- Parte seconda.
- RIFLESSIONI SOPRA CIASCUNO DE' SETTE DOLORI DI MARIA IN PARTICOLARE
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RIFLESSIONI SOPRA CIASCUNO DE' SETTE DOLORI DI MARIA IN PARTICOLARE
SUL DOLORE I. -
Del
vaticinio di S. Simeone.
In questa valle di lagrime ogni uomo nasce a piangere, e ciascuno dee patire
soffrendo quei mali che alla giornata gli accadono. Ma quanto più sarebbe
tormentosa la vita, se ognuno sapesse anche i mali futuri, che l'avranno da
affliggere? Troppo infelice sarebbe colui, dice Seneca, a chi toccasse tal
sorte: Calamitosus esset animus futuri
praescius, et ante miserias miser (Ep. 98).1
Il Signore usa questa compassione con noi, di non farci vedere le croci che ci
aspettano; acciocché se le abbiamo a patire, almeno le patiamo una volta sola.
Ma non usò questa compassione con Maria la quale - perché Dio la volle regina
de' dolori e tutta simile al Figlio - ebbe a vedersi sempre avanti gli occhi ed
a patire continuamente tutte le pene che l'aspettavano; e queste furono le pene
della Passione e morte del suo amato Gesù. - Ecco S. Simeone al tempio, che
dopo aver ricevuto il divin fanciullo tra le sue braccia, le predice che quel
suo Figlio dovea essere il segno di tutte le contradizioni e persecuzioni degli
uomini: Positus est hic in signum
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cui contradicetur; e che
perciò la spada del dolore dovea trapassarle l'anima: Et tuam ipsius animam doloris
gladius pertransibit (Luc. II).2
Disse la stessa Vergine a S. Metilde che a questo avviso di S. Simeone tutta la
sua allegrezza se le convertì in mestizia: Omnis
laetitia mea ad illa verba in maerorem conversa est.3 Poiché, come
fu rivelato a S. Teresa, la benedetta Madre, benché sapesse già prima il
sagrificio che dovea farsi della vita del Figlio per la salute del mondo,
nulladimeno allora conobbe in particolare e più distintamente le pene e la
morte spietata, che s'aspettavano al povero Figlio.4 Conobbe ch'egli
dovea esser contraddetto, e contraddetto in tutto: contraddetto nella dottrina,
poiché in vece di esser creduto, dovea essere stimato bestemmiatore in
insegnare ch'egli era il Figlio di Dio, come lo dichiarò l'empio Caifas,
dicendo: Blasphemavit, reus est mortis
(Io. IX, 22).5 Contraddetto nella stima, poich'egli era nobile, di
stirpe reale, e fu disprezzato come villano: Nonne hic est fabri filius? (Matth. XIIl, 55). Nonne hic
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est faber, filius Mariae? (Marc. VI, 3). Era la stessa sapienza, e fu trattato
da ignorante: Quomodo hic litteras scit,
cum non didicerit? (Io. VII, 15); da falso profeta: Et velaverunt eum, et percutiebant faciem
eius... dicentes: Prophetiza, quis est qui te percussit? (Luc. XXII, 64). Trattato da
pazzo: Insanit, quid eum auditis? (Io.
X, 20); da ubbriaco, ghiottone ed amico de' cattivi: Ecce homo devorator et bibens vinum, amicus publicanorum et peccatorum
(Luc. VII, 34); da stregone: In principe
daemoniorum eiicit daemonia (Matth. IX, 34); da eretico ed indemoniato: Nonne bene dicimus nos, quia Samaritanus es
tu, et daemonium habes? (Io. VIII, 48) In somma fu Gesù stimato da uomo
così scellerato e notorio, che non bisognava processo per condannarlo, come
dissero a Pilato: Si non esset hic
malefactor, non tibi tradidissemus eum (Io. XVIII, 30). Contraddetto
nell'anima, poiché anche il suo Eterno Padre, per dar luogo alla divina
giustizia, lo contraddisse in non volerlo esaudire, allorch'egli lo pregò: Pater mi, si possibile est, transeat a me
calix iste (Matth. XXVI, 39); e l'abbandonò in mano del timore, del tedio,
della mestizia, sì che l'afflitto Signore disse: Tristis est anima mea usque ad mortem (Matth. XXVI, 38); e giunse
per la pena interna a sudar vivo sangue. Contraddetto e perseguitato finalmente
nel corpo e nella vita, mentre basta dire ch'egli fu straziato in tutte le sue
sacrate membra, nelle mani, ne' piedi, nella faccia, nella testa, ed in tutto
il corpo, sino a morire di dolore svenato6 e svergognato sopra d'un
legno infame.
Davide in mezzo a tutte le sue delizie e grandezze regali, quando intese
intimarsi dal Profeta Natan la morte del figlio: Filius qui natus est tibi, morte morietur (II Reg. XII, [14]), non
sapea darsi pace; pianse, digiunò, dormì sulla terra. Maria con somma pace
ricevé la nuova della morte del Figlio, e con pace seguì a soffrirla; ma qual
dolore ella dovea continuamente patire in vedersi sempre avanti gli occhi
quell'amabile Figlio, in sentirgli dire quelle parole di vita eterna, in mirare
i suoi portamenti sì santi? - Patì un gran tormento Abramo in que' tre giorni
in cui ebbe da praticare col suo amato Isacco, sapendo che l'avea da perdere.
Oh Dio, non per tre giorni, ma per trentatré anni Maria ebbe a soffrire una
simile
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pena. Che dico simile? pena tanto maggiore, quanto più amabile
era il Figlio di Maria del figlio d'Abramo. - Rivelò la stessa B. Vergine a S.
Brigida (Lib. 6, Rev., c. 9) che vivendo in terra non ebbe un'ora in cui questo
dolore non la trafiggesse.7 Quoties,
seguì poi a dirle, aspiciebam Filium
meum, quoties involvebam eum pannis, quoties videbam eius manus et pedes,
toties animus meus quasi novo dolore absorptus est; quia cogitabam quomodo
crucifigeretur, (L. 6, c. 57).8 Ruperto abbate contempla Maria, che
mentre allattava il Figlio gli dicea: Fasciculus
myrrhae dilectus meus mihi, inter ubera mea commorabitur (Cant. I,
12).9 Ah Figlio, io ti stringo tra le mie braccia, perché troppo caro
mi sei; ma quanto più mi sei caro, tanto più mi diventi fascetto di mirra e di
dolore, pensando alle tue pene. Considerava Maria, dice S. Bernardino (To. 3,
serm. 2, a. 3, c. 1), che la fortezza de' santi doveva agonizzare: la bellezza
del paradiso doveva esser difformata: il Signore del mondo esser legato da reo:
il Creatore del tutto livido di percosse: il giudice di tutti sentenziato: la
gloria de' cieli disprezzata: il re de' regi coronato di spine e trattato da re
di burla.10
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Scrive il P. Engelgrave (T. 1, Ev. Luc., Dom. infr. oct. Nat., §1) essere stato
rivelato alla stessa S. Brigida che l'afflitta Madre, sapendo già quanto avea
da patire il Figlio, Eum lactans
cogitabat de felle et aceto; quando fasciis involvebat. funes cogitabat quibus
ligandus erat; quando gestabat, cogitabat in crucem confixum; quando dormiebat,
cogitabat mortuum.11 E sempreché ella lo vestiva della sua tunica,
e pensava che un giorno gli sarebbe stata strappata da sopra per crocifiggerlo;
e quando mirava quelle sue sacre mani e piedi, e pensava a' chiodi che l'aveano
da trafiggere, disse Maria a S. Brigida: Oculi
mei replebantur lacrimis et cor meum torquebatur dolore (Lib. 6, c. 57, et
l. 7, c. 7).12
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Disse il Vangelista che Gesù Cristo siccome cresceva negli anni, così anche
cresceva nella sapienza e nella grazia appresso Dio e gli uomini: Et Iesus proficiebat sapientia et aetate et
gratia apud Deum et homines (Luc. II, 52). Il che s'intende ch'egli
cresceva nella sapienza e nella grazia appresso gli uomini, in quanto alla loro
opinione, ed appresso Dio in quantoché, come spiega S. Tommaso (3 p., q. 7, a.
12), tutte le sue opere sarebbero state valevoli a sempre più accrescergli il
merito, se dal principio non gli fosse stata conferita la pienezza già consumata
della grazia per ragione dell'unione ipostatica.13 Ma se Gesù cresceva
nella stima ed amore appresso gli altri, quanto più cresceva appresso Maria? Ma
oh Dio che quanto più cresceva in lei l'amore, più s'avanzava il dolore di
doverlo perdere con una morte così crudele; e quanto più s'avvicinava il tempo
della Passione del Figlio, tanto più quella spada di dolore predettale da S.
Simeone trafiggeva con maggior pena il cuor della Madre. Così appunto rivelò
l'Angelo a S. Brigida, dicendole: Ille
doloris gladius Virgini omni hora tanto se propius approximabat, quanto Filius
Passionis tempori magis appropinquabat (Fer. 6, lect. 2, c. 16).14
Se dunque Gesù nostro re e la sua Madre santissima non ricusarono per amor
nostro di patire per tutta la loro vita una pena così atroce, non è ragione che
noi ci lamentiamo, se patiamo qualche poco. Apparve una volta Gesù crocifisso a
Suor Maddalena Orsini domenicana, mentr'ella da molto tempo stava patendo una
tribolazione, e l'animo a starsene seco in croce con quel travaglio che
l'affliggeva. Suor Maddalena lagnandosi rispose: Signore, voi solo per tre ore
penaste in croce, ma io sono più anni che soffro questa croce. Allora il
Redentore
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ripigliò: Ah ignorante, che dici? Io dal primo istante in
cui fui conceputo, soffrii nel Cuore quello che poi in morte patii nella
croce.15 Quando dunque noi ancora soffriamo qualche afflizione e ci
lagniamo, immaginiamoci che Gesù e la sua Madre Maria ci dicano lo stesso.
Esempio.
Narra il P. Reviglione della Compagnia di Gesù (Fasc. di rose, p. 2, c. 2) che
un certo giovine avea la divozione di visitare ogni giorno un'immagine di Maria
addolorata, che tenea sette spade nel petto. Una notte il misero cadde in un
peccato mortale: essendo andato poi la mattina a visitare l'immagine, guardò
nel petto della B. Vergine non sette ma otto spade; mentre egli stava ciò
rimirando, intese una voce che gli disse che quel suo peccato aveva aggiunta l'ottava
spada al cuor di Maria; ond'egli intenerito e compunto subito andò a
confessarsi, e per l'intercessione della sua avvocata ricuperò la divina
grazia.16
Preghiera.
Ah Madre mia benedetta, non una sola spada dunque,
ma tante spade, quanti sono stati i miei peccati, io ho aggiunto al vostro
cuore. Ah signora, no che non a voi innocente, ma a me reo di tanti delitti si
debbono le pene. Ma giacché voi avete voluto patire tanto per me, deh per li
meriti vostri impetratemi un gran dolore delle mie colpe e pazienza nel
soffrire i travagli di questa vita, che sempre saranno leggieri a' miei
demeriti, poiché tante volte m'ho meritato l'inferno. Amen.
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SUL DOLORE II. - Della fuga di Gesù in Egitto.
Come cerva che ferita da saetta, dove va, porta il suo dolore, portando sempre
seco la saetta che l'ha ferita; così la divina Madre dopo il vaticinio funesto
di S. Simeone, come vedemmo nella considerazione del primo dolore, portò sempre
seco il suo dolore colla memoria continua della Passione del Figlio. Hailgrino
spiegando quel passo de' Cantici: Et
comae capitis tui sicut purpura regis vincta canalibus (Cap. VII, 5), dice
che queste chiome porporine di Maria erano i pensieri continui della Passione
di Gesù, che le facevano continuamente vedere come presente il sangue che un
giorno avea da scorrere dalle sue piaghe: Mens
tua, o Maria, et cogitationes tuae tinctae in sanguine dominicae Passionis, sic
affectae semper fuere, quasi recenter viderent sanguinem de vulneribus
profluentem (In Cant., loc. cit.).1 Sicché il Figlio stesso era
questa saetta al cuore di Maria, che quanto più amabile se le dimostrava,
sempre più la feriva col dolore d'averlo a perdere con una morte così spietata.
- Passiamo ora a considerare la seconda spada di dolore, che la ferì nella fuga
che dovette fare il suo Gesù bambino in Egitto per la persecuzione di Erode.
Avendo già inteso Erode ch'era nato l'aspettato Messia, temé scioccamente
ch'egli gli avesse avuto a togliere il regno; onde S. Fulgenzio
rimproverandogli la sua sciocchezza così gli dice: Quid est quod sic turbaris, Herodes? Rex iste qui natus est, non venit
reges pugnando superare, sed moriendo mirabiliter
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subiugare (Serm. 5, de Epiph.).2
Aspettava perciò l'empio la notizia da' santi Magi, dove fosse il nato re,
affine di torgli la vita; ma vedendosi deluso da' Magi, ordinò la morte di
tutti i bambini, che allora si trovavano d'intorno a Betlemme. Quindi fu che
l'angelo apparve in sogno a S. Giuseppe e gl'impose: Surge et accipe puerum et Matrem eius, et fuge in Aegyptum (Matth.
II, [13]). Vuole il Gersone che subito nella stessa notte S. Giuseppe ne diè
l'avviso a Maria, e prendendo Gesù bambino si posero in viaggio,3 come
par che si ricavi chiaramente dallo stesso Evangelio: Qui consurgens accepit puerum et matrem eius nocte, et secessit in
Aegyptum (d. c. II, [14]). - Oh Dio, disse allora Maria, come contempla il
B. Alberto Magno, dee dunque fuggire dagli uomini quello ch'è venuto a salvare
gli uomini? Debet fugere qui Salvator est
mundi?4 E conobbe allora l'afflitta Madre che già cominciava a
verificarsi circa del Figlio la profezia di Simeone: Positus est hic... in signum cui contradicetur,5 vedendo
che appena nato, era perseguitato a morte. Qual pena dovette essere al cuor di
Maria, scrisse S. Gio. Grisostomo, il sentirsi intimare quel duro esilio
insieme col Figlio: Fuge a tuis ad
extraneos, a templo ad daemonum fana. Quae maior tribulatio, quam quod recens
natus a collo matris pendens cum ipsa matre paupercula fugere cogatur?6
Ciascuno
poi può considerare quanto patì Maria in questo
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viaggio. La via era
ben lunga per giungere in Egitto; comunemente vogliono gli autori col Barrada
(Lib. 10, c. 8) ch'era di 400 miglia; sicché almeno il viaggio fu di trenta
giornate.7 La via poi, come la descrive S. Bonaventura, era aspra,
incognita, boscosa, e poco frequentata dalle genti: Viam silvestrem, obscuram, asperam, et inhabitatam.8 Il
tempo era d'inverno, sicché ebbero da viaggiare con nevi, piogge, venti, per
istrade rotte e fangose. Maria era allora di quindici anni, donzella delicata e
non avvezza a simili viaggi. Non aveano già chi li servisse: Ioseph et Maria, disse S. Pier
Grisologo, non habent famulum, non
ancillam; ipsi domini et famuli.9 - Oh Dio qual compassione era
vedere quella tenera verginella con quel bambino di fresco nato in braccio
andar fuggendo per questo mondo! Domanda S. Bonaventura: Quomodo faciebant de victu? Ubi nocte
quiescebant? Quomodo hospitabantur? (De vit. Christi).10 E di che altro potevano
cibarsi che d'un tozzo di pane duro portato da S. Giuseppe o accattato per
limosina? dove doveano dormire in questa via - specialmente in quelle dugento
miglia di deserto, che vi erano, come riferiscono gli autori, dove non vi erano
né case né osterie - se non sopra l'arena o sotto di qualche albero nel bosco,
allo scoperto del sereno, col pericolo de' ladri o delle fiere selvagge di cui
abbonda l'Egitto? Oh chi mai avesse incontrati questi tre gran personaggi del
mondo, per quali mai l'avrebbe allora riputati, se non per tre poveri mendici e
vagabondi?
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Abitarono nell'Egitto in una terra detta Matarea, come vogliono Brocardo e
Giansenio, benché S. Anselmo vuole che abitassero nella città di Eliopoli,
prima chiamata Menfi ed ora Cairo.11 E qui si consideri la gran povertà
che dovettero ivi sopportare per quelli sette anni che vi stettero, come
asserisce S. Antonino con S. Tommaso ed altri.12 Erano forestieri,
sconosciuti, senza rendite, senza danari, senza parenti; appena si arrivavano a
sostentare colle loro povere fatiche: Cum
enim essent egeni, scrisse S. Basilio, manifestum
est quod sudores frequentabant, necessaria vitae inde ibi quaerentes.13
Scrisse
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di più Landolfo di Sassonia - e sia ciò detto per
consolazione de' poveri - che ivi Maria stava in tanta povertà, che qualche
volta non avea neppure un poco di pane che 'l Figlio le cercava costretto dalla
fame: Aliquando Filius famen patiens
panem petiit, nec unde daret Mater habuit (In Vit. Christi, c.
13).14
Morto poi che fu Erode, narra lo stesso S. Matteo che di nuovo l'angelo apparve
in sogno a S. Giuseppe e gl'impose di tornare nella Giudea.15 - Di
questo ritorno parlando S. Bonaventura, meditava il maggiore affanno della B.
Vergine, per lo trapazzo che in quel viaggio dovette soffrire Gesù giunto all'età
di sette anni circa; poiché in tal'età, dice il santo: Sic magnus est, ut portari non valeat, et sic parvus, quod per se ire
non potest.16
Il vedere dunque Gesù e Maria andare così fuggiaschi pellegrinando per questo
mondo, c'insegna a dover noi ancora vivere in questa terra da pellegrini,
senz'attaccarci a' beni che il mondo ci offerisce, come quelli che presto
l'abbiamo da lasciare ed andare all'eternità: Non... habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus (Hebr.
XIII, 14). Al che soggiunge S. Agostino: Hospes
es, vides et transis.17 Di più c'insegna
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ad abbracciare
le croci, poiché non si può vivere in questo mondo senza croce. A tal proposito
la B. Veronica da Binasco agostiniana fu portata in ispirito ad accompagnar
Maria con Gesù bambino in questo viaggio d'Egitto, in fine del quale le disse
poi la divina Madre: Figlia, hai veduto con quanti stenti siamo giunti a questo
paese; or sappi che niuno riceve grazie, se non patisce.18 E chi vuole
meno sentire i patimenti di questa vita, bisogna che prenda seco Gesù e Maria: Accipe puerum et matrem eius.19
A chi porta nel suo cuore coll'amore questo Figlio e questa Madre, si rendono
leggiere, anzi dolci e care tutte le pene. Amiamola dunque e consoliamo
Maria20 con accogliere dentro de' nostri cuori il suo Figliuolo, che
seguita anche oggidì ad essere perseguitato dagli uomini co' loro peccati.
Esempio.
Un giorno Maria SS. apparve alla B. Coletta francescana, e le fece vedere in un
bacile Gesù bambino fatto in pezzi, e poi così le disse: Così trattano i
peccatori continuamente il Figlio mio, rinnovando a lui la morte, ed a me i
dolori: figlia, prega per essi, acciocché si convertano (ap. P. Genov., serv.,
Dol. di Mar.).21 - Al che si unisce quell'altra visione ch'ebbe la
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Ven. Suor Giovanna di Gesù e Maria anche francescana. Questa un
giorno meditando appunto Gesù bambino perseguitato da Erode, sentì un gran
romore, come di gente armata che inseguisse alcuno; e poi si vide innanzi un
bellissimo fanciullo tutto affannato che fuggiva, e che le disse: Giovanna mia,
aiutami, nascondimi: io sono Gesù Nazareno, fuggo da' peccatori che mi vogliono
uccidere, e mi perseguitano com'Erode; salvami tu (Loc. cit.).22
Preghiera.
Dunque, o Maria, anche dopo che 'l vostro Figlio è morto per mano degli uomini,
che l'han perseguitato sino alla morte,
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neppure quest'ingrati han
finito di perseguitarlo co' loro peccati e di continuare ad affliggere voi
Madre addolorata? Ed uno di questi, oh Dio, sono stato ancor io? Ah madre mia
dolcissima, impetratemi lagrime per piangere una tanta ingratitudine. E poi per
li patimenti che patiste nel viaggio d'Egitto, assistetemi col vostro aiuto nel
viaggio che sto facendo verso l'eternità, acciocché in fine possa venire con
voi ad amare il mio perseguitato Salvatore nella patria de' beati. Amen.
SUL DOLORE III. - Dello smarrimento di Gesù nel tempio.
Scrisse l'Apostolo S. Giacomo che la nostra perfezione consiste nella virtù
della pazienza: Patientia autem opus
perfectum habet, ut sitis perfecti et integri, in nullo deficientes (Iac.
I, 4). Avendoci data dunque il Signore la Vergine Maria per esemplare di
perfezione, bisognò che la colmasse di pene, acciocché così noi potessimo in
lei ammirare ed imitare la di lei eroica pazienza. Fra i maggiori dolori, che
la divina Madre patì nella sua vita, fu questo ch'oggi abbiamo a considerare,
cioè quando ella smarrì il suo Figliuolo nel tempio.
Chi nasce cieco, poco sente la pena d'esser privo di vedere la luce del giorno;
ma a chi un tempo ha avuti gli occhi e goduta la luce, troppo duro poi si rende
colla cecità il vedersene privo. E così parimente quelle anime infelici che
accecate dal fango di questa terra poco han conosciuto Dio, poco sentono la
pena di non trovarlo: ma chi all'incontro, illuminato dalla celeste luce, è
stato fatto degno di trovar coll'amore la dolce presenza del sommo bene, oh
Dio, troppo si duole quando se ne vede privato. Quindi vediamo quanto a Maria,
ch'era avvezza a godere continuamente la dolcissima presenza del suo Gesù,
dovette esser dolorosa questa terza spada, che
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la ferì, allorché
avendolo disperso1 in Gerusalemme, per tre giorni se ne vide lontana.
Narra S. Luca al capo II che solendo la B. Vergine col suo sposo Giuseppe e con
Gesù ogni anno visitare il tempio nella solennità della Pasqua, una volta
v'andò allorché il Figlio era di dodici anni; ma essendo Gesù rimasto in
Gerusalemme, ella non se ne avvide, poiché credeva che fosse andato colla
compagnia degli altri. Onde giunta che fu a Nazarette,2 dimandò del Figlio;
ma non avendolo ivi trovato, ritornò subito in Gerusalemme a cercarlo; e non lo
ritrovò se non dopo tre giorni. - Or pensiamo quale affanno dovea provare
quest'afflitta Madre in quei tre giorni, in cui per tutto andava dimandando del
suo Figlio colla sposa de' Cantici: Num
quem diligit anima mea vidistis? (Cant. III, [3]), e non ne potea aver
nuova. Oh con quanta maggior tenerezza Maria stanca per la fatica, ma senza
aver trovato il suo diletto, dovea dire quel che disse Ruben del suo fratello
Giuseppe: Puer non comparet, et ego quo
ibo?3 Il mio Gesù non comparisce, io non so più che fare per
ritrovarlo; ma dove ne andrò senza il mio tesoro? Ben ella piangendo
continuamente per que' tre giorni ripetea con Davide: Fuerunt mihi lacrimae meae panes die ac nocte, dum dicitur mihi
quotidie: ubi est Deus tuus? (PS. XLI, [4]). Onde giustamente scrive il
Pelbarto che in quelle notti niente dormì l'afflitta Madre, piangendo e
pregando sempre Dio che le facesse trovare il Figlio: Illas noctes insomnes duxit in lacrimis, Deum deprecando ut daret illi
reperire Filium.4 E spesso in questo tempo replicava allo stesso
Figlio le parole della Sposa, secondo le applica S. Bernardo: Indica mihi ubi cubes, ubi pascas in
meridie, ne vagari incipiam (Cant. I, 6):5 Figlio, fammi saper dove
stai, acciocché io non vada più vagabonda e in vano cercandoti.
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V'è chi dice
che questo dolore non solo fu tra' maggiori ch'ebbe Maria in sua vita, ma che
fu il più grande ed acerbo di tutti gli altri, e non senza ragione. Per prima,
Maria negli altri dolori avea seco Gesù; patì ella nel vaticinio fattole da S.
Simeone nel tempio, patì nella fuga in Egitto, ma sempre con Gesù; ma in questo
dolore patisce lontana da Gesù, senza sapere dov'egli sia: Lumen oculorum meorum, et ipse non est mecum (Ps. XXXVII, [11]).
Così piangendo allora dicea: Ah che la luce degli occhi miei, il mio caro Gesù,
non sta più meco, vive da me lontano e non so dove. Dice Origene che per
l'amore che questa santa Madre portava al suo Figlio, patì più in questa
perdita di Gesù che qualunque martire non abbia sofferto di dolore nella sua
morte: Vehementer doluit quia vehementer
amabat. Plus doluit de eius amissione, quam aliquis martyr dolorem sentiat de
animae a corpore separatione (Hom. infr. oct. Ep.).6 Ah che quei
tre giorni furono troppo lunghi per Maria! le parvero tre secoli: giorni tutti
amari, senza chi potesse consolarla. E chi mai, ella dicea con Geremia, può
consolarmi, se chi può consolarmi sta da me lontano? e perciò non si saziano di
piangere gli occhi miei: Idcirco ego
plorans et oculus meus deducens aquas, quia longe factus est a me consolator
meus (Thren. I, 16). E con Tobia ripeteva: Quale gaudium mihi erit, qui in tenebris sedeo et lumen caeli non
video? (Tob. VI, 11).7
Per secondo, degli altri dolori ben ne intendea Maria la cagione e 'l fine,
cioè la Redenzione del mondo, il divino volere; ma in questo non sapea la
cagion della lontananza del Figlio. Dolevasi l'addolorata Madre in vedere
appartato Gesù, mentre la sua umiltà, dice Lanspergio, le facea credere esser
indegna di stargli più vicino ad assistergli in questa terra e ad aver cura
d'un tanto tesoro: Tristabatur ex
humilitate, quia arbitrabatur se indignam cui tam pretiosus commissus esset
thesaurus.8 E chi sa, forse tra sé pensava, se non l'ho servito
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come doveva? se ho commesso qualche negligenza, per cui egli m'ha
lasciata? Quaerebant
eum, ne forte reliquisset eos, scrisse Origene (Ap. Corn. a Lap., in Luc.
2).9 È certo che non vi è maggior pena ad un'anima amante di Dio, che
il timore d'averlo disgustato. E quindi fu che Maria in niun altro dolore si
lamentò fuorché in questo, lagnandosi amorosamente con Gesù dopo che lo
rinvenne: Fili, quid fecisti nobis
sic?... Pater
tuus et ego dolentes quaerebamus te (Luc. II, [48]). Colle quali
parole ella non già volle riprendere Gesù, come bestemmiano gli eretici, ma
volle solamente palesargli il dolore da lei provato nella sua lontananza, per
l'amore che gli portava. Non erat
increpatio, dice il B. Dionisio Cartusiano, sed amorosa conquestio.10 In somma fu così dolorosa questa
spada al cuor della Vergine, che la B. Benvenuta desiderando un giorno, e
pregandone la S. Madre, di potere anch'ella accompagnarla in questo dolore,
Maria se le fe' vedere col suo Gesù bambino
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in braccio; ma mentre
Benvenuta stava godendo la vista di quel bellissimo fanciullo, ad un tratto poi
se ne vide priva. Fu tanta la pena che ne provò la beata, che ricorse a Maria a
dimandarle per pietà che non la facesse morire di dolore. La S. Vergine le
apparve di nuovo dopo tre giorni, e le disse: Or sappi, figlia, che 'l tuo
dolore non è stato che una picciola parte del mio, che provai allorché smarrii
il mio Figlio (March., Diar., 30 ott.).11
Questo dolore di Maria primieramente dee servire di conforto a quelle anime che
stanno desolate e non godono la dolce presenza un tempo goduta del loro
Signore. Piangano sì, ma piangano con pace, come pianse Maria la lontananza del
suo Figlio. E prendano animo a non temere perciò di aver perduta la divina
grazia, da quello che disse Dio medesimo a S. Teresa: Niuno si perde senza conoscerlo; e niuno resta ingannato, senza voler
essere ingannato.12 Se il Signore si parte dagli occhi di
quell'anima che l'ama, non perciò si parte dal cuore. Si nasconde spesso per
essere da quella cercato con maggior desiderio ed amore. Ma chi vuol trovare
Gesù, bisogna che lo cerchi non già tra le delizie e i piaceri del mondo, ma
tra le croci e le mortificazioni, come lo cercò Maria:
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Dolentes quaerebamus te, siccom'ella
disse al Figlio. Disce a Maria quaerere
Iesum, scrisse Origine.13
In oltre in questo mondo altro bene non dobbiamo andare cercando che Gesù. Non
fu già infelice Giobbe allorché perdé in questa terra quanto avea, robe, figli,
sanità, onori, sino a scendere dal trono ad un letamaio; ma perché seco avea
Dio, anche allora era felice. Di lui parlando S. Agostino disse: Perdiderat illa quae dederat Deus, sed
habebat ipsum Deum.14 Infelici e misere veramente sono quell'anime
che han perduto Dio. Se pianse Maria la lontananza del Figlio per tre giorni,
quanto dovrebbero piangere i peccatori, che han perduta la divina grazia, a cui
dice Dio: Vos non populus meus, et ego
non ero vester (Os. I, 9). Poiché questo fa il peccato, divide l'anima da
Dio: Peccata vestra diviserunt inter vos
et Deum vestrum (Is. LIX, 2).15 E quindi avviene che anche a'
ricchi
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de' beni della terra,16 avendo perduto Dio, ogni cosa
anche su questa terra diventa loro fumo e pena, come confessò Salomone: Ecce universa vanitas et afflictio spiritus
(Eccl. I, 14). Ma la maggior disgrazia per queste povere anime cieche, dice S.
Agostino, è il vedere che se perdono un bue, non lasciano d'andargli appresso;
se perdono una pecorella, non lasciano diligenza per ritrovarla; se perdono un
giumento, non riposano. E poi perdono il sommo bene ch'è Dio, e mangiano e
bevono e riposano: Perdit homo bovem, et
post eum vadit; perdit ovem, et sollicite eam quaerit; perdit asinum et non
quiescit. Perdit
homo Deum, et comedit et bibit et quiescit.17
Esempio.
Sta notato nelle Lettere Annue della Comp. di Gesù che nell'Indie un giovine,
volendo partire dalla sua stanza per commetter un peccato, intese dire: Ferma, dove vai? Si voltò, e vide
un'immagine di Maria addolorata di rilievo ivi riposta, che si staccò il
pugnale che tenea nel petto, e poi così prese a dirgli: Su prendi questo pugnale e ferisci più presto me e non ferire il mio
Figlio con questo peccato. A tali voci il giovine si prostrò a terra, e
tutto contrito piangendo dirottamente, cercò a Dio ed alla Vergine il perdono
del suo fallo e l'ottenne.18
Preghiera.
O Vergine benedetta, perché v'affliggete cercando il vostro Figlio smarrito?
forse perché non sapete dove sta? Ma non
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v'accorgete ch'egli sta nel
vostro cuore? non sapete ch'egli si pasce tra' gigli? Voi stessa diceste: Dilectus meus mihi et ego illi, qui pascitur
inter lilia (Cant. II, 16). Questi vostri pensieri ed affetti tutti umili,
puri e santi, son tutti gigli che chiamano ad abitare in voi il divino sposo.
Ah Maria, voi sospirate Gesù, voi che non amate altro che Gesù? Lasciatelo
sospirare a me ed a tanti peccatori, che non l'amano, e coll'offenderlo l'han
perduto. Madre mia amabilissima, se per mia mancanza il vostro Figlio non è
tornato ancora nell'anima mia, fate voi ch'io lo trovi. So bene che egli si fa
trovare da chi lo cerca: Bonus est
Dominus... animae quaerenti illum (Thren. III, 25). Ma fate voi che io lo
cerchi come devo cercarlo. Voi siete la porta per cui tutti trovano Gesù, per
voi spero di trovarlo ancor io. Amen.
SUL DOLORE IV. - Dell'incontro con Gesù che andava alla
morte.
Dice S. Bernardino che per far concetto del gran dolore di Maria nel perdere il
suo Gesù colla morte, bisogna considerare l'amore che portava questa Madre a
questo Figlio.1
Tutte le madri sentono come proprie le pene de' loro figliuoli; perciò la
Cananea, allorché pregò il Salvatore a liberare la sua figlia dal demonio, che
l'infestava, gli disse che avesse pietà di lei sua madre, più che di sua
figlia: Miserere mei, Domine fili David;
filia mea male a daemone vexatur
(Matth. XV, 22).2 Ma qual madre mai amò tanto alcun suo figlio, quanto
Maria amò Gesù? Egli era suo Figlio unico, allevato
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con tanti stenti;
Figlio amabilissimo ed amantissimo della Madre; Figlio che insieme era suo
Figlio e Dio, il quale essendo venuto in terra ad accendere in tutti il santo
fuoco del divino amore, com'egli stesso si protestò: Ignem veni mittere in terram, et quid volo nisi ut accendatur? (Luc.
XII, 49), pensiamo qual fiamma ne dovette accendere in quel cuore puro e vuoto
di ogni affetto mondano della sua santa Madre? In somma disse la stessa B.
Vergine a S. Brigida che per l'amore, unum
erat cor meum et cor Filii mei.3 Quel misto di serva e madre, di
figlio e Dio fecero nel cuor di Maria un incendio composto di mille incendi. Ma
tutto poi questo incendio d'amore nel tempo della Passione si convertì in un
mare di dolore; onde disse S. Bernardino: Omnes
dolores mundi, si essent simul coniuncti, non essent tanti quantus dolor
gloriosae Mariae (Tom. III, s. 45).4 Sì, perché questa Madre, come
scrisse S. Lorenzo Giustiniani: Quanto
delixit tenerius,
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tanto est
vulnerata profundius:5 con quanta maggior tenerezza l'amò, con
tanto maggior dolore ebbe a vederlo patire, specialmente allora che s'incontrò
col Figlio, che già condannato alla morte andava colla croce al luogo del suo
supplicio. E questa è la quarta spada di dolore, che oggi abbiamo a
considerare.
Al tempo che già s'avvicinava la Passione del Signore, rivelò la B. Vergine a
S. Brigida che gli occhi suoi stavano sempre pieni di lagrime, pensando
all'amato Figlio, che stava per perdere in questa terra; e perciò disse ancora
che un freddo sudore le andava scorrendo per le membra, a cagion del timore che
l'assaliva di quel vicino spettacolo di dolore: Imminente Passione Filii mei, lacrimae erant in oculis meis, et sudor
in corpore prae timore (L. 1, Rev., c. 10).6 Ecco finalmente che
giunto il giorno destinato, venne Gesù e si licenziò piangendo dalla Madre per
andare alla morte. S. Bonaventura contemplando quel che facesse Maria in quella
notte, così le dice: Sine somno duxisti,
et soporatis ceteris, vigil permansisti.7 Giunta la mattina
venivano i discepoli di Gesù Cristo a quest'afflitta Madre, chi a portarle una
nuova e chi un'altra, ma tutte di dolore, avverandosi allora sopra di lei il
detto di Geremia: Plorans ploravit in
nocte, et lacrimae eius in maxillis eius: non est qui consoletur eam ex omnibus
caris eius (Thren. I, 2). Chi dunque veniva a riferirle i maltrattamenti
fatti al suo Figlio nella casa di Caifas, chi i dispregi da lui ricevuti da
Erode. Venne finalmente - lascio tutto l'altro per venire
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al nostro
punto - venne S. Giovanni ed annunziò a Maria che l'ingiustissimo Pilato già
l'avea condannato a morire in croce. Dissi ingiustissimo, poiché, come notò S.
Leone, questo iniquo giudice: Iisdem
labiis mittit ad mortem, quibus eum pronuntiaverat innocentem.8 Ah
Madre addolorata, le disse Giovanni, già il figlio tuo è stato sentenziato alla
morte, e già è uscito portandosi egli stesso la sua croce per andare al
Calvario - come già poi registrò nel suo Vangelo, Et baiulans sibi crucem exivit in eum qui dicitur Calvariae locum
(Io. XIX, 17); - vieni se vuoi vederlo e dargli l'ultimo addio in qualche
strada per cui dovrà passare.
Si parte Maria con Giovanni, e dal sangue di cui trovava aspersa la via, s'avvedea
che di là già era passato il Figlio. Così ella rivelò a S. Brigida: Ex vestigiis Filii mei cognoscebam incessum
eius: quo enim procedebat, apparebat terra infusa sanguine (Lib. 4, cap.
77).9 Medita S. Bonaventura (Med. 6) che l'afflitta Madre,
attraversando una strada più breve, si pose in un capo di via per incontrarsi
coll'afflitto Figlio che di là avea da passare.10 Maestissima Mater maestissimo Filio occurrit, disse S.
Bernardo.11 Fermatasi in quel luogo Maria,
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da' Giudei che già
la conoscevano, quante parole dovette ella sentire contro del caro Figlio, e
forse quanti motteggi ancora contro di lei? Ohimé qual apparato di dolore fu
poi alla sua vista il vedere i chiodi, i martelli, le funi, che portavano
innanzi, gli strumenti funesti della morte del Figlio! E quale spada fu al suo
cuore il sentire la tromba che andava pubblicando la sentenza data al suo Gesù!
Ma ecco già, dopo esser passati gli strumenti, la tromba, ed i ministri della
giustizia, alza gli occhi e vede: vede, oh Dio, un giovane tutto pieno di
sangue e piaghe da capo a piedi, con un fascio di spine sulla testa, con due
travi pesanti sulle spalle: lo mira e quasi non lo conosce, dicendo allora con
Isaia: Et vidimus eum, et non erat
aspectus (C. LIII, [2]). Sì, perché le ferite, le lividure, il sangue
annerito facevano comparirlo come un lebbroso: Putavimus eum quasi leprosum (Ibid.), in modo che più non si
conosceva: Et quasi absconditus vultus
eius et despectus; unde nec reputavimus eum (Ibid.). Ma finalmente l'amore
cel palesa, ed avendolo già conosciuto, deh quale fu allora - dice S. Pietro
d'Alcantara nelle sue Meditazioni - l'amore e 'l timore del cuor di Maria? Da
una parte desiderava vederlo, dall'altra ricusava veder una figura così
compassionevole.12 Ma finalmente si mirano; il Figlio togliendosi un
grumo di sangue dagli occhi che gl'impediva la vista, come fu rivelato a S.
Brigida,13 guardò la Madre, la Madre guardò il Figlio. Ahi sguardi di
dolore, con cui come con tante saette furono allora trafitte queste due
bell'anime innamorate! Margarita figlia di Tommaso Moro, allorché incontrò per
via il padre che andava alla morte, altro non poté dirgli che due
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volte: O padre! o padre! e
gli cadde svenuta a' piedi.14 Maria, alla vista del Figlio che andava
al Calvario, non isvenne, no, perché non era conveniente a questa Madre perdere
l'uso della ragione, come dice il P. Suarez;15 né morì, perché Dio la
riserbava
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a maggior dolore; ma se non morì, ebbe nulladimeno un
dolore capace di darle mille morti.
Volea la Madre abbracciarlo, come dice S. Anselmo, ma i ministri con ingiuria
la cacciano, e spingono avanti l'addolorato Signore;16 e Maria lo
seguita. - Ah Vergine santa, dove andate? al Calvario? e vi fidate17 di
vedere pendere da un legno chi è la vostra vita? Et erit vita tua quasi pendens ante te (Deut. XXVIII, 66). Ah madre
mia, ferma - medita S. Lorenzo
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Giustiniani, come l'avesse detto
allora il medesimo Figlio - dove t'avvicini? dove vuoi venire? Se vieni dove
vad'io, tu sarai tormentata col mio supplicio, ed io col tuo: Heu quo properas, quo venis, Mater? Cruciatu
meo cruciaberis, et ego tuo.18 Ma con tutto che il veder morire il
suo Gesù le ha da costare un dolore sì acerbo, l'amante Maria non vuole
lasciarlo: il Figlio va innanzi, e la Madre va appresso per essere anch'ella
crocifissa col Figlio, come dice Guglielmo: Tollebat
et Mater crucem suam et sequebatur eum, crucifigenda cum ipso (In Cant.,
7).19
Scrisse S. Gio. Grisostomo: Ferarum etiam
miseremur.20 Se vedessimo una leonessa che va appresso al suo
leoncino condotto alla morte, ancora una fiera ci moverebbe a compassione. E
non ci farà compassione vedere Maria che va appresso al suo Agnello immacolato
che lo portano alla morte? Compatiamola dunque e procuriamo di accompagnare il
suo Figlio e lei ancora noi, portando con pazienza la croce che ci dà il
Signore. - Dimanda S. Gio. Grisostomo, perché Gesù Cristo nelle altre pene
voll'esser solo, ma nel portar la croce voll'essere aiutato dal Cireneo? E
risponde: Ut intelligas Christi
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crucem non sufficere sine
tua.21 Non basta a salvarci la sola croce di Gesù, se noi non
portiamo con rassegnazione sin alla morte anche la nostra.
Esempio.
Apparve un giorno il Salvatore a Suor Diomira monaca in Firenze, e le disse:
«Pensa a me ed amami, che io penserò a te e ti amerò.» E nello stesso tempo le
presentò un mazzetto di fiori insieme con una croce, significandole con ciò che
le consolazioni dei santi in questa terra hanno da essere sempre accompagnate
colla croce. La croce unisce l'anime a Dio.22
Il B. Girolamo Emiliano, essendo soldato e pieno di vizi, fu chiuso da' nemici
in una torre. Ivi mosso da questa tribolazione ed illuminato da Dio a mutar
vita, ricorse a Maria SS., ed allora, con l'aiuto di questa divina Madre,
cominciò a far vita da santo. Onde meritò di vedere una volta in cielo il
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gran posto che Dio gli avea preparato. Divenne fondatore de' Padri
Somaschi, morì da santo, ed ultimamente è stato dichiarato beato e santo dalla
S. Chiesa.23
Preghiera.
Madre mia addolorata, per lo merito di quel dolore,
che sentiste nel vedere il vostro amato Gesù condotto alla morte, impetratemi
la grazia di portare con pazienza anch'io quelle croci che Dio mi manda. Beato
me, se saprò anch'io accompagnarvi colla mia croce sino alla morte! Voi e Gesù
innocenti avete portato una croce molto pesante, ed io peccatore, che mi sono
meritato l'inferno, ricuserò la mia? Ah Vergine immacolata, da voi spero
soccorso per soffrire con pazienza le croci. Amen.
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SUL DOLORE V. - Della morte di Gesù.
Eccoci ad ammirare una nuova sorta di martirio, una madre condannata a vedersi
morire innanzi agli occhi giustiziato con barbari tormenti un figlio innocente
ed amato con tutto il suo affetto. Stabat
autem iuxta crucem Mater eius.1 Non occorre dir altro, dice S.
Giovanni, del martirio di Maria; miratela vicino alla croce a vista del Figlio
moribondo, e poi vedete se v'è dolore simile al suo dolore. - Fermiamoci dunque
noi ancora oggi sul Calvario a considerare questa quinta spada, che trapassò il
cuore di Maria, nella morte di Gesù.
Giunto che fu sul monte l'affannato nostro Redentore, i carnefici lo
spogliarono delle vesti, ed inchiodando le sue sacre mani e piedi con chiodi, non acutis sed obtusis, come dice S.
Bernardo (Serm. 2, de Pas.),2 per più tormentarlo, l'affissero alla
croce. Crocifisso che l'ebbero, fermarono la croce, e così lo lasciarono a
morire. - L'abbandonano i carnefici, ma non l'abbandona Maria. Allora ella si
fece più vicino alla croce, per assistere alla di lui morte. Ego non separabar ab eo - così la B.
Vergine rivelò a S. Brigida (L. I, c. 35)
et stabam vicinior cruci eius.3 Ma che serviva, o Signora, le dice
S. Bonaventura, andare al Calvario a vedervi morire innanzi questo Figlio? Cur ivisti, o Domina, ad Calvariae locum?
cur te non retinuit pudor, horror facinoris? Dovea ritenervi il rossore,
giacché l'obbrobrio suo anch'era vostro, essendogli
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Madre. Almeno
dovea ritenervi l'orror d'un tal delitto, in vedere un Dio crocifisso dalle sue
medesime creature. Ma risponde lo stesso santo: Non considerabat cor tuum horrorem, sed dolorem:4 Ah che il
vostro cuore non pensava allora alla pena sua, ma al dolore e alla morte del
caro Figlio; e perciò voleste voi stessa assistergli, almeno per compatirlo. Ah
vera Madre, dice Guglielmo abbate, amante Madre, che neppure lo spavento della
morte poté separarvi dall'amato Figlio: Plane
mater, quae nec in terrore mortis Filium deserebat (Serm. 4, de
Ass.).5 Ma oh Dio, e quale spettacolo di dolore era allora il vedere
questo Figlio agonizzare sopra la croce, e sotto la croce veder agonizzar
questa Madre, la quale soffriva tutte le pene che pativa il Figlio! Ecco come
rivelò Maria a S. Brigida lo stato compassionevole del suo Figlio moribondo,
siccome ella lo vide sulla croce: Stava il mio caro Gesù in croce tutto
affannato ed agonizzante: se gli vedevano gli occhi entrati dentro, mezzo
chiusi e smorti; le labbra pendenti, ed aperta la bocca; le guance smunte ed
attaccate ai denti; stirate le mascelle, affilato il naso, mesta la faccia; il
capo se gli vedea abbandonato sul petto, i capelli neri di sangue, il ventre
attaccato alle reni, le braccia e le gambe intirizzite, e tutto il resto del
corpo tutto piaghe e sangue (Lib. 1 Rev., c. 10 et lib. 4, c. 70).6
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Tutte queste pene di Gesù erano ancora di Maria, dice S. Girolamo: Quot laesiones in corpore Christi, tot
vulnera in corde Matris (Ap. Baldi, tom. 1, p. 499).7 Chi dunque si
fosse allora trovato sul Calvario avrebbe veduto, dice S. Gio. Grisostomo, due
altari, dove si consumavano due gran sacrifizi: uno nel corpo di Gesù, l'altro
nel cuore di Maria.8 Ma meglio parmi che S. Bonaventura vi guardi un
solo altare, cioè la sola croce del Figlio, nella quale insieme colla vittima
di questo Agnello divino vi è sacrificata ancora la Madre; perciò il santo si
fa ad interrogarla: O Domina, ubi stas?
Numquid iuxta crucem? Imo in cruce cum Filio cruciaris (Ap. Bald., l. c.,
p. 452):9 O Maria dove state? vicino alla croce? Ah che più giustamente
dirò che state nella stessa croce a sacrificarvi crocifissa insieme col vostro
Figlio. Così ne accerta S. Agostino: Cruci
et clavi Filii fuerunt et Matris; Christo crucifixo crucifigebatur et
Mater.10 Sì, perché, come dice S. Bernardo,
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quel che
facevano i chiodi nel corpo di Gesù, operava l'amore nel cuore di Maria: Quod in carne Christi agebant clavi, in
Virginis mente affectus erga Filium.11 In modo che nello stesso
tempo che 'l Figlio sagrificava il corpo, la Madre sagrificava l'anima, siccome
scrisse S. Bernardino: Dum ille corpus,
ista spiritum immolabat (Ap. Bald., p. 456).12
Fuggono le madri dalla presenza de' figli moribondi; ma se mai alcuna madre è
costretta ad assistere ad un figlio che muore, va ella procurandogli tutti i
sollievi che può dargli; va accomodandogli il letto, acciocché stia in sito più
comodo; gli va somministrando rinfreschi; e così la povera madre va consolando
il suo dolore. - Ah Madre la più afflitta di tutte le madri! O Maria, a voi è
imposto l'assistere a Gesù moribondo, ma non è dato di potergli dare alcun
sollievo. Udì Maria il Figlio che disse: Sitio,
ma a lei non fu permesso dargli un poco d'acqua per rinfrescare la sua gran
sete. Altro non poté dirgli, come contempla S. Vincenzo Ferreri: Fili, non habeo nisi aquam lacrimarum
(Ap. Bald., p. 456).13 Vedea che sopra quel letto di dolore il Figlio
appeso a quelli tre uncini di ferro non trovava riposo: voleva ella
abbracciarlo per dargli sollievo,
- 561 -
almeno per farlo spirare tra le sue
braccia, ma non potea: Volebat eum
amplecti, dice S. Bernardo, sed manus
frustra protensae in se complexae redibant (Ap. Bald., p. 463).14
Vedea quel povero Figlio, che in quel mare d'affanni andava cercando chi lo
consolasse, - come egli già avea predetto per bocca del profeta: Torcular calcavi solus... Circumspexi et non est auxiliator:
quaesivi et non fuit qui adiuvaret (Is. LXIII, [3, 5]) - ; ma chi
volea consolarlo tra gli uomini, se tutti gli erano nemici? Anche sulla croce,
chi lo bestemmiava e derideva da una via e chi da un'altra: Praetereuntes autem blasphemabant eum moventes
capita sua (Matth. XXVII, 39). Altri gli dicevano in faccia: Si filius Dei es, descende de cruce. Altri:
Alios salvos fecit, seipsum non potest
salvum facere. Altri: Si rex Israel
est, descendat nunc de cruce (Matth. XXVII, 42). Disse di più la stessa B.
Vergine a S. Brigida (Rev., l. 4, e. 70): Intesi altri che dicevano il mio
Figlio essere un ladro; altri ch'era un impostore; altri che niuno si meritava
la morte come esso: e tutte m'erano nuove spade di dolore.15
Ciò che poi maggiormente accrebbe il dolore di Maria colla compassione verso
del Figlio, fu l'udirlo sulla croce lamentarsi che anche l'Eterno Padre
l'avesse abbandonato: Deus meus, Deus
meus, ut quid dereliquisti me? (Matth. XXVII, 46). Parole, come disse la
divina Madre alla medesima S. Brigida, che non le poterono mai più uscir dalla
mente per tutta la sua vita (Rev., l. c.).16 Sicché l'afflitta Madre
vedea il suo
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Gesù addolorato da ogni parte; volea sollevarlo, ma non
potea. E quel che le dava pena era il vedere ch'ella stessa colla sua presenza
e dolore accresceva gli affanni del Figlio. La stessa pena, dice S. Bernardo,
che riempiva il cuor di Maria, ridondava ad amareggiare il Cuor di Gesù: Repleta Matre, ad Filium redundaret
inundatio amaritudinis (Hom. in Ev. Stabat.).17
Anzi dice S. Bernardo che Gesù in croce pativa più per compassione della Madre,
che per gli stessi suoi dolori; così egli fa parlare la Vergine: Stabam ego videns eum, ipse videns me, et
plus dolebat de me quam de se (Ap. Sinisc., cons. 28).18 Sicché
parlando lo stesso santo di Maria accanto al Figlio moribondo, dice ch'ella
viveva morendo senza poter morire: Iuxta
crucem stabat Mater, vox illi non erat, moriebatur
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vivens, vivebat moriens; nec mori poterat,
quia vivens mortua erat (De lament. Virg.).19 Scrive il Passino che
Gesù Cristo medesimo parlando un giorno alla B. Battista Varani da Camerino, le
disse che tanto l'afflisse stando in croce il vedere a' suoi piedi la Madre
così afflitta, che la compassione alla Madre lo fe' morire senza consolazione.
Talmenteché la suddetta beata, essendo stata illuminata a conoscere questo
dolore di Gesù, esclamò: «Signore, non mi dite più niente di questa vostra
pena, ch'io non ne posso più».20
Stupivano gli uomini, dice Simeon da Cassia, che miravano allora questa Madre
tener silenzio senza lagnarsi in tanto suo
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dolore: Stupebant omnes qui noverant huius hominis
matrem, quod etiam in tantae angustiae pressura silentium servabat.21
Ma se Maria taceva colla bocca, non taceva col cuore; mentre allora non faceva
altro che offerire alla divina giustizia la vita del Figlio per la nostra
salute. Quindi sappiamo ch'ella per lo merito de' suoi dolori cooperò a farci
nascere alla vita della grazia; onde noi siamo figli de' suoi dolori. Voluit eam Christus, dice Lanspergio, cooperatricem nostrae Redemptionis adstare,
quam nobis constituerat dare matrem: debebat enim ipsa sub cruce nos parere
filios (Hom. 44, de Pass. Dom.).22 E se mai in quel mare di
amarezza - dico il cuore di Maria - vi entrò qualche sollievo, questo era
l'unico sollievo che allora la consolava, cioè il sapere che per mezzo de' suoi
dolori ella ci partoriva alla salute eterna, come Gesù medesimo rivelò a S.
Brigida: Maria Mater mea propter
compassionem et caritatem, facta est mater omnium in caelis et in terra (L.
1, c. 32).23 Ed in fatti queste furono l'ultime parole colle quali Gesù
da lei si licenziò prima di morire, questo fu l'ultimo ricordo, il lasciarle
noi per suoi figli in persona di Giovanni, allorché le disse: Mulier, ecce filius tuus (Io. XIX,
[26]). E sin d'allora cominciò a far Maria per noi quest'officio di buona
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madre; poiché, come attesta S. Pier Damiani (Ap. Salm., to. 1, tr.
47), il buon ladrone per le preghiere di Maria si convertì allora e si salvò: Idcirco resipuit bonus latro quia B. Virgo
inter cruces Filii et latronis posita, Filium pro latrone deprecabatur; hoc suo
beneficio antiquum latronis obsequium recompensans. Mentre, secondo portano
anche altri autori, questo ladro nel viaggio d'Egitto con Gesù bambino era
stato con essi cortese.24 E tale officio la beata Vergine ha continuato
sempre e continua a farlo.
Esempio.
Un certo giovine in Perugia promise al demonio che se gli otteneva di
commettere un peccato, ch'esso desiderava di fare, gli dava l'anima; e gliene
fece la scrittura sottoscritta col suo sangue. Commesso il peccato, il demonio,
volendo soddisfatta la promessa, lo portò vicino ad un pozzo, minacciandogli
che se esso non vi si gettava, l'avrebbe in anima e corpo menato all'inferno.
Il misero giovine credendo di non potere più sfuggire dalle sue mani, sale sul
pozzo per gittarsi; ma atterrito dalla morte disse al nemico che non aveva
l'animo di gittarsi, onde se lo volea morto, gli desse egli la spinta. Aveva il
giovine
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l'abitino al collo di Maria
addolorata; perciò disse il demonio: Levati quest'abitino, ch'io ti darò la
spinta. Ma quegli conoscendo già in quell'abitino la protezione che gli
conservava ancora la divina Madre, non se lo volle togliere: onde dopo molti
contrasti il demonio confuso partì, e 'l peccatore, grato alla sua Madre
addolorata, andò a ringraziarla e, pentito de' suoi peccati, volle sospendere
anche il voto, espresso in un quadro, al suo altare nella chiesa di S. Maria la
Nuova in Perugia (Mon. Conv. Per., ap. P. Sinisch., Cons. 16).25
Preghiera.
Ah Madre la più addolorata di tutte le madri, è morto dunque il vostro Figlio,
figlio così amabile e che tanto vi amava? Piangete, che avete ragione di
piangere. Chi mai potrà consolarvi? Solo può consolarvi il pensiero che Gesù
colla sua morte ha vinto l'inferno, ha aperto il paradiso agli uomini già
chiuso, ha acquistate tante anime. In quel trono26 della croce egli
avrà a regnare di tanti cuori che, vinti dal suo amore, con amore lo
serviranno.
- 567 -
Non isdegnate intanto, o madre mia, di tenermi vicino a piangere con voi,
giacch'io ho più ragione di voi di piangere per le offese che gli ho fatte. Ah
madre di misericordia, io prima per la morte del mio Redentore e poi per li
meriti de' vostri dolori spero il perdono e la mia eterna salute. Amen.
SUL DOLORE VI. - Della lanciata e deposizione di Gesù dalla
croce.
O
vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut
dolor meus (Thren. I, 12). Anime divote, ascoltate quello che dice oggi Maria addolorata:
Figlie dilette, io non voglio che mi stiate a consolare; no, perché il mio
cuore non è più capace di consolazione in questa terra, dopo la morte del mio
caro Gesù. Se volete compiacermi, questo voglio da voi: rivolgetevi a me e
vedete se nel mondo vi è stato mai dolore simile al mio, in avermi veduto
togliere con tanta crudeltà quello ch'era tutto il mio amore. Ma, Signora,
giacché voi non volete esser consolata, ed avete tanta sete di pene, io
so1 a dirvi che colla morte del vostro Figlio, neppure son finiti i
vostri dolori. Oggi voi sarete ferita da un'altra spada di dolore, sarà il
veder trapassare da una lancia crudele il costato del vostro medesimo Figlio
già morto, e dopo l'avrete ad accogliere tra le vostre braccia deposto dalla
croce. - Ed eccoci a considerare oggi il sesto dolore che afflisse questa
povera Madre. Attenzione e lagrime. Sinora son venuti i dolori a cruciar Maria
ad uno ad uno, ma oggi par che vengano tutti uniti insieme ad assalirla.
Basta ad una madre dirle che 'l suo figlio è morto, per accenderla tutta
nell'amore del figlio perduto. Sogliono alcuni alle madri, a cui son morti i
figli, per alleggerire il lor dolore,
- 568 -
ricordare i disgusti da coloro
un tempo ricevuti. Ma io, Regina mia, se volessi con tal modo alleggerire il
vostro dolore nella morte di Gesù, qual disgusto mai avrei da ricordarvi da lui
ricevuto? Ah no, ch'egli sempre vi amò, sempre vi ubbidì, sempre vi rispettò.
Or l'avete perduto: chi mai può spiegare il vostro affanno? Spiegatelo voi che
lo provaste.
Morto che fu il nostro Redentore, dice un divoto autore che i primi affetti
della gran Madre furono in accompagnare l'anima santissima del Figlio e
presentarla al Padre Eterno.2 Vi presento, o mio Dio, dovette allora
dire Maria, l'anima immacolata del vostro e mio Figlio che già v'ha ubbidito
sino alla morte: ricevetela voi tra le vostre braccia. Ecco soddisfatta già la
vostra giustizia, adempita la vostra volontà; ecco già consumato il gran
sacrificio a vostra gloria eterna. E poi rivolta verso le morte membra del suo
Gesù: O piaghe, disse, piaghe amorose, io v'adoro e con voi mi congratulo,
giacché per mezzo vostro è stata data la salute al mondo. Voi resterete aperte
nel corpo del mio Figlio, per essere il rifugio di coloro che a voi
ricorreranno. O quanti per voi riceveranno il perdono de' loro peccati, e per
voi s'infiammeranno ad amare il sommo bene!
Acciocché non fosse disturbata l'allegrezza del seguente sabbato pasquale,
voleano i Giudei che il corpo di Gesù fosse tolto dalla croce; ma perché non
potevano deporsi i condannati se non erano morti, perciò vennero alcuni colle
mazze di ferro a spezzargli le gambe, come già fecero agli altri due ladri
crocifissi. Ecco dunque Maria, che mentre sta piangendo la morte del Figlio,
vede quegli uomini armati che venivano contro del suo Gesù. A tal vista prima
tremò per lo spavento; poi così disse: Ah che il mio Figlio è già morto;
lasciate d'ingiuriarlo più, e lasciate ancora di più tormentare me povera
madre. Oravit eos, ne frangerent crura, scrisse
S. Bonaventura.3 Ma mentre sta così dicendo, vede, oh Dio, un soldato
che stende
- 569 -
con empito una lancia, e con quella apre il costato di
Gesù: Unus militum lancea latus eius
aperuit et continuo exivit sanguis et aqua (Io. XIX, [34]). Al colpo della
lancia tremò la croce, e 'l Cuore di Gesù restò diviso, come fu rivelato a S.
Brigida: Ita ut ambae partes essent
divisae (Rev., lib. 2, cap. 21).4 Uscì sangue ed acqua, perché non
vi era più sangue che quelle gocce rimaste, e quelle ancora volle spargere il
Salvatore, per farci intendere ch'egli non avea più sangue da darci. L'ingiuria
di questa lanciata fu di Gesù, ma il dolore fu di Maria: Divisit Christus, dice il divoto Lanspergio, cum Matre sua huius vulneris poenam, ut ipse iniuriam acciperet, Mater
dolorem.5 Vogliono i SS. Padri che questa fosse propriamente la
spada predetta alla Vergine da S. Simeone: spada non di ferro, ma di dolore,
che trapassò l'anima sua benedetta nel Cuore di Gesù, dov'ella sempre abitava.
Così dice fra gli altri S. Bernardo: Lancea
quae ipsius latus aperuit, animam Virginis pertransivit, quae inde nequibat
avelli (De lament. Virg.).6 Ed a S. Brigida rivelò la stessa divina
Madre: Cum retraheretur hasta, apparuit
cuspis rubea sanguine. Tunc mihi videbatur quod quasi cor meum perforaretur,
cum vidissem cor Filii mei carissimi perforatum (Rev., cap. 10).7 Disse
l'angelo a S. Brigida
- 570 -
che furono tali i dolori di Maria, che per
miracolo divino allora non morì: Non
parvum miraculum a Deo factum est, quod B. Virgo tot doloribus sauciata
spiritum non exhalarit.8 Ma negli altri dolori aveva almeno il
Figlio che la compativa; ora qui non ha neppure il Figlio che la compatisce.
Temendo pertanto l'addolorata Madre d'altre ingiurie che facessero all'amato
Figlio, prega Giuseppe d'Arimatea ad ottenere da Pilato il corpo del suo Gesù, acciocché
almeno morto avesse potuto custodirlo e liberarlo dagli oltraggi. Andò Giuseppe
a Pilato, e gli espose il dolore e 'l desiderio di quest'afflitta madre; e
vuole S. Anselmo che la compassione della madre intenerì Pilato, e lo mosse a
concederle il corpo del Salvatore.9
Ecco che già depongono Gesù dalla croce. O Vergine sacrosanta, dopo che voi con
tanto amore avete donato al mondo il vostro Figlio per la nostra salute, ecco che
il mondo già ve lo rende. Ma, oh Dio, come tu me 'l rendi? diceva al mondo
allora Maria: Dilectus meus candidus et
rubicundus:10 Il mio Figlio era bianco e vermiglio, ma tu me 'l
rendi negro di lividure, e vermiglio non già per colore, ma per le piaghe che
gli hai fatte. Egli era bello, ora non è più bello, è tutto difformato. Egli
innamorava col suo aspetto, ora dà orrore a chi lo guarda. Oh quante spade,
dice S. Bonaventura, ferirono l'anima di questa Madre in esserle presentato il
Figlio sceso dalla croce: Oh quot gladii
animam Matris pertransierunt!11 Si consideri
- 571 -
qual pena
avrebbe ogni madre in presentarlesi un figlio morto! - Fu rivelato a S. Brigida
che nella mentovata deposizione posero tre scale sulla croce.12 Prima
quei santi discepoli schiodarono le mani, e poi i piedi, - e i chiodi furono
consegnati a Maria, come porta il Metafraste.13 - Indi uno tenendo il
corpo di Gesù da sopra, l'altro di sotto, lo scesero dalla croce. Bernardino da
Bustis medita come l'afflitta Madre s'alza sulle punte de' piedi, e stendendo
le braccia va ad incontrare il caro Figlio; l'abbraccia, e poi si siede sotto
la croce. Vede quella sua bocca aperta, gli occhi oscurati; va visitando quelle
carni lacerate, quelle ossa scoperte; le toglie la corona, e guarda il fracasso
fatto dalle spine a quella sacra testa; guarda quelle mani e quei piedi
trafitti, e dice: Ah Figlio, a che t'ha ridotto l'amore ch'hai portato agli
uomini! Ma voi qual male avete loro fatto, che v'hanno così maltrattato? Tu mihi pater eras, seguita a farle dire
Bernardino da Bustis, tu frater, sponsus,
meae deliciae, mea gloria, tu mihi omnia eras.14 Figlio, vedi
- 572 -
come sto addolorata, guardami e consolami. Ma tu non mi guardi più.
Parla, dimmi una parola e consolami; ma tu non parli più, perché sei morto. O
spine crudeli - poi rivolta a que' barbari strumenti dicea - chiodi, lancia
spietata, come avete potuto così tormentare il vostro Creatore? Ma che spine?
che chiodi? Ahi peccatori, esclamava, voi avete così maltrattato il Figlio mio.
Così dicev'allora Maria, e si lagnava di noi. Ma se ora foss'ella capace di
dolore, che direbbe? e qual pena sentirebbe in vedere che gli uomini, dopo
esser morto il Figlio, seguitano a straziarlo e crocifiggerlo co' loro peccati?
Non tormentiamo più dunque quest'addolorata Madre; e se per lo passato
l'abbiamo noi ancora afflitta colle nostre colpe, facciamo quello che ora ella
ci dice. Ecco ciò che ne dice: Redite,
praevaricatores, ad cor (Is. XLVI, 8): Peccatori, tornate al Cuore ferito
del
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mio Gesù; tornate pentiti, ch'egli vi accoglierà. Ab ipso fuge ad ipsum - siegue a
parlarci con Guerrico abbate - a iudice
ad Redemptorem, a tribunali ad crucem.15 Rivelò la stessa Vergine a
S. Brigida ch'ella al Figlio deposto dalla croce chiuse gli occhi, ma non poté
chiudergli le braccia: Eius brachia
flectere non potuit;16 dandoci con ciò ad intendere Gesù Cristo
ch'egli volea restar colle braccia aperte, per accogliere tutti i peccatori
pentiti che a lui tornavano. O mondo, dunque prosiegue a dire Maria: Et ecce tempus tuum, tempus amantium
(Ez. XVI, 8). Or che il mio Figlio, o mondo, è morto per salvarti, non è più
tempo per te di timore, ma d'amore; tempo di amare chi per dimostrarti l'amor
che ti porta, ha voluto tanto patire: Propterea,
dice S. Bernardo, vulneratum est Cor
Christi, ut per vulnus visibile vulnus amoris invisibilis videatur (Serm.
de Pass. Dom.).17 Se dunque, conclude Maria coll'Idiota, il mio Figlio
ha voluto che gli fosse aperto il costato per darti il Cuor suo, Prae nimio amore aperuit sibi latus, ut
praeberet Cor suum,18 è ragione, o uomo, che tu gli
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doni
il cuore tuo. E se volete senza ripulsa, o figli di Maria, trovar luogo nel
Cuore di Gesù, andate, dice Ubertino da Casale, andate insieme con Maria,
ch'ella vi otterrà la grazia: Filii huius
Matris, ingredimini cum ipsa intra penetralia Cordis Iesu.19 -
Eccone in comprova un bell'esempio.
Esempio.
Narra il Discepolo (Prompt. ex., v. Miser.) che vi
era un povero peccatore il quale, tra l'altre sue scelleraggini, aveva ucciso
il padre e un fratello, e perciò andava fuggiasco. Questi un giorno di
quaresima, udendo da un predicatore una predica della divina misericordia,
s'andò da lui stesso a confessare. Il confessore udendo quegli eccessi, lo
mandò a un altare di Maria addolorata, acciocch'ella l'avesse ottenuto dolore e
perdono de' suoi peccati. Va il peccatore, comincia a pregare, ed ecco si vide
caduto ivi morto di repente. Il giorno appresso, raccomandando il sacerdote al
popolo che pregasse per quel defunto, comparve nella chiesa una bianca colomba,
da cui si vide poi cadere una cartella avanti i piedi del sacerdote. Prese egli
la cartella, ed ivi trovò scritte queste parole: L'anima del morto, appena
uscita dal corpo è andata in paradiso. E voi seguitate a predicare l'infinita
misericordia di Dio.20
- 575 -
Preghiera.
O Vergine addolorata, o anima grande nelle virtù e grande ancora ne' dolori,
giacché così questi come quelle nascono da quel grande incendio d'amore che
portate a Dio, mentre il vostro cuore non sa amare altro che Dio. Ah Madre,
abbiate pietà di me che non ho amato Dio e l'ho tanto offeso. I vostri dolori
mi danno gran confidenza a sperare il perdono. Ma questo non mi basta, io
voglio amare il mio Signore; e chi altri mai meglio ciò mi può impetrare, che
voi la quale siete la madre del bello amore? Ah Maria, voi consolate tutti,
consolate me ancora. Amen.
SUL DOLORE VII. - Nel seppellirsi il corpo di Gesù.
Quando una madre si trova presente al figlio che patisce, non v'ha dubbio
ch'ella sente e soffrisce allora tutte le pene del figlio; ma quando poi il
tormentato figlio già morto s'ha
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da seppellire e sta l'afflitta madre
per licenziarsi dal figlio, oh Dio, che quel pensiero di non averlo più a
vedere è un dolore che avanza tutti gli altri dolori. Ecco l'ultima spada di
dolore, che oggi abbiamo a considerare, quando Maria, dopo aver assistito al
Figlio nella croce, dopo averlo abbracciato morto, dovette finalmente lasciarlo
nel sepolcro, per non aver più a godere la sua amata presenza.
Ma per meglio considerare quest'ultimo dolore, ritorniamo al Calvario a
rimirare l'afflitta Madre, che ancora tiene abbracciato il morto Figlio. Figlio
- par che allora proseguisse a dirgli con Giobbe (c. XXX, v. 21) - Figlio mio, mutatus es mihi in crudelem. Sì, perché
tutte le vostre belle parti, la bellezza, la grazia, le virtù, le vostre
maniere amabili, tutti i segni d'amore speciale che mi avete dimostrati, i
favori singolari a me fatti, tutti si son cambiati in tante saette di dolore,
che quanto più m'hanno accesa ad amarvi, più crudele or mi fan sentire la pena
d'avervi perduto. Ah mio Figlio diletto, in perder voi ho perduto tutto. Così
la fa parlare S. Bernardo: O vere Dei
nate, tu mihi pater, tu mihi filius, tu mihi sponsus, tu mihi anima eras! Nunc
orbor patre, viduor sponso, desolor filio uno perdito filio omnia perdo (De
lam. V. Mar.).1
Così Maria si stava struggendo di dolore abbracciata col Figlio: ma questi
santi discepoli, temendo che questa povera Madre spirasse ivi per la pena, si
mossero a strapparle presto dal seno quel morto Figlio, per portarlo a
seppellire. Onde con riverente violenza ce lo tolsero dalle braccia, ed
imbalsamandolo con aromi l'involsero nella sindone apparecchiata, in cui volle
il Signore lasciare al mondo la sua figura impressa, come si vede oggidì in
Torino.2 - Ecco già lo portano
- 577 -
a seppellire, già s'avvia la
dolorosa esequie; i discepoli se lo pongono su le spalle, gli angeli del cielo
a schiere lo vanno accompagnando, quelle sante donne lo seguitano; e insieme
con esse va l'addolorata Madre seguendo il Figlio alla sepoltura. Giunti al
luogo destinato, oh quanto di buona voglia Maria si sarebbe ivi seppellita viva
col Figlio: O quam libenter, com'ella
disse a S. Brigida (L. 1, Rev.), tunc
posita fuissem viva cum Filio meo, si fuisset voluntas eius!3 Ma
perché questa non era la divina volontà, vogliono ch'ella medesima
accompagnasse il corpo sacrosanto di Gesù nel sepolcro, dove riferisce il
Baronio che vi posero i chiodi e la corona di spine.4 In alzare poi la
pietra per chiudere il sepolcro, dovettero quei discepoli del Salvatore
voltarsi alla Vergine e dirle: Or via, Signora, s'ha da coprire il sepolcro;
abbiate pazienza, guardatelo l'ultima volta e licenziatevi dal vostro Figlio. -
Dunque Figlio mio diletto - così dovette dire l'addolorata Madre allora, -
dunque non avrò più a vederti? ricevi dunque in quest'ultima volta che ti vedo,
ricevi l'ultimo addio da me tua cara Madre, e ricevi il mio cuore, che lascio
con te sepolto. Animam, scrisse S.
Fulgenzio, cum corpore Christi
contumulari Virgo vehementer exoptavit.5 E Maria stessa rivelò a S.
Brigida: Vere dicere possum quod sepulto
Filio meo quasi duo corda in uno sepulcro fuerunt (Rev., l. 2, c.
21).6
- 578 -
Finalmente prendono la pietra e chiudono nel santo sepolcro il corpo di Gesù,
quel gran tesoro, che non ha il più grande né la terra né il cielo. - Facciamo
qui una digressione: Maria lascia il suo cuore sepolto con Gesù, perché Gesù è
tutto il suo tesoro: Ubi... thesaurus
vester est, ibi et cor vestrum erit (Luc. XII, 34). E noi dove terremo
sepolto il cuore, forse nelle creature? nel fango? E perché non in Gesù, che
benché asceso al cielo, pure ha voluto restarsi, non già morto, ma vivo nel SS.
Sacramento dell'altare, appunto per aver seco e possedere i nostri cuori?
Ma ritorniamo a Maria. Ella prima di partirsi dal sepolcro, vuole S.
Bonaventura che benedisse quella sacra pietra; o pietra felice, dicendo, che ora
chiudi in te quello ch'è stato nove mesi nell'utero mio, io ti benedico e
t'invidio; te lascio a custodirmi questo mio Figlio, ch'è tutto il mio bene,
tutto l'amor mio. E poi rivolta all'Eterno Padre disse: O Padre, a voi
raccomando questo ch'è Figlio vostro e Figlio mio. E con ciò dando l'ultimo
addio al Figlio ed al sepolcro, si parte e ritorna alla sua casa.7
Andava così afflitta e mesta questa povera Madre, che, dice S. Bernardo, multos etiam invitos ad lacrimas
provocabat.8 Sicché per dove passava omnes plorabant qui obviabant ei: tutti che l'incontravano non
potevano trattenersi dal piangere. Ed aggiunge che quei santi discepoli
- 579 -
e le donne che l'accompagnavano super
ipsam potius quam super Dominum plangebant.
Vuole S. Bonaventura che le sue sorelle la velassero con un manto lugubre: Sorores Dominae velaverunt eam tamquam
viduam, cooperientes quasi totum vultum.9 E dice che passando ella
nel ritorno per avanti la croce bagnata ancora del sangue del suo Gesù, ella fu
la prima ad adorarla. O croce santa, disse allora, io ti bacio e t'adoro,
giacché ora non sei più legno infame, ma trono d'amore ed altare di
misericordia consagrato col sangue dell'Agnello divino, che in te è stato già
sacrificato per la salute del mondo. - Lascia poi la croce e ritorna a casa;
dove giunta l'afflitta Madre va girando gli occhi d'intorno, e non vede più il
suo Gesù; ma, invece della presenza del caro Figlio, se le fanno avanti gli
occhi tutte le memorie della di lui bella vita e della sua spietata morte. Qui
si ricorda degli abbracci dati al Figlio nella stalla di Betlemme, della
conversazione con lui tenuta tanti anni nella bottega di Nazaret; si ricorda
degli affetti scambievoli, degli sguardi amorosi, delle parole di vita eterna
uscite da quella bocca divina. E quindi se le presenta avanti la scena funesta
veduta in quello stesso giorno; se le fanno innanzi quei chiodi, quelle spine,
quelle carni lacerate del Figlio, quelle piaghe profonde, quelle ossa spolpate,
quella bocca aperta, quegli occhi oscurati. Ahi qual notte di dolore fu quella
notte per Maria! Rivolta l'addolorata Madre a S. Giovanni, dolente gli
domandava: Ah, Giovanni, il tuo Maestro dov'è? poi dimandava alla Maddalena:
Figlia, dimmi dove sta il tuo diletto? oh Dio, chi ce l'ha tolto? Piange Maria
e tutti quelli che stanno con lei piangevano. E tu, anima mia, non piangi? Deh
volgiti a Maria e dille con S. Bonaventura: Sine,
Domina mea, sine me flere; tu innocens es, ego sum reus.10 Pregala
- 580 -
almeno, acciocché ti ammetta seco a piangere: Fac ut tecum lugeam.11 Ella piange per amore e tu piangi
per dolore de' tuoi peccati. E così tu piangendo potrai aver la sorte di colui,
che si legge nel seguente esempio.
Esempio.
Narra il P. Engelgrave (Dom. infr. oct. Nat., § 2)
che vi fu un certo religioso così tormentato dagli scrupoli, che quasi alle
volte stava vicino a disperarsi; ma perché egli era divotissimo di Maria
addolorata, a lei sempre ricorreva nelle sue agonie di spirito, e contemplando
i di lei dolori, si sentiva confortare. Venne a morte e 'l demonio allora più
che mai lo stringeva co' suoi scrupoli e lo tentava a disperarsi. Quando ecco
la pietosa Madre, vedendo il povero figlio così angustiato, gli apparve e gli
disse: Et tu, fili mi, cur maerore
conficeris, qui in maerore meo toties me consolatus es? Figlio mio, e
perché tanto temi e ti attristi? tu che tante volte m'hai consolata compatendo
i miei dolori? Or via, gli disse, Gesù mi manda a te per consolarti: su,
consolati, allegramente, vientene meco in paradiso. Ed a questo dire il divoto
religioso tutto pieno di consolazione e confidenza placidamente
spirò.12
Preghiera.
Madre mia addolorata, non vi voglio lasciare sola a
piangere, no, io vi voglio accompagnare ancora colle lagrime mie. Questa grazia
oggi vi dimando: ottenetemi una memoria
- 581 -
continua con una tenera
divozione verso la Passione di Gesù e vostra, acciocché tutti i giorni, che mi
restano di vita, non mi servano ad altro che a piangere i dolori di voi, madre
mia, e del mio Redentore. Questi dolori io spero che nel punto di morte avranno
a darmi confidenza e forza per non disperarmi alla vista delle offese, che ho
fatte al mio Signore. Questi m'hanno da impetrare il perdono, la perseveranza,
il paradiso dove spero poi di rallegrarmi con voi e cantare le misericordie
infinite del mio Dio per tutta l'eternità; così spero, così sia. Amen, amen.*
1 «Calamatisosus est animus futuri anxius, et ante
miserias miser; qui sollicitus est ut ex quibus delectatur, ad extremum usque
permaneant. Nullo enim tempore conquiescet; et exspectatione venturi,
praesentia, quibus frui poterat, amittet. In aequo est autem amissio rei, et
timor amittendae.» L.
Annaeus SENECA, Epistola
98, ad Lucilium. Opera, IV,
Augustae Taurinorum, 1829, pag. 143.
2 Ecce positus est hic in ruinam et in
resurrectionem multorum in Israel; et in signum cui contradicetur: et tuam
ipsius animam pertransibit gladius. Luc. II, 34, 35.
3 «In sancta nocte
Purificationis Mariae, vidit (Mechtildis) ipsam gloriosam Virginem et Matrem in
ulnis suis baiulantem regalem puerum Iesum indutum veste aërei coloris aureis
floribus plena, et in pectore et circa collum et brachia erat scriptum nomen
istud mellifluum: IESUS CHRISTUS. Dixitque ad eam: «O dulcissima Virgo,
adornaveras taliter Filium tuum cum ipsum in templum praesentares?» Et illa:
«Non ita; sed tamen ipsum delectabiliter praeparavi. A die nativitatis Filii
mei inaestimabili gaudio ad diem istum sperabam, in quo Filium meum Deo Patri
acceptissimam hostiam essem oblatura, per quem omnis hostia ab initio saeculi
oblata, a Deo est acceptata. Tantaque devotione et gratitudine ipsum obtuli,
quod, si omnium Sanctorum devotio in unum transfusa fuisset hominem, meae
devotioni non posset comparari; sed omnis laetitia mea ad verba Simeonis: tuam ipsius animam pertransibit gladius (Luc.
II, 35) versa est mihi in maerorem. Multoties etiam cum Filium meum gremio
foverem, prae nimia devotionis dulcedine, caput meum suo capiti reclinans,
tantas lacrimas effudi, ut caput eius et faciem totam amoris lacrimis
irrigarem. Saepius et hoc verbum dicebam ei: «O salus et gaudium animae meae!» Revelationes Gertrudianae et Mechtildianae (cura
Monachorum Solesmensium, Pictavii et Parisiis, H. Oudin, II, 1877), S.
MECHTILDIS, Liber specialis gratiae, pars
1, cap. 12, pag. 37, 38.
4 «Esto me dijo el
Señor otro dia: «... No pienses, cuando ves a mi Madre que me tiene en los
brazos, que gozaba de aquellos contentos sin grave tormento. Desde que lo dijo
Simeón aquellas palabras, la dió mi Padre clara luz para que viese lo que Yo
había de padecer...» S. TERESA, Las Relaciones, Merces de Dios, XXXVI. (Probabilmente,
riceette la Santa questo favore nel Monastero dell'Incarnazione, nel 1572.) Obras, II, Burgos, 1915, pag. 65.
5
Tunc princeps sacerdotum scidit
vestimenta sua dicens: Blasphemavit: Quid adhuc egemus testibus... At illi
respondentes dixerunt: Reus est mortis. Matth. XXVI, 65, 66.
6 Le
ediz. precedenti il 1776: dissanguato.
7 «Maria loquebatur: «... Ego
plena fui tribulatione a nativitate Filii mei usque ad mortem eius... Ego habui
oculos meos plenos lacrimis, quando considerabam in membris Filii mei loca
clavorum et passionem eius futuram, et cum viderem in eo omnia compleri, quae
audiebam a prophetis vaticinata.» Revelationes
S. BIRGITTAE, lib. 2, cap. 24. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 115, col.
1.
8 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 57, Coloniae
Agrippinae, 1628, pag. 403, col. 1: «Licet sciebam Filium meum ex inspiratione
divina passurum, tamen ex verbis Simeonis, quibus dixit gladium pertransiturum
animam meam et Filium meum positum in signum cui contradiceretur, gravius
perforabat cor meum dolor iste, qui, usquedum assumpta fui corpore et anima in
caelum, numquam defuit a corde meo, licet ex consolatione Spiritus Dei
temperabatur. Scire etiam te volo, quod ab isto die dolor meus sextuplex fuit.
Primo fuit in cogitatione mea: nam quoties aspiciebam Filium meum, quoties
involvebam pannis, quoties videbam eius manus et pedes, toties animus meus
gravi novo dolore absorptus est, quia cogitabam quomodo crucifigeretur.
Secundo...» Vedi sopra, Discorso VI, nota
9, pag. 136: «Tali etiam die...). - Vedi Appendice,
11, pag. 558 e seg.
9 (Ruperto fa
parlare Maria SS.) «Cum igitur... talem filium sinu meo foverem... et talem
eius futuram mortem... prophetica, imo plus quam prophetica mente praeviderem,
qualem, quantum, quam prolixam me putatis materni doloris pertulisse passionem?
Hoc est quod dico: Fasciculus myrrhae
dilectus meus mihi, inter ubera mea commorabitur. O commoratio, dulcis
quidem, sed plena gemitibus inenarrabilibus!...»RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, Comment. in Cantica Cantic., lib. 1. ML
168-856.
10 «Fuerunt causa
amaritudinis et doloris in Virgine, ea quae vidit in Filio. Vidit quippe in eo
pretium mundi, pretio vili distractum; fortitudinem sanctorum, in agonia
factam; speciosum forma prae filiis hominum, sanguineum sudorem (effundentem);
Dominum mundi, ut latronem comprehensum; virtutem caelorum, arctioribus
vinculis constrictam; columnas caeli contremiscere facientem, ad columnam vinctum;
orbis Conditorem, ictibus lividum; in cuius manu vita et mors, flagellis
diruptum et laniatum; Iudicem saeculi, coram impiis ut iudicetur adductum; in
caelis glorificatum et honoratum, a scelestissimis spretum; caelorum Regem, a
sceleratis illusum; Caput omnium principum et potestatum, arundine percussum,
et sic rivulis sanguineis cruentatum, spinis coronatum, et tandem iniusto
iudicio morti adiudicatum. Vidit summam altitudinem, abiectam vilitate; summas
delicias, afflictas poenalitate; summam opulentiam, circumdatam paupertate;
summam lucem, obscuratam tenebris; summum honorem, confusum opprobriis; summum
amabile, afflictum improperiis. Vidit insuper quod candet nudatum pectus; rubet
cruentatum latus; tensa arent viscera; decora languent lumina; regia pallent
ora; procera rigent brachia; crura pendent marmorea; rigat terebratos pedes
beati sanguinis unda. Vere igitur in amaritudine erat anima Mariae, spectans
haec et contemplans omnia, ut dicere possit illud Thren. III, 15: Replevit me amaritudinibus, et inebriavit me absynthio.» S. BERNARDINUS
SENENSIS, De glorioso nomine Virginis
Mariae, Sermo 2, art. 3, cap. 1. Opera,
Venetiis, 1745, pag. 77, col. 2. - Ed. Veneta, 1591, III, Tractatus de B. Virgine, Sermo 2, De glorioso nomine Mariae, et quod interpretatur
amarum mare, art. 3, cap. 1, pag. 85, col. 1.
11 Henricus ENGELGRAVE, S. I., Lux evangelica... in omnes anni
Dominicas, Coloniae Agrippinae, 1677, pars 2, Dom. infra Oct. Nativ., § 1, pag. 36: «Longum enimvero martyrium, quod
tot dies, tot menses, tot annos materna viscera excruciavit: quod ex
revelationibus Divae Birgittae luculentius patet... in quibus haec pia
commentatione ruminando occurrunt: «Ego plena fui tribulatione a nativitate
Filii mei usque ad mortem eius; tribulationem et dolorem cordis supra omnem
creaturam patiebar.» Causam subdit: «Melius quam prophetae praescivit sui Filii
passionem; ideo eum lactans cogitabat quod felle et aceto esset potandus in
cruce: quando eum manibus gestabat, videbatur illi, quod crucis brachiis esset
confixus; quando dormiebat, cogitabat mortuum ex cruce depositum: quando
osculabatur, Iudae osculum cogitabat: quando fasciis involvebat, funes
cogitabat quibus ligandus ab impiis carnificibus: quando manu ducebat, ducendum
ad tribunalia ut impiis iudicibus sisteretur.» - Vedi Appendice, 6, pag. 536.
12 «Ego habui oculos
meos plenos lacrimis, quando considerabam in membris Filii mei loca clavorum et
Passionem eius futuram.» Revelationes S.
BIRGITTAE, lib. 2, cap. 24, pag. 115, col. 1. - «Quoties aspiciebam Filium
meum, quoties involvebam pannis, quoties videbam eius manus et pedes, toties
animus meus quasi novo dolore absorptus est, quia cogitabam quomodo
crucifigeretur.» Id. op., lib. 6,
cap. 57, pag. 403, col. 1. - Vedi Appendice,
6, pag. 536.
13 «In sapientia et
gratia aliquis potest proficere dupliciter. Uno modo secundum ipsos habitus
sapientiae et gratiae augmentatos: et sic Christus in eis non proficiebat. Alio
modo secundum effectus, inquantum scilicet aliquis sapientiora et virtuosiora
opera facit; et sic Christus proficiebat sapientia et gratia, sicut et aetate;
quia secundum processum aetatis perfectiora opera faciebat, ut se verum hominem
demonstraret, et in his quae sunt ad Deum, et in his quae sunt ad homines.» S. THOMAS, Sum.
Theol., III, qu. 7, art. 12, ad 3.
14 Revelationes
S. BIRGITTAE: Sermo angelicus... qui
debet legi in Matutinis divisim per ferias hebdomadae: Feria sexta, Lectio
secunda, cap. 17, pag. 548, col. 2: «Ille namque doloris gladius cordi Virginis
omni hora tanto se propius approximabat, quanto suus dilectus Filius Passionis
tempori magis appropinquabat.»
15
«Mentre era anche secolare si lamentava spesso col suo Signore che una tal
tribulazione, per durar troppo lungo tempo, le fosse divenuta intollerabile.
Una notte in sogno le parve di vedersi avanti Cristo confitto in croce, il
quale l'esortava col suo esempio alla pazienza; ed ella con moto naturale gli
rispose: «Signore, la vostra croce durò solo tre ore, ma questa mia dura molti
anni.» Qui il Redentore con severa voce replicò con dire: «Ah ingrata, come
ardisci di parlare in questa maniera, sapendo che insino dal principio per
tutta la vita in fatiche e patimenti sono vissuto, terminando finalmente la mia
vita in una croce?» Con tal risposta restando confusa procurò da lì avanti di
tollerare con pazienza quel travaglio.» Bonaventura
BORSELLI, O. P., Vita della Ven.
Madre Suor M. Maddalena Orsini, domenicana. Roma, Tinassi, 1668, cap. 15,
pag. 66.
16 Tommaso REVIGLIONE, S. I., Fascetto di rose, ovvero Raccolta di vari
disegni e materie... parte 4, Festa
de' dolori di Nostra Signora, Napoli, 1758 (non è la prima edizione).
1«Est
ergo sensus: Caput tuum, id est mens
tua, est prudenter circumcisa; et comae
tuae, id est cogitationes tuae, tinctae sunt in memoria sanguinis Dominicae
Passionis et affectae sunt cogitationes tuae quasi recentem viderent sanguinem
de vulneribus perfluentem.» THOMAS Cisterciensis
(+ circa l'anno 1180 - non già Thomas
Vercellensis), Commentarii in Cantica Canticorum, cum notis Ioannis ALGRINI, cognomento de Abbatisvilla, Cardinalis (1227)
titulo S. Sabinae, lib. 10 (in fine). ML 206-724. - La nota è del Cardinale
Algrino; non vi si parla espressamente di Maria SS., ma di ogni anima che può
dirsi sposa, nel senso della Cantica.
2 «Quid est quod sic turbaris, Herodes?
Quoniam natum regem Iudaeorum audisti, turbaris, suspicionibus agitaris,
invidiae stimulis inflammaris, et ob hoc natum regem occidere conaris. Inanis
est ista turbatio tua... Rex iste qui natus est non venit reges pugnando
superare, sed moriendo mirabiliter subiugare; nec ideo natus est ut tibi
succedat, sed ut in eum mundus fideliter credat. Venit enim, non ut pugnet
vivus, sed ut triumphet occisus.» S. FULGENTIUS, Ruspensis episc., Sermones, Sermo 4, De Epiphania, etc., n. 5. ML 65-734.
3
«Paret Mater: nec mora, nocte fugam capiunt clam, - Ostiolis post se clausis, nullasque
salutes, - Nulla vale tota vicinia cara recepit.» Io. GERSONIUS, Iosephina,
distinctio prima, v. 49-51. Opera, Antverpiae,
1706, IV, 745, 746.
4
«Fuge (Matth. II, 13). Et mirabile
videtur, qualiter dicit debere fugere eum, qui de Spiritu Sancto natus est, qui
Deus est, qui Salvator et praesidium est omnium et refugium.» S.
ALBERTUS MAGNUS, Expositio in Evang. sec.
Matth., cap. 2. Opera, Lugduni,
1651, IX, pag. 33, col. 1; Paris., XX, 78.
5
Luc. II, 34.
6 (Non già S. Gio. Grisostomo, ma) S. PETRUS
CHRYSOLOGUS, Sermo 151, De fuga Christi
in Aegyptum, ML 52-602: «Reverentius diceret: Vade in Aegyptum, ut esset
profectio, non fuga... Accipe puerum et matrem eius, et fuge in Aegyptum. In Aegyptum fuge a tuis ad extraneos, ad sacrilegos a
sanctis, a templo tuo ad daemonum fana, ad idolorum patriam a regione
sanctorum.»
7 «Longum est a Nazareth in Aegyptum iter...
Auctore Abulensi... a civitate Gaza quae in finibus Iudaeae ad Austrum sita
est, ad Cairum usque Aegypti praecipuam civitatem, septuaginta leucae
numerantur, quarum quinquaginta solitudo occupat. A Nazareth Ierusalem usque, Borchardus 27 leucas,
a Ierusalem usque ad Hebron 8 supputat, ab Hebrone usque ad Gazam dietae unius
iter esse scribit. Unde a Nazareth Cairum usque, centum amplius
leucas itinere terrestri supputare poteris.» Seb. BARRADAS, S. I., Comment.
in Concordiam et Historiam Evangelicam, I, Lugduni, 1611, lib. 10, cap. 8,
pag. 529, col. 1, 2. - Da Nazareth a Gerusalemme si contano da 120 a 130
chilometri; da Gerusalemme poi al Cairo, per la via ordinaria, lungo il mare,
passando per Ascalon e Gaza, 550 chilometri. Betlemme dista da Gerusalemme
circa 7 chilometri.
8 «Portabat eum Mater
tenera et iuvenis valde, et sanctus Ioseph multum senex, in Aegyptum per viam
silvestrem, obscuram, nemorosam, asperam et inhabitatam.» Meditationes vitae Christi, cap. 12. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Lugdunensis (conforme a quelle di Roma e
di Magonza), 1668, pag. 343, col. 2, B.
9 Testo non trovato
presso il Grisologo.
10
«Sed quo modo faciebant de victu secum portando? Ubi etiam, et quo modo,
de nocte quiescebant, et hospitabantur? raro enim domos in illo deserto
inveniebant.» Meditationes vitae Christi,
come sopra.
11 «Porro locus ille ad quem delatus fuit in
Aegypto Christus, etiamnum apud infideles celebris est. Nam invenio apud quemdam
scriptum, hunc locum... ab incolis Aegyptiis Mataream vocari, et distare a
Cairo decem millia passuum; qui etiam eum locum religionis causa invisit anno
1502;... Mauros quoque eo in loco ubi fertur Virginis fuisse
habitatio, perpetuo ardentem lampadem in pueri Iesu illic asservati memoriam
conservare.» Cornelius IANSENIUS,
Episc. Gandavensis, Commentaria in suam
Concordiam ac totam Historiam Evangelicam, Lovanii, 1572, cap. 11, in v. Ut adimpleretur quod dictum est, etc.,
versus finem, pag. 85. - «Cum ibi latuisset septem annis, in quadam civitate
diutius habitavit, quae vocata est Heliopolis, id est civitas solis.» (Non già S. Anselmo, ma) ANSELMUS LAUDUNENIS
(Laon), Enarrationes in Matthaeum, cap.
2, ML 162-1258. - BROCARDO (Brocardus, Burcardus, Burckhardus, Brocard,
Brochard, ecc.) detto «da Barby», dal
luogo di nascita nel circondario di Magdeburgo, detto pure «de Monte Sion» per
il lungo soggiorno che fece, prima e dopo il 1283, nel Monastero di quel nome
in Gerusalemme, pubblicò una Descriptio Terrae
Sanctae, la quale ebbe almeno 26 edizioni in varie lingue, e divenne il vade mecum dei pellegrini. - Questi tre
autori sono d'accordo sul luogo del soggiorno della Sacra Famiglia in Egitto,
giacché Matarieh faceva parte della città di Eliopoli, o ne era vicinissimo.
Oggi, è un povero villaggio di 500 abitanti, a 10 chilometri dal Cairo.
L'antica Eliopoli distava dal Cairo 9
chilometri. Viene chiamato oggi Eliopoli un elegante sobborgo del Cairo,
situato nell'oasi omonima, circa 4 chilometri a sud dell'antica località. La
tradizione che riguarda Matarieh fu accettata da tutti, Cristiani e musulmani,
per più secoli: anche autori recentissimi la difendono. Si oppone però da
qualcuno che questa tradizione non sia anteriore al secolo XIII, non spiegando poi
la comune accettazione così universale, malgrado la differenza di razza e di
religione. - Quanto alla città di Menfi, la
fortezza che, nei tempi preistorici, diede principio a quella futura capitale
dell'Egitto, fu edificata alla punta del Delta, 35 chilometri a sud
dell'odierno Cairo: distanza che viene grandemente diminuita, se si considera
che Menfi, anche ai tempi romani, aveva un perimetro di 28 chilometri. - Quanto
al Cairo, è preso qui come espressione geografica, comoda per segnare le
distanze. All'infuori di una fortezza romana, a cui si appoggiò, col tempo, un
grosso abitato, la nuova città fu cominciata a costruirsi tre secoli dopo la
conquista araba, nell'anno 969.
12 «Post septennium,
mortuo Herode, angelo nuntiante reducens puerum de Aegypto...» S. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, tit. 15, cap. 36, §
2. Veronae, 1740, IV, col. 1188. - «Dicitur quod septem annos fuit ibi (in
Aegypto), et habitavit in civitate Heliopoli.» S. THOMAS, Comment. in Evang. S. Matthaei: II, 15, Et erat ibi usque ad obitum Herodis.
13 «In prima quidem
aetate subditus parentibus, (Servator noster) omnem laborem corporalem leni ac
obedienti animo cum ipsis sustinuit. Cum enim homines illi essent iusti quidem
et pii, sed pauperes et rebus ad vivendum necessariis non admodum instructi -
cuius rei testis est praesepe quod venerando partui inservivit - erant, ut
verisimile est, laboribus corporis assiduis dediti, sic ut hac ratione res
necessarias sibi ipsis compararent. Iesus autem, ut ait Scriptura, his
subiectus, laboresque una cum ipsis perferendo, obedientiam suam prorsus
declaravit.» S. BASILIUS MAGNUS, Constitutiones monasticae, cap. 4, n. 6.
MG 31-1355, 1358.
14
«Legitur autem de Domina, quod colo et acu quaerebat sibi et Filio necessaria.
Suebat ergo et filabat Domina mundi pro pretio, paupertatis amore et zelo. O
quot et quantae huiusmodi advenis fiebant iniuriae, quas Dominus vitare non
venit, sed suscipere! Quid etiam, si aliquando Filius famem patiens, panem
petiit, nec unde daret Mater habuit? nonne in his et in similibus, totaliter
concutiebantur viscera ipsius? Consolabatur verbis Filium, prout poterat, et
nihilominus opere victum procurabat, et sibi forte aliquando de victu
subtrahebat, ut Filio reservaret.» LUDOLPHUS DE SAXONIA, Vita Iesu Christi, pars 1, cap. 13, n. 17. Parisiis et Bruxellis,
1878, tom. I, pag. 121, 122.
15
Matth. II, 19, 20.
16
«Sed quo modo redibit puer Iesus, adhuc tener infantulus? Difficilior enim mihi
videtur reditus quam accessus. Nam quando venit in Aegyptum, ita parvulus erat,
quod portari poterat: nunc autem sic magnus est quod portari non praevalet, et
sic parvus quod per se ire non potest.» Meditationes vitae Christi, cap. 13. Inter Op. S. Bonav., Lugduni (iuxta ed. Rom. et Mogunt.), 1668, pag. 345, col. 1,
B.
17 «Tota ista vita,
et omnia quibus uteris in hac vita, sic tibi debent esse tamquam stabulum
viatori, non tamquam domus habitatori. Memento peregisse te aliquid, restare
aliquid: divertisse te ad refectionem, non ad defectionem.» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 34, sermo 1, n. 6. ML
36-326. - «Dicendum est eis qui... insultare audent, cum imitari deberent: Ubi
sunt deliciae vestrae, propter quas ambulatis per vias pravas? Non dicimus, ubi
erunt, cum haec vita transierit: sed modo ubi sunt? Cum hesternum diem
hodiernus abstulerit, et hodiernum crastinus ablaturus sit, quid eorum quae
diligitis non transcurrit et transvolat? Quid non fugit pene antequam capitur, cum
ex ipso hodierno die nulla possit vel hora retineri? Ita enim secunda
excluditur a tertia, sicut prima exclusa est a secunda. Ipsius horae unius, quae praesens est, nihil est
praesens: omnes enim partes eius, et omnia momenta fugitiva sunt.» IDEM, Sermo 157, cap. 4, n. 4. ML
38-861.
18 «Dixit itaque
beatissima Mater inter cetera Veronicae: «Vides, filia mea, quibus laboribus
hoc iter peragraverim: maiora quoque his vivens pertuli, per varias
tribulationes semper ambulans. Scito autem, o dulcis filia mea, nullam gratiam
a Deo immortali mortales obtinere posse nisi mente et corpore prius affligantur
laborentque vehementer.» Isidorus DE
ISOLANIS, O. P., Vita, lib. 4, cap.
6, n. 54, inter Acta SS. Bollandiana, 13 ian. (Paris, II,
189).
19
Matth. II, 20.
20 Nelle ediz.
antecedenti al 1776: Amiamoli dunque,
consoliamo Maria.
21 Bartolomeo GENOVESE, dei Servi di Maria,
La Consolatrice degli afflitti, Maria, consolata
nei suoi sette principali dolori. Napoli, 1722. Di quest' opera non abbiamo
potuto rinvenire altro che il titolo. - «Narravit etiam mihi (cioè: Sorori
Petrinae de Balma) qui supra, P. Henricus (confessore della Santa), oranti
aliquando ferventer Coletae, et pro impetranda peccatoribus gratia Beatissimae
Matris interponenti merita, ipsamque ut apud Filium pro ipsis vellet
deprecatrix exsistere deprecanti, oblatam esse paropsidem grandem, concisis
tenelli infantis carnibus suoque cruori innatantibus plenam, cum hoc responso:
«Qui vis ut intercedam pro illis, qui Unigenitum meum horrendis sceleribus
concidunt quotidie in plura frusta, quam cruenta haec tibi paropsis exhibeat?»
Quod humilis Christi ancilla intelligens, ingentem animo dolorem concepit, in
omnem vitam duraturum.» PETRINA
DE BALMA, coaetanea et socia Sanctae, Summarium
virutum et miraculorum, cap. 3, n. 34. Inter Acta SS. Bollandiana, die 6 martii. Martii I, Parisiis et Romae,
1865, pag. 607, col. 1 - Cf. Vita, ex
gallico Petri a Vallibus, sive a Remis, confessarii ipsius Beatae,
latine reddita a Stephano Iuliaco, Doctore
Sorbonico Ord. S. Francisci, inter Acta
Sanctorum Bollandiana, ut supra, cap. 10, n. 84, pag. 558: «Quam (Matrem
Coletam) vidit (S. Vincentius Ferrerius) in spiritu genuflectentem humiliter in
conspectu supremae Maiestatis et divinae Bonitatis, supplicando ferventer et
devote pro peccatis et defectibus suae pauperrimae plebis. Cui misericors Pater
respondere videbatur: «Filia, quid vis me facere? Nam dietim ab illis iniurias et vituperia patior, et
sustinere ab illis non cesso. Quotidie me laniant, et indesinenter lacerant
minutatim, velut carnes in macello, me blasphemantes et abnegantes, meaque
praecepta transgredientes.» Et propter istam visionem et praeclaram ostensionem,
quam Deus praefato Doctori (S. Vincentio) voluit intimare, se transtulit de
partibus Aragonum ad regionem Gallicanam, et signanter ad Ducatum Burgundiae, pro personaliter ipsam visitando. In qua
quidem visitatione multas habuerunt inter se collocutiones utiles, et
receperunt a divina bonitate plures spirituales consolationes. - Alio quidem
tempore, Matri praedictae ferventer deprecanti Virginem gloriosissimam Matrem
Domini Salvatoris, quatenus intercedere dignaretur apud suum carissimum Filium,
ut ipse misericorditer parceret suo populo pauperrimo: praesentatus ibidem sibi
fuit quidam discus, parvis petiis carnium, quasi forent unius infantis parvuli,
repletus, cum responsione per modum qui sequitur: «Quomodo requiram ego Filium
carissimum pro talibus, qui quotidie per offensas, iniurias et horrenda peccata
commissa, quantum in ipsis est, ipsum minutius dilaniant, quam hae carnes, quas
in hoc vasculo conspicis, fuerant dilaniatae?» Propter quod longo
tempore pertulit in corde suo grandem tristitiam et dolorem.» - La
canonizzazione della B. Coletta, decretata nel 1790, fu solennizzata il 24
maggio 1807.
22
La Ven. Suor Giovanna di Gesù e Maria, sembra che sia la Ven. Madre Suor Giovanna Maria della
Croce, fondatrice dei Monasteri di Roveredo e di Borgo in Valsugana, e
Riformatrice (1603-1673). Cf. MAZZARA, Leggendario
Francescano, 26 marzo, III, Venezia, 1721, p. 396 e seg.
1
Nelle ediz. napoletane: disperso; in
quelle venete: perduto.
2 Non già a Nazaret,
ma alla fine della prima giornata di viaggio: Venerunt iter diei, et requirebant eum inter cognatos et notos. Luc. II, 44.
3
Gen. XXXVII, 30.
4
«Pie enim credo quod illas noctes triduanas insomnes duxit in lacrimosis
orationibus, Deum deprecando ut daret sibi reperire Filium; nec illis diebus
comedere placuit, aut bibere, sed continue se afflixit amarissimis lacrimis.» PELBARTUS
DE THEMESWAR, Stellarium coronae
gloriosissimae Virginis, lib. 3, pars. 4, art. 3, Venetiis, 1586, fol. 79,
col. 4.
5 Nei Sermoni XXXI,
XXXII, XXXIII in Cantica, spiegando
questo verso (I, 6) della Cantica, S.
Bernardo non ne fa l'applicazione a Maria SS. (ML 183-940 e seg.); e neppure in
altre sue opere. - Fa questa applicazione, molto diffusamente e precisamente
per lo smarrimento di Gesù nel tempio, l'Abbate di Deutz (Tuitiensis) RUPERTO, In Cantica Canticorum, lib. 1. ML
168-850, 851.
6 Non sembra che
questa sentenza sia di Origene. Del resto, si argomenta dalla nota di S.
Alfonso: Homilia infra Octavam
Epiphaniae, che sia intervenuto un qualche errore tipografico, giacché non
vengono mai citate in questa maniera le Omilie di Origene. Noi però non
sappiamo di chi essa sia.
7 Tob. V,
12.
8 «Tristabatur autem
partim propter subtractionem sanctissimae ac gaudiosissimae contemplationis,
quam habuit ex suavissima Filii sui contemplatione. Tristabatur praeterea ex
humilitate, quia arbitrabatur se indignam, cui tam pretiosus fuerat commissus
thesaurus, nec tantam se diligentiam adhibuisse ac reverentiam erga eum, quo
digna fuisset eum retinere, sed propter suam indignitatem amisisset eum.» Ioannes
Iustus LANSPERGIUS, Cartusianus, Dom. II post Domini Nativitatem, Exegesis
Evangelii. Opera, I, Coloniae Agrippinae, 1693, pag. 78.
9
«Non puto eos idcirco doluisse, quia putarent errasse puerum, vel periisse; nec
poterat accidere ut Maria, quae sciebat se de Spiritu Sancto concepisse...
timeret, ne puerum perderet oberrantem... Numquam fieri poterat ut (Ioseph)
perditum formidaret infantem, quem divinum esse cognoverat. Aliud quiddam dolor
et quaestio parentum, quam simplex lector intelligit, sonat. Quomodo enim tu,
si quando Scripturas legis, quaeris in eis sensum cum dolore quodam ac
tormento, non quod Scripturas errasse, aut perperam quid habere arbitreris; sed
quod illae intrinsecus habeant veritatis sermonem atque rationem, et tu nequeas
invenire quod verum est; ita et illi quaerebant ne forte recessisset ab eis, ne
relinquens eos, ad alia transmigrasset, et quod magis puto, ne revertisset ad
caelos, cum illi placuisset iterum descensurus.» ORIGENES, Homiliae in Lucam, interprete S.
Hieronymo. Hom. 19. MG 13-1850. - CORNELIUS A LAPIDE, Comment. in Lucam, II, 45: Et
non invenientes, regressi sunt: «Addit Origenes: Quaerebant, ait, ne forte
recessisset ab eis, ne relinquens eos ad alia transmigrasset, et, quod magis
puto, ne revertisset ad caelos, cum illi placuisset iterum descensurus, etc.;
sed dolebat, quia mater erat, et filii mater immenso amore digni, quia ea
inscia et nihil tale opinante discesserat.» Queste ultime righe: «sed
dolebat...», mancano nella versione di S. Girolamo, e sembrano un'aggiunta di
Cornelio.
10 «At vero affectuosissima
atque piissima Mater... eum alloqui non praesumpsit, quamdiu vidit eum cum
doctoribus occupatum. Sed Puer Matrem adesse conspiciens, actu illo completo,
venit ad eam. Quae mox maternis concussis visceribus et prae gaudio lacrimans,
fiducialiter, humiliter, dulciter et affectuose, tamquam Mater ait ad ipsum: Fili, quid fecisti nobis sic? Et est
verbum hoc non quasi increpatio, sed quasi pia et amorosa conquestio,
exponendum.» D. DIONYSIUS CARTUSIANUS, Enarratio
in cap. II Lucae, art. 7. Opera, XI,
Monstrolii, 1900, pag. 436, col. 2.
11
«... Le convenne patire per tre giorni quella pena, dopo dei quali apparendole
Maria SS., le disse: «Mi pregasti di provare il mio dolore patito nella perdita
del mio Figlio, e già l'hai provato: non ti venga però mai più per l'avvenire
simile pensiero.» E dandole il suo Figlio tra le braccia, le passò ogni pena ed
ogni affanno.» Domenico M. MARCHESE,
O. P., Sacro Diario Domenicano, 30
ottobre, Vita della B. Benvenuta
d'Austria. Napoli, 1679, V, pag. 564, col. 1. - La B. Benvenuta nacque
«nella città d'Austria nel Friuli» (ivi, pag. 558, col. 2).
12 «Sobre el temor
de pensar si no están en gracia: «Hija, muy diferente es la luz de las
tinieblas. Yo soy fiel; nadie se perderá sin entenderlo. Engañarse ha quien se
asigure por regalos espirituales. La verdadera siguridad es el testimonio de la
buena conciencia, mas nadie piense que por sí puede estar en luz, ansí como no
podría hacer que no viniese la noche, porque depende de mí la gracia. El mejor
remedio que puede haber para detener la luz, es entender que no puede nada y
que le viene de mí; porque aunque esté en ella, en un punto que yo me aparte,
verná la noche. Esta es la verdadera humildad, conocer lo que puede y lo que yo
puedo.» S. TERESA, Las Relaciones, Mercedes de Dios, XXVIII. Obras, II, 58. - «Tampoco quiero ahora tratar de cuando las
revelaciones son de Dios, que esto está entendido ya los grandes bienes que hacen
al alma; mas que son representaciones que hace el demonio de la imagen de
Cristo Nuestro Señor y de sus santos. Para esto, tengo para mí, que
no primitirá Su Majestad ni le dará poder para que con semejantes figuras
engañe a nadie, si no es por su culpa, sino que él quedará engañado. Digo que
no engañará, si hay humildad.» S.
TERESA, Las Fundaciones, cap. 8. Obras, V, Burgos, 1918, pag. 65, 66.
13 «Non enim inter cognatos et carnis
propinquos invenitur Iesus, non in his qui corporaliter ei iuncti sunt. In
multorum comitatu Iesus meus non potest inveniri. Disce ubi eum quaerentes
reperiant, ut et tu quaerens cum Ioseph Mariaque reperias. Et quaerentes,
inquit, invenerunt illum in templo... Et tu ergo quaere Iesum
in templo Dei, quaere in Ecclesia: quaere eum apud magistros, qui in templo
sunt, et non egrediuntur ex eo.» ORIGENES, Homiliae
in Lucam, interprete S. Hieronymo.
Homilia 18, MG 13-1848. - «Interdum interrogat Iesus, interdum respondet...
Quamquam mirabilis eius interrogatio sit, tamen multo mirabilior est responsio.
Ut igitur et nos audiamus eum, et
proponat nobis quaestiones quas ipse dissolvat, obsecremus illum, et cum labore
nimio et dolore quaeramus, et tunc poterimus invenire quem quaerimus. Non enim
frustra scriptum est: Ego et pater tuus
dolentes quaerebamus te: oportet enim qui quaerit Iesum, non negligenter,
non dissolute, non transitorie, quaerere, sicut quaerunt nonnulli, et ideo
invenire non possunt. Nos autem dicamus: Dolentes
quaerimus te. Et cum hoc dixerimus, ad laborantem animam nostram et cum
dolore quaerentem, respondebit et dicet: Nescitis
quia in his quae sunt Patris mei me oportet esse?» Ibid., col. 1848,
1849.
14
«Videbat (inimicus) hominem Deo servientem... et quia dives erat et felicissima
domus, hoc obiicit quia ideo colit Deum quoniam dedit illi haec omnia: Numquid Iob gratis colit Deum? Hoc enim erat verum lumen, hoc lumen viventium, ut
gratis coleret Deum... Admissus est tentator,
abstulit omnia, remansit ille solus a facultatibus, solus a familia, solus a
filiis, plenus Deo... Ille ergo plenus Deo, in quo vota erant quae redderet
laudis, ut ostenderet quia gratis Deum colebat, non ideo quia tanta acceperat;
et amissis omnibus talis est, quia illum qui dederat omnia non amisit: Dominus dedit, inquit, Dominus abstulit; sicut Domino placuit, ita
factum est: sit nomen Domini benedictum... Patrimonium nostrum ipse (Deus)
sit, spes nostra ipse sit, salus nostra ipse sit. Ipse hic consolator, ibi
munerator, ubique vivificator et vitae dator;... illius (vitae) de qua dictum
est: Ego sum via et veritas et vita (Io.
XIV, 6).» S. AUGUSTINUS, Enarratio
in Ps. 55, sermo, n. 20. ML 36-660, 661.
15
Sed iniquitates vestrae diviserunt inter vos
et Deum vestrum, et peccata vestra absconderunt faciem eius a vobis ne
exaudiret. Is. LIX, 2.
16
Nelle ediz. prima del '76 si legge: E
quindi avviene che se possedono tutti i beni della terra.
17 «Rugiebam, inquit,
a gemitu cordis mei... Homines, si
quando audiunt gemitum, plerumque gemitum carnis audiunt; gementem a gemitu
cordis non audiunt. Abstulit nescio quis res huius; rugiebat, sed non a gemitu
cordis; alius, quia extulis filium; alius, quia uxorem; alius, quia grandinata
est vinea, quia cuppa acuit, quia diripuit iumentum ipsius nescio quis; alius,
quia damnum aliquod passus est; alius, quia timet hominem inimicum: omnes isti
a gemitu carnis rugiunt. At vero servus Dei, quia ex recordatione sabbati rugit,
ubi est regnum Dei, quod caro et sanguis non possidebunt: Rugiebam, inquit, a gemitu
cordis mei.» S. AUGUSTINUS, Enarratio
in Ps. 37, sermo ad populum, n. 13. ML 36-403, 404. - Cf. Enarratio in Ps. 101, sermo 1, n. 6, ML
37-1298; Enarratio in Ps. 123, sermo
ad populum, n. 9, ML 37-1645.
18 SINISCALCHI, S.
I., Il martirio del Cuore di Maria
Addolorata, Considerazione 2. Venezia, 1784, pag. 34. Non indica il
Siniscalchi di che anno fossero quelle Lettere.
1 S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo in Parasceve, De amore angustioso (Ed. Veneta, 1591,
IV, pag. 241, col. 2), De amore dolente (Ed.
Veneta, 1745, IV, pag. 300, col. 1), Quadragesimale
Seraphin: «Quanto plus amabat Christum Virgo beata, tanto plus dolebat; et
amor suus, quem ipsa portabat Christo eius unigenito filio, erat infinitus:
ergo eius dolor erat infinitus.»
2 Miserere mei, Domine fili David; filia mea
male a daemonio vexatur. Matth.
XV, 22.
3 S. BIRGITTAE, Revelationes, lib. 1, cap. 8, pag. 10, col. 2: «Sic ferventer
dilexi eum, et ipse me, quod quasi unum cor ambo fuimus.» - Lib. 1, cap. 35,
pag. 42, col. 2, pag. 43, col. 1: «Maria loquebatur. Considera,
filia, Passionem Filii mei, cuius membra fuerunt mihi quasi membra mea, et
quasi cor meum... Per caritatem ipse venit et erat in me. Ipse quippe erat mihi
quasi cor meum. Propterea cum nasceretur ex me, sensi ego quod quasi dimidium
cor meum nasceretur et exiret ex me. Et cum ipse pateretur, sensi quod quasi
cor meum patiebatur... Cum flagellaretur et pungeretur Filius meus, quasi cor
meum flagellabatur et pungebatur... Ego stabam vicinius cruci eius, et sicut
hoc gravius pungit quod vicinius est cordi, sic dolor eius gravior erat prae
ceteris mihi. Cumque respexisset ad me de
cruce, et ego ad eum, tunc de oculis meis quasi de venis lacrimae exibant. Et
cum ipse me cerneret dolore confectam, in tantum amaricabatur de dolore meo,
quod omnis dolor vulnerum suorum erat quasi sopitus sibi prae dolore meo, quem
in me videbat... Dolor eius erat dolor meus, quia cor eius erat cor meum. Sicut
enim Adam et Eva vendiderunt mundum pro uno pomo, sic Filius meus et ego
redemimus mundum cum uno corde.»
4
«Christus videbat Matrem suam, dum penderet in cruce, totam transformatam, et
esse ita crucifixam sicut erat ipse Christus, quia erat unita cum Christo, et e
contra; adeo quod totus dolor Virginis Mariae reverberabat in Christo, et e
contra... Unde ipsius Virginis dolor erat maior et plusquam omnes creaturae
mundi possent portare; in tantum quod si ille dolor foret partitus et divisus
inter omnes creaturas mundi vitales, caderent mortuae; quia quanto plus amabat
(etc., come sopra, nota 1).» S. BERNARDINUS SENENSIS, Quadragesimale Seraphin, sermo in Parasceve, pars 3 principalis.
Ed. Veneta, 1591, De amore angustioso, IV,
sermo 45, pag. 241; ed. Veneta, 1745, De
amore dolente, IV, pag. 299, 300. - «Tantus enim fuit dolor Virginis in
morte Christi,... quod, si in omnes creaturas, quae pati possunt, divideretur,
omnes subito interirent.» Ed. Veneta, 1591, I, 524, Quadragesimale de Christiana religione, Sermo 61, De superadmirabili gratia et gloria B. V., art.
3, cap. 2. - Ed. Veneta, 1745, IV, 129, Sermones
pro festiv. B. V. M., sermo 13, De
exaltatione B. V. in gloria, art. 2, cap. 2.
5 (Non
già S. Lorenzo Giustiniani, ma)
RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B.
M. V., lib. 3, cap. 12, n. 3. «Sciebat
siquidem Mater qualis erat Filius... Et ideo quanto dilexit
tenerius, tanto vulnerata est profundius.» Inter Opera S. Alberti Magni, XXXVI, Parisiis, 1898, pag. 157, col. 2.
Ed. Lugdunen., XX, lib. III, §
12, pag. 95.
6
«Mater loquitur. Imminente Passione Filii mei, lacrimae erant in oculis eius, sudor in corpore prae timore
Passionis.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.
4, cap. 70. Coloniae Agrippinae, 1628, p. 229, col. 1. - Nel luogo a cui si
riferisce S. Alfonso (Revelationes, lib.
1, cap. 10, p. 24, col. 1), Maria SS. parla delle sue lagrime, ma non già
specialmente per il tempo più vicino alla Passione: «Quando vero considerabam
loca clavorum in manibus et pedibus, quos, secundum prophetas, crucifigendos
audivi, tunc oculi mei replebantur lacrimis, et cor meum quasi scindebatur prae
tristitia. Et cum Filius meus inspexit
oculos meos lacrimantes, tristabatur quasi ad mortem.» Su
quel martirio anticipato di Maria, vedi Appendice,
11, pag. 558 e seg.
7
«Noctem, qua Christus capitur, absque somno duxisti, et soporatis ceteris,
flens vigil permansisti.» Officium
de Compassione B. V. M., antiphona ad Matutinum. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mog., Lugd.,
VI, pag. 462, col. 2, C. - Vedi sopra, Discorso
IX, nota 47, pag. 195.
8
«Damnationem Christi... exsecuta est Pilati praesidis magis ignavia quam potestas,
qui, lotis manibus et ore polluto, iisdem labiis Iesum misit ad crucem, quibus
eum pronuntiaverat innocentem.» S. LEO MAGNUS, Sermo 54 (al. 52), de
Passione Domini tertius, cap. 5. ML 54-322.
9
Dopo la flagellazione: «Inde Filius meus induit se vestimentis suis. Tum locum
ubi stabant pedes Filii mei totum repletum vidi sanguine, et ex vestigiis Filii
mei cognoscebam incessum eius. Quo enim procedebat, apparebat terra infusa
sanguine, nec ipsi patiebantur ut se indueret, sed compulerunt et traxerunt eum
ut acceleraret... Cumque iudicatus esset, imposuerunt sibi crucem portandam.»
S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1,
cap. 10. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 14, col. 1. - Cf. lib. 4, cap. 70,
pag. 229, col. 1.
10
«Et quia vere, maesta Mater eius, propter multitudinem gentium, ei
appropinquare non poterat, nec videre, ivit per aliam viam breviorem cum Ioanne
et sociabus suis, ut alios praecedens ei approximare valeret. Cum autem extra
portam civitatis in concursu viarum eum habuit obvium, cernens eum oneratum
ligno tam grandi, quod primo non viderat, semimortua facta est prae angustia,
nec verbum ei dicere potuit, nec Dominus ei, quia acceleratus erat ab eis qui
eum ducebant ad crucifigendum.» Meditationes
vitae Christi, cap. 77. Inter Op. S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugd., 1688, VI, 387, col., 2,
DE.
11 De lamentatione Virginis Mariae, inter Opera S. Bernardi, Basileae, per Io.
Hervagium, 1552, col. 2536: «Sequebar ego eum (a praetorio ad Calvarium), prout
poteram, eius maestissima Mater, cum mulieribus quae eum secutae fuerant a
Galilaea ministrantes ei.» - Lo stesso opuscolo, col titolo Liber de Passione Christi et doloribus et
planctibus Matris eius, ML 182-1135: «Sequebatur et ipsum, prout poterat,
eius maestissima Mater, etc.» come sopra. Di questo libro dice Mabillon, ML 182-1133, 1134: «Num sit
Bernardi Clarae-Vallensis vel alterius abbatis Bernardi, ignoramus; eum tamen
publici iuris facimus, quia valde devotus est.»
12 «Si
mette la Vergine in traccia del Figliuolo, dandole il desiderio di vederlo le
forze, che il dolore le aveva tolte... Trovava nel cammino le gocciole e le
orme del sangue, bastando a dimostrarle i passi del Figliuolo, e condurla senza
altra guida... O amore e timore del cuor di Maria! da una parte, desiderava di
vederlo; e dall'altra, rifiutava di mirare il compassionevole aspetto.» S.
PIETRO D'ALCANTARA, Trattato
dell'orazione e meditazione, parte prima, cap. 4, Sette meditazioni della Santa Passione, Il giovedì. Appendice alla Vita del Santo, scritta da Francesco Marchese, dell'Oratorio.
Venezia, 1712, pag. 22, col. 2.
13 «Et tunc (cioè
dopo la crocifissione) corona spinea capiti eius arctissime imposita fuit, quae
ad medium frontis descendebat, plurimis rivis sanguinis ex aculeis infixis
decurrentibus per faciem eius, et crines, oculos et barbam replentibus, ut
quasi nihil nisi sanguis totum videretur; nec ipse me adstantem cruci videre
potuit, nisi sanguine expresso per ciliorum compressionem.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 4, cap. 70. Coloniae
Agrippinae, 1628, pag. 229, col. 1, 2. - Cf. lib. 1, cap. 10, pag. 14, col. 2.
14
«Abducitur e iudicii loco et ad carcerem reducitur Morus, securi de more prolata,
condemnationis indicio. Hic vero
miserandum plane et ipsa condemnatione mirabilius accidit spectaculum... Quum
paulo extra iudicii locum progressus Morus esset, ecce tibi filia eius
Margareta Ropera - sic unice patri cara, ut vel ad eius solum aspectum, si
nihil in Moro supra hominem fiuisset, vehementer commoveretur... - non turbae
tantum se immiscet, patrem visura aut ei valedictura, sed pectore plusquam
virili et acerrimis amoris stimulis incitata, per mediam populi turbam, perque
satellitum arma semet iniecit, et ad parentem penetravit... In
carissimi patris collum ruit, nihil aliud locuta quam «Ah mi Pater!» Movit
stipatores, tametsi duros, hoc spectaculum. Sed Morum ipsum talis filiae, in
tali articulo, tam expressa caritas, tam valida dilectio, tam fortis et
imperterritus amor, quo tandem modo... nonnihil e constantiae statu dimovere
potuisset, nisi divina quaedam vis... mentem eius occupasset...?... Nihil enim
de oris constantia et gravitate remittens, filiae respondit «se quaecumque
pateretur, etsi innocens pateretur, Dei tamen voluntate pati; illum arcana
pectoris sui nosse. Proinde suam ipsa pietatem ad Dei voluntatem accommodaret,
et maximo tolerantiae bono in patris casu uteretur.» Haec ille in primo
congressu. Nam quum secunda vice, postquam decem aut duodecim passus digressa
revertisset, colloque iterum inhaesisset, nihil quidem dixit, sed tacenti
lacrimae erumpebant, vultu tamen a constantia nihil dimoto. Id tantum abeunti
mandavit, ut Deum pro anima patris deprecaretur.» Thomas STAPLETONUS, Tres
Thomae seu res gestae S. Thomae Apostoli, S. Thomae Archiepiscopi Cantuariensis
et Martyris, Thomae Mori Angliae quondam Cancellarii. Coloniae Agrippinae,
1612. Pag. 149-382: Vita et illustre
martyrium Thomae Mori, cap. 19, pag. 344-346. - S. Tommaso Moro fu
canonizzato, insieme con S. Giovanni Fisher, il 19 maggio 1935.
15 «Si sermo sit de
proprio spasmo, ut significat corporalem defectum cum perturbatione sensuum,
languore, et contractione membrorum, etc., nullo modo ponendus est in Virgine,
ut ostendit Caietanus opusculo de hac re. Quia illa fuisset magna imperfectio derogans multum
excellenti gratiae Virginis, et dominio quod habebat in omnes suos motus, actus
et potentias.» SUAREZ, De Incarnatione, disp.
4, sectio 3, Opera, Venetiis,
1746, XVII, pag. 32, col. 2. - Molto meno ebbe questo deliquio nella
deposizione del corpo di Gesù dalla croce: disp. 41, sectio 3, pag. 360, col.
1. - THOMAS DE VIO CAIETANUS, Opuscula in
tres tomos divisa, Venetiis, 1588, tom. 2, Tractatus 13, De spasmo B. M. V., pag. 180 (numerazione unica per i tre così
detti tomi): «Spasmi nomen... sumitur, uno modo proprie... alio modo
vulgariter... De spasmo proprie dicto...
videtur quod in ea fuit vel esse potuit... quia... excellens dolor quandoque
est causa spasmi... Sed si diligentius consideretur, neque litterae neque
rationi hoc consonat. Dissonat quidem rationi beatam Virginem aegritudinem
aliquam passam fuisse... quia similis debeat credi Filio per omnia quantum fas
est: de Filio autem testatur Chrysostomus quod non fuit conveniens ipsum aliquo
morbo languescere... Spasmum autem proprie constat esse morbum contrahentem
nervos: non igitur convenit ipsum asserere in beata Virgine. Dissonat quoque a
littera Evangelii: nam Ioan. XIX, 25, dicitur quod beata Virgo stabat iuxta crucem: et si spasmum, id
est nervorum tam diram contractionem, in itinere passa est (cioè nell'incontro
col Figlio, come si asseriva), quomodo tam cito liberata ad crucem venit, nec
sedet, sed stat, praesertim non subtracta, sed potius crescente causa doloris
spasmatis?... Dicitur vulgo spasmatus aliquis cecidisse, cum prae doloris magnitudine
syncopem seu ecstasim patiens cadit... Et iuxta hunc sensum
crediderim ego dici B. Mariae spasmum. Huiusmodi autem doloris modum in beata
Virgine fuisse ex magnitudine suae tristitiae credi potest. Sed revera neque
isto modo spasmus in beata Virgine fuit: cum enim fuerit gratia plena... oportet corporales defectus de ea negare, qui
plenitudinem perfectionemque gratiae impediunt. Constat autem quod dolor extra
se personam faciens, exercitium rationis impedit pro tunc: et tunc erat tempus
maxime actualiter secundum rationem considerandi Passionem Christi. Igitur
huiusmodi dolor, gratiae perfectionem secundum actualem considerationem
rationis turbasset, quod est valde inconveniens: non fuit igitur huiusmodi
casus in beata Virgine. Et confirmatur: quia gratius erat Deo quod beata Virgo
compateretur ei secundum rationem, quam secundum partem sensitivam: quia illa
pars est nobilior, et proprie meritoria, et per se grata. Oportuit ergo ut
dolor beatae Virginis ita esset summus, quod tamen tota pars sensitiva
regularetur, et subderetur rationi eius vigilanti: stante autem rationis
exercitio, ac dominio actuali super partem inferiorem, non accidit dolor extra
e faciens personam et casum. Quare spasmus vulgariter dictus longe a beata
Virgine videtur fuisse... Spasmi nomen, nec proprie propter dignitatem
corporis, neque vulgariter sumptum propter dignitatem animae verificatur...
Apostolicae tamen Sedis censurae omnia submitto. Romae, die 17 iulii 1506.»
16
Dialogus beatae Mariae et Anselmi de
Passione Domini, ossia, Planctus
beatae Mariae Virginis ad Anselmum de Passione Domini: inter Opera S. Anselmi, ML 159, col. 271-290.
- Cap. 4, De Christi deductione ad
Caipham, col. 276: «Maria, Mane
facto, eduxerunt eum de domo Annae, et duxerunt eum ad Caipham principem
sacerdotum. Tunc primo postquam captus fuerat vidi eum, et accurrens quasi
leaena raptis fetibus, videbam illam desiderabilem faciem sputis Iudaeorum
maculatam, dicens lacrimando: «Heu! dilectissime fili, quam miserabilem te modo
video, quae toties dulcissimo tuo aspectu gaudebam!» Et volens illum amplecti,
non fui permissa accedere, sed trusa a Iudaeis huc et illuc, contumeliose sum amota,
et populus undique concurrebat, sicut quando fures et latrones condemnantur.» -
Cap. 9, De Christi et matris hypapante (in
itinere ad Calvarium), col. 282: «Cum autem educeretur filius meus,
principalis, cum duobus sceleratis, extra portam civitatis, cum ingenti
pressura irruentis populi et insultantis, volui eum sequi et videre, sed non
potui prae maxima multitudine populi, quae ad opprobrium filii mei convenerat.
Sed tandem cum Maria Magdalena deliberavi quod per viam adiacentis plateae
circa quemdam fontem circuiremus, quatenus illi obviaremus. Et cum venissemus
iuxta fontem, obvium habuimus meum filium deformatum, pressum omni dolore; qui
benigne inclinabat se ad me, ac si diceret: «Grates tibi refero, electa mater
mea, pro multimodis beneficiis mihi impensis, et pro multo labore quo in summa
paupertate et abiectione enutrivisti templum corporis mei, et nunc in
destructione constitutum inter contumelias et opprobria sequi non dedignaris
nec vereris, quamvis omnibus contemptui habeamur.»
17
Avete animo.
18 «Et ecce tumultuantibus turbis ducebatur Rex
gloriae, vinctis a tergo manibus, multorum vallatus multitudine armatorum. (Parla
S. Lorenzo Giustiniani di un incontro di Gesù e di Maria, non già sulla via del
Calvario, ma sulla strada che conduceva al pretorio di Pilato.) Tunc beata
Virgo, femineo pudore seposito, urgente dolore, ante omnes accessit, ut
praetereuntem videret filium, filiusque matrem agnoscere posset. Proh dolor, oculos attollente Maria, Dominum Iesum
vidit... Vidit et filius genitricem... In ipso quippe primo eorum
adspectu, incredibili se percussere dolore... Gemebat filius quod mater in tam
horrendo praesens esset spectaculo: de ludibrio vero unici sui sancta genitrix
inconsolabiliter lamentabatur. Ad cor Virginis loquebatur Verbum, dicens: «Ut
quid venisti, columba mea, formosa mea, immaculata mea, mater mea? Dolor tuus meum auget, cruciatus tuus transfigit
me...» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De
triumphali Christi agone, cap. 11. Op., Lugduni, 1628, pag. 306, col. 1.
19 DEL RIO, S. I., In Canticum Canticorum, Parisiis, 1604,
cap. 7, sect. 5, § 4, pag. 275: «GUILHELMUS... inquit...: «Ubi ad hoc ventum
est, ut baiulans sibi crucem Iesus exiret in
eum qui dicitur Calvariae locum (Io. XIX, 17), tollebat et ipsa crucem
suam, crucem interioris hominis sui: et sequebatur eum crucifigenda cum
eo.»
20 «Ad misericordiam
omnes a natura movemur, nec quidquam aliud in natura nostra aeque bonum est
atque hoc... Nemo natura strenuus est, nemo natura ab inanis gloriae
cupipditate liber, nemo natura superior aemulatione: sed misereri omnibus a
natura inditum est, quantumvis crudelis sit quis et saevus... Ferarum etiam
miseremur: adeo nobis indita est misericorida. Vel leonis catulum aspicientes,
nonnihil commovemur.» S. IO. CRYSOSTOMUS,
Commentarius in Epist. ad Philippenses, hom.
4, n. 4. MG 62-210.
21
Nelle Omilie in Matthaeum, non si fa
parola del Cireneo; come neppure nel Opus
imperfectum in Matthaeum, il quale del resto non è del Grisostomo; né in
tutte le Opere del Santo Dottore. - Quel che più si accosta alla sentenza
attribuitagli da S. Alfonso, è questo, Comment.
in Epist. ad Ephesios, cap. 1, hom. 3, MG 62-27: «Si es Christi corpus, fer
crucem; nam ille quoque tulit: fer sputa, fer colaphos, fer clavos. Tale erat
illud corpus.»
22 Pier Luigi MALASPINA, dei Chierici
Regolari, Vescovo di Massa, Vita della
Serva di Dio Suor Maria Margherita Diomira Allegri del Verbo Incarnato, Religiosa
nel Venerabil Convento delle Vergini stabilite nella Carità di Gesù Buon
Pastore, della città di Firenze (+ 1677, d'anni 26). Venezia 1704. Capo 2, pag.
12, 13: «Un giorno tra gli altri, ritornato a casa (il padre),e non vedutala,
esclamò sdegnato: «Dov'è Margherita?» Alle cui voci volendo ella accorrere,
voltossi prima al Bambino Gesù, e con puerile innocenza, pieni gli occhi di
lagrime, gli disse: «Starei sempre con voi, Gesù mio; ma mio Padre mi chiama;
bisogna ch'io vada.» Al che il divin Pargoletto, con sensibil voce: «Va,
rispose, pensa a me ed ama me, poiché io a te penserò, e ti amerò;» alzando in
ciò dire la mano, e benedicendola.» - Cap. 3, pag. 20: «Ebbe ella anco nella
sua prima comunione (che fece di nove anni)... alti intendimenti dei divini
attribuiti, parendole che sopra di lei cadesse quella rugiadosa pioggia di
celeste misericordia, che nel nascimento del suo ricevuto Sposo si sparse sopra
la terra. Rimirava il proprio nulla, stimandosi incapace d'una tal
soprabbondanza di grazie, quando la Vergine Madre, accarezzandola, volgeva
verso lei il Figlio con un mazzetto di fiori nelle mani, i quali empivano di
fragranza il mondo tutto. Osservò Margherita che tre erano i fiori più vaghi di
questo mazzetto, e più in specie odorati dal Bambino, ed a lui grati al maggior
segno. Intese figurarsi in quei fiori tutte le sante virtù, e nei tre distinti,
le promesse da lei con voto, povertà, castità e obbedienza. In una crocetta
poi, che nell'altra mano il Bambino teneva, le furono anco date a conoscere le
croci apparecchiate al conservarsi da essa quei fiori. Ma assicurata che
l'istesso Gesù sarebbesi fatto sua guida e conforto, ritornò ai sensi, colma
d'inesplicabil gioia.»
23
COSTANTINO, Vescovo di Veglia, Vita di S.
Girolamo Emiliani, Prato, 1894, lib. 1, cap. 8, pag. 28, 29: «Fu
prontissima ad udire le pietose voci del suo divoto la Regina del paradiso...
Gli apparve graziosamente vestita d'un abito candidissimo... L'amabilissima
Vergine... dopo averlo mirato benignamente con occhio di madre gli disse che
erano state esaudite le sue orazioni... Stava tuttavia sospeso, non sapendo
risolversi, se quella fosse veramente apparizione... Ma l'assicurò poi essa
stessa, quando proscioltolo dalle catene gli soggiunse che si ricordasse d'adempiere
il voto che avea fatto, e cangiasse vita e costumi. porgendogli poi con le sue
proprie mani una chiave, l'esortò a non temere, ed aprire le porte della torre
e ad andarsene.» - Lib. 3, cap. 13, pag. 185: «Tanto piacquero al Signore le
ultime fatiche del caritatevole suo Servo, che volendolo indi a poco rimeritare
nella celeste patria, si degnò di dargliene anticipatamente un segno assai
chiaro... Stava Girolamo con altri della famiglia vegliando in Somasca al letto
di un orfanello, che travagliato dalla contagiosa infermità, non solo era
ridotto agli estremi, ma tenuto per morto dai circostanti: quand'ecco tutto ad
un tratto riscuotersi il fanciullo, e come si destasse da dolcissimo sonno
prorompere in queste parole: «Oh che bella cosa ho veduto! Oh che bella cosa ho
veduto!» Ed essendogli fatta istanza perché dichiarasse la sua visione: «Ho
veduto, soggiunse, là in alto una risplendentissima sedia tutta d'oro e di
gemme, sostenuta da uno dei nostri fanciulli, il quale avea nelle mani uno
scritto che diceva: Questa è la sedia di Girolamo Emiliani.» - Nato in Venezia
nel 1481, si convertì nel 1511, morì nel 1537. Fu beatificato da Benedetto PP.
XIV il 29 settembre 1747; canonizzato da Clemente PP. XIII il 12 ottobre 1766.
- L'aggiunta «e santo» si trova la
prima volta nell'ediz. veneta del 1784, fatta vivente S. Alfonso.
1
Stabant autem iuxta crucem Iesu Mater
eius et soror matris eius... Io. XIX, 25.
2 Quale sia il Sermo 2 de Passione di S. Bernardo, non
sappiamo. Già quello che viene intitolato De
Passione Domini, oppure (ML 184-953 et seq.) De vita et Passione Domini, non è suo. Immediatamente a quello, in
antiche edizioni, tiene dietro il Tractatus
de Passione Domini ossia Vitis
mystica. Questo trattato (Opera S.
Bernardi, cap. 41, n. 132, ML 184-715; Opera
S. Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, cap. 23, n. 1, nota 10, pag. 186,
col. 2) dice soltanto: «Clavis immitibus.»
3 «Ego eiam fui
propinquior ei in Passione, nec separabar ab eo. Ego stabam vicinius cruci
eius.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.
1, cap. 35. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 43, col. 1.
4 «O
Domina... quare ivisti ad Calvariae locum? Non est tua consuetudo, Domina, ad
talia spectacula properare. Cur te
non retinuit pudor mulieris, cur te non retinuit horror facinoris? Cur te non
retinuit verecundia virginitatis? Cur te non retinuit loci turpitudo, multitudo
vulgi, detestatio mali? Cur te non retinuit clamoris vehementia, stultorum vesania,
daemoniacorum caterva? Haec non considerasti, Domina, quia cor tuum,
alienatum totum prae dolore, non erat in te, sed in afflictione Filii et in
vulneribus unici et in morte dilecti. Non considerabat cor tuum vulgus sed
vulnus; non pressuram sed fixuram; non clamorem, sed livorem; non horrorem, sed
dolorem.» Stimulus amoris, pars 1,
cap. 3. Inter Op. S. Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugd., 1668, VII, 196, col. 1,
CD.
5 «Cum evangelizans circumiret Iesus civitates
et castella, Maria comes individua vestigiis eius adhaererebat... adeo ut nec
procella persecutionis, nec horrore supplicii a consectatu Filii et Magistri
potuerit absterreri... Plane mater, quae nec in terrore mortis Filium
deserebat. Quomodo enim morte terreri poterat, cuius caritas fortis ut mors,
imo fortior quam mors erat?» (Non Guglielmo,
ma) GUERRICUS Abbas, In Assumptione
B. Mariae, sermo 4, n. 1. ML 185-197.
6 «Non respexi prae
amaritudine antequam ex toto affixus erat. Surgens vero vidi Filium meum
miserabiliter pendentem; et ego Mater eius maestissima undique consternata,
prae dolore vix stare potui. Filius
autem meus videns me, et amicos suos inconsolabiliter flentes, flebili voce et
alta clamabat ad Patrem suum dicens: Pater, quare me dereliquisti?... Tunc
oculi eius apparuerunt semimortui, maxillae eius submersae, et vultus lugubris,
os eius apertum et lingua sanguinolenta, venter dorso inhaerens, consumpto
humore quasi non haberet viscera. Omne corpus pallidum et languidum, ex fluxu
et egressione sanguinis. Manus et pedes eius rigidissime extenti erant, et
iuxta formam crucis attracti et conformati. Barba et crines ex toto respersi
sanguine... Cutis eius sic tenera et gracilis erat, quod numquam ita leniter
flagellabatur quin statim exiret sanguis.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 10. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 14,
col. 2. - «Vocem ex imo pectoris, erecto capite, oculis in caelum directis et
lacrimantibus, emisit, dicens: Deus meus, Deus meus, ut quid me dereliquisti? Quam
vocem... plus ex compassione mea quam sua permotus protulit. Tunc color mortis
in partibus, quibus prae sanguine aspici potuit, accessit. Dentibus maxillae
inhaeserunt. Costae vero attenuatae dinumerari poterant. Venter autem
consumptis iam humoribus dorso applicatur. Iam naribus attenuatis, cum cor
prope scissionem esset, totum corpus eius contremuit, et tunc barba eius super
pectus eius cecidit.» Id. op., Lib.
4, cap. 70, pag. 229, col. 2.
7 «Alii namque
sancti, etsi passi sunt pro Christo in carne, tamen in anima, quia immortalis
est, pati non potuerunt. Beata vero Dei Genitrix, quia in ea parte passa est
quae impassibilis habetur, ideo, ut ita fatear, quia spiritualiter et caro eius
passa est gladio passionis Christi, plus quam martyr fuit. Unde constat, quia plus omnibus dilexit, propterea et
plus doluit, intantum ut animam eius totam pertransiret et possideret vis
doloris, ad testimonium eximiae dilectionis. Quae quia mente passa est, plus
quam martyr fuit. Nimirum quod eius dilectio amplius fortis quam mors fuit,
quia mortem Christi suam fecit.» SOPHRONIUS, ad Paulam et Eustochium, De Assumptione B. M. V., n. 14. Inter Opera S. Hieronymi, in Mantissa, Epistola
IX. ML 30-138.
8 Questa sentenza
venne già citata da S. Alfonso, Discorso
IX, nota 23, p. 187, col nome del vero autore, non il Grisostomo, ma:
ARNALDUS seu Ernaldus Carnotensis,
Abbas Bonaevallis: «Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria, aliud in
pectore Mariae, aliud in corpore Christi. Christus carnem, Maria immolabat animam.» De VII verbis Domini in cruce, tractatus
3. ML 189-1694.
9 «O Domina mea, ubi
stabas? Numquid tantum iuxta crucem? Imo certe in cruce cum Filio: ibi
crucifixa eras secum.» Stimulus amoris, pars 1, cap. 3. Inter Op. S. Bonav., ed. Rom.,
Mogunt., Lugd., 1668, VII, 196, col. 1, C.
10 Non crediamo che
queste parole s'incontrino presso S. Agostino. Probabilmente, l'origine di
questo testo sarà un certo Tractatus de
lamentatione Virginis, attribuito da taluni a S. Agostino, e citato da
parecchi autori, i cui nomi e opere vengono riferiti dal Marracci, Bibliotheca Mariana, Romae, 1648, v. Augustinus Hipponensis, pag. 163. Aggiunge il Marracci: «Sed ubi
illum invenerint, ignoramus.»
11 (Non già S. Bernardo, ma) Ernaldus seu ARNALDUS Carnotensis Bonaevallis in valle Carnotensi
Abbas, Libellus de laudibus B. M. V., ML
189-1731: «Fugientibus apostolis, in faciem Filii se opposuerat Mater, et gladio
doloris animae eius infixo, vulnerabatur spiritu, et concrucifigebatur affectu:
et quod in carne Christi agebant clavi et lancea, hoc in eius mente compassio
naturalis et affectionis maternae angustia.»
12
«Stabant autem iuxta crucem Iesu mater
eius, et soror matris eius Maria Cleophae, et Maria Magdalene. Parum
dixisti, o Evangelista: perfectis auribus aliquid maius dicere potuisti. Stabat, tu inquis, iuxta crucem Iesu mater eius, quum in ipsa cruce penderet, vel ei
plus utique debes, quam reliquis de quibus dicis: et Maria Cleophae, et Maria Magdalene: omnino plus illa ad crucem
appropinquabat, quam quicumque alii; quia non solum iuxta crucem stabat, verum
etiam in cruce pendebat: de se enim in se nihil remanserat. Tota commigraverat
in dilectum, et dum ille corpus, ista spiritum immolabat.» S. BERNARDINUS
SENENSIS, Opera, Venetiis, 1745, I, Quadragesimale de christiana religione, sermo
51, feria VI post Dominicam Olivarum (in Parasceve), De Passione Domini, pars 2, art. 1, cap. 3, pag. 257, col. 1. - Ed.
Veneta, 1591, I, Quadragesimale de
christiana religione, sermo 55, feria VI (come sopra), pag. 440, col. 1.
13
«Et completa omni re, fuit hora nona, et clamavit dicens: Sitio. Respondit Virgo: «O Filii, non habeo nisi aquam
lacrimarum.» S. VINCENTIUS FERRERIUS, Sermones
hiemales, In die Parasceves sermo unicus. Venetiis, 1573, fol. 544, a
tergo.
14
«Volebat amplecti Christum in alto pendentem; sed manus inde frustra tensae in
se complexae redibant.» Inter Opera S. Bernardi, Liber de Passione Christi
et doloribus et planctibus Matris eius.
ML 182-1138. - «Volebat amplecti Christum in alto pendentem, sed manus
frustra protensae in se complosae complexae redibant.» Tractatus de lamentatione Virginis Mariae: inter Opera S. Bernardi, Basileae, per Io.
Gervagium, 1552, col. 2539. - Vedi sopra, Dolore
IV, nota 11, pag. 229.
15 «In tempore illo,
audivi alios dicentes quod Filius meus latro erat, aliosque quod mendax, alios
quod nullus dignior esset morte quam Filius meus: ex quorum auditu dolor meus
renovabatur.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.1,
cap. 10, pag. 14, col. 2. - «Ad primum igitur ictum ferientis mallei, ego ex
dolore in extasi fio, et evigilans Filium meum confixum video, colloquentes
etiam homines alterum ad alterum audio: quid hic fecit? furtum, rapinam vel
mendacium? aliis respondentibus quod mendax esset.» Id. op., lib. 4, cap. 70, pag. 229, col. 1.
16 «Me igitur
discipulo suo commendata per eum, vocem ex imo peccatoris, erecto capite,
oculis in caelum directis et lacrimantibus, emisit, dicens: Deus meus, Deus meus, ut quid me
dereliquisti? Quam vocem ego numquam, donec ad caelum veni, oblivisci
potui.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.
4, cap. 70, pag. 229, col. 2.
17
SINISCALCHI, Il martirio del Cuore di
Maria Addolorata, considerazione 39, così cita S. Bernardo, De lament. Virginis: «Tantus erat impetus passionis,
ut Christo impleto in Matrem conflueret paientem; qua similiter impleta, in
Filium similiter redundaret. O ineffabilis reciprocatio! O dolor
inexplicabilis!» - Nell'edizione poi delle Opere di S. Bernardo, Basileae, per Io. Hervagium, 1552, col. 2538, ecco
quel che sembra rispondere a queste parole: «Vulnera Christi morientis, erant
vulnera Matris dolentis. Dolores saevi, fuerunt tortores in anima Matris. Mater
erat laniata morte cari pignoris... In mente eius creverant immensi dolores,
nec poterant extra refundi. Intus
atrocius saevientes dolores Nati, Matris animam gladiabant...» Del
dolore cagionato a Gesù dal dolore della Madre, non si fa parola. Così pure nel
testo riferito da Mabillon, Liber de
Passione Christi, etc., ML 189-1137: «Christi morientis vulnera Matris
erant. Christi dolores fuerunt tortores in anima Matris. Mater mater (sic) erat levata pignoris morte... In
mente eius creverant immensi dolores, nec poterant exterius refundi. Intus
atrocius saevientes dolores Nati, Matri animam gladiebant...» - O il
Siniscalchi, o qualche altro autore colto, avrà ridotto a forma più conveniente
lo stile barbaro ed i concetti, divoti sì, ma disordinati, dell'opuscolo. Vedi
la nostra nota 11, Dol. IV, p.
229.
18 SINISCALCHI, Il martirio del Cuore di Maria Addolorata, considerazione
28: «Onde S. Bernardo così fe' dire alla Vergine Madre: «Stabam ego videns eum,
et ipse videns me, et plus dolebat de me quam de se.» - De lamentatione Virginis Mariae, inter Opera S. Bernardi, Basileae, 1552, col. 2536: «Et ipse, me videns,
fuit in cruce levatus… Stabam et ego videns eum: et
ipse videns me, plus dolebat de me quam de se.» - Liber de Passione Christi... et planctibus Matris eius, ML
182-1135: «Ante oculos eius (Mariae) fuit in cruce levatus...Aspiciebat ancilla
Dominum suum, intuebatur mater filium suum in cruce pendentem... «Videbam
morientem quem diligebat anima mea, et tota liquefiebam prae doloris angustia.
Aspiciebat et ipse benignissimo vultu me matrem plorantem, et me paucis verbis
consolari voluit.» - In altro luogo (L'amore
delle anime, cap. 13, n. 2, Opere
ascetiche, vol. V, pag. 102), S. Alfonso, nella nota, cita il Siniscalchi, e per conseguenza S.
Bernardo. Ma nel testo, riferisce queste parole come prese dalle Rivelazioni di S. Brigida, nelle quali,
infatti, questa sentenza viene espressa piiù volte, quantunque con termini
alquanto diversi: lib. 4, cap. 70; lib. 6, cap. 19; lib. 7, cap. 15; ed altrove
ancora.
19 Vitis mystica, seu Tractatus de Passione
Domini, inter Opera S. Bernardi, ML
184-658, cap. 10, n. 36: «Moriebatur vivens, vivendo ferens dolorem morte
crudeliorem.» Inter Opera S.
Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, 1898, cap. 9, n. 1, pag. 175, col. 1:
«Commoritur vivens, vivendo ferens dolorem morte crudeliorem.» - Vedi Append., 2, 9°, nel nostro vol. V, pag. 452, 453. - Liber de Passione Christi et doloribus et planctibus Matris eius, inter
Op. S. Bern., ML 182-1138: «Iuxta
crucem Christi stabat emortua Virgo... Vox non erat ulla, dolor abstulerat
vires. Imo strata iacens pallebat quasi mortua vivens; vivebat moriens, vivensque
moriebatur; nec poterat mori, quia vivens mortua erat… Ibi stabat dolens...
exspectans Christi corpus deponi de cruce.» - De lamentatione Virginis Mariae, inter Op. S. Bern., Basileae, 1552, col. 2538: «Iuxta crucem Christi
stabat emortua Mater... Vox illi non erat, quia dolore attrita iacens
pallebat. Quasi mortua vivens, vivebat moriens, moriebatur vivens, nec mori
poterat quae vivens mortua erat. Ibi stabat dolens... Exspectans corpus Christi
deponi, plorabat...» Vedi sopra, nota 17 e Dolore
IV, nota 11, pag. 229.
20
Vita B. Baptistae de Varanis.
Revelationes de mentalibus doloribus Christi, ex editione Dominici PASSINI latine redditae, § 2,
n. 8. Acta SS. Bollandiana, die 31
maii, Parisiis et Romae, tom. VII, maii (1867), pag. 490, n. 8, col. 1: «Scito
autem quod omni illo respectu et ratione quibus ego Deus incarnatus dolui et
passus sum, etiam doluerit et passa sit mea sanctissima Mater; nisi quod passus
sum in perfectiori et altiori gradu... Eius autem dolor tantum me afflixit, ut,
si placuisset aeterno Patri, magnum solatium mihi futurum fuisset, si, omnibus
eius doloribus in me translatis, ipsa potuisset manere absque dolore: id enim
habuissem pro summo refrigerio. Sed quia incomprehensibile martyrium meum
debebat esse absque ulla consolatione, ideo talis gratia mihi non fuit
concessa, licet ipsam saepius ex reverentia filiali multis cum lacrimis
postulaverim.» Tunc dixit anima illa (cioè la stessa Beata), cuius cor
videbatur deficere prae compassione erga gloriosam Virginem Matrem, quod, in
quadam mentis perplexitate posita, aliud proferre non potuerit quam haec verba:
«O Mater Dei, non amplius deberes appellari Mater Dei, sed mater dolorum, mater
poenarum, mater afflictionum, quae nec numerari nec comprehendi cogitatione possunt.
Ipse (Filius tuus) est quidam infernus, et tu es alter ipse (disse sopra Gesù:
«ipsa in terra fuit alter ego per poenam et passionem»): quid igitur aliud
nominare te possum quam matrem dolorum, et dicere etiam te esse alterum
infernum? Non amplius, non amplius, non amplius: Domine mi, noli
mihi amplius dicere de doloribus tuae benedictae Matris, quia non possum ultra
ferre: sufficiunt mihi isti pro vita omni reliqua, etsi ea adhuc mille annorum
foret.»
21
«Erat porro mirandum, virginem insolitam publico, nisi dum erat cum Filio;
devitantem aspectus hominum, consortia mulierum, silentio frenatam, virtutibus
fretam; viduatam viro, derelictam virili consortio: cum sibi uterinis sororibus
et aliis mulieribus, crucifigendum Filium sequi, cum mos mulierum onn sit velle
videre filios trucidari, et exsecutionem illius sententiae quae filium crudeli
poena sive morte diverberat. Stupebant autem omnes qui noverant huius hominis
sic addicti matrem, quod etiam in tantae pressurae angustia silentium servabat,
Christiformis facta: qui cum malediceretur, non maledicebat; et cum pateretur,
non comminabatur; nec aliquid impatientiae sive taedii resonabat. Quae omnia
Mater tenebat districta censura.» B. SIMON DE CASSIA, De gestis Domini Salvatoris in IV Evangelistas, lib. 13. De Passione Domini Salvatoris, cap. 101.
Coloniae Ubiorum, 1540, pag. 583, col. 2.
22 «Voluit enim eam
Christus... cooperatricem nostrae Redemptionis sibi adstare, quam futuram nobis
constituerat dare misericordiae matrem. Debebat enim piissima Christi mater sub
cruce nos parere filios adoptionis, ut quae naturalis - hoc est, corporalis -
esset mater Christi, esset adoptione atque spiritualiter omnium quoque nostra
mater: ut quomodo nos Christo sumus incorporati, unde mystica eius vocamur
membra, ita Mariae simus quoque propterea filii, non carne, sed adoptione... Quomodo caput Christus, ita nos corporis eius membra,
et filii sumus Mariae.» Io.
Iust. LANSPERGIUS, Cartusianus, In Passionem agonemque Christi Iesu Salvatoris nostri Homiliae LVI, hom.
48. Opera, Coloniae Agrippinae, 1693,
III, pag. 112.
23
«Et Maria Mater mea, propter compassionem et caritatem, facta est mater omnium
in caelis et in terris.» S. BIRGITTAE Revelationes,
lib. 8, cap. 12, p. 496, col. 1.
24 SALMERON, S. I., Commentarii in Evangelicam historiam et in Acta Apostolorum, X, De
Passione et morte D. N. Iesu Christi, tractatus 40, Coloniae Agrippinae,
pag. 331: «Quidam... Ex B. Anselmo referunt, matrem Virginem cum Filio et
sponso Ioseph in Aegyptum proficiscentem, incidisse in latrones: quorum unus,
pueri forma et aspectu delectatus, dixit: «Vere dico vobis, si fieri posset
Deum carnem nostram assumere, assererem hunc puerum Deum esse;» et sic socios oratione
sua placatos induxit, ut matrem ac puerum illaesos dimitterent, atque hic fuit
Dimas latro. Sed profecto haec non videntur solida, aut alicuius auctoritate
niti: nec locus ex Anselmo producitur, qui illud asserat... Petrus Damianus in
sermone quodam (che non s'incontra nella ML) scribit, fidelem hunc latronem ad
dexteram Christi fuisse versus Aquilonem; et ideo in meridie umbra corporis
Christi obumbravit illum, et beatam Virginem, quae adstabat Christo crucifixo
ex parte huius latronis, pro eo preces fudisse et propterea conversum fuisse...
Sed haec magis pie quam solide dicuntur.» Siamo
d'accordo col Salmerone, fuorché per quello che riguarda l'intercessione di
Maria. Avendo Gesù costituito Maria Mediatrice di tutte le grazie che egli ci
meritò col suo sangue; verità ormai certa e definibile di fede; come mai non
l'avrebbe fatta intervenire in quel prodigio della sua misericordia, nell'ora
stessa in cui l'associava, coi dolori del suo parto spirituale, a tutta l'opera
della nostra Redenzione? Ed è questo il pensiero su cui si sofferma S. Alfonso.
25
Vivea nella città di Perugia un giovane assai dissoluto, il quale accecato
dall'amor di una donna da lui fuor di modo amata, né avendo mai potuto
conseguire il suo disegno; finalmente fe' ricorso al demonio, con scrittura
sottoscritta col proprio sangue, promise di dargli in un tal tempo l'anima, se
fosse da lui assistito in tale affare. Accettò il demonio il dono, e col
tentare incessantemente l'incauta femmina, l'indusse a compiacere le voglie
sfrenate dell'amante; e ciò per lungo tempo, fino a tanto che giunse il termine
prefisso in un giorno dell'anno 1615. Allora fattosi dinanzi al giovane il
demonio, gli ricordò la promessa e il patto, e lo menò presso ad un pozzo,
minacciandogli che se egli stesso non vi si gettava dentro, lo avrebbe
strascinato in anima e corpo all'inferno. A tal dinunzia, quel misero, non
sapendo come iscampar dalle mani di un sì crudo nemico, si arrende alle sue
dimande, si spoglia dei panni, e sale su l'orlo del pozzo. Ma preso da gran
timore, e non avendo coraggio da far quel salto mortale, pregò il demonio che
gli desse egli la spinta. Avea il giovane pendente al collo l'abito dei Dolori
di Maria; però il demonio gli disse che lo levasse via, che tosto lo gitterebbe
nel pozzo. Allora il giovane, conoscendo la virtù di quel sacro abito, stette
saldo a non volersene spogliare. E dopo lunghe e forti contese, finalmente
partissi confuso il demonio; e il peccatore pentito detestò i suoi eccessi; e
riconoscendo tutta la sua salvezza dalla SS. Vergine Addolorata, a perpetua
memoria della grazia ottenuta, ne sospese il voto al suo altare nella chiesa di
S. Maria Nuova dell'istessa città di Perugia. Monum. Conv. Perus. Notitia societatis habit. 7 dolor. Regii et Mediol.
excuss.» SINISCALCHI, Il martirio del
Cuore di Maria Addolorata, Venezia, 1746. Considerazione 16, pag. 101,
102.
26 L'ediz. del '76: In quel tronco.
1 Sono.
2 Non
sappiamo chi sia questo divoto autore.
3
«Genibus positis et brachiis cancellatis, vultu lacrimabili et voce rauca, sic
eos alloquitur, dicens: «... Rogo vos propter Deum altissimum, ne amplius me
vexare velitis in dilectissimo filio meo. Ego enim sum maestissima mater
eius... Hanc tamen misericordiam mecum facite, ne ipsum confringatis, ut saltem
integrum valeam tradere sepulturae...» Meditationes
vitae Christi, cap. 80. Inter Op. S.
Bonav., ed. Rom., Mogunt., Lugd. (1668),
VI, 389, col. 2, B.
4 «Maria loquebatur. Quinque
cogitare debes, filia mea... Secundo,
quod in corde punctus erat (Filius meus) tam amare et immisericorditer, quod
pungens non destitit donec lancea attigit costam, et ambae partes cordis essent
in lancea.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.
2, cap. 21, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 110, col. 2.
5
«Voluit enim suum Christus aperire gazophylacium Divinitatis, atque in cor suum
omnibus pie volentibus introëundi patefacere aditum, quod devotis piisque
omnibus est suavissimum. Huius vulneris Christus non sensit dolorem, sed
piissima eius mater hoc vulnus in suo sensit corde, quae pro illo doluit. Fuit
tamen Christo persecutio magna et iniuria, quod ne mortuo quidem illi
parceretur, sed mucrone transfigeretur. Divisit itaque cum matre sua huius
vulneris iniuriam, ut ipse quidem persecutionem et vulnerationem reciperet, non
tamen dolorem sentiret: mater vero vulneris huius in se reciperet poenam atque
dolorem. Dolebat enim B. Maria, in anima sua compassionis vulnus sentiens,
quomodo doluisset Christus, si vivus mucronis infixionem sustinuisset.» Io. Iust. LANSPERGIUS, Cartusianus, In Passionem agonemque Christi Iesu
Salvatoris nostri Homiliae LVI, hom. 54. Opera, Coloniae Agrippinae, 1693, III, pag. 126.
6 «Et quidem
posteaquam emisit spiritum tuus ille Iesus... ipsius plane non attigit animam
crudelis lancea, quae ipsius, nec mortuo parcens cui nocere non posset, aperuit
latus, sed tuam utique animam pertransivit. Ipsius nimirum anima iam ibi non
erat; sed tua plane inde nequibat avelli.» S. BERNARDUS, Sermo in «Signum magnum», n. 14. ML 183-437.
7 «Unus adveniens
affixit lanceam in latus eius tam valide, ut pene per aliud latus eius
transiret. Et cum extraheretur hasta, apparuit cuspis rubea sanguine. Tunc mihi
videbatur quod quasi cor meum perforaretur, cum vidissem cor Filii mei
carissimi perforatum.» S. BIRGITTAE Revelationes,
lib. 1, cap. 10, pag. 15, col. 1.
8
«Videns deinde quod omnia eius (Filii sui) membra obriguerunt, et inclinato iam
capite spiritum exhalabat, tunc doloris acerbitas ita cor Virginis suffocavit,
quod nullus sui corporis articulus moveri videbatur. Unde non parvum miraculum
in hoc Deus tunc fecisse dignoscitur, cum Virgo Mater, tot et tantis doloribus
sauciata, suum spiritum non emisit, quando tam dilectum Filium nudum et
cruentatum, vivum et mortuum, atque lancea transfixum, omnibus eum
deridentibus, inter latrones pendere prospexit, illis pene omnibus, quibus
notus exstiterat ab eo fugientibus, et multis eorum a rectitudine fidei
enormiter exorbitantibus... Quis in hoc aliud cogitare poterit, nisi quod de
speciali omnipotentis Dei dono, contra omnes corporales vires suas, ipsa vitam
retinuit?» S. BIRGITTAE Revelationes,
Sermo Angelicus, cap. 18, pag. 549, col. 1.
9 Dialogus B. Mariae et Anselmi de Passione
Domini, ossia, Planctus B. M. V. ad
Anselmum de Passione Domini, cap. 16, inter Opera S. Anselmi, ML 159-286: «Maria:
«Post haec rogavit Pilatum Ioseph ab Arimathaea, ut tolleret corpus Iesu
(Io. XIX, 38), dicens inter alia: Domine, nisi corpus cito tradideris, honesta
mulier, mater ipsius iuvenis, moritur prae dolore.»
10 Cant. V,
10.
11 Non già dopo la
deposizione dalla croce, ma dopo la trasverberazione del Cuore di Gesù: «Tunc
mater semimortua cecidit inter brachia Magdalenae... Tunc illi, sicut Deo placuit, discesserunt... Excitatur
autem Domina... Postea suspirat et anxiatur, et respiciens Filium suum
vulneratum, dolore mortis atteritur. Vides quoties mortua est hodie! toties
certe quoties contra Filium suum videbat fieri novitatem. Unde vere impletum
est in ea quod sibi dixerat Simeon: Tuam, inquit, ipsius animam gladius pertransibit.
Sed nunc vere Filii corpus et Matris animam huius lanceae gladius perforavit.» Meditationes vitae Christi, cap.
80. Inter Op. S. Bonav., ed. Rom.,
Mogunt., Lugd., VI, 389, col. 2, CD.
12 «Tertio cogita
quomodo deponebatur de cruce. Hi duo qui deponebant eum de cruce, tres
applicabant scalas: una protendebatur ad pedes, secunda subtus ascellas et ad
brachia, tertia ad medietatem corporis. Primus ascendit, et tenebat eum per
aliam scalam: excussit primo unum clavum de uno brachio. Deinde, applicata
scala, excussit clavum alterius manus. Qui quidem clavi longe ultra stipitem
crucis protendebantur. Descendente igitur illo, qui
sustentabat onus corporis, paulatim et modice, prout poterat: ille alius
ascendit scalam quae tendebatur ad pedes, et excussit clavos pedibus. Cumque
appropinquaret ad terram, unus eorum tenuit corpus per caput, alius per pedes,
ego vero quae Mater eram tenui per medium. Et sic nos tres portavimus eum ad
quamdam petram, quae in linteo mundo per me operta erat, in qua (leggi in quo) obvolvimus corpus, sed non
consui linteum. Sciebam enim pro certo quod non in tumulo putresceret.» S.
BIRGITTAE Revelationes, lib. 2, cap.
21, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 110, col. 2.
13 Surius, De probatis Sanctorum historiis, die
15 augusti, Oratio SIMEONIS
METAPHRASTIS de vita et dormitione S.
Mariae, cap. 35, Coloniae Agrippinae, 1579, pag. 689: «In eo (Filio) a
cruce deponendo maternis manibus inserviit, et clavos, qui extrahebantur, suo
sinu accepit.» - Oratio de Sancta Maria, n.
34. MG 115-554.
14
Ven. BERNARDINUS DE BUSTO, O. M., Sermones, Brixiae, 1588, III, Mariale, pars 10, De compassione et de gaudio B. Virginis, Sermo 1, pars 3, pag. 842,
col. 1: «Deinde descendit Nicodemus, et venit ad clavum pedis. Ioseph
vero sustentabat corpus Domini. Tunc piissima mater, quae stabat pedibus
quantum poterat elevata, brachiisque extensis ut Filium in sinu suo reciperet:
primo manum dextram pendentem suscepit reverenter, posuitque ad vultum suum, intime
deosculans eam cum lacrimis et validis suspiriis; dicebatque verba tanta
compassione digna, quod etiam saxea corda ad pietatem flectere potuissent.
Evulvo autem clavo pedum, paulisper descendit Ioseph, et ipsa benedicta Virgo
accepit corpus Filii suis in brachiis, et illud tenerrime osculabatur;
postmodum in terram sedens ponit illud in gremio, et osculabatur nunc caput,
nunc manus, nunc os, nunc pedes, nunc vulnus lateris, omnesque eius plagas
amaris lacrimis lavabat, plorantibus omnibus qui adstabant... Magister autem Iacobus de Voragine... ait: «Vespere
autem, depositum sacratissimum corpus per Nicodemum et Ioseph suscipiens in
gremio, quot lacrimarum flumina, quam amarissimos singultus, quam alta
suspiria, quae verba maestitiae plena ex ea processerint, quis potest
exprimere, cum singula membra perquireret tam dire cruciata, tam turpiter
delusa oscularetur et lacrimis irrigaret, sociata Maria Magdalena et aliis
Mariis, et devotis mulieribus.Cum autem sero factum esset, devoti homines pie
et devote corpus illud de brachiis matris accipientes, posuerunt in monumento,
mente consepulta cum eo.» Haec ille.» (Iacobus
de Voragine - ossia de Varagine: da
Varazze - O. P., Archiep. Ianuensis, Sermones
Quadragesimales, Venetiis, 1575. In fine, fol. 249 et seq., Sermo de planctu B. M. V.; fol. 261, a
tergo). Poi (pag. 842, col. 2) BERNARDINO continua: «Ego autem arbitror quod,
adveniente nocte, ipsa benedicta Virgo saepius rogata fuit ut eis traderet
corpus Filii sepeliendum. Sed ipsa dicebat: «Dimitte (dimittite) me hic mori
cum Filio meo; vel saltem permittite me iterum osculari eum;» et tunc
osculabatur loca clavorum, tangebat coronam spineam, multosque magnae
compassionis actus faciebat; atque ad Filium dicebat: «O fili dilectissime, cur
mihi non loqueris? nonne hoc est os illud benedictum, quod Iudaeis sic dulciter
praedicabat? nonne istae sunt illae manus, quae tanta miracula faciebant? nonne
isti sunt illi pedes, quorum scabellum adoratur? O fili dulcissime, ubi est ille tam delectabilis
adspectus? ubi vultus tuus laetus et iucundus? ubisest facies illa serena? ubi
est visus ille amabilis? O fili mi, speciose prae filiis hominum, quomodo
factus es deformis, et opprobrium hominum? Ubi est, o fili, loquela tua suavis
et conversatio mansueta? Quare remanet sine filio mater? qualis erit vita mea
sine te, fili mi? Tu mihi pater eras, tu mihi mater, tu mihi frater, tu mihi
sponsus, tu mihi blandus filius: tu meae deliciae, tu mea gloria, tu mihi omnia
eras, fili mi.»
15
Tuta habitatio, fratres mei, turrisque fortitudinis a facie inimici, pia ac
sedula meditatione Christi Domini vulneribus immorari, fideque et amore
Crucifixi, animam ab aestu carnis, a turbine saeculi, ab impetu diaboli
contutari... Ingredere igitur in petram, o homo, abscondere in fossa humo (Is. II, 10), pone tibi latibulum in
Crucifixo. Ipse petra, ipse humus, quia
Deus et homo; ipse petra forata, humus fossa, quia foderunt manus meas, inquit, et
pedes meos (Ps. XXI, 17). Abscondere,
inquit, in fossa humo a facie timoris
Domini (Is. II, 10): hoc est, ab ipso fuge ad ipsum, a iudice ad
Redemptorem, a tribunali ad crucem, a iusto ad misericordem... Quinimo non ad
ipsum tantum, sed in ipsum fuge, in foramina petrae ingredere, in fossa humo
abscondere, in ipsis manibus foratis, in fosso latere te ipsum reconde. Vulnus
enim in latere Christi, quid nisi ostium in latere Arcae salvandis a facie
diluvii?... Ibi tuto latebis.» GUERRICUS, Abbas Igniacensis, discipulus S.
Bernardi, In Dominica Palmarum, Sermo
4, n. 5. ML 185-140.
16
«Deinde os eius digiti mei clauserunt, et oculos pariter composui. Brachia
vero rigentia flectere non potui ut se supra pectus componerent, sed super
ventrem. Genua quoque extendi non potuerunt, sed eminebant, sicut in cruce
obriguerunt.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib.
4, cap. 70, Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 229, col. 2.
17
Vitis mystica seu Tractatus de Passione
Domini: «Ad hoc enim perforatum est latus tuum, ut nobis patescat
introitus... Nihilominus et propterea vulneratum est, ut per vulnus visibile
vulnus amoris invisibile videamus.» Inter Opera S. Bernardi, cap. 3, n. 10. ML 184-643. - «Ad hoc enim perforatum est latus tuum, ut
nobis pateat (al. patescat)
introitus... Nihilominus, etc.» come sopra. Inter Opera S. Bonaventurae, ad Claras Aquas,
VIII, cap. 3, n. 5, pag. 164, col. 1. - Vedi Appendice, 2, 9°, nel nostro vol. V, pag. 452, 453.
18 Non già il
sapiente Idiota, ma l'autore dello Stimulus amoris, pars 1, cap. 1, inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt.,
Lugdun., 1668, VI, pag. 194, col. 1, D: «Prae nimio amore aperuit sibi latus,
ut tibi tribuat cor suum.»
19
«Divina est ordinatione dispositum ut unus militum lancea latus illud sacrum
aperiendo perfoderet... Exsurge ergo, Virgo beata, quae sola es et unica Iesu
dilecti columba formosa: esto aedificans in summo ore foraminis aperti cordis
et lateris Christi tui: recipe dolorosum gladium quem tibi Simeon diu prophetia
promisit... O tu, devote fili huius Virginis Matris, ingredere cum ipsa
devotissima Virgine intra penetralia Cordis Iesu, quod tibi lancea crudeliter
aperuit; et ibi adimpleas illa quae desunt passionum Christi: degustans simul
cum Virgine dolores vulnerum Salvatoris vice ipsius spiritus Iesu Christi; quia
iam ipsos sentire non potest, exspiratus in morte pro tua aeterna morte
solvenda.» UBERTINUS DE CASALI, Arbor
vitae crucifixae Iesu, lib. 4, cap. 24, Iesus
translanceatus (a principio). Venetiis, per Andream de Bonettis de Papia,
1485, fol. 167, col. 1.
20 Discipulus, cioè Ioannes HEROLT, O. P., Sermones
de tempore et de Sanctis, Venetiis, 1598: Promptuarium exemplorum Discipuli secundum ordinem alphabeti,
Littera M, exemplum 21, pag. 92 (v. Misericordia
Dei): «Iuvenis quidam cognovit sororem suam, et frater suus supervenit et
correxit eum, quem mox occidit; et pater ivit, et noluit (pater) eum occidere;
sed exheredatus et proscriptus est a civitate; qui postmodum occulte civitatem
de sero intravit, et patrem proprium occidit, et aufugit: qui postea in
quadragesima audivit praedicare illud Ezech. XVIII, 22: In quacumque hora
pecator ingemuerit pro peccatis suis, omnium
iniquitatum eius non recordabor; et sic compunctus pervenit ad sacerdotem,
dicens: «Melius est quod hic confundar, quam in extremo iudicio;» et confessus
est omnia peccata sua; et sacerdos iussit eum accedere ad altare, in quo fuit
imago Virginis habens Iesum crucifixum in sinu suo; qui prostratus ante
imaginem Virginis gloriosae et ante imaginem Crucifixi, devote invocavit beatam
Virginem ut pro eo intercederet. Et cum hoc saepius reiteraret, convertit se ad
imaginem Crucifixi, dicens: «O Iesu, propter vulnera, et sanguinem tuum,
ignosce mihi quod effudi sanguinem patris et fratris mei, quos occidi.» Et sic saepius reiterando, et amare flendo, ruptum
est cor eius, et sic obiit prostratus ante altare. Postmodum sacerdos ad
ecclesiam reversus, dixit: «Surge;» et sic invenit eum defunctum. Et sequenti
die petivit communem orationem pro eo fieri ab omni populo. Tunc columba alba circumvolans
in conspectu populi per ecclesiam, cedulam unam gerens in rostro suo, quma
permisist cadere ante sacerdotem. Et sacerdos legit cedulam, in qua erat
scriptum, quod anima illius hominis ab angelis deducta fuit in caelum antequam
calor naturalis recessit a corpore: et inferiori clausula erat scriptum:
«Praedica infinitam misericordiam Dei omnibus peccatoribus et peccatricibus;
quia quicumque vere conteritur et peccata sua pure confitetur, illius Deus
miserebitur.»
1 «O fili care, o benigne, summe nate,
miserae matris suscipe preces... Suscipe matrem in morte tecum... Tu mihi
pater, tu mihi mater, tu mihi sponsus, tu mihi filius, tu mihi omnia eras. Nunc
orbor patre et matre, viduor sponso, et desolor prae omnibus, omnia perdo.» Liber de Passione Christi et... planctibus
Matris eius. Inter Op.
S. Bernardi, ML 182-1136. - De
lamentatione Virginis Mariae, inter Op.
S. Bern., Basileae, 1552, col. 2537, 2538. «O vere Dei nate, tu mihi pater,
tu mihi mater, tu mihi filius, tu mihi sponsus, tu mihi anima eras! Nunc orbor
patre, viduor sponso, desolor filio, omnia perdo.»
2 La sacra Sindone è
una delle più preziose reliquie del Salvatore. Essa consiste in una tela di
lino, di m. 4,36 X 1,10, tutta d'un pezzo, che in mezzo lascia travedere,
benché sbiadita, la doppia immagine frontale e dorsale di un corpo umano di m.
1,78, su cui si scorgono le stigmate tradizionali di Gesù. Che essa sia
veramente il lino nel quale Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea avvolsero il corpo
del Signore, non vi è dubbio. Paul
Vignon, nella sua pubblicazione «Le
linceul du Christ», nel 1898, espose le ricerche ed esperienze compiute
sulla natura delle impronte che vi si vedono. La fotografia, nel 1898, riuscì
una grande rivelazione, comprovando che l'impronta conservatasi sul sacro lino,
oltreché essere un'immagine negativa, possedeva evidentemente la inimitabile
perfezione del chiaroscuro, che è caratteristica principale ed esclusiva delle
immagini ottenute con procedimenti fotografici, ed escludendo totalmente i
segni della contraffazione. La ostensione del 1931 e la mostra storica della
santa Sindone, inaugurata a Torino dall'Em. Card. Fossati nel 1936, hanno fatto
progredire gli studi sull'autenticità della sacra reliquia, anche alla luce
delle scienze mediche, in modo da dissipare qualunque ragionevole dubbio. - La
santa Sindone, dopo lunghe e complesse vicende, venne in possesso del Duca
Ludovico I di Savoia, a Chambéry, nel 1453, donde poi fu trasportata a Torino
nel 1578, e diventò meta di continui pellegrinaggi. Fra tanti illustri
pellegrini, che andarono a venerarla, ci piace ricordare S. Carlo Borromeo e S.
Francesco di Sales.
3
«Et clausi oculos et os eius, quae in morte fuerunt aperta. Deinde posuerunt eum in sepulcro. O quam
libenter tunc posita fuissem viva cum Filio meo, si fuisset voluntas eius!» S.
BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap.
10, pag. 15, col. 1.
4 BARONIUS, Annales, a. D. 34, n. 131.
5 Di quale Fulgenzio, o santo o no, si tratti, non
sappiamo. Non s'incontrano queste parole nelle Opere di S. Fulgenzio Ruspense.
6 «Vere dicere
possum quod, sepulto Filio meo, quasi duo corda in uno sepulcro fuerunt.» S.
BIRGITTAE Revelationes, lib. 2, cap.
21, pag. 110, col. 2.
7 «Tunc Domina
surgens et genuflectens sepulcrum amplexatur, benedicensque sepulcrum dicit:
«Fili mi, non possum amplius stare tecum, ego recommendo te Patri tuo.»
Sublevatis etiam oculis in caelum, dicit cum lacrimis et affectu magno: «Pater
aeterne, recommendo vobis Filium, et meam animam, quam dimitto.» Et recedere
tunc coeperunt.» Meditationes vitae
Christi, cap. 83. Inter Op. S.
Bonav., ed. cit., pag. 391, col. 1, C.
8 «Tam pie plorabat,
tam amare dolebat, quod sui ploratus pietate, multos etiam invitos ad lacrimas
provocabat. Fiebat planctus quacumque
Maria transibat. Omnesque plorabant qui obviabant ei.» De lamentatione Virginis Mariae, inter Op. S. Bern., Basileae, 1552, col. 2542. - «Tam pie plorabat, et
tam amare dolebat, quod ex pio suo ploratu multos etiam invitos trahebat ad
luctum; planctus fiebant a quocumque transibat. Maria plorabat ipsa, plorabant
ambulantes cum ea, plorabant multi venientes obviam ei.» S.
BERNARDUS, Liber de Passione Domini... et
planctibus Matris eius, ML 182-1140. - Tutto ciò dopo la sepoltura di Gesù,
mentre Maria tornava a Gerusalemme, «ad domum Ioannis.» - Ma di quelli che
assistevano alla sepoltura di Gesù, venne detto prima: «Videbant intrare matrem
omni desitutam solatio, et super illam dabant potius planctum, quam super
exstinctum filium suum, Dominum nostrum.» Liber
de Passione..., col. 1140. - «Videbant enim piam matrem omni quidem solatio
destitutam, et super ipsam potius, quam super Dominum suum exstinctum plangebant.»
De lamentatione Virginis Mariae, col.
2542.
9 «Cum
autem venerunt ad crucem, ibi genuflexit ipsa et adoravit crucem, dicens: «Hic
requievit Filius meus, et hic est pretiosissimus sanguis eius.» Similiter et omnes fecerunt. Cogitare namque potes
quod ipsa prima fuit quae crucem adoravit. Exinde recedunt versus civitatem, et
per viam saepe vertebat retrospiciens. Cum autem fuerunt in loco ultra quem
sepulcrum et crucem amplius videre non potuerunt, vertit se, inclinavit,
genuflexit, et devotissime adoravit; similiter et omnes fecerunt.
Appropinquantes ad civitatem, sorores Dominae velaverunt eam tamquam viduam,
cooperientes quasi totum vultum suum, et praecedebant. Domina
autem inter Ioannem et Magdalenam sequebatur maestissime, sic velata.» Meditationes vitae Christi, cap. 83.
Inter Op. S. Bonav., ediz. come
sopra, pag. 391, col. 1. CD.
10
«Sine ergo, dirò con S. Bonaventura, Domina
mea, sine me flere, quia magis mihi licet quam tibi; tu enim innocens es et
absque peccato, ego sum reus et peccator.» SINISCALCHI, S. I., Il martirio del Cuore di Maria Addolorata, Venezia,
1746, Considerazione 34, I, pag. 218, 219.
11 Hymnus aut
Sequentia Stabat Mater.
12 Henricus ENGELGRAVE, S. I., Lux evangelica... in omnes anni
Dominicas, Coloniae Agrippinae, 1677, pars 2, Dom. infra Oct. Nativ., § 2, pag. 56, 57: «Ferunt enim B. Virgini
concessum fiusse a Christo Domino, dolores maternos animo evolventi, quemvis
favorem ad salutem animae eius impetraret, et praecipue, ante mortem, veram de
peccatis poenitentiam. Dicti veritatem confirmat sacerdos ille, qui Deiparae
dolores perpendens, ut illam solaretur, hanc brevem precatiunculam recitare
consuêrat: «Gaude, Maria: quia gaudium ab Angelo suscepisti et mundo
perperisti! Gaude Maria: quia Dei Mater et Virgo es! Gaude, Maria: quia omnis
creatura in caelo et in terra te collaudat!» Contigit illum gravi morbo
affectum ad extrema deduci, et in salutis desperationem a daemone coniici.
Adfuit confestim Deipara: «Et tu, inquit, fili mi, cur maerore conficeris, qui
in dolore meo me toties solatus es? animos resume, laetus mecum veni, intra in
gaudium Domini tui.»
* Nota dell'editore IntraText: Nella fonte
cartacea presa riferimento (OA VI)
segue: “Chi avesse la divozione di recitare la Coronella de' dolori di Maria,
la troverà in fine del libro. (nota 13: Vedi
pag. 422.) Questa io la composi molti anni sono, e l'inserirò di nuovo qui per
comodo de' divoti di Maria addolorata, cui prego che per carità mi ci
raccomandino, (nota 14: La I ed.: a cui
prego che per carità mi raccomandino; ed. 1760: a cui prego che per carità mi ci raccomandino; ed. 1776: cui prego che per carità mi ci raccomandino.)
allorché meditano i suoi dolori.
O Domina, quae rapis corda hominum dulcore, nonne cor meum rapuisti? O
raptrix cordium, quando mihi restitues cor meum? Guberna illud cum tuo et in
latere Filii colloca. Tunc possidebo quod spero, quia tu es spes nostra. S.
Bernardus, med. In Salv. Reg., ap. S. Bon., Stim., c. 19, part. 3. (nota 15: «O
Domina, quae rapis corda hominum dulcore, nonne cor meum, Domina, rapuisti?
Ubi, quaeso, posuisti illud, ut ipsum valeam invenire? O raptrix cordium,
quando mihi restitues cor meum? Quare sic corda simplicium rapis? Quare
violentiam facis amicis? Numquid ipsum semper vis tenere? Cum illud postulo,
mihi arrides: et statim tua dulcedine consopitus quiesco. Cum in me reversus
iterum illud postulo, me complexaris dulcissima, et statim inebrior tui amore:
tunc cor meum non discerno a tuo, nec aliud scio petere, nisi tuum. Sed ex quo
est cor meum tuo dulcore sic inebriatum, guberna illud cum tuo, et in sanguine
Agni conserva, et in latere Filii colloca. Tunc assequar quod intendo, et possidebo
quod spero, quia tu es spes mea.» Meditatio
in «Salve Regina», n. 2, inter Op. S.
Bernardi. ML 184-1077, 1078. - «O Domina, quae rapis corda dulcedine! Nonne
cor meum, Domina, rapuisti? et ubi, quaeso, posuisti illud, ut ipsum valeam
invenire? Numquid in sinu tuo, ne inveniam, collocasti? Numquid inter ubera tua
posuisti illud? Fortasse ibi posuisti illud cor meum, ut quod friguerat tibi,
calefiat? O raptrix cordium, quando mihi restitues cor meum? quare sic corda
simplicium rapis? quare violentiam facis tuis amicis? Numquid semper vis ipsum
tenere? Cum id a te postulo, mihi arrides, et statim tua dulcedine consopitus
quiesco, et in me reversus cum iterum postulo, me amplexaris dulcissima, et
statim inebrior tui amore, et tunc cor meum non discerno, nec aliquid scio
petere nisi tuum. Sed ex quo sic est cor meum tuo dulcore inebriatum, guberna
illud cum tuo, et in sanguine Agni conserva, et in latere Filii colloca. Tunc
assequar quod intendo, tunc possidebo quod spero, quia tu es spes nostra.» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19: inter Opera S. Bonaventurae, Romae, Moguntiae,
Lugduni (1668), VII, pag. 232, col. 1. - Meditatio
super «Salve Regina», n. 3, inter Opera
S. Anselmi Mantuani, Lucensis Episcopi, n. 3. ML 149-585. La versione Anselmiana è lunga il doppio, e più, di
quella attribuita a S. Bernardo. Prima
dell'ultimo periodo, vi è un lunghissimo tratto, che rompe il filo del
discorso, ed è una manifesta interpolazione. - Vedi Appendice, 3, A, nel nostro volume precedente, pag. 351-353.)
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