie, e con singolar privilegio la preservaste da ogni macchia di colpa. Vi raccomando il corpo mio, da cui vi degnaste di prendere carne e sangue. Vi raccomando ancora questi miei cari figli - parlando de' santi Discepoli che le stavano intorno; - restano essi afflitti colla mia partenza, consolateli voi, che più di me l'amate;


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benediteli e date lor forza di fare gran cose per la vostra gloria (Ap. S. Io. Dam., Or. de Ass. V.).24

Giunto già il fine della vita di Maria, si intese nella stanza, dov'ella giaceva, una grande armonia, come narra S. Girolamo.25 E di più, secondo fu rivelato a S. Brigida, si vide comparire un grande splendore.26 A quest'armonia ed insolito splendore, già si avvidero i santi Apostoli che Maria allora si partiva: onde rinnovarono le lagrime e le preghiere, ed alzando le mani in una voce dissero tutti: O Madre nostra, già te ne vai al cielo e ci lasci; donaci l'ultima benedizione, non ti scordare di noi miserabili. E Maria, rivolgendo gli occhi intorno a tutti, come per l'ultima volta licenziandosi: Addio, figli, lor disse, vi benedico; non dubitate che non mi scorderò di


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voi. - Ed ecco allora venne la morte non già vestita di lutto e tristezza, come viene agli altri uomini, ma venne ornata di luce e di allegrezza. Ma che morte! che morte! meglio diciamo, venne l'amore divino a troncar lo stame di quella nobil vita. E qual lampada che prima di finire fra quegli ultimi lampi di sua vita un lampo più grande e poi spira; così la bella farfalla, invitandola il Figlio a seguirlo, immersa nella fiamma di sua carità e in mezzo a' suoi amorosi sospiri, un sospiro più grande d'amore e spira e muore. E così quell'anima grande, quella bella colomba del Signore si sciolse da' legami di questa vita, e se n'andò alla gloria beata, dove siede e sederà regina del paradiso per tutta l'eternità.

Già dunque Maria ha lasciata la terra, già sta nel cielo. Di la pietosa madre guarda noi che ancora stiamo su questa valle di lagrime, e ci compatisce e ci promette il suo aiuto, se lo vogliamo. Preghiamola sempre che per li meriti della sua beata morte, ci ottenga una morte felice: e se mai piacesse a Dio, che c'impetri di morire in giorno di sabato, ch'è dedicato a suo onore, o pure in un giorno della novena o dell'ottava di alcuna delle sue feste, come l'ha ottenuto a tanti suoi divoti, e specialmente a S. Stanislao Kostka, a cui ottenne il morire nel giorno della sua gloriosa Assunzione, come narra il P. Bartoli nella di lui Vita (Lib. 1, cap. 12).27

Esempio.

Nel mentre vivea questo santo giovinetto tutto dedito all'amor di Maria, avvenne che nel giorno primo d'agosto egli udisse un sermone del P. Pietro Canisio, in cui questi, predicando a' novizi della Compagnia, con fervore insinuò a tutti il gran consiglio di vivere in ogni giorno come quello fosse l'ultimo della vita, dopo cui dovessimo presentarci al divin tribunale. Finito il sermone, disse S. Stanislao a' compagni che quel consiglio singolarmente per lui era stata voce di Dio, avendo egli a morire in quello stesso mese. Disse ciò, o perché Iddio espressamente glielo rivelò, o almeno perché gliene


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diede un certo sentimento interno, per quel che poi accadde. Quattro giorni appresso, andando il beato giovane col P. Emanuele Sa a S. Maria Maggiore, ed entrando a parlare della prossima festa dell'Assunzione, disse: Padre, io credo che in quel giorno si vide in paradiso un nuovo paradiso, vedendosi la gloria della Madre di Dio coronata regina del cielo e collocatavicina al Signore sopra tutti i cori degli angeli. E s'è vero che in ogni anno, com'io tengo per certo, se ne rinnova la festa in cielo, io spero che ne vedrò la prima. Indi essendo toccato in sorte a S. Stanislao per suo protettore del mese - secondo l'uso della compagnia - il glorioso martire S. Lorenzo, è fama ch'egli avesse scritta una lettera alla sua madre Maria, in cui la pregava d'ottenergli di trovarsi a vedere quella sua festa in paradiso. Nel giorno di S. Lorenzo si comunicò, e dopo supplicò il santo a presentar quella lettera alla divina Madre, con interporvi la sua intercessione, affinché Maria SS. l'avesse esaudito. Ed ecco al finire dello stesso giorno gli venne la febbre, e benché questa fosse molto leggiera, egli non però sin d'allora tenne per certa la grazia richiesta della vicina morte. Come in fatti in porsi a letto disse tutto giubilante colla bocca a riso: Da questo letto più non m'alzerò. E al P. Claudio Acquaviva soggiunse: Padre mio, credo che S. Lorenzo già m'ha impetrata la grazia da Maria, di trovarmi in cielo alla festa della sua Assunzione. Ma di queste sue parole niuno ne fe' caso. Giunta la vigilia, il male seguiva a dimostrarsi leggiero, ma il santo disse ad un fratello che la notte seguente egli sarebbe morto; e quegli rispose: Oh fratello, maggior miracolo sarebbe il morir di così poco male, che il guarirne. Ma ecco passato il mezzodì fu assalito da un mortale sfinimento, e poi cominciò a sudar freddo e perdé affatto le forze. Accorse il superiore, cui Stanislao prego di farlo ponere sulla terra nuda, per morire da penitente. Il che gli fu accordato per contentarlo, e fu posto in terra su d'una coltricella. Indi si confessò, ricevé il viatico, non senza lagrime di quanti v'assistevano, poiché all'entrar nella stanza il divin Sacramento lo videro tutto brillare28 di celeste allegrezza negli


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occhi e tutto infiammato nella faccia di santo amore, che pareva un serafino. Prese anche l'Estrema Unzione, e frattanto non faceva altro che ora alzare gli occhi in cielo, ed or mirare, baciare e stringersi al petto amorosamente un'immagine di Maria. Gli dimandò un Padre: Che vi serve questa corona avvolta alla mano, se non potete recitarla? Rispose: Mi serve a consolarmi, mentre è cosa della Madre mia. Or quanto più, ripigliò il Padre, vi consolerete in vederla e baciarle tra breve la mano in cielo? Allora il santo tutto acceso in volto, levo alte le mani, esprimendo così il desiderio di trovarsi presto alla di lei presenza. Indi gli apparve la sua cara Madre, com'egli stesso palesò a' circostanti; e poco appresso, al far dell'alba del giorno de' quindici d'agosto, spirò in un'aria di beato, cogli occhi fissi in cielo, senza fare alcun moto; tanto che al presentargli dopo l'immagine della SS. Vergine, ed al vedere ch'egli non facea più alcun atto verso di lei, s'avvidero ch'era già passato a baciare i piedi in paradiso alla sua amata Regina.

Preghiera.

O dolcissima Signora e Madre nostra, voi già avete lasciata la terra e siete giunta al vostro regno, dove sedete regina sopra tutti i cori degli angeli, come canta la Chiesa: Exaltata es super choros angelorum ad caelestia regna. Sappiamo già che non eravamo degni noi peccatori di avervi con noi in questa valle di tenebre. Ma sappiamo ancora che voi nelle vostre grandezze non vi siete scordata di noi miserabili, e coll'esser sublimata a tanta gloria non avete perduta, anzi in voi è cresciuta la compassione verso di noi poveri figli di Adamo. Dal gran trono dunque dove regnate, rivolgete, o Maria, anche sopra di noi gli occhi vostri pietosi, ed abbiate di noi pietà. Ricordatevi pure che nel partirvi da questa terra ci avete promesso di non scordarvi di noi. Guardateci e soccorreteci. Mirate in quali tempeste e in quanti pericoli ognora ci troviamo e saremo per trovarci sintanto che non giungerà il fine di nostra vita.


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Per li meriti della vostra beata morte impetrateci la santa perseveranza nella divina amicizia, per finalmente uscire da questa vita in grazia di Dio, e così venire un giorno a baciarvi ancora noi i piedi in paradiso, con unirci con quei beati spiriti a lodarvi ed a cantare le vostre glorie, come voi meritate. Amen.

DISCORSO VIII. - Altro discorso dell'Assunzione di Maria.

1. Quanto fu glorioso il trionfo con cui Maria andò al cielo.

2. Quanto fu eccelso il trono nel quale fu in cielo sublimata.

Sembrerebbe giusto che la santa Chiesa in questo giorno dell'Assunzione di Maria al cielo più presto c'invitasse a piangere, che a rallegrarci, poiché la nostra dolce Madre si parte da questa terra e ci lascia privi della sua cara presenza, siccome parla S. Bernardo: Plangendum nobis, quam plaudendum magis esse videtur (Serm. 1, de Assump.).1 Ma no, la S. Chiesa c'invita a giubilare: Gaudeamus omnes in Domino diem festum celebrantes sub honore B. Mariae Virginis.2 E con ragione: se noi amiamo questa nostra madre, dobbiamo congratularci più della sua gloria che della nostra particolar consolazione. Qual figlio non si rallegra, quantunque si divida dalla sua madre, se sente ch'ella va a prender possesso d'un regno? Maria oggi va ad esser coronata regina del cielo, e possiamo noi non far festa, se veramente l'amiamo? Gaudeamus omnes, gaudeamus. E per maggiormente consolarci della sua esaltazione consideriamo: 1. Quanto fu glorioso il trionfo con


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cui Maria andò al cielo. 2. Quanto fu eccelso il trono nel quale fu in cielo sublimata.

Punto I.

Dopo che Gesù Cristo nostro Salvatore ebbe compiuta l'opera della Redenzione colla sua morte, anelavano gli angeli di averlo nella loro patria del cielo; onde continuamente pregando gli ripetevano le parole di Davide: Surge, Domine, in requiem tuam tu et arca sanctificationis tuae (Ps. CXXXI, 8): Su via, Signore, or che già avete redenti gli uomini, venite al vostro regno con noi e conducete con voi ancora l'arca viva della vostra santificazione, cioè la vostra Madre, che fu l'arca da voi santificata con abitar nel suo seno. Così appunto S. Bernardino fa dire agli angeli: Ascendat etiam Maria tua sanctissima Mater, tui conceptione sanctificata (Serm. de Ass.).3 Volle perciò finalmente il Signore compiacere il desiderio di quei celesti cittadini, con chiamare Maria al paradiso. Ma s'egli volle che l'arca del Testamento fosse con gran pompa introdotta nella città di Davide: Et David et omnis domus Israel ducebant arcam testamenti Domini in iubilo et [in] clangore buccinae (II Reg. VI, [14]); con altra pompa più nobile e gloriosa ordino che la sua Madre entrasse in cielo. Il profeta Elia fu trasportato in cielo in un cocchio di fuoco,4 che, come vogliono gl'interpreti, non fu altro che un gruppo d'angeli, che lo sollevarono dalla terra. Ma a condur voi in cielo, o Madre di Dio, dice Ruperto abbate, non bastò un sol gruppo d'angeli, ma venne ad accompagnarvi il medesimo re del cielo con tutta la sua corte celeste: Ad transferendum te in caelum non unus tantum currus igneus, sed


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totus cum rege suo Filio tuo venit atque occurrit exercitus angelorum.5

Dello stesso sentimento è S. Bernardino da Siena, che Gesù Cristo per onorare il trionfo di Maria egli medesimo venisse dal paradiso ad incontrarla e accompagnarla: Surrexit gloriosus Iesus in occursum suae dulcissimae Matris.6 E appunto a tal fine dice S. Anselmo che il Redentore volle ascendere al cielo prima che vi pervenisse la Madre, non solo per apparecchiarle il trono in quella reggia, ma ancora per far più gloriosa la sua entrata nel cielo, con accompagnarla esso stesso unito a tutti gli spiriti beati: Prudentiori consilio illam praecedere volebas, quatenus in regno tuo ei locum praeparares, et sic comitatus tota curia tua festivus ei occurrens, sublimius, sicut decebat, tuam Matrem ad te exaltares (Vid. de exc. V., c. 8).7

Quindi S. Pier Damiani, contemplando lo splendore di quest'Assunzione di Maria al cielo, dice che la troveremo più gloriosa dell'Ascensione di Gesù Cristo, perché al Redentore solamente gli angeli vennero ad incontrarlo, ma la B. Vergine andò alla gloria coll'incontro e corteggio dello stesso Signor della gloria e di tutta la beata compagnia de' santi e degli angeli: Invenies occursum huius pompae digniorem quam in


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Christi Ascensione; soli quippe angeli Redemptori occurrere potuerunt, Matri vero Filius ipse cum tota curia tam angelorum quam sanctorum occurrens, duxit ad beatae consistorium sessionis (Serm. de Ass.).8 Onde Guerrico abbate fa così parlare su ciò il Verbo divino: Ego ut Patrem honorarem ad terram descendi; ut Matrem honorarem ad caelum reascendi:9 Io per dar gloria al mio Padre discesi dal cielo in terra; ma poi per render onore alla Madre mia ascesi di nuovo in cielo, per poter così venire ad incontrarla e accompagnarla colla mia presenza al paradiso.

Andiamo dunque considerando come venne già il Salvatore dal cielo ad incontrar la Madre, e al primo incontro le disse per consolarla: Surge, propera, amica mea, columba mea, formosa mea, et veni. Iam [enim] hiems transiit... et recessit (Cant. II, 10): Su Madre mia cara, mia bella e pura colomba, lascia questa valle di pianti, dov'hai tanto sofferto per amor mio: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni: coronaberis (Cant. IV, 8). Vieni e coll'anima e col corpo a godere il premio della tua santa vita. Se hai molto patito in terra, assai maggiore è la gloria ch'io t'ho preparata in cielo. Vieni ivi a sedere a me vicina; vieni a ricever la corona, che ti darò di regina dell'universo.

Ecco già Maria lascia la terra, e ricordandosi di tante grazie ivi ricevute dal suo Signore, la guarda con affetto insieme e compassione, lasciando ivi tanti poveri figli tra tante miserie e pericoli. Ecco Gesù le porge la mano, e la beata Madre già s'alza in aria, già passa le nubi e passa le sfere. Eccola già arrivata alle porte del cielo. Allorché entrano i monarchi a prendere possesso del regno, non passano essi per le porte della città, ma o si tolgono affatto le porte, oppure


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passano per sopra le porte. Perciò siccome gli angeli, quando entrò Gesù Cristo al paradiso, dicevano: Attollite portas, principes, vestras, et elevamini, portae aeternales, et introibit rex gloriae (Ps. XXIII, [7]); così ancora, or che va Maria a prender possesso del regno de' cieli, gli angeli che l'accompagnano gridano agli altri che stan di dentro: Attollite portas, principes, vestras, et elevamini, portae aeternales, et introibit regina gloriae: Presto, o principi del cielo, alzate, togliete le porte, perché deve entrarvi la regina della gloria.

Ecco già entra Maria nella beata patria. Ma in entrare e in vederla quei spiriti celesti così bella e gloriosa, dimandano agli angeli che vengono di fuori, come contempla Origene: Una omnium in caelo erat laetantium (vox): Quae est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens, innixa super dilectum suum? (Can. VIII, 5):10 E chi mai è questa creatura così vaga, che viene dal deserto della terra, luogo di spine e di triboli; ma questa viene sì pura e sì ricca di virtù, appoggiata al suo diletto Signore, che si degna egli stesso accompagnarla con tanto onore? Chi è? rispondono gli angeli che l'accompagnano: Questa è la Madre del nostro re, è la nostra regina, è la benedetta fra le donne: la piena di grazia, la santa de' santi, la diletta di Dio, l'immacolata, la colomba, la più bella di tutte le creature. E quindi tutti quei beati spiriti cominciano a benedirla e a lodarla cantando, meglio che nol dicevano gli Ebrei a Giuditta: Tu gloria Ierusalem, tu laetitia Israel, tu honorificentia populi nostri (Iud. XV, 10). Ah Signora e regina nostra, voi siete dunque la gloria del paradiso, l'allegrezza della nostra patria, voi siete l'onore di tutti noi; siate sempre la benvenuta, siate sempre benedetta; ecco il vostro regno, eccoci tutti noi siamo vostri vassalli, pronti a' vostri comandi.

Quindi vennero a darle il benvenuto e a salutarla come loro regina tutti i santi che allora stavano in paradiso. Vennero tutte le sante vergini: Viderunt eam filiae et beatissimam


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praedicaverunt... et laudaverunt eam (Cant. VI, 8). Noi, dissero, o beatissima signora, siamo regine ancora di questo regno, ma voi siete la regina nostra; poiché voi siete stata la prima a darci il grand'esempio di consagrare la nostra verginità a Dio; noi tutte ve ne benediciamo e ringraziamo. Indi vennero i santi confessori a salutarla come loro maestra, che loro aveva insegnate tante belle virtù colla sua santa vita. Vennero ancora i santi martiri a salutarla come loro regina, perché colla sua gran costanza ne' dolori della Passione del Figlio avea loro insegnato ed anche impetrato coi suoi meriti la fortezza a dar la vita per la fede. Venne ben anche S. Giacomo, che solo degli Apostoli allora si trovava in paradiso, a ringraziarla da parte di tutti gli Apostoli, di quanto conforto ed aiuto aveva ella dato loro stando sulla terra. Vennero poi i profeti a salutarla, e questi le dicevano: Ah signora, voi siete stata l'adombrata dalle nostre profezie. Vennero i santi patriarchi e le dicevano: O Maria, voi dunque siete stata la nostra speranza, tanto e per sì lungo tempo da noi sospirata. Ma fra costoro con affetto maggiore vennero a ringraziarla i primi nostri padri Adamo ed Eva: Ah figlia diletta, questi dicevano, voi avete riparato al danno da noi fatto al genere umano; voi avete ottenuta al mondo quella benedizione perduta da noi per nostra colpa; per voi noi siam salvi, siatene sempre benedetta.

Venne poi a baciarle i piedi S. Simeone, e le ricordò con giubilo quel giorno nel quale egli ricevé dalle sue mani Gesù bambino. Vennero S. Zaccaria e S. Elisabetta, e di nuovo la ringraziarono di quell'amorosa visita, che con tanta umiltà e carità loro fece nella loro casa, e per cui ricevettero tanti tesori di grazie. Venne S. Giovan Battista con maggior affetto a ringraziarla di averlo santificato per mezzo della sua voce. Ma che dovettero poi dirle, quando vennero a salutarla i suoi cari genitori S. Gioachimo e S. Anna? Oh Dio con qual tenerezza la dovettero benedire, dicendo: Ah figlia diletta, e qual fortuna è stata la nostra di avere una tal figlia? Ah che tu sei ora la regina nostra, perché sei la Madre del nostro Dio: per tale noi ti salutiamo e ti adoriamo. Ma chi può comprendere poi l'affetto con cui venne a salutarla il suo caro sposo S. Giuseppe? Chi mai potrà spiegare l'allegrezza che provò


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il santo patriarca in vedere la sua sposa giunta in cielo con tanto trionfo, e fatta regina di tutto il paradiso? Con qual tenerezza dovette egli dire: Ah signora e sposa mia, e quando mai potrò giungere a ringraziar quanto devo il nostro Dio di avermi fatto sposo di voi, che siete sua vera Madre? Per voi io meritai in terra di assistere alla fanciullezza del Verbo Incarnato, di averlo tante volte fra le braccia e di riceverne tante grazie speciali. Sian benedetti i momenti che spesi in vita a servire Gesù e voi, mia santa sposa. Ecco il nostro Gesù; consoliamoci, ch'ora non giace steso in una stalla sul fieno, come noi lo vedemmo nato in Betlemme; non vive già povero e disprezzato in una bottega, come un tempo visse con noi in Nazarette; non già sta affisso in un patibolo infame, com'egli morì per la salute del mondo in Gerusalemme; ma siede alla destra del Padre, qual re e signore del cielo e della terra. Ed ecco che noi, regina mia, non ci separeremo più da' suoi santi piedi a benedirlo ed amarlo in eterno.

Indi tutti gli angeli vennero a salutarla, ed ella la gran regina tutti ringraziò dell'assistenza che le avevano fatta nella terra; ringraziando singolarmente l'arcangelo S. Gabriele, che fu l'ambasciatore felice di tutte le sue fortune, allorché venne a darle la nuova d'esser fatta Madre di Dio. Indi genuflessa l'umile e santa Vergine adora la divina Maestà, e tutta inabissata nella cognizione del suo niente, la ringrazia di tutte le grazie a lei per sua sola bontà concedute, e specialmente d'averla fatta madre del Verbo Eterno. Quindi comprenda chi può con quale amore la SS. Trinità la benedisse. Comprenda quali accoglienze fe' l'Eterno Padre alla sua figlia, il Figlio alla sua madre, lo Spirito Santo alla sua sposa. Il Padre la corona con parteciparle la sua potenza, il Figlio la Sapienza, lo Spirito Santo l'amore. E tutte tre le divine Persone collocando il di lei trono alla destra di Gesù, la dichiarano regina universale del cielo e della terra, e comandano agli angeli e a tutte le creature che la riconoscano per loro regina, e qual regina la servano e ubbidiscano. - E qui passiamo a considerare quanto fu eccelso questo trono, in cui Maria fu in cielo sublimata.

Punto II.

Ma se mente umana, dice S. Bernardo, non può arrivare a capire la gloria immensa, che Dio ha preparata


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in cielo a coloro che in terra l'hanno amato, come ci avvisò l'Apostolo, chi mai giungerà a comprendere quid praeparavit gignenti se?11 qual gloria abbia egli apparecchiata alla sua diletta Madre, che in terra l'ha amato più di tutti gli uomini, anzi sin dal primo momento ch'ella fu creata l'amò più di tutti gli uomini e di tutti gli angeli uniti insieme? Ha ragione dunque la santa Chiesa di cantare, avendo Maria amato Dio più di tutti gli angeli, ch'ella sia stata sopra tutti gli angeli sublimata in cielo: Exaltata est sancta Dei Genitrix super choros angelorum ad caelestia regna (In festo Ass.).12 Sì, esaltata, dice Guglielmo abbate, sopra degli angeli, in modo ch'ella non veda sopra di sé collocato altri che 'l suo Figlio, ch'è l'Unigenito di Dio: Matrem dico exaltatam super choros angelorum, ut nihil contempletur super se Mater, nisi Filium suum (Ser. IV, de Ass.).13

Ond'è che asserisce il dotto Gersone che distinguendosi tutti gli ordini degli angeli e de' santi in tre gerarchie, come insegna l'Angelico (Qu. 108) con S. Dionisio,14 Maria costituisce in cielo una gerarchia a parte, la più sublime di tutte e la seconda dopo Dio: Virgo sola constituit hierarchiam secundam sub Deo hierarcha primo (Sup. Magn., tr. 4).15 E siccome, soggiunge S. Antonino, senza paragone differisce la padrona da' servi, così senza paragone è maggiore la gloria di Maria da quella degli angeli: Virgo est domina angelorum, ergo et improportionabiliter est supra omnem hierarchiam angelorum exaltata (IV p., tit. 15, c. 20).16 E per intendere ciò basta sapere


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quel che ci disse Davide, che questa regina fu collocata alla destra del Figlio: Astitit regina a dextris tuis (Ps. XLIV, [10]). Il che appunto di Maria lo spiegò sant'Atanasio, dicendo: Collocatur Maria a dextris Dei (De Ass. B.V.).17

L'opere di Maria, come parla sant'Idelfonso, è certo che superarono incomparabilmente nel merito l'opere di tutti i santi, e perciò non può comprendersi il premio e la gloria ch'ella si meritò: Sicut est incomparabile quod gessit, ita et incomprehensibile praemium et gloria inter omnes sanctos quam meruit (Serm. 2, de Ass.).18 E s'è certo che Dio rimunera secondo il merito, siccome scrisse l'Apostolo: Reddet unicuique secundum opera eius (Rom. II, 6), certamente ancora, dice S. Tommaso, la Vergine, che superò il merito di tutti ed uomini ed angeli, dovette esser innalzata sopra tutti gli ordini celesti: Sicut habuit meritum omnium et amplius, ita congruum fuit ut super omnes ponatur ordines caelestes (Lib. de sol. sanct.).19 In somma, soggiunge S. Bernardo, si misuri la


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grazia singolare ch'ella acquistò in terra, e quindi si misuri la gloria singolare ch'ella ottenne in cielo: Quantum enim gratiae in terris adepta est, tantum et in caelis obtinet gloriae singularis.20

La gloria di Maria, considera un dotto autore (il P. La Colombiere, pred. 28) che fu una gloria piena, gloria compiuta, a differenza di quella che hanno in cielo gli altri santi.21 È vero che in cielo tutti i beati godono una perfetta pace e pieno contento; nulladimeno sempre sarà vero che niun di loro gode quella gloria che avrebbe potuto meritare, se con maggior fedeltà avess'egli servito ed amato Dio. Ond'è che sebbene i santi in cielo niente più desiderano di quel che godono, nulladimeno in fatti avrebbero che desiderare. È vero altresì che ivi non apportano pena i peccati fatti e 'l tempo perduto; ma non può negarsi che sommo contento il bene maggiore fatto in vita, l'innocenza conservata e 'l tempo meglio impiegato. Maria in cielo niente desidera e niente ha che desiderare. Chi de' santi in paradiso, dice S. Agostino (De nat. et grat., to. VII, c. 36),


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dimandato se ha commessi peccati, può rispondere di no, fuor di Maria?22 Maria è certo, come ha dichiarato23 il sacro Concilio di Trento (Sess. VI, can. 23), non commise mai alcuna colpa, alcun minimo difetto:24 non solo ella non perdé mai la divina grazia, né mai l'offuscò, ma non la tenne mai oziosa; non fe' azione che non meritasse; non disse parola, non ebbe pensiero, non diè respiro che non lo dirigesse alla maggior gloria di Dio: in somma non mai si raffreddò o si fermò un momento di correre a Dio, niente mai perdé per sua negligenza; sicché sempre corrispose alla grazia con tutte le sue forze ed amò Dio quanto lo poté amare. Signore, ella ora gli dice in cielo, se io non vi ho amato quanto voi meritate, almeno v'ho amato quanto ho potuto.

Ne' santi le grazie sono state diverse, come dice S. Paolo: Divisiones... gratiarum sunt.25 Sicché ciascuno di loro corrispondendo poi alla grazia ricevuta, si è renduto eccellente in qualche virtù, chi in salvare anime, chi nel far vita penitente, chi nel soffrire i tormenti, chi nel contemplare; che perciò la santa Chiesa in celebrar le loro feste dice di ciascuno: Non est inventus similis illi.26 E secondo i meriti sono in cielo distinti nella gloria: Stella enim a stella differt (I Cor. XV, 41). Gli apostoli si distinguono da' martiri, i confessori dalle vergini, gl'innocenti da' penitenti. La S. Vergine, essendo stata ripiena di tutte le grazie, fu ella sublime più di ciascun santo in ogni sorta di virtù: ella fu apostola degli apostoli, fu regina de' martiri mentre patì più di tutti: fu la confaloniera delle vergini, l'esempio delle coniugate, unì in sé una perfetta innocenza con una perfetta mortificazione; unì in somma nel suo cuore tutte le


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virtù più eroiche, che avesse mai praticate alcun santo. Onde di lei fu detto: Astitit regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdada varietate (Ps. XLIV, [10]); poiché tutte le grazie, i pregi, i meriti degli altri santi, tutti si trovano congregati in Maria, come le dice l'abbate di Celles: Sanctorum omnium privilegia, o Virgo, omnia habes in te congesta.27

In modo tale che siccome lo splendore del sole eccede lo splendore di tutte le stelle insieme unite, così, dice S. Basilio, la gloria della divina Madre supera quella di tutti i beati: Maria universos tantum excedit, quantum sol reliqua astra (Or. de Ann.).28 Ed aggiunge S. Pier Damiani che siccome la luce delle stelle e della luna scomparisce, quasi queste non più vi siano, al comparire del sole; così Maria oscura talmente nella gloria lo splendore degli uomini e degli angeli, che quasi in cielo questi non compariscono: Sol ita sibi siderum et lunae rapit positionem, ut sint quasi non sint. Similiter et virga Iesse utrorumque spirituum habet dignitatem, ut in comparatione Virginis nec possint apparere (Serm. de Ass.).29 Quindi asserisce S. Bernardino da Siena con S. Bernardo che i beati partecipano in parte della divina gloria, ma la Vergine in certo modo n'è stata talmente arricchita, che par che una creatura non possa più unirsi a Dio di quel ch'è unita Maria: Divinae gloriae participatio ceteris quodammodo per partes datur,


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sed secundum Bernardum B. Virgo Maria penetravit abyssum, ut, quantum creaturae conditio patitur, illi luci inaccessibili videatur immersa (T. 1, ser. 61, a. 2, c. 10).30 Al che si unisce ciò che dice il B. Alberto Magno, che la nostra regina contempla Dio molto da vicino e incomparabilmente più che tutti gli altri spiriti celesti: Visio Virginis Matris super omnes creaturas incomparabiliter contemplatur maiestatem Dei (De laud. Virg., c. 69).31 E dice di più il sopranominato S. Bernardino che siccome gli altri pianeti sono illuminati dal sole, così tutti i beati ricevono luce e gaudio maggiore dalla vista di Maria: Quodammodo sicut cetera luminaria illuminantur a sole, sic tota caelestis curia a gloriosa Virgine laetificatur (Loc. cit., art. 3, c. 3).32 E in altro luogo similmente asserisce che la


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Madre di Dio salendo al cielo ha accresciuto il gaudio a tutti i suoi abitanti: Gloriosa Virgo cum caelos ascendit, supernorum gaudia civium cumulavit (Serm. de Ass.).33 Onde disse S. Pier Damiani che i beati non hanno maggior gloria in cielo dopo Dio, che di godere la vista di questa bellissima regina: Summa gloria est post Deum te videre (Serm. 1, de Nat.).34 E S. Bonaventura: Post Deum maior nostra gloria et maius nostrum gaudium ex Maria est.35

Rallegriamoci dunque con Maria dell'eccelso trono in cui Dio l'ha sublimata in cielo. E rallegriamocene anche con noi, poiché se la nostra Madre ci ha lasciati colla sua presenza, salendo gloriosa in cielo, non ci ha lasciati coll'affetto. Anzi ivi stando più vicina e unita a Dio, maggiormente conosce le nostre miserie, e di più ci compatisce e meglio ci può soccorrere. E che forse, le dice S. Pier Damiani, o Vergine beata, perché voi siete stata così innalzata in cielo, vi sarete scordata di noi miserabili? Numquid, o B. Virgo, quia ita glorificata es, ideo nostrae humilitatis oblita es? (Serm. 1, de Nat. V.). No, ci guardi Dio dal pensarlo; non può un cuore così pietoso non compatire le nostre miserie così grandi: Absit, soggiunge, non convenit tantae misericordiae tantae miseriae oblivisci.36 Se grande fu la pietà ch'ebbe Maria verso di noi quando vivea sulla terra, assai più grande, dice S. Bonaventura, è in cielo


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dove ella regna: Magna fuit erga miseros misericordia Mariae exsulantis in mundo, sed multo maior est regnantis in caelo. (Spec., c. 8).37

Dedichiamoci intanto a servire questa regina, ad onorarla ed amarla quanto possiamo; mentr'ella non è, dice Riccardo di S. Lorenzo, come gli altri regnanti che aggravano di pesi e dazi i loro vassalli, ma la nostra regina arricchisce i suoi servi di grazie, di meriti e di premi: Regina Maria non gravat tributis, sed largitur servis suis divitias, dona gratiarum, thesauros meritorum et magnitudinem praemiorum (De laud. Virg., lib. 6).38 E preghiamola con Guerrico abbate: O madre di misericordia, voi già sedetevicina a Dio, regina del mondo in trono così sublime, satollatevi pure della gloria del vostro Gesù, e mandate a noi vostri servi le reliquie che vi avanzano. Voi godete già alla mensa del Signore, noi sotto la mensa qui in terra quai poveri cagnolini vi domandiamo pietà: O mater misericordiae, saturare gloria Filii tui, et dimitte reliquias parvulis tuis. Tu ad mensam Domini, nos sub mensa catelli (Serm. 4, in Ass. Virg.).39

Esempio.

Riferisce il P. Silvano Razzi (Lib. 3, Mir. B. Virg.) che un divoto chierico molto amante della nostra regina Maria, avendo inteso così lodare la sua bellezza, ardentemente desiderava di vedere una volta la sua signora; onde con umili preghiere le cercò questa grazia. La pietosa Madre gli mandò a dire per un angelo che volea compiacerlo di farsi da lui vedere, ma con


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questo patto, che dopo averla veduta egli restasse cieco. Accettò il divoto la condizione. Ecco un giorno già l'apparve la B. Vergine; egli per non restare affatto cieco volle sul principio rimirarla con un sol occhio; ma poi invaghito della gran bellezza di Maria volle contemplarla con tutti due, ed allora la Madre di Dio disparve. Perduta ch'ebbe la presenza della sua regina, afflitto non si saziava di piangere non già l'occhio perduto, ma per non averla veduta con ambedue. Perlocché ritornò a supplicarla che di nuovo se gli fosse fatta vedere, e non si curava di perdere la vista dell'altro occhio rimasto, con restare affatto cieco. Felice e contento, diceva, io resterò, o mia signora, se diventerò in tutto cieco per sì bella cagione, che mi lascerà più innamorato di voi e della vostra bellezza. Ecco di nuovo volle contentarlo Maria, di nuovo lo consolò colla sua vista; ma perché quest'amorosa regina non sa far mai male ad alcuno, apparendogli la seconda volta, non solo non gli tolse l'altr'occhio rimasto, ma gli restituì anche l'occhio perduto.40


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Preghiera.

O grande, eccelsa e gloriosissima signora, prostrati a' piedi del vostro trono noi vi adoriamo da questa valle di lagrime. Noi ci compiacciamo della gloria immensa, di cui v'ha arricchita il Signore. Or che sedete già regina del cielo e della terra, deh non vi scordate di noi poveri vostri servi. Non isdegnate da cotesto eccelso soglio nel quale regnate, di volgere gli occhi vostri pietosi verso di noi miserabili. Voi quanto più siete vicina alla sorgente delle grazie, tanto più ce ne potete provvedere. In cielo voi meglio scorgete le nostre miserie, onde bisogna che ci compatiate e più ci soccorriate. Fate che in terra siamo vostri servi fedeli, acciocché così possiamo venire a benedirvi in paradiso. In questo giorno in cui voi siete fatta regina dell'universo, noi ancora ci consacriamo alla vostra servitù. In tanta vostra allegrezza consolate oggi ancora noi con accettarci per vostri vassalli. Voi dunque siete la nostra madre.

Ah madre dolcissima, madre amabilissima, i vostri altari son circondati da molta gente che vi dimanda chi d'esser guarito da qualche male, chi d'esser provveduto ne' suoi bisogni, chi vi cerca una buona raccolta, chi la vittoria di qualche lite. Noi vi domandiamo grazie più gradite al vostro cuore: otteneteci l'esser umili, distaccati dalla terra, rassegnati alla divina volontà; impetrateci il santo amor di Dio, la buona morte, il paradiso. Signora, mutateci da peccatori in santi: fate questo miracolo, che vi darà più onore che se illuminaste mille ciechi e risuscitaste mille morti. Voi siete così potente appresso Dio, basta dire che siete la sua Madre, la sua più cara, piena della sua grazia; che cosa mai egli vi potrà negare?

O regina bellissima, noi non pretendiamo di vedervi in terra, ma vogliamo venire a vedervi in paradiso; e voi ce l'avete da ottenere. Così certo speriamo. Amen. Amen.


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DISCORSO IX. - De' dolori di Maria.

Maria fu la regina de' martiri, perché il suo martirio fu il più lungo e 'l più grande di quello di tutti i martiri.

Chi mai potrà avere un cuorduro che non s'intenerisca in udire il caso pur troppo lagrimevole che un tempo accadde nel mondo. Eravi una madre nobile e santa la quale non avea che un solo figlio; e questi era il più amabile che possa immaginarsi, innocente, virtuoso, bello, ed amantissimo di sua madre: a tal segno che non le avea mai dato minimo disgusto, ma sempre l'avea portato tutto il rispetto, tutta l'ubbidienza e tutto l'affetto: onde la madre a questo figlio avea posto in terra tutto il suo amore. Or poi che avvenne? Avvenne che questo figlio per invidia fu accusato falsamente da' suoi nemici, e 'l giudice, benché avesse conosciuta e confessata egli stesso la di lui innocenza, pure, per non disgustare i nemici, lo condannò ad una morte infame, quale appunto quelli l'aveano richiesta. E questa povera madre ebbe a soffrire il dolore che quell'amabile ed amato figlio le fosse così ingiustamente tolto nel fiore di sua gioventù con una barbara morte; poiché a forza di tormenti ce lo fecero morire svenato1 avanti gli occhi in pubblico in un patibolo infame.

Anime divote, che dite? è degno di compassione questo caso e questa misera madre? Già m'intendete di chi parlo. Questo figlio così crudelmente giustiziato fu il nostro amoroso Redentore Gesù, e questa madre fu la B. Vergine Maria, che per nostro amore si contentò di vederlo sagrificato alla divina giustizia dalla barbarie degli uomini. Questa gran pena dunque da Maria per noi sofferta, pena che le costò più di mille


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morti, merita da noi compassione e gratitudine. E s'altro non possiamo rendere a tanto amore, almeno fermiamoci per poco oggi a considerare l'acerbità di questa pena per cui divenne Maria regina de' martiri, mentre il suo gran martirio superò nel dolore quello di tutti i martiri, essendo egli stato per 1. il martirio più lungo, per 2. il martirio più grande.

Punto I.

Siccome Gesù chiamasi re de' dolori e re de' martiri, perché patì nella sua vita più di tutti gli altri martiri, così ancora giustamente si nomina Maria regina de' martiri, avendosi meritato questo titolo per aver sofferto un martirio il maggiore che possa patirsi dopo quello del Figlio. Onde con ragione fu chiamata da Riccardo di S. Lorenzo Martyr martyrum.2 E di lei può dirsi quel che disse Isaia: Coronans coronabit te tribulatione (Cap. XXII, [18]), cioè che la corona con cui fu dichiarata regina de' martiri fu la sua stessa pena che || la rendé affatto desolata, ed |3 avanzò la pena di tutti gli altri martiri uniti insieme. - Che Maria fosse stata vera martire non può dubitarsi, come provano il Cartusiano, il Pelbarto, il Catarino ed altri;4 mentr'è sentenza indubitata, bastare al


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martirio che v'intervenga un dolor sufficiente a dar morte, benché poi non succeda la morte. S. Giovanni evangelista è riverito come martire, benché nella caldaia dell'olio bollente non fosse morto, ma vegetior exiverit, quam intraverit (Brev. Rom., 6 maii).5 Basta ad aver la gloria del martirio, dice S. Tommaso, che alcuno ubbidisca in offerir se stesso sino alla morte: Martyrium amplectitur id quod in obedientia summum esse potest, ut scilicet aliquis sit obediens usque ad mortem (2-2, q. 124, a. 3, ad 3).6 Maria fu martire, dice S. Bernardo,


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non ferro carnificis, sed acerbo dolore cordis (Ap. Baldi, to. 1, p. 456).7 Se il suo corpo non fu ferito dalla mano del carnefice, fu non però il suo cuor benedetto trafitto dal dolore della Passione del Figlio, dolore che bastava già a darle non una ma mille morti. E da ciò vedremo che Maria non solo fu vera martire, ma il suo martirio superò tutti gli altri, mentre fu un martirio più lungo, e per così dire, tutta la sua vita fu una lunga morte.

Siccome la Passione di Gesù cominciò dalla sua nascita: A nativitatis exordio, dice S. Bernardo, passio crucis simul exorta (Ser. 2, de Pass.);8 così ancora Maria, in tutto simile al


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Figlio, patì il suo martirio in tutta la sua vita. Il nome di Maria tra gli altri significati che tiene, come asserisce il B. Alberto Magno, significa mare amarum.9 Onde a lei s'applica il passo di Geremia: Magna est enim velut mare contritio tua (Thr. II, 13). Sì, perché siccome il mare è tutto amaro e salso, così la vita di Maria fu sempre piena d'amarezza alla vista della Passione del Redentore, che sempre le fu presente. Non può dubitarsi ch'ella illuminata dallo Spirito Santo più che tutti i profeti, comprendesse meglio che tutti i profeti le predizioni del Messia ch'essi registrarono nelle sacre Scritture. Così appunto disse l'angelo a S. Brigida: Procul dubio est credendum, quod ipsa ex inspiratione Spiritus Sancti perfectius intellexit quidquid prophetarum eloquia figurabant (Ser. Ang., c. 17).10 Onde, come asserì lo stesso angelo, intendendo la Vergine quanto dovea patire il Verbo Incarnato per la salute degli uomini, sin d'allora, prima già d'esser fatta sua madre, compatendo questo Salvatore innocente, che dovea esser giustiziato con una morteatroce per delitti non suoi, cominciò a patire il suo gran martirio: Ex Scripturis Deum incarnari intelligens, et quod tam diversis poenis deberet cruciari, tribulationem non modicam sustinuit (Serm. Ang., c. 16).11

Un tal dolore poi crebbe senza misura allorch'ella fu fatta madre di questo Salvatore. Sicché alla vista dolorosa di tutte le pene che dovea soffrire il povero Figlio, ben ella patì un martirio lungo, martirio continuato per tutta la sua vita. Tu longum, le dice Ruperto abbate, praescia futurae Passionis


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Filii tui, pertulisti martyrium (In Cant., c. 4).12 E ciò appunto significò la visione ch'ebbe in Roma S. Brigida nella chiesa di S. Maria Maggiore, dove le apparve la B. Vergine con S. Simeone ed un angelo che portava una spada ben lunga e tutta rosseggiante di sangue, dinotando con quella l'acerbo e lungo dolore che trafisse Maria in tutta la sua vita (Rev., l. 7, c. 2).13 Onde il poc'anzi nominato Ruperto così fa parlare Maria: Anime redente e figlie mie dilette, non vogliate solamente compatirmi per quell'ora in cui mi vidi morire innanzi il mio caro Gesù; poiché la spada di dolore predettami da Simeone per tutta la mia vita mi trafiggeva l'anima: mentre io dava latte al mio Figlio, mentre io lo riscaldava tra le mie braccia, e già guardava l'amara morte che l'aspettava, considerate qual lungo ed aspro dolore io doveva soffrire. Nolite solum attendere horam illam qua dilectum meum vidi mori; nam Simeonis gladius, antequam pertransiret, longum per me transitum fecit. Cum igitur eum lactarem, foverem, et prospicerem eius mortem, quam prolixam me putatis pertulisse passionem? (Loc. cit.).14


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Quindi Maria per bocca di Davide potea ben dire: Defecit in dolore vita mea, et anni mei in gemitibus (Ps. XXX, 11). Et dolor meus in conspectu meo semper (Ps. XXXVII, 18): La mia vita passò tutta in dolore e lagrime, mentre il mio dolore, ch'era la compassione al mio diletto Figlio, non mi si partiva mai davanti gli occhi, vedendo io sempre tutte le pene e la morte ch'egli un giorno dovea patire. Rivelò la stessa divina Madre a S. Brigida che ancora dopo la morte e salita del Figlio al cielo, la memoria della Passione, o mangiasse o lavorasse, era sempre fissa e recente nel suo tenero cuore: Tempore quo post Ascensionem Filii mei vixi, Passio sua in corde meo fixa erat, ut sive comedebam, sive laborabam, quasi recens erat in memoria mea (Rev., l. 6, c. 61).15 Onde scrisse Taulero che Maria passò tutta la vita in un perpetuo dolore, poiché d'altro non si trattava nel suo cuore, che di mestizia e di pene: Beatissima Virgo pro tota vita fecit professionem doloris (Vit. Christ., c. 18).16


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Sicché il tempo che suole agli afflitti mitigare il dolore, non giovò a Maria: anzi il tempo le accresceva gli affanni, mentre crescendo Gesù, sempre più le si dimostrava bello ed amabile da una parte, e dall'altra avvicinandosi sempre più il tempo della sua morte, sempre più cresceva nel cuor di Maria il dolore di averlo a perdere su questa terra. Come cresce la rosa tra le spine - disse l'angelo a S. Brigida - così la Madre di Dio si avanzava negli anni tra le pene; e siccome al crescer della rosa crescono le spine, così questa rosa eletta del Signore, Maria, quanto più nell'età cresceva, tanto più le spine de' suoi dolori s'avanzavano a tormentarla: Sicut rosa crescere solet inter spinas, ita B. Virgo in hoc mundo crevit inter tribulationes: et sicut, crescente rosa, crescunt spinae, sic haec electissima rosa Maria quanto crescebat aetate, tanto tribulationum spinis pungebatur (Sermo Ang., cap. 16).17 - Quindi, considerata la lunghezza di questo dolore, passiamo al secondo punto, a vedere quanto egli fu grande.

Punto II.

Ah che non solo Maria fu regina de' martiri, perché il suo martirio fu più lungo di tutti, ma ben anche perché egli fu di tutti il più grande. Ma chi mai potrà misurarne la grandezza? Geremia par che non trovi a chi mai comparare questa madre di dolori considerando la di lei gran pena nella morte del Figlio. Cui comparabo te? egli dice, vel cui assimilabo te, filia Ierusalem?... Magna est enim velut mare contritio tua. Quis medebitur tui? (Thren. II, 13). Che perciò commentando le suddette parole Ugon cardinale, disse: O Vergine benedetta, come l'amarezza del mare avanza tutte l'altre amarezze, così il tuo dolore supera tutti gli altri dolori: Quemadmodum mare est in amaritudine excellens, ita tuae contritioni nulla calamitas aequari potest.18 Indi asserì S. Anselmo


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che se Dio con un singolar miracolo non avesse a Maria conservata la vita, il suo dolore sarebbe stato sufficiente a darle morte in ogni momento ch'ella visse: Utique, Domina, non crediderim te potuisse stimulos tanti cruciatus quin vitam amitteres sustinere; nisi ipse Spiritus tui Filii te confortaret (De exc. Virg., c. 5).19 E S. Bernardino da Siena giunse a dire che 'l dolor di Maria fu sì grande, che se mai egli si dividesse fra tutti gli uomini, basterebbe a farli morire tutti repentinamente: Tantus fuit dolor Virginis, quod si inter omnes creaturas, quae dolorem pati possunt, divideretur, omnes subito interirent (Tom. 1, serm. 61).20

Ma consideriamo le ragioni perché mai il martirio di Maria fu più grande di quello di tutti i martiri. - Per prima riflettasi che i martiri han patito il lor martirio nei corpi per mezzo di fuoco o di ferro; Maria soffrì il suo martirio nell'anima, come già le predisse S. Simeone: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. 2).21 Come le avesse detto il santo vecchio: O Vergine sacrosanta, gli altri martiri saranno lacerati dal ferro nel corpo, ma voi sarete trafitta e martirizzata nell'anima colla Passione del medesimo vostro Figlio. Or quanto l'anima è più nobile del corpo, tanto più grande fu il dolore di Maria di quello di tutti i martiri, come già disse Gesù Cristo a santa Caterina da Siena: Inter dolorem animae et corporis nulla est comparatio.22


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Onde dice il santo abbate Arnoldo Carnotense che chi mai si fosse trovato sul Calvario a vedere il gran sacrificio dell'Agnello immacolato allorch'egli morì sulla croce, avrebbe ivi mirati due grandi altari, uno nel corpo di Gesù, l'altro nel cuore di Maria, dove nello stesso tempo che 'l Figlio sacrificava il suo corpo colla morte, Maria sacrificava l'anima colla compassione: Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in pectore Matris, aliud in corpore Christi: Christus carnem, Maria immolabat animam (Tr. de sept. verb. Dom. in Cru.).23

In oltre dice S. Antonino (P. 4, tit. 15, c. 24) che gli altri martiri patirono sacrificando la vita propria, ma la B. Vergine patì sacrificando la vita del Figlio, ch'ella amava assai più della propria vita.24 Sicché non solo patì nello spirito tutto


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quello che patì il Figlio nel corpo, ma di vantaggio recò più dolore al suo cuore la vista delle pene del Figlio, che se ella avesse sofferte tutte quelle pene in se stessa. Che Maria patisse nel suo cuore tutti gli strazi da cui vide tormentato il suo amato Gesù, non può dubitarsi. Ognuno intende che le pene de' figli son pene ancor delle madri, allorch'elle si trovano presenti a vederli patire. - Sant'Agostino considerando il tormento che pativa la madre de' Maccabei ne' supplizi in cui vedea patire i suoi figli, dice: Illa videndo in omnibus passa est; quia amabat omnes, ferebat in oculis quod in carne omnes (Serm. 109 de divers., c. 6).25 Così anche avvenne a Maria: tutti quei tormenti, i flagelli, le spine, i chiodi, la croce, che afflissero le carni innocenti di Gesù, entrarono nello stesso tempo nel cuore di Maria a compire il suo martirio. Ille carne, illa corde passa est, scrisse sant'Amedeo (Hom. 5).26 In modo che, dice S. Lorenzo Giustiniani, il cuore di Maria divenne come uno specchio de' dolori del Figlio, in cui si vedevano gli sputi, le percosse, le piaghe e tutto ciò che pativa Gesù: Passionis Christi speculum effectum erat cor Virginis; in illo agnoscebantur sputa, convicia, verbera, vulnera (De agon. Chris., c. 21).27 E riflette S. Bonaventura che quelle piaghe, le quali erano sparse per tutto il corpo di Gesù, erano tutte poi unite nel solo cuor di Maria: Singula vulnera per eius corpus dispersa, in uno corde sunt unita (De planctu Virg. in Stim. am.).28


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Sicché la Vergine per la compassione al Figlio fu nel suo cuore amante flagellata, coronata di spine, dispregiata, inchiodata alla croce: ond'è che contemplando lo stesso santo Maria sul monte Calvario, mentre assisteva al Figlio moribondo, si fa a domandarle: Signora, ditemi, dove allora stavate voi? Solamente forse vicino alla croce? No, dirò meglio, voi stavate nella stessa croce crocifissa insieme col vostro Figlio: O Domina mea, ubi stabas? Numquid tantum iuxta crucem? Imo in cruce cum Filio crucifixa eras (Loc. cit.).29

E Riccardo sulle parole del Redentore, ch'egli disse per Isaia: Torcular calcavi solus, et de gentibus non est vir mecum (Is. LXIII, 3); soggiunge: Verum est, Domine, quod non est vir tecum, sed mulier una est tecum, quae omnia vulnera quae tu suscepisti in corpore, suscepit in corde:30 Signore, avete ragione di dire che nell'opera dell'umana Redenzione siete solo a patire, e non avete alcun uomo che almeno vi compatisca abbastanza; ma avete una donna ch'è la vostra Madre, la quale quanto voi soffrite nel corpo ella soffrisce nel cuore.

Ma tutto ciò è dir troppo poco de' dolori di Maria, mentr'ella, come dissi, più patì nel veder patire il suo amato Gesù, che se in se stessa sofferti avesse tutti gli strazi e la morte del Figlio. Scrisse già Erasmo, generalmente parlando de' genitori, ch'essi più sentono i dolori de' figli che ogni propria pena: Parentes atrocius torquentur in liberis, quam in seipsis (Libell. de Machab.).31 Ma ciò non sarà sempre vero. In Maria


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certamente s'avverò, essendo certo ch'ella amava immensamente più il Figlio e la sua vita, che se stessa e mille vite proprie. Onde ben l'attesta S. Amedeo che l'afflitta Madre alla vista dolorosa delle pene del suo amato Gesù, patì molto più che se ella stessa avesse sofferta tutta la sua Passione: Maria torquebatur magis quam si torqueretur in se: quia super se incomparabiliter diligebat id unde dolebat (Cit. hom. 5).32 La ragione è chiara, poiché, come dice S. Bernardo, Anima magis est ubi amat quam ubi animat.33 E prima lo disse lo stesso Salvatore che ivi sta il nostro cuore, dove sta il bene che amiamo: Ubi... thesaurus vester est, ibi et cor vestrum erit (Luc. XIII, [34]). Se dunque Maria per l'amore vivea più nel Figlio che in se stessa, assai più dovette soffrir di dolore nella morte del Figlio, che se a lei fosse stata data la morte più crudele del mondo.

E qui entra l'altro riflesso che rendé il martirio di Maria immensamente maggiore del supplicio di tutti i martiri: poich'ella nella Passione di Gesù patì assai e patì senza sollievo. - Pativano i martiri nei tormenti che loro davano i tiranni, ma l'amore a Gesù rendeva loro dolci ed amabili i dolori. Pativa un S. Vincenzo nel suo martirio, era egli tormentato sull'eculeo, scarnificato da uncini, bruciato da lamine infocate; ma


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che? dice S. Agostino: Alius videbatur pati, alius loqui.34 Parlava con tanta fortezza al tiranno, e con tanto disprezzo de' tormenti, che pareva che un Vincenzo patisse ed un altro Vincenzo parlasse, tanto il suo Dio colla dolcezza del suo amore lo confortava in mezzo a quelle pene. - Pativa un S. Bonifacio, gli era lacerato il corpo da' ferri, gli erano poste acute cannucce fra l'unghie e la carne, piombo liquefatto nella bocca, ed egli non si saziava nello stesso tempo di dire: Gratias tibi ago, Domine Iesu Christe.35 - Pativano un S. Marco e S. Marcelliano, stando ligati ad un palo con i piedi trafitti da' chiodi: e dicendo loro il tiranno: Miseri, ravvedetevi e liberatevi da queste pene; essi rispondevano: Che pene ci nomini? che pene? Noi non abbiamo mai banchettato più allegramente di questo tempo, in cui patiamo con gusto per amore di Gesù Cristo: Numquam tam iucunde epulati sumus, quam cum haec libenter Iesu Christi amore perferimus.36 - Pativa un S. Lorenzo,


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ma mentre egli stava bruciando sulla graticola, era, dice S. Leone, più potente la fiamma interna dell'amore a consolarlo nell'anima, che il fuoco di fuori a tormentarlo nel corpo: Segnior fuit ignis qui foris ussit, quam qui intus accendit (In Nat. S. Laur.).37 Onde l'amore lo facea così forte, che giungea ad insultar il tiranno con dirgli: Assatum est iam, versa et manduca:38 Tiranno, se vuoi cibarti delle mie carni, già una parte è cotta, via su volta e mangia. Ma come in tanti tormenti, in quella lunga morte, poteva il santo così giubilare? Ah ch'egli inebriato, risponde S. Agostino, col vino del divino amore, non sentivatormentimorte: In illa longa morte, in illis tormentis, illo calice ebrius tormenta non sentit (Tract. 27).39

Sicché i santi martiri quanto più amavano Gesù, tanto meno sentivano i tormenti e la morte; e la sola vista delle pene di un Dio crocifisso bastava a consolarli. Ma la nostra addolorata


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Madre era forse così ancora ella consolata dall'amore al suo Figlio e dalla vista delle sue pene? No, ch'anzi lo stesso Figlio che pativa era tutta la cagione del suo dolore, e l'amore che gli portava era l'unico e suo troppo duro carnefice; poiché in altro non consisté tutto il martirio di Maria, che nel vedere e compatire l'innocente ed amato Figlio che tanto pativa. Onde quanto più ella l'amava tanto più il suo dolore fu acerbo e privo di sollievo. Magna est velut mare contritio tua: quis medebitur tui? - Ah regina del cielo, agli altri martiri l'amore ha mitigata la pena, ha sanate le ferite; ma a voi chi mai raddolcì il grande affanno? chi mai guarì le troppo dolorose ferite del vostro cuore? Quis medebitur tui? se quello stesso Figlio, che poteva darvi sollievo, era col suo patire l'unica cagione delle vostre pene, e l'amore che gli portavate componeva tutto il vostro martirio? Sì, che dove gli altri martiri, come riflette Diez,40 si dipingono ciascuno collo stromento di sua passione, S. Paolo colla spada, S. Andrea colla croce, S. Lorenzo colla graticola; Maria si dipinge col suo Figlio morto in braccio, perché non altri che lo stesso Gesù fu lo stromento del suo martirio, per ragion dell'amore ch'ella gli portava. Con poche parole S. Bernardo conferma tutto ciò che ho detto: In aliis martyribus magnitudo amoris dolorem lenivit passionis; sed B. Virgo quanto plus amavit, tanto plus doluit, tantoque ipsius martyrium gravius fuit (Ap. Crois., Vit. Mar., § 23).41


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È certo che quanto più s'ama una cosa, tanto più si sente la pena in perderla. Più certamente affligge la morte d'un fratello che d'un giumento; più la morte d'un figlio che d'un amico. Or dice Cornelio a Lapide che per comprendere quanto fu il dolore di Maria nella morte del Figlio, bisognerebbe comprendere quanto era l'amore che gli portava: Ut scias quantus fuerit dolor B. Virginis, cogita quantus fuerit amor.42 Ma chi mai potrà misurar quest'amore? Dice il B. Amedeo che nel cuore di Maria eran congiunti l'uno e l'altro amore al suo Gesù, l'amor soprannaturale con cui l'amava come suo Dio e l'amor naturale con cui l'amava come suo figlio: Duae dilectiones in unum connexae erant, et ex duobus amoribus factus est amor unus, cum Virgo Filio divinitatis amorem impenderet, et in Deo amorem nato exhiberet (Hom. 5, de laud. V.).43 Sicché di questi due amori se ne fece un solo, ma un amor così immenso, che Guglielmo di Parigi giunse a dire che la B. Vergine amò Gesù quantum capere potuit puri hominis modus,44 quasi che una pura creatura non fosse più


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capace d'amarlo. Unde, dice Riccardo di S. Lorenzo, sicut non fuit amor sicut amor eius, ita non fuit dolor sicut dolor eius.45 E se l'amor di Maria verso del Figlio fu immenso, immenso ancora dovette essere il suo dolore in perderlo colla morte: Ubi summus amor, dice il B. Alberto Magno, ibi summus dolor.46

Quindi immaginiamoci che la divina Madre stando a vista del Figlio moribondo sulla croce, giustamente applicandosi le parole di Geremia, dica a noi: O vos omnes qui transitis per viam, attendite, et videte si est dolor sicut dolor meus (Ier. I, 12): O voi che passate la vita in questa terra e niente mi compatite, fermatevi un poco a guardarmi or ch'io vedo morirmi avanti gli occhi questo Figlio diletto; e poi vedete se fra tutti gli afflitti e tormentati si trovi dolore simile al mio dolore. Sì che non può trovarsi, o Madre addolorata, le risponde S. Bonaventura, dolore più amaro del vostro, mentre non può trovarsi figlio più caro del vostro: Nullus dolor amarior, quia nulla proles carior (De compass. Virg., c. 2).47 Ah che non v'è stato mai al mondo, ripiglia S. Lorenzo Giustiniani, figlio più amabile di Gesù, né madre più amante d'un figlio che Maria. Se dunque non vi è stato al mondo amore simile all'amore di Maria, come mai può trovarsi dolore simile al dolore di Maria? Non fuit talis filius, non fuit talis mater: non fuit tanta caritas, non fuit dolor tantus.


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Ideo quanto dilexit tenerius, tanto vulnerata est profundius (Lib. 3, de laud. Virg.).48

Ond'è che S. Idelfonso non dubitò d'asserire esser poco il dire che i dolori della Vergine superarono tutti i tormenti de' martiri anche uniti insieme: Parum est Mariam in Passione Filii tam acerbos pertulisse dolores, ut omnium martyrum collective tormenta superaret (Ap. Sinisc., Mart. di Mar., cons. 36).49 E S. Anselmo aggiunse che gli strazi più crudeli usati co' santi martiri, furono leggieri, anzi niente50 a rispetto del martirio di Maria: Quidquid crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit aut potius nihil comparatione tuae passionis (De exc. Virg., c. 5).51 E parimente scrisse S. Basilio che siccome il sole avanza nello splendore tutti gli altri pianeti,


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così Maria colla sua pena avanzò le pene di tutti gli altri martiri: Virgo universos martyres tantum excedit. quantum sol reliqua astra.52 Conchiude un dotto autore (il P. Pinam.) con un bel sentimento: dice che fu così grande il dolore che soffrì questa tenera Madre nella Passione di Gesù, ch'ella sola poté degnamente compatire la morte d'un Dio fatt'uomo.53

Ma qui rivolto a questa Vergine benedetta le dice S. Bonaventura: Signora, e perché mai voleste andare voi ancora a sacrificarvi sul Calvario? Non bastava forse a redimerci un Dio crocifisso, che voleste essere crocifissa ancor voi sua madre? O Domina, cur ivisti immolari pro nobis? Non sufficiebat Filii Passio, nisi crucifigeretur et mater? (Ap. Pac., exc. 10, in Sal. ang.).54 Ah che pur troppo bastava la morte di Gesù a salvare il mondo, ed anche infiniti mondi; ma volle questa buona Madre per l'amore che ci porta, co' meriti de' suoi dolori, ch'ella offerì per noi sul Calvario, anch'ella giovare alla causa della nostra salute. E perciò dice il B. Alberto Magno che siccome noi siamo obbligati a Gesù per la sua Passione per nostro


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amore sofferta, così anche siamo obbligati a Maria per lo martirio ch'ella nella morte del Figlio volle spontaneamente patire per la nostra salute: Sicut totus mundus obligatur Deo propter Passionem, sic obligatur Dominae propter compassionem (Sup. Miss., c. 20).55 Aggiunsi56 spontaneamente, perché, come rivelò l'angelo a S. Brigida, questa nostra sì pietosa e benigna Madre si contentò più presto di soffrire ogni pena, prima che vedere l'anime non redente e lasciate nella loro antica perdizione: Sic pia et misericors est et fuit, quod maluit omnes tribulationes sufferre, quam quod animae non redimerentur (Rev. l. 3, c. 30).57 Questo può dirsi ch'era l'unico sollievo di Maria in mezzo al suo gran dolore della Passione del Figlio, il vedere colla di lui morte redento il mondo perduto, e riconciliati con Dio gli uomini suoi nemici: Laetabatur dolens, parla Simon da Cassia, quod offerebatur sacrificium in redemptionem omnium, quo placabatur iratus (De gest. D., l. 2, c. 27).58

Un tanto amore di Maria merita da noi gratitudine; e la gratitudine almeno sia di meditare e compatire i suoi dolori. Ma di questo ella si dolse con S. Brigida, che molto pochi la compativano, la maggior parte ne viveano scordati; onde tanto raccomandò alla santa di aver memoria de' suoi dolori: Respicio ad omnes qui in mundo sunt, si forte sint aliqui qui compatiantur mihi et recogitent dolorem meum, et valde paucos


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invenio. Ideo, filia mea, licet a multis oblita sim, tu tamen non obliviscaris mei; vide dolorem meum, et imitare quantum potes et dole (Rev., l. 2, c. 24).59 Per intendere quanto gradisce la Vergine in noi la memoria de' suoi dolori, basterebbe solamente sapere ch'ella nell'anno 1239 apparve a sette suoi divoti - che poi furono i fondatori della religione dei Servi di Maria - con una veste di color nero in mano, e loro impose che, se volevano gradirle, spesso meditassero i suoi dolori; e perciò volea che per memoria di essi, d'allora innanzi portassero quella lugubre veste (Gian., Cent., Serv., l. 1, c. 14).60 E Gesù Cristo medesimo rivelò alla B. Veronica da Binasco ch'egli quasi più si compiace in vedere compatita la Madre che se stesso; poiché così le disse: Figlia, mi son care le lagrime sparse per la mia Passione; ma amando io con amore immenso la mia Madre Maria, mi è più cara la meditazione de' dolori ch'ella patì nella mia morte (Ap. Bolland., 13 ian.).61


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Perciò son troppo grandi le grazie da Gesù promesse a' divoti de' dolori di Maria. Riferisce il Pelbarto (Stellar., l. 3, p. 3, a. 3) essere stato rivelato a S. Elisabetta che S. Giovanni evangelista, dopo che la B. Vergine fu assunta in cielo, desiderava egli di rivederla; ebbe già la grazia, gli apparve la sua cara Madre, ed insieme con lei anche Gesù Cristo; ed intese poi che Maria domandò al Figlio qualche grazia speciale per li divoti de' suoi dolori, e che Gesù le prometté per essi quattro grazie principali: 1. Che chi invoca la divina Madre per li suoi dolori, prima della morte meriterà far vera penitenza di tutti i suoi peccati. 2. Ch'egli custodirà questi divoti nelle tribolazioni in cui si trovano, specialmente al tempo della morte. 3. Che imprimerà loro la memoria della sua Passione, e che in cielo poi ne darà loro il premio. 4. Che tali divoti egli li porrà in mano di Maria, acciocch'ella ne disponga a suo piacere, e loro ottenga tutte le grazie che vuole.62 - In comprova di ciò vediamo nel seguente esempio quanto giovi alla salute eterna la divozione a' dolori di Maria.


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Esempio.

Si ha dalle rivelazioni di S. Brigida (Lib. 6, cap. 97) che vi era un signore quanto nobile di nascita, tanto vile e scellerato di costumi. Egli s'era dato con patto espresso per ischiavo al demonio, e l'avea servito per sessant'anni continui, facendo la vita che ognuno può immaginarsi, lontano sempre da' sacramenti. Or questo principe venne a morte, e Gesù Cristo, per usargli misericordia, comandò a S. Brigida che avesse detto al suo confessore che fosse andato a visitarlo e l'avesse esortato a confessarsi. Vi andò il confessore, e quegli rispose che non avea bisogno di confessione, perché spesso si era confessato. Vi andò la seconda volta, e quel povero schiavo dell'inferno seguiva a stare ostinato in non voler confessarsi. Gesù di nuovo disse alla santa che vi mandasse63 il confessore. Questi vi ritornò, ed in questa terza volta gli riferì la rivelazione fatta alla santa, e ch'egli perciò era tornato tante volte, perché così l'avea comandato il Signore, che volea usargli misericordia. Al sentire ciò il misero infermo s'intenerì e cominciò a piangere. Ma come, poi esclamò, io posso essere perdonato, se per sessant'anni ho servito il demonio, fatto suo schiavo, ed ho caricata l'anima mia d'innumerabili peccati? Figlio, rispose il Padre animandolo, non dubitare, se tu te ne penti, io ti prometto da parte di Dio il perdono. Allora egli cominciando a prender confidenza, disse al confessore: Padre, io mi stimava dannato, e già disperava della salute,64 ma ora mi sento un dolore de' miei peccati, che m'anima a confidare; onde, giacché


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Dio non m'ha abbandonato ancora, voglio confessarmi. Ed in fatti in quel giorno si confessò quattro volte con gran dolore, nel seguente poi si comunicò, e nel sesto giorno, tutto contrito e rassegnato, se ne morì. Dopo la sua morte di nuovo Gesù Cristo parlò a S. Brigida e le disse che quel peccatore era salvo stando già in purgatorio, e che s'era salvato per l'intercessione della Vergine sua Madre; mentre il defunto, benché avesse fatta una vita così perversa, nulladimeno avea sempre conservata la divozione a' suoi dolori; poiché sempre che si ricordava de' suoi dolori, la compativa.65

Preghiera.

O Madre mia addolorata, regina de' martiri e de' dolori, voi tanto piangeste il vostro Figlio morto per la mia salute; ma che mi gioveranno le vostre lagrime, se io mi danno? Per


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li meriti dunque de' vostri dolori impetratemi un vero dolore de' miei peccati e una vera emendazione di vita, con una perpetua e tenera compassione della Passione di Gesù e de' dolori vostri. E se Gesù e voi, essendo così innocenti, tanto avete patito per me, ottenetemi voi ch'io reo dell'inferno patisca qualche cosa per amor vostro. O Domina - vi dirò con S. Bonaventura - si te offendi, pro iustitia cor meum vulnera; si tibi servivi, nunc pro mercede peto vulnera. Opprobriosum est videre Dominum meum Iesum vulneratum, te convulneratam, et me illaesum.66

Finalmente, o Madre mia, per l'affanno che provaste in vedervi innanzi agli occhi il vostro Figlio tra tante pene chinar la testa e spirare sulla croce, vi supplico ad ottenermi una buona morte. Deh non lasciate allora, o avvocata de' peccatori, di assistere all'afflitta e combattuta anima mia in quel gran passaggio che dovrà fare all'eternità. E perché allora facilmente io avrò perduta la parola e la voce per invocare il nome vostro e di Gesù, che siete tutte le mie speranze; perciò da ora invoco il vostro Figlio e voi a soccorrermi in quell'ultimo punto, e dico: Gesù e Maria, a voi raccomando l'anima mia. Amen.




1 Prov. VIII, 22.

2 «Una autem et sola Virgo, filia vitae, genuit Verbum vivensDIONYSIUS ALEXANDRINUS (+ 264), Epistola contra Paulum Samosatensem. MANSI, Conciliorum collectio, I, 1043. - L'autenticità di questa Lettera è ormai accertata.

3 «Vitam natura potiorem habebis. Habebis autem non tibi ipsa; quippe quae non tui ipsius causa genita sis. Quocirca Deo hanc habebis, cuius gratia in mundum prodiisti; ut orbis universi saluti obsequaris; Deique antiquum consilium, nimirum incarnationis Verbi ac nostrae deificationis, per te impleatur.» S. IO. DAMASCENUS, In Nativitatem B. V. M. hom. 1, n. 9. MG 96-675.

4 «Arca etiam Noë significavit arcam gratiae, excellentiam scilicet Mariae. Sicut enim per illam omnes evaserunt diluvium: sic per istam peccati naufragium... Per illam octo animae tantum salvantur: per istam omnes ad aeternam vitam, quae per octonarium numerum significata est, vocantur. Per illam paucorum facta est liberatio: per istam humani generis salvatio... Illa superferebatur aquis diluvii: ista non sensit naufragia ullius vitii.» Inter Opera S. Bernardi, Sermo de B. Maria Virgine Miraculum fuit...»), n. 6. ML 184-1017. D'incerto autore.

5 «Nova Eva, mater vitae nuncupata...» Sermo in Annuntiationem Deiparae, n. 14, inter Opera (spuria) S. Athanasii. MG 28-938.

6 S. TEOFANE fu prima monaco nella laura di San Saba presso Gerusalemme. Sotto gli imperatori Leone Armeno e Teofilo ebbe a soffrire persecuzione per il culto delle sante imagini. Col fratello Teodoro, fu due volte condannato all'esilio ed alle verghe; inoltre, vennero loro incisi sulla faccia alcuni versi: donde il loro cognome di Grapti, Graptói. Teodoro morì in prigione sotto l'imperatrice Teodora, Teofane fu fatto arcivescovo di Nicea. Si dice che abbia scritto un inno In Annuntiationem SS. Deiparae. Restituito il culto delle sante imagini, come scrive il MARRACCI, Familia Mariana, II, Antistites Mariani, cap. 17, § 18, Summa Aurea (Migne-Bourassé) X, col. 1056, «in gratiarum actiones Odas Hymnosque pulcherrimos elaboravit, quibus augustissimae caelorum Reginae laudes celebrat in hunc modum: «Gladii impiarum haeresum iam defecerunt; templum enim tuum, o purissima veneranda Dei Genitrix, imaginibus exornatum omnium pietate conspicimus, et sacro replemur gaudio... Sublata est prima matris Evae maledictio per te, o sancta Dei Genitrix, cum tu universorum Dominum ineffabiliter pepereris Virgo, cuius imaginem nunc in figuris veneramur.» - Il Martirologio Romano fa memoria dei due santi fratelli ai 27 di dicembre.

7 «Ave, gratia plena, Dei hominumque sequestra constitutaBASILIUS Seleuciensis (+ 458 - non santo, perché non costante nel combattere l'eresia di Eutiche), Oratio 39, n. 5. MG 85-443.

8 «Ave, totius terrarum orbis conciliatrix efficacissima.» S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera, VI, Opera graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 576, col. 2, D. Editio Veneta, 1755, II, pag. 570, col. 2.

9 «Si... homo, apud hominem de quo minime praesumit, fieri intercessor erubescit, qua mente apud Deum intercessionis locum pro populo arripit, qui familiarem se eius gratiae esse per vitae meritum nescit? Aut ab eo quomodo aliis veniam postulat, qui utrum sibi sit placatus ignorat? Qua in re adhuc aliud est sollicitius formidandum, ne qui placare posse iram creditur, hanc ipse ex proprio reatu mereatur. Cuncti enim liquido novimus, quia cum is qui displicet ad intercedendum mittitur, irati animus ad deteriora provocatur.» S. GREGORIUS MAGNUS, Regulae pastoralis liber, pars 1, cap. 10. ML 77-23.

10 Anche S. Bonaventura (in III Sent., dist. 3, pars 1, art. 2, qu. 1, Op., III, ad Claras Aquas, 1887, p. 73, col. 1, 2): «Congruum etiam erat, ut beata Virgo Maria, per quam aufertur nobis opprobrium, vinceret diabolum, ut nec ei succumberet ad modicum. Unde de ipsa exponit tam Bernardus quam Augustinus illud Genesis tertio (Gen. III, 15): Ipsa conteret caput tuum. Si igitur suggestio est caput diaboli, nulla suggestio ingressum habuit in mentem Virginis, et ita tam a mortali immunis fuit quam a veniali.» - Vedi la nota seguente. - Il testo di S. Agostino, a cui allude il Dottore Serafico, è quello della Enarratio in Ps. 103, sermo 4, n. 6, ML 37-1381: «Quod est caput serpentis? Prima peccati suggestio.» Ivi, S. Agostino applica alla Chiesa queste parole del Genesi: Ipsa tuum observabit caput; ma, come notano gli editori di Quaracchi, anche secondo S. Agostino, Maria è il tipo della Chiesa. - Abbiamo, di S. Agostino, tre trattati sul Genesi, ML 34: De Genesi contra Manichaeos, De Genesi liber imperfectus, De Genesi ad litteram. Nel De Genesi contra Manichaeos, II, cap. 18, n. 28, ML 34-210, abbiamo solo questo: «Significatur semine diaboli perversa suggestio.» Negli altri due trattati, nulla che possa riferirsi alla presente questione. Le parole riferite da S. Alfonso, non possono essere altro che una interpolazione o una sottile deduzione di qualche interprete. Con ragione S. Alfonso ha dubitato della genuinità del testo citato.

11 S. BONAVENTURA, In III Sententiarum, dist. 3, pars 1, art. 2, qu. 1, Opera, III, ad Claras Aquas, 1887, pag. 73, col. 1: «Respondeo: Dicendum quod beata Virgo Maria per sanctificationis gratiam copiosam immunis fuit ab omni culpa actuali, tam mortali quam veniali... Et hoc congruebat advocatam generis humani, ut nullum haberet peccatum, quod eius conscientiam remorderet... Congruum etiam erat, ut beata Virgo Maria, per quam aufertur nobis opprobrium, vinceret diabolum, ut nec ei succumberet ad modicum.» - Il Dottore Serafico parla solo dell'esenzione da ogni peccato attuale: però i suoi argomenti valgono anche per l'esenzione dal peccato originale.

12 «Tu ante omnem creaturam in mente Dei praeordinata fuisti, ut omnium feminarum castissima Deum ipsum hominem verum ex tua carne procreares.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo 4, De immaculata Virginis Conceptione, art. 3, cap. 4. Opera, Venetiis, 1745, IV, 89, col. 2. - Quadragesimale de Evangelio aeterno, sermo 51. Feria II post Dominicam Olivarum, et etiam in festivitatibus B. Virginis, et maxime Nativitatis, Conceptionis et Annunciationis, art. 3, cap. 4. Venetiis, 1591, II, 520, col. 2.

13 «Sanctitas... illis rebus attribuitur quae in Deum ordinantur.» S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 36, art. 1, c.

14 D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 2, art. 2, Opera, XXXVI, Operum minorum, IV, Tornaci, 1908, pag. 71, col. 2.Meglio si direbbe: «Henricus de Hassia (ossia de Langenstein, + 1397)», quantunque Dionigi faccia sue le parole di Enrico. Le avrà prese o dal Sermo de Conceptione B. M. V., in cui Enrico difende l'Immacolata Concezione di Maria; o dal suo trattato Contra disceptationes et praedicationes contrarias FF. Mendicantium super Conceptione B. Mariae V. et contra maculam mendaciter S. Bernardo impositam. Cf. Hurter, Nomenclator literarius, IV, Oeniponte, 1899, col. 573. - «De hac plenitudine gratiae Mariae dignissimae, scribit HENRICUS DE HASSIA: «... Omnium artifex Deus ad ipsius (Mariae) formationem in utero supernaturaliter concurrens, Filio suo dignum habitaculum fabricaturus, eam intrinsecus omnium gratificantium charismatum et dignificantium habituum plenitudine adornavit...» Haec HenricusDIONYSIUS, l. c.

15 «Omnipotens sempiterne Deu, qui gloriosae Virginis Matris...» Oratio ad Antiphonam Salve Regina.

16 «Hominum amator ac misericors Deus noster... cum contemplaretur hominem... a diabolo in servitutem redactum, voluit Filium suum unigenitum... mittere, qui illum ex diaboli manibus eriperet... Effecit autem per suam providentiam, ut sancta Virgo pura et immaculata nasceretur, quae tanti boni digna foretMenologium Basilianum (iussu Basilii Imperatoris descriptum), pars 3, mensis martius, dies 25, Annuntiatio SS. Deiparae. MG 117-367.

17 «Quod itaque vel paucis mortalium constat fuisse collatum, fas certe non est suspicari tantae Virgini esse negatum, per quam omnis mortalitas emersit ad vitam.» S. BERNARDUS, Epistola 174, ad Canonicos Lugdunenses, de Conceptione S. Mariae. - È vero che, nella detta Lettera, S. Bernardo non cava, da questo principio, altra conclusione che la santificazione di Maria in utero, non già in conceptione. Resta però il principio, con tutte le conclusioni che legittimamente se ne possono dedurre.

18 «Vere turris David (Virgo sacratissima)... Ibi est enim omnis fortium armatura: ibi fides Apostolorum, ibi fortitudo Martyrum, ibi puritas Virginum, Doctorum sapientia, Anachoritarum paupertas, devotio Confessorum; ibi denique omnium Sanctorum virtus agglomerata reperitur. Nihil enim usquam (alicui) Sanctorum speciali privilegio concessum est, quod non a principio vitae accumulatius praefulgeat in Maria.» S. THOMAS A VILLANOVA, Archiep. Valentinus, Ord. Eremitarum S. Augustini, In festo Assumptionis B. V. M., Concio 1, n. 2. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 296, 297.

19 «Infinitum Dei servorum ac Matris discrimen est.» S. IO. DAMASCENUS, In dormitionem B. V. M., hom. 1, n. 10. MG 96-715.

20 «Respondeo dicendum quod de sanctificatione B. Mariae, quod scilicet fuerit sanctificata in utero, nihil in Scriptura canonica traditur, quae etiam nec de eius nativitate mentionem facit. Sicut tamen Augustinus (o piuttosto l'autore del Sermo de Assumptione B. M. V., inter Opera S. Augustini) raionabiliter argumentatur quod cum corpore sit assumpta in caelum, quod tamen Scriptura non tradit, ita etiam rationabiliter argumentari possumus quod fuerit sanctificata in utero. Rationabiliter enim creditur quod illa quae genuit Unigenitum a Patre, plenum gratiae et veritatis, prae omnibus aliis maiora privilegia gratiae acceperit. Unde, ut legitur Luc. I, 28, Angelus ei dixit: Ave, gratia plena. Invenimus autem quibusdam aliis hoc privilegium esse concessum ut in utero sanctificarentur: sicut Ieremiae... et sicut Ioanni Baptistae... Unde rationabiliter creditur quod B. Virgo sanctificata fuerit antequam ex utero nasceretur.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 1, c.

21 «Insciane fuit et impotens sapientia Dei et virtus mundum sibi habitaculum condere, remota omni labe conditionis humanae? Angelis aliis peccantibus, bonos a peccatis servavit, et feminam, Matrem suam mox futuram, ab aliorum peccatis exsortem servare non valuitTractatus de Conceptione B. M. V. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-307. - L'autenticità di questo opuscolo fu già sospetta a Baronio. Gerberon, O. S. B., editore delle Opere di S. Anselmo la nega recisamente: ML 158, col. 42-45.

22 La I ed. napol. e le venete del 1760 e '84 hanno: Che quella vergine, a cui Dio disponea di dare l'unico suo Figlio, fosse adorna d'una tal purità... - L'ediz.. del 1776, «accresciuta e corretta dal medesimo Autore», (Napoli, Stasi), come nel testo.

23 «Nempe decens erat, ut ea puritate, qua maior sub Deo nequit intelligi, Virgo illa niteret, cui Deus Pater unicum Filium suum, quem de corde suo aequalem sibi genitum tamquam seipsum diligebat, ita dare disponebat, ut naturaliter esset unus idemque communis Dei Patris et Virginis Filius; et quam ipse Filius substantialiter facere sibi matrem eligebat; et de qua Spiritus Sanctus volebat et operaturus erat ut conciperetur et nasceretur ille de quo ipse procedebat.» S. ANSELMUS, Cantuariensis Archiepiscopus, Liber de conceptu virginali et originali peccato, cap. 18. ML 158-451.

24 «Nascitur autem in domo probaticae Ioachim, atque ad templum adducitur. Tum deinde in domo Dei plantata, et per Spiritum saginata, instar olivae fructiferae virtutum omnium domicilium instruitur; ut quae, abstracta mente ab omni saeculi carnisque cupiditate, animum una cum corpore virginem conservasset, veluti decebat illam, quae sinu suo conceptura Deum erat, qui, cum ipse sanctus sit, in sanctis requiescit. Unde sanctimoniam consectando, templum evadit sanctum et admirabile, Deique altissimi hospitio dignum.» S. IO. DAMASCENUS, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159.

25 «Deus siquidem - Deus enim est quem peperit - matrem suam singulari in caelestibus donaturus gloria, singulari in terris praevenire curavit et gratia... Proinde factor hominum, ut homo fieret, nasciturus de homine, talem sibi ex omnibus debuit deligere, imo condere matrem, qualem et se decere sciebat, et sibi noverat placituram.» S. BERNARDUS, De laudibus Virginis Matris, Homiliae «super Missus», hom. 2, n. 1. ML 183-61.

26 «Triplicem sanctificationem... discutiamus... Prima est sanctificatio generalis,... qua sanctificantur homines per ecclesiastica sacramenta... Secunda est sanctificatio specialis... Ponit autem haec sanctitas in statu iustitiae consummatae (come si dimostra nel Precursore, e negli Apostoli dopo la Pentecoste). Tertia vero fuit sanctificatio maternalis: et haec removet culpam originalem, et confert gratiam: et haec etiam removet pronitatem adpeccandum tam venialiter quam mortaliter. Et haec fuit in B. Virgine Maria Matre Dei. Sane Deus ipse aeternus, sicut mira sua sapientia creavit omnia: sic illam benedictam Matrem suam talem condidit et sanctificavit in tempore, qualem eam sanctam elegit in sua aeternitate. Et talem, tam nobilitate naturae quam perfectione gratiae, condidit matrem, qualem eam decebat sumere quod in aeternum sibi erat unitum unitate personae, de quo exiret pretium totius liberationis, iustificationis, et beatificationis humanae.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festiv. SS. et Imm. V. Mariae, sermo 4, De immaculata Virginis Conceptione, art. 1, cap. 1. Opera, Venetiis, 1745, IV, 83, col. 1. - Quadragesimale de Evangelio aeterno. Sermo 51, Feria II post Dominicam Olivarum, et etiam in festivit. B. V., et maxime Nativit., Conception. et Annunc., art. 1. Opera, Venetiis, 1591, II, pag. 510, col. 2, pag. 511, col. 1, 2.

27 «Oportuit eum qui peccata venerat tollere, esse a peccatoribus segregatum quantum ad culpam cui Adam subiacuit, et quem Christus a suo delicto eduxit, ut dicitur Sap. X, 2.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 4, art. 6, ad 2.

28 «Maria... nobis non solum virginitatis incentivum atutlit, sed etiam Deum intulit. Unde laetus et exsultans tanto munere dicit Isaias: Ecce virgo in utero accipiet, et pariet filium, et vocabitur nomen eius Emmanuel (Is. VII, 14), quod est interpretatum, nobiscum Deus (Matth. I, 23). Unde hoc munus? Non de terra utilique, sed de caelo vas sibi hoc per quod descenderet Christus elegit, et sacravit templum pudoris.» S. AMBROSIUS, Liber de institutione virginis et S. Mariae virginitate perpetua, cap. 5, n. 33. ML 16-313.

29 «Apparuit ei beatus Ioannes Baptista, qui ait illi: «... Ista Regina caeli sic pura fuit, quod una macula peccati inveniri numquam potuit in ea, a principio ingressus eius in mundum usque ad ultimam diem mortis ipsius. Nec omnes diaboli tantam impuritatem reperire poterant in ea, ubi cuspis acus poni posset. Ipsa vere erat purissima. Nam non decuit Regem gloriae iacere nisi in vase purissimo, et mundissimo, et electissimo prae omnibus angelis et hominibus.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 31. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 37, col. 2, 38, col. 1.

30 Revelationes S. BIRGITTAE, come sopra, pag. 342, col. 2, Revelatio XIII in libro Quaestionum (lib. 5), Expositio et declaratio praedictorum in figura: «Pater loquitur. Vas illud de quo dixi tibi, Maria filia Ioachim, mater humanitatis Christi, fuit. Ipsa enim fuit vas clausum, et non clausum: clausum diabolo, et non Deo... Secundo, fuit Maria, Mater Filii mei, vas parvum, et non parvum: parvum et modicum in humilitatis suae contemptu; magnum, et non parvum, in caritate Deitatis meae. Tertio, fuit Maria vas vacuum, et non vacuum: vacuum ab omni voluptate et peccato; non vacuum, sed plenum caelesti dulcedine et omni bonitate. Quarto, fuit Maria vas luminosum, et non luminosum: luminosum, quia omnis anima pulchra a me creata est, sed anima Mariae crevit ad omnem perfectionem luminis, in tantum quod Filius meus fixit se in anima eius, ex cuius pulchritudine gaudebant caelum et terra; sed vas istud non luminosum fuit apud homines, quia mundi honores et divitias contemnebat. Quinto, Maria fuit vas mundum et non mundum. Mundum vero fuit, quia tota pulchra, et tanta immunditia non inveniebatur in ea, ubi cuspis acus infigeretur. Sed non mundum fuit, quia de radice Adare processit et de peccatoribus nata est, licet sine peccato concepta, ut Filius meus de ea sine peccato nasceretur

31 Gloria enim hominis ex honore patris sui, et dedecus filii pater sine honore. Eccli. III, 13.

32 «Putredo namque et vermis humanae est opprobrium conditionis, a quo opprobrio cum Iesus sit alienus, natura Mariae excipitur, quam Iesus de ea suscepisse probatur. Caro enim Iesu, caro est MariaeDe Assumptione B. M. V. liber unus, «incerti auctoris ac pii», cap. 5. Inter Opera S. Augustini, ML 40-1145.

33 «Caro enim Iesu, caro est Mariae... Caro... Christi, quamvis gloria resurrectionis fuerit magnificata, et potenti super omnes caelos ascensione glorificata, eadem tamen carnis mansit et manet natura, quae suscepta est de MariaId. op., ibid.

34 «Nec a dominatione vel potentia Filii Mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro, unus spiritus, una caritas; et ex quo dictum est ei: Dominus tecum, inseparabiliter perseveravit promissum et donum. Unitas divisionem non recipit nec secatur in partes, et si ex duobus factum sit unum, illud tamen ultra scindi non potest; et Filii gloriam cum Matre non tam communem iudico quam eamdemERNALDUS (Arnoldus, Arnaldus) Carnotensis, Abbas Bonaevallis, De laudibus B. M. V., ML 189-1729.

35 «Quando enim placuit gratiae supernae ut habitaret in nobis, a quibus diu elongata fuerat: tu sola inventa es digna, ut in tua virginali aula Rex regum et Dominus dominantium, a regalibus sedibus veniens, primam sibi mansionem inter filios hominum eligeretEGBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Ad B. Virginem Deiparam sermo panegyricus, seu Ad gloriosam Virginem Mariam deprecatio et laus elegantissima, n. 2. - Inter Opera S. Bernardi, ML 184-1011. - Paulus Winfridus, Homiliarius, hom. 52, In Nativitate B. M. V. ML 95-1515. - Vedi Appendice, 3, B, nel nostro volume precedente, pag. 353.

36 «Eligendo Virginem, fecit eam idoneam Matrem suam: haec enim est dignitas ad quam electa est, sicut Ioannes electus est ut sit Praecursor. Unde et antequam conciperet Filium Dei, iam idonea erat ut esset Mater Dei.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., Concio 3, n. 2. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 398.

37 «Ad tertium dicendum, quod beata Virgo dicitur meruisse portare Dominum omnium, non quia meruit ipsum incarnari, sed quia meruit ex gratia sibi data illum puritatis et sanctitatis gradum, ut congrue posset esse Mater Dei.» S. THOMAS, Sum Theol., III, qu. 2, art. 11, ad 3.

38 Non già S. Pier Damiani, come neanche S. Agostino, ma l'autore «incertus ac pius» del Liber de Assumptione B. M. V., cap. 4, ML 40-1144; «Maria... etsi communicat aerumnis Evae, non communicat pariendo cum dolore. Promeruit enim hoc singularis sanctitas eius et singularis gratia, qua susceptione Dei singulariter aestimata est digna

39 «Sed qualis est haec dignitas (Matris Dei)? Utique habet quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti et Omnipotentis. Quae autem excellentia, quae perfectio, quae magnitudo decuit eam, ut esset idonea Mater Dei? Hic iam sileat lingua carnis: excedit enim intellectum et loquelam Virginis magnitudo.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., Concio 3, n. 3. Conciones, Mediolani, 1760, II. col. 398.

40 «Respondeo dicendum quod, illos quos Deus ad aliquid eligit, ita praeparat et disponit, ut, ad id ad quod eliguntur, inveniantur idonei, secundum illud II Cor. III, 6: Idoneos nos fecit ministros novi Testamenti. Beata autem Virgo fuit electa divinitus ut esset Mater Dei. Et ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc idoneam reddidit, secundum quod Angelus ad eam dicit (Luc. I, 30): Invenisti gratiam apud Deum: ecce concipies, etc. Non autem fuisset idonea Mater Dei, si peccasset aliquando: tum quia honor parentum redundat in prolem, secundum illud Prov. XVII, 6: Gloria filiorum, patres eorum; unde et per oppositum ignominia matris ad Filium redundasset; tum etiam quia singularem affinitatem habuit ad Christum, qui ab ea carnem accepit; dicitur autem II Cor. VI, 15: Quae conventio Christi ad Belial? tum etiam quia singulari modo Dei Filius, qui est Dei Sapientia, in ipsa habitavit, non solum in anima, sed etiam in utero; dicitur autem Sap. I, 4: In malevolam animam non introibit sapientia, nec habitabit in corpore subdito peccatis. Et ideo simpliciter fatendum est quod beata Virgo nullum actuale peccatum commisit, nec mortale, nec veniale; ut sic in ea impleatur quod dicitur Cant. IV, 7: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te.» S. THOMAS, III, qu. 27, art. 4, c.

41 «Excepta itaque sancta virgine Maria, de qua propter honorem Domini nullam prorsus, cum de peccatis agitur, habere volo quaestionem: unde enim scimus quod ei plus gratiae collatum fuerit ad vincendum omni ex parte peccatum, quae (al. quod) concipere ac parere meruit, quem constat nullum habuisse peccatum? hac ergo Virgine excepta, si omnes illos sanctos et sanctas, cum hic viverent, congregare possemus et interrogare utrum essent sine peccato, quid fuisse responsuros putamus?... Nonne una voce clamassent: Si dixerimus quia peccatum non habemus, non ipsos decipimus, et veritas in nobis non est.» S. AUGUSTINUS, De natura et gratia lib. unus, cap. 36, n. 42. ML 44-267.

42 «Qui antequam nasceretur, talem creavit eam, ut ipse digne nasci potuisset ex ea.» S. PETRUS DAMIANI, Hom. in Nativitate B. V. M. (sermo 46). ML 144-752.

43 «Ne quicquam Deum purissimum polluit, quod ex virginali utero prodierit. Quam enim citra omnem sui labem formaverat, ex ea nulla contracta macula processit.» S. PROCLUS, Archiep. Constantinopolitanus (+ 446), Oratio I, Laudatio in SS. Deiparam Mariam, n. 3, MG 65-683.

44 Vedi sopra, nota 40.

45 Hymn. Te Deum.

46 Di chi siano queste parole, o chi le abbia attribuite a S. Agostino, non sappiamo.

47 Questo solo ha detto S. CIRILLO: «Ecquis hominum laudabilissimam illam Mariam pro dignitate celebrare queat? Ipsa et mater et virgo est; o rem admirandam! Miraculum hoc me in stuporem rapit. Quis umquam audivit aedificatorem prohiberi, ne proprium templum, quod ipse construxerit, inhabitaret?» S. CYRILLUS Alexandrinus, Homiliae diversae, hom. 4, Ephesi in Nestorium habita. MG 77-991.

48 «Deo debemus omnes: tibi ipse obstrictus est. Nam qui dixit: Honora patrem tuum et matrem, longe potius, talibus ipse accenseri volens, gratiam propriamque ipse legem in eam servaverit, quae ultro assumptam ipsi nativitatem ministravit; quamque, sine patre, velut sine viro, Matrem inscripsit confirmavitque; divino quodam decore, et supra hominem glorificaverit.» S. METHODIUS, De Simeone et Anna, n. 10. MG 18-374.

49 «Numquid non pertinet ad benignitatem Domini, matris servare honorem, qui legem non solvere venerat, sed adimplere? Lex enim, sicut honorem matris praecipit, ita inhonorationem damnatLiber de Assumptione B. M. V., cap. 5. Inter Opera S. Augustini, ML 40-1145. Autore incerto e pio.

50 «Prima (conclusio) est, quod Deus potuit Virginem Matrem praeservare ab originali culpa... Secunda conclusio est, quod decuit Dei Filium Virginem Matrem ab huiusmodi macula praeservare. Quia hoc decuit Dei Filium in propria Matre observare, ad quod obligatur quilibet purus homo ex praecepto divino: sed quicumque filius posset matrem suam praeservare etiam a minori malo quam fuerit originalis culpa, ipse ad hoc tenetur ex praecepto divino: quia alias non honoraret matrem, nec in maxima necessitate ei subveniret: ergo, etc.» THOMAS AB ARGENTINA, Ord. Erem. S. Augustini, Comment. in IV libros Sententiarum. Pars secunda. In lib. III, dist. 3, qu. 1, art. 1. Genuae, 1585, II, fol. 8, col. 4.

51 «Prima mater Eva in hoc habuisset maius privilegium in nativitate sua, quam illa quae erat Mater tua: nam ipsa Eva sine rebellione facta fuit. Addo huic quod... ius naturale est, quod filius debet honorare matrem suam... Sed quomodo sufficienter honoraretur, si inhonestum peccatum in ea aliquo tempore dominaretur?... Cum tu, summus Princeps, vis habere Matrem carnaliter in terra, illi debebis honorem, reverentiam, servitium, obedientiam... Nunc autem apparet illam legem non bene adimpleri, si in huiusmodi abominatione, immunditia et subiectione peccati, aliquo tempore permitteres illam quae esse debet habitaculum, templum et palatium totius puritatisIo. GERSONIUS, Sermo de Conceptione B. M. V., habitus in Ecclesia S. Germani, anno 1401. Opera, III, Antverpiae, 1706, col. 1322.

52 «Primogenita Redemptoris Filii sui Iesu fuit beata Virgo. Et plus pro ipsa redimenda venit quam pro omni alia creatura.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de immaculata Virginis Conceptione (Pro festivitatibus B. M. V. sermo 4), art. 3, cap. 3. Op., Venetiis, 1745, IV, pag. 88, col. 2. - Quadrag. de Evang. aeterno, Sermo 51, Feria II post Dom. Oliv., et etiam in fest. B. V., et maxime Nativ., Conc., et Annunc., art. 3, cap. cap. 3. Opera, Venetiis, 1591, II, 518, col. 2.

53 «Eruisti animam meam ex inferno inferiore... Eruisse Deum animam suam ab inferno inferiore dixit, quia liberavit se a talibus peccatis per quae posset deduci ad tormenta inferni inferioris. Quemadmodum si medicus videat tibi imminentem aegritudinem forte ex aliquo labore, et dicat: «Parce tibi, sic te tracta, requiesce, hic cibis utere; man si non feceris, aegrotabis:» tu autem si feceris et salvus fueris, recte dicis medico: «Liberasti me ab aegritudine,» non in qua iam eras, sed in qua futurus eras. Nescio quis habens causam molestam, mittendus erat in carcerem; venit alius, defendit eum: gratias agens quid dicit? «Eruisti animam meam de carcereSuspendendus erat debitor; solutum est pro eo: liberatus dicitur de suspendio. In his omnibus non erant; sed quia talibus meritis agebantur, ut nisi subventum esset, ibi essent; inde se recte dicunt liberari, quo per liberatores suos non sunt permissi perduci.» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 85, Sermo, n. 18. ML 37-1094, 1095. - Cf. SUAREZ, De incarnatione, pars 2, disp. 3, sect. 5, n. 28, Opera, Venetiis, XVII, 1746, pag. 23.

54 Ciò dice S. ANTONINO riferendo l'opinione altrui, non già esprimendo il proprio pensiero. «Quidam alii dicunt non fuisse conceptam in peccato originali Virginem ipsam, et praecipue Ioannes Scotus, Ordinis Minorum, doctor subtilissimus; et pro sua opinione allegant autctoritates et assignant rationes... Quinto sic: Decuit quod Christus eam singulari, et nobiliori modo redimeret et liberaret, quam alios; sed hoc fuit, si sine peccato concepta fuit. Decuit enim magis honorare eam, quia Mater eius, quam ceteros: sed nobilius et melius liberatur et redimitur, cui providetur ne cadat et in servitutem incurrat, quam ut lapsus erigatur, et factus servus redimatur. Ergo, etc.» Sum. Theol., pars 1, titulus 8, cap. 2. Veronae, 1740, I, col. 551. - Alla fine del capitolo, col. 554, osserva S. Antonino: «Conclusive circa istam materiam, sic uni istarum opinionum debet homo inhaerere... quod paratus sit tenere contrarium, si Ecclesia contrarium determinaret; et ante determinationem, non iudicet haereticum, vel impium et malum alteram tenentem, quaecumque sit.»

55 Opera S. Bonaventurae, Romae, (ed. Vaticana), Moguntiae, Lugduni (1668), III, Sermo 38 de Sanctis in communi, Sermo 2 de B. V. Maria, pag. 365, col. 2. - Vedi Appendice, 1, pag. 505.

56 Claudius FRASSEN, Ord. Min. de Observ., Scotus Academicus, VIII, Romae, 1720, De divini Verbi Incarnatione pars altera, tract. 1, disp. 3, art. 3, sect. 3, qu. 1, § 5, pag. 224, 225. - Vedi Appendice, 1, pag. 505.

57 NICOLAUS CUSANUS (+ 1464), Cardinalis, Excitationes ex Sermonibus R. P. Nicolai de Cusa, lib. 8, Ex Sermone: Sicut lilium inter spinas, Opera, 1514, fol. 153: «Hoc cedit ad laudem Dei et Virginis Mariae Matris: quod ipsa sub principatu auctoris mortis nullo umquam tempore fuit, in qua vita debuit incarnari. Non indiguit Virgo liberatore qui ipsam absolveret a sententia in Adam et in posteros ex voluptate carnis lata, cui numquam subiacuit: quia praevenit succurrere misericordia electae matri misericordiae. Qui concipitur et nascitur liber, non indiget liberatore a servitute, in qua numquam fuit. Praeliberatorem enim Virgo sancta habuit, ceteri liberatorem et postliberatorem. Christus enim sic omnium liberator, quod et Virginis liberator et praeliberator, ceterorum vero liberator et postliberator. Ipsa sola post Adae lapsum non indiga, sed plena originali iustitia ut Eva, et multo magis, creata fuit: sicut Christus secundum humanitatis naturam in omni plenitudine iustitiae multo magis quam Adam creatus. Sola ipsa electissima Dei Mater hoc habet: quod in initio essendi sub servitute maligni deficere nequivit, puta quod in creatione rationalis animae in corpore, et in separatione a corpore, in potestate maligni numquam fuit. Sola igitur gloriosissima Virgo non reperitur tempore ullo peccato originali subiacuisse... Non est Maria deleta de libro mortis principis mortis: quia numquam in eo scripta fuit; sed inscriptio eius ex aeterna praefinitione antequam concepta ad librum vitae pervenit

58 «Talis ergo Angus, qualis mater Agni; ex munda mundus, ex Virgine incorruptus... Quoniam omnis arbor ex fructu suo cognosciturDe Verbo Incarnato Collationes seu Disputationes tres, Collatio 3, inter Opera Hugonis de S. Victore, ML 177-321.

59 «O digna digni, formosa pulchri, munda incorrupti, excelsa Altissimi, Mater Dei, sponsa Regis aeterniSermo de Assumptione B. Virginis, inter Opera Hugonis de S. Victore. ML 177-1212.

60 «Lacta, Maria, Creatorem tuum, lacta panem caeli, lacta praemium mundi... Tu illi mater temporalem ministra substantiam, ut ipse nobis et tibi vitam tribuat sempiternam. Lacta ergo eum qui fecit te, qui talem fecit te, ut ipse fieret in te.» Inter Opera S. Hildefonsi, Sermones dubii, Sermo 7, In Assumptione B. M. V., ML 96-268.

61 Sermo 208, In festo Assumptionis B. Mariae, n. 4. Inter Opera S. Augustini. ML 39-2130. - Ivi, col. 2129, nota 6): «Incerti auctoris... In nostris codicibus manuscriptis habetur absque nomine auctoris. At in Lovaniensium plerisque, ut ipsi observant, manuscriptis tribuitur Fulberto, episcopo Carnutensi. In codice tamen Cassinensi et in Cluniacensi, Ambrosio Autperto adscribitur.» Gli editori Benedettini propendono in favore di quest'ultimo.

62 «Ipse enim Spiritus Dei, ipse amor omnipotentis Patris et Filii, ipse per quem et in quo amatur omne quod bene amatur, ipse, inquam, corporaliter, ut ita dixerim, venit in eam, singularique gratia prae omnibus quae creata sunt, sive in caelo sive in terra, requievit in ea, et reginam ac imperatricem caeli et terrae et omnium quae in eis sunt fecit eam.» EADMERUS, Cantuariensis monachus (+ 1121), Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 4. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-565.

63 «Plena est gratia, et excedit angelos in plenitudine gratiae... Secundo, excellit angelos in familiaritate divina; et ideo, hoc designans, Angelus dixit: Dominus tecum; quasi dicat: Ideo exhibeo tibi reverentiam, quia tu familiarior es Deo quam ego, nam Dominus est tecum. Dominus, inquit, Pater, cum eodem Filio, quod nullus angelus nec aliqua creatura habuit... Deus Filius, in utero... Aliter est ergo Dominus cum beata Virgine quam cum angelo, quia cum ea ut Filius, cum angelo ut Dominus. Dominus Spiritus Sanctus, sicut in templo; unde dicitur templum Domini, sacrarium Spiritus Sancti, quia concepit ex Spiritu Sancto... Sic ergo familiarior cum Deo est beata Virgo quam angelus: quia cum ipsa Dominus Pater, Dominus Filius, Dominus Spiritus Sanctus, scilicet tota Trinitas.» S. THOMAS, Opusculum 8, Devotissima expositio super Salutatione Angelica. Opera, XVII, Romae, 1570, fol. 75, col. 4, IK.

64 Come vedremo nella nota 66, Cornelio a Lapide si riferisce al De laudibus Beatae Virginis, ma tra le Opere, anche dubbie, di S. Idelfonso, nella ML 96, non s'incontra alcuna opera così intitolata. Però nella Notitia historica, n. 8, ML 96-13, siamo avvisati che sotto questo nome, presso qualche editore, viene il De virginitate perpetua S. Mariae d'Idelfonso. Né qui né in alcun'altra opera di S. Idelfonso si trova tale applicazione.

65 «Gratia Dei datur ad duo, scilicet ad bonum operandum et ad vitandum malum; et quantum ad ista duo perfectissimam gratiam habuit beata Virgo. Nam ipsa omne peccatum vitavit magis quam aliquis sanctus post Christum. Peccatum enim aut est originale, et de isto fuit mundata in utero; aut mortale, aut veniale, et de istis libera fuit. Unde Canticorum IV: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te.» S. THOMAS, Opusculum 8, Devotissima expositio super salutatione Angelica. Opera, XVII, Romae, 1570, fol. 75, col. 3, IK.

66 «Haec verba Cantici: Tota pulchra es, et macula non est in te, B. Virgini soli appropriant Rupertus, Psellus, Hugo uterque, scilicet Cardinalis et de S. Victore, S. Thomas, Galatinus et S. Ildephonsus, de Laudibus B. VirginisCORNELIUS A LAPIDE, S. I. In Canticum Canticorum, cap. 4. v. 7, Tertius sensus principalis. Comment. in Scripturam Sacram, Parisiis, VIII, 1860, pag. 59, col. 2.

67 «De nulla anima potest dici illud, Cant. IV, Tota pulchra, etc., congruentius quam de Virgine benedicta: ubi autem macula est, vel culpa actualis, vel venialis, vel mortalis, hoc de illa minime dici potest.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de immaculata Virginis Conceptione (Pro festiv. B. M. V. sermo 4), art. 2, cap 2. Opera, Venetiis, 1745, pag. 85, col. 2.

68 S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in Nativitate gloriosissimae V. M., Opera, Lugduni, 1628, pag. 437, col. 2: «Quae enim sanctificata in utero, ac ab omni culpae originalis fuerat liberata contagio... tota pulchra absque delicto, sine mentis et corporis deformitate, Deo et hominibus amabilis habebatur

69 «Tota igitur pulchra es, Virgo gloriosissima; non in parte, sed in toto; et macula peccati, sive mortalis, sive venialis, sive originalis, non est in te, nec umquam fuit nec erit: sed adest tibi omnis gratia naturalium bonorum, spiritualium charismatum et caelestium donorumRAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Contemplationes de B. V., pars 2, Contemplatio 3, n. 4. Bourassé-Migne, Summa aurea, IV, col. 878.

70 «Sicut in comparatione Dei nemo bonus, ita et in comparatione Matris Domini nulla invenitur perfecta, quamvis virtutibus eximiis comprobetur... Quoniam haec est hortus conclusus, fons signatus, puteus aquarum viventium (Cant. IV, 15), ad quam nulli potuerunt doli irrumpere, nec praevaluit fraus inimici, sed permasit sancta mente et corpore, multis donorum privilegiis sublimataSOPHRONIUS, (inter Opera S. Hieronymi, Epistola IX), ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 16. ML 30-141.

71 «Hortus conclusus tu es, Dei Genitrix, ad quem deflorandum manus peccatoris numquam introivitEGBERTUS, Abbas Schonaugiensis, Ad B. Virginem Deiparam Sermo panegyricus, seu Deprecatio et laus elegantissima, n. 4. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-1012. - In Homiliario ampliato Pauli Winfridi, In Nativ. B. M. V., hom. 52, ML 95-1516: «Hortus conclusu tu es, sancta Dei Genitrix...» - Vedi Appendice, 3, B, nel nostro volume precedente, pag. 353.

72 Franc. SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars 2, disp. 18, sectio 4, Secunda ratio: «Deus plus amat Virginem quam reliquos sanctos omnes.» Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 154, col. 1.

73 «Haec quidem propter humilitatis meritum et ferventissimum caritatis affectum, ab Altissimo adamatur, eligitur a Verbo, foecundatur Spiritu, divina prole ditatur, in Scripturis praefiguratur, a Prophetis praenunciatur, praeponitur Archangelis, caelesti omnique praefertur militiae.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De casto connubio Verbi et animae, cap. 9. Opera, Lugduni, 1628, pag. 159, col. 2.

74 Una est columba mea, perfecta mea, una est matris suae, electa genitrici suae. Cant. VI, 8. - Quel che dice S. Alfonso della parola perfecta, deve riferirsi a electa: la voce ebraica vuol dire prima segregata, electa, e poi pura, pulchra.

75 «Ave, inquit, gratia plena; et bene plena, quia ceteris per partes praestatur: Mariae vero simul se tota infudit plenitudo gratiaeSOPHRONIUS (inter Opera S. Hieronymi, Epistola IX), ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 5. ML 30-127.

76 «Secundo, plena fuit gratia (beata Virgo) quantum ad redundantiam animae ad carnem, vel corpus. Nam magnum est in sanctis habere tantum de gratia, quod sanctificet animam: sed anima beatae Virginis ita fuit plena, quod ex ea refudit gratiam in carnem, ut de ipsa conciperet Filium Dei; et ideo dicit Hugo de Sancto Victore quia in corde eius amor Spiritus Sancti singulariter ardebat, ideo in carne eius mirabilia faciebat, intantum quod de ea nasceretur Deus et homo.» S. THOMAS, Opusc. 8, Devotissima expositio super Salutatione Angelica. Opera, XVII, Romae, 1570, fol. 75, col. 4, G.

77 «Quia igitur simul collecta gratiae plenitudo nullatenus creaturae humanae capacitate potest apprehendi, in quatuor capita dicitur dividi; privilegio tamen Filii sui, supra totius creaturae meritum Mater Dei, aspersione Spiritus Sancti, tota Deitatis gratia est perfusaPETRUS CELLENSIS, Liber de panibus, cap. 12. ML 202- 986. - Le parole: «ab exordio suae Conceptionismancano.

78 «Archangelus ait: Ave, gratia plena, Dominus tecum, quia a Deo electam et praeelectam, totam eam rapturus erat sibi Spiritus Sanctus et caelestibus insigniturus ornamentisNICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, De Annuntiatione B. V. M.: inter Opera S. Petri Damiani, Sermo 11. ML 144-558.

79 Vedi Appendice, 2, pag. 513 e seg.

80 GONET Io. Bapt., O. P., Manuale Thomistarum, Antverpiae, 1726, pars 2, tract. 5, cap. 6, § 2 et 3, pag. 92 et seq.; Clypeus Theologiae Thomisticae, III, Antverpiae, 1744, Disputatio 7, art. 2 et 3, pag. 266 et seq. Il Gonet non dice neppur una parola dell'immacolata Concezione di Maria: né pro né contro. Dice quale sia la legge generale sulla trasmissione del peccato originale, e non fa parola di una eccezione qualunque. - Lud. HABERT, Theologia dogmatica et moralis, III, Venetiis, 1747, Tractatus 2, De vitiis et peccatis, cap. 7, De peccato originali, § 6, pag. 234 et seq. Pag. 237: «Nota tribus modis posse dici aliquem in Adamo peccasse...» Pag. 238, 239: «Non desunt Theologi qui doceant B. Virginem ne primo quidem aut secundo modo peccavisse, existimantes legem ita datam fuisse primo parenti pro se et posteris eius, ut ab illa exciperetur B. Virgo per merita Christi futura: ex quo sequitur eam in Conceptione nequidem habuisse debitum contrahendi peccati. Verum haec sententia, quae paucissimorum est, stare non potest...» Pag. 240: «Beata Virgo peccatum originale actu non contraxit

81 Sicut per unum hominem peccatum in hunc mundum intravit, et per peccatum mors; et ita in omnes homines mors pertransiit, in quo omnes peccaverunt. Rom. V, 12.



82 Ioannes Everardus NIDHARDUS, S. I. (+ 1681), Cardinalis (1672): Examen theologicum quatuor propositionum quorumdam Auctorum anonymorum, quibus aspergunt maculam cultui, festo, obiecto et sententiae de Immaculata SS. Dei Matris Virginis Conceptione. Matriti, 1665. Pars 2, § 8-10, fol 60-137. - DUVALLIUS Andreas (du Val), Comment. in Sum. S. Th., I-II, qu. 2, art. 7, de peccatis. - Theophilus RAYNAUDUS, S. I., Opera, VIII, Lugduni, 1665: VI, Pieats Lugdunensis erga B. Virginem immaculate conceptam (pag. 253-334), § XXIX, pag. 299 et seq. - Dominicus LOSSADA, Ord. Min., Matriti, 1732, Discussio theologica super definibilitate proxima mysterii Immaculatae Conceptionis Dei Genitricis. Pag. 134 et seq.: Dissertatio unica: Singula definibilitatis proximae adiumenta expenduntur. Pag. 216 et seq.: Coronis discussionis theologicae. Pag. 225, 226: Apostrophe ad Sanctissimum. - Id. op., Matriti, 1733. In fine: I. Synopsis doctrinae etc. II. Index disputationum, etc. - Dominicus VIVA, S. I., Theses damnatae ad theologicam trutinam revocatae, tomus 1, pars 1, Ferrariae, 1757, Quaestio prodroma, n. 20, pag. 10. (Pars I, II, III: Damnatae theses ab Alexandro VII, Innocentio XI, et Alessandro VIII necnon Iansenii. Pars IV, Beneventi, 1717: Quesnellianae Theses a SS. D. N. Papa Clemente XI confixae.)

83 Vedi Appendice, 3, pag. 519 e seg.

84 «Veni ergo, et quaere ovem tuam iam non per servulos, non per mercenarios, sed per temetipsum. Suscipe me in carne, quae in Adam lapsa est. Suscipe me non ex Sara, sed ex Maria; ut incorrupta sit virgo, sed virgo per gratiam ab omni integra labe peccati.» S. AMBROSIUS, Expositio in Psalmum 118, Sermo 22, n. 30. ML 15-1521.

85 Migne-Bourassé, Summa aurea, Paris, 1866, VIII, col. 303, n. 21: «Origenes, homil. 1, ex decem in diversos locos Novi Testamenti in cap. 1 Matth., pag. 274, part. II eius Oper. edit. Paris. 1604: «Huius itaque Unigeniti Dei dicitur haec Mater, Virgo Maria, digna Dei, immaculata Sancti immaculati, una Unius, unica Unici... quae neque persuasione serpentis decepta est, neque eius afflatibus venenosis infecta.» - Queste dieci Omilie sembrano di qualche autore latino.

86 «Immaculata et intemerata, incorrupta et prorsus pudica, atque ab omni sorde ac labe peccati alienissima, Virgo Dei sponsa, ac Domina nostra...» S. EPHRAEM, Ad SS. Dei Genitricem Oratio. Opera omnia, VI, Opera graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 577, col. 1. Editio Veneta, I, pag. 571, col. 2.

87 «Cum dixisset Ave, salutationem illi caelestem exhibuit: cum dixit Gratia plena, ostendit ex integro iram exclusam primae sententiae, et plenam benedictionis gratiam resitutam.» Inter Opera S. Augustini, nell'Appendice, Sermo 123, n. 2. ML 39-1991.

88 «Et deduxit eos in nube diei. Ecce Dominus venit in Aegyptum in nube levi. Nubem levem, aut proprie Salvatoris corpus debemus accipere: qui leve fit, et nullo peccato praegravatum est. Aut certe nubem levem debemus sanctam Mariam accipere: nullo semine humano praegravatam. Ecce Dominus venit in Aegyptum, saeculi istius: super nubem levem, Virginem. Et deduxit eos in nube diei.Pulchre dixit, diei: nubes enim illa non fuit in tenebris, sed semper in luceBreviarum in Psalmos, Ps. 77. Inter Opera S. Hieronymi, Appendix ad tom. VII. ML 26-1049.

89 «Nihil in hac re (in nativitate Christi) petit ultio, nec praecedens delectatio aliquam expetiit poenarum usuram. Spiritu Sancto obumbrante incendium originale exstinctum est; ideoque innoxiam affligi non decuit, nec sustinebat iustitia ut illud vas electionis communibus lassaretur iniuriis, quoniam plurimum a ceteris differens, natura communicabat, non culpaARNALDUS seu Ernaldus, Bonaevallis in valle Carnotensi Abbas, Liber de cardinalibus operibus Christi, I, De nativitate Christi. ML 189-1617.

90 Migne-Bourassé, Summa aurea, VIII, 304, n. 25: «Sanctus AMPHILOCHIUS, Sidae episcopus, Orat. 4, In S. Deiparam et Simeonem: «Cedo percontantibus nobis (Nestorium affatur) utrumne vel sensu Iudaico, ut virum, ita et Adae coniugem, intemeratis Opificis manibus fictam, dicenti legi divinae assentiris? Et si quidem negaveris, nonne propalam a nobis, et Scripturis extraneus exsistis? Sin autem affirmaveris, quid, stulte, a veritate dissentis, Deique placitum in Sanctissima Virgine ad communem salutem provide dispositum detrectas atque renuis? Qui enim antiquam illam virginem (Evam) sine probro condidit, ipse et secundam (Mariam) sine nota et crimine fabricatus est... Nihil quippe quod Deo sit amicum, ignominiam aut probrum habet...» Pag. 42 et 43 eius Operum a Combefisio editorum.

91 S. SOPHRONIUS, Hierosolymitanus episcopus, Epistola Synodica, letta poi nel Concilio Ecumenico VI: «(Filius Patris) uterum intactum ingressus virginitatis castitate lustratum Mariae sanctae praeclaraeque, quae Dei sunt sapientis, ab omni contagione liberatae, et corporis, et animae, et intellectus, incarnatur qui erat incarneus... Homo enim fieri voluit, ut simili consimilem mundificaret... Ideo Virgo sancta accipitur, et anima corpusque sanctificatur; atque ita ministravit in incarnatione Creatoris, ut munda, et casta, atque incontaminataMansi, Collectio Conciliorum, XI, Florentiae, 1765, Concilium oecumenicum VI, Constantinopolitanum III, (anno 680). Actio XI, col. 474. - Harduinus, Collectio Conciliorum, III, Parisiis, 1714, col. 1266, 1267.

92 «Constat eam ab omni originali peccato immunem fuisse, per quam non solum maledictio matris Evae soluta est, verum etiam benedictio omnibus condonaturDe partu Virginis, lib. 1, ML 96-312, inter Opera dubia S. Hildefonsi; 120-1372, inter Opera S. PASCHASII RADBERTI, Abbatis Corbeiensis.

93 «In hunc enim paradisum serpenti aditus non patuit.» (Nella traduzione presso il Migne, manca il non, per errore.) S. IO. DAMASCENUS, Homilia 2 in Dormitionem B. V. M., n. 2. MG 96-726.

94 «Caro enim Virginis ex Adam assumpta, maculas Adae non admisitNICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Assumptione B. M. V. Inter Opera S. Petri Damiani, Sermo 40. ML 144-721.

95 «Per incarnationem visitavit nos... quod evidentius exponit, cum subiungit: Dominus de caelo in terram aspexit, dum de regalibus sedibus in uterum Virginis venit. Haec est enim incorrupta terra illa, cui benedixit Dominus, ab omni porpterea peccati contagione libera, per quam vitae viam agnovimus, et promissam veritatem accepiùus. Quae quia digna fuit, Dominus de caelo in terram aspexitS. BRUNO, Cartusianorum institutor, Expositio in Psalmos, In Psalmum 101. ML 152-1167.

96 «Dico primo quod Domina nostra fuit plena gratia praeveniente in sua sanctificatione, gratia scilicet praeservativa contra foeditatem originalis culpae, quam contraxisset ex corruptione naturae, nisi speciali gratia praeventa praeservataque fuissetSermo 38 de Sanctis in communi, Sermo 2 de B. V. Maria, pag. 365, col. 2, inter Opera S. Bonaventurae, III, Romae, Moguntiae, Lugduni. - Sermone interpolato da autore più recente. Vedi Appendice, 1, pag. 505 e seg.

97 «Dum pridie essem in Monasterio Carceris, dioecesis Paduanae, in illo eloquio cum quodam approbatae religionis viro, Domino Fratre Bartholomaeo de Sicilia ibi professo, reddidit mihi unam pulchram rationem, quare non erat credendum beatam Virginem fuisse conceptam ex peccato originali: dixit enim mihi Daniel de Purgiliis (al., come vedremo, de Purziliis), si bene percepi; certum est quod Deus creavit Adam sine peccato originali ex limo terrae, dein       ex costa eius creavit Evam, et sine peccato: et certum est quod Christus incarnatus fuerit Deus et homo, et fuit maior quam Adam et Eva, et maioris dignitatis, et tantum interest inter eos quantum inter Creatorem et creaturam: modo non est credendum, quod ipse Filius Dei voluerit nasci ex Virgine et sumere eius carnem, quae esset maculata ex aliquo peccato originali; imo credendum est, quod voluit sumere carnem ex carne purissima, et quod eius mater fuerit plus quam Eva et Adam, qui creati fuerunt sine peccato originali; quae ratio mihi valde applausit; etiam quaesivi si repererit in scriptis; respondit quod non, sed sic meditando sibi in mente occurrit.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Seraphin Quadragesimale, Sermo 48, De amore glorioso. Opera, opera et labore R. P. Ioannis Delahaye, Venetiis, 1745, III, pag. 316, col. 1, 2. - Quadragesimale Seraphin nuncupatum... a Daniele de Purziliis, I. C. Patavino, collectum. (Dopo il foglio del titolo: «Lectori salutem... Scias... velim... Conciones has quadragesimales, quas Seraphini nomine appellant, nonnullosque alios subsequentes sermones a D. Bernardino, cum Patavii moraretur, et magna cum dignitate habitos, et calamo, uno eodemque Quadragesimae tempore ab Exc. D. D. Daniele Pergulio Patavino exceptos fuisse, paucis, aut, proprio marte, additis, aut, rei difficultate detractis. Opera, a F. Petro Rodulphio, Episcopo Senogalliae restituta et apostillis illustrata, Venetiis, 1591, IV, Sermo 49, De amore glorioso, Prima pars principalis, pag. 272, col. 1, 2. - Nota però il Vadingo, Annales Minorum, an. 1308, n. 25, che questo Quadragesimale Seraphin «sancti Bernardini non est, sed cuiusdam collectoris,» e precisamente di quel Daniele de Purziliis. Aggiunge: «uti in ipsius libri fronte adnotatur, et Petrus Rodulphus, cuius opera et studio edita sunt sancti Viri opera, lectorem admonet in epistola praeliminari.» - Ecco quanto ci dice, su questo argomento, il P. Gio. Delahaye, a principio del vol. della sua edizione, nell'avviso Benevolo Lectori: «Nescio an... Quadragesimale de pugna spirituali sit illi (Bernardino) tribuendum; nam illius phrasim non sapit; nec gravitatem, nec eruditionem nostri Auctoris redolet. Idem fere tenendum est de alio Quadragesimali, cuius titulus est Seraphin Quadragesimale. Arbitror tamen italice ab eo utrumque e suggestu habitum, sed ab eo concionante nec fideliter acceptum, nec deinde erudite latinitati donatum; quo fit ut fere neutrum illius esse censeatur

98 «Ab ipsa namque sui conceptione in benedictionibus praeventa dulcedinis, atque a damnationis aliena chirographo, prius est sanctificata quam nata.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in Annunciatione B. M. V. (a principio). Opera, Lugduni, 1628, pag. 409, col. 1.

99 RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Contemplationes de B. V., pars 5, De gratiis gloriosae Virginis Mariae, Contemplatio 1, n. 1: «Invenisti gratiam apud Deum (Luc. I, 30), dulcissima Virgo Maria... Invenisti, Virgo Maria, gratiam caelestem, quia fuerunt in te sanctificatio in matris utero, angelica salutatio, Spiritus Sancti superventio, et Filii Dei conceptioContemplatio 4, n. 3: «O suavissima Virgo Maria, quantam gratiam invenisti apud Deum! gratiam supereffluentem, gratiam singularem, gratiam generalem; gratiam singularem, quia sola hanc meruisti plenitudinem; generalem, quia de tua plenitudine accipiunt universiSumma aurea, Migne-Bourassé, IV, col. 895, 899. - Vedi sopra, nota 69, pag. 30.

100 AEGIDIUS A PRAESENTATIONE, O. S. Aug., De Immaculata Beatae Virginis Conceptione, libri IV, Conimbricae, 1617, lib. 3, qu. 6, art. 3, § 3, pag. 325-327.

101 Candidus Parthenotimus, Siculus, Franciscus BURGIUS (Burgio, Burgi), De pietate in Deiparam amplificanda, Dissertatio duplex, in qua duplex exponitur et vindicatur votum pro tuenda eiusdem Deiparae Immaculata Conceptione susceptum. (Contro Muratori.) Panormi, 1741. Dissertatio 1, cap. 7, n. 47, pag. 41; cap. 14, n. 110, pag. 107.

102 «Sane vetus est Christifidelium erga eius Beatissimam Matrem Virginem Mariam pietas, sentientium eius animam in primo instanti creationis atque infusionis in corpus fuisse speciali Dei gratia et privilegio, intuitu meritorum Iesu Christi eius Filii, humani generis Redemptoris, a macula peccati originalis praeservatam immunem, atque in hoc sensu eius Conceptionis festivitatem solemni ritu colentium et celebrantium; crevitque horum numerus atque huiusmodi cultus post editas a fel. record. Sixto Papa V, Praedecessore nostro, in eius commendationem Apostolicas Constitutiones, quas Sacrum Concilium Tridentinum innovavit, atque observari mandavit. Aucta rursus et propagata fuit pietas haec, et cultus erga Deiparam, post erecta hoc nomine, approbantibus Romanis Pontificibus, Monasteria religiosorum Ordinum et Confraternitates, ac concessas ab iisdem indulgentias, ita ut, accedentibus quoque plerisque celebrioribus Academiis ad hanc sententiam, iam fere omnes Catholici eam complectanturALEXANDER VII, Bulla Sollicitudo omnium Ecclesiarum, 8 dec. 1661, § 1.

103 Dionusius PETAVIUS, S. I., De theologicis dogmatibus, VI, De Incarnatione, II, Venetiis, 1745, lib. 14, cap. 2, n. 10 et 11, pag. 201.

104 TORNI Giulio Nicola, Vescovo titolare di Arcadiopoli, fu il maestro di S. Alfonso. Sappiamo dallo Sparano - Giuseppe Sparano, Memorie istoriche per illustrare gli atti della S. Napoletana Chiesa, ecc., parte II, Napoli, 1768, pag. 338 - e qui da S. Alfonso essere il Torni l'autore delle Adnotationes ad Estium nell'edizione Napoletana del 1720, nella quale comparisce solo come Censore tanto a nome dell'Arcivescovo di Napoli che del governo. - GUILLELMI ESTII... in IV Libros sententiarum Commentaria, quibus pariter S. Thomae Summae Theologicae partes omnes mirifice illustrantur. In III Sent., dist. 3, § 2, nota a). Tom. 2, pag. 8.

105 Vedi sopra, nota 102. - «Constitutiones et Decreta a Romanis Pontificibus Praedecessoribus nostris, et praecipue a Sixto IV, Paulo V et Gregorio XV edita in favorem sententiae asserentis animam Beatae Mariae Virginis, in sui creatione et in corpus infusione, Spiritus Sancti gratia donatam et a peccato originali praeservatam fuisse, necnon et in favorem festi et cultus Conceptionis eiusdem Virginis Deiparae secundum piam istam sententiam, ut praefertur, exhibiti, innovamus, et sub censuris et poenis in eisdem Cosntitutionibus contentis observari mandamusBulla Sollicitudo, come sopra, nota 102, § 4.

106 «Verum, quia Spiritus sapientiae et intellectus ita apostolos et totius Ecclesiae erudivit magistros, ut in christiana observantia nihil inordinatum, nihil pateretur esse confusum, discernendae sunt causae solemnitatum, et in omnibus institutis Patrum principumque nostrorum rationabilis servanda distinctio: quia non aliter unus grex et unus pastor sumus, nisi, quemadmodum Apostolus docet, idipsum dicamus omnes; simus autem perfecti in eodem sensu et in eadem sententiaS. LEO MAGNUS, Epistola 16, cap. 2. ML 54-698. - «Quam culpam (confusionis inter solemnitates) nullo modo potuissetis incidere, si und consecrationem honoris accipitis, inde legem totius observantiae sumeretis: et beati Petri Apostoli sedes, quae vobis sacerdotalis mater est dignitatis, esset ecclesiasticae magistra rationisIbid., cap. 1, col. 696. - Epistolae Decretales Summorum Pontificum, tom. 1, pars 2, Romae, 1591, pag. 156 et 155, Epistola 5 B. Leonis Papae I.

107 EUSEBIUS Papa, Epistola 3, episcopis Tusciae et Campaniae directa. ML 7-1111. - Decretum Gratiani, pars 2, Causa 24, qu. 1, c. 11, In sede. - Autenticità dubbia, almeno per una parte delle tre lettere di S. Eusebio Papa.

108 «Natalem Domini hesterna die celebravimus; servi hodie Natalem celebramus: sed Natalem Domini celebravimus, quo nasci dignatus est; Natalem servi celebramus, quo coronatus est... Domini nostri Iesu Christi ideo nativitatis et passionis diem geminae devotionis obsequio frequentat Ecclesia, quoniam utrumque medicina est. Nam et natus est ut renasceremur; mortuus est ut in perpetuum viveremus. Martyres autem ad mala certamina nascendo venerunt, trahentes originale peccatum: moriendo autem ad bona certissima transierunt, finientes omne peccatum.» S. AUGUSTINUS, Sermo 314, In Natali Stephani martyris, n. 1. ML 38-1425. - «Quando natus sit (Cyprianus martyr), ignoramus; et quia hodie passus est, Natalem eius hodie celebramus. Sed illum diem non celebraremus, etsi nossemus. Illo enim die traxit originale peccatum; isto autem die vicit peccatum.» IDEM, Sermo 110, In Natali Cypriani martyris, cap. 1, n. 1. ML 38-1413.

109 «Sed et ortum Virginis didici nihilominus (quam Virginis in caelum Assumptionem) in Ecclesia et ab Ecclesia indubitanter habere festivum atque sanctum: firmissime cum Ecclesia sentiens, in utero eam accepisse ut sancta prodiret... Fuit procul dubio et Mater Domini ante sancta quam nata: nec fallitur omnino sancta Ecclesia, sanctum reputans ipsum Nativitatis eius diem, et omnia (leggi omni) anno cum exsultatione universae terrae votiva celebritate suscipiens.» S. BERNARDUS, Epistola 174, ad Canonicos Lugdunenses, De Conceptione S. Mariae, n. 3, 5. ML 182-333, 334.

110 «Ecclesia celebrat nativitatem B. Virginis; non autem celebratur festum in Ecclesia nisi pro aliquo sancto. Ergo B. Virgo in ipsa sua nativitate fuit sancta. Fuit ergo in utero sanctificata.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 1. Sed contra.

111 Le «cartelle» o «cartelline» usate nel tempo di S. Alfonso, e tuttora in uso a Napoli ed altrove, portavano e portano, stampate su carta finissima, le iniziali delle parole che formano la seguente sentenza: In Conceptione tua, Maria, immaculata fuisti: ora pro nobis Patrem cuius Filium Iesum de Spiritu Sancto conceptum peperisti. - In altre regioni, si stampano, pur su carta speciale finissima, da potersi inghiottire facilmente con una qualunque bevanda, immaginette di Maria SS., dette in francese miniatures, e in tedesco Schluckbildchen. - Sulla legittimità ed efficacia di questa divozione, scrisse, tra non pochi altri, il P. Andrea BUDRIOLI, S. I., un'opera intitolata Delle celebri cartine che invocano e protestano immacolata la Concezione di Maria, e loro uso, se sia da permettersi, Padova, nella Stamperia del Seminario, 1752: opera che adduce molte autorità convincenti ed innumerevoli fatti accertati. - Il celebre e dotto Cardinale O. S. B., Celestino SFRONDATI (+ 1696), nella sua Innocentia vindicata (typis Monasterii S. Galli, 1695), § 7, riferisce la miracolosa guarigione del suo Collega, il Cardinale Rappacioli, dovuta a quelle cartine. «Tota Roma, dice, ubi hoc contigit, testis est miraculi.» - Nella Bolla di canonizzazione di S. Raimondo de Peñafort, si riferiscono due miracoli ottenuti con simile mezzo. - Nel processo di canonizzazione di S. Antonino, si legge: «Rasa imago B. Antonini, et data in potu cum aqua, diversos febricitantes, ac etiam plures variasque infirmitates etiam gravissimas patientes, sanavit.» - Qui abbiamo la testimonianza di S. ALFONSO, testimonianza dottrinale, corredata di fatti. Altrove, nella sua Institutio catechistica ad populum, pars 1, cap. 1, § 6, n. 54, raccomanda, tra altre, questa pia pratica, per surrogarla alle pratiche superstiziose: «Cum miseriis et aerumnis premeris, recurre ad SS. Sacramentum... utere chartulis Mariae Immaculatae aut alicuius sancti figuris; et in hunc modum, quin pecces, poteris gratiam obtinere. Si secus egeris (cioè se ricorri a pratiche superstiziose), gratiam non obtinebis et peccabis.» Lo stesso nella edizione italiana Istruzione al popolo, parte 1, cap. 1, § 6, n. 54. - Non vi è dunque, in questa usanza, alcuna traccia di superstizione, come vollero alcuni, tanto nei secoli trascorsi quanto ai giorni nostri; anzi, è un atto approvatissimo di divozione, accompagnato che sia, come si richiede per ogni atto esteriore, dai dovuti sentimenti, cioè, di fede, di rassegnazione alla volontà di Dio, e di fiducia in Dio e nell'intercessione di Maria SS. - Scrisse egregiamente su questo argomento il dottissimo P. Giov. KANNENGIESSER, Apôtre du Foyer, Aprile 1903, pag. 232-234. Cf. La Sainte Famille, an. XXIX (1903), pag. 265-270; L'Ami du Clergé, tom. XXI, pag. 359.

112 P. Fr. PEPE, S. I., Discorsi in lode di Maria SS. per tutti i sabbati dell'anno, Napoli 1756, parte I, pag. 143: «Si degna l'Immacolata Regina diffonder le sue grazie per dovunque molti Padri Missionari, di cui è capo il P. D. Alfonso di Liguoro, ne propagano la divozione»; e ivi riferisce varie grazie operate con le cartelline dell'Immacolata, specialmente a mezzo dei primi compagni del Santo. - E nella parte II, pag. 120: «Mercé dello zelo dell'Uomo Apostolico il P. D. Alfonzo di Liguoro, si è molto propagata la divozione all'Immacolata in molte parti da lui coltivate coll'Apostoliche missioni; e la divina Madre si è degnata concedere molte grazie ai suoi divoti

113 Matrodatti o mastro d'atti, parola napoletana: notaio. Il convertito era disposto a concedere il perdono con atto pubblico.

114 Quae est ista quae progreditur quasi aurora consurgens? Cant. VI, 9.



115 Una est columba mea, perfecta mea. Cant. VI, 8. - Aperi mihi, soror mea, amica mea, columba mea, immaculata mea. Cant. V, 2.

116 Hortus conclusus, soror mea sponsa, hortus conclusus, fons signatus. Cant. IV, 12.

117 Sicut lilium inter spinas, sic amica mea inter filias. Cant. II, 2.

118 Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te. Cant. IV, 7.

119 Quam pulchra es, amica mea, quam pulchra es! Cant. IV, 1.

120 «Orazioni giaculatorie volgari (insegnate e raccomandate da S. Filippo):... Madonna benedetta, datemi grazia che io mi ricordi della vostra verginità. - Madonna benedetta, datemi grazia che io mi ricordi sempre di voi.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 5, n. 15.

1 Quid grandius Virgine Maria, quae magnitudinem summae divinitatis intra sui ventris concludit arcanum? Attende Seraphim, et in illius superioris naturae supervola dignitatem, et videbis quidquid maius est, minus Virgine, solumque Opificem opus istud supergrediNICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Nativitate B. V. M. Inter Opera S. Petri Damiani, Sermo 44. ML 144-738.

2 «Et exsultavit spiritus meus in Deo salutari meo. BASILIUS. Primus Spiritus fructus est pax et gaudium. Quia ergo Virgo sancta totam sibi hauserat Spiritus gratiam, merito subiungit: Et exsultavit spiritus meus in Deo salutari meo. Idem animam dicit et spiritum. Consueta autem in Scripturis exsultationis prolatio insinuat alacrem quemdam et iocosum habitum animae in his qui digni sunt. Proinde Virgo exsultat in Domino ineffabili cordis tripudio et resultatione in strepitu honesti affectus.» S. THOMAS, Catena Aurea, in Lucam, cap. 1. - «Exsultate... iusti in Domino... quod Dominum habetis, tali pulchritudine, tali bonitate, tali sapientia praeditum... Si quando tuo cordi lux quaedam quasi illapsa, repentinam Dei cognitionem indiderit, atque animam tuam illustraverit, adeo ut Deum diligas, mundum vero... contemnas, ex obscura illa et brevi similitudine omnem iustorum statum intellige qui... indesinenter in Deo delectantur... Iusto perpetua est divina ac caelestis laetitia, quod semel in ipso inhabitat Spiritus; primus autem fructus spiritus est caritas, gaudium, pax (Gal. V, 22). Exsultate igitur, iusti, in DominoS. BASILIUS MAGNUS, In Ps. XXXII, n. 1. MG 29-323.

3 Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668 (edizione conforme alla Vaticana e alla Moguntina), III, Sermo 39 de Sanctis in communi, 3ius de B. V. Maria, pag. 367, col. 2, p. 368, col. 1: «Domina nostra omnia habuit Dei dona, quae in Sanctis aliis sunt divisa... Unde dicitur: In plenitudine sanctorum detentio mea. Et est sensus: Totum teneo in plenitudine, quod alii Sancti tenent in parte.» S. BONAVENTURA, De Assumptione B. V. Mariae, sermo 4, Opera, IX, ad Claras Aquas, 1901, pag. 698, col. 2: «In plenitudine, inquit, Sanctorum detentio mea. Eccli. XXIV. Bernardus: «Merito in plenitudine Sanctorum detentio eius, cui non defuit fides Patriarcharum, spes Prophetarum, zelus Apostolorum, constantia Martyrum, sobrietas Confessorum, castitas Virginum, fecunditas coniugatorum, nec etiam puritas Angelorum



4 «In conceptione Domini Iesu Christi, simul in instanti concurrerunt quatuor, scilicet corporis formatio, animae creatio, utriusque sanctificatio,... quarto humanitatis et divinitatis unio... Similiter virgo fecit fructum sanctificationis, non dico aequaliter... scilicet quia non in instanti eius corpus fuit formatum, etc., sed quando eius corpus fuit formatum, et anima creata et infusa - quia ista dicitur conceptio germinis, quae est perfecta, quia conceptio seminis imperfecta est - non exspectavit Deus novem menses, nec unum, nec etiam hebdomadam unam; imo creditur quod eadem die et hora fuit sanctificata super omnes sanctos et sanctas, et etiam angelos.» S. VINCENTIUS FERRERIUS, O. P., Sermones de Sanctis, In festo Nativitatis Virginis Mariae, Sermo 1, n. 2, Secundus fructus. Coloniae Agrippinae, 1676, pag. 547.

5 «Vi mostrerò... con sodezza di ragioni il merito di Maria, perché Corredentrice del genere umano, immensamente superiore a tutti i meriti di tutte le creature insieme, di tutta la Corte celeste; e senza più do principioFrancesco PEPE, S. I., Delle grandezze di Gesù Cristo e della gran Madre Maria SS., Lezioni sacre, III, Napoli, 1746, Lezione 136, pag. 319 e seg.

6 Ioannes de CARTHAGENA, Ord. Min., Homiliae catholicae de sacris arcanis Deiparae Mariae et Iosephi, Romae, 1611, lib. 5, hom. 7, pag. 371 et seq.: «Plenitudinem Marianae gratiae prosequimur, ostendentes illam adeo crevisse, ut solius Virginis gratia omnium sanctorum, tam angelorum quam hominum, gratiam in acervum unum redactam praecelleret; in illa verba: Ave, gratia plena

7 Fr. SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars 2, disp. 18, sectio 4, Dico secundo: «Dico secundo: Probabiliter credi potest B. Virginem consecutam esse plures gradus gratiae et caritatis, quam sint in omnibus sanctis hominibus et angelis, eiam collective sumptisOpera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 153, col. 1.

8 Petr. Ant. SPINELLUS, S. I., Maria Deipara thronus Dei, Neapoli, 1613, cap. 4, n. 3, pag. 26: «Age nunc in singulis videamus gratiae praestantiam quae in Virgine invenitur; et quidem in immaculata sui Conceptione beatissimae Virgini a praepotenti Deo infusam esse ampliorem gratiam, quam ea sit ad quam pervenerunt Angeli, et pro meritorum diversitate perveniunt homines

9 Iulius Caesar RECUPITUS, S. I., De Deo Uno, pars II, liber III, qu. 9, cap. 6, n. 27, Neapoli, 1642, pag. 471, col. 1.

10 Franciscus GUERRA, Ord. Min., Maiestas Gratiarum ac Virtutum omnium Deiparae Virginis Mariae, Hispali, 1659, tomus II, tractatus III, discursus I, fragmen. II, «Supremum gratiae Sanctorum omnium collective, infimum gratiae Virginis statum non attingit», pag. 130-132.

11 Francesco PEPE, S. I., Grandezze di Gesù e di Maria, III, Napoli, 1746, Lezione 136, pag. 319, 320. - PATRIGNANI, Menologio, II, Venezia, 1730, del P. Martino Guttierez, 21 febbraio 1573, n. 9, p. 188: «Andò ella stessa (la B. Vergine) a ringraziarlo (il P. Guttierrez) che per mezzo suo l'esimio dottore P. Francesco Suarez avesse con teologiche ragioni mostrato che la sola grazia di Maria superava quella di tutti i Santi e di tutti gli Angeli insieme. La qual sentenza era stata solo accennata da quel egregio predicatore ed insigne anch'esso divoto di Maria, Giovanni d'Avila.» - «Al che pur concorse il P. Baldassare (Alvarez).» Ven. LUDOVICO DA PONTE, Vita, Roma, 1692, cap. 26, pag. 243.- SEGNERI, S. I., Il divoto di Maria Vergine, parte 1, cap. 3, § 5 (fine del capitolo). Opere, IV, Venezia, 1757, pag. 458. - SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars. 2, disp. 18, sectio 4 (versus finem), Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 153, col. 1: «Dico secundo: Probabiliter credi potest B. Virginem consecutam esse plures gradus gratiae et caritatis, quam sint in omnibus sanctis hominibus et angelis, etiam collective sumptisPag. 155, col. 2: «Accedit quod cum ante viginti annos in Academia Salmanticensi, rogatus a gravibus viris, quaestionem hanc disputare atque definire fuerim aggressus, cumque in hanc sententiam valde propenderem, rei novitate detentus, eam proprio iudicio ac sententia definire ausus non fui, donec doctores sapientissimos et in rebus theologicis valde versatos consului, quibus omnibus pia atque probabilis haec sententia visa est.»

12 SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars 2, disp. 4, sectio 1, Quarto addo, Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 30, col. 2: «Quarto addo, pium et verisimile esse credere, gratiam Virginis in prima sanctificatione intensiorem fuisse, quam supremam gratiam in qua consummantur angeli et homines

13 Vedi sopra, nota 8.

14 Vedi sopra, nota 9. - «Egli (Suarez) pruova la grazia (di Maria) nel primo stante essere stata maggiore che non già quella di tutta la Corte celeste nell'ultimo termine della loro santità, sentenza poi seguita da molti e ottimi teologi, fra quali sono due di questa nostra Città (di Napoli), il P. Antonio Spinelli e il P. Giulio Cesare RecupitoPEPE, Lezione 136 (come sopra, nota 5), pag. 319, 320.

15 B. Claude de LA COLOMBIÈRE, S. I., Sermons prêchés devant S. A. R. Madame la Duchesse d'York, II, Lyon, 1692, Sermon 27, Pour le jour de la Conception Immaculée de la S. Vierge, pag. 177, 178: «Il me semble, Chrétiens auditeurs, d'entendre les Personnes divines assemblées en leur adorable conseil, et se disposant à créer l'âme de Marie «... Faison une âme qui soit une image de nous-mêmes et la plus parfaite qui soit encore sortie de nos mains; le corps que nous lui avons préparé est déjà le plus beau de tous les corps: mais ce n'est que la moindre partie de ce grand ouvrage. Faisons... une âme capable de recevoir elle seule plus de grâces que tous le Saints, que tous les Anges n'en ont reçu.» - Sermon 31, Pour le jour de l'Assomption de la Sainte Vierge, page 291: «Quand je dis que dans le ciel la Mére de Dieu n'a pas sujet de porter envie à personne, je ne prétends pas seulement faire entendre que sa gloire de chaque Saint en particulier... S'il est vrai, ce que tant de Pères ont enseigné, que dans cette vie, et même dès le premier moment qu'elle fut sanctifiée, elle reçut une grâce plus abondante que celle de tous les Saints et de tous les Anges ensemble, il est tout visible que, dans le paradis, tous les Saints et tous les Anges ensemble ont moins de gloire qu'elle n'en possède elle seule

16 «Post praestantissima... gratiae dona et opera assumptae humanitati a Verbo aeterno... collata, primum excellentiae gradum sortita sunt munera gratiarum sacrosanctae Virgini desuper condonata: quae tam in donis gratiae gratis datae quam in muneribus, habitibus atque operibus gratiae gratum facientis... post unigenitum Filium suum gloriose ineffabiliterque praefulget... Omnino condecens fuit, ut Virginem illam quam sibi (Creator) ab aeterno in matrem elegit... post ipsam assumptam humanitatem universis gratiae... charismatibus inenarrabiliter excellentius munificentiusque ornaret, quantum sine dubio decuit Matrem Dei prae ministris ornari, exaltari atque deificari... Nullatenus decens fuit personam humanam effici Dei Matrem... nisi praefato modo speciosissime, gratiosissime ac gloriosissime perornatam.» D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 1, Prooemium. Opera, XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 17, 18. - «Deus munificentiae infinitae divitiis gratiae suae... tam munificentissime suam dilectissimam adimplevit Mariam, quantum sine personali unione potuit pura capere creatura, aut ei desuper dari condecuitId. op., lib. 1, art. 22, pag. 45. - Et alibi passim.

17 SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 1, Sectio 2, In contrarium vero est, Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 5, col. 1: «In contrarium vero est (cioè, è più grande la dignità di Madre di Dio, che non sia quella di figliuolo adottivo di Dio, la quale si ottiene colla grazia santificante: la maternità divina presuppone, comprende e sorpassa questa figliuolanza adottiva). Quia haec dignitas matris est altioris ordinis: pertinet enim quodammodo ad ordinem unionis hypostaticae; illam enim intrinsece respicit, et cum illa necessariam coniunctionem habet.» - Pag. 5, col. 2: «Addi potest dignitatem Matris Dei moraliter consideratam, et prout includit omnia quae quodammodo, ex natura rei et secundum ordinem divinae sapientiae, illi debentur, altiorem esse dignitate filii adoptivi

18 «Respondeo dicendum quod illos quos Deus ad aliquid eligit, ita praeparat et diponit, ut ad id ad quod eliguntur, inveniantur idonei.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 4, c. - «Unicuique a Deo datur gratia, secundum hoc ad quod eligiturQu. 27, art. 5, ad 1.

19 «Regula firma est in sacra Theologia, quod quandocumque Deus per gratiam aliquem eligit ad aliquem statum, omnia dona illi dispensat atque largitur, quae illi statui necessaria sunt, et illum copiose decorant.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus B. M. V., Sermo 10, De Purificatione B. M. V., art 2, cap. 1. Opera, IV, Venetiis, 1745, pag. 114, col. 1. - Tractatus de B. Virgine, Sermo 10, In festo Purif. B. M. V., art. 2, cap. 1. Opera, Venetiis, 1591, III, pag. 118, col. 2.

20 «Beata autem Virgo fuit electa divinitus ut esset Mater Dei. Et ideo non est dubitandum quin Deus per suam gratiam eam ad hoc idoneam reddidit, secundum quod angelus ad eam dicit (Luc. I, 30): Invenisti gratiam apud Deum: ecce concipies, etc.» S. THOMAS, Sum Theol., III, qu. 27, art. 4, c. - «Beata Virgo Maria tantam gratiae obtinuit plenitudinem, ut esset propinquissima auctori gratiae: ita quod eum qui est plenus omni gratia, in se reciperet, et eum pariendo, quodammodo gratiam ad omnes derivaretIbid., art. 5, ad 1.

21 «In beata Virgine fuit triplex perfectio gratiae. Prima quidem quasi dispositiva, per quam reddebatur idonea ad hoc quod esset Mater Christi: et haec fuit perfectio sanctificationis. Secunda autem perfectio gratiae fuit in beata Virgine ex praesentia Filii Dei in eius utero incarnati. Tertia autem est perfectio finis, quam habet in gloria... (Quoad liberationem a malo) primo, in sua sanctificatione fuit liberata a culpa originali; secundo, in conceptione Filii Dei, fuit totaliter a fomite mundata; tertio vero, in sui glorificatione fuit liberata etiam ab omni miseria... (Per ordinem ad bonum:) primo, in sua sanctificatione adepta est gratiam inclinantem eam ad bonum; in conceptione autem Filii Dei, consummata est eius gratia confirmans eam in bono; in sui vero glorificatione, consummata est eius gratia perficiens eam in fruitione omnis boni.» S. THOMAS, Sum. Theol. III, qu. 27, art. 5, ad 2.

22 «B. Virgo dicta est plena gratia non ex parte ipsius gratiae, quia non habuit gratiam in summa excellentia qua potest haberi; nec ad omnes effectus gratiae: sed dicitur fuisse plena gratia per comparationem ad ipsam; quia scilicet habebat gratiam sufficientem ad statum illum ad quem erat electa a Deo, ut esset scilicet Mater Unigeniti eius. Et similiter Stephanus (Stephanus plenus gratia et fortitudine: Act., VI, 8) dicitur plenus gratia, quia habebat gratiam sufficientem ad hoc quod esset idoneus minister et testis Dei, ad quod erat electus. Et idem dicendum est de aliis. Harum tamen plenitudinum una est plenior altera, secundum quod aliquis est divinitus praeordinatus ad altiorem vel inferiorem statum.» S. THOMAS, Sum. theol., III, qu. 7, art. 10, ad 1.

23 S. THOMAS, Sum. theol., III, qu. 7, a. 12, ad 2. - Cf. art. 11, c.

24 «Capacitas creaturae dicitur secundum potentiam receptibilitatis quae est in ipsa. Est autem duplex potentia creaturae ad recipiendum. Una naturalis, quae potest tota impleri, quia haec non se extendit nisi ad perfectiones naturales. Alia est potentia obedientiae secundum quod potest recipere aliquid a Deo, et talis capacitas non potest impleri, quia quidquid Deus de creatura faciat, adhuc remanet in potentia recipiendi a Deo.» S. THOMAS Quaestiones disputatae de veritate, qu. 29, De gratia Christi, art. 3, ad 3. Opera, Romae, 1570, VIII, fol. 486, col. 3.

25 Vedi sopra, nota 22.

26 «Subditur hic etiam in iis verbis, quia (quoniam) de viro sumpta est, (Gen. II, 23), ratio potissima, ob quam et nominis Mariae praerogativa super omnem creatarum rerum nomenclaturam, et infinita donorum et gratiarum naturalium ac supernaturalium plenitudo, soli Deo comprehensibilis, in Virginem effusa fuerit, quia nimirum de viro sumpta est, seu potius, quia vir de illa sumptus est, quia semper Virgo Deum hominem peperit... Est igitur dignitas Matris Dei prima et summa regula, per quam metiendum erit quidquid Virgini a Deo collatum credimusBenedictus FERNANDIUS (Fernandez), S. I., Commentarii, atque observationes morales in Genesim, cap. 2, sectio 15, n. 4. Lugduni, 1623, pag. 223, col. 1.

27 Fundamenta eius in montibus sanctis: diligit Dominus portas Sion super omnia tabernacula Iacob... Numquid Sion dicet: Homo, et homo natus est in ea...? Ps. LXXXVI, 1, 5.

28 «De Ramatha Sophim, de monte Ephraim...) Potest autem huius montis nomine, beatissima semper virgo Maria Dei Genitrix designari... Mons quippe in vertice montium fuit, quia altitudo Mariae supra omnes sanctos refulsit.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Reg. Expositiones, lib. 1, n. 5. ML 79-25.

29 «Sacrum et intemeratum corpus tuum piae sepulturae tradebatur, angelis... nullum... obsequii genus praetermittentibus...; apostolis item et universo Ecclesiae coetu divinos hymnos... alta voce canentibus: Replebimur in bonis domus tuae: sanctum est templum tuum, mirabile in aequitate (Ps. LXIV, 6). Ac rursus:... Mons Dei, mons pinquis: mons in quo beneplacitum est Deo habitare in eo.» S. IO. DAMASCENUS, Hom. 1 in Dormitionem B. V. M., n. 12. MG 96-718, 719.

30 «Electa ut sol. Hanc attende similitudinem, qua nulla in rebus mundi potest esse sublimior. Nihil enim habuit Spiritus in visibilibus creaturis excellentius, cui excellentiam Virginis compararet. Multo enim altius aliquid habet claritas solis quam lunae; quia etsi illa minores stellas obscurat, non tamen penitus occultat; hic vero lucidius incandescens, ita sibi siderum et lunae rapit positionem, ut sint quasi non sint, et videri non possintNICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Assumptione B. M. V.: Sermo 40 inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-720.

31 «Quae iam poterit lingua, etiamsi angelica sit, dignis extollere laudibus Virginem matrem: matrem autem non cuiuscumque, sed Dei? Duplex novitas, duplex praerogativa: duplex miraculum, sed digne prorsus aptissimeque conveniens. Neque enim filius alius virginem, nec Deum decuit partus alter.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, n. 5. ML 183-428. - «Deus siquidem - Deus enim est quem peperit - Matrem suam singulari in caelis donaturus gloria, singulari in terris praevenire curavit et gratia, qua videlicet ineffabiliter et intacta conciperet, et pareret incorrupta. Porro Deo (lege cum Horstio et grammaticis: Deum) huiusmodi decebat nativitas, qua nonnisi de Virgine nasceretur: talis congruebat et Virgini partus, ut non pareret nisi Deum. Proinde factor hominum, ut homo fieret, nasciturus de homine, talem sibi ex omnibus debuit deligere, imo condere matrem, qualem et se decere sciebat, et sibi noverat placituram.» IDEM, De laudibus Virginis Matris, Homiliae super «Missus», hom. 2, n. 1. ML 183-61.



32 «Piissima anima beatae Virginis dilectissimo Filio suo patienti, quantum sustinere poterat, compatiebatur. Nullo tamen modo est dubitandum quin virilis eius animus et ratio constantissima vellet etiam Unigenitum tradere pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis esset Patri. Et in hoc miro modo debet laudari et amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur. Et tantum etiam compassa est, ut, si fieri posset (al. potuisset), omnia tormenta quae Filius pertulit, ipsa multo libentius sustineret (al. sustinuisset).» S. BONAVENTURA, In I Sent., dist. 48, Dubia circa litteram Magistri, dub. 4. Opera, ad Claras Aquas, I, 1882, pag. 861, col. 2.

33 «... Brevi est sermone colligendum quo initio, quo progressu ad hunc beatitudinis cumulum Virgo sancta devenerit, ut cum Christo communem in salute mundi effectum obtineatARNALDUS seu Ernaldus, Abbas Bonaevallis in campo Carnotensi, De laudibus B. M. V. ML 189-1727.

34 «Omnium salutem desideravit, quaesivit et obtinuit; imo salus omnium per ipsam facta est, unde et mundi salus dicta est.» RICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Cant., cap. 26 (in illud: Tota pulchra es.. Cant. IV).

35 «Honora sane integritatem carnis, vitae sanctitatem: mirare fecunditatem in Virgine, Prolem venerare divinam. Extolle nescientem, vel in concipiendo concupiscentiam, vel in pariendo dolorem. Praedica reverendam angelis, desideratam gentibus, patriarchis prophetisque praecognitam, electam ex omnibus, praelatam omnibus. Magnifica gratiae inventricem, mediatricem salutis, restauratricem saeculorum: exalta denique exaltatam super choros angelorum ad caelestia regna. Haec mihi de illa cantat Ecclesia, et me eadem docuit decantare.» S. BERNARDUS, Epistola 174, ad Canonicos Lugdunenses, de Conceptione S. Mariae, n. 2. ML 182-333.

36 «Ave, inquit, gratia plena; et bene plena, quia ceteris per partes praestatur, Mariae vero simul se tota infudit plenitudo gratiae... Quia etsi in sanctis patribus et prophetis gratia fuisse creditur: non tamen eatenus plena. In Mariam vero totius gratiae, quae in Christo est, plenitudo venit, quamquam aliter.» SOPHRONIUS (non già però S. Sofronio, Arciv. di Gerusalemme), De Assumptione B. M. V., ad Paulam et Eustochium: Epistola IX, inter Opera S. Hieronymi, n. 5. ML 30-127.

37 «Ave, gratia plena, Dei hominumque sequestra constituta, ut inimicitarum parietes intergerini convellantur, et caelestia terrenaque in unum coëantBASILIUS Seleuciensis, Oratio 39, In SS. Deiparae Annuntiationem, n. 5. MG 85-443.

38 «Quomodo non est Maria iuxta Gabrielis oraculum plena gratia, quae effecta est Mater Dei, paradisi scala, caeli ianua, interventrix mundi, daemonum fuga, peccatorum spes, naufragantium portus, maris stella, confugium periclitantium, solamen laborantium, fluctuantium robur, Dei et hominum verissima mediatrix?» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in Annuntiatione B. M. V. Opera, Lugduni, 1628, pag. 409, col. 2.

39 «Quas itaque laudes quasve gratiarum actiones, non solum humana natura, sed omnis creatura huic sanctissimae Virgini debet? Pura enim sanctitas et sanctissima puritas piissimi pectoris eius, omnem omnis creaturae puritatem sive sanctitatem transcendens, incomparabili sublimitate hoc promeruit ut reparatrix perditi orbis dignissime fieretEADMERUS, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 9. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-573.

40 «Cum tam angeli quam sanctae animae pro peccatoribus solliciti sint, et eis tam meritis quam intercessione subveniant, credendum est beatam Virginem tantum in hoc posse quantum utramque hanc creaturam; imo utraque potior iudicatur, quia utraque per hanc reparatur: et angelorum ruina per hanc restaurata est, et humana natura reconciliataRICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Cant., cap. 23. (In illud: Duo ubera tua... Cant. IV.)

41 «Utique cuncta quae Deus bona et utiliter fecit, in eo statu quo condita fuerunt, sicut ostendimus, esse destiterunt, et per hanc beatissimam Virginem in statum pristinum revocata sunt et restituta. Sicut ergo Deus, sua potentia parando cuncta, Pater est et Dominus omnium, ita beata Maria, suis meritis cuncta reparando, mater est et domina rerum; Deus enim est Dominus omnium, singula in sua natura propria iussione constituendo; et Maria est domina rerum, singula congenitae dignitati per illam quam meruit gratiam restituendoEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 11. ML 159-578.

42 Commune festorum B. M. V., Noct. 1, Responsiorium 2.

43 B. Claude de LA COLOMBIÈRE, S. I., Sermons prêchés devant S. A. R. la Duchesse d'York, II, Lyon, 1692, Sermon 27, Pour le jour de la Conception Immaculée de la Sainte Vierge, seconde partie, page 189: «La sanctification de Marie ne fut pas le seul privilège dont Dieu l'honora au moment qu'elle fut conçue; pour rendre son bonheur plus accompli, il fallait la mettre en état de le connaître. C'est pour cela qu'elle reçut dès lors, avec la grâce, le parfait usage de la raison; et que son esprit fut orné de toutes les lumières de la sagesse, de toutes les connaissances et naturelles et morales. Cette opinion, Messieurs, a été enseignée par Albert le Grand, par Saint Bernardin de Sienne, par l'illustre Chancelier de l'Université de Paris (Jean Gerson); elle a été suivie du temps de nos pères par les plus savants théologiens; et toute l'Ecole s'accorde aujourd'hui à la défendre.» - Riferiamo il pensiero del Beato, senza appoggiarci colla stessa sicurezza sulle autorità da lui allegate: qualcuna anzi non è fondata. Notiamo però che i Santi sono i testimoni del senso cattolico più affinato dei loro tempi, e i canali particolarmente adatti dello sviluppo della teologia, in quanto questo è, prima di tutto, opera dello Spirito Santo a favore della Chiesa, per la santificazione delle anime. In loro si avvera egregiamente la promessa: Et erunt omnes docibiles Dei (Io. VI, 45; cf. Is. LIV, 13). Questo è un pregio che aggiunge valore alle altre loro doti personali, né viene disprezzato da un teologo assennato. Ciò vale tanto per il B. Claudio quanto per S. Alfonso medesimo.

44 «Ave, gratia plena, pratum fragrantissimum. Ave, gratia plena, vitis semper vigens; quae animas glorificantium te laetificas. Ave, gratia plena, ager qui non exaratus fructus profert pulcherrimos.» S. GREGORIUS THAUMATURGUS, Opera dubia, Hom. 1, In Annuntiatione Sanctae Virginis Mariae. MG 10-1151.

45 «Videntes itaque eam (animam sponsam) filiae Hierusalem Christo inhaerentem, et adhuc ascendentem cum eo - dignatur enim quaerentibus frequenter occurrere, et condescendere ut eos elevet - dicunt: Quae est haec quae ascendit a deserto (Cant. III, 6)?... Mirantur videlicet quomodo anima... inhaereat Dei Verbo, et ascenderit sicut vitis propago, in superiora se subrigens.» S. AMBROSIUS, Liber de Isaac et anima, cap. 5, n. 44. ML 14-517.

46 «Laddove di lei (di Maria) scritto leggiamo ne' sagri Cantici: Quae est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens, innixa super dilectum suum? sant' Ambrogio, quantunque con altra mira, tradusse mirabilmente all'intento nostro: «Quae haec est, quae ascendit a deserto: ita ut inhaereat Dei Verbo, et ascendat sicut vitis propago, in superiora se subrigensPaolo SEGNERI, S. I., Quaresimale, Predica 40, Per la festa della Santissima Nunziata, n. 5. Op., II, Venezia, 1742, pag. 369.

47 Gravi teologi. Tra altri, cf. SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 18, sectio 2 et sectio 4. - Si può leggere quanto scrive Cornelio a Lapide su questa sentenza «pia et probabilis», in Proverbia, XXXI, 21: In Scripturam Sacram, Parisiis, 1860, VI, 510. - DILLENSCHNEIDER, La Mariologie de S. Alphonse de Liguori, vol. II, Sources et Synthèse doctrinale, Fribourg, Suisse, 1934, chapitre 18, § 1, pag. 253-259.

48 «Dicitur autem beata Virgo plena gratia quantum ad tria. Primo, quantum ad animam, in qua habuit omnem plenitudinem gratiae. Nam gratia Dei datur ad duo, scilicet ad bonum operandum et ad vitandum malum; et quantum ad ista duo perfectissimam gratiam habuit Virgo Maria. Nam ipsa omne peccatum vitavit magis quam aliquis sanctus post Christum... Ipsa etiam omnium virtutum opera exercuit, alii autem sancti specialia quaedam; quia alius fuit humilis, alius castus, alius misericors: et ideo ipsi dantur in exemplum specialium virtutum, sicut beatus Nicolaus in exemplum misericordiae, etc.; sed beata Virgo in exemplum omnium virtutum... ut satis patet. Sic ergo plena est gratia beata Virgo et quantum ad boni operationem, et quantum ad mali vitationem. Secundo, plena fuit gratia quantum ad redundantiam animae ad carnem, vel corpus. Nam magnum est in sanctis habere tantum de gratia, quod sanctificet animam: sed anima beatae Virginis ita fuit plena, quod ex ea refudit gratiam in carnem, ut de ipsa conciperet Filium Dei... Tertio, quantum ad refusionem in omnes homines. Magnum enim est in quolibet sancto, quando habet tantum de gratia quod sufficit ad salutem multorum: sed quando haberet tantum, quod sufficeret ad salutem omnium hominum de mundo, hoc esset maximum, et hoc est in Christo et in beata Virgine. Nam in omni periculo potes salutem obtinere ab ipsa Virgine gloriosa... Item, in omni operatione virtutis, potes eam habere in auditorium (leggi adiutorium)... Sic ergo plena est gratia, et excedit angelos in plenitudine gratiae.» S. THOMAS, Opusculum 8, Devotissima expositio super Salutatione Angelica. Opera, Romae, 1570, XVII, fol. 75, col. 3, 4.

49 Et de plenitudine eius nos omnes accepimus. Io. I, 16.

50 «Gratia plena: implenda Deitate, obumbranda virtute. Gratia plena: de cuius plenitudine accipiunt universi, de cuius abundantia totus replendus est orbis.» S. THOMAS A VILLANOVA, Archiep. Valentinus, In festo Annuntiationis B. M. V., Concio 1, n. 2. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 179.

51 «Quid amplius dicere possum, Domina? immensitatem quippe gratiae et gloriae tuae considerare cupienti, sensus deficit, lingua fatiscit. Quemadmodum enim omnia quae in caelo sunt, per glorificationem tuam inaestimabiliter decorantur, ita, per eamdem glorificationem, cuncta quae in terra subsistunt ineffabiliter sublimantur. Singula nempe in immensae dignitatis decus profecerunt, cum per tuam beatam et integerrimam virginitatem Dominum Deum suum, quem non cognoverant, agnoscere, et agnitum colere et amare merueruntEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 8. Inter Opera S. Anselmi, ML 159-573. - PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 15 super Salutationem Angelicam, n. 6: «Et D. Anselmus (de exc. V., c. 8): «Quid amplius dicere possum, Domina? Immensitatem quippe gratiae et gloriae et felicitatis tuae considerare incipienti, et sensus deficit, et lingua fatiscit.» Quindi, senza indicare con alcun segno che sia terminata la citazione di Anselmo (ossia di Eadmero), continua: «Quid vero? Num aquas tantarum felicitatum gratiarumque sibimetipsi servat? Num eas aliis communicare desistit? Certe non, sed ubique et ad omnes eiusmodi aquae se fundunt; ita ut nullus sit qui de plenitudine gratiae Virginis non sit particeps. Quis unquam reperitur, cui Virgo propitia non sit? Quis beneficiorum eius est exsors? Ad quem eius misericordiae non se extendunt

52 «Derivatus est fons usque ad nos, in plateis derivatae sunt aquae, licet non bibat alienus ex eis (Prov. V, 16, 17). Descendit per aquaeductum vena illa caelestis, non tamen fontis exhibens copiam, sed stillicidia gratiae arentibus cordibus nostris infundens, aliis quidem plus, aliis minus. Plenus equidem aquaeductus, ut accipiant ceteri de plenitudine, sed non plenitudinem ipsam.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 3. ML 183-440.

53 «Altius ergo intueamini, quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae ascendit deliciis affluens.» IDEM, ibid., n. 6, col. 441.

54 Vedi Appendice, 4, pag. 525 e seg.

1 «B. Virgo habuit actualem usum rationis in primo instanti conceptionis et sanctificationis suae.» SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 4, sectio 7. Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 37, col. 1.

2 «Respondeo dicendum quod habere aliquod donum per se est nobilius quam habere illud per aliud. Semper enim causa quae est per se, potior est ea quae est per aliud, ut dicitur (Physic., lib. 8, text. 39). Hoc autem dicitur aliquis habere per seipsum, cuius est sibi aliquo modo causa. Prima autem causa omnium bonorum nostrorum per auctoritatem est Deus: et per hunc modum nulla creatura habet aliquid boni per seipsam... Potest tamen secundario aliquis esse causa sibi alicuius boni habendi, inquantum scilicet in hoc ipso Deo cooperatur: et sic ille qui habet aliquid per meritum proprium, habet quodammodo illud per seipsum. Unde nobilius habetur id quod habetur per meritum, quam id quod habetur sine merito.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 19, art. 3, c. - «Est autem duplex sanctificatio: una quidem adultorum, qui secundum proprium actum sanctificantur; alia autem puerorum, qui non sanctificantur secundum proprium actum fidei, sed secundum fidem parentum vel Ecclesiae. Prima autem sanctificatio est perfectior quam secunda; sicut actus est perfectior quam habitus, et quod est per se, eo quod est per aliud.» Sum. Theol., III, qu. 34, art. 3, c.

3 SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 4, sectio 8, pag. 39, col. 1: «Dicendum est... beatam Virginem fuisse sanctificatam per propriam dispositionem.» Prima ragione: non per altro fine le fu conceduto, fin dal primo istante della sua concezione, l'uso della ragione: vedi sopra la nota 1. «Secundo, quia sanctificari per proprium actum est perfectior modus, ut D. Thomas probat... qu. 34, art. 3. Ergo credendum est hoc modo fuisse sanctificatam Virginem

4 «Terminus creationis est ipsum esse angeli; terminus vero operationis peccati est quod sunt mali... Si sunt mutationes instantaneae, simul et in eodem instanti potest esse terminus primae et secundae mutationis... Manifestum est autem quod creatio est instantanea; et similiter motus liberi arbitrii in angelis. Non enim indigent collatione et discursu rationis... Unde nihil prohibet, simul et in eodem instanti esse terminum creationis et terminum liberi arbitrii. Et ideo... dicendum est quod impossibile fuit angelum in primo instanti peccasse per inordinatum actum liberi arbitrii. Quamvis enim res aliqua in primo instanti quo esse incipit, simul incipere possit operari; tamen illa operatio quae simul incipit cum esse rei, est ei ab agente a quo habet esse; sicut moveri sursum inest igni a generante. Unde si aliqua res habeat esse ab agente deficiente, quod possit esse causa defectiva actionis, poterit in primo instanti in quo incipit esse, habere defectivam operationem; sicut si tibia quae nascitur clauda ex debilitate seminis, statim incipiat claudicare. Agens autem quod angelos in esse producit, scilicet Deus, non potest esse causa peccati. Unde non potest dici quod diabolus in primo instanti suae creatinis fuerit malus.» S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 63, art. 5, c. - Ibid., ad 3: «In primo instanti suae creationis, angelus mereri potuit.» - Ibid., ad 4: «Omnes (angeli) in gratia creati, in primo instanti meruerunt.» - Sum. Theol., I, qu. 95, art. 1, ad 5: «Nihil prohibet etiam in primo instanti suae creationis primum hominem gratiae consensisse.» - Inoltre, manifestamente si applica tanto agli angeli quanto al primo uomo, quel che insegna S. Tommaso, III, qu. 34, art. 3, c., sul modo in cui vengono santificati gli adulti. Vedi sopra, la seconda parte della nota 2: «Est autem duplex sanctificatio...»

5 «Respondeo dicendum quod, quanto aliquid magis appropinquat principio in quolibet genere, tanto magis participat effectum illius principii... Christus autem est principium gratiae, secundum divinitatem quidem auctoritative, secundum humanitatem vero instrumentaliter... Beata autem Virgo Maria propinquissima Christo fuit secundum humanitatem, quia ex ea accepit humanam naturam. Et ideo prae ceteris maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 5, c.

6 SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 2, sectio 2 (in fine), pag. 6, col. 1: «Decet matrem honorari a filio: imo ratione maternae dignitatis habet singulare ius ad bona filii; ergo hac ratione dignitas matris est quodammodo ratio et principium dignitatis gratiae, quam quodammodo eminenter continet, secundum ordinem divinae sapientiae.» - Ibid., pag. 4, col. 1: «Hinc (ex maternitate divina physice considerata) efficitur ut moraliter, et secundum prudentem existimationem, Virgo retineat supremum quemdam et excellentem dignitatis gradum, propter singularem, quam cum Deo habet, coniunctionem et propinquitatem. Unde etiam fit, ut singulare ius habeat ad bona Dei Filii sui, ut in sequentibus explicabimus

7 «Nulla lingua narrare sufficit quam prudenter sensus et intellectus gloriosae Virginis ipsum Deum in eodem puncto comprehendit, quo primo eius cognitionem habuit, praesertim cum omnis humana mens ad excogitandum debilis sit, quam multiformiter eiusdem Virginis benedicta voluntas Dei servitio se subiecit; nam omnia quae ipsa Deo placere cognovit, delectabiliter sibi perficere placuit... Decrevit humillima Virginis voluntas... quamdiu sua vita vigeret cum omni caritate Deo famulariRevelationes S. BIRGITTAE, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 545, col. 2, Sermo angelicus de excellentia B. Mariae Virginis, quem ipse angelus dictavit B. Birgittae... et ipsa... devote conscripsit, cap. 14.

8 BARONIUS, Apparatus ad annales Ecclesiasticos, n. 48-53. Lucae, 1740, pag. 453-455. - NICEPHORUS CALLISTUS, Ecclesiastica historia, lib. 2, cap. 3. MG 145-758. - Georgius CEDRENUS, Compendium historiarum. MG 121-362. - SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 7 (a principio). Opera, Venetiis, 1746, XVII, pag. 60, col. 1. - Flavio Giuseppe ci spiega come fosse possibile che più persone abitassero nel Tempio (non già però, come osserva Baronio - l. c., n. 51 - nel luogo riservato alla preghiera): «Aedificavit autem (Salomon) in circuitu templi triginta parvulas domus, quae sui copulatione totum templi spatium extrinsecus ambiebant. Nam et ingressus earum ita fecit ad invicem, ut ex alia intraretur ad aliam. Harum namque singulae domus latitudinem quidem habebant quinque cubitorum, et tantumdem longitudinis: altitudinis vero viginti. Erant autem supraedificatae his aliae; et rursus aliae super eas, aequales et mensuris et numero...» FLAVIUS IOSEPHUS, Antiquitates Iudaicae, lib. 8, cap. 3. Opera, Basileae, 1524, pag. 223. - Quelle parvulae domus erano dunque 90 in tutto. Parla Giuseppe del Tempio di Salomone; ma, nota Baronio (n. 50), «quod sub Zorobabel fuit restitutum, etsi prioris templi non aequaret altitudinem, nihilominus ad instar illius esse constructum, docent divinae litteraeI Esdr. III); ac illud demum quod ab Herode rege fuit excitatum, aequalis priori illi altitudinis et amplitudinis fuisse, eiusdem Iosephi (Antiquit. iudaic., lib. 15, cap. 11; De bello iudaico, lib. 6, cap. 6) testimonio comprobatur.» - Anzi, da vari luoghi della Scrittura (Baron., n. 53), si argomenta che alcune donne e fanciulle potessero abitare nel Tempio stesso, addette alla preghiera ed ai sacri servizi; così Anna la Profetessa, di cui parla S. Luca, cap. 3. - S. IO. DAMASCENUS, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159. - GEORGIUS NICOMEDIENSIS, Oratio 5, In SS. Deiparae Praesentationem in templo. MG 100-1418; Oratio 6, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1422. - Di S. ANSELMO, troviamo solo le parole seguenti, in cui anche l'editore delle sue Opere (Gerberon, O. S. B.), come apparisce dall'Indice, vede una allusione alla Presentazione di Maria nel Tempio: «Descendisti, (Domine), a regali solio sublimis gloriae tuae in humilem et abiectam in oculis suis puellam primo virginalis continentiae voto sigillatamLiber meditationum et orationum, Meditatio 9. ML 158-749. Ma l'opuscolo, anticamente attribuito a S. Anselmo ed al quale espressamente si riferisce S. Alfonso, parla più diffusamente di Maria nel tempio, come appresso vedremo: vedi nota 27. - S. AMBROSIUS, De Virginibus, lib. 1, cap. 3, n. 12, ML 16-192: «Nam etiam templo Hierosolymis legimus virgines deputatas.» - Il Machab. III, 18, 19.

9 S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Praesentationem SS. Deiparae, II: Encomium in S. Deiparam, quando triennis praesentata est in templo...: «Alacriter ad Deiparam accedamus, inque ea designata provide divina sacramenta inspectemus: quomodo, inquam, sacratissima Virgo a suis hodie parentibus per sacerdotes in templo praesentetur...» MG 98-311. - Ibid., col. 315: «Sacerdos puellam allocutus, eam intus deposuit loco congruo, ac quo praefinitum erat. At illa exsultans gestiensque, tamquam in thalamo, ita in templo Dei gradiebatur: triennis quidem, ut aetatem spectes; ut autem gratiam, summe perfecta ac consummata.» - EPIPHANIUS, monachus et presbyter Hierosolymitanus, Sermo de vita SS. Deiparae, n. 4, MG 120-191: «Cum tres iam annos nata esset puella Maria, duxerunt eam ipsius parentes in Ierusalem, et praesentarunt eam Domino cum muneribus.» - Però, Epifanio mette fuori un'opinione singolare; soggiugne nel l. c.: «Et omnes sacerdotes gravisi sunt, et orantes benedixerunt Ioacim, et Annam, et puellam Mariam. Hi vero baierunt in Nazareth. Cumque septennis facta est Maria, rursus parentes eam duxerunt in Ierusalem, et donaverunt eam Domino, consecratam ipsi per omnes dies vitae suae.» Questo Epifanio monaco viveva nel principio del secolo XI, o, secondo altri, nel secolo VIII.

10 «Supplicat Deo (mater)... Quod si mater evaserit, se, quodcumque pepererit, ei dedicaturam. Quamobrem cum voti compos effecta filiam suscepisset, eam vocavit Mariam... Illam igitur, cum iam grandiuscula esset, nec ubere matris amplius indigeret, ducens ad templum Deo reddidit, et studiose prossimum exsolvit.» S. GREGORIUS NYSSENUS, Oratio in diem Natalem Christi. MG 46-1139.

11 La distanza da Nazaret a Gerusalemme è da 120 a 130 chilometri. - Vedi Discorso V, nota 40, pag. 118.

12Convocat Anna amicas ac sodales, aitque): «... En quam edidi, iuxta quod voveram, in Dei offero domo. Venite, ei vos comites iungite, communibusque votis ceu acceptabile munus eam offeramus Domino.»... Quamobrem triennem illam offerunt in temploGEORGIUS NICOMEDIENSIS, Oratio 5, Encomium in SS. Deiparae Praesentationem. MG 100-1415, 1418. - «Iam itaque parentes Virginis, puellam Virginem pro templi foribus offerebant, circumquaque stipantibus angelis, universisque supramundanis Virtutibus gratulantibusIbid., col. 1422.



13 BERNARDINUS DE BUSTO, O. M., Sermones, III, Mariale, pars 4 (De vita et conversatione B. V.), Sermo 1, De Mariae Praesentatione in templo, pars 1, Brixiae, 1588, pag. 262, col. 2: «Magnam quoque festivitatem fecit Deus cum angelis in deductione suae sponsae ad templum: quae, quia deducta fuit per Spiritus Sancti instigationem et angelorum associationem, ideo II Reg. VI (12, 15) in figura dicitur quod David, id est Deus, cum cantoribus, i. e. angelis, deducebat arcam foederis cum iubilo

14 IDEM, ibid., pag. 262, col. 1, 2: «Scitote etiam quod ineffabili gaudio Deus sponsam suam se illi offerentem implevit: quia nullus umquam Deo gratior usque ad illud tempus templum ascendit. Cum namque Anna, mater Samuelis, ascenderit templum Domini ut filium dedicaret: I Reg. I, 24; et Salomon ut hostias immolaret: III Reg. III, 4: et Ezechias, rex Iuda, ut gratias pro sanitate rependeret: IV Reg. XX; et Iudith pro victoria obtenta: Iudith, XVI, 22; Maria tamen magis obtulit in templo quam omnes praedicti: quae seipsam perpetuis Dei obsequiis obtulit et dedicavit. Plus enim est dedicare se Deo, quam sua.»

15 «Abi igitur, Deipara Domina, abi in tuam hereditatem; incede in atriis Domini exsultans ac gaudens; alta (trefoméne) illic ac virens, Sancti in te Spiritus quotidie adventum exspectans, ac Altissimi obumbrantem virtutem, tuique Filii conceptionem, uti tibi Gabriel acclamaturus est.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Praesentationem SS. Deiparae, II, Encomium in S. Deiparam, quando triennis praesentata est in templo. MG 98-318.

16 Benedictus ARIAS MONTANUS, Antiquitatum Iudaicarum libri IX, lib. V, volumen III, Lugduni Batavorum, 1593, pag. 93: «Quindecim gradus, quos quidam in templo constituunt, ad quos psalmi canerentur, ab Israelis ad sacerdotum atrium pertinuisse videntur.» - FLAVIUS IOSEPHUS, De bello Iudaico, lib. 7, cap. 10, Opera, Basileae, 1524, pag. 818: «Quemadmodum templum incensum est invito Tito... Magna vero multitudo invalida et inermis, ubicumque occupati fuerant, interficiebantur; et circum aram quidem ingens mortuorum numerus congerebatur. Per gradus vero templi, et sanguis multus profluebat, et eorum corpora qui supra ceciderant delabebantur.» - «Cumque trium annorum circulus volveretur, et ablactationis tempus completum esset, ad Templum Domini Virginem cum oblationibus adduxerunt. Erant autem circa Templum, iuxta quindecim graduum psalmos, quindecim ascensionis gradus. Nam quia Templum erat in monte (In monte Morya) constitutum, altare holocausti, quod forinsecus erat, adiri nisi gradibus valebat. In horum itaque uno, beatam Virginem Mariam parvulam parentes constituerunt. Cumque ipsi vestimenta quae in itinere habuerant, exuerent, et cultioribus ex more vestibus se et mundioribus induerent, Virgo Domini cunctos sigillatim gradus, sine ducentis et levantis manu ita ascendit, ut perfectae aetati in hac dumtaxat causa nihil deesse putaresDe nativitate S. Mariae, n. 7: in Mantissa Operum S. Hieronymi, Epistola 50. ML 30-301.

17 «Beatus quippe revera e viris pater tuus, et beata ex mulieribus mater tua, beata domus tua, beati noti tui, beati qui te viderunt, beati qui tua usi sunt consuetudine, beati qui tibi ministrarunt; beata loca quae calcasti; beatum templum in quo oblata fuisti; beatus Zacharias, qui te ulnis excepit; beatus Ioseph, qui te sibi despondit; beatus lectus tuus, beatum sepulcrum tuum! Tu enim summus honor es, summum praemium, ac summa celsitudo.» S. GERMANUS, In Praesentationem, II, come sopra, nota 15. MG 98-318.

18 Commune festorum B. M. V., noct. 1, resp. 2.

19 Deut. VI, 5.

20 «Votum egregium Deo prima vovisti, votum virginitatisRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comm. in Cant. Cant., lib. 3. ML 168-892A. - S. Alfonso, nella nota, allude a S. Ambrogio, il quale - De Institutione virginis, liber unus, cap. V, n. 35, ML 16-314 - ha lo stesso pensiero di Ruperto, quantumque in termini meno espressivi: «Egregia igitur Maria, quae signum sacrae virginitatis extulit, et intemeratae integritatis pium Christo vexillum erexit. Et tamen cum omnes ad cultum virginitatis sanctae Mariae advocentur exemplo, fuerunt qui eam negarent virginem perseverasse

21 «Maria tamen magis obtulit in templo quam omnes praedicti (Anna, Salomon, Ezechias et Iudith): quia seipsam perpetuis Dei obsequiis obtulit et dedicavitBERNARDINUS DE BUSTO, Mariale, pars 4, sermo 1, pars 1, Brixiae, 1588, pag. 262, col. 2.

22 «Dilectus meus mihi et ego illi. Vox est Sponsae Sponsi imperio se parituram promittentis... Dilectus meus mihi totus vixit, et totus mihi mortuus est. Tota vita eius et tota mors mihi fuit, id est, propter me. Et ego illi, similiter tota vivam, et tota moriarHUGO DE SANCTO CHARO, O. P. Cardinalis primus, Postilla super Scripturam Sacram, III, Postilla super Cantica Canticorum. Venetiis, 1703, fol. 119, col. 2.

23 Cant. VI, 9.

24«Tum deinde in domo Dei plantata, et per Spiritum saginata, instar olivae fructiferae, virtutum omnium domicilium instruitur.» S. IO. DAMASCENUS, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159.

25 «Salvesis, Maria, Annae dulcissima puella: nam me rursum ad te amor pertrahit. Quonam modo incessum tuum gravitate plenum describam?... Gressus gravis, nec praeceps, nihil fractum ac molle habens. Mores severi, et hilaritate temperati... Animus humilis in sublimissimis contemplationibus. Sermo iucundus, ex leni anima progrediens.» IDEM, In Nativitatem B. M. V., hom. 1, n. 11. MG 96-678, 679.

26 «Tum deinde in domo Dei plantata, et per Spiritum saginata, instar olivae fructiferae, virtutum omnium domicilium instruitur; ut quae, abstracta mente ab omni saeculi carnisque cupiditate, animum una cum corpore virginem conservasset, veluti decebat illam quae sinu suo conceptura Deum erat, qui, cum ipse Sanctus sit, in sanctis requiescit. Unde sanctimoniam consectando, templum evadit sanctum et admirabile, Deique altissimi hospitio dignum.» IDEM, De fide orthodoxa, lib. 4, cap. 14. MG 94-1159.

27 Inter Opera S. Anselmi, Cantuariensis Archiep., Coloniae Agrippinae, apud Maternum Cholinum, 1560: tomo 3, pag. 226 (ultima), col. 2: «Ex gestis Anselmi colliguntur forma et mores beatae Mariae et eius unici filii Iesu. - Maria Dei Genitrix didicit hebraicas litteras adhuc patre eius Ioachim vivente. Erat docilis, amans doctrinam, et circa Sacram Scripturam perseverabat. Opus vero manuum eius erat lanae, lini et serici. Erat namque locus distinctus in domo Domini, scilicet in templo, prope laevam altaris. Isti (sic) stabant virgines solae, et divino officio peracto, ibant omnes ad propria. Maria vero perseverabat et custodiebat altare et templum, sacerdotibus ministrans. Mos suus erat modicae loquelae, expeditae obedientiae, mundae proximationis, sine audacia, sine risu, sine turbatione, sine ira, benigne salutans; eloquentiam eius homines mirabantur. - Fuscos habebat oculos, rectos adspectu, nigra supercilia, mediocrem nasum; vultus eius longus, longae manus, longi digiti, mediocris staturae; perseverans in orationibus, ferens pannum proprii coloris, lectioni, ieniuniis et labori manuum, et omni bonae virtuosaeque operationi se dederat...» - Questo opuscolo, d'autore ignoto, nella sua prima parte, che abbiamo riferita, non sembra altro che una rozza e confusa trascrizione di quanto scrive Epifanio, monaco di Gerusalemme, De vita B. Virginis, num. 4, 5, 6. MG 120-191, 194.

28 Istoria della vita di Maria, del P. Giuseppe di Gesù e Maria, Carm. Scalzo, lib. 2, cap. 1, n. 4, Padova, 1658, pag. 158: «S. Girolamo ancora dice a questo proposito...» e nel margine: «D. Hieronymus, apud Bonaventuram, ut supra,» cioè nelle Meditationes vitae Christi, cap. 3 (inter Opera S. Bonaventurae, Romae, etc., VI, 336): «Beatus vero Hieronymus de vita ipsius (Mariae in templo) scribit: «Hanc sibi regulam B. Virgo statuerat...» e viene una descrizione assai particolareggiata della vita di Maria SS. nel tempio.» - Nell'Epist. 50, De Nativitate S. Mariae, in Mantissa Operum S. Hieronymi, n. 8, ML 30-302, questo solo si legge: «Virgo autem Domini, cum aetatis processu et virtutibus proficiebat; et iuxta Psalmistam, pater et mater dereliquerant eam, Dominus autem assumpsit eam (Ps. XXVI, 10). Quotidie namque ab angelis frequentabatur; quotidie divina visione fruebatur, quae eam a malis omnibus custodiebat, et bonis omnibus redundare faciebat.» Qui viene a proposito la parola di S. Antonino, su questa medesima Epistola, trattando di altro argomento: «Apocrypha: tamen rationi conformia.» - Cf. Lufolphus de Saxonia, Vita Iesu Christi, pars 1, cap. 2, n. 9; Bernardinus de Bustis, Mariale, pars 4, sermo 1, pars 3, Tertio.

29 Quali siano queste rivelazioni, e a chi siano state fatte, se a S. Elisabetta vergine benedettina, o a S. Elisabetta d'Ungheria, del Terzo Ordine di S. Francesco, vedi Appendice 5, pag. 528 e seg.

30 Vedi Appendice, 6, pag. 536 e seg.

31 Emitte Agnum... Giova ricordare qui l'interpretazione messianica e mariale data a questo testo da Pio PP. X, nelle sue Litterae Encyclicae, «Ad diem illum laetissimum», del 2 febbraio 1904, Acta S. Sedis, XXXVI, pag. 451: «In Scripturis sanctis, quotiescumque de futura in nobis gratia prophetatur, toties fere Servator hominum cum sanctissima eius Matre coniungitur. Emittetur agnus dominator terrae, sed de petra deserti...»

32 «Canitur in eisdem Canticis de ea: Hortus conclusus, fons signatus, emissiones tuae paradisus (Cant. IV, 12). Vere hortus deliciarum, in quo consita sunt universa florum genera et odoramenta virtutum: sicque conclusus, ut nesciat violari neque corrumpi ullis insidiarum fraudibusSOPHRONIUS, ad Paulam et Eustochium, De assumptione B. M. V., n. 9 inter Opera S. Hieronymi, Mantissa, Epistola 9, ML 30-132.

33 «Talis Maria fuit, si Ambrosio credimus, ut unius vita omnium sit disciplina. Quid vero si Chrysostomum (Hom. in Domini hypapanten), qui ab ore aureo dictus est, Ambrosio adiungamus? «Erat virgo, inquit, per cuncta mirabilis, cuius animam decebat ab omni esse tumultu cogitationum immunem, quae tanti electa est ministra mysterii.» Et rursus in alia oratione, quae latine nondum exstat: «Beata Maria, ultra omnem humanae naturae modum, modestiam ac temperantiam excoluit, ac ob id universorum Dominum in utero gestare promeruit. Quod si qua virgo alia, maiore modestia vel ampliore puritate aut maturitate praeter hanc ornata exstitisset, illam sibi Dominus prae hac ipsa omnino in habitaculum elegisset.» S. PETRUS CANISIUS, S. I., De Verbi Dei corruptelis, II, De Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta, lib. 1, cap. 13, Lugduni, 1584, pag. 75, col. 1.

34 «Quem enim in castellum mundi huius intrantem prius ipsa susceperat, ab eo suscipitur hodie (in Assumptione) sanctam ingrediens civitatem. Sed cum quanto putas honore, cum quanta putas exsultatione, cum quanta gloria? Nec in terris locus dignior uteri virginalis templo, in quo Filium Dei Maria suscepit; nec in caelis regali solio, in quo Mariam Mariae filius sublimavit. Felix nimirum utraque susceptio; ineffabilis utraque, quia utraque inexcogitabilis est.» S. BERNARDUS, In Assumtpione B. V. M., sermo 1, n. 3 ML 183-416.

35 «(Notantur quindecim perfectionis gratiae quae fuerunt in ipsa Virgine...) Quintadecima et ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum, quae praeparatio fuit per profundam humilitatem, quod ipsa insinuat dicens: Respexit humilitatem ancillae suae.» S. ANTONINUS, O. P., Summa theologica, IV, titulus 15, cap. 6, § 2 (in fine), Veronae, 1740, col. 948.



36 Suor Domenica del Paradiso, Domenicana (1473-1553), fondatrice del Monastero di S. Croce in Firenze. Ignazio DEL NENTE, Vita (scritta nel 1625), Venezia, 1675, lib. 1, cap. 27, pag. 27, 28. - Domenico M. MARCHESE, Sacro Diario Domenicano, IV, Napoli, 1676, Vita, 5 agosto, pag. 318.

37 «Illuminasti me, lux; et vidi te, et amavi te; nemo quippe te amat, nisi qui te videt; et nemo te videt, nisi qui te amat. Sero te amavi, pulchritudo tam antiqua; sero te amavi. Vae tempori illi quando non amavi te!» Soliloquiorum animae ad Deum liber unus, cap. 31, inter Opera S. Augustini. ML 40-890.

38 L'Amen manca nell'ediz. del 1776.

1 «Talem et matrem elegit B. Mariam, quam ex omnibus humillimam cognovit. Et eius humilitas traxit eum de caelo, ut ait Bernardus, imo ipsa dicens: Respexit humilitatem ancillae suae. Et hoc est quod dicitur Cant. I, 11: Quum (Dum) esset rex Dominus omnium in accubitu suo, id est in requie sua, quasi dormire videretur et non curare de salute humana - omnes enim ad inferos descendebant - nardus mea dedit odorem suum. Nardus est herba parva, sed multum medicinalis. Et significat B. Virginem humilem, quae permaxime dedit odorem suae humilitatis, quando totam se Deo committens et subiiciens ait: Ecce ancilla Domini, etc. Qui odor usque ad caelum ascendit, et in caelo accumbentem quasi evigilare fecit et in utero suo quiescere. Et sic Dominus tecum, scilicet erit in te quiescens.» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 21, § 2. Veronae, 1740, IV, col. 1071, 1072.

2 Martinus DEL RIO, Antverpiensis, S. I., In Canticum Canticorum Commentarius litteralis et Catena mystica, Parisiis, 1604: Cap. I, Sectio I, Mixta interpretatio, quae est de B. Virgine, pag. 27, recto: «Osculetur me osculo oris sui... Rupertus hic lib. primo refert ad consensum, quem virgo Gabrieli respondens praebuit; quod disertius a GUILHELMO explicatum, et luculentius inde decerpam: «Incarnandus Dei filius ex Virgine, praemisit ad eam unum ex familiaribus suis, ut auriculam eius revelaret et arcano, quod absconditum fuerat a saeculis..., reserato, consensum et cooperationem eius flagitaret. Quippe nolebat omnipotens suae incarnationis miraculum operari in ipsa, non cooperante ipsa, nec carnem volebat sumere ex ipsa non dante ipsa. Itaque non tantum ex ipsa carnem suscipere volebat, sed etiam ab ipsa.»

3 Vedi Appendice, 5, pag. 528 e seg.

4 Le edizioni più antiche qui hanno tu e voi usato promiscuamente nello stesso periodo. Proferiamo l'ed. del 1776 «accresciuta e correta dal medesimo autore».

5 «Quae cum audisset, turbata est in sermone eius, et cogitabat qualis esset ista salutatio. Turbata est, inquit, non in vultu eius, sed in sermones eius. Non enim angelum, sed verbum angeli attendebat, et quid illa tam officiosa salutatio sibi praetenderetEusebii Emisseni Opera, Parisiis 1575. Homilia in feria IV post Dom. IV adventus, fol. 10, col. 2 (verso). - «Quae cum audisset... Turbata est, inquit, non in vultu eius, sed in sermone eius. Non enim angelum, sed verba angeli attendebat, et quid illa tam officiosa salutatio sibi praetenderet, cogitabat.» S. BRUNO Astensis, Episcopus Signiensis, Commentaria in Lucam, pars 1, cap. 1. n. 3. ML 165-341.



6 S. BERNARDINUS SENENSIS, Quadragesimale Seraphin, feria V post Dom. V Quadragesimae, De amore incarnante, pars 3 principalis, Venetiis, 1591, IV, 181, H.: «Nam si ipse dixisset: Tu, o Maria, es maior ribalda quae sit in mundo, non ita admirata fuisset, quia ipsa reputasset ipsum dicere verum, propter profundam eius humilitatem. Unde admirando turbata fuit de tantis, et cum tanto eloquio, et per tantum excellentem nuntium laudibus sibi attributis.» - Idem sermo, Venetiis, 1745, III, pag. 264, col. 1: «Si ipse dixisset: Tu, o Maria, es scelestissima omnium quae sunt in mundo, non ita admirata fuisset, quia ipsa reputasset ipsum dicere verum propter profundam eius humilitatem: unde admirando turbata fuit de tantis, et cum tanto eloquio, et per tantum excellentem nuntium laudibus sibi attributis.» - Si veda, su questo Quadragesimale Seraphin, la nota 97 del Discorso I, pag. 36.

7 «Ut quid enim ego me tantum humiliabam, aut unde promerui tantam gratiam, nisi quia cogitavi et scivi me nihil a me esse vel habere? Ideo et nolui laudem meam, sed solius datoris et CreatorisRevelationes S. BIRGITTAE, lib. 2, cap. 23 (verso la fine). Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 114, col. 2.

8 «Audistis fragilem nostrae carnis naturam ad portandam totam deitatis gloriam angelica exhortatione roborari. Denique ne tanto ponderi caelestis fabricae in Maria, subtilis nostri corporis arena succumberet, et in virgine totius generis humani portatura fructum virga tenuis frangeretur, fugatura metum vox angeli mox praecessit, dicens: Ne timeas, Maria.» S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 142, De Annuntiatione B. Mariae Virginis. ML 52-579. - SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, qu. 30, art. 2, Commentarius, n. 1: «Et Petrus Chrysologus, serm. 142... aliam rationem indicat his verbis: «Audistis fragilem nostrae carnis naturam ad portandam totam deitatis gloriam, angelica exhortatione roborari; sicut enim Christus interdum per Angelum confortari voluit, Luc. XXII, ita decuit Virginem per Angelum animari.» La seconda parte del periodo non è del Grisologo.

9 «Exspectat angelus responsum: tempus est enim ut revertatur ad Deum qui misit illum. Espectamus et nos, o Domina, verbum miserationis, quos miserabiliter premit sententia damnationis. Et ecce offertur tibi pretium salutis nostrae: statim liberabimur si consentis. In sempiterno Dei verbo facti sumus omnes, et ecce morimur: in tuo brevi responso sumus reficiendi, ut ad vitam revocemur... Da, Virgo, responsum festinanter. O Domina, responde verbum quod terra, quod inferi (cioè i Patriarchi nel Limbo), quod exspectant et superi. Ipse quoque omnium Rex et Dominus, quantum concupivit decorem tuum, tantum desiderat et responsionis assensum: in qua nimirum proposuit salvare mundum.» S. BERNARDUS, De laudibus Virginis Matris, Homiliae super «Missus», hom. 4, n. 8. ML 183-83.

10 «Responde iam, Virgo sacra: vitam quid tricas mundo? Assensum tuum Angelus praestolatur; inde est quod nuntius iste moraturSermo 120, 4 in Natali Domini, in Appendice ad Sermones S. Augustini, olim De tempore, 21, n. 7. ML 39-1986.

11 «O Fiat potens, o Fiat efficax, o Fiat super omne Fiat, perpetuo honore venerandum. Hoc verbo Fiat, factus mundus, hoc verbo caelestia terrestriaque Altissimus condidit: sed tale Fiat non sonuit in orbe, quale tu nunc beata dixisti. Quid enim factum est? Quis dicere potest quid factum est? Natura stupet, iudicium haeret, hebescit sensus, lingua mutescit, ratio deficit, intellectus non capit, quod factum est in Maria, cum hoc protulit verbum: Fiat mihi secundum verbum tuum. Statim namque ad huius verbi sonitum, Verbum caro factum est: subito ex purissimis eius sanguinibus, Spiritus Sancti opere, sanctum Domini fabricatum est corpus, subito organizatum, subito animatum, subito Dei Verbo unitum: statim omni gratia et virtute infans repletus, omnium charismatum donis insignitus et clara Dei visione beatus, denique omni illa sapientia, gratia et gloria, qua nunc pollet in caelo, ditatus.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Annuntiationis B. M. V., n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 192, 193.

12 «Super quem autem requiescam, inquit, nisi super humilem, et quietum, et trementem verba mea? (Is. LXVI, 2. - Et quis est iste locus quietis meae?... Ad quem autem respiciam, nisi ad pauperculum, et contritum spiritu, et trementem sermones meos? Is. LXVI, 1, 2) O humilitas angusta tibi, ampla divinitati; pauper et sufficiens (leggi con Horstio e secondo il senso manifesto: insufficiens) tibi, sufficiens ei quem non capit orbis; copiose ac deliciose reficiens illum, qui et Angelos pascit. Super quem, inquit, requiescam nisi super humilem? In omnibus requiem quaesivi: sed apud humilem ancillam inveni. Non est inventa similis illi in gratia humilitatis: ideo in plenitudine humilitatis requievit etiam corporaliter omnis plenitudo divinitatisGUERRICUS, Abbas Igniacensis, In AssumptioneB.M. sermo 3, n. 4. ML 185-196.

13 «Quanta vero et quam pretiosa humilitatis virtus cum tanta puritate, cum innocentia tanta, cum conscientia prorsus absque delicto, imo cum tanta gratiae plenitudine? Unde tibi humilitas, et tanta humilitas, o beata? Digna plane quam respiceret Dominus, cuius decorem concupisceret rex, cuius odore suavissimo ab aeterno illo paterni sinus attraheretur accubitu.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, N. 7. ML 183-428.

14 Ven. BERNARDINUS DE BUSTIS, Sermones, Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 7, sermo 4, pars 2, pag. 636, col. 2, 637, col. 1: «Liceet beata Virgo Maria non meruerit merito condigni concipere Christum, quia beneficium Incarnationis est supra merita... cunctarum creaturarum... tamen quia ex benignitate sua Deus diffinivit pro salute humani generis carnem assumere de una muliere: ipsa beatissima Virgo, a principio suae vitae usque ad incarnationem Filii Dei, merebatur esse Mater Dei merito congrui, quia propter excellentiam sanctitatis suae et perfectionem virtutum, ad hoc erat magis idonea et disposita quam omnes aliae mulieres, quae umquam fuissent aut futurae essent in mundo. At ubi verba illa sanctissima protulit, scilicet: Ecce ancilla Domini, et suum consensum verbo firmavit, illico meruit merito digni concipere Christum et effici Mater Dei. Tunc enim inventa est excessisse merita omnium electorum. Et maxime propter enimentiam quatuor virtutum. Prima fuit Obedientia dum dixit: Ecce: exhibuit namque se tantum promptissimam ad obediendum Deo, quanto fieri potest a pura creatura; et intensissima fuit illius voluntas, quantum intendi potuit. Secunda virtus fuit humilitas, quam demonstravit dum ait: Ancilla Domini. Tunc enim tantum descendit in nihilum respectu Dei, quod nulla umquam creatura ita viluit sibi ipsi pro Deo sicut ipsa… Tertia fuit fides, quam explicavit dum prosecuta est: Fiat mihi. Tunc enim captivavit omnem intellectum in obsequium Dei, crediditque simpliciter et purissime, quaecumque fuerant sibi per Angelum intimata...Quarta virtus fuit caritas, quam demonstravit dum ait: Secundum verbum tuum. Tunc enim omne cor suum, et omne esse, atque omnino, obtulit voluntarie Deo. Quapropter tantam Dei gratiam in hoc actu recepit, quod sicut perfectiones divinae omni intellectui sunt incomprehensibiles, sic perfectiones gratiarum quas beata Virgo suscepit in conceptione Filii Dei, solo (leggi soli) divino intellectui et animae Christi fuerunt comprehensibiles... Multa (leggi multo) namque plura operatus est Deus in Virgine, et quidem grandia, quam ea quae scripta sunt aut excogitata.» - Ibid., pag. 636, col. 1: «Meritum condigni est illud in quo reperitur perfecta ratio merendi... Meritum digni et congrui est, quando non est perfecta adaequatio meriti ad praemium... Meritum digni est completum in actu; meritum vero congrui est meritum non omnino perfecte completum... Vel est perfecta dispositio et propinquitatis ad consequendam aliquam mercedem in futuro

15 «Potest, inquam, placere humilitas, quae virginitatem deplorat amissam; sine humilitate autem - audeo dicere - nec virginitas Mariae placuisset. Super quem, inquit, requiescet spiritus meus, nisi super humilem et quietum? (Is. LXVI, 2. - Et quis est iste locus quietis meae?... Ad quem autem respiciam, nisi ad pauperculum, et contritum spiritu, et trementem sermones meos? Is. LXVI, 1. 2.) Super humilem, dixit, non, super virginem. Si igitur Maria humilis non esset, super eam Spiritus Sanctus non requievisset; si super eam non requievisset, nec impraegnasset. Quomodo enim de ipso sine ipso conciperet? Patet itaque quia, ut de Spiritu Sancto conciperet, sicut ipsa perhibet, respexit humilitatem ancillae suae (Luc. I, 48), potius quam virginitatem. Et si placuit ex virginitate, tamen ex humilitate concepit. Unde constat quia, etiam ut placeret virginitas, humilitas procul dubio fecit.» S. BERNARDUS, De laudibus Virginis Matris, Homiliae super «Missus», hom. 1, n. 5. ML 183-59.

16 «Maluit Deus de beata Maria incarnari propter humilitatem, quam propter aliam quamcumque virtutemEUSEBIUS (falsarius), (ficta Epistola) ad Damasum, de morte Hieronymi, cap. 18. Inter Opera S. Hieronymi. ML 22-249.

17 «Ut quid enim ego me tantum humiliabam, aut unde promerui tantam gratiam, nisi quia cogitavi et scivi me nihil a me esse vel habere?» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 2, cap. 23. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 114, col. 2.

18 «Non ait: Respexit virginitatem, non innocentiam, non virtutes ceteras, sed humilitatem tantum: ut manifestaret quantum praeemineret reliquis, quantumve Deo placeret humilitas.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De vita solitaria, cap. 14. Opera, Lugduni, 1628, pag. 492, col. 2.

19 S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie dévote, partie 3, ch. 6. Œuvres, III, Annecy, 1893, pag. 151: «Je passe plus avant et vous dis, Philothée, qu'en tout et par tout vous aimiez votre propre abjection. Mais, ce me direz-vous, que veut dire cela: aimez votre propre abjection? En latin abjection veut dire humilité, et humilité veut dire abjection; si que, quand Notre Dame en son sacré Cantique dit que parce que Notre-Seigneur a vu l'humilité de sa servante toutes les générations la diront bienheureuse, elle veut dire que Notre-Seigneur a regardé de bon cœur son abjection, vileté et bassesse, pour la combler de grâces et faveurs

20 «O vere, inquam, gloriosa Mariae humilitas, quae porta paradisi efficitur, scala caeli constituitur. Facta est certe humilitas Mariae scala caelestis, per quam descendit Deus ad terrasSermo 208, In festo Assumptionis B. Mariae, n. 10: inter Opera S. Augustini, ML 39-2133. - Autore ignoto: alcuni manoscritti portano il nome di S. Ambrogio Autperto.

21 «Ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum, quae praeparatio fuit per profundam humilitatem, quod ipsa insinuat dicens: Respexit humilitatem ancillae suae. Non dixit virginitatem, benignitatem, caritatem, quae omnia grata Deo erant in ea; sed humilitatem... Per humilitatem enim praeparavit Virgo se ad recipiendum Filium Dei in utero.» S. ANTONINUS, Sum Theol., pars 4, tit. 15, cap. 6, § 2 (fine). Veronae, 1740, IV, col. 948.



22 «Egredietur virga de radice Iesse, etc... Quid ista tria mox significent, videamus: radix, flos, virga. In radice humilitas cordis, in virga rectitudo confessionis et disciplina satisfactionis, in flore spes aeternae beatitudinis intelligitur... Radix huius Iesse est humilitas contritionis, ex qua surgit virga rectae confessionis, et disciplina discretae afflictionis. Et nota quod non ex humilitate mentis, ascendit flos, id est spes aeternae beatitudinis.» S. ALBERTUS MAGNUS, Sermones de Sanctis, Sermo 56, De beata Virgine Maria. Opera, Lugduni, 1651, XII, pag. 244, 245. Paris., XIII, 628.

23 «De tua sanctissima Nativitate longe ante dictum fuerat: Egredietur virga de radice Iesse (Is. XI, 1); in quo designatur suprema humilitas tua, gloriosissima Virgo benedicta; quia non diceris egredi de stipite, sed de radice Iesse; quae latet in humo, quia humilitas dicitur quasi humi latens. Nam, sicut totum quod habet arbor, de radice procedit; sic, beatissima Virgo Maria, tota virtus tua et excellentia, a tua humilitate processit, quam Deus respexit: Respexit namque humilitatem ancillae suae, quasi radicem; et ex hoc beatam te dicent omnes generationes (Luc. I, 48).» RAYMUNDUS IORDANUS, Cellensium apud Biturigas Abbas, Contemplationes de M. V., pars 3, Contemplatio 3, n. 1. Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, col. 883.

24 Averte oculos tuos a me, quia ipsi me avolare fecerunt. Cant. VI, 4.

25 Sembrano di S. TOMMASO DA VILLANOVA, In festo Assumptionis, B. V. M., concio 3, n. 6, Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 320, le parole qui riferite da S. Alfonso: «Qualis fuit oculorum eius pulchritudo et venustas aspectus quae Regem maiestatis solo intuitu vulneravit. Unde ait: Vulnerasti cor meum, soror mea sponsa, in uno oculorum tuorum, in uno crine colli tui (Cant. IV, 9). Et quasi non valens aspectum pulcherrimum sustinere, vulneratus clamat: Averte oculos tuos a me: ipsi me avolare fecerunt (Cant. VI, 4). Unde avolare? nisi a sinu Dei Patris, in uterum Virginis Matris

26 «Ita Virginis beatissimae speciem Deus ipse concupivit; ita oculi illius humillimi ac modestissimi Deum tenuerunt, ut, suavissima quadam violentia, non modo divinos thesauros diripuerit, sed ipsummet Dei Patris Verbum ac Filium Unigenitum in uterum suum atque in materna ubera et brachia sua hominem et infantulum natum pulcherrima Virgo attraxeritBenedictus FERNANDIUS (Fernandez), S. I., Commentarii et observationes morales in Genesim, cap. 24, sectio 1, n. 8, Lugduni, II, 1621, col. 334.

27 «Quaenam haec sponsa tam elegans, tam decora? Ubinam terrarum tam speciosa quae Filium Dei de sinu Patris alliceret, et in amplexus suos vinculis caritatis pia violentia captivum traheret? Diu quaesita, multis sanctorum votis exspectata, tandem inventa est specialis illa specialiter digna, singulariter pulchra Virgo MariaFRANCO, Abbas Affligemensis, De gratia Dei, lib. 6. ML 166-744.

28 «Maria lingua syriaca domina dicitur; Christus dominus, Maria domina; et licet ipsa se Christi profiteatur ancillam, hoc servitutis genus omni regno sublimius esse intelligit. Constituta quippe est super omnem creaturamErnaldus seu ARNALDUS, Abbas Bonaevallis, Libellus de laudibus B. M. V. ML 189-1729.

29 «Inviolata, integra, planeque pura ac casta Virgo Dei Genitrix Maria, Regina omnium, spes desperantium, Domina nostra (al. mea) gloriosissima, eademque optima ac praecellentissima: sublimior caelitibus, candidior solis radiis atque fulgoribus: honoratior Cherubim, et multis oculis claris (polnommátou; al. perspicacissimis) Spiritibus perspicacior. Sanctior Seraphim, et incomparabiliter reliquis omnibus supernis exercitibus gloriosior.» S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera, VI, Opera graece et latine (et latine tantum), III, Romae, 1746, pag. 575, col. 1. D. Editio Veneta, 1755, II, pag. 569, col. 1.

30 «Uno excepto Deo, rebus omnibus excelsior es.» S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio 14, In SS. Dominae nostrae Deiparae dormitionem, tertia. MG 97-1099.

31 «Nihil tibi, Domina, aequale, nihil comparabile est: omne enim quod est, aut supra te est, aut subtus te est: quod supra te est, solus Deus est; quod infra te est, omne quod Deus non est.» Inter Opera S. Anselmi, Tractatus de Conceptione B. M. V. (ML 159-307), di cui il Gerberon (ML 158, col. 42-45) non riconosce l'autenticità. – Però nelle sue opere autentiche, esprime il Santo la stessa sentenza più succintamente: «Nihil est aequale Mariae: nihil, nisi Deus, maius Maria.» S. ANSELMUS, Oratio 52 (al. 51). ML 158-956.

32 «Perfectiones gratiarum quas Virgo suscepit in conceptione Filii Dei, soli intellectui divino, Christo, et sibi, comprehensibiles exstiterunt... Quod declarans Angelus Gabriel... quum ab eo quaereret beata Virgo ac diceret: Quomodo fiet istud... respondit... dicens: Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi; quasi dicat: Quod a me quaeritis ignoro, sed aeternae sapientiae Doctor, qui sibi soli hoc altissimum mysterium reservavit, te per illuminatissimam experientiam edocebit.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Pro festivit. B. M. V., sermo 5, De Nativitate B. M. V., art. unicus, cap. 12. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 93, col. 2, 94, col. 1. - Ed. Veneta, 1591, I, 517: Quadragesimale de christiana religione, sermo 61, in feria IV post Pascha, De gratia et gloria B. V., art. un., cap. 12.

33 «Cogitanti mihi ac diu haesitanti, quid causae sit quod, cum Evangelistae de Ioanne Baptista et aliis Apostolis tam longum fecere tractatum, de Virgine Maria, quae vita et dignitate omnes antecedit, ita summatim percurrant historiam: cur, inquam, non traditum est memoriae quomodo concepta, quomodo nata, quomodo nutrita, quibus moribus decorata, quibus virtutibus ornata, quid cum Filio in humanis egerit, quomodo cum illo conversata sit, quomodo post eius Ascendionem cum Apostolis vixerit: magna erant haec, et memoratu digna, et quae cum summa devotione a fidelibus legerentur, a populis amplecterentur. O, inquam, o Evangelistae, quare nos tanto gaudio, vestro silentio, privastis?... Haec, inquam mihi haesitanti... nihil aliud occurrit... quam ita placuisse Spiritui Sancto, eiusque providentia Evangelistas siluisse, propterea quia Virginis gloria, sicut in Psalmis legitur, omnis intus erat, et magis cogitari poterat quam describi: sufficitque ad plenam eius historiam quod scriptum est in themate (cioè huius concionis): quia de illa natus est Iesus. Quid amplius quaeris? Quid ultra requiris in Virgine? Sufficit tibi quod Mater Dei est. Quaenam, obsecro, pulchritudo, quaenam virtus, quae perfectio, quae gratia, quae gloria Matri Dei non congruit?... Non eam Spiritus Sanctus litteris descripsit, sed tibi eam animo depingendam reliquit: ut intelligas nihil illi gratiae, aut perfectionis, aut gloriae, quam animus in pura creatura concipere possit, defuisse: imo reipsa intellectum omnem superasse. Ubi ergo totum erat, pars scribenda non fuit: ne putares, quod scriptum non fuerat, eidem forsitan defuisse. Si ancillas suas et ministras domus suae potentissimus Dominus ita mirifice decoravit, ita donis et gratiis venustavit: qualem existimas condidit Matrem suam, unicam sponsam suam, quam sibi ex omnibus elegit et prae omnibus adamavit?» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., n. 8, 9, Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 391, 392.

34 «Quamvis igitur hoc solum de sancta Virgine praedicari, quod Dei Mater est, excedat omnem altitudinem quae post Deum dici vel cogitari potest, et altissimum quid habeat in hoc ad contemplandum et ruminandum mens humana quae ad eam anhelat, tamen...» EADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 2. ML 159-559. Inter Opera S. Anselmi.

35 «Et quid amplius ei assignare possumus divini muneris et honoris, quam... Genitricem eam Dei esse et hominis? Infra hoc dicitur quidquid in eius commendatione offertur. Si caeli reginam, si angelorum dominam, vel quodlibet aliud excellentissimum, tam ab humano corde quam ore excogitatum protuleris, non assurget ad hunc superindicibilem honorem quo creditur et praedicatur Dei GenitrixPETRUS Cellensis primum, deinde S. Remigii apud Remos Abbas, demum episcopus Carnotensis (1183, al. 1187), Liber de panibus, cap. 21. ML 202-1021.



36 «Respondeo dicendum quod, quanto aliquid magis appropinquat principio in quolibet genere, tanto magis participat effectum illius principii... Christus autem est principium gratiae, secundum divinitatem quidem auctoritative, secundum humanitatem vero instrumentaliter... Beata autem Virgo Maria propinquissima Christo fuit secundum humanitatem, quia ex ea accepit humanam naturam. Et ideo prae ceteris maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 27, art. 5, c.

37 SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 1, sectio 2. Opera, Venetiis, 1746, pag. 5, col. 1.

38 «Post hypostaticam cum Deo coniunctionem, non est alia Deo tam vicina, ut unio Matris Dei cum Deo Filio suo.» D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 1, art. 35 (in fine). Opera, XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, p. 63.

39 «Humanitas Christi ex hoc quod est unita Deo, et beatitudo creata ex hoc quod est fruitio Dei, et beata Virgo ex hoc quod est Mater Dei, habent quamdam dignitatem infinitam ex bono infinito quod est Deus. Et ex hac parte non potest fieri aliquid melius eis, sicut non potest aliquid melius esse Deo.» S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 25, art. 6, ad 4.

40 «Immediate post esse Deum, est esse Matrem Dei (pag. 398, col. 2)... Ex his manifestum est quod maior gratia non potest intelligi purae creaturae participari quam esse Matrem Dei (pag. 399, col. 1).» S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale de laudibus Virginis super «Missus est», cap. 180 (pag. 397-399), De hoc quod est Mater Dei. (Petrus de Alva, Bibliotheca Virginalis, I, Matriti, 1648). Mariale sive Quaestiones super Evangelicum «Missus est», Opera, Lugduni, 1651. tom. XX, Responsio ad quaestiones 140 et 141: « 3... Immediate post esse Deum, est esse Matrem Dei.» Pag. 95, col. 1. - «15... Ex his manifestum est quod non potest intelligi purae creaturae maior participari gratia, quam esse Matrem Dei.» - Come si vede, la Bibliotheca Virginalis e gli editori di Lione ci presentano una medesima opera del Santo Dottore. La principale differenza consiste nella divisione in 267 Capitoli da una parte, e in 230 questioni dall'altra. Non è questa una differenza sostanziale: non viene da altro, se non che uno degli editori spartisce in due questioni i paragrafi di una stessa questione. Mancano pure alle volte, nella Bibliotheca Virginalis, alcune divisioni del testo, senza però che manchi nulla nel testo medesimo. - Per brevità e maggior chiarezza, nelle nostre note, chiameremo Mariale il testo della Bibliotheca Virginalis, e Quaestiones super «Missus» quello dell'edizione di Lione. - Quanto alla seconda sentenza. «Magis Deo coniungi...» risponde a quel che si legge tanto nel Mariale (pag. 398, col. 2) quanto nelle Quaestiones super «Missus» (Responsio ad quaestiones 140 et 141, 3): «Inter esse Filium Dei per naturam et esse Deum, et esse filium Dei per adoptionem et non esse Deum, medium est esse Dei Matrem per naturam et non esse Deum

41 «Quod femina conciperet et pareret Deum, est et fuit miraculum miraculorum. Oportuit enim, ut sic dicam, feminam elevari ad quamdam quasi infinitatem perfectionum et gratiarum, quam aequalitatem numquam creatura experta est.» S. BERNARDINUS SENENSIS, l. c. nella precedente nota 32.

42 «Quatuor modis inest Deus omnibus creaturis. Primo modo essentialiter tam bonis quam malis, nihilque intercludit deitatis essentiam, per quam esse omnia acceperunt... Secundo modo inest bonis operatione... Inest et plerisque bonis illuminatione... Quarto modo inest uni creaturae, videlicet Mariae Virgini, identitate, quia idem est quod illa. - Hic taceat et contremiscat omnis creatura, et vix audeat aspicere tantae dignitatis et dignationis immensitatem. «Dominus tecum (Luc. I)», inquit archangelus. Habitat in angelis Deus, sed non cum angelis, quia cum illis eiusdem non est essentiae. Habitat Deus in Virgine, habitat cum illa, cum qua unius naturae habet identitatemNICOLAUS monachus, notarius quondam S. Bernardi, Sermo in Nativitate B. V. M.: inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44. ML 144-738.

43 Vedi sopra, nota 39.

44 Fr. SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disp. 18, sectio 4, pag. 154, col. 1 (Venetiis, 1746, XVII): «Secundo principaliter fit verisimilis conclusio (de supereminenti gratia qua Maria superet omnes sanctos et angelos collectim sumptos) variis coniecturis. Prima sumitur ex dignitate Matris Dei, quae in suo genere est infinita. Nam Deus unicuique dat gratiam accommodatam statui ac muneri suo...: sed tota haec gratiae intensio ac plenitudo, optime convenit cum dignitate Matris Dei. Primo, quia illa dignitas est altioris ordinis, et suo modo infinita

45 Vedi Append., 7, pag. 541 e seg.

46 «Virtus divina, licet possit facere aliquid maius et melius quam sit habitualis gratia Christi, non tamen posset facere quod ordinaretur ad aliquid maius quam sit unio personalis ad Filium Unigenitum a Patre: cui unioni sufficienter correspondet talis mensura gratiae, secundum definitionem divinae sapientiae.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 7, art. 12, ad 2.

47 «Humanitas Christi ex hoc quod est unita Deo, et beatitudo creata ex hoc quod est fruitio Dei, et beata Virgo ex hoc quod est Mater Dei, habent quamdam dignitatem infinitam ex bono infinito quod est Deus. Et ex hac parte non potest aliquid fieri melius eis, sicut non potest aliquid melius esse Deo.» S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 25. art. 6, ad 4.

48 «Utique habet quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti et Omnipotentis.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativ. B. V. M., Concio 3, n. 3. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 398.

49 «Status maternitatis Dei, ad quem Deus Virginem eligebat, erat summus status qui purae creaturae dari posset.» S. BERNARDINUS SENENSIS. Pro festivitatibus B. M. V., sermo 8: De consensu virginali, sermo 2, art. 3, cap. 1. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 103, col. 2, 104, col. 1. - Ed. Veneta 1591, Tractatus de B. Virgine, III, sermo 6, iterum in Annunt. gloriosae Virginis, De consensu virginali, art. 3, cap. 1, pag. 101.

50 «Dominus beatae Virgini summum donavit cuius capax fuit pura creatura, scilicet Dei maternitatem.» S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale, cap. 178: Bibliotheca Virginalis, I, p. 396, col. 1. - «Deus beatissimae Virgini summum donum donavit, cuius pura creatura capax fuit, scilicet Dei maternitatemQuaestiones super «MissusQuaestio 138, 4. Opera, Lugduni, XX, pag. 93, col. 1. Vedi sopra, nota 40.

51 «Quid enim mirabilius quam esse matrem et virginem, et esse Dei matremCONRADUS SAXO, Speculum B. M. V., lectio 9: inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, (iuxta ed. Vaticanam et Moguntinam), VI, 144, col. 1. – Ibid., lectio 10, pag. 444, col. 6: «Mater Domini, mater et virgo mater est dignissima. Ipsa est mater, quae tali filio est decentissima. Ipsa mater est cui talis filius decentissimus fuit. Ipsa est qua maiorem Deus facere non posset. Maiorem mundum posset facere Deus, maius caelum posset facere Deus: maiorem matrem quam matrem Dei non posset facere Deus.» - «Excellentissimum nomen habet, ita quod excellentius purae creaturae convenite non potest... Hoc autem nomen est, quod Virgo exsistens, Dei Mater est, quod quidem tantae dignitatis est, quod non solum viatores, sed etiam comprehensores, non solum homines, verum etiam Angeli eam revereantur quadam praerogativa speciali. Ex hoc enim quod Mater Dei est, praelata est ceteris creaturis.» S. BONAVENTURA, In III Sententiarum, dist. 9, art. 1, qu. 3. Opera, III, ad Claras Aquas, 1887, pag. 206. - «Si (loquimur de B. Virgine) quantum ad conceptionem prolis, sic quia fuit Mater Dei, quo nihil nobilius cogitari potest, et Mater nobilissimi Filii, sic tantam habuit bonitatis dignitatem, quod nulla mulier amplius capere potuit. Si enim omnes creaturae, quantumcumque ascenderent in gradibus nobilitatis, essent praesentes, omnes deberent reverentiam Matri Dei.» ID., In I Sent., dist. 44, Dubia circa litteram Magistri, dub. 4. Opera, ad Claras Aquas, I, 1882, pag. 793, 794.

52 «Hic iam sileat lingua carnis: excedit enim intellectum et loquelam Virginis magnitudo, non modo nostram, imo forte et suam. Fecit, inquit, mihi magna qui potens est. Sed quam magna? Nescio an ipsamet valuit comprehendere suam magnitudinem. Unde melius eam silentio veneramur; sicut scriptum est: Tibi silentium laus, secundum translationem Chaldaicam, ubi dicimus: Te decet hymnus, Deus, in Sion. (Più esattamente questa traduzione è di S. Girolamo: Tibi silentium laus, Deus, in Sion.) Quia vere omnis laus silentium est: et cum finierit homo laudare, tunc incipit, imo nec locutus est. Propter quod Sancti Evangelistae de eius laudibus silent, quoniam ineffabilis est eius magnitudo: satis fuit de ea dicere: De qua natus est IesusS. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativ. B. V. M., Concio 3, n. 3. Conciones, II, col. 398.

53 «Ut breviter concludam, de hac (scilicet de Maria) et ob hanc, et propter hanc omnis Scriptura facta est, propter hanc totus mundus factus est, et haec gratia Dei plena est, et per hanc homo redemptus est. Verbum Dei caro factum est, Deus humilis et homo sublimisIn Antiphonam «Salve Regina» sermones IV, Sermo 3, n. 2. ML 184-1096: inter Opera S. Bernardi. - Sull'autore dei Sermones IV, vedi Appendice, 8, p. 543.

54 Psalterium (maius) B. M. V., Ps. 118; inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668 (iuxta editiones Rom. et Mogunt.), VI, p. 488, col. 1, E: «Dispositione tua perseverat mundus: quem et tu cum Deo fundasti ab initio

55 «Maria namque per multa millia annorum antequam nasceretur, primo et principaliter Adam et Evam, et totam eius posteritatem, praeservavit in esse. Constat nempe quod ex propria transgressione Adam et Eva, non solum mortis, sed et annihilationis exterminium meruerunt; et divina ultio, quae personarum acceptionem ignorat, sicut nec culpam angelicam, sic nec etiam humanam dimisisset impunem. Sed propter praecipuam reverentiam et singularissimam dilectionem quam habebat ad Virginem, praeservavit; quia eam ab aeterno super omnes creaturas Deo non uniendas, quae creandae erant, superexcessive dilexit, propterea praeservati sunt protoplasti, nec, ut merebantur, in nihilum sunt redacti.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Pro fest. B. M. V., sermo 5, De nativitate B. M. V., art. unicus, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 91, col. 1. - Ed. Veneta 1591, I, 512: Quadragesimale de Christiana religione, sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., cap. 2.

56 Evangelium in Missa de Assumptione B. M. V.

57 Biblia Mariana, Evang. sec. Lucam, n. 13: «Gratia plena. Quatuor modis fuit gratia plena. Primo, quia omnes gratias generales et speciales in summo habuit, a quibus omnis alia creatura vacua fuit (sic).» Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 32 (verso la fine del volume), col. 2. Opera di autenticità più che sospetta.

58 Merito ergo praedicatur pulchra, quae et divinam et angelicam similitudinem in terris est adepta... Haec est ergo interior pulchritudo mentis. Exterior quoque fuit decor castitatis, candor virginitatis... Non quoque dubitandum amoris ignem et interiorem candorem exterius etiam in ea lucere, ut quae puritatem angelicam habuit, vultum etiam angelicum habuerit. Tota ergo pulchra merito dicitur, quia pulchra facie fuit, pulchra mente et corporeRICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Canticorum, cap. 26. ML 196-483.

59 «Est haec regina, quae astitit a dextris Dei, quae, inquam, decori proxima ac splendori, formosa per naturam, et in quam reprehensio non cadit... O miraculo plena initia! O eximia symbola! O crementum corporis praecellentem gratiae accretionem suscipiens! O mundam illam ac praeclare splendidam animam, quae in vegeto corpore, maiora quam pro humana ratione munera ostenditGEORGIUS NICOMEDIENSIS, Oratio 6, In SS. Deiparae ingressum in templusm. MG 100-1426, 1434.

60 Petrus HALLOIX, S. I., Vita S. Dionysii Areopagitae, cap. 6 (verso la fine), MG 4-749, 750: «Nec vero tacuit idem beatus Iuvenalis (patriarca di Gerusalemme, nella sua risposta all'Imperatrice Pulcheria, circa la morte di Maria SS.) eo in coetu (degli Apostoli) adfuisse una cum discipulis et sancto Timotheo atque Hierotheo beatissimum Dionysium. - Qui quidem Dionysius, an conspecta tum in persona Virginis quasi pulsquam humana maiestate, ea quae passim feruntur, dixerit, nimirum se pro dea eam fuisse habiturum, nisi aut fides aut ratio inhibuisset, id, inquam, nec ita certum habeo, ut asserere ausim; nec ita incertum, ut refellere debeam.» - Idem, cap. 6, nota 77, col. 758: «Primus, quem repererim in ea fuisse sententia, ut Dionysius prae admiratione gloriae ac maiestatis D. Virginis dixerit, se eam adoraturum fuisse tamquam Deum, ni fides obstitisset, est Hubertinus de Casali... lib. 4 Arboris vitae, c. 38... Claruit hic auctor, teste Trithemio... anno Domini 1300.» - Idem, cap. 6, nota 67, col. 749, 750: «Verba sancti Dionysii capite 3 eiusdem libri (De divinis nominibus) sunt haec: «Quando et nos, ut scis, et ipse (Hierotheus scilicet) et multi ex sanctis fratribus nostris ad intuendum corpus, quod principium vitae et Dei conceptaculum fuit, convenissemus. Aderat autem et Iacobus frater Domini, et Petrus, supremum et venerabilissimum theologorum columen.» - Cf. HURTER, Nomenclator literarius, ed. 2, Oeniponte, 1892, I, n. 372, pag. 462, 463; ed. 3, Oeniponte, 1903, I, pag. 455.

61 «... Respondit Filius: «Mater mea, tu es similis flori, qui crevit in una valle... Flos etiam iste habuit quinque folia, quae excreverunt super omnes choros angelorum. Vere tu, Mater mea, flors istorum quinque foliorum es. Primum folium est honestas tua... Angeli mei viderunt eam supra se esse, et eminentiorem illorum sanctitate et honestate... Secundum folium est misericordia tua... Misericordia tua excessit omnium angelorum misericordiam. Tertium folium est mititas tua... Mititas tua excellentior angelis. Quartum folium est pulchrituo tua. Angeli enim considerant alter alterius pulchritudinem, et pulchritudinem omnium animarum et omnium corporum admirantur: sed animae tuae pulchritudinem vident esse super omnia quae creata sunt, et corporis tui honestatem excellere omnes homines qui creati sunt. Et sic omnes angelos et omnia quae creata sunt excessit pulchritudo tua. Quintum folium erat divina delectatio tua, quia nihil delectabat te nisi Deus... Mater dulcissima, bene ardebat delectatio tua divina, super omnes choros angelorum. Hic flos, quia habuit haec quinque folia... erat plenus omni dulcedineRevelationes S. BIRGITTAE, lib. 1, cap. 51. Coloniae Agrippinae, 1628, p. 65.

62 «Cuius tanta gratia, ut non solum in se virginitatis gratiam reservaret, sed etiam his quos viseret, integritatis insigne conferret. Visitavit Ioannem Baptistam... Nec immerito mansit integer corpore, quem tribus mensibus oleo quodam suae praesentiae et integritatis unguento, Domini mater exercuit. Eademque postea Ioanni Evangelistae est tradita coniugium nescienti. Unde non miror prae ceteris locutum mysteria divina, cui praesto erat aula caelestium sacramentorum.» S. AMBROSIUS, De institutione virginis liber unus, cap. 7, n. 50. ML 16-319.

63 «In beata Virgine, inclinatio fomitis (inde a prima sanctificatione) omnino sublata fuit, et quantum ad veniale, et quantum ad mortale; et quod plus est, ut dicitur, gratia sanctificationis non tantum repressit in ipsa motus illicitos, sed etiam in aliis efficaciam habuit, ita ut, quamvis esset pulchra corpore, a nullo umquam concupisci potuit.» S. THOMAS, In III Sent., distinctio 3, quaestio 1, art. 2, Ad primam quaestionem, ad 4.

64 Eccli. XXIV, 20. - Epistola in varie festività di Maria SS.

65 Fr. SUAREZ, S. I., De Incarnatione, pars 2, sectio 2, Opera, XVII, Venetiis, 1746, pag. 4, col. 1: «Hinc (ex maternitate divina physice considerata) efficitur ut moraliter, et secundum prudentem existimationem, Virgo retineat supremum quemdam et excellentem dignitatis gradum, propter singularem quam cum Deo habet coniunctionem et propinquitatem. Unde etiam fit, ut singulare ius habeat ad bona Dei Filii Sui, ut in sequentibus explicabimus.» - Ibid., pag. 6, col. 1 (sectio 2, in fine): «Decet matrem honorari a filio: imo ratione maternae dignitatis habet singulare ius ad bona filii; ergo hac ratione dignitas matris est quodammodo ratio et principium dignitatis gratiae, quam quodammodo eminenter continet, secundum ordinem divinae sapientiae

66 «Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter peccant, eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus, ut verae ac intemeratae Matri suae, quoad omnia, et per omnia, et in omnibus, morem gerat.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Dormitionem SS. Dominae nostrae Deiparae, sermo 2. MG 98- 351. - «Quae enim materna polleas fiducia ac potestate, erga Filium tuum, peccatis praedamnatos, ac qui nec in caelum sursum suspicere audeamus, supplicationibus tuis ac intercessionibus servas, ac ab aeterno supplicio liberas... Omnia tua, Dei Genitrix, incredibilia miraque sunt... Quocirca etiam protectio tua, intelligentiae vim omnem superat.» IDEM, Oratio in Encaenia venerandae aedis SS. Dominae nostrae Deiparae, et in fascias Domini, et in zonam SS. Deiparae. MG 98-379, 382.

67 «Ascendens ergo in altum Virgo beata, dabit ipsa quoque dona hominibus. Quidni daret? Siquidem nec facultas ei deesse poterit, nec voluntas. Regina caelorum est, misericors est; denique mater est unigeniti Filii Dei. Nihil enim sic potest potestatis eius seu pietatis magnitudinem commendare; nisi forte aut non creditur Dei Filius honorare matrem; aut dubitare quis potest omnino in affectum caritatis transiisse Mariae viscera, in quibus ipsa quae ex Deo est caritas novem mensibus corporaliter requievit.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo 1, n. 2. ML 183-415, 416.

68 RAYMUNDUS IORDANUS, Cellensium Abbas, Contemplationes de B. V., pars 3, De Nativitate gloriosae Virginis Mariae, Contemplatio 1, n. 3, Summa Aurea, Migne-Bourassé, IV, col. 881: «Et non solum sibi ipsi soli te fecit, sed te angelis dedit in restaurationem, hominibus et nostrae naturae in reparationem, inferiori creaturae in liberationem, sibi in matrem, daemonibus in hostem, detentis in limbo in ereptionem. Nam in principio cum ceciderant angeli, natura erat corrupta, Deus offensus, et diabolus victor. Sed per te, o superbenedicta Virgo Maria, innocentia reparatur, vita angelica reducitur, Deus homini pacificatur et unitur, diabolus vincitur et conteritur; quia de te scribitur: Ipsa conteret caput tuum (Gen. III, 15).»

69 «Sabbato quodam, cum Salve, sancta Parens cantaretur, dixit (Mechtildis) beatae Virgini Mariae: «Si te, o caeli Regina, dulcissima salutatione quam umquam humanum cor excogitavit, salutare possem, libentissime faceremStatim gloriosa Virgo eidem apparuit, habens in pectore scriptam aureis litteris Angelicam salutatione, et ait: «Supra hanc salutationem numquam homo pervenit, nec aliquis me dulcius salutare poterit, quam is qui salutat me in reverentia, qua Deus Pater me per hoc verbum Ave salutavit, confirmans me omnipotentia sua, ut essem immunis ab omni vae culpae (Cod. Lips. ab omni vae culpae et poenae). Filius quoque Dei divina sua sapientia sic me perlustravit, ut sim praeclarum sidus quo caelum et terra illustratur, quod per hoc nomen Maria, quod sonat maris stella, notatur. Spiritus etiam Sanctus tota sua divina dulcedine me penetrando, sua gratia tam gratiosam me effecit, ut omnis qui per me gratiam quaerit, ipsam inveniat, quod innuitur per hoc verbum, gratia plena. In hoc quoque verbo: Dominus tecum, admoneor ineffabilis unionis et operationis quam tota Trinitas perfecit in me, cum meae carnis substantiam divinae naturae in una persona copulavit, ita ut Deus fieret homo, et homo Deus; quid illa hora gaudii et dulcedinis senserim, nullus hominum ad plenum potuit experiri. Per Benedicta tu in mulieribus, omnis creatura mirando agnoscit et contestatur me benedictam, et exaltatam super omnem creaturam, tam caelestem quam terrestrem. Per Benedictus fructus ventris tui, benedicitur et extollitur excellentissimus et perutilis fructus ventris mei, qui omnem creaturam vivificavit, sanctificavit, et in aeternum benedixitRevelationes Gertrudianae ac Mechtildianae (cura monachorum Solesmensium O. S. B.): II, Sanctae MECHTILDIS Liber specialis gratiae, pars 1, cap 42, pag. 126, 127. Pictavii, Parisiis, H. Oudin, 1877.

70 Paolo SEGNERI, S. I., Il Cristiano istruito, parte 3, ragionamento 34, n. 12. - Daniello BARTOLI, S. I., Vita del P. Nicolò Zucchi, lib. 2, cap. 6 (Opere, 1825, XXI, pag. 53, 54, 55.)

1 ENGELGRAVE, S. I., Lux evangelica, pars 3: Caeleste Pantheon, pars posterior: Festum Visitationis B. Virginis, Coloniae, 1659, pag. 11: § 2, Felix domus quam Maria cum Christo visitat: «O ter quaterque beatam domum illam, quam Christus cum Matre visitat: tota caelestium benedictionum affluentia locupletatur

2 Le edizioni precedenti al 1776 hanno qui ed altrove Lisabetta. - Qui S. Alfonso dice S. Elisabetta cognata della Madonna, più sotto la chiama cugina: nell'uno e nell'altro caso nel senso generale di parente.

3 I Cor. XIII, 7.

4 «Ubi audivit hoc Maria (cioè «senioris feminae sterilisque conceptum»), non quasi incredula de oraculo, nec quasi incerta de nuntio, nec quasi dubitans de exemplo: sed quasi laeta pro voto, religiosa pro officio, festina pro gaudio, in montana perrexit. Quo enim iam Deo plena, nisi ad superiora cum festinatione contenderet? Nescit tarda molimina Sancti Spiritus gratia». S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum Lucam, lib. 2, n. 19. ML 15-1560.

5 Luc. I, 40.

6 «Didicistis, virgines, pudorem, Mariae: discite humilitatem. Venit propinqua ad proximam, iunior ad seniorem: nec solum venit, sed etiam prior salutavit; decet enim ut quanto castior virgo, tanto humilior sit. Noverit honorem deferre senioribus. Sit magistra humilitatis, in qua est professio castitatis.» S. AMBROSIUS, l. c., n. 22. ML 15-1560.

7 Le ediz. prima del '76: prosciolto.

8 Luc. I, 44.

9 «Ideo Christus fecit Mariam salutare Elisabeth, ut sermo procedens de utero matris ubi habitabat Dominus, per aures Elisabeth ingressus, descenderet ad Ioannem, ut illic eum ungeret in prophetamVen. BERNARDINUS DE BUSTIS, Sermones, III, Mariale, pars 6, sermo 1, De Visitatione Mariae, pars 3, Brixiae, 1588, pag. 564, col. 2. - Il Ven. Bernardino attribuisce queste parole a S. Gio. Grisostomo: non crediamo che siano di lui.

10 «Advertistis iam, ni fallor, quem velim dicere aquaeductum, qui plenitudinem fontis ipsius de corde Patris excipiens, nobis edidit illu, si non prout est, saltem prout capere poteramus. Nostis enim cui dictum est: Ave gratia plena... Nimirum propterea tanto tempore humano generi fluenta gratiae defluerunt, quod nondum intercederet is, de quo loquimur, aquaeductus... Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Totius boni plenitudinem posuit in Maria... Totum nos habere voluit per Mariam.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., sermo de aquaeductu, n. 4, 6, 7. ML 183-440, 441.

11 RAYMUNDUS IORDANUS, Abbas Cellensium, sapiens Idiota, Contemplationes de B. V., Prooemium (Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, col. 851, 852): «Thesaurus Domini est, et Thesauraria gratiarum ipsius.»

12 «Thronus Dei, solium divinitatis, palatium regis aeterni, gazophylacium thesauri quo sumus de cruenti praedonis servitio comparati...» S. PETRUS DAMIANI, Sermo 45, In Nativitate B. V. M. ML 144-746.

13 «Quicumque ergo indiget aliqua virtute, postulet instanter a Beata Virgine, et dabitur ei. Ipsa nempe est thesauraria Iesu Christi.» S. ALBERTUS MAGNUS, Sermones de Sanctis, sermo 37, In Nativitate B. Mariae, sermo 2. Opera, Lugduni, 1651, XII, p. 218, col. 1; Paris., XIII, 559.

14 «Sic igitur tota Trinitas uniformi et voluntate concordi hanc inaestimabilem Virginem ostendit esse suam sponsam incommunicabilis caritatis, caeli Reginam inattingibilis dignitatis, mundi Dominam imparticipabilis potestatis, electorum omnium genitricem piam inexsiccabilis pietatis: omnium Dei hostium conculcatricem triumphalissimam insuperabilis strenuitatis, omnium caelestium thesaurorum dispensatricem largifluam pro suae complacentia volutantis.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Pro festivit. B. M. V. sermo 12, De Assumptione gloriosae V. M. art. 2, cap. 3. Opera, Venetiis, 1745, IV, pag. 122, col. 1. - Ed. Veneta 1591, Tractatus de B. V., sermo 11 (in Assumptione B. V.), art. 2, cap. 3: III, 129, col. 1, 2.

15 Petavius, De Theologicis Dogmatibus, VI, Venetiis, 1745, De Incarnatione, II, lib. 14, cap. 9, n. 8, pag. 22, col. 2: «(CHRYSIPPUS, presbyter Hierosolymitanus, Mariam) inter varia encomia nuncupat: «fontem lucis quae illuminat omnem hominem: vitae promptuarium: radicem omnium bonorum: puteum aquae vivae.» - Maxima Bibliotheca veterum Patrum, tom. XI (continens scriptores ab ann. Christi 580 ad ann. 600), Lugduni, 1677, pag. 1044, col. 1, CHRYSIPPI Presbyteri Hierosolymitani, Sermo de S. Maria Deipara: «Ave, fons lucis omnem hominem illuminantis... Ave, armarium vitae... Ave, radix omnium bonorum... Ave, quae es puteus semper viventis aquae.» - Quel Chrysippus Hierosolymitanus aveva il suo posto nella MG 162, col. 755-777: ma questo volume venne bruciato, quando era già pronto per la stampa, anzi composto, nel grande incendio che consumò les Ateliers catholiques del Migne. Chi avesse la PGLT (Patrologia graeca, latine tantum edita, del Migne), troverà la traduzione latina degli opuscoli di Crisippo nel vol. 80, col. 741-758.

16 «Convenienter igitur angelus (al. archangelus) sanctae Mariae Virgini, primo omnium, illud: Ave, gratia plena, Dominus tecum, praesignificavit: quoniam cum ipsa totus gratiae thesaurus reconditus erat.» S. GREGORII THAUMATURGI Homiliae quatuor (dubiae): Hom. 1, In Annuntiatione S. Virginis Mariae. MG 10-1150.

17 «Thesaurus est ubi diversarum operum (leggi opum) divitiae quasi minutatim recluduntur, ut quasi simul in unum ibi cumulum reperiantur... Maria ergo thesaurus: quia in ea ut in gazophylacio reposuit Dominus omnia dona gratiarum, meritorum, virtutum et praerogativarum, donorum et charismatum; et de thesauro largitur ipse larga stipendia suis militibus et operariisRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 21, n. 1. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 134, col. 2. Ed. Parisien., XXXVI, 232.



18 «Ecce odor filii mei, sicut odor agri pleni, cui benedixit Dominus (Gen. XXVII, 27). Ager iste est Maria, in qua thesaurus Angelorum, imo totius Dei Patris, absconditus est.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., Lectio 7, Septimo. Inter Opera S. Bonav., Lugduni, (iuxta ed. Vaticanam et Mogunt.), 1668, VI, p. 444, col. 2.

19 «Altius ergo intueamini quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae ascendit deliciis affluens.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M.: sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.

20 «In manibus tuis sunt thesauri miserationum Domini, et sola electa es, cui gratia tanta concediturNICOLAUS monachus, notarius olim S. Bernardi, In Nativitate B. V. M.: inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44. ML 144-740.

21 «Quis ut tu, Domina, animas steriles sic fecundat? quis sic impinguat corda arentia? quis sic pectora frigida calefacit? Omnia bona, quae illic summa maiestas decrevit facere, tuis manibus voluit commendare. Commissi quippe sunt tibi thesauri sapientiae et scientiae, iocalia charismatum, decoramenta virtutum, ornamenta gratiarumLibellus de corona Virginis, cap. 15: inter Opera S. Hildefonso supposita. ML 96-304.

22 «Nemo salvus nisi per te, o Deipara; nemo periculorum expers nisi per te, Virgo parens; nemo redemptus nisi per te, Dei Mater; nemo donum per misericordiam consecutus, nisi per te, o digna quae Deum caperes.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In Dormitionem B. Mariae, sermo 2. MG 98-350. - «Nullus munerum tuorum numerus est. Nullus enim, nisi per te, o sanctissima, salutem consequitur. Nullus nisi per te, o immaculatissima, qui a malis liberetur. Nullus, nisi per te, o castissima, cui donum indulgeatur. Nullus, nisi per te, o honoratissima, cui gratiae munus misericordia praestetur.» IDEM, Oratio in Encaenia aedis Deiparae, in fascias Domini et in zonam SS. Deiparae. MG 98-379.

23 «Ne timeas, inquam, quia invenisti (gratiam): non creasti, ut Deus; non semper habuisti, ut Filius tuus; non rapuisti, ut primus angelus; non perdidisti, ut primus parens; non emisti, ut Simon magus; sed invenisti, quia quaesivisti ubi fuit, ut Virgo prudentissima, ut doctrix fidelissima; sed reddidisti, ut Mater misericordissima. Invenisti, inquam, Dei miserantis caritate, promittentis veritate, hominis necessitate, cui (leggi: tui) ad hoc identitate (leggi: idoneitate). Invenisti, inquam, gratiam increatam, et in illa, et cum illa, omnem creaturam (meglio: creatam): Venerunt enim tibi omnia bona pariter cum illa (Sap. VII, 11).» S. ALBERTUS MAGNUS, Mariale, cap. 238. Bibliotheca Virginalis, I, pag. 453, 454. - Quaestiones super «Missus», qu. 204, Responsio ad quaestiones 200, 201, etc., Opera, Lugduni, 1651, pag. 142, col. 1: «Ne timeas, inquam, quia invenisti (gratiam): non creasti, ut Deus; non semper habuisti, ut Filius tuus; non rapuisti, ut primus angelus; non perdidisti, ut primus parens; non emisti, ut Simon magus; sed invenisti, quia quaesivisti, ut Virgo prudentissima; non abscondisti, ut doctrix fidelissima; sed reddidisti, ut Mater mundissima (meglio: misericordissima). Invenisti enim, inquam, Dei miserantis caritate, promittentis veritate, hominis necessitate, tui ad hoc idoneitate. Invenisti, inquam, gratiam increatam, et in illa, et cum illa, omnem creatam: Venerunt enim tibi omnia bona pariter cum illa (Sap. VII, 11).» - Vedi, pag. 95 la nota 40 del Discorso IV.

24 «Ave, gratia plena. Haec est gratia quae dedit caelis gloriam, terris Deum, fidem gentibus, finem vitiis, vitae ordinem, moribus disciplinam. Hanc gratiam detulit angelus, accepit Virgo, salutem saeculis redditura.» S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 143, De Annuntiatione D. Mariae Virginis. ML 52-583.

25 «Invenisti gratiam. Quantam? quantam superius dixerat: plenam. Et vere plenam, quae largo imbre totam funderet et infunderet creaturam.» IDEM, De eadem, Sermo 142. ML 52-579, 580.

26 «Vel ideo dicitur electa ut sol, quia, sicut sol ad hoc factus est ut illuminet totum mundum, sicut dicit Genesis I, 16, sic Maria ad hoc facta est a Deo Trinitate, ut misericordiam, veniam, gratiam et gloriam, quasi lumen a Deo impetret toti mundoRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 7, cap. 3, n. 1. Inter Opera S. Alberti Magni, Parisiis, XXXVI, 1898, pag. 372, col. 1, 2. Ed. Lugdunen., XX, pag. 209, 210.

27 «A tempore enim a quo Virgo Mater concepit in utero Verbum Dei, quamdam - ut sic dicam - iurisdictionem seu auctoritatem obtinuit in omni Spiritus Sancti processione temporali: ita quod nulla creatura aliquam a Deo obtinuit gratiam vel virtutem, nisi secundum ipsius piae Matris dispensationem.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. V. M.: sermo 5, De Virginis Matris Dei Nativitate, et de eius superadmirabili gratia, articulus unicus, cap. 8. Opera, Venetiis, 1745, pag. 92, col. 2. - Ed. Veneta, 1591: Quadragesimale de christiana religione, sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. Virginis Matris Dei, art. 1, cap. 8, I, pag. 515, col. 1.

28 «Et hoc est quod docet beatus Bernardus: Cupientes invenire gratiam, quaeramus inventricem gratiae Mariam: quae quia semper invenit, frustrare non poterit: exaudietur enim pro sua reverentiaRICH. A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 3. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, 70, col. 1; Parisiis, 1898, XXXVI, pag. 108, col. 1, 2.

29 S. BERNARDUS, In Nat. B. V. M.: sermo de aquaeductu, n. 8. ML 183-441, 442.

30 IDEM, ibid., n. 7, col. 441.

31 «Nostra est Virgo, nostra sunt Virginis viscera, noster est Virginis partus, nostra sunt quae penes illam de caelestibus actitantur. Periculosum est ergo ad punctum ab illa discedere, apud quam nostrae suavitatis deliciae reponuntur; divitiae salutis, sapientia et scientia, penes Virginem nostris usibus reservantur. In partu nimirum Virginis thesauri sapientiae et scientiae ad locupletationem pauperum absconduntur (Coloss. II). «Propter miseriam inopum et gemitum pauperum (Ps. XI),» venit de corde Patris in cor Virginis, et in Virginis utero pauperum gazophylacium collocavit. Inde pauperes spiritu locupletati sunt, quos mundi superbia, vanitate et mendacio non ditavitADAMUS, Abbas Perseniae (+ post annum 1200), Fragmenta Mariana, Fragmentum VII. ML 211-754.

32 «Maria aquaeductus longissimus excellentia meritorum... Vere longissimus aquarum quae super caelos sunt, fontem potuit attingere, ut hauriret super angelos, quam refunderet hominibus, aquam vivam. Beatus Bernardus: Ideo tanto tempore defuerunt hominibus fluenta gratiarum, quia nondum intercesserat aquaeductus. Ad hoc enim data est ipsa mundo quasi aquaeductus, ut per ipsam a Deo ad homines dona caelestia iugiter descenderentRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 9, cap. 15, n. 2. Inter Opera S. Alberti Magni, Parisiis, 1898, XXXVI, pag. 441, col. 1. Lugduni, XX, pag. 244. - S. BERNARDUS, Sermo in Nativ. B. M. V., de aquaeductu, n. 3, 4. ML 183-440: «Descendit per aquaeductum vena illa caelestis... Plenus equidem, ut accipiant ceteri de plenitudine. - Advertistis iam, ni fallor, quem velim dicere aquaeductum, qui plenitudinem fontis ipsius de corde Ptris excipiens, nobis edidit illum... Nimirum propterea tanto tempore humano generi fluenta gratiae defuerunt, quod necdum intercederet is, de quo loquimur, aquaeductus

33 «Felix, inquam, mulier (Maria), cuius domus Salvatore suscepto inventa est munda quidem, sed plane non vacua. Quis enim vacuam dixerit, quam salutat angelus gratia plenam? Neque hoc solum; sed adhuc quoque in eam superventurum asserit Spiritum Sanctum. Ad quid putas, nisi ut etiam suprimpleat eam? Ad quid, nisi ut adveniente iam Spiritu plena sibi, eodem superveniente nobis quoque superplena et supereffluens fiat?» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 2, n. 2. ML 183-417.

34 Questa sì, che fu fatta principalmente per essere compagna al Sole increato, in qualunque stato, e nella via, e nella patria, sicché piena anch'ella di lui, ma non mai piena solo per se medesima, comparisca a chi la considera un Sol minore, concora colla divina Misericordia alla rigenerazion di tutti i peccatori, alla perfezione di tutti i giusti, e lasci in dubbio, se con la luce di cui si truova arricchita, e colle influenze, più ella serva all'empireo di abbellimento, o al basso mondo di aiutoSEGNERI, Il divoto di Maria, parte 1, cap. 7, n. 4 (fine), Venezia, 1757, pag. 478.

35 Siamo fondati a credere che questa «anima santa» sia Mgr. Giovanni de Vita, vescovo di Rieti (1764), ivi morto il 1 aprile 1774. Nato in Benevento (1708), studiò il diritto in Napoli, e, nel 1735, lasciato il foro, ascese al sacerdozio. Conobbe ed ammirò S. Alfonso, e fu conosciuto e grandemente stimato da lui: vedi il nostro vol. XV, La Monaca Santa, II, pag. 316, n. 30. - Il suo biogrago, Gregorio PISTELLI, Vita, Rieti, 1831, pag. 214, scive: «Sì alto concetto avea della confidenza nella Vergine che «basta - diceva rivolto a Maria Santissima - basta confidare in voi per ottenere tutto da voi.»

36 «Nimirum propterea tanto tempore humano generi fluenta gratiae defuerunt, quod necdum intercederet is, de quo loquimur, tam desiderabilis aquaeductus.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V.: sermo de aquaeductu, n. 4. ML 183-440.

37 «Ego iis qui ad me confugiunt, civitas refugii. Accedite, populi cum fide, et gratiarum dona affluentissime haurite.» S. IO. DAMASCENUS, In Dormitionem B. V. M., hom. 2, n. 17. MG 96-746. (Il santo fa parlar così il sepolcro ove riposò, prima di esser trasportato al cielo, il santissimo corpo di Maria.)

38 Dom. M. MARCHESE, O. P., Vita della Serva di Dio Suor Maria Villani, O. P., Fondatrice del Monastero di S. Maria del Divino Amore di Napoli (+ 1670). Napoli, 1674. Lib. 3, cap. 6, pag. 454, 455: «Vide la Regina dei cieli, che come avesse un cuore vero orto di delizie del Sovrano Monarca, mandava dal petto una limpidissima fonte di fresche e pure acque, ed invitava i suoi divoti con quel liberalissimo invito: Omnes sitientes, venite ad aquas: et qui non habetis argentum... venite, bibite absque ulla commutatione vinum et lac (Is. LV, 1). O vino: esclamò ella allora, che di divino amore mi inebrii, o latte che con celeste santità mi purifichi, oh quando mi sarà lecito di attuffarmi nelle tue soavissime sorgenti, e non solo ubriacarmi, ma felicemente in esse naufragare e sommergermi? Così ella aspirando diceva, quando la Vergine avendola invitata a dissetarsi in quella limpidissima fonte, vide ella innumerabile moltitudine di uomini e donne, che, recando i loro vasi, venivano ad empirli di quelli limpide acque, pigliandone chi più e chi meno, secondo la capacità dei vasi; e vide alcuni, che quantunque si affatigassero per empire i lor vasi, come questi erano forati o rotti, era vano il loro travaglio... (Questi) erano i peccatori che... vengono (a Maria, canale delle grazie divine) con i vasi delle loro anime e cuori, rotti per i peccati, ad attinger le acque delle grazie celesti; ma quantunque loro siano concesse, non bastano a riceverle, che non si spargano per le rotture. Ma queste acque non si perdevano in terra, anzi erano raccolte dagli angeli e dispensate ad altre persone; perché gusta la Vergine che quei che stanno in grazia preghino per coloro che, stando in peccato, affettano la sua divozione, acciò risorgendo dalla colpa si salvino.» - La I ed. di Napoli e le altre edizioni Vente hanno: ma quelli che portavano i vasi rotti, cioè l'anime aggravate da' pecati, ricevevano le grazie, ma presto poi le ritornavano a perdere.

39 Questo Sermo de Assumptione B. V. non si trova nei Sermoni di S. Agostino o attribuiti a lui; neppure nel tomo X dell'edizione di Parigi, Chevallo, 1531, la quale (o altra conforme) sembra essere stata usata da S. Alfonso. - Nota però il Marracci (Bibliotheca Mariana, Romae, 1648, I, v. Augustinus Hipponensis, pag. 161-165) che vi sono stati due Sermoni de Assumptione, di S. Agostino (o creduti di lui), i quali «in Augustini Codicibus hodie non reperiunturNota pure il Marracci, che varii autori (e questo l'abbiamo purtroppo sperimentato più volte), tra i quali S. Bernardino da Siena, Bernardino de Bustis, S. Antonino, «ex B. Augustino satis notabilia fragmenta in laudem B. Virginis adducunt, in eiusdem Augustini operibus desideratadonde conchiude, non senza qualche ardire: «ut liquido pateat Augustinum alia, praeter ea quae modo in eius voluminibus reperiuntur, de SS. Dei Genitricis laudibus elucubrasse

40 Combinando le osservazioni di Baronio, di S. Girolamo, di S. Beda con quelle di Brocardo, e supponendo che la famiglia del Precursore abitasse in Hebron, il P. Giuseppe di Gesù Maria (nella sua Istoria della Vita ed eccellenze della V. Maria, lib. 3, cap. 22, n. 2, Padova, 1658, pag. 333, 334) conchiude: «Poiché Nazareth distava da Gerusalemme 27 leghe verso tramontana, alle quali aggiungendo le cinque leghe e mezza ch'erano da Gerusalemme ad Hebron verso mezzogiorno, si vede che (la distanza da Nazaret sino alla casa di Zacaria) era trantadue (leghe) e mezzaDicendo S. Alfonso che la distanza è di 69 miglia, conterebbe poco più di due miglia alla lega. Crediamo che vi sia un errore di stampa, e che invece di 69, si debba leggere 96. Siamo confermati nella nostra opinione dal fatto che nel Discorso III (pag. 70, nota 11) egli stesso afferma che da Nazaret a Gerusalemme la distanza è di 80 miglia. - Brocardo, o meglio Burcardo, domenicano, detto del Monte Sion, dal lungo soggiorno - dieci anni in circa - che fece nel convento di quel nome in Gerusalemme; detto anche di Sassonia, dal luogo probabile di nascita; pubblicò, nella seconda metà del secolo XIII, una Descriptio dei Luoghi Santi, la quale, o distesa o ristretta, tradotta in varie lingue, fu come il «Baedeker» dei pellegrini di Palestina nel Medio Evo. - Quanto a S. Beda il Venerabile, le edizioni di COlonia del 1612 e del 1688, ed altre, hanno un suo Libellus de Loxis sanctis, citato da Baronio e da altri. Casimiro Oudin (ML 90-84) lo crede autentico, quantunque non compreso nell'Indice, steso dallo stesso Beda, delle sue Opere, forse, dice Oudin, perché composto dopo l'Indice. Nell'edizione «Smith et Giles», riprodotta dalla ML, non ha trovato posto, neppure tra le Opera dubia aut spuria. - Sulla città «di Giuda, in montanis Luc. I, 39» ove abitava Zaccaria, varie furono le opinioni. Ormai si escludono Gerusalemme, indicata da pochi antichi; Emmaus, che ebbe, un tempo, gran favore presso i pellegrini di Terra Santa; Iuta, o Iutta, oggi Iaththa, a 2 ore da Hebron, verso sud, i cui moderni fautori supposero doversi leggere, presso S. Luca, in vece di «in civitatem Iuda», «in civitatem Iuta»; e la stessa Hebron, città sacerdotale assai celebre, e situata tra i monti. L'opinione oggi più accreditata, e più probabile, è in favore di Ain Karim, o Karem (S. Ioannes in Montana). Questa opinione si appoggia sulla tradizione locale, antichissima, anteriore alle Crociate, come nota il Lagrange, Evangile de S. Luc (Luc. I, 39). - Maria SS. dovette passare per Gerusalemme, sia per la vicinanza delle feste di Pasqua, sia perché è la via diretta da Nazaret ai monti della Giudea. Da Nazaret a Gerusalemme si contano da 120 a 130 chilometri; da Gerusalemme a Hebron, 30 chilometri; da Gerusalemme a Ain Karim, 7 chilometri incirca.



41 Le Parole ad esercitare furono aggiunte nell'ediz. del 1776.

42 «Ubi audivit hoc Maria, non quasi incredula de oraculo, nec quasi incerta de nuntio, nec quasi dubitans de exemplo: sed qusai laeta pro voto, religiosa pro officio, festina pro gaudio, in montanta perrexit.» S. AMBROSIUS, Expositio Evangelii secundum Lucam, lib. 2, n. 19. ML 15-1560.

43 «Maria autem caritatem proximi habebat in corde, et propter hoc exsurgens Maria abiit in montana cum festinatione. Quid enim eam ad officium caritatis festinare cogebat, nisi caritas quae in corde eius fervebatCONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 4. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugd. (1668), VI, 434, col. 2.

44 Ven. BERNARDINUS DE BUSTO, Ord. Min., Opera, Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 2, De nativitate Mariae, sermo 5, De divinae sponsae conditionibus, pars 7, De sponsae caelestis dote ac dotatione, pag. 185, col. 1: «O igitur, peccator, bonum novum! o peccatrix, optimum novum! non diffidas, non desperes, etiam si commisisti omnia peccata enormia; sed confidenter et secure ad istam gloriosissimam dominam recurras: invenies enim eam in manibus plenam curialitate, pietate, misericordia, gratiositate et largitate: plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas

45 SALAZAR, In Prov., VIII, 36, n. 456: «Verba sunt Bonaventurae in Speculo: «Non solum in te peccant, o Domina, qui tibi iniuriam irrogant, sed etiam qui te non rogant.» - PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, Excitatio 4 in Ps. 86, n. 4, Venetiis, 1720, pag. 20,col. 1: «D. Bonaventura (nota marginale: in Spec. Virg.) cum B. Virgine loquens, affatur: «Non solum in te peccant... (come sopra presso il Salazar).» - PEPE, Discorsi in lode di Maria SS., Napoli, 1756, II, 280. - Qualche edizione dello Speculum B. Virginis (di CORRADO DI SASSONIA, non già di S. Bonaventura) doveva contenere questa sentenza.

46 «Thesaurus Domini est, et Thesauraria gratiarum ipsius; et donis spiritualibus ditat copiosissime servientes sibi.» RAYMUNDUS IORDANUS, Abbas Cellensium, sapiens Idiota, Contemplationes de B. V., Prooemium. Migne-Bourassé, Summa Aurea, IV, col. 851, 852.



47 «Per ipsam, et in ipsa, et cum ipsa habet mundus, habuit et habiturus est omne bonum, scilicet eius benedictum Filium Iesum Christum; qui est omne bonum, et summum bonum, et sine quo nihil bonum est, quia est solus bonus. Et inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum.» IDEM, ibid., col. 851. - «Et tanta est eius benignitas, quod nulli formidandum est accedere ad eam: et tanta est eius misericordia, quod ab ea nullus repellitur.» IDEM, ibid., col. 851.

48 «Ego sum, inquit, Mater misericordiae, plena caritate et dulcedine... Venite omnes, iusti et peccatores... Omnes invito, omnes exspecto, omnes venire desidero. Nullum peccatorem despicio; sed super poenitente peccatore, etiam cum Angelis Dei in caelo, magna caritate congaudeo: quia non perit pretiosus sanguis Filii mei, effusus pro mundoTHOMAS A KEMPIS, Soliloquium animae, cap. 24, n. 1. Opera, (ed. Sommalii, S. I.) Coloniae Agrippinae et Coloniae Allobrogum, II, 1759, pag. 51, col. 1. – Editio Pohle, I, 325.

49 «Sapient. VI, 15: Qui de luce vigilaverit ad illam, non laborabit diu, vel in vacuum: assidentem enim illam foribus suis invenient, scilicet semper paratam auxiliari et pulsantem ut intretRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 7. Inter Opera S. Alberti Magni, Parisiis, XXXVI, 1898, pag. 61, col. 2. Ed. Lugd., XX, pag. 34, col. 1, 2.

50 «Et sicut illa (mater) Mariam, sic ille (filius) adventum Domini sensit. Et ideo exsultavit, et illa prophetice locuta est. Vide quanta virtus sit in verbis Dominae, quia ad eorum pronunciationem confertur Spiritus SanctusMeditationes vitae Christi, cap. 5. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun. (1668), VI, pag. 338, col. 1.

51 «Decebat Dei Matrem, ut omnia et singula bona per ipsam perciperemus a Deo, ut Filius parenti suae deferret honorem... Ex THEOPILO ALEXANDRINO, in libro de Incarnatione Verbi, argumentum haud leve duci potest... «Gaudet, inquit Filius, orante Matre, quia omnia, quae nobis precibus suae Genitricis evictus donat, ipsi Matri se donare putat, et acceptae ab illa sine patre humanitatis vices rependereSALAZAR, Expositio in Proverbia Salomonis, in cap. VIII, 18, n. 187, 188. Parisiis, 1619, col. 614, 615. - Sembrava impossibile che questo testo fosse autentico, non conoscendosi di Teofilo alcuna opera de Incarnatione Verbi: ma il Cardinal Mai ritrovò un frammento di Teofilo su quell'argomento (tom. VII Scriptorum Veterum; cf. Ceillier, Histoire générale des auteurs sacrés et ecclésiastiques, nouv. édition, Paris, 1861, VII, 447, col. 2).

52 «Tu autem, quae materna in Deum auctoritate polleas, etiam iis qui enormiter peccant, eximiam remissionis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus, ut verae ac intemeratae Matri suae, quoad omnia, et per omnia, et in omnibus, morem gerat.» S. GERMANUS, Patr. CP., Orationes, VII, In Dormitionem B. Mariae, sermo 2. MG 98-351.



53 S. IO. CHRYSOSTOMUS, In Ioannem, hom. 22 (al. 21), n. 1, MG 59-134: «Et cur, inquies, postquam dixerat: Nondum venit hora mea, et recusaverat, id quod mater dixerat, effecit? Ut... demonstraretur ipsum non esse horae et tempori subditum...Ad haec, in matris honorem id fecit, ne omnino ipsi repugnare videretur, ne ex imbecillitate id facere videretur, ne tanto adstante coetu matrem pudore afficeret: nam ministros ipsi obtulerat.» - THEOPHYLACTUS, Bulgariae Archiepiscopus, Enarratio in Evang. Ioannis, cap. 2, vers. 1-4, MG 123-1190Vide autem, oro, quomodo non usque ad finem, neque per omnia resistit matri, sed cum eam parum perstrinxisset, iterum preces eius implet, honorans illam, et nobis dat formam reverentiae erga parentes.» - CORNELIUS A LAPIDE, in Io. II, 4, Parisiis, 1860, XVI, pag. 329, col. 2: «Nondum venit hora mea, qua scilicet opportune hoc miraculum edam: volo enim adhuc paulisper exspectare, donec vinum omnino deficiat... Qui enim necessitatem non praesensit, nec beneficium magnopere sentiet. Ita S. Chrysostomus. Aliter quoque idem S. Chrysostomus et Theophylactus, quasi dicat: Nondum venit hora mea, quia statui primum miraculum facere in Ierusalem, utpote metropoli Iudaeae; sed ad preces tuas, o mater, propositum mutabo faciamque illud hic in Cana Galilaeae

54 S. ALBERTUS MAGNUS, Sermones de Sanctis, sermo 53, In festo Dedicationis, sermo 2 (Opera, Lugduni, 1651, XII, 242, col. 2; Paris., XIII, 620): «Quadruplex est thronus. Thronus gratiae, misericordiae (crux), iustitiae, et gloriae. In quolibet Dominus sedens nova facit omnia. Thronus gratiae est beata Virgo Maria

55 S. BERNARDUS, In Nativ. B. M.V., Sermo de aquaeductu, n. 8. ML 183-441, 442.

56 «Spiritus etiam Sanctus tota sua divina dulcedine me penetrando, sua gratia tam gratiosam me effecit, ut omnis qui per me gratiam quaerit, ipsam inveniatRevelationes Gertrudianae ac Mechtildianae, Pictavii et Parisiis, H. Oudin, II, 1877: S. MECHTILDIS, Liber specialis gratiae, pars 1, cap. 42, pag. 126. Vedi sopra, Discorso IV, nota 69, pag. 103. - S. PETRUS CANISIUS, De verbi Dei corruptelis, II, De Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta, lib. 1, cap. 13, Lugduni, 1584, pag. 72: Non cita testualmente le parole di S. Metilde, ma riassume, come fece prima per S. Brigida, quanto a quella santa ed illustre vergine venne rivelato sulla fanciullezza di Maria: «ut (come disse per S. Brigida) sententiam potius quam eius verba sparsim scripta sequamur, lectoris nempe commodo consulentes

57 « Saepe quippe vidimus et audivimus plurimos hominum in suis periculis recordari nominis istius bonae Mariae, et omnis periculi malum illico evasisse. Velociorque est nonnumquam salus memoratio nomine eius quam invocato nomine Domini Iesu unici Filii eius. Et id quidem non ideo fit quod ipsa maior aut potentior eo sit, nec enim ipse magnus aut potens per eam, sed illa per ipsum. Quare ergo promptior salus in recordatione eius quam Filii sui saepe percipitur? Dicam quid sentio. Filius eius Dominus est et iudex omnium, discernens merita singulorum; dum igitur ipse a quovis suo nomine invocatus non statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine Matris suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiatur. Hoc denique usus humanus quotidie probat, cum quis, proposito amici sui nomine, efficaciter ab illo aliquid impetrat, quod simpliciter sua prece nequaquam impetrare valebatEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, n. 6. ML 159-570.

58 S. IO. DAMASCENUS, Opera, interprete Billio, Parisiis, 1577, Sententiae in SS. Dei Genitricis Annuntiationem, fol. 404, B: «Ad Deiparam. Misericordiae ianuam aperi nobis, benedicta Deipara: sperantes igitur in te, ne aberremus: liberemur per te a calamitatibus: tu enim es salus generis hominum

59 Ferdinando DEL CASTIGLIO, Istoria generale di S. Domenico e dell'Ordine suo de' Predicatori, Palermo, 1626, parte 1, lib. 1, cap. 33, pag. 63-65. - Reginaldo, Decano della Cattedrale di Orléans, «famosissimo Dottore in legge, che leggeva nella Università di Parigi,» venne a Roma, accompagnando il suo vescovo, coll'intento di recarsi da Roma in Terra Santa. Era «desiderosissimo sempre di occuparsi totalmente nel santo servizio di Dio, dispregiando tutte le cose terrene. Confidò i suoi pensieri con un Cardinale, il quale gli fece conoscere S. Domenico e sua impresa. Reginaldo convenne col Santo «d'entrar nella compagnia e religione sua», adempiuto che avesse il voto di visitar Gerusalemme e la Terra Santa. «Tra pochi giorni s'ammalò Reginaldo d'una febbre continua, che dai medici fu giudicata mortale. Onde al beato S. Domenico fu molto a cuore la sua salute corporale... Tanto l'infermo quanto egli ricorrevano con gran divozione e spirito alla Vergine gloriosa... E il Signore... ordinò che, mentre stava S. Domenico occupato in questa dimanda, entrasse nella camera di Reginaldo l'istessa Regina del cielo... con splendore maraviglioso... accompagnata da due altre sante vergini, che parevano essere l'una S. Cecilia, l'altra S. Caterina martire, le quali insieme si accostarono al letto dell'infermo.» La Vergine disse a Reginaldo: «Che vuoi tu che io faccia per te?...» Consigliato da una delle vergini, Reginaldo rispose: «Vergine gloriosa, io non domando niente, né tengo altro volere che il vostro...» Allora la Madre di Dio, con olio portato da quelle vergini, «unse Reginaldo nella forma con cui suol darsi la estrema unzione.» Subito Reginaldo fu perfettamente guarito. Questa grazia si accompagnò con un'altra maggiore: da quell'ora in poi, Reginaldo «non sentì in se giammai movimento alcuno men che onesto.» Poi, mostrando al B. Reginaldo lo scapolare e l'abito bianco, Maria gli disse: «Questo è l'abito dell'Ordine che tu cerchi e che già ti è stato promesso.» «E nel medesimo momento disparve.» Tutto ciò, nello stesso tempo, fu mostrato a S. Domenico, «che stava in casa sua orando, per la cui orazione tutto era stato fatto.» Qualche giorno dopo, si rinnovò la visione, in presenza di S. Domenico, e d'un religioso dell'Ordine dell'Ospedale (poi Ordine di Malta) «che soleva poi spesso narrarloDomandò ed ottenne Reginaldo di ricevere quanto prima l'abito dell'Ordine, che gli fu dato quale gli era stato mostrato; ed ordinò S. Domenico che tutti i suoi religiosi si vestissero in quella maniera, colle cappe nere, lasciato ormai il rocchetto dei Canonici Regolari. Reginaldo poi, quantunque prosciolto dal voto coll'ingresso in religione, fece, per comando di S. Domenico, il pellegrinaggio di Terra Santa; e tornato in Roma presso il Santo Patriarca che ancora vi si trovava, fu d'allora in poi uno dei grandi luminari dell'Ordine nascente.

60 MARCELLINUS DE PISIS, Matisconensis, Annales Minorum Capucinorum, III, Lugduni, 1676; anno 1630, n. 56, pag. 801: «Benedictus a Gazoldo... provinciae Venetae Laicus, vitam longaevam in omnium virtutum praxi transactam hoc anno feliciter ac fauste conclusit.» N. 69, pag. 804: «Deiparam Virginem singulari affectu prosequebatur, eiusque providam curam saepius expertus est, sed praesertim dum Romam versus iter haberet. Cum enim esset in itinere et nesciret ad quem locum diverteret, nocte opaca duo pueri honorarii occurrerunt ei, et nomine eorum Dominae illum invitavere, ut vicinum palatium una cum socio ingrederetur. Invitatu acceptato, secutus Benedictus duos illos adolescentulos, introductus est in palatii cubiculum secretius, ubi erat mulier speciosa supra omnem hominum elegantiam, ornata quidem modeste, sed quid caeleste ac divinum spirans, quae mensae assidebat, et ex libro aperto psalmos ad lumen candelae sedula recitabat. Excepit illa duos Capucinos urbane, iussitque ut illis omnia, quae ex via defatigatis ad vires instaurandas praestari solent, humaniter exhiberentur. Post coenam, et noctis quietem, quam Benedictus fere totam de more in fundendis precibus insumpsit, albescente iam die, iter inceptum prosequi volens, ductus fuit coram Matrona, quae ei sicut et socio fausa precans, epistolam dedit, perhumane rogans, ut de illius directione eam curam susciperent, quam ipsius dignitas merebatur. Confecto quasi stadio, cupiens Benedictus videre epistolae superscriptionem, et advertens praetermissam fuisse, suae partis esse credidit ad palatium redire, ut admonita loci Domina iuberet inscribi quod deerat: sed ut retrocessit, palatium, in quo pernoctaverat, invenire non potuit; ac tunc primum cognovit Angelos fuisse duos illos ephaebos, qui eum invitaverant, dominam vero Angelorum Imperatricem, quam ille votis omnibus excolebat. Quapropter aperta epistola, in ea verba haec vulgari idiomate, ac aureis characteribus conscripta, invenit: «Christus Dominus et Maria sint spes vestra, et nihil vobis deerit.» (Leggendario Francescano: «Non lasciate mai di confidare in Gesù Cristo e nella Vergine Maria, che mai non sarà per mancarvi di sovvenimento.») In tertia persona Fratribus hanc historiam saepius referebat, nec poterat fletus continere, cum humanitatem, qua illi duo Capucini a Beatissima Virgine excepti fuerant, enarrabat: unde fuit pro comperto tale ei quidpiam accidisse: siquidem SS. Virginis cultor erat fidelis, et ad illam die ac nocte preces fundebat.» - Cf. Benedetto MAZZARA, O. M., Leggendario Francescano, II, Venezia, 1721, Vita di Fra Benedetto da Gazoldo, Laico Cappuccino, pag. 437-438. - S. JEAN EUDES, Le cœur admirable de la très sacrée Mère de Dieu, liv. 4, chap. 7. Œuvres, Paris, 1908, VI, pag. 435 et suiv.

1 Non abbiamo trovato un testo corrispondente a questa sentenza nelle Opere di S. Tommaso d'Aquino.

2 «O Virginem, stupendum Ecclesiae thesaurum, qui adeptus es ingens mysterium, Virginem appellat velut sacerdotem pariter et altare; quae quidem mensam ferens, dedit nobis caelestem panem Christum in remissionem peccatorumHomilia V, In laudes S. Mariae Deiparae, inter Opera (dubia aut spuria) S. Epiphanii, Constantiae in Cypro episcopi, MG 43-498. L'autore di queste Orationes ossia Homiliae potrebbe essere qualche altro Epifanio, vescovo in Cipro anzi arcivescovo di Cipro: due ne furono di questo nome e di questa dignità. Cf. Petavius, Ad lectorem, MG 43-10, 11. - Questo titolo di Virgo Sacerdos viene inserito in una preghiera, composta, per ordine di Pio PP. X, da due insigni Cardinali, ed approvata poi dallo stesso Pontefice, il 9 maggio 1906. Acta S. Sedis, vol. XL, Romae 1907, pag. 109, 110.

3 «Cum igitur haec omnia sacramenta ad altare peraguntur, venerabilis senex Simeon magno intus agitatur desiderio, volvens ac revolvens animo opera quae facturus est puer, et beatificans eos qui talia visuri essent, dicens saepius intra se: «O quis ista videret, o quis hodie nascereturAudit pius Dominus senis desiderium... spiritu illi revelans quaecumque facturus est Christus. Agnovit igitur... illius populi caecitatem et ingratitudinem, futuramque eius passionem et mortem... resurrectionem quoque, et populi Iudaici repulsam, gentiumque vocationem. Vidit ergo oculis cordis quae non erat visurus corporeis oculis: et subito turbatus vultu, alta e pectore mittit suspiria. Fluunt ab oculis per canam barbam lacrimarum imbres, omnisque illa prior laetitia in contrariam maestitudinem permutatur. Aspicit Virgo Deipara pii Vatis perturbatum vultum... «Quid, inquit, o venerande Simeon, quare concidit vultus tuus?... Quid vidisti? quid sensisti? Noli celare, pandito mihi, obsecro te et obtestor per ipsum quem colimus communem Deum.» «O Virgo regia! noli me cogere. Quare sic adiurasti me? Nollem tibi talia nuntiare; sed audi: nimium nunc pro isto Infante laetaris, et merito laetaris, quia super omnes feminas benedicta tu: sed veniet ecce tempus, quando dolores, quos in partu non sensisti, duplicatos cum gemitu reddes. Ecce enim Infans iste positus est in ruinam et in resurrectionem multorum. Multi in illo impingent et corruent, multi quoque lapsi sublevabuntur. Positus est hic Infans in signum cui contradicetur a multis: contradicetur a Principibus populi, a Sacerdotibus, a Regibus et Imperatoribus gentium. Omnes gentes, omnes populi, omnes nationes, et universus orbis huic puero contradicet, et ipse calcabit eos. O quot millia hominum pro isto puero laniabuntur, iugulabuntur! O grandem rerum permutationem, o miram mundi renovationem! o quanta latet intus virtus in hoc puero! Sed etisi omnes patiantur in corpore, tu, Virgo, amplius animo patieris, Tuam enim ipsius animam, istius pueri gladius pertransibit. Aliorum corpora ferro laniabuntur, sed anima tua multo acerbius passionis eius gladio transverberabitur.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Purificationis B. M. V., concio 1, n. 6. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 158.

4 Et tuam ipsius animam petransibit gladius. Luc. II, 35.

5 Implicitamente ciò dice S. Girolamo, mentre, dopo aver ricordato le donne illustri dell'Antico Testamento che furono profetesse, soggiunge: «Taceo de Anna et Elisabeth, et ceteris sanctis mulieribus, quarum, velut siderum igniculos, clarum Mariae lumen abscondit.» S. HIERONYMUS, Comment. in Sophoniam Prophetam, Prologus. ML 25-1337. - Inoltre, Sofronio, o l'autore, chiunque esso sia, dell'Epistola ad Paulam et Eustochium, spesso citato da S. Alfonso sotto il nome di S. Girolamo, scrive: «Ioannes... virgo virginem servavit, suisque ei deservivit obsequiis: non quod eximius ille sanctorum chorum apostolorum deseruerit eam, inter quos post resurrectionem intrans et exiens, familiarius contulit de Christi Incarnatione, quanto ab initio plenius per Spiritum Sanctum cuncta didicerat, et perspexerat oculis universa.» Ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 3, inter Opera S. Hieronymi, in Mantissa, Epistola IX. ML 30-124.

6 «Esto me dijo el Señor otro día: «No pienses, cuando ves a mi Madre que me tiene en los brazos, que gozaba de aquellos contentos sin grave tormento. Desde que le dijo Simeón aquellas palabras, la dió mi Padre clara luz para que viese lo que Yo había de padecer...» S. TERESA, Las Relaciones, Mercedes de Dios, XXXVI. (Probabilmente ricevé la Santa questo favore nel monastero dell'Incarnazione nel 1572.) Obras, II, Burgos, 1915, pag. 65.

7 Stabant autem iuxta crucem Iesu Mater eius... Io. XIX, 25.

8 «Et in hoc miro modo debet laudari et amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur. Et tantum etiam compassa est, ut, si fieri posset (al. potuisset), omnia tormenta quae Filius pertulit, ipsa multo libentius sustineret (al. sustinuisset).» S. BONAVENTURA, In I Sent., dist. 48, Dubia circa litteram Magistri, Dub. 4. Opera, ad Claras Aquas, III, 1882, pag. 861, col. 2. - Opera, ed. Rom., Mogunt., Lugd. (1668), IV, pag. 390 col. 2: in I Sent., dist. 48, art. 2, qu. 2, perché i Dubia circa litteram Magistri, non vengono separati dal testo stesso del Commentario.

9 «Tali etiam dic sicut hodie (cioè in die Purificationis) dolor meus augmentatus fuit. Nam licet sciebam Filium meum ex inspiratione divina passurum, tamen ex verbis Simeonis, quibus dixit gladium pertransiturum animam meam et Filium meum positum in signum cui contradiceretur, gravius perforabat cor meum dolor iste; qui, usquedum assumpta fui corpore et anima in caelum, numquam defuit a corde meo, licet ex consolatione Spiritus Dei temperabatur. Scire etiam te volo, quod ab isto die dolor meus sextuplex fuit:... in cogitatione mea... in auditu meo... in visu (tempore Passionis)... in tactu (in depositione de cruce et in sepultura Filii)... ex vehementi desiderio perveniendi ad Filium meum (post Ascensionem)... ex tribulatione Apostolorum et amicorum Dei... Sed licet gratia Dei perseverabat mecum, et voluntas mea erat secundum velle Dei, attamen dolor meus continuus erat, permixtus consolatione, donec assumpta fui corpore et anima in caelum ad Filium meum.» S. BIRGITTAE Revelationes, Coloniae Agrippinae, 1628, lib. 6, cap. 57, pag. 403.

10 «Quidquid enim crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit, aut potius nihil, comparatione ipsius tuae passionis, quae nimirum sua immensitate transfixit cuncta penetralia tui benignissimi cordis. Et utique, pia Domina,non crediderim te potuisse ullo pacto stimulos tanti cruciatus, quin vitam amitteres, sustinere, nisi ipse Spiritus vitae, Spiritus totius consolationis, Spiritus scilicet dulcissimi tui Filii, pro quo moriente tantopere torquebaris, te confortaret, te consolaretur, te intus doceret non esse mortem eum absumentem, sed magis triumphum omnia ei subiicientem, quod in ipso fieri coram moribunda (al. moribundo) videbasEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 5. ML 159-567, inter Opera S. Anselmi.

11 «Quoties ipsam prae immensitate doloris credis potuisse deficere, a quo ipsam summe miror etiam mortuam non fuisse? Moriebatur vivens, vivendo ferens dolorem morte crudelioremVitis mystica seu Tractatus de Passione Domini, cap. 10, n. 36. Inter Opera S. Bernardi, 184-658. - «Quomodo (al. quoties) ipsam prae immensitate doloris cordis, credis non potuisse (al. credis potuisse) deficere, a (al. ex) quo ipsam summe miror etiam mortuam non fuisse? Commoritur (al. Commoriebatur, al. Moriebatur) vivens, vivendo ferens dolorem morte crudelioremVitis mystica seu tractatus de Passione Domini, cap. 9, n. 1. Inter Opera S. Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, 1898, pag. 175, col. 1. - Vedi il nostro volume V, Appendice, 2, pag. 452, 453.

12 Sic ergo peccatum et pena peccati, quae per scelus corruptae mulieris intravit in mundum, per inviolatae virginis partum aufertur a mundo. Et quia in conditione generis humani per mulierem, quae de solo viro facta est, contigit ut mortis vinculo teneremur obstricti; hoc in redemptione humani generis divina bonitas egit, ut per virum, qui de sola muliere natus est, vita hominibus redderetur... Ibi femina decepta est, ut fieret filia diaboli; hic virgo gratia repleta est, ut fieret mater summi atque incommutabilis Unigeniti Dei.» De fide ad Petrum liber unus, cap. 2, n. 18, inter Opera S. Augustini. ML 40-759. - «Quia per sexum femineum cecidit homo, per sexum femineum reparatus est homo; quia virgo Christum pepererat, (femina resurrexisse nuntiabat).» S. AUGUSTINUS, Sermo 232, cap. 2, n. 2. ML 38-1108. - «Decipiendo homini propinatum est venenum per feminam: reparando homini propinetur salus per feminam. Compenset femina decepti se se hominis peccatum, generando Christum.» IDEM, Sermo 51, cap. 2, n. 3. ML 38-335.



13 (La nota di S. Alfonso: De laud. Virg., mostra che, invece di S. Epifanio, si deve leggere S. Efrem.) «Tu captivorum redemptio atque liberatio.» S. EPHRAEM, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus. Opera graece et latine, et latine tantum, III, Romae, 1746, pag. 575, col. 2.

14 «Haec namque est hortus conclusus ille deliciarum, fons signatusCant. IV, 12), puteus aquarum viventium, reparatio vitae...» Inter Opera S. Hildefonsi, Sermones dubii, Sermo 1 de Assumptione B. V. M. ML 96-242. - «Haec est anima illa beata... per quam omnis maledicto soluta est priorum parentum, et caelestis benedictio in toto venit mundoIbid., Sermo 2 de Assumptione, col. 252. - «Est igitur sancta et venerabilis virgo Maria... reparatio EvaeIbid., Sermo 4 de Assumptione, col. 258 - «Felix, inquam, mater, per quam generis nostri vita est reparataIbid., Sermo 7 de Assumptione, col. 268. - EADMERUS, monachus Cantuariensis, De excellentia Virginis, cap. 9, inter Opera S. Anselmi, ML 159-553: «Promeruit ut reparatrix perditi orbis dignissime fieret

15 «O Domina, sola tu meum ex Deo solatium: divinus ros in me exsistensis aestus: exarescentis cordis mei divinitus affluentes guttae... gemituum meorum cessatio, calamitatum depulsio...» S. GERMANUS, Patr. CP., Orationes, IV, Encomium in S. Deiparam, quando triennis praesentata est in templo (in Praesentationem oratio II). MG 98-318.

16 «Si, inquam, Christus credentium frater, cur non ipsa, quae Christum genuit, sit credentium mater?» S. AMBROSIUS AUTPERTUS, Abbas Beneventanus (+ 778), Sermo de lectione evangelica, in Purificatione S. Mariae, n. 7. ML 89-1297.

17 Non abbiamo trovato questo titolo dato a Maria da S. Agostino. Egli però la chiama «plane mater membrorum eius (Christi), quod nos sumus.» S. AUGUSTINUS, Liber de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399. - Serm. 2 de Ass., dice S. Alfonso. Secondo il Marracci (Bibliotheca Mariana, v. Augustinus Hipponensis), furono almeno due Sermones de Ass. attribuiti a S. Agostino. - S. EPIPHANIUS, Adversus haereses: Adversus Antidicomarianitas, quae est haeresis 58 sive 78, n. 18, MG 42-727: «A Maria Virgine vita ipsa est in mundum introducta, ut Viventem pariat, et viventium Maria sit mater

18 «O Dei susceptrix Virgo et mater vitae...» S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio XII, In Dormitionem SS. Deiparae Dominae nostrae, I. MG 97-1054.

19 «Ad matrem de cruce convertitur... Movebat enim eum matris affectio, et omnino tunc erat una Christi et Mariae voluntas, unumque holocaustum ambo pariter offerebant Deo: haec in sanguine cordis, hic in sanguine carnis. - Verum altius repetenda sunt operis huius capitula, et brevi est sermone colligendum quo initio, quo progressu ad hunc beatitudinis cumulum Virgo sancta devenerit, ut cum Christo communem in salute mundi effectum obtineatErnaldus sive ARNALDUS, Abbas Bonaevallis, Libellus de laudibus B. M. V. ML 189-1727.

20 «Insuper, amantissima Dei Virgo Christifera dici potest mundi salvatrix propter eminentiam, virtuositatem et meritum suae compassionis, qua patienti Filio fidelissime ac acerbissime condolendo, excellenter promeruit ut per ipsam, hoc est per preces eius ac merita, virtus ac meritum Passionis Christi communicetur hominibus.» D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 2, art. 23. Opera, XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 99, col. 1, 2.

21 S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V. sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441: «Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam

22 Nelle ediz. antecedenti al 1776 si legge: «Per le sue preghiere si moltiplichi il numero degli eletti, cioè la fortunata discendenza de' suoi figli, per quali ella tiene e protegge tutti i suoi divoti

23 «Poco disuguali furono le accoglienze che in una festività della Purificazione le furono fatte dalla medesima Signora nostra, riportando, nel fine di soavissimi abboccamenti, certa promissione, che in suo riguardo sarebbon ogni anno in tal giorno aperti i tesori della misericordia ad un peccatore, ed introdotta un'anima dal purgatorio nel cieloGio. Andrea ROTA, Vita di Suor Pudenziana Zagnoni, Vergine bolognese, cap. 19, pag. 244, 245. Bologna, 1665.

24 S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V. sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441.

25 Olimpia rimproverava al figlio Alessandro la sua troppa generosità verso gli amici: «Alia, inquit, ratione amicis tuis benefac, eosque in honore habe; nunc quidem omnes regis aequales facis, multosque illis amicos, tibi solitudinem parasAlessandro non permise che la madre s'intromettesse nelle cose di governo o di guerra; ma sopportò i suoi importuni rimproveri. «Multa ad matrem munera misit; curiose in suas res inquirere, inque rebus bellicis se ingerere eam non est passus; reprehendentis morositatem aequo animo tulit; nisi quod semel quum Antipater (il quale già sotto Filippo aveva comandato l'esercito macedone, ed era rimasto in Macedonia come prefetto di provincia) longas contra ipsam scripsisset litteras, lectis iis: «Ignorat, dixit, Antipater infinitas litteras unica matris lacrima obliterariPLUTARCHUS, Alexander, § 39. Opera, Parisiis, Firmin-Didot, II, pag. 820, 821.

26 Addosso, sopra di sé.

1 «Volo te mortem etsi non effugere, certe vel non timere. Iustus quippe mortem, etsi non cavet, tamen non pavet... Moritur quidem et iustus, sed secure; quippe cuius mors ut praesentis est exitus vitae, ita introitus melioris. Bona mors, si peccato moriaris ut iustitiae vivas... Dum vivis in carne, morere mundo, ut post mortem carnis, Deo vivere incipias... O quam beati mortui qui in Domino moriuntur, audientes a Spiritu, ut requiescant iam a laboribus suis (Apoc. XIV, 13)! Non solum autem; sed et succedit iucunditas de novitate, ac de aeternitate securitas. Bona proinde mors iusti propter requiem, melior propter novitatem, optima propter securitatemEsorta S. Bernardo il suo corrispondente, per acquistar questo prezioso tesoro della buona morte del giusto, a lasciare il mondo, secondo il proposito che ne avea formato. Poco sopra (col. 210) gli ha detto: «Rumpe moras, fac cito quod scripsisti... Quid tardas ipsum, quem iamdudum concepisti, spiritum parturire salutis? Nil mortalibus vel morte certius, vel incertius hora mortis... Vae praegnantibus in illa die,» a quelli cioè che, in quell'ora, per negligenza non avran partorito quei buoni proponimenti che avean concepiti. S. BERNARDUS, Epistola 105, ad Romanum Curiae Romanae subdiaconum. ML 182-210, 211.

2 «Deus meus et omnia. Quis es tu, dulcissime Domine Deus meus, et quis sum ego vermiculus servus tuus? Sanctissime Domine, vellem te diligere. Dulcissime Domine, vellem te diligere. Domine Deus, ego vobis totum cor meum et corpus meum dedi, et vehementer desidero, si tamen scire possem, pro vestro amore plura facereOratio quotidiana B. P. FRANCISCI. Opera (cura Delahaye), Pedeponti, 1739, pag. 20, col. 1.

3 Meditationes vitae Christi, cap. 3 (inter Opera S. Bonaventurae, Romae, Moguntiae, Lugduni, 1668, VI, 336). Parla Maria SS. alla santa: «Cum, inquit, pater meus et mater mea me dimiserunt in templo, statui in corde meo habere Deum in patrem: et devote ac frequenter cogitabam quid possem facere Deo gratum... et feci me doceri legem Dei mei. Ex omnibus tamen praeceptis divinis, tria praecepta praecipue servavi in corde meo, videlicet: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo...; item: Diliges proximum tuum sicut teipsum; item: Habebis odio inimicum tuum» (cioè, come lo spiega, più oltre, i vizi e i peccati: odio che nasce dalla stessa carità). «Ista... servavi in animo meo, et statim omnes virtutes comprehendi quae in ipsis continentur... Anima... aliquam virtutem habere non potest, si Deum toto corde non diligat. Ab isto enim amore descendit omnis gratiae plenitudo.» - Vedi Appendice, 5, pag. 528 e seg.

4 «Talis ascendisti per desertum (o beata Maria), id est animam habens valde solitariamRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment. in Cantica Cantic., lib. 3. ML 168-877.

5 «Tunc quasi loquentia simul, opera dicent: Tu non egisti; opera tua sumus, non te deseremus, sed tecum semper erimus, tecum pergemus ad iudicium.» S. BERNARDUS, Meditationes piissimae de cognitione humanae conditionis, cap. 2, n. 5. ML 184-488. - Vedi Appendice, 8, B. pag. 546 e seg.

6 Chi sia questa anonima suora Teresiana, se compagna di S. Teresa o contemporanea di S. Alfonso, non ci è dato saperlo.

7 «Intellexit autem vir sanctus migrationis diem advenisse. «Hactenus, inquit, filii, per iocum res acta est, serio nunc agitur. Prope est sponsus, eundum illi obviam;» et sublatis oculis in caelum: «Venio, inquit, ad te, bone IesuObservatum est autem ab iis qui ministrabant ei, quod aliquando plenus animi, ardore quodam spiritus in caelum ferri gestiebat: interdum vero in profundum sese humilitatis adiiciens, pertimescere videbatur divinum iudicium. Nam dum ego ad eum non sine lacrimis dicerem: «Quam laeto animo migrare debes, o pater, cui palma caelorum parata est!» - «Decerni, inquit, fili, fortibus solet haec palma, non ignavis, meique similibus.» Haec humilitatis, illa vero quam plena fiduciae! Nam cum nos lacrimari videret: «Abite, ait, hinc, cum vestris lacrimis: tempus laetitiae est, non lacrimarum;» sic in fiducia Macarium, in timore Arsenium referens, inter utrumque medius incedens, ut cum fiducia metueret, nec sine timore confideretBernardus IUSTINIANUS (nipote del santo: «necessitudine nepos, pietate filius,» come egli stesso si chiama nella Prefazione, col. 1), Vita B. Laurentii Iustiniani, a principio delle Opere, Lugduni, 1628. - Nella I ediz.: «Andate altrove a piangere, se volete piangere la mia morte

8 Francesco MARCHESE, dell'Oratorio, Vita, Venezia, 1702, lib. 5, cap. 7. n. 6, 7, pag. 209: «(Ricevuto il SS. Viatico), non sì tosto fu lasciato solo, che... fu soprapreso da una gioconda estasi... comunicandogli il Signore tenerissimi sentimenti di pietà, e rivelandogli chiaramente le ore che gli restavano di vita. Con tali felici novelle ritornato... ai sensi, dimandò al medico quanto egli credeva che dovesse ancora sopravivere; ed essendogli... risposto che non avrebbe tardato molto, col volto tutto allegro e con le labbra ridenti, proferì le parole del Salmo: Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus- Cap. 9, n. 4, 5, 6, pag. 211, 212: «Stava egli... aspettando la morte con mirabile tranquillità di mente, la quale si scorgeva anco nella faccia ridente e serena... Rimase per lo spazio d'un quarto d'ora sospeso in altissima contemplazione... Ritornato... in sé... proruppe in queste parole: «Figli, non vedete che qui sono la SS. Trinità, la gloriosa Vergine Maria, e san Giovanni Evangelista?»... Si pose inginocchioni sopra il letto... recitando... il Salmo: Voce mea ad Dominum clamavi... Finalmente, stando così genuflesso, sostenuto dai suoi nelle braccia, finito di recitare le ultime parole del detto salmo: Me exspectant iusti, donec retribuas mihi... con voce soave e quasi angelica proruppe in queste parole: Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus, e poco dopo, come se desse un soave respiro, rendette l'anima a Dio

9 «In questo ratto si tiene che gli fosse rivelato il giorno determinato della sua morte, perché predisse poi chiaramente a più persone che egli sarebbe morto nel giorno ottavo dela festa del Corpus Domini, come seguì... E perché in tanto se gli aggravò il male in modo, che anche il Padre Vincenzo Bruno, prefetto degli infermi ed intendente di medicina, gli confermò che poco gli poteva restare di vita, servendosi Luigi di questa notizia disse ad un fratello: «Non sapete la buona nuova che ho avuta, di dover morire fra otto giorni? Di grazia, aiutatemi a dire il Te Deum laudamus, ringraziando Dio di questa grazia che mi fa;» e dissero quest'inno insieme divotamente. Poco dopo entrando pure in camera sua un Padre suo condiscepolo, con allegrezza gli disse: «Padre mio, laetantes imus, laetantes imusCEPARI, Vita di S. Luigi Gonzaga, parte 2, cap. 30.



10 Ven. BERNARDINUS DE BUSTO, Sermones, Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 2, De nativitate Mariae, sermo 5 De divinae sponsae conditionibus, pars 7, De sponsae caelestis dote ac dotatione, pag. 188, col. 2 (de dotatione voluntatis Mariae): «Aliqui etiam doctores dicunt, quod, licet de communi lege creatura viatrix non possit amare Deum actualiter et continue, sed interrupte, quia, dum vertitur ad alia, nec de Deo cogitat, nec consequenter ipsum actualiter amat, saltem quando dormit: tamen ipsa gloriosissima Virgo, de privilegio singulari, continue et semper Deum amabat actualiter: non solum dum vigilabat, sed et quando dormiebat, semper de Deo cogitabat et ipsum amabat: quia licet eius corpus dormiret, animus tamen et cor ipsius vigilabat

11 Non sappiamo se e dove S. BERNARDO abbia proferito questa sentenza. Certo, egli scrisse, in Cantica, sermo 29, n. 8, ML 183-932, 933: «Est etiam sagitta electa amor Christi, quae Mariae animam non modo confixit, sed etiam pertransivit, ut nullam in pectore virginali particulam vacuam amore relinqueret, sed toto corde, tota anima, tota virtute diligeret.» È cosa manifesta che, senza un aiuto speciale di Dio, quella «saetta» così penetrante avrebbe portato con sé la morte, massimamente trasformandosi l'amore in quel dolore, in quel martirio e più che martirio, così vivamente descritto da San Bernardo, Sermo in «Signum magnum», n. 14, 15, ML 183-437, 438; la qual descrizione comincia e si conchiude così: «Martyrium sane Virginis... tam in Simeonis prophetia quam in ipsa dominicae Passionis historia commendatur... Ille (Filius) etiam mori corpore potuit, ista (Mater) commori corde non potuit? Fecit illud caritas qua maiorem nemo habuit: fecit et hoc caritas, cui post illam similis altera non fuit.»

12 «Talis fumus, imo talis «fumi virgula», tu, o beata Maria, suavem odorem spirasti Altissimo, caelestibus disciplinis erudita atque extenuataRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment. in Cantica Cantic., lib. 3. ML 168-877.

13 In vece di: «Ed Eustachio», leggi: «E S. Girolamo (o Sofronio o altri) ad Eustochio.» - «Ex persona supernorum civium in eius ascensione admirans Spiritus Sanctus ait in Canticis (III, 6): Quae est ista quae ascendit per desertum, sicut virgula fumi ex aromatibus? Et bene quasi virgula fumi, quia gracilis et delicata, quia divinis extenuata disciplinis, et concremata intus in holocaustum incendio pii amoris et desiderio caritatis. Ut virgula, inquit, fumi ex aromatibus: nimirum quia multis repleta est virtutum odoribus: manans ex ea fragrabat suavissimus odor etiam spiritibus angelicisEpistola (IX) ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 8. Inter Opera S. Hieronymi, ML 30-129.

14 Vedi Appendice, 9, pag. 548 e seg.

15 Non abbiamo ritrovato questa sentenza presso S. Idelfonso.

16 «Caelestis autem huius ac beatissimae Virginis Mariae cella, fuit caelum: in quo cum universis desideriis suis tota inclusa fuit. Schola illius, fuit aeternitas: enimvero a rebus temporalibus prorsus remota et libera erat. Paedagogus eius, divina veritas fuit: cuncta namque ipsius vita iuxta hanc solam dirigebatur. Liber eius, conscientiae ipsius fuit puritas: in qua numquam non inveniebat unde delectaretur in Domino. Speculum illius, divinitas fuit: nullas namque imagines, nisi in Deum transformatas et Deum indutas, in se recepit. Ornatus eius, devotio illius fuit: soli quippe interiori vacabat homini. Quies eius, unitas eius cum Deo fuit: quandoquidem cordis illius locus et thesaurus, solus Deus erat. Hanc devotissimus nunc, oro, pulsemus precibus, ut in suam nos ipsa curam suscipiat, et sicut ipsa hodie nata fuit, ita et nos omnes in nostram regeneret originem et principium Deum, cui est omnis honor et gloria in saecula saeculorum. Amen.» IO. TAULERUS, O. P., Sermones de festis et solemnitatibus Sanctorum, Lugduni, 1558, Sermo in Nativitate gloriosissimae Virginis Mariae (in fine), pag. 126.

17 « Fortassis ergo prae nimio amore, in loco quo sepultus dicitur, interdum habitasse eam credimus; quatenus piis pasceretur internus amor obtutibus. Sic namque locus medius est hinc inde constitutus, ut adire posset ascensionis eius vestigia, et locum sepulturae ac resurrectionis et omnia in quibus passus est, loca invisere: non quod iam viventem quaereret cum mortuis, sed ut suis consolaretur aspectibus. Hoc quidem habet impatiens amor ut, quae desiderat, semper invenire se credat... Quae scilicet beata Virgo Maria, quamvis iam in spiritu esset, tamen dum in carne vixit, carnalibus movebatur sensibus, et ideo quam saepe locorum recreabatur visitationibus: et quem genuerat, mentis complectebatur amplexibusSOPHRONIUS, ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 13. Inter Opera S. Hieronymi, in Mantissa, Epistola IX. ML 30-136, 137.

18 Le ediz. antecedenti al '76: amata.

19 CEDRENUS, Historiarum compendium, MG 121-366: «Ea (Maria) quindecim ante diebus suum exitum cognovit. Triduoque ante archangelus ad eam venit, praemium portans.» - NICEPHORUS CALLISTUS, Historia ecclesiastica, lib. 2, c. 21, MG 145-810. - Symeon Logotheta, cognomento METAPHRASTES, Vitae Sanctorum, Mensis Augustus, Oratio de Sancta Maria, n. 38, MG 115-557: «Cum... aetate provecta ad multam senectutem pervenisset, et peregrinationis tempus praesens esset, per angelum, se migraturam esse, a Filio edocta est, sicut et antea, quo tempore in eius ventrem ingressurus erat, nuntiatum illi fuerat

20 S. ANDREAS CRETENSIS (+ 675), Oratio 12, prima in Dormitionem SS. Deiparae Dominae nostrae. MG 97-1066. - Cf. Oratio 13, secunda in Dormitionem. MG 97-1087. - S. IO. DAMASCENUS, Hom. II in Dormitionem B. V. M., n. 18. MG 96- 747, 750, 751. - Euthymiaca Historia, lib. 3, cap. 40: presso S. Giovanni Damasceno, Hom. 2 in Dormitionem B. V. M., n. 18. MG 96, col. 747-751. - Vedi Appendice, 10, pag. 553 e seg.

21 «At vero non infirmioribus eam sermonibus circumstantium sanctorum, qui adhuc in corpore versabantur, multitudo retrahebant, his fere verbis: Mane nobiscum, nostra consolatio, unicuique in terra solamen. Ne nos orphanos deseras, benigni illius et misericordis Mater, qui Filii tui causa periclitamur. Te laborum requiem sudorumque refrigerium habeamus. Tibi remanere volenti potestas in promptu est, et abire cupienti nihil impedimento est. Sin abeas, o Dei tabernaculum, una quoque nobis, qui tuus ob tuum Filium populus sumus, abire liceat. Tu sola nobis in terra consolatio relicta es: et te vivente, simul vivere, et moriente, mori beatum est. Quid vero, moriente, dicimus? Tibi namque mors vita est, imo vita praestantior, hancque vitam incomparabiliter antecellens: nobis vero vita omnis expers vitae est, consuetudine tua destitutis.» S. IO. DAMASCENUS, Homilia 2 in Dormitionem B. V. M., n. 8. MG 96-734, 735.

22 Di questo particolare, tace il Damasceno. - METAPHRASTES, Vitae Sanctorum, Mensis Augustus, Oratio de Sancta Maria, n. 38, MG 115-557: «Virgo ergo ad Ioannem aspiciens virginem, cum pauca cum eo esset locuta, deinde: «Duas, inquit, tunicas quas toto vitae tempore habui tegumentum mei corporis, eas dari iubeo hisce duabus mulieribus.» - NICEPHORUS CALLISTUS, Historia ecclesiastica, lib. 2, cap. 21, MG 145-810, 811: « Tum virgini discipulo et itidem aliis ipsa Virgo praecipit, ut duas eius tunicas vicinis viduis, quae praeter ceteras propensiore erga eam amore atque pietate fuissent, donent.» - IDEM, id. op., lib. 15, cap. 24, MG 147-70: «Veneranda immaculatae Matris vestis Constantinopolim... perlata est. Hanc, sicuti diximus, Mater Dei ad Filium migrans, mulieri Hebraeae quae virgo erat, reliquit; quae etiam usque ad illud ipsum tempus ex successione incorrupta permansit, et multa miracula edidit.» - GIUSEPPE DI G. M., Carm. Sc., Vita ed eccellenze della Vergine Maria nostra Signora, lib. 5, cap. 13, n. 2. Napoli, 1730, pag. 407: «Due tonache, che avevano a lei servito in vita, voleva che in morte le ereditassero due pietose vergini sue vicine... e sebbene in questo luogo Niceforo Callisto chiamò queste donne vedove... si corresse poi in un altro luogo chiamandole vergini

23 Revelationes SS. Virginum Hildegardis et Elizabethae Schoenaugiensis, O. S. B., Coloniae Agrippinae, 1628. Pag. 204: Liber IV S. Elizabethae virginis (prooemium). «... Veni in mentis excessum, cum labore vehementi. Et vidi in loco valde remoto sepulcrum quoddam multo lumine circumfusum, et quasi speciem mulieris in eo, et circumstabat multitudo angelorum. Et post pusillum erecta est de sepulcro; pariterque cum illa multitudine adstantium elevata est in sublime. Cumque aspicerem, ecce in occursum eius venit de altitudine caelorum vir supra omnem aestimationem gloriosus, portans in dextera signum crucis, in quo et vexillum apparuit; quem intelligebam esse ipsum Dominum Salvatorem; et infinita millia angelorum cum eo: sicque eam alacriter suscipientes, cum magno concentu in superna caelorum evexerunt.» Ciò vide la Santa, non già nella morte di Maria, ma nella sua Assunzione.

24 Niente abbiamo trovato, presso S. Giovanni Damasceno, su questo argomento. Però, la cosa ci sembra, per se stessa, assai verisimile. Avendo voluto Gesù Cristo esser il Viatico di ogni semplice cristiano, quanto più ebbe questa degnazione per sua Madre! È pur vero che abbia potuto farle somministrare il Sacramento dell'Eucaristia per altre mani, poniamo di S. Giovanni Evangelista. Che sia comunicata Maria, è certo. Ma si può pure piamente credere che abbia voluto Gesù medesimo restituire a Maria, per la sua ultima santificazione, quella Carne e quel Sangue che da essa volle ricevere per essere a tutti Pane di vita eterna. Non ha forse egli fatto questa grazia, a più santi e sante, di comunicarli di sua propria mano? - Così pensa anche GERSONE, Tractatus 9 super «Magnificat», prima partitio, Opera, Antverpiae, 1706, IV, pag. 398, 399: «Iesu, tua fruitio sacramentalis implevit Mariam prius bonis, quam obiret, id est obviam tibi Christo iret, et assumeretur in caelum. Nec abhorret a pietate fidei, quia tu, benedictus fructus ventris sui, totus festivus adveniens, dederis sibi, sicut postmodum Dionysio in carcere, mysterium hoc corporis dicens: «Accipe hoc, cara mea, quod mox complebo tibi in regno meo cum Patre meo.»

25 «Ad cuius profecto exsequias - quantum fas est credere - famulabantur angeli, et universae caelorum congratulabantur curiae. Nec mirum, quia honor maternus eius est, qui est natus ex ea... Legimus enim quam saepe ad funera et ad sepulturas quorumlibet sanctorum angelos advenisse, et... obsequia praestitisse: necnon et animas electorum usque ad caelos cum hymnis et laudibus detulisse: ubi et utriusque sexus chori commemorantur frequenter auditi: interea... multo nonnumquam lumine eosdem resplenduisse; insuper et adhuc viventes in carne, ibidem miri odoris fragrantiam diutius persensisse. Quod si... Salvator noster... talia et tanta dignatus est exhibere per suos caeli ministros circa defunctos: quanto magis credendum est hodierna die militiam caelorum cum suis agminibus festive obviam venisse Genitrici Dei, eamque ingenti lumine circumfulsisse, et usque ad thronum... sibi... paratum, cum laudibus et canticis spiritualibus perduxisseDe Assumptione B. M. V., n. 8. Inter Opera S. Hieronymi, ML 30-130.

26 «Mater loquitur... Hi vero qui tunc mecum erant in domo, quando tradidi spiritum, bene noverunt ex insolito lumine qualia divina tunc mecum agebantur.» S. BIRGITTAE Revelationes, Coloniae Agrippinae, 1628, lib. 6, cap. 62, pag. 409, col. 1.

27 BARTOLI, Vita, lib. 1, cap. 12. Opere, Torino, 1825, XX, pag. 105, 110.

28 L'ed. veneta del 1760: brillante.

1 «Nobis vero, carissimi, quae in eius Assumptione solemnitatis occasio, quae causa laetitiae, quae materia gaudiorum?... Merito... resonat in excelsis gratiarum actio et vox laudis; sed plangendum nobis quam plaudendum magis esse videtur.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo 1, n. 1. ML 183-415.

2 In festo Assumptionis, Introitus.

3 «Secundus status gloriosae Virginis Mariae positus a Propheta (con queste parole: Surge, Domine, in requiem tuam, tu et arca sanctificationis tuae: Ps. CXXXI 8), est amorosissimae obviationis, ita quod verbum Prophetae sit vox una omnium Beatorum iubilantium, exsultantium et applaudentium, atque exhortantium Dominum ire obviam suae benedictae Matri, ac dicentium: Domine, in requiem tuam, scilicet, obvius vade tu cum omni exercitu beatorum. Vocant enim beatam Virginem requiem Christi, non tamen (leggi: tantum) quia in ea novem mensibus requievit, verum etiam quia plus per quietum amorem requievit in ea, quam in tota alia rationali creatura: sicut Eccli. XXIV, 12, ipsa beata Virgo testatur dicens: Et qui creavit me, requievit in tabernaculo meo.» S. BERNARDINUS SENENSIS, De Assumptione gloriosae Virginis Mariae Sermo, art. 2, prooemium. Opera, Venetiis, 1745, IV, p. 121, col. 1. - Tractatus de B. Virgine, Sermo 11, In festo Assumpt. gloriosae Virg. Mariae, art. 2, prooemium, Opera, Venetiis, 1591, III, pag. 127, col. 1, 2.

4 IV Reg. II, 11.

5 «Quid ergo tu cum hominibus, quamvis sanctis? Cur non potius... solitudinem expetisti remotior quam Ioannes Baptista, secretior quam Elias, ut solite scirent, tibique famularentur angeli sancti... donec tuis completis diebus, ad transferendum te in caelum aethereum non unus tantum currus igneus, sed totus cum rege suo Filio tuo veniret atque occurreret angelorum exercitusRUPERTUS Abbas, Comm. in Cantica Cant., lib. 5. ML 168-911, 912.

6 «O quis exprimere posset caelestis curiae iucunditatem atque solemnitatem, quando surrexit Rex gloriosus Iesus festinus et laetus, et regali decore laureatus, et totam beatorum civitatem commovit, ut omnes caeli cives occurrerent Virgini Matri ascendenti... Surrexit igitur gloriosus Iesus in occursum suae dulcissimae Matris.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Ord. Min. Sermones pro festivitatibus B. M. V., sermo 12, De Assumptione gloriosae Virginis Mariae, art. 2, prooemium. Opera, IV, Venetiis, 1745, pag. 121, col. 1. - Cf. ibid., cap. 2, pag. 121, col. 2. - Opera, Venetiis, III, 1591, Tractatus de B. V., Sermo 11 et ultimus, In festo Assumptionis, art. 2, prooemium, pag. 127, col. 2. - Cf. cap. 2, pag. 128.

7 «Sed, o bone Iesu, istius tuae dulcissimae Matris piissime fili, quomodo potuisti pati ut, te in regnum gloriae tuae remeante, illam quasi orbatam in miseriis mundi relinqueres, et non eam statim tecum regnaturam assumeres?... Prudentiori... et digniori consilio usus, praecedere illam volebas, quatenus ei locum immortalitatis in regno tuo praeparares, ac sic comitatus tota curia tua festivius ei occurreres, eamque sublimius, sicut decebat tuam Matrem, ad teipsum exaltaresEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 7. Inter Opera S. Anselmi. ML 159-571.

8 «Attolle iam oculos ad Assumptionem Virginis, et, salva Filii maiestate invenies occursum huius pompae non mediocriter digniorem (quam in Ascensione Domini). Soli quippe angeli Redemptori occurrere potuerunt; Matri vero caelorum palatia penetranti Filius ipse, cum tota curia tam angelorum quam iustorum solemniter occurrens, evexit ad beatae consistorium sessionisNICOLAUS Monachus, S. Bernardi aliquando notarius, Sermo in Assumptione B. M. V. Inter Opera S. Petri Damiani, Sermo 40. ML 144-717, 718.

9 «Ego sum qui patrem et matrem filiis honorandos commendavi; ego ut facerem quod docui, et exemplo essem aliis, ut Patrem honorarem, in terram descendi; nihilominus, ut Matrem honorarem, in caelum reascendi. Ascendi, et praeparavi ei locum... Veni igitr, electa mea...» GUERRICUS, Abbas, In Assumptione B. Mariae, sermo 2, n. 6. ML 185-193.

10 Delle omilie di Origene sulla Cantica, due sole rimangono; che vanno fino al cap. II, v. 14. - PACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae, In Ps. 86, Excitatio 15, n. 8: «Una omnium in caelo erat laetantium (vox) atque dicentium: Quae est ista quae ascendit de deserto, deliciis affluens, innixa super dilectum suum? Transfert Origenes: «Super pectus recumbens dilecti.» Ac si amoris pondus eam totam inclinasset, ubi sedes erat amoris, nempe ad cor sui dilectissimi dulcissimique Filii



11 «Quod si oculus non vidit, nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit, quae praeparavit Deus diligentibus se: quod praeparavit gignenti se, et, quod omnibus est certum, diligenti prae omnibus, quis loquatur?» S. BERNARDUS, In Assumpt. B. V. M., sermo 1, n. 4. ML 183-416, 417.

12 In officio Assumptionis B. M. V.: V). et R). ad utrasque Vesperas et ad Laudes; Ant. 1 in Noct. 1; R). et V). ad Tertiam.

13 «Mariam dico exaltatam super choros angelorum, ut nihil contempletur supra se Mater nisi Filium solum; nihil miretur supra se Regina nisi Regem solum; nihil veneretur supra se Mediatrix nostra nisi Mediatorem solum.» (Non Guglielmo, ma) GUERRICUS Abbas, In Assumptione B. Mariae, sermo 1, n. 7. ML 185-190.

14 S. THOMAS, Sum. Theol., I, qu. 108, art. 1 et 6. -DIONYSIUS AREOPAGITA, De caelesti hierarchia, c. 6, § 1, 2. MG 3, col. 199-202.

15 «Constituit ipsa sola hierarchiam secundam, sub Deo trino et uno, Hierarcha primo et summo; apud quem Hierarcham humanitas Filii sui sola sublimata, sedet a dextris virtutis Dei per unitatem suppositiIoannes GERSONIUS, Tractatus quartus super «Magnificat». Opera, Antverpiae, 1706, IV, col. 286.

16 «Plus improportionabiliter differt dominus a servo, quam servus a servo. Omnes angeli sunt administratorii spirtitus, id est servi, dicit Apostolus ad Hebr. I, 14; B. Maria est Domina angelorum. Seraphin ergo se habet ad Cherubin ut servus ad servum; B. Maria ut Domina ad servos; ergo improportionabiliter est super Seraphin, qui est ultimus ordo in suprema hierarchia: unde super omnem hierarchiam exaltata.» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 20, § 15. Veronae, 1740, IV, col. 1065.

17 «Hincque decet nos eam respicientes, nec non ex ea genitum carniferum Filium dicere: Nunc «astitit a dextris tuis in vestitu deaurato, circumamicta, circumdata varietate»... Dicamus igitur iterum atque iterum semper et in perpetuum, cum ad ipsum Regem Dominum et Deum, tum ad ipsam Reginam, Dominam et Deiparam respicientes, ex motu quodam contemplationis spiritualis ac perspicacis oculi nostri: «Astitit Regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumamicta, varietate circumdataSermo in Annuntiationem Deiparae, n. 14. Inter Opera S. Athanasii, MG 28-938. Sospetta Baronio, Epistola apologetica, VIII, ibid., col. 918 che questo Sermone sia «Anastasii, episcopi Antiocheni, sanctitate et eruditione clarissimi



18 «Sicut incomparabile est quod gessit et ineffabile donum quod percepit, ita et inaestimabile atque incomprehensibile praemium et gloria, non dico inter ceteras sacras virgines, verumetiam ultra omnes sanctos, quam promeruit.» Inter Opera dubia S. Hildefonsi, Sermo 2 De assumptione B. Mariae. ML 96-251.

19 S. THOMAS, Sermones pro dominicis diebus et pro Sanctorum solemnitatibus, qui ex Bibliotheca Vaticana nunc primum in lucem prodeunt. Opera, Romae, 1570, XVI. Fol. 40, col. 2, 3: In Assumptione B. M. V. ex epistola. «Quasi cedrus exaltata sum in Libano, etc. Eccli. XXIV (17 et seq.). Per sex arbores quibus comparatur exaltatio Beatae Virginis in ista epistola, intelligi possunt sex ordines beatorum... Est ergo sensus, quod Virgo est exaltata sicut angeli, patriarchae et prophetae, apostoli, martyres, confessores et virgines: et est liptote, qui pauca dicit, significatque magna. Fuit enim exaltata super choros angelorum et super omnes sanctos; nec mirum si est sicut angeli, pattriarchae, etc. Habuit enim meritum angelorum angelice vivendo... Habuit enim meritum prophetae prophetando: Luc. I, 48: Beatam me dicent omnes generationes: vidit enim spiritu prophetico, et prophetavit quod debebat beatificari ad omnibus gentibus, et quod omnes gentes debebant recipere Filium Dei, et suum. Habuit meritum apostolorum et evangelistarum docendo. Multa enim scripta sunt et praedicata, quae non potuerunt sancti nisi per revelationem eius scire, sicut de ingressu angeli in conceptione, et aliis pluribus. Habuit meritum martyris, mortem crucis cum Filio patiendo. Lucae II, 35: Et tuam ipsius animam pertransibit gladius. Habuit meritum confessorum, devote Domino confitendo. Luc. I, 47: Magnificat anima mea Dominum. Habuit meritum virginum, inchoando virginitatem, et conservando. Luc. I, (26, 27, 28): Ingressus est angelus Gabriel ad Mariam virginem. Et sicut habuit meritum omnium et amplius, ita congruum fuit ut super omnes ponatur... ordines caelestium.» - Cf. HURTER, S. I., Sermones S. Thomae, qui circumferuntur, Oeniponte, 1874, Sermo 200.

20 «Quantum enim gratiae in terris adepta est prae ceteris, tantum et in caelis obtinet gloriae singularis.» S. BERNARDUS, In Assumpt. B. M. V., sermo 1, n. 4. ML 183-416.



21 B. Claude de LA COLOMBIÈRE, Sermons prêchés devant S. A. R. Madame la Duchesse d'York, Lyon, 1692, II, Sermon 31, pour le jour de l'Assomption de la Sainte Vierge, exorde, pag. 272, 273: «De tous les éloges qui ont été donnés à Marie, lorsqu'elle était encore parmi les hommes, le plus magnifique sans doute, fut celui qu'elle reçut de Dieu même par la bouche de Gabriel, lorqu'il l'appela pleine de grâce: Ave, gratia plena. Mais présentement, qu'elle est élevée au-dessus des Anges, on doit ajouter quelque chose à cet éloge; et ce que l'on peut dire de plus grand en sa faveur, si je ne me trompe, c'est qu'elle est pleine de gloire. Gloria Domini plenum est opus eius. (Eccli. XLII, 16). Je n'ignore pas que cette plénitude, prise en un certain sens, est commune à tous les saints... Mais il s'en faut beaucoup que la plénitude de leur félicité n'égale le comble de la gloire de la Sainte Vierge: leurs richesses, comparées à celle de leur Reine, peuvent passer pour indigence... Il est certain qu'elle est, dans le paradis, ce qu'elle a été sur la terre, la choisie, la bien-aimée; il est certain qu'entre les Bienheureux mêmes, elle est la Favorite et la Bienheureuse

22 «Excepta itaque sancta virgine Maria, de qua propter honorem Domini nullam prorsus, cum de peccatis agitur, haberi volo quaestionem... hac ergo Virgine excepta, si omnes illos sanctos et sanctas, cum hic viverent, congregare possemus et interrogare utrum essent sine peccato, quid fuisse responsuros putamus?... Rogo vos, quantalibet fuerint in hoc corpore excellentia sanctitatis, si hoc interrogari potuissent, nonne una voce clamassent: Si dixerimus quia peccatum non habemus, nos ipsos seducimus, et veritas in nobis non est.» S. AUGUSTINUS, De natura et gratia lib. unus, cap. 36. ML 44-267.

23 Le ediz. precedenti al 1776 hanno: definito.

24 «Si quis hominem semel iustificatum dixerit amplius peccare non posse, neque gratiam amittere...aut contra, posse in tota vita peccata omnia, etiam venialia, vitare, nisi ex speciali Dei privilegio, quemadmodum de beata Virgine tenet Ecclesia, anathema sit.» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio VI, De iustificatione, canon 23.

25 I Cor. XII, 4.

26 Commune Confessoris Pontificis, Antiphona 2 ad Laudes et per Horas; capitulum ad Sextam.

27 RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Can. Reg. O. S. Aug., ex praeposito Uticensi abbas Cellensium apud Biturigas, (+ dopo l'anno 1381: RAYNAUDUS, Opera, XI, pag. 43, 44), Contemplationes de B. V., pars 2, Contemplatio 3, n. 2, Migne-Bourassé, Summa aurea, IV, col. 877: «Non defuit tibi puritas angelorum, non fides patriarcharum, non scientia prophetarum, non zelus apostolorum, non patientia martyrum, non sobrietas confessorum, non innocentia aut humilitas virginum. In summa, nullo genere vacasti virtutum, o Virgo plusquam beata. Quodcumque donum alicui sanctorum umquam datum fuit, tibi non fuit negatum, sed omnium sanctorum privilegia omnia habes in te congesta

28 «Si de aliis sanctis Paulus asserit: Quibus dignus non erat mundus (Hebr. XI, 38); quid dicemus de Deipara, quae tanto super omnes martyres exsplenduit, quanto stellas praefulgurat solBASILIUS Seleuciensis, Oratio 39, In SS. Deiparae Annuntiationem, n. 5. MG 85-442.

29 «Electa ut sol. Hanc attende similitudinem, qua nulla in rebus mundi potest esse sublimior. Nihil enim habuit Spiritus in visibilibus creaturis excellentius, cui excellentiam Virginis compararet. Multo enim altius aliquid habet claritas solis quam lunae; quia, etsi illa minores stellas obscurat , non tamen penitus occultat; hic vero lucidius incandescens, ita sibi siderum et lunae rapit positionem, ut sint quasi non sint, et videri non possintNICOLAUS monachus, quondam notarius S. Bernardi, Sermo in Assumptione B. M. V., sermo 40, inter Opera S. Petri Damiani. ML 144-720.

30 «Secundo autem data est illi largitas gloriae; nam in paradiso divinae gloriae participatio ceteris quodammodo per partes datur: sed, secundum Bernardum, beata Virgo Maria divinae sapientiae profundissimum, ultra quam credi valeat, penetravit abyssum: ut quantum sine personali unione creaturae conditio patitur, illi luci inaccessibili videatur immersa.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus B. M. V., Sermo 13, De exaltatione B. V. in gloria, art. 1, cap. 10. Venetiis, 1745, IV, pag. 128, col. 2. - Ed. Veneta, 1591, I, pag. 522 col. 1, 2: Quadragesimale de religione christiana, Sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., art. 2, cap. 10. - «Stultus ut luna mutatur: sapiens autem permanet ut sol (Eccli. XXVII, 12). In sole nimirum et fervor, et splendor stabilis; in luna solus splendor atque is omnino mutabilis et incertus, qui numquam in eodem statu permanet. Iure ergo Maria sole perhibetur amicta, quae profundissimam divinae sapientiae, ultra quam credi valeat, penetravit abyssum: ut quantum sine personali unione creaturae conditio patitur, luci illi inaccessibili videatur immersa. Illo nimirum igne prophetae labia purgantur (Is. VI, 7), illo igne Seraphin accenduntur. Longe vero aliter Maria meruit, non velut summatim tangi, sed operiri magis undique, et circumfundi, et tamquam ipso igne concludi. Candidissimus sane, sed et calidissimus huius mulieris amictus: cuius omnia tam excellenter irradiata noscuntur, ut nihil in ea, non dico tenebrosum, sed ne subobscurum saltem, vel minus lucidum, sed ne tepidum quidem aliquid, aut non gerventissimum, liceat supsicari.» S. BERARDUS, Dominica infra octavam Assumpt. B. V. M., Sermo «in Signum magnum», n. 3. ML 183-431.

31 S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super «Missus», Quaestio 61, Praemittenda ad solutionem praecedentium quaestionum, § 5, Lugduni, 1651, XX, pag. 54, col. 2.: «Illi autem qui elevantur secundum statum patriae, vident per speciem, et faciunt tres gradus... Tertius gradus visionis patriae est visio gloriosae Virginis Matris Dei, quae super omnes creaturas improportionabiliter et limpidissime et propinquissime contemplatur maiestatem Dei, utpote super omnes choros Angelorum exaltata; et ideo tres hierarchias supergressa, in quarta a dextris cum Filio eius, id est in potioribus bonis, collocata.» - Il Mariale, cap. 96, pag. 355, col. 1, 2, ha lo stessissimo testo, con qualche leggerissima differenza verbale: levantur per elevantur; gloriosissimae per gloriosae.

32 «Tantum enim differt gloria Virginis a gloria aliorum beatorum, quantum sol a ceteris luminaribus caeli: et quodammodo sicut cetera luminaria irradiantur a sole, sic tota caelestis curia a gloriosa Virgine laetificatur et decoratur. Unde Bernardus in sermone de Assumptione ait: Itaque gloriosa Virgo dum caelos ascendit, etiam supernorum gaudia civium copiosis augmentis cumulavit.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivit. B. V. M., sermo 13, De exaltatione B. V. in gloria, art. 1, cap. 3. Venetiis, 1745, IV, pag. 126, col. 2. - Ed. Veneta, 1591, I, pag. 519, col. 1, 2: Quadragesimale de christiana religione, sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., art. 2, cap. 3. - S. BERNARDUS, In Assumptione B. V. M., sermo 1, n. 1, ML 183-415: «Virgo hodie gloriosa caelos ascendens, supernorum gaudia civium copiosis sine dubio cumulavit augmentis

33 Vedi la nota precedente.

34 «Summa gloria est post Deum te videre, adhaerere tibi, et in tuae protectionis munimine demorariNICOLAUS monachus, notarius aliquando S. Bernardi, Sermo in Nativitate B. V. M.. Inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44. ML 144-740.

35 «Gloriosum gloriae Mariae privilegium est, quod quidquid post Deum pulchrius, quidquid dulcius, quidquid iucundius in gloria est, hoc Maria, hoc in Maria, hoc per Mariam est. Gloriosum omnino gloriae Mariae privilegium est, quod post Deum maior gloria nostra, maius nostrum gaudium de Maria est.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 6. Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni (iuxta ed. Vaticanam et Moguntinam), 1668, VI, pag. 439, col. 1, CD.

36 «Numquid quia ita deificata, ideo nostrae humanitatis oblita es? Nequaquam, Domina. Scis in quo discrimine nos reliqueris, ubi iaceant, quantum delinquant servi tui; non enim convenit tantae misericordiae tantam miseriam oblivisciNICOLAUS monachus, S. Bernardi iam notarius, Sermo in Nativitate B. V. M. Inter Opera S. Petri Damiani, sermo 44. ML 144-740.

37 «Magna enim erga miseros fuit misericordia Mariae adhuc exsulantis in mundo, sed multo maior erga miseros est misericordia eius iam regnantis in caeloCONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 10. Inter Op. S. Bonav., ed. ut supra, VI, pag. 444, col. 2, C.

38 «Maria regina propter... largitatem: largitur enim servis suis dona gratiarum, vestes virtutum, thesauros meritorum, et magnitudinem praemiorumRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 6, cap. 13, n. 3. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, pag. 200, col. 2; Parisiis, XXXVI, 354.

39 «O mater misericordiae, saturare gloria Filii tui; et dimitte reliquias tuas parvulis tuis. Tu iam ad mensam, Domina; nos, sub mensa catelli. Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae, ita familia haec famelica de te praestolatur alimoniam vitaeGUERRICUS, Abbas Igniacensis, In Assumptione B. Mariae, sermo 4, n. 5. ML 185-200.

40 Silvano RAZZI, Monaco Camaldolese, Raccolta di miracoli operati ad intercessione della Beatissima Vergine Maria Nostra Signora, lib. 3, miracolo 5, Venezia, 1757, pag. 235-237. - Ioannes HEROLT, O. P., Sermones Discipuli de tempore et de Sanctis, 3 vol., Venetiis, 1598. Alla fine del vol., pag. 619-624: Exempla de B. Virgine. Alla fine del vol., con paginazione a parte: Promptuarium exemplorum Discipuli, 205 pag., non compreso l'Indice. Poi, con nuova paginazione: Pomptuarium Discipuli de miraculis B. M. V., 40 pag., non compreso l'Indice. Dopo viene il vol., Venetiis, 1599, Sermones Discipuli in Quadragesima. - Promptuarium Discipuli de miraculis B. M. V., Exemplus 78, pag. 34: «Quidam clericus Parisiensis, beatissimae Virgini valde devotus, qui ardenti animo diu desiderabat videre pulchritudinem Virginis Mariae. Post multa tempora, angelus Domini ex parte Virginis Mariae destinatus, salutavit clericum, ei dicens: «Domina mea Maria... exaudivit orationiem tuam, et mandat tibi quod tali die et hora veniet ad te, et videbis eam. Sed scias, si eam videbis, amplius caecus eris.» Ad quod clericus: «Libenter volo perdere lumen, ut ipsam semel videre merar.» Cum autem audisset angelum, coepit ille sollicitus esse, et cogitare: «Quid ultra facies, postquam oculos amittes? Tuc non poteris lucrari scribendo panem tuum, sed oportebit te esse amplius miserum et mendicum.» Et postmodum cogitavit in seipso, et dixit: «Quando beata Maria venerit, unum oculum aperiam ad videndum eam, et alium claudam, et sic unum oculum tantum amittam...» Cum autem postea gloriosa Virgo apparuisse... et cum manum alteri oculo superposuisset... et cum postea manum deponeret ut eam ambobus oculis inspiceret, beata Virgo disparuit, et eam ultra non vidit. Tunc... ipse se acriter arguens... dicebat: «Heu miser, quare unum oculum clausi, et ambos oculos non aperui? Utinam caeus essem, ut eam plenius vidissem.» Cumque diu beatam Virginem Mariam exorasset, ut eam videre posset iterum, quia altero oculo libenter carere vellet, tunc iterum misit angelum, qui dicebat: «Mandat tibi Domina angelorum adventum suum, ex quo vis et altero oculo orbari.» Cui ille: «Etiam, domine, si mille oculos haberem, optarem perpetuo perdere, dummodo eam possem secundario praesentem videre.» Cui angelus: «Ipsa clementissima Domina mandat tibi quod videbis eam, et superstitem oculum non amittes, et insuper recuperabis oculum perditum.»... Non multo tempore post... et beata Virgo Maria apparens ei, se videndam exhibuit, et amissum oculum ei restituit. Ex quo possumus perpendeere quanta sit pulchritudo Virginis Mariae, et quam delectabile est eam oculis videre



1 Le ediz. precedenti quella del '76 hanno: dissanguato.

2 «Sicut appellatur Virgo virginum, ita et Martyr martyrum deberet appellariRICH. A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 3, § 12. Inter Op. S. Alb. M., Lugduni, XX, 96, col. I; Paris., XXXVI, 156.

3 Aggiunta che si trova nell'ed. del 1776.

4 D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, De dignitate et laudibus B. V. M., lib. 3, art. 24, Opera, XXXVI, Opera minora, IV, Tornaci, 1908, pag. 139, col. 1: «Quam praecordialissime et amarissime amorosissima, fidelissima ac henignissima mater virgo Maria Unigenito suo compassa sit in passione illius, ex multis potest perpendi. Primo et maxime incomparabili et ineffabili amore quem ad dilectissimum et unigenitum suum habuit Filium: qui quanto praecordialior atque intensior exstitit, tanto acerbiorem in corde piissimae Matris produxit compassionem. Denique, triplex fuit amor Matris illius ad Filium suum, videlicet, naturalis, acquisitus, gratuitus: quorum unusquisque intensissimus fuit in ea, ut patet ex praeinductis. Idcirco compassio illa materna ex cunctis illis emanans amoribus, inenarrabiliter fuit poenalis et dolorosa ac penetrativa, corporali martyrio gravior, ac ipsa morte amarior.» - PELBARTUS DE THEMESWAR, O. M., Stellarium coronae gloriosissimae Virinis, Venetiis, 1586, liB. 3, pars 2, art. 2, fol. 69 et seq.: «Quod magnitudo doloris, et martyrii acerbitas, in beata Virgine Maria ostenditur ex duodecim causisart. 3, fol. 71, a tergo, et seq.: «Quod beata Maria, per gladium doloris, aureolam martyrii meruit.» - Ambrosius CATHARINUS, O. P., Opuscula. De consummata gloria Christi ac divae Virginis. Lugduni, 1542, pag. 109, 110. Dopo aver ricordato quanto soffrì Maria nell'infanzia di Gesù, nella fuga in Egitto, nello smarrimento del Figlio nel Tempio, nella vita pubblica di lui, «quae pene semper lateri eius iungebatur, et audiebat opprobria, et detractiones, et susurrationes, et murmurationes iniquissimas in dulcem Filium et innocentissimum et beneficentissimumsoggiunge il Catarino: «Quid dicam de crucis opprobriis et passionibus, quas non solum ipsa vidit, sed pertulit, et quarum pars magna fuit? De ipsa enim sola scriptum est quod stetit iuxta crucem et quod numquam secuta sit eum a longe. Ceteri autem prorsus omnes a longe quandoque fuisse describuntur. Ipsa semper prope, eius animam pertransivit gladius, et cum illo martyr effecta est, et pulsqam martyr, quae vere exanimata fuit; et veluti prior Eva dulcem fructum gustavit et obtulit viro suo ad mortem suam et nostram: ita haec Eva secunda deglutivit amarum cibum crucis, et viro detulit Christo, qui et ipse gustavit ad vitam suam et nostram. Sic enim oportuit utrumque pati, et ita intrare in gloriam suamCf. De Alva, Bibliotheca Virginalis, II, Matriti, 1648, pag. 65, col. 1, 2. - «O quam bene Hieronymus (intendi ciò della Lettera a Paola ed Eustochio de Assumptione Virginis), neque sine spiritu, ut arbitror, interius suggerente, hanc Virginem etiam plusquam martyrem fuisse testatus est, quam eo plus doluisse censet quo plus etiam dilexisse certissimum esse debet. Quod et ceteri sancti viri merito susceperunt; haec enim illa fuit de cuius dilectione scriptum est: Fortis est ut mors dilectio. Sed aiunt quidam: «Nec littera nec historia docet ex hac vita Mariam corporalis necis passione migrasse.» Neque nos hoc audemus dicere neque credere, videlicet illam materiali gladio peremptam, sed gladium doloris dicimus quo transverberata est eius anima, iuxta prophetiamOpuscula, Lugduni, 1542, pag. 78: Disputatio pro immaculata Conceptione Divae Virginis, lib. 3, Septima persuasio. - De Alva, Bibliotheca Virginalis, pag. 49, col. 2.

5 «Refert autem Tertullianus quod Romae missus in ferventis olei dolium, purior et vegetior exiverit quam intraveritOfficium S. Ioannis ante Portam Latinam, die 6 maii, lectio 5: «Ex libro sancti HIERONYMI presbyteri contra Iovinianum», lib. 1, n. 26, ML 23-217. - TERTULLIANUS, Liber de praescriptionibus, cap. 36, ML 2-49: «Si autem Italiae adiaces, habes Romam, unde nobis quoque auctoritas praesto est. Ista quam felix Ecclesia! cui totam doctrinam Apostoli cum sanguine suo profuderunt; ubi Petrus passioni Dominicae adaequatur; ubi Paulus Ioannis (Baptistae) exitu coronatur; ubi Apostolus Ioannes, posteaquam, in oleum igneum demersus, nihil passus est, in insulam relegatur

6 «Martyrium complectitur id quod summum in obedientia esse potest, ut scilicet aliquis sit obediens usque ad mortem, sicut legitur de Christo (Philip. II, 8) quod factus est obediens usque ad mortem. Unde patet quod martyrium secundum se est perfectius quam obedientia absolute dicta.» S. THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 124, art. 3, ad 2. - Però, nell'articolo seguente (art. 4, c.), dice S. Tommaso: «Ad perfectam rationem martyrii requiritur quod aliquis mortem sustineat propter Christum.» Ed opponendosi, tra altri, il testo di S. Girolamo (cioè di Sofronio, Epist. ad Paulam et Eustochium de Assumpt.): «Recte dixerim quod Dei Genitrix virgo et martyr fuit, quamvis in pace vitam finiveritrisponde (ad. 1): «Illae auctoritates, et si quae similes inveniuntur, loquuntur de martyrio per quamdam similitudinem.» - Nei Sermones, Sermo in Assumptione B. M. V., Opera, 1570, XVI, fol. 40, dice l'Angelico: «Habuit meritum martyris, mortem crucis cum Filio patiendo.» L'autorità dei Sermones, anche per la non del tutto sicura autenticità e genuinità, non è da paragonarsi a quella della Somma. Però, anche la Somma concede che, in qualche senso, Maria può chiamarsi martire; né vuol negare che il suo martirio, sia pure non propriamente detto, abbia sorpassato ogni altro martirio, e quanto al dolore, e quanto al merito.

7 «Qui ait: Modicum tempus vobiscum sum... Istud modicum tantum fuit amarum tibi!... In isto modico Domina mea, Mater tua, virgo incorrupta, virgo intemerata, virgo ante partum, virgo post partum tui; Mater tua, imo martyr tua, martyr non ferro carnificis, sed acerbo dolore cordis, quam amare flebat, quam amare dolebat!» Inter Opera S. Bernardi, ML 184-897, 898. B. OGERIUS, Abbas Lucedii Ord. Cist. in dioecesi Vercellensi, De Sermone Domini in ultima coena sermones XV, sermo 4, n. 5. - Mabillon, ML 184-879, 880: «Sunt qui existiment, Ogerium seu Oglerium vixisse ipso tempore S. Bernardi. At posteriorem aliquanto fuisse probat Manrique- «Martyrium sane Virginis... tam in Simeonis prophetia quam in ipsa Dominicae passionis historia commendatur... Vere tuam, o beata Mater, animam gladius pertransivit... Ipsius (Iesu) plane non attigit animam crudelis lancea, quae ipsius... aperuit latus, sed tuam utique animam pertransivit. Ipsius nimirum anima iam ibi non erat; sed tua plane inde nequibat avelli. Tuam ergo pertransivit animam vis doloris, ut plus quam martyrem non immerito praedicemus, in qua nimirum corporeae sensum passionis excesserit compassionis affectus.» S. BERNARDUS, In «Signum magnum», n. 14. ML 183-437, 438.

8 Vitis mystica seu tractatus de Passione Domini. Inter Opera S. Bernardi, cap 35, n. 126, De rosa passionis, ML 184-711: «Ecce in expositione huius verbi (cioè: quantum amaverit) necessarium habemus rosam passionis rosae caritatis coniungere: ut rosa caritatis in passione rubescat, et rosa passionis igne caritatis ardescat. Tantum enim dilexit nos dilector noster, ut, caritatis ardore cogente, ruborem passionis incideret, traderetque in mortem animam suam, mortem autem crucis, non breviter transeuntis, sed a principio ortus sui usque in finem mortis durissimae perdurantis. Sicut etenim superius vestrae commendavimus caritati, (cap. 5, n. 22) crux optimi Iesu Christi non tantum fuit unius diei; sed tota vita ililus crux fuit et martyrium.» Inter Opera S. Bonaventurae, VIII, ad Claras Aquas, 1898, cap. 17, De rosa passionis, n. 1, pag. 182, 183: «Ecce in expositione hujus verbi (come sopra: quantum amaverit) necessarium habemus rosam passionis rosae caritatis coniungere, ut rosa caritatis in passione rubescat, et rosa passionis igne caritatis ardescat. Tantum enim dilexit nos noster dilector, ut, caritatis ardore cogente, ruborem passionis incideret traderetque in mortem animam suam, mortem autem crucis non breviter transeuntis, sed a principio ortus sui usque in finem mortis durissimae perdurantis. (In nota, secondo qualche edizione e qualche codice, si aggiunge:) Sicut etenim superius vestrae commendavimus caritati (cap. 5, n. 2), crux optimi Iesu Christi non tantum fuit unius diei, sed tota vita illius crux fuit et martyrium.» - Vedi il nostro vol. V, Appendice, 2, , pag. 452, 453.

9 «Maria enim interpretatur Domina, stella maris, illuminata, illuminatrix, amarum mare.» S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super «Missus», qu. 29, § 2, Opera, Lugduni, 1651, XX, pag. 31, col. 1.

10 «Et vere proculdubio est credendum, quod ex inspiratione Spiritus Sancti ipsa perfectius intellexit quidquid Prophetarum eloquia figurabant, quam ipsi Prophetae, qui ex eodem Spiritu verba oretenus protulerunt.» S. BIRGITTAE Revelationes, Sermo Angelicus, cap. 17. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 548, col. 1.

11 «Ex Prophetarum scripturis Deum incarnari velle intelligens, et quod tam diversis poenis in carne assumpta deberet cruciari, tribulationem protinus non modicam, propter ferventem caritatem quam ad Deum habebat, sustinuit, quamquam nondum sibi innotesceret quod ipsa eius mater fieri debebat.» S. BIRGITTAE Revelationes, Sermo Angelicus, cap. 16. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 547, col. 1, 2.

12 «Tu... longum in cogitationibus tuis, praescia futurae Passionis Filii tui, pertulisti martyriumRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comm. in Cantica Cant., lib. 3. ML 168-886.



13 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 2, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 441, col. 2, pag. 442, col. 1: «In Purificatione B. M. V., dum esset Sponsa Christi (Birgitta) in Roma, in ecclesia quae dicitur S. Mariae Maioris, rapta fuit dicta Domina in spiritualem visionem, videns in caelo quasi omnia ad magnum festum praeparari. Et tunc vidit quasi unum templum mirabilis puchritudinis. Et ibi erat ille venerabilis senex iustus Simeon, paratus ad recipiendum puerum Iesum in ulnis suis, cum summo desiderio et gaudio. Videbat quoque Beatam Virginem venientem honestissime, et portantem puerum Filium, ut offerret eum in templo secundum legem Domini. Deinde innumerabilem multitudinem Angelorum et diversorum ordinum Sanctorum Dei, et Sanctarum virginum et dominarum, Beatam Virginem Matrem Dei praecedentium, et eam cum omni laetitia et devotione circumdantium: ante quam portabatur a quodam Angelo unus gladius longus e valde latus et sanguinolentus, qui significabat illos maximos dolores quos Maria passa est in morte amantissimi Filii sui, qui figurabantur in gladio quem iustus Simeon prophetabat ipsius animam pertransiturum esse. Unde, tota exsultante caelesti curia, dictum fuit Sponsae: «Ecce quantus honor et gloria rependitur in hoc festo Reginae Caeli, pro gladio dolorum quos sustinuit in sui dilecti Fillii Passione!» Et tunc haec visio disparuit

14 «Nolite solam attendere horam vel diem illam, in qua vidi talem dilectum ab impiis comprehensum male tractari, sciliceet illudi, spinis coronari, flagellari, crucifigi, felle et aceto potari, lanceari, mori et sepeliri. Nam tunc quidem gladius animam meam pertransivit; sed, antequam sic pertransiret, longum per me transitum fecit. Prophetissa namque eram, et ex quo mater eius facta sum, scivi eum ista passurum. Cum igitur carne mea taliter progenitum, talem filium sinu meo foverem, ulnis gestarem, uberibus lactarem, et talem eius futuram mortem semper prae oculis haberem, et prophetica, imo plus quam prophetica mente praeviderem, qualem, quantam, quam prolixam me putatis materni doloris pertulisse passionemRUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment. in Cantica Cant., lib. 1. ML 168-856.

15 «Omni tempore quod post Ascensionem Filii mei vixi, visitavi loca in quibus ipse passus est et mirabilia sua ostendit. Sic quoque Passio sua in corde meo fixa erat, quod, sive comedebam, sive laborabam, quasi recens erat in memoria mea.» Revelationes S. BIRGITTAE, Coloniae Agrippinae, 1628, lib. 6, cap. 61, pag. 408, col. 1.

16 Ioannis THAULERI, O. P., De vita et Passione Salvatoris nostri Iesu Christi piissima exercitia, Coloniae, 1558, cap. 18, pag. 110, 111: «O Maria, gratiae fons, praecipua martyrum omnium: non hoc initium est dolorum tuorum (cioè nel tempo della Passione), non hic tua coepit professio, non haec prima est tui sub Dei obedientia abnegatio: sed sicut Christus filius tuus ab initio gratissimae se subdidit, ad mortem usque, Patris voluntati, ultroque humeros cunctis a Patre sibi impositis crucibus submisit, et toto vitae suae spatio paupertatem, persecutiones, oblocutiones et contemptum sponde sustinuit: sic et tu, Domina nostra dulcissima, totam te resignasti Deo, quanto mater Filii Dei esse consensisti, dicendo: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. Christus autem ad hoc natus est, ut moreretur. Sicut ergo ad Filii Dei generationem te obtulisti, ita et ad mortem et passionem te resignasti. Unde, sicut in nativitate, omnium quae umquam fuere genitricum laetissima fuisti, ita in passione omnium maxime doluisti: et dolores atque angustias quas pariens evasisti, patiente filio, cumulatius asperiusque multo perpessa es. O mater piissima, quam fideliter crucem tuam in humeros recepisti, sequens dilectum filium tuum, cuius omnem passionem corporalem et externam tu intrinsecus pertulisti! Eius namque crux tua erat, et tua illius... Tu de arbore crucis dolorem in te suscepisti, satiataque amaritudine, una cum filio tuo hominem redemisti… Et quis aestimare sufficiat, quas curas, quae onera, quantam penuriam, afflictionem, molestiam, triginta tribus annis cum filio tuo pertuleris? Enimvero, quidquid persecutionis et afflictionis a Iudaeis unicus tuus perpessus est, id omne tu, eius piissima mater, sustinuisti

17 Revelationes S. BIRGITTAE: Sermo angelicus de excellentia B. M. V., quem ipse Angelus dictavit B. Birgittae, cap. 16, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 547, col. 1: «Congrue itaque haec Virgo nuncupari potest florens rosa: nam sicut rosa crescere solet inter spinas, ita haec venerabilis Virgo in hoc mundo crevit inter tribulationes. Et quemadmodum quanto rosa in crescendo se plus dilatat, tanto fortior et acutior spina efficitur, ita et haec electissima rosa Maria, quanto plus aetate crescebat, tanto fortiorum tribulationum spinis acutius pungebatur

18 «Sic intelligendum est ac si diceret: quemadmodum mare super omnes alias aquas et mole et amaritudine excellens est, ita tuae contritioni nulla calamitas coaequari potest.» HUGO DE S. VICTORE (non già Hugo Cardinalis), Adnotationes in Threnos, II, 13. ML 175-291.

19 «Utique, pia Domina, non crediderim te potuisse ullo pacto stimulos tanti cruciatus, quin vitam amitteres, sustinere, nisi ipse Spiritus vitae, spiritus totius consolationis, Spiritus scilicet dulcissimi tui Filii, pro quo moriente tantopere torquebaris, te confortaretEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 5. ML 159-567, inter Opera S. Anselmi.

20 Parla S. Bernardino dell'amore che ha per Maria anche l'ultimo dei beati; e le ragioni di questo amore. «(Est autem hoc) secunda (leggi: secundo) ratione compassionis. Talis nempe beatus aperte intelligit quod tota rationalis natura non sustinuit, nec sustinere posset, tantum dolorem et poenam pro sua redemptione, quantum sola sustinuit Mater Dei, considerata dilectione qua Filium suum amavit... Tantus enim fuit dolor Virginis in morte Christi... quod, si in omnes creaturas quae pati possunt divideretur, omnes subito interirent.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivit. B. M. V., Sermo 13, De exaltatione B. Virginis in gloria, art. 2, cap. 2. Venetiis, 1745, IV, pag. 129, col. 2. - Ed. Veneta, 1591, I, 524, col. 1: Quadragesimale de christiana religione, sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., art. 3, cap. 2.

21 Et tuam ipsius animam pertransibit gladius. Luc. II, 35.

22 «Questo mi ricordo che il dolce e buono Gesù manifestava una volta ad una serva sua. Vedendo ella in lui la croce del desiderio e la croce del corpo, ella dimandava: «Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del corpo, o la pena del desiderio?» Egli rispondeva dolce e benignamente, e diceva: «Figliuola mia, non dubitare: che io ti fo sicura di questo; che veruna comparazione si può fare dalla cosa finita alla cosa infinita. Così ti pensa che la pena del corpo mi fu finita; ma il santo desiderio non finisce mai. Però io portai la croce del santo desiderio.» S. CATERINA DA SIENA, Lettere, ed. 3, a cura di Piero Misciatelli, Siena, 1922, vol. I, Lettera XIV, pag. 63, 64. - Dei dolori poi sofferti nell'anima da Maria, dice S. CATERINA, nell'Orazione XI «in Roma, il dell'Annunziazione della dolcissima Vergine Maria, in astrazioneOpere, IV, Siena, 1707, pag. 352, col. 1: «O Maria Maria, tempio della Trinità... Maria ricompratrice dell'umana generazione, perché sostenendo la carne tua in el Verbo, fu ricomprato el mondo. Cristo ricomprò colla sua Passione, e tu col dolore del corpo e della mente

23 «Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in pectore Mariae, aliud in corpore Christi. Christus carnem, Maria immolabat animamARNALDUS seu Ernaldus, Abbas Bonaevallis in diocesi Carnotensi, De VII verbis Domini in cruce, tract. 3. ML 189-1694.



24 «Doctores... dicunt ipsam consecutam fuisse aureolam martyrii, in persecutione mortis Filii. B. Bernardus: «Longe plus martyrem censemus, in qua passionis sensum compassionis superavit affectusIoannes Damascenus etiam appellat eam martyrem in passione Filii. Probatur autem sic: Dationi animae debetur aureola martyrii; ergo dationi pretiosissimae animae et dilectissimae debetur pretiosissima aureola martyrii. Sed pretiosissima Virgo Maria dedit pretiosissimam et dilectissimam animam; ergo habebit pretiosissimam aureolam. Medium probatur: dedit enim dilectissimam animam, id est vitam Filii. Ipsa enim in infinitum plus dilexit animam, id est vitam Filii, quam B. Petrus animam, id est vitam suipsius. Quod dedit pretiosissimam, patet, quia datio huius animae, id est vitae Filii, fuit pretium totius mundi et redimibilis creaturae; et sic dedit animam in infinitum plus dilectam; ergo et habet pretiosissimam aureolam martyrii.» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 24, § 1. Veronae, 1740, IV, col. 1098.

25 «Isti (filii) in se singuli sentiendo, illa (mater) videndo in omnibus passa est. Facta mater septem martyrum, septies martyr: a filiis non separata spectando, et filiis addita moriendo. Videbat omnes, amabat omnes. Ferebat in oculis, quod in carne omnes.» S. AUGUSTINUS, Sermo 300, In solemnitate martyrum Machabaeorum, cap. 6, n. 6. ML 38-1379, 1380.

26 B. AMEDEUS, Lausannensis episcopus, Homiliae, hom. 5, De mentis robore seu martyrio Beatissimae Virginis. ML 188-1330.

27 «(Dopo la deposizionie dalla croce:) Clarissimum Passionis Christi speculum effectum erat cor Virginis, necnon et perfecta mortis imago. In illo agnoscebantur sputa, convicia, verbera, et Redemptoris vulnera... Iam iuxta Simeonis vaticinium passionis gladius ipsius pertransierat animam. Iamque cum exstincto Filii corpore spiritualiter exspiraverat.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De triumphali agone Mediatoris Christi, cap. 21. Opera, Lugduni, 1628, pag. 335, col. 1.

28 «Stabat iuxta crucem Iesu mater eius. O Domina mea, ubi stabas? Numquid tantum iuxta crucem? Imo certe in cruce cum Filio: ibi crucifixa eras secum. Sed hoc distat, quia ipse in corpore, tu autem in corde. Necnon et eius vulnera per corpus eius dispersa, sunt in corde tuo unitaStimulus amoris, pars 1, cap. 3, Meditatio compassiva in Parasceve doloris quem tunc habuit B. V. Maria.Inter Op. S. Bonav., Lugduni (iuxta ed. Vaticanam et Mogunt.) 1668, VII, pag. 196, col. 1, C.

29 Vedi la nota precedente.

30 «Quid ergo est quod Dominus dicit, Is. LXIII, 3: Torcular calcavi solus, et de gentibus non est vir mecum? Verum est, Domine, quod non est vir tecum: sed mulier una tecum est, quae omnia vulnera quae tu suscepisti in corpore, suscepit in cordeRICHARDUS A S. LAUR., De laudibus B. M. V., lib. 1, cap. 5, n. 4. Inter Opera S. Alb. M., Lugduni, 1651, XX, pag. 22, col. 1; Paris., XXXVI, 39.

31 FLAVII IOSEPHI IUDAEI, De imperio rationis libellus, ab Erasmo recognitus, Martyrium Mahcabaeorum graphice describens. Opera, Basileae, 1524, pag. 890 et seq., pag. 904. «Interfectis parvulis, mater pie accensa, nec immerito, cum id non solum humanus sensus habeat, sed immanibus quoque feris amoris ista conditio sit, ut visis insidiis, parvulos saluti propriae praeponentes, alis protegant, defendant morsu, ungue custodiant; et cum cuique sit resistendi facultas, obviam ire hosti pro pullorum amore festinant... At haec zelosissima mater... filios ante se perire festinavit... Matri in omnibus (filios) pares dicam: in nullo ei postponendi... nisi quod illa immanitatem dolorum prae oculis excepit: et dum in suis quoque torqueretur membris, similis vobis (filiis) illi tolerantiae animus fuit. Hoc illa praestantior, quod septem cruciatus, antequam cruciaretur, excepit: et in omnibus, ne superaretur extimuit. Verum exemplum feminarum omnium, nescio an pepereris mulier parvulos tuos, an creaveris, quos sereno vultu passa es in frusta secari: quod intrepida vidisti, parum est: hortata es ut perirent... Et quamvis cum intestino in illorum laceratione ferireris dolore, graviora quam olim parturiens tormenta sentires, simulabas tamen laetitiam: et discusso vultus nubilo, inducebas speciem triumphantis.» - «Saepe namque mater febri aestuantem filium videns, nihil non doloris amplectatur, ut ex illo corpore aegritudinis ignem in se transferat: ita nempe matres filiorum aerumnas propriis malis intolerabiliores existimant. Quod si hoc verum est, ut est profecto verum, in suppliciis filiorum gravius quam ipsi filii cruciabatur mater, maiusque in matre martyrium erat quam in filiis.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, In sanctos Maccabaeos et in matrem eorum, n. 2. MG 50-620.

32 «Quod hominum genus ferre non posset, adiuta divino munere femina valuit sustinere. Vicit sexum, vicit hominem et passa est ultra humanitatem. Torquebatur namque magis, quasi torqueretur ex se, quoniam supra se incomparabiliter diligebat id unde dolebatB. AMEDEUS, Episc. Lausannen., Homiliae, hom. 5, De mentis robore seu martyrio Beatissimae Virginis. ML 188-1328.

33 «Neque enim praesentior spiritus noster est ubi animat, quam ubi amat.» S. BERNARDUS, Liber de praecepto et dispensatione, cap. 20, n. 60. ML 182-892.

34 «Tanta poena erat in membris, tanta securitas in verbis, tamquam alius torqueretur, alius loqueretur.» S. AUGUSTINUS, Sermo 275, In Natali martyris Vincentii, n. 1. ML 38-1254.

35 «Comprehensus igitur, ferreis ungulis excarnificatus est; cui etiam inter manuum ungues et carnem acuti calami sunt infixi, plumbumque liquefactum in os eius infusum. Quibus in cruciatibus ea vox tantum Bonifatii audiebatur: Gratias tibi ago, Domine Iesu Christe, Fili Dei.» Officium S. Bonifatii martyris, die 14 maii, lectio 3.

36 BREVIARIUM ROMANUM, die 18 iunii, lectio 9: «Numquam tam iucunde epulati sumus, quam haec libenter, Iesu Christi causa, perferimus, in cuius amore nunc fixi esse coepimus.» - Acta Sanctorum Bollandiana, Tom. 2, Parisiis et Romae, pag. 641, 642, Acta S. Sebastiani martyris, cap. 22, n. 84: «Tenentur post haec Marcellianus et Marcus; et ambo ligati ad stipitem clavos in pedibus acutos acceperunt; quibus dicebat insanissimus Fabianus: «Tamdiu fixis stabitis plantis, quousque diis debitum redhibeatis officium.» Tunc ambo fratres in uno ligno confixi psallebant dicentes: Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum. Dicit eis Fabianus: «Infelices et miseri, deponite amentiam vestram, et liberate vosmetipsos a cruciatibus iminentibus super vos.» Cui respondentes ambo dixerunt: «Numquam tam bene epulati sumus; modo coepimus esse fixi in amore Christi. Utinam non sic esse sicut sumus tamsiu permittas, quamdiu huius tegimur corporis indumento.» Cumque transisset una dies et una nox, et illi in psalmis et hymnis perseverarent, iussit eos ambos ubi stabant lanceis per latera verberari et ita per martyrii gloriam ad siderea regna migraverunt. Item sepulti sunt et ipsi in via Appia, militario secundo ab Urbe, in loco qui vocatur Ad arenas, quia cryptae arenarum illic erant, ex quibus Urbis moenia struebantur.» - Viene riconosciuto che il redattore degli Acta S. Sebastiani, quali li abbiamo, volendo unire, «con un vincolo probabilmente molto artificiale (p. Allard)», vari episodi, per altro veri, ne ha spostati alcuni. A ciò accennava già, con benigna interpretazione, il Baronio (Annales, ann. 286, n. 8). Può essere che i Santi Marco e Marcelliano abbiano sofferto il martirio prima del tempo assegnato dagli Acta (cf. P. Allard, Storia critica delle persecuzioni, IV, cap. 6, § 1, pag. 338, 339). Ma il fatto e il modo del loro martirio sono pienamente accertati. La loro cripta venne scoperta da Mgr. Wilpert, nel 1903, nel cimitero contiguo a quello di S. Callisto.

37 Officium S. Laurentii martyris, lectio 6. Sermo sancti LEONIS Papae, in Natali S. Laurentii, Sermo 85 (al. 83), cap. 4. ML 54-437.

38 SURIUS, De probatis Sanctorum historiis, Coloniae Agrippinae, IV, die 10 augusti. Gesta... illustrissimi martyris et Archilevitae Laurentii, pag. 614: «Valerianus praefectus dixit: «Ubi sunt ignes quos tu diis minabarisBeatus Laurentius ait: «O vestram insaniam! Infelices, non cognoscitis vestros carbones mihi non ardorem adferre, sed refrigerium?» Omnes vero, qui illic aderant, mirabantur praecepisse Decium ut vivus assaretur. At ille vultu elegantissimo dicebat: «Gratias ago tibi, Domine Iesu Christe, quod me confortare dignatus es;» elevansque oculos suos in Decium: «Ecce, miser, assasti unam partem: versa aliam, et manducagratiasque agens Deo, dixit: «Gratias ago tibi, Domine Iesu Christe, quod merui ianuas tuas ingredi;» atque ita reddidit spiritum.» - Acta alia, ex Martyriologio Adonis, inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 10 augusti, tom. XXXVI, augusti II, Parisiis et Romae, 1867, pag. 519, n. 11: «Sanctus Laurentius dixit: «Disce, miser, quanta est virtus Dei mei. Nam carbones tui mihi refrigerium praestant, tibi aeternum supplicium: quia ipse Dominus novit, quod accusatus, non negavi; interrogatus, Christum confessus sum; assatus, gratias ago.» Et vultu pulcherrimo dicebat: «Gratias tibi ago, Domine Iesu Christe, qui me confortare dignatus es.» Et elevans oculos suos in Decium, dixit: «Ecce, miser, assasti unam partem: regyra aliam, et manducaGratias igitur agens et glorificans Deum, dixit: «Gratias tibi ago, Domine Iesu Christe, quia ianuas tuas ingredi merui;» et emisit spiritum

39 «Non enim occisus est cito, sed cruciatus est in igne; diu vivere permissus est: imo non diu vivere permissus est, sed tarde mori compulsus est. In illa ergo longa morte, in illis tormentis, quia bene manducaverat et bene biberat, tamquam illa esca saginatus et illo calice ebrius, tormenta non sensit.» S. AUGUSTINUS, In Ioannem, tractatus 27, n. 12. ML 35-1621.

40 Questi è certamente Philippus DIEZ, Lusitanus, (altrove è detto di Salamanca), Ord. Min. de Observ. Non abbiamo rintracciato questa sentenza, né nel suo Mariale, Venezia, 1608; né nelle sua Conciones quadruplices, Venetiis, 1603, 4 vol. Egli termina quasi tutte le sue prediche con domandare per sé e per gli uditori la gloria o felicità eterna, «ad quam nos perducat Iesus Mariae filius». Si ha pure di lui un'altra opera, che non abbiamo potuto rinvenire: De festivitatibus B. Virginis conciones 28, Venetiis, 1601.

41 «Dans les autres martyrs, dit saint Bernard, le grand amour qu'ils avaient pour Dieu adoucissait la douleur que leur causaient leurs tourments; mais l'amour extrême qu'avait la sainte Vierge pour son cher fils, faisait son martyre, et comme elle a plus aimé Iésus- Christ que tous les saints ensemble, son martyre a été plus amer et plus douloureux que le leur: «In aliis martyribus magnitudo amoris dolorem lenivit passionis; sed beata Virgo quanto plus amavit, tanto plus doluit, tantoque ipsius martyrium gravius fuit.» Jean CROISET, L'année chrétienne ou Exercices de piété, contenant la vie de N.- S. Jésus-Christ... et celle de la trés sainte Vierge Marie. La Vie de la très sainte Vierge, § 23. Lyon, 1819, pag. 465. - «Super haec martyrio (B. Virgo) decorata fuit. Ipsius enim animam pertransivit gladius, non materialis, sed doloris. Quo martyrio gravius passsa fuit quam ferro. Quanto enim incomparabiter amavit, tanto vehementius doluit. Unde sicut non fuit amor sicut amor eius, ita nec fuit dolor similis dolori eius. In martyribus magnitudo amoris dolorem lenivit passionis: sed beata Virgo quanto plus amavit, tanto plus doluit, tantoque ipsius martyrium gravius fuit; unde, quia plus omnibus dilexit, et iuxta magnitudinem amoris erat vis doloris, gravius passa fuit mente quam martyres carneRICHARDUS A S. VICTORE, Explicatio in Cantica Canticorum, cap. 26. ML 196-483, 484. - Però, S. BERNARDO esprime una sentenza simile. Sermo in «Signum magnum», n. 14, 15, ML 183-437, 438: «Tuam ergo (o beata Mater) pertransivit animam vis doloris, ut plus quam martyrem non immerito praedicamus, in quam nimirum corporeae sensum passionis excesserit compassionis affectus... Ille etiam (Iesus) mori corpore potuit, ista commori corde non potuit? Fecit illud caritas, qua maiorem nemo habuit; fecit et hoc caritas, cui post illam similis altera non fuit.»

42 «Ut ait Ethicus: «Pulsus doloris est amor.» Ut scias quanta sit febris et calor, tangis et tentas pulsum: ita, ut scias quantus fuerit dolor Christi et Virginis, cogita quantus fuerit utriusque amor, tum mutuus, tum erga omnes homines. Nam mensura et «ulna doloris amor.» Quantus amor, tantus dolor; et vice versa, quantus dolor, tantus amorCORNELIUS A LAPIDE, Com. in Threnos Ieremiae, cap. 1, v. 12. Comment. in Scripturam Sacram, Parisiis, XII, 1860, pag. 361, col. 1.

43 «Ergo abysso abyssum invocante (Ps. XLI, 8), duae dilectiones in unam convenerant, et ex duobus amoribus factus est amor unus, cum Virgo mater Filio divinitatis amorem impenderet, et, in Deo, amorem nato exhiberetB. AMEDEUS, Lausannen. episc., Homilia 5, De mentis robore seu martyrio Beatissima Virginis. ML 188-1329.

44 DEL RIO, S. I., In Canticum Canticorum, Parisiis, 1604, cap. 2, sectio 2, § 4, pag. 71: «Pie namque creditur - verba haec sunt GUILHELMI, - cum Deum corporaliter conciperet, tantam in se ipsa, de calore supervenientis in se Spiritus Sancti, flammam pii amoris concepisse, quantam capere poterat puri hominis modus.» - Tanto Guglielmo, detto Parvus, Abbas Neobrigensis, quanto Guglielmo, detto Alvernus ossia Parisiensis, hanno scritto Commentarii sulla Cantica, rimasti inediti. Di uno di loro il Del Rio riferisce ogni tanto qualche passo: di quale dei due, non apparisce chiaramente; sembra però che sia piuttosto del Neobrigensis.

45 «Non fuit talis filius, non fuit talis mater, non fuit tanta caritas sicut inter matrem et filium, non fuit tam indigna mors, non fuit dolor tantus. Sciebat siquidem mater qualis erat filius, unde conceptus, et quomodo, et cetera huiusmodi. Et ideo quanto dilexit tenerius, tanto vulnerata est profundiusRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 3, § 12, n. 3. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 95, col. 2.

46 S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super «Missus», quaestio 78, n. 7, pag. 66, col. 2; Mariale, cap. 116, p. 368, col. 2: «Omnis dolor ex amore est... Ergo, ubi improportionabilis amor, ibi improportionabilis dolorConchiude il Santo Dottore: «Ergo in infinitum maior erat dolor beatae Virginis quam dolor aliorum (sanctorum in Passione Christi); ergo et eius maior erat (Mariale: erit) aureola (martyrii) aliorum aureolis

47 «Nullus dolor amarior, - nam nulla proles cariorOfficium de Compassione B. M. V., Hymnus ad Vesperas. Inter Op. S. Bonav., ed. Lugdun., (iuxta ed. Rom. et Mogunt.), VI, pag. 465, col. 1, B. - «Bonelli ponit illud (opusculum) inter dubia; nos vero non dubitamus illud esse spuriumEditores Claraquenses, X, pag. 21, n. 10. «Plures codices saeculi XIV inveniunturIidem, ibidem.

48 «Item quod non fuerit tam amarum martyrium aliorum sanctorum, manifestissime patet. Non fuit talis filius, non fuit talis mater, non fuit tanta caritas, sicut inter matrem et filium, non fuit tam indigna mors, non fuit dolor tantus. Sciebat siquidem mater qualis erat Filius, unde conceptus, et quomodo, et cetera huiusmodi. Et ideo quanto dilexit tenerius, tanto vulnerta est profundiusRICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 3, § 12, n. 3. Inter Op. S. Alberti M., Lugduni, XX, 95, col. 2. - La nota di S. Alfonso «Lib. 3, de laud. Virgindica la sua intenzione di citare Riccardo di S. Lorenzo, e non già S. Lorenzo Giustiniani.

49 «S. Idelfonso, parlando dei dolori di Maria, non dubitò di asserire che questi furono maggiori di tutti insieme i tormenti di tutti i martiri: «Parum est Mariam in Passione Filii tot et tam acerbos pertulisse dolores, ut omnium martyrum collective tormenta superaretSINISCALCHI, S. I., Il martirio del Cuore di Maria Addolorata, Considerazione 36, III. Venezia, 1784, pag. 249. - «Haec Virgo gloriosa refulget, etiam super choros, ut cantatur, exaltata angelicos, clarissima inter virgines, candidior inter martyres. Quia etsi illi martyrio coronati dealbarunt stolas suas et candidas eas fecerunt in sanguine Agni (Apoc. VII, 14), nihilominus haec beata et venerabilis Virgo candidior digne praedicatur, eo quod etsi corpora martyrum pro Domino supplicia pertulerunt, nihilominus haec admirabilis Virgo in anima passa, teste Domino, comprobatur. Ait enim Simeon, vel Dominus ad eam: Et tuam ipsius animam pertransibit gladius (Luc. II, 35). Quod si gladius usque ad animam pervenit, quando ad crucem stetit... etiam plus quam martyr fuit, quia in animo non minus amoris quam maeroris est intus gladio vulnerata. Parata enim stetit, si non deesset manus percussoris. Beata Dei Genitrix iure plus quam mater est (al., e, a nostro parere, meglio: plus quam martyr mater est); quae nimio amore vulnerata testis exstitit Salvatoris, et pro maerore in animo (al. per maerorem in anima) cruciatum sustinuit passionisS. Hildefonsi, episcopi Toletani, Semones dubii, De Assumptione B. Mariae, sermo II. ML 96-252.

50 L'ed. I e quella del 1760: o pur niente; quella del '76, come nel testo.

51 «Quidquid enim crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit, aut potius nihil, comparatione ipsius tuae passionis, quae nimirum sua immensitate transfixit cuncta penetralia tui benignissimi cordisEADMERUS, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 5. ML 159-567, inter Opera S. Anselmi.

52 «Nam si de aliis sanctis Paulus asserit: Quibus dignus non erat mundus (Hebr. XI, 38): quid dicemus de Deipara, quae tanto super omnes martyres exsplenduit, quanto stellas praefulgurat solBASILIUS SELEUCIENSIS, Oratio 39, In SS. Deiparae Annuntiationem, n. 5. MG 85-442. - Qui propriamente, Basilio paragona Maria agli altri santi, non quanto ai dolori, ma quanto alla dignità ed eccellenza assoluta, essendo ella Madre di Dio ed avendoci dato Gesù Cristo.

53 «La piena di questi dolori non solo doveva confarsi con le virtù di Maria e con la gloria che l'aspettava su in cielo, ma doveva anche confarsi all'onore dovuto al suo Figliuolo divino qui in terra. Imperocché, non era mai dovere che un Dio patisse, e che non fosse insieme degnamente compatito. Ma chi poteva compatirlo degnamente? Gli angeli in cielo potevano adorarlo, potevano ammirarlo, potevano lodarlo, ma non potevano compatirlo. Gli uomini in terra, invece di compatirlo, cagionavano e raddoppiavano i suoi tormenti. Ora, affinché non si vedesse questa mostruosità, che solo le creature insensibili, la terra, gli elementi, il sole, il cielo, avessero ad addolorarsi nella morte e nella Passione del loro Creatore, scelse la Provvidenza il Cuore di Maria; ed in esso versò tanto di duolo, che potesse giustamente compassionare la Passione tanto acerba dell'Uomo Dio. Perciò, come la Vergine annunziata dall'Angelo diede in luogo di tutti gli uomini il suo consenso per le nozze del Verbo eterno con l'umana natura; all'istesso modo, appassionata sul Calvario, in luogo di tutti gli uomini lo compatìGio. Piero PINAMONTI, S. I., Il Sacro Cuore di Maria Vergine, considerazione 6, § 1 (verso la fine), Opere, Parma, 1710, pag. 352, col. 1.

54 «Exinde Doctor Seraphicus...: «O Domina, cur ivisti immolari pro nobis? Numquid non sufficiebat Filii Passio nobis, nisi crucifigeretur et materPACIUCHELLI, Excitationes dormitantis animae: Ave Maria, excitatio 10, n. 9, Venetiis, 1720, pag. 449, col. 1. - Stimulus amoris, pars 1, cap. 3: inter Opera S. Bonav., Rom., Mog., Lugd., 1668, VII, 196, col. 1, C.

55 S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super «Missus», Quaestio 150, Responsio ad quaestiones 148, 149 et 150, pag. 105, col. 1; Mariale, cap. 189, pag. 409, col. 1: «Sicut totus mundus obligatur Deo per suam Passionem, ita et Dominae (Mariale: Dominus: sbaglio manifesto) omnium per compassionem

56 I ediz.: dissi.

57 «Beata Agnes (non già l'angelo) loquitur sponsae (Birgittae) dicens: «... Habuit insuper Maria latitudinem excedentem, hoc est, misericordiam. Nam sic pia et misericors fuit et est, quod maluit omnes tribulationes sufferre, quam quod animae non redimerenturRevelationes S. BIRGITTAE, lib. 3, cap. 30. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 165, col. 1 - Oratio IV, pag. 557, col. 2: «Et quamvis Filium tuum cordialiter diligebas, maluisti tamen illam poenam amarissimam sustinere, ut scilicet ipse pro animabus redimendis moreretur, quam quod, ipsis perditis, mors illa ab eo evitaretur

58 «Et laetabatur dolens, et laetabunda dolebat, quod offerebatur sacrificium vespertinum in salvationem sui, et in redemptionem omnium nationum, quo placabatur iratus, quia non pecoris, sed iusti sanguinis (leggi; sanguis) immolabatur innoxius, et pretium solvebatur in illo ligno divinum, quo genus liberabatur humanumB. SIMON DE CASSIA (beatificato nel 1833 da Gregorio PP. XVI), De gestis Domini Salvatoris in IV Evangelistas libri XV, lib. 2, De Virgine Maria, cap. 27. Coloniae Ubiorum, 1540, pag. 76, col. 1.

59 «Maria loquebatur: «... Ego plena fui tribulatione a nativitate Filii mei usque ad mortem eius... Sed nunc respicio ad omnes qui in mundo sunt, si forte aliqui compatiantur mihi et recogitent dolorem meum; et valde paucos invenio qui cogitant tribulationem et dolorem meum. Ideo, filia mea, licet a multis oblita et neglecta sim, tu tamen non obliviscaris me: vide dolorem meum, et imitare quantum potes. Considera dolores meos, et lacrimas; et dole, quia amici Dei pauci sunt.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 2, cap. 24. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 115, col. 1.

60 Ritiratisi, fin dal 1233, in una povera casa di campagna, e, l'anno seguente, nella solitudine del Monte Senario, a menare vita austerissima, a ciò invitati da Maria SS., sette nobili e ricchi mercanti Fiorentini, nel 1239, la notte tra il Venerdì Santo ed il Sabato Santo, ebbero, - se tutti insieme o ciascuno a parte, non risulta chiaramente dagli antichi documenti - una nuova apparizione di Maria. «Adsum, inquit, ego Dei Mater tot vestris precibus efflagitata. Vos mihi primum in Servos elegi, ut sub hoc meo nomine vineam Filii mei excolatis. Aspicite quali vos vestium genere indui iubeo: habitus hic indicat suo atro colore, quem hodie in Unigeniti mei morte sim passa maerorem. Vos igitur multicolores mundanarum vestium pro me aspernati (già nel 1233 vestivano di grigio), haud difficile habebitis in posterum huiusmodi indumenta gestare, quo referatis in veste quos passa fuerim dolores in corde. Accipite et hanc Augustini Regulam, ut hoc aureo Servorum meorum titulo insigniti, hanc quoque aeternae vitae palmam consequaminiEra accompagnata la celeste Regina da una moltitudine di angeli, «quorum alii singula Passionis mysteria, alii proprius lugubres habitus, alius expansum librum, titulum alius Servorum aureis radiis circumornatum cum palma in manibus gestabatGIANIUS, Annales S. Ordinis Fratrum Servorum B. M. V., I, Centuria prima, lib. 1, cap. 14, Lucae, 1719, pag. 33, col. 1. - Cf. Officium SS. Septem Fundatorum Ordinis Servorum B. M. V., die 12 februarii.

61 B. Veronica de Binasco, Virgo Monasterii S. Marthae, Mediolani, sub Regula S. Augustini (+ 1497). - Isidorus de ISOLANIS, O. P., Vita, lib. 1, cap. 9, n. 14, inter Acta SS. Bollandiana, 13 ian. (Paris, V. Palmé, Ian. II, pag. 174): «Qua tempestate rapi primum ad supernas delicias coepit, Christum Maximum audivit dicentem: «Intellige, filia mea, lacrimas Passionis meae gratia ab meditantibus manantes mihi quam gratissimas fore. At cum mei Genitricem coelorum Reginam inexcogitato amore prosequar, gratior mihi est dolorum, quos in Passione mea perpessa est, attenta meditatio

62 «Legitur nempe in quibusdam revelationibus, et memini legisse me idipsum excerptum fore ex libro revelationum sanctae Elisabeth, videlicet quod post Assumptionem beatae Mariae, sactus Ioannes apostolus, cum esset anxius ex devotionis fervore beatam Mariam in gloria caelesti videre, raptus in spiritu vice quadam vidit in spiritu Dominum Iesum cum gloriosa sua Matre. Audivit quoque, quod ecce beata Virgo loquebatur suo Filio Domino Iesu de doloribus quos Christus pertulit in cruce, et de compassione quam ipsa Mater pro tunc sustinuit, et quomodo hic apostolus Ioannes pro tunc affuit, etc. Petivit quoque beata Maria Filium, ut specialem gratiam donare dignaretur omnibus, qui huius memoriam agerent devote. Et mox Dominus Iesus promisit talibus quatuor praecipua dona gratiarum. Primo, quod qui beatam Mariam per dictos dolores invocaret, veram poenitentiam de omnibus peccatis agere mereretur ante mortem. Secundo, quod tales in adversis custodit, praecipue in mortem. Tertio, quod memoriam Passionis imprimit mentibus eorum, et in caelo praemium praestat. Quarto, quod talem concederet potestati beatae Mariae, ut, quidquid vellet, cum eo homine faceret, atque omnia optata sibi impetraret ad salutemPELBARTUS DE THEMESWAR, O. M., Stellarium coronae gloriosissimae Virginis, lib. 3, pars 3, art. 3, Venetiis, 1586, fol. 76, col. 1. - Il P. Livario OLIGER, Ord. Min., ci ha dato il testo completo della Revelationes B. Elisabeth, che riguardano la vita di Maria SS., in una molto accurata Disquisitio critica, pubblicata dall'Antonianum, Anno I (1936), fasc. 1, pag. 24-83. Non vi si trova nulla sul presente argomento. Vedi, su queste Rivelazioni, la nostra Appendice, 5, pag. 528 e seguenti. - HEROLT (Discipulus), sermones de Tempore et de Sanctis, Venetiis, 1598.In fine: Promptuarium «Discipuli» de miraculis B. M. V., Exemplum 12, pag. 7, riferisce una simile rivelazione: «Quidam sanctus Pater in spiritu audivit Iesum Christum quaerentem a Matre misericordiae, qui fuissent dolores sui maiores in mundo. Et illa: «Quinque fuerunt maiores ceteris. Primus, cum Simeon te occidendum prophetavit. Secundus fuit, cum te perdidi per triduum. Tertius, cum te captum et ligatum audivi. Quartus, cum te crucifixum vidi. Quintus, cum te vidi poni in sepulcro.» Cui Christus ait: «Qui me ad primum tuum dolorem cum uno Pater noster et Ave Maria salutaverit, dabo ei cognitionem et contritionem peccatorum. Si ad secundum idem fecerit, dabo ei remissionem omnium peccatorum. Si ad tertum idem fecerit, virtutes, quas per peccatum perdidit, dabo. Et ad quartum dabo ei donum gratiae, et cibabo eum ante mortem corpore meo. Si ad quintum, apparebo ei in morte, et recipiam eum in vitam aeternam.» -

63 La I ed. e quella del 1760: tornasse.

64 I ed.: della mia salute.

65 Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 6, cap. 97, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 431, col. 1: «Quidam magnus dominus... qui diu non fuerat confessus, graviter infirmabatur, etc... Tertio autem die iterum veniens confessor ad infirmum, ex revelatione Christi sponsae facta, sic dixit ei: «Christus Filius Dei vivi et diaboli Dominus, dicit tibi: Tu habes in te septem daemonia. Unus sedet in corde, ligans illud ne peccatis compungaris. Secundus sedet in oculis, ne videat utiliora animae tuae. Tertius sedet in ore tuo, ne loquaris ea quae sunt ad honorem Dei. Quartus sedet in inferioribus tuis: ideo dilexisti omnem impuritatem. Quintus est in manibus tuis et pedibus: ideo homines spoliare et interficere non verebaris. Sextus est in interioribus tuis, et ideo gulae deditus es et ebrietati. Septimus in anima tua, ubi Deus sedere deberet, et modo ibi sedet diabolus inimicus eius. Ideo poenitere citius, qui adhuc Deus propitiabitur tibi. «Tunc infirmus ille cum lacrimis respondit: «Quomodo mihi persuadere poteris veniam, qui tot publicis sceleribus sum irretitusRespondit confessor: «Iuro tibi, quia expertus sum, quod etiamsi maiora fecisses, per contritionem salvaberis.» Tunc ille iterum cum lacrimis dixit: «Ego desperabam de salute animae meae, quia homagium feci diabolo, qui mihi multoties locutus est: ideo iam sexagenarius numquam feci confessionem, nec sumpsi corpus Christi, sed finxi mihi negocia quando alii communicabant; iam vero confiteor tibi, Pater, quod tales lacrimas quales nunc habeo, numquam recordor me habuisseIgitur illo die quater confessus est, et sequenti die etiam post confessionem communicavit. Post haec autem sexto die mortuus est, de quo Christus ad Sponsam sic loquebatur dicens: «Iste homo servivit latroni illi, cuius periculum ostendi tibi prius; et ab eo iam fugit diabolus, cui homagium fecerat; e hoc fuit propter contritionem quam habuit, et iam venit ad purgatorium; et huius liberationis signum est contritio quam habebat in fine. Sed potes quaerere: quare meruit contritionem homo qui tantis sceleribus involutus erat? Respondeo tibi: hoc fecit dilectio mea, qui usque ad ultimum punctum exspecto hominis conversionem, et meritum Matris meae; nam licet iste homo non dilexit eam corde, tamen quia consuetudo sua fuit compati dolori eius quoties eam considerabat et audiebat nominari, ideo compendium salutis suae invenit, et salvus erit.»

66 Fr. IACOBUS Mediolanensis, Stimulus amoris, cap. 15. Bibliotheca Franciscana ascetica medii aevi, tom. 4, ad Claras Aquas, 1905, pag. 80. - Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Lugdunen. (iuxta Vaticanam et Moguntinam), 1668, VII, pag. 196, col. 2, Stimulus amoris, pars 1, cap. 3.




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