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S. Alfonso Maria de Liguori
Glorie di Maria

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V. - RACCOLTA DI VARI ESEMPI APPARTENENTI A MARIA SANTISSIMA1

Taluni pregiandosi d'essere spregiudicati si fanno onore di non credere altri miracoli se non quelli che stanno registrati nelle sacre Scritture, stimando gli altri quasi che novelle e favole da femminucce. Ma giova qui avvertire un giusto sentimento del dotto e pio P. Giovanni Crasset (Tom. 2, tr. 6, prat. 10), il quale dice che quanto più son facili a credere i miracoli le persone dabbene, tanto son facili i malvagi a deriderli; soggiungendo che conforme è debolezza il dar credito a tutte le cose, così all'incontro il ributtare i miracoli che vengono attestati da uomini gravi e pii, o sente d'infedeltà, pensando che a Dio sieno impossibili, o sente di temerità, negando il credito a tal sorta d'autori.2 Possiamo dar fede ad un Tacito ed uno Svetonio, e possiamo negarla senza temerità ad autori cristiani dotti e probi? Minor pericolo, dicea il P. Canisio (L. 5, de Deip., c. 18), vi è nel credere e ricevere


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quel ch'è riferito con qualche probabilità da persone dabbene e non riprovato da' dotti e serve all'edificazione del prossimo, che 'l rigettarlo con uno spirito dispregiante e temerario.3

1. *

In Germania un certo uomo cadde in un grave peccato; non volendo confessarlo per rossore, ed all'incontro non potendo sopportare il rimorso della coscienza, andò per buttarsi al fiume; ma poi si trattenne, e piangea pregando Dio che ce lo perdonasse senza confessione. Una notte dormendo si sentì scuotere ad una spalla con una voce che gli disse: Va, ti confessa. Andò alla chiesa, ma neppure si confessò. Un'altra notte intese la stessa voce. Torna alla chiesa, ma ivi giunto disse che prima volea morire, che confessare quel peccato. Ma volendo già tornare in casa volle prima andare a raccomandarsi a Maria SS., la cui immagine stava nella stessa chiesa, ed appena inginocchiato si sentì tutto mutato. S'alzò subito, chiamo il confessore e, piangendo dirottamente per la grazia ricevuta dalla Vergine, si confessò intieramente; e dopo disse che aveva inteso maggior contento, che se avesse guadagnato tutto l'oro del mondo (Ann. Soc. 1650, ap. Aur., Aff. scamb., t. 3, c. 7).

2. *

Un giovane nobile viaggiando per mare si pose a leggere un libro osceno, a cui portava molto affetto. Un religioso gli disse: Orsù, donaresti una cosa alla Madonna? Rispose di sì. Or via, quello soggiunse, vorrei che per amor della S. Vergine lacerassi cotesto libro e lo buttassi


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in mare. Eccolo, Padre, disse il giovane. No, voglio che voi stesso fate questo dono a Maria. Lo fece, e la Madre di Dio appena ch'egli ritornò in Genova sua patria, gl'infiammò il cuore in tal modo che si andò a far religioso (Ann. Mar. 1605).

3. *

Un romito nel monte Oliveto tenea nella sua cella una divota immagine di Maria, avanti cui facea molte orazioni. Il demonio, non potendo soffrire tanta divozione alla S. Vergine, lo tormentava continuamente con tentazioni disoneste; in modo che il povero vecchio romito, non vedendosene libero, con tutte le orazioni e mortificazioni che faceva, un giorno disse al nemico: E che t'ho fatt'io, che non mi lasci vivere? Allora gli apparve il demonio e gli rispose: È più il tormento che tu dai a me, ch'io do a te. Orsù, poi gli soggiunse, giurami il segreto, ch'io ti dirò quello che hai da lasciar di fare, ed io non ti darò più molestia. Il romito diè il giuramento ed allora il demonio gli disse: Voglio che non ti volti più a quell'immagine che tieni in cella. Il romito confuso andò a consigliarsene coll'abbate Teodoro, il quale gli disse ch'esso non era tenuto al giuramento, e che guardasse di lasciare di raccomandarsi a Maria in quell'immagine come prima faceva. Ubbidì il romito e 'l demonio restò scornato e vinto (Bonif., Hist. Virg., c. 6).

4. *

Venne a confessarsi una volta al P. Onofrio d'Anna, pio operario nel regno di Napoli, una donna tutta atterrita, che aveva tenuta pratica disonesta con due giovani, l'uno de' quali per gelosia aveva ucciso l'altro. Narrò al Padre che nella stessa ora ch'era morto quel misero giovane, l'era apparso vestito di nero, cinto di catene, e che d'ogni parte mandava fuoco, con un ferro in mano: e che alzando quegli il braccio per tagliargli la gola, ella allora tremando disse:


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Ah tale (nominando il di lui nome), che t'ho fatt'io, che mi vuoi uccidere? A ciò il dannato pieno di sdegno rispose: Cana, cana, cana, mi dici che t'ho fatto? mi hai fatto perdere Dio. Allora ella invocò la B. Vergine, e quell'ombra al sentir nominare il SS. Nome di Maria disparve e non si vide più (In vit. P. Ant. de Collel., c. 31, § 5).

5. *

Mentre stava predicando S. Domenico in Carcassona di Francia fu condotto ivi un eretico albigese, il quale perché pubblicamente screditava la divozione del SS. rosario era stato invasato da' demoni. Allora il santo impose a' nemici da parte di Dio, che manifestassero se erano vere le cose da esso dette intorno al SS. rosario. Quelli urlando, dissero: Udite, Cristiani, tutto ciò che questo nemico ha detto di Maria, e del SS. rosario, è tutto vero. Ed aggiunsero di più che essi non avevano alcuna forza contro i servi di Maria: e che in morte molti, contra i loro meriti, invocando Maria si salvavano. Per ultimo dissero: Noi siamo costretti a manifestare che niuno si danna, il quale perseveri nella divozione di Maria e del SS. rosario, perché Maria a' peccatori impetra un vero pentimento prima di morire. Indi S. Domenico fece dal popolo recitare il rosario, ed oh meraviglia! ad ogni Ave Maria uscivano dal corpo di quell'infelice molti demoni in forma di carboni ardenti, finché terminato il rosario ne restò affatto libero. A tal fatto si convertirono molti eretici (Paciucch., in Sal. ang., exc. 4, n. 10).


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6. *

Stava in un monastero la figlia di un certo principe, la quale benché fosse di buona indole, nulladimeno, perché in quel luogo era rilasciato lo spirito, poco s'avanzava nelle virtù. Ma avendo poi cominciato a dire il rosario coi misteri, come le aveva insinuato un buon confessore, si mutò in modo ch'era l'esempio di tutte. Onde l'altre monache, offendendosi della sua ritiratezza, le diedero grandi assalti per farle lasciare la vita intrapresa. Un giorno, mentr'ella recitava il rosario, pregando Maria che l'assistesse in quella persecuzione, vide cader dall'alto una lettera. Di fuori stava scritto: Maria Madre di Dio alla sua figliuola Giovanna, salute. Di dentro poi: «Figlia mia diletta, seguita a dire il mio rosario: allontanati dal trattar con coloro


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che non ti giovano a vivere bene: guardati dall'ozio e dalla vanità, e togli dalla tua cella due cose superflue, ed io ti proteggerò appresso Dio.» Indi essendo venuto l'abbate di quel monastero a visitarlo, cercò riformarlo, ma non fece niente. Ed un giorno vide molti demoni entrar per tutte le celle delle monache, ma non in quella di Giovanna; poiché di là gli scacciava la divina Madre, avanti di cui vide Giovanna che la stava pregando. Intendendo poi da lei la divozione praticata del rosario e la lettera ricevuta, ordinò che tutte dicessero il rosario; e narra l'istoria che quel monastero divenne un paradiso (Bonif., l. 4, c. 4, ex B. Alan., etc.).

7. *

Stava in Roma una mala donna chiamata Caterina la bella. Questa una volta sentendo da S. Domenico predicare la divozione del SS. rosario, si fece scrivere nel libro delle sorelle: cominciò a dirlo; ma non lasciava la vita disonesta. Una sera essendo venuto a ritrovarla un giovane che parea nobile, ella l'accolse con cortesia, e stando insieme a cena, vid'ella che dalle mani del giovine, mentre spezzava il pane, caddero certe stille di sangue; e poi osservò che tutte le vivande che quegli prendeva, erano tinte di sangue. Gli dimandò che cosa era quel sangue? rispose il giovine che il cristiano non dee prendere alcun cibo non tinto di sangue di Gesù Cristo e non condito colla memoria di sua Passione. A ciò ella stupita l'interrogo chi fosse? Appresso, rispose, te lo farò sapere. Indi essendosi appartati in un'altra stanza, il giovane mutò sembiante, e le si fe' vedere coronato di spine colle carni tutte lacerate, e le disse: Vuoi sapere chi sono? non mi conosci? sono il tuo Redentore. Caterina, quando la finisci d'offendermi? vedi quanto ho patito per te. Via su, basta quanto m'hai addolorato, muta vita. Allora Caterina diede in un gran pianto, e Gesù le disse animandola: Or via, amami ora quanto m'hai offeso; e sappi che tu hai ricevuta questa grazia da me per lo rosario recitato alla mia Madre. E disparve. - Caterina andò la mattina a confessarsi a


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S. Domenico; indi diede a' poveri quanto aveva, e fece una vita così santa che giunse ad un'alta perfezione. La Vergine l'apparve più volte; e Gesù stesso rivelò a S. Domenico che questa penitente era a lui divenuta molto cara (Diotall., t. 2, Domen. Quinquag.).

8. *

Narra il B. Alano che vi fu una signora chiamata Domenica, la quale prima recitava il rosario, ma poi avendolo lasciato cadde in tale povertà che un giorno per disperazione si diede tre colpi di coltello. Ma mentre stava spirando ed i demoni s'apparecchiavano a menarla all'inferno, le apparve Maria SS. che le disse: Figlia, tu ti sei scordata di me, ma io non ho voluto scordarmi di te per quel rosario che un tempo mi recitavi. Orsù, le soggiunse, se tu seguirai a recitarlo, io ti restituirò la vita ed anche le robe che hai perdute. Indi s'alzò sana, e seguitando il rosario, ricuperò il suo, ed in morte fu visitata di nuovo da Maria che la lodò della sua fedeltà, e santamente morì (Ap. Auriem., tom. 2, c. 11).

9. *

V'era in Saragozza un certo nobile, ma scelleratissimo, chiamato Pietro, parente di S. Domenico. Or mentre il santo stava predicando un giorno, vid'egli che Pietro entrava nella chiesa e pregò il Signore che avesse dimostrato a quell'udienza lo stato di quel misero peccatore. Ed ecco allora comparve Pietro come un mostro d'inferno strascinato e circondato da molti diavoli. Tutti si posero a fuggire, anche la moglie che stava in chiesa, anche i servi che l'accompagnavano.


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Allora S. Domenico gli mandò a dire per un suo compagno che si raccomandasse a Maria e cominciasse a recitare quel rosario che l'inviava. Fatta l'imbasciata, Pietro si umiliò, mandò a ringraziare il santo; e poi esso stesso ebbe la grazia di vedere i demoni che gli stavano intorno. Indi si andò a confessare con molte lagrime allo stesso santo, da cui fu assicurato essere stato già perdonato. E continuando a dire il rosario, giunse poi a tale stato felice, che un giorno il Signore lo fe' comparire in chiesa a vista di tutti coronato di tre corone di rose (Cart., t. 4, l. ult., § 114). - Chi volesse poi altri esempi del rosario, legga quelli che son posti nella prima parte alle pagine 60, 81, 115, 238, 273.

10. *

Su i monti di Trento viveva un famoso ladrone, il quale, essendo un giorno ammonito da un religioso a mutar vita, rispose che per lui non v'era più rimedio. No, disse allora il religioso, fa questo che ti dico, digiuna il sabbato in onore di Maria, ed in quel giorno non molestare alcuno, ch'ella ti otterrà la grazia di non morire in disgrazia di Dio. Eseguì il buon consiglio il ladro e ne fe' voto; e per non mancare in avvenire, nel sabbato andava disarmato. Occorse che in un sabbato s'incontrò colla corte, ed egli, per non rompere il voto, si lasciò prendere senza resistenza. Il giudice vedendolo vecchio tutto canuto, volea liberarlo dalla morte; ma esso, già compunto per grazia di Maria, disse che volea morire in pena de' suoi peccati. Indi nella stessa sala del tribunale volle confessare in pubblico tutte le colpe della sua vita, e con tante lagrime, che tutti ne piansero per tenerezza. Fu decapitato, e cavata una fossa, fu con poco onore seppellito. Ma poi fu veduta la Madre di Dio, che da quattro sante vergini fe' trarre da quel luogo il cadavere ed involgerlo in un ricco panno ricamato di oro; ed avendolo ella stesse portato alla porta della città, disse la Madonna alle guardie: Dite al vescovo da mia parte, che dia onorata sepoltura nella tale chiesa a questo defunto, perché fu mio servo fedele. E così fu fatto, essendo indi in quel luogo concorso tutto il popolo, dove trovarono già quel cadavere colla ricca coltre


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e bara dove stava. E d'allora in poi dice Cesario che tutti di quella regione presero a digiunare il sabbato (Theoph. Rayn., de S. Latr., c. 15).

11. *

Un divoto di Maria in Portogallo praticò in sua vita ogni sabbato il digiuno in pane ed acqua in onore di Maria, e si prese per avvocati appresso di lei S. Michele e S. Gio. Evangelista. Venuto egli a morte, ecco l'apparve la Regina del cielo con quei santi che pregavano per lui, e la S. Vergine guardando il suo servo con viso allegro, rispose a quei santi: Io non mi partirò da qui senza condurmi meco quest'anima.

12.

Ad uno de' Padri della nostra Congregazione in una missione, dopo la predica di Maria che noi sogliamo fare, venne un vecchio di molti anni a confessarsi tutto consolato dicendo: Padre, la Madonna m'ha fatta la grazia. - Che grazia t'ha fatta? gli dimandò il confessore. Sappiate, Padre, rispose, ch'io da 35 anni mi son confessato sagrilegamente, vergognandomi d'un peccato, con tuttoché ho passati tanti pericoli e sono stato più volte in punto di morte, che se allora moriva era certo dannato; ed ora la Madonna m'ha fatta la grazia di toccarmi il cuore. E dicea ciò piangendo con tante lagrime ch'era una tenerezza. Or il Padre, avendolo già confessato, gli domandò che divozione avesse avuta? Disse che non aveva mai lasciato il sabbato di astenersi da' latticini in onore di Maria, e che perciò la Vergine n'avea avuta compassione. E diè licenza ad esso Padre di predicare il fatto.


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13. *

Nelle parti della Normandia ad un certo ladrone fu tagliata la testa da' nemici, ma la testa dopo essere stata buttata in una valle, s'intese gridare: Maria, dammi la confessione. Accorse un sacerdote che lo confessò, ed interrogandolo che divozione avesse avuto, rispose il ladro che altro non aveva fatto, che digiunare sempre in un giorno della settimana in onore della S. Vergine, e che perciò la Madonna l'avea ottenuta la grazia di liberarlo dall'inferno con quella confessione (Cantiprat., l. 3, c. 19, p. 18).

14. *

Due giovani nobili stavano nella città di Madrid, e l'uno aiutava l'altro a fare una vita laida e piena di vizi. Uno di questi vide in sogno una notte che l'amico era preso da certi uomini neri e portato ad un mare in tempesta. Lo stesso volean fare di lui, ma esso ricorse a Maria, facendo voto di farsi religioso, e si vide liberato da quei mori. Indi vide Gesù in trono sdegnato, e la S. Vergine che gl'impetrava misericordia. Venuto l'altro amico a trovarlo, egli gli narrò la visione, e quegli se ne burlò, ma nello stesso tempo fu ucciso con pugnali. Onde il giovane, veduta avverata la visione, si confessò, confermò


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il proposito di farsi religioso; ed a tale effetto vendè quanto avea; ma in vece poi di dare a' poveri il danaro, come avea proposto, lo spese in crapule e disonestà. Cadde poi infermo ed ebbe un'altra visione: gli parve di vedere l'inferno aperto e 'l divin giudice che già vel condannava. Ricorse di nuovo a Maria, e Maria di nuovo lo liberò. Sanò e seguitò peggio di prima. Passo poi a Lima nell'Indie, dove ricadendo nell'infermità, e stando ivi allo spedale, di nuovo fu toccato da Dio e si confessò al P. Francesco Perlino gesuita, a cui promise mutazione, ma neppur l'attese. Finalmente entrando un giorno lo stesso Padre in un altro spedale lontano, vide steso in terra quel miserabile che esclamò: Ah disperato me! per mia maggior pena è venuto qua questo Padre a vedere il mio castigo. Io da Lima venni qui dove per li miei vizi son ridotto a questo termine, ed ora me ne vado all'inferno. E così dicendo spirò, senza che quel padre avesse neppure tempo d'aiutarlo (Bovio, Es. d. SS. Verg., t. 3, es. 9).

15. *

Fu in Germania un certo reo condannato a morte, ma questi ostinato non volea confessarsi. Un Padre gesuita, che non fece per convertirlo? Lo pregò, pianse, se gli buttò a' piedi; ma vedeva che perdeva il tempo. Finalmente gli disse: Orsù recitiamo insieme un'Ave Maria. Fecelo il condannato, ed ecco cominciò a piangere dirottamente, si confessò con molto dolore, e volle morire abbracciato coll'immagine di Maria (An. Mar., an. 1618).

16. *

Vi fu in una città di Spagna un uomo empio, che si era dato tutto al demonio, e non si era confessato mai; altro non facea di bene che dire un'Ave Maria ogni giorno. Narra il P. Eusebio Nieremberg


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che venuto costui a morte gli apparve in sogno la S. Vergine che lo guardò, e gli occhi pietosi di Maria lo cangiarono in modo ch'egli mandò subito a chiamare il confessore, a cui si confessò con un pianto dirotto, e fe' voto di farsi religioso se viveva, e così morì (Appr. Auriem., t. 1, c. 7).

17. *

Una divota di Maria sempre incaricava alla figlia, che spesso recitasse l'Ave Maria, specialmente in qualche pericolo. Avvenne che questa figliuola, mentre stava riposandosi un giorno, uscita da un ballo, fu assalita dal demonio, che visibilmente volea portarla seco, e già l'aveva afferrata, ma ella in dire Ave Maria, il nemico disparve (Bovio, t. 5, es. 7).

18. *

Una donna in Colonia, tenendo cattiva amicizia con un sacerdote, un giorno lo trovò appiccato dentro la sua stanza. Dopo ciò ella entrò in un monastero, dove travagliandola il demonio anche visibilmente,


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non sapea più che fare per liberarsene. Una compagna le insinuò a dire l'Ave Maria, e così facendo, il demonio disse: Sia maledetta quella che ciò t'ha insegnato. E non comparve più (Cesar., l. 3, c. 33).

19. *

Stando un certo capitano di mala vita in un suo castello, andò ivi a caso un buon religioso, il quale illuminato allora da Dio, pregò il capitano a far venir ivi tutti i suoi servi. Vennero tutti, ma vi mancava il cameriere. Venuto questo finalmente a forza, gli disse il Padre: Orsù ti comando da parte di Gesù Cristo a dire chi tu sei. Rispose quello: Io sono un demonio dell'inferno, che da 14 anni servo questo scellerato aspettando che un giorno avesse lasciate quelle sette Ave Maria ch'egli ha soluto1 recitare, per affogarlo e portarlo al fuoco. Allora il religioso ordinò al demonio di partirsi, il che fece sparendo subito, e 'l capitano si buttò a' suoi piedi, si convertì, e poi fece una vita santa (Spec. Ex. B., n. 60, et Crass., t. 2, tr. 6, pr. 1).


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20. *

Il B. Francesco Patrizi divotissimo dell'Ave Maria, ne recitava 500 ogni giorno. Maria gli avvisò l'ora della morte, onde morì da santo. E dopo 40 anni si vide uscir dalla sua bocca un giglio bellissimo - che fu poi trasportato in Francia - nelle cui foglie vi era scritta l'Ave Maria a lettere d'oro (Bolland., 15 maii).

21. *

Narra Cesario che un converso cisterciense non sapea dir altro che l'Ave Maria, e la recitava di continuo con gran divozione. Dopo la sua morte uscì dal luogo dov'era seppellito un albero, nelle cui frondi stava scritto: Ave Maria, gratia plena (App. Crass., t. 2, tr. 6, pr. 1).


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22. *

Tre vergini divote, per apparecchio alla festa della Purificazione di Maria e per consiglio del confessore, recitarono per un anno per 40 giorni l'intero rosario. Venuta la vigilia, apparve la divina Madre alla prima sorella con una veste ricca, ricamata di oro, e ringraziandola la benedisse. Indi apparve all'altra sorella con una veste semplice ed anche la ringraziò. Ma quella le disse: E perché, Signora, alla mia sorella siete venuta con veste più ricca? Perché quella, rispose Maria, m'ha vestita più riccamente di te. Dopo comparve alla terza sorella con una veste di canovaccio, onde quella le cercò perdono della sua tepidezza in riverirla. - Nell'anno seguente tutte tre si apparecchiarono bene a detta festa, dicendo il rosario con gran divozione. Ed ecco nella notte precedente alla festa loro apparve Maria tutta pomposa, e lor disse: Apparecchiatevi, perché domani verrete in paradiso. Come in fatti nel giorno appresso, avvisatone il confessore in chiesa, dove si comunicarono alla mattina, all'ora di Compieta di


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nuovo videro la SS. Vergine che venne a prenderle, e fra i canti degli angeli l'una dopo l'altra dolcemente spirarono (Tes. d. ros., l. 4, mir. 17 e Diotall., t. 1, agg. es. 8).

23. *

Narra il P. Crasset avergli narrato un certo comandante di soldati, che una volta dopo una battaglia ritrovò nel campo un soldato che teneva in mano una corona e un abitino di Maria, e dimandava confessore. Egli tenea forata la fronte da una palla di moschettata, ch'era uscita da dietro la testa, onde se gli vedeva il cervello che usciva dalle due parti; sicché naturalmente non potea vivere. Questi s'alzò, si confessò col cappellano con gran sentimento, e dopo ricevuta l'assoluzione subito spirò (Crass., t. 2, tr. 6, pr. 4).

24. *

Soggiunse lo stesso autore avergli riferito il medesimo capitano che trovandosi presente ad un colpo di pistola che fu tirato ad un trombetta della compagnia da uno che gli stava vicino, andò a vedergli nel petto dove colui dicea d'esser ferito, e trovò che la palla si era fermata sopra l'abitino della Vergine, che portava, senza toccare la carne; ond'egli la prese e la fece vedere a tutti (Cras., loc. cit.).

25. *

Un nobile giovane chiamato Eschillo, essendo stato mandato dal principe suo padre in Idelesmio città nella Sassonia a studiare, si


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diede ad una vita scorretta. Cadde poi gravemente infermo a segno che fu estremato. Stando in quest'estremo, ebbe questa visione. Si vide chiuso in una fornace di fuoco e già si credeva essere all'inferno, ma poi gli parve d'uscire a sorte da quella per un buco e di rifugiarsi in un gran palagio, nella cui sala vide Maria SS. che gli disse: Temerario, hai ardire di comparirmi avanti? Via su, parti di qua e va al fuoco come tu meriti. Il giovine allora cercò pietà alla Vergine, e poi si rivolse ad alcune persone che vide in quel luogo, pregandole che lo raccomandassero a Maria. Quelli lo fecero e la divina Madre rispose: Ma voi non sapete la vita disonesta di costui e che non si è degnato di dirmi neppure un'Ave Maria? Gli avvocati replicarono: Signora, egli muterà vita. E 'l giovine ripigliò: Sì, prometto di emendarmi davvero, e sarò vostro divoto. Ed allora la Vergine serenando il suo sdegno gli disse: Orsù bene, io accetto la tua promessa; siimi fedele, e frattanto colla mia benedizione resta libero dall'inferno e dalla morte. E ciò detto sparì la visione; ed Eschillo ritornato in sé, benedicendo Maria, narrò agli altri la grazia ricevuta; e facendo d'allora in poi vita santa, conservando sempre un grande affetto alla Madonna, fu fatto arcivescovo della Chiesa Ludense in Dania, dove convertì molti alla fede; e nel fine di sua vita essendo vecchio rinunziò l'arcivescovado e si fece monaco in Chiaravalle, dove visse quattro anni e morì santamente. Onde dagli autori fu annoverato tra' santi di Cistello (Ann. Cisterc., an. 1181, c. 5, et Bov., t. 5, es. 6).


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26. *

Un certo fratello della Congregazione di Maria fu convitato da un amico a pranzar con lui una mattina. Egli prometté d'andarvi, ma volle andar prima alla Congregazione, dopo di che si scordò della promessa; onde l'amico tanto se ne offese che incontratolo andò per ucciderlo, ma per giusto giudizio di Dio egli uccise se stesso. Subito dalla corte fu preso il fratello, creduto reo della morte di colui, e fu condannato a morte. Esso si raccomandò alla Vergine, e da lei ispirato si fece portare avanti il defunto, a cui domandando come fosse morto? quegli confessò ch'egli stesso si era ucciso, ed egli fu liberato (V. P. Aur., t. 2, ex cap. 4).

27. *

Nell'anno 1604, in Dola stava gravemente infermo un fratello. Un giorno di festa dicendo: A quest'ora stanno i miei fratelli in Congregazione lodando Maria, ed io sto qui? s'alza, va alla Congregazione, e in un subito fugge la febbre, e se ne torna sano (Aur., t. 2, c. 6).

28. *

Un altro congregato pescatore in Napoli, per le discipline fatte nella Congregazione, stiede molti giorni infermo. Alquanto riavutosi, essendo povero e con famiglia, tornò alla pesca, dicendo alla SS. Vergine: Signora, io per vostra cagione ho patito questo danno, aiutatemi. La Madonna gli fe' prendere tanto pesce, quanto avrebbe potuto prendere in tutto il tempo perduto (Aur., c. 5).


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29. *

Un altro fratello stava per andar carcerato per non poter soddisfare i suoi creditori; si raccomandò a Maria e la SS. Vergine ispirò a sei suoi creditori di rilasciargli il debito, e così avvenne (Ann. Congr., an. 1598).

30. *

Un giovine che andava alla Congregazione della Vergine, la lasciò e si diede poi ad una vita dissoluta. Una notte gli apparve il demonio in forma spaventosa; egli invocò la Madonna: In vano, disse allora il nemico, invochi quella che tu hai lasciata; tu sei mio per li tuoi peccati. Il giovine tremando s'inginocchiò e comincio a recitar la formola dei fratelli: Ss. Vergine madre, ecc. Allora si vide comparire la Madre di Dio, alla cui vista fuggì il demonio, lasciando una gran puzza ed un'apertura al muro. E Maria poi rivolta al giovine gli disse: Tu non meritavi il mio aiuto, ma io ho voluto usarti pietà, purchè muti vita e torni alla Congregazione. La mattina subito si confessò con gran pianto, e ritornò alla Congregazione (Lecnero, Sodal. Parth., lib. 3, c. 3).


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31. *

In Braganza vi fu un altro giovine, che lasciata la Congregazione si abbandonò in tanti vizi, che un giorno per disperazione s'andò a buttare in un fiume. Ma prima di buttarsi si rivolse alla Madonna dicendo: O Maria, io t'ho servita nella Congregazione, aiutami. Gli apparve la SS. Vergine e gli disse: E tu ora che vuoi fare? vuoi


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perdere l'anima e 'l corpo? Va, confessati e torna alla Congregazione. Il giovine con ciò ravveduto, ringraziò la Vergine e mutò vita (Ann. Soc., 1550).

32. *

Un certo religioso in Ispagna, tirato una volta dallo sdegno, uccise il superiore. Dopo questo eccesso se ne fuggì in Barberia, dove rinnegò la fede e prese moglie. Vivendo una vita poi così indegna, altro non faceva di bene che dire una Salve Regina il giorno. Un dì stando solo disse la sua Salve, ed ecco gli apparve Maria, che lo riprese ed animò a mutar vita, promettendogli il suo aiuto. Egli allora tornò in casa, dove la moglie vedendolo afflitto l'interrogò ed egli piangendo le manifestò il suo stato e la visione avuta. Onde quella compatendolo gli diè denaro per lo ritorno, ed anche uno de' figli che vi tenea. Tornò al monastero, dove tanto pianse che fu di nuovo ricevuto nella religione insieme col figlio; e dove perseverò e poi morì con fama di santo (Auriem., t. 2, c. 7).

33. *

Uno scolare per insegnamento del maestro cominciò a salutare la S. Vergine con queste parole: Dio ti salvi, o Madre di misericordia. Giunto in morte gli apparve Maria, e gli disse: Figlio, non mi conosci? Io sono quella madre di misericordia che tante volte hai salutata. Ed allora il divoto della Vergine stese le braccia in atto di seguirla e dolcemente spirò (Auriem., t. 2, c. 7).


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34. *

Un certo peccatore vivea in peccato. e non teneva altra divozione, che recitare ogni giorno il Sub tuum praesidium. Un giorno la Vergine talmente l'illuminò, che lasciata la mala vita entrò in religione dove visse 50 anni una vita esemplare e così morì (Ann. Mar., 19 iul.).

35. *

In Turino vi fu un eretico ostinato nel 1610, il quale giunto in morte neppure volea convertirsi, per quanto gli dicessero molti sacerdoti che l'assistettero per otto giorni continui. Finalmente un di loro costrinselo quasi per forza a ricorrere a Maria con queste parole: Mater Iesu, assiste mihi. Allora l'eretico quasi svegliato da un sonno disse: Voglio morir cattolico. Ed in fatti riconciliato colla Chiesa fra due ore se ne morì (Barry, Par., c. 2).


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36. *

Un altro infedele nell'Indie stando in morte abbandonato da tutti, e avendo inteso da' Cristiani tanto lodar la potenza di Maria, ricorse a lei. Gli apparve la Vergine e gli disse: Eccomi, io sono quella che tu invochi; va, fatti cristiano. Subito s'intese sano e si battezzò, e molti a questo prodigio si convertirono (Patr., Menol., 18 settembre).

37. *

Un certo uomo in Madrid nell'anno 1610, essendo divotissimo di Maria e specialmente d'un'immagine detta dell'Antiochia, si casò con una donna che per li suoi sospetti di gelosia non lo lasciava riposare. Esso ogni sabbato andava scalzo e di bel mattino a visitar quell'immagine; ma la moglie credendo che andasse altrove, una volta specialmente lo caricò di tante ingiurie, ch'egli accecato dall'impazienza prese una fune e s'appiccò. Ma stando per esalare l'anima, quando forse non potea più aiutarsi, invocò Maria ad aiutarlo, ed ecco si vide avanti una bellissima signora che se gli avvicinò e tagliò la fune. Le genti di fuori la porta se n'avvidero, ed allora egli narrò il fatto. Al che la moglie anche si compuse, e d'indi in poi vissero in pace ed affezionati alla divina Madre (Andrada, d. Batt. di. N. D., e 'l P. Rho, sab., es. 71).


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38. *

Un certo uomo di Valenza l'anno 1613 cadde in un peccato, che poi si vergognò di confessarlo; onde facea le sue confessioni sacrileghe. Ma non potendo resistere per lo rimorso della coscienza, un giorno andò a visitare la Madonna d'Halle per avere aiuto. Giunto alla porta della chiesa che stava aperta, si vide respinto da una forza invisibile; allora esso propose di confessarsi, e subito entrò; si confessò intieramente, e andò alla casa tutto consolato (An. Soc., ap. Auriem., t. 2, c. 1).

39. *

Il B. Adamo cisterciense una sera, andando a visitare la S. Vergine in una chiesa, trovò chiuse le porte, ond'esso s'inginocchiò di fuori a salutarla; ma appena inginocchiato vide aprirsi le porte; entrò e vide la Regina del cielo in mezzo ad un grande splendore, che gli disse: Adamo, vien qua, conosci chi son io? Rispose Adamo: No, Signora; chi siete voi? Io sono, disse, la Madre di Dio. Sappi che per la servitù che mi fai, avrò sempre cura di te. E postagli la sua beata mano sulla testa, lo liberò da un gran dolore che il beato vi soffriva (Chron. cisterc.).


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40. *

Una divota di Maria, essendo andata un giorno a visitare una chiesa della Madonna senza intesa del marito, per un gran temporale non poté ritornare per quella notte a sua casa. Onde prese gran timore che 'l marito di ciò ne avrebbe fatto gran risentimento. Si raccomandò pertanto a Maria; ritornò in casa, e ritrovò il marito tutto benigno e di buona grazia. In somma spiando e domandando, ritrovò che la divina Madre aveva presa la sera avanti la sua forma, ed aveva fatti tutti i servigi di casa come una serva. Allora ella narrò tutto l'occorso al marito, e vissero ambedue divotissimi della B. Vergine (Chron. min., to. 4, l. 5, c. 23).

41. *

Un certo cavaliere della città di Doul in Francia chiamato Ansaldo ricevé in una battaglia una saetta, che talmente entrò nell'osso della mascella, che non fu possibile cavarne il ferro. Dopo quattro


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anni non potendo il misero più soffrire il dolore e stando in oltre gravemente infermo, si pensava di nuovo aprir la ferita per estrarre il ferro. Allora egli si raccomandò alla B. Vergine, e fe' voto di visitare una divota immagine, che stava in quel luogo, con dare una certa somma ogni anno, se avea la grazia. Appena fatto il voto, senti cadersi dentro la bocca il ferro da sé. Il giorno appresso così infermo come stava, va a visitare l'immagine, ed appena posto il danaro promesso sull'altare, si sente affatto sano anche dall'infermità (Chron. Dul., t. 1, del Labbeo, e 'l P. Rho, es. 27).

42. *

In Ispagna vi era un uomo che tenea mala pratica con una parente. Or mentre una divota vergine stava orando, vide Gesù in trono


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che stava per mandare quel reo all'inferno; ma la sua S. Madre dicendo che questi un tempo l'avea onorata, gl'impetrò trenta giorni per ravvedersi. Onde la donna per ordine della stessa divina Madre andò a dir tutto al suo confessore, il quale scoprendo il tutto al giovine, costui subito si confessò con molte lagrime e prometté l'emenda. Ma perché non tolse l'occasione che stava in casa, tornò al vomito. Venne di nuovo a confessarsi, di nuovo prometté, ma di nuovo ricadde. Il Padre non vedendolo più, andò a trovarlo in casa; ma egli lo licenziò con mal modo. Giunto l'ultimo de' trenta giorni, il Padre vi tornò, ma invano; onde pregò i servi che l'avvisassero in ogni accidente. Ecco la notte quel misero fu assalito da gran dolori; chiamato, accorse il Padre, cercò d'aiutarlo, ma l'infelice dicendo: Ah che muoio d'una lanciata nel cuore! dando un urlo da disperato, così spirò (P. Andrad., l. 2, Imit. del. V., c. 23).

43. *

Un certo giocatore stava in Milano, chiamato Masaccio, così perduto, che un giorno si giocò anche i panni; onde per la furia con


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un coltello ferì un'immagine della Vergine. Dalla ferita uscì un butto di sangue che gli diè in faccia. Esso allora intenerito cominciò a piangere, ringraziò Maria che gli avea impetrato tempo di penitenza e si fe' cisterciense; giungendo per la buona vita che poi fece, sino ad aver il dono di profezia. E dopo 40 anni di religione santamente morì (P. Rho, Sab., es. 42).

44. *

Un gran peccatore una volta piangendo a' piedi d'un Crocifisso, pregavalo a dargli un segno del perdono. Ma non avendo il segno desiderato, si rivolse a Maria addolorata, la quale apparve allora; e videla presentar le di lui lagrime al Figlio, dicendo: Fili, istae lacrimae peribunt? E allora intese che Cristo già lo perdonava; ed indi egli visse santamente (P. Sinisc., Mart. di Mar., cons. 38).

45. *

Ad un Padre de' nostri chiamato D. Cesare Sportelli - ultimamente defunto con fama di santità e ritrovato intatto dopo molti mesi1 - venne in una missione a confessarsi un uomo di età avanzata, dopo la nostra predica solita della potente intercessione di Maria, che noi sogliamo sempre fare nelle missioni. Giunto a' piedi del confessore disse: Padre, la Madonna m'ha fatta la grazia. Questa è l'arte Sua, rispose il Padre. Ma voi, quello ripigliò, non mi potrete assolvere, perché io non mi sono confessato mai. Ed in fatti, contuttoché fosse cattolico, non si era mai confessato. Il Padre l'animò, lo confessò e l'assolvé con gran consolazione.


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46. *

Il B. Bernardo Tolomei fondatore de' PP. Olivetani, divotissimo sin da fanciullo di Maria, stava un giorno tutto angustiato nel suo romitorio d'Accona detto il Monte Oliveto, col timore di non salvarsi, e che Dio non l'avesse perdonato ancora; gli apparve la divina Madre e gli disse: Che temi, figlio mio? Sta allegramente, Dio già t'ha perdonato e gradisce la vita che fai; seguita, ch'io t'aiuterò e ti salverai. Il beato seguì santamente a vivere, sin che poi ebbe una felice morte in braccio a Maria (In Vita B. Bern. Tolom.).


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47. *

Nelle parti della Teutonica una giovine chiamata Agnese cadde in peccato col proprio padre. Uscì gravida e se ne fuggì in un deserto, dove partorì. Indi le apparve il demonio in forma di religioso e le fece buttare il parto in uno stagno. Dopo l'esortava a buttarsi ancor ella. Sentendo ciò la donna, disse: Maria, aiutami: e 'l demonio disparve (Spec. ex., verb. B. Maria, ex. 10).

48. *

Un soldato portando la moglie al demonio ad un bosco, secondo la promessa fattagli, con patto che 'l demonio lo provvedesse di danari, passò per avanti una chiesa della Vergine. Allora la donna pregò il marito di permetterle di salutar Maria in quella chiesa; andò, ma poi in vece di lei uscì la divina Madre, che presa la sembianza della medesima si pose sul cavallo. Giunti al bosco, disse il demonio al marito: Traditore, come in luogo di tua moglie mi porti la Madre di Dio, la mia nemica? E tu, rispose Maria, come hai ardito di voler nuocere alla divota mia? Va, fuggi all'inferno. E tu, rivolta a quell'uomo poi disse, muta vita, ch'io t'aiuterò; e disparve. Onde quel misero poi si ravvide, ed in avvenire mutò vita (Giac. di Vorag., in fest. Ass., et Spec. es. 31).

49. *

Stava nel Messico una peccatrice, la quale caduta inferma si ravvide e fe' voto a Maria se guariva, di presentarle i suoi capelli. Guarì,


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portò i capelli, e ne fecero una perucca1 alla statua della Vergine. Ma la donna poi ricadendo in peccato, ricadde nell'infermità e morì impenitente. Dopo di un giorno Maria da quella immagine parlò al P. Giammaria Salvaterra gesuita alla presenza d'un gran popolo e disse: Levami di capo questi capelli che sono d'un'anima dannata e disonesta, e non stanno bene in testa alla Madre della purità. E così fece il Padre, buttandoli ivi stesso al fuoco (Patr., Men., 8 lug.).

50. *

Molti Cristiani in Ispagna, essendo stati fatti schiavi da un saracino chiamato Petran, si raccomandarono alla S. Vergine. E Maria apparve al saracino e gli disse: Petran, come tu ardisci tenere schiavi i miei divoti? lasciali presto, ubbidisci. E chi siete voi che v'ho da ubbidire? rispose il moro. Sono, disse, la Madre di Dio; e perché quelli sono ricorsi a me, voglio che lor doni la libertà. Allora Petran


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s'intese mutato. Va in fatti, libera i Cristiani, ed indi si offerì alla Vergine: e Maria istruendolo prima, ella stessa poi lo battezzò in una fonte, dove in appresso fu fatta una chiesa ed un monastero di Benedettini (Eus. Nier., Troph. Mar., l. 2, c. 14).

51. *

Un certo canonico, mentre stava recitando certe lodi alla divina Madre, cadde nel fiume Senna e s'affogò; e perché si trovava in peccato mortale, vennero i demoni per portarlo all'inferno. Ma apparve


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nello stesso tempo Maria che loro disse: Come avete ardire di portarvi costui ch'è morto mentre mi stava lodando? Orsù, rivolta poi al peccatore disse, emendati, e sii divoto della mia Concezione. Egli ritornò in vita, si fe' religioso, e non cessò mai di ringraziare la sua liberatrice, e di propagare per tutto la divozione alla sua immacolata Concezione (Iud. Clictov., in serm. Conc.).

52. *

Mentre i monaci di Chiaravalle mietevano alla campagna e stavano lodando la Regina del cielo, fu veduta Maria SS. che l'accarezzava, e due altre sante che loro asciugavano il sudore (Spec. ex., verb. Laborare, es. 7).

53. *

Il fratello del re d'Ungheria recitava ogni giorno l'Officio di Maria. Una volta, essendo caduto gravemente infermo, fe' voto alla Vergine di castità, se gli dava la vita; e subito guarì. Ma morto il fratello, sposandosi egli con una giovane, mentre stavano già per celebrarsi le nozze, si ritirò in una stanza a dire il solito Officio, e giunto a quelle parole: Quam pulchra es et decora, etc., vide Maria che gli disse: E se son bella come dici, perché ora mi lasci per altra sposa? Sappi, che se lasci questa, avrai me per isposa e 'l regno del cielo in vece di quello d'Ungheria. Dopo ciò il principe se ne fuggì in un deserto vicino ad Aquilea, dove visse santamente (S. Ans., in ep., ap. Aur., t. 1, c. 8).


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54. *

Narra S. Gio. Climaco che vi fu un divoto religioso detto Carcerio, che solea spesso dire canzoncine in lode di Maria, e sempre salutava tutte le sue immagini coll'Ave Maria. Or poi questi cadde in una infermità così dolorosa, che per lo spasimo si mordeva le labbra e la lingua. Sicché perduta la parola, già stava al fine della vita. Ma mentre gli stavano già raccomandando l'anima, gli apparve la Madre di Dio e disse: Io son venuta a sanarti, non potendo soffrire che tu patisca in quella bocca con cui tanto m'hai lodata. Orsù sta sano e seguita a lodarmi. E ciò detto gli spruzzò certe stille del suo latte. In fatti subito quegli guarì, e in sua vita non cessò mai di lodarla, finché visitato poi di nuovo in morte dalla sua Signora, in mano di lei dolcemente morì (Prato Fior., l. 3, es. 105).


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55. *

Stando S. Francesco Borgia in Roma, venne a parlargli un ecclesiastico. Il santo perché si ritrovava occupato, vi mandò il P. Acosta, a cui disse colui: Padre, io son sacerdote e predicatore; ma vivendo io in peccato e diffidando della divina misericordia, dopo aver fatta una predica un giorno contro degli ostinati, che poi diffidano del perdono, venne a confessarsi da me uno che mi narrò tutti i peccati miei, ed infine mi disse che disperava della divina pietà. Io per fare l'officio mio dissi che mutasse vita e confidasse in Dio; allora quel penitente s'alzo in piedi e mi riprese: E tu che così predichi agli altri, perché non t'emendi e sconfidi? Or sappi, disse, ch'io sono un angelo venuto per tuo aiuto; emendati e sarai perdonato. E ciò detto disparve. Io mi astenni per pochi giorni da' miei vizi disonesti, ma venuta l'occasione tornai al peccato. Un altro giorno celebrando io, mi parlò sensibilmente Gesù Cristo dall'Ostia: Perché tu così mi maltratti, mentre io ti tratto così bene? Dopo ciò risolsi emendarmi, ma alla nuova occasione ricaddi. Stando io poi poche ore fa nella mia stanza, è venuto da me un giovine che da sotto il mantello ha cavato un calice, e da questo un'Ostia consagrata, dicendo: Conosci questo Signore ch'io tengo in mano? ti ricordi delle tante grazie che t'ha fatte? or ecco il castigo della tua ingratitudine. Ed in ciò dire ha impugnata una spada per uccidermi. Io allora ho gridato: Per amore di Maria non mi uccidere, ch'io davvero voglio emendarmi. E quegli mi ha detto: Questo sol mezzo t'ha potuto salvare; sappi servirtene, perché questa è l'ultima misericordia per te. E detto ciò, mi ha lasciato, ed io sono venuto subito e prego a ricevermi fra di voi. Il P. Acosta lo consolò, e 'l sacerdote, per consiglio anche di S. Francesco, entrò poi in un'altra religione osservante, dove perseverò santamente sino alla morte (Andr., nel suo Itin., grag. 7, ap. Bov. t. 4, es. 5).


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56. *

Nell'anno 1228 stando un sacerdote a celebrare la Messa in giorno di sabbato ad onore di Maria SS. vennero alcuni eretici Albigesi e gli tagliarono la lingua. In questo stato si portò al monastero di Clugny, dove con molta carità l'accolsero que' buoni religiosi, compatendo al dolore che seguiva ad affliggerlo della lingua recisa. Ma il maggior dolore del divoto prete era di non poter dir più Messa e recitare l'Officio divino e della Vergine come solea. Giunta l'Epifania, si fece portare in chiesa, dove avanti l'altare della S. Vergine la pregò a restituirgli la lingua perduta per amor di lei, per poterla lodare come prima faceva. Ecco gli apparve Maria con una lingua in mano e gli disse: Giacché tu per la fede e per dare onore a me hai perduta la lingua, io te ne rendo una nuova. E ciò detto, colle sue medesime mani gli pose la lingua in bocca; onde subito il sacerdote alzando la voce recitò l'Ave Maria. Accorsero i monaci, e fra essi volle poi restare il sacerdote fatto religioso, per seguire ivi sempre a lodare la sua benefattrice. E se gli vedea da tutti il segno della cicatrice rimasta nella lingua (Caesar., l. 7, dial., c. 24).

57. *

Nell'anno 589 fu in Roma quella famosa peste, in cui gli uomini starnutando cadevano morti. S. Gregorio il Magno, portando in processione l'immagine di S. Maria Maggiore per la città, in quel luogo


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ch'ora si dice Castel S. Angelo, vide un angelo in aria che riponea nel fodero una spada stillante di sangue. Indi intese cantar dagli angeli: Regina caeli, laetare, alleluia, quia quem meruisti portare, alleluia, resurrexit, sicut dixit, alleluia. Ed allora S. Gregorio vi aggiunse: Ora


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pro nobis Deum, alleluia. Cessò subito la peste, e da allora cominciarono a celebrarsi le litanie maggiori ogni anno alli 25 d'aprile (Sigon., de Re. It., ap. Diotall., t. 1, in fin., es. 4).

58. *

Una picciola città di Francia detta Avenon fu una volta assediata da' nemici. I cittadini pregando Maria a difenderli, collocarono alla porta della città una sua immagine presa da una chiesa. Quivi essendosi uno de' cittadini nascosto dietro l'immagine, un soldato nemico gli avventò una saetta, dicendo: Or sì che dalla morte non ti salverà cotesta immagine. Ma l'immagine stese il ginocchio, in cui restò fitta la saetta, (come sin oggidì si vede), e così salvò la vita al suo divoto. E da tal prodigio i nemici tolsero anche l'assedio (Discip., prompt., ex. 83).


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59. *

In Napoli vi fu un moro schiavo di D. Ottavio del Monaco il quale per quanto fosse stato ammonito a lasciar la sua setta maomettana, stava ostinato; ma non lasciava di accendere ogni sera a sue spese una lampada avanti un'immagine di Maria, che stava in quella casa. E diceva: Io spero che questa signora m'ha da fare una grazia grande. Una notte la B. Vergine gli apparve e gli disse che si facesse cristiano. Il turco anche ripugnava; ma ponendogli ella la mano sulla spalla, con dirgli: Or via Abel non resister più, battezzati e chiamati Giuseppe; quegli la mattina subito si fe' istruire, e si battezzò a' 10 di agosto del 1648 con undici altri turchi. Notassi: quando la divina Madre gli apparve, dopo averlo convertito, fe' atto di partirsi, ma il moro la prese per lo manto, dicendole: Signora, quando mi troverò afflitto, vi prego che mi vi diate a vedere. Ed ella ce lo promise: ed infatti una volta che esso stava tribolato la chiamò, e Maria di nuovo se gli fe' vedere, e con dirgli: Abbi pazienza, tutto lo consolò (P. Alloza, Cielo stell. di Mar., l. 3, c. 3, es. 60).


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60. *

Un certo parroco d'Asella chiamato Balduino si fe' domenicano: stando poi nel noviziato gli venne la tentazione ch'egli potea far maggior bene nel secolo nella sua parrocchia; e già risolse di tornarvi; ma andandosi a licenziare dall'altare del rosario, gli apparve Maria con due vasi di vino; gli die' a bere del primo, ma il novizio appena assaggiatolo ne rivolse la bocca, perché sebbene il vino era buono, era nulladimeno pieno di feccia; il secondo poi disse esser buon vino e senza feccia. Or così appunto, disse allora la SS. Vergine, differisce la vita nel secolo dalla vita in religione che fai sotto l'ubbidienza. Onde poi Balduino perseverò e morì da buon religioso (Chron. Ord. Praed., ap. Aur., to. 2, c. 6).


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61. *

Un altro novizio, anche vinto dalla tentazione, andò per partirsi dal monastero, ma trattenendosi a dire un'Ave Maria avanti un'immagine della Vergine, s'intese inchiodato a non potersi alzare. Allora egli ravveduto fe' voto di perseverare; indi liberamente s'alzò, chiese perdono al maestro e perseverò (Aur., loco cit.).

62. *

Il B. Clemente francescano una mattina lasciò d'andare alla mensa comune per trattenersi a recitare certe sue divozioni solite alla SS. Vergine, ma ella gli disse da un'immagine che andasse cogli altri, poiché a lei piaceva più l'ubbidienza che tutte l'altre divozioni (Ann. Min., ap. Aur., t. 1, c. 4).


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63. *

Mentre Angela figlia del re di Boemia stava in un monastero, le apparve Maria, e un angelo le disse: Alzati, Angela, e fuggi in Gerusalemme, poiché tuo padre vuol darti per isposa al principe d'Ungheria. La divota verginella subito partì, e nel viaggio di nuovo le apparve la divina Madre e l'animò a proseguire il viaggio. Fu poi ricevuta in Gerusalemme tra le carmelitane, ed indi le fu dalla stessa B. Vergine imposto di ritornare nella sua patria, dove santamente visse sino alla morte (P. Rho, Sab. d. B.V., ex. 75).

64. *

Narra S. Gregorio che vi fu una donzella chiamata Musa, molto divota della Madre di Dio; ma perché per lo mal esempio delle compagne stava in pericolo di perdere l'innocenza, le apparve un giorno Maria con molte sante e le disse: Musa, vuoi venire tu ancora con queste? E rispondendo ella di sì, le soggiunse: Or via ritirati dalle tue compagne e apparecchiati, perché da qui a un mese verrai. Musa in fatti si ritirò e narrò la visione. Giunto il trigesimo giorno, si ridusse a morte; ed ecco allora di nuovo le apparve la SS. Vergine, la quale chiamandola ed ella rispondendo, Ecco, Signora, vengo, dolcemente spirò (S. Greg., lib. IV dial., c. 17).


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65. *

Anna Caterina Gonzaga fu prima sposa di Ferdinando I arciduca d'Austria. Morto il marito, entrò nella religione de' Servi di Maria, e si fece fare una corona ne' cui globi erano scolpiti i dolori della Vergine, e dicea che per questa corona rinunziava tutte le altre corone di terra. Ed in fatti rinunziò le nozze di Rodolfo II imperadore. E quando le fu avvisata che la sua sorella minore era stata incoronata imperadrice, ella rispose: «Godasi mia sorella la sua corona imperiale, che a me mille volte è più cara questa veste, di cui m'ha onorata la mia regina Maria». La SS. Vergine le apparve più volte in vita, e finalmente questa buona religiosa fece una santa morte (Ios. Mar. Barchius, in Vita).


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66. *

Un certo chierico, giocando alla palla con altri giovani e temendo di perdere col giocare un anello donatogli da una donna, andò e lo pose al dito d'un'immagine di Maria ch'ivi stava: allora si sentì stimolato a promettere alla Vergine di rinunziare al mondo ed eleggersi lei per sua sposa; fe' la promessa, ed ecco Maria strinse il dito in atto d'accettar la promessa. Ma passato qualche tempo, volendo egli sposarsi con altra donna, le apparve Maria e gli rinfacciò la sua infedeltà; ond'egli se ne fuggì in un deserto, dove visse sino alla fine santamente (Spec. ex., verb. B. Virg., ex. 3).

67. *

Circa l'anno 850 Berengario vescovo di Verdun in Lorena andando una volta in chiesa, dove stava un certo prete chiamato Bernerio dicendo l'Officio di Maria proteso avanti il coro, egli inciampò sopra


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di quello, onde preso dall'impazienza gli diede un calcio. La notte gli apparve la SS. Vergine e gli disse: «E come hai dato un calcio al mio servo, mentre mi lodava? orsù, soggiunse, perché io t'amo voglio che ne paghi la pena». Ed allora gli seccò la gamba. Visse e morì da santo; e dopo più anni fu ritrovato il suo corpo tutto incorrotto, fuorché in quella gamba (Chron. Virdun., ap. P. Rho).

68. *

Un giovine rimasto ricco dopo la morte de' genitori, per lo giuoco e crapule con amici dissipò quanto aveva: benché conservò sempre la sua verginità. Un suo zio vedendolo ridotto povero per li suoi vizi,


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l'esortò a dire ogni giorno una parte del rosario, promettendogli che se in ciò avesse perseverato, egli gli avrebbe procurato un buon maritaggio. Il giovine perseverò, ed avendo già mutata vita, nella sera delle nozze egli si alzò dalla mensa per recitare il suo rosario. In fine di quello gli apparve Maria e gli disse: «Orsù voglio renderti l'ossequio che m'hai fatto. Io non voglio che perdi la tua verginità: fra tre giorni morirai e verrai meco in paradiso.» E così avvenne; subito gli sopravvenne la febbre; esso narrò la visione; e nel terzo giorno morì con sommo contento (Cantip., l. 2, c. 29, p. 6).

69. *

Narra il divoto autore del libro Segreto per ogni grazia, in lode del SS. rosario, che dicendo S. Vincenzo Ferreri ad un moribondo disperato: «Tu perché vuoi dannarti, quando Gesù Cristo ti vuol salvare?» rispose quegli che a dispetto di Cristo si volea dannare. E 'l santo ripigliò: «E tu a dispetto tuo t'hai da salvare.» Comincia il rosario con quei di casa, ed ecco l'infermo domanda confessione, si confessa piangendo e così muore.


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70. *

Narra di più che nell'ultimo terremoto una povera donna fu sotterrata sotto una casa, che le cadde sopra. Un sacerdote fece scavare le pietre e sotto vi trovarono questa madre co' suoi figli in braccio, tutti sani e salvi. Essendo poi ella domandata che divozione avesse avuta, disse che non avea mai lasciato di dire il rosario e di visitare la sua cappella.

71. *

Di più narra che un'altra donna stava con una mala pratica, pensando che altrimenti non potesse vivere. Le fu consigliato che si raccomandasse a Maria col rosario. Lo fece, ed ecco una notte l'apparve la divina Madre e le disse: «Lascia il peccato, e circa del sostentamento per vivere confida in me, ch'io ci penserò.» La mattina andò a confessarsi, lasciò il peccato e Maria SS. ben la provvide.


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72. *

Un peccatore non si fidava astenersi dal peccato impuro; comincia a dire il rosario e se ne libera.

73. *

Un'altra persona tenendo una mala amicizia, con dire il rosario si sentì un abborrimento al peccato. Ricadde qualche altra volta, ma col rosario finalmente affatto se ne liberò.


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74. *

Un'altra donna se ne moriva odiando il marito; un buon sacerdote che l'assisteva non sapendo più che fare per convertirla, si ritirò a dire il rosario; all'ultima posta quella donna entra in se stessa, si pente e perdona il marito.

75. *

In fine racconta il suddetto autore che avendo una volta fatta la missione a' condannati nelle galee di Napoli, vi furono alcuni ostinati a non confessarsi. Egli loro insinuò che si facessero almeno scrive alla Compagnia del rosario, e cominciassero a recitarlo; lo fecero e appena recitatone uno, cercarono confessarsi e si confessarono, dopo che da più anni non si erano confessati. - Questi esempi moderni servono a ravvivare la nostra confidenza in Maria, vedendo ch'ella al presente è la stessa quale sempre è stata verso di chi a lei ricorre.


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76. *

Riferisce S. Gregorio che un Santo prelato vescovo di Ferento fu inclinato alla limosina sin da fanciullo. Accadde un giorno che un certo prete suo nipote, avendo venduto un cavallo per dieci scudi d'oro, prese il danaro e lo chiuse in una cassa; ma il vescovo richiesto da' poveri, e non avendo che dare, ruppe la cassa e dispensò loro quei danari. In saperlo il nipote fe' tal rumore che 'l santo prelato, non sapendo che fare, ricorse ad una chiesa di Maria. Ed ecco sulla veste dell'immagine vide 10 scudi, li prese e li die' al nipote (S. Greg., dial., l. 1, cap. 9).

77. *

Una donna luterana in Augusta nella Germania, la quale era ostinatissima, passando un giorno per una cappelletta de' Cattolici, mossa da curiosità vi volle entrare; vide ivi un'immagine di Maria con Gesù bambino in braccio e s'intese spirare di farle un dono; va alla


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casa, prende un panno di seta, e ce lo porta. Ritornata che fu alla casa, la SS. Vergine l'illuminò a conoscere la falsità della sua setta; onde va subito a ritrovare i Cattolici, abiura l'eresia e si converte a Dio (An. Soc. 1656, ap. Aur., t. 2, c. 6).

78. *

Nella città di Cesena vi erano due peccatori amici. Un di costoro per nome Bartolomeo fra tanti suoi vizi conservava la divozione di recitare ogni giorno a Maria addolorata l'inno Stabat Mater. Una volta recitando appunto Bartolomeo quest'inno, ebbe una visione in cui si vide stare in un lago di fuoco insieme col suo mal compagno, e vide che la SS. Vergine mossane a pietà gli porse la mano, e lo cavò fuori del fuoco e lo consigliò a cercare perdono a Gesù Cristo, il quale dimostrò perdonarlo per le preghiere della Madre. Finita la visione, Bartolomeo nello stesso punto ebbe la notizia che l'amico era morto di un'archibugiata, onde conobbe la verità della visione. Indi lasciò il mondo ed entrò nella religione de' Cappuccini, dove menò una vita asprissima e morì con fama di santità (P. Sinisc., Mart. di Mar., cons. 15).

79. *

Il B. Girolamo fondatore de' PP. Somaschi, trovandosi governatore in un luogo, fu preso da' nemici e chiuso in un fondo di torre.


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Si rivolse a Maria facendo voto d'andar a visitarla in Trevigi1 se lo liberava; allora gli apparve la SS. Vergine in mezzo ad una gran luce e colle proprie mani lo sciolse dalle catene e gli diede le chiavi della carcere. Uscito fuori e inviatosi a Trevigi a soddisfare il suo voto, dopo pochi passi si vide in mezzo a' nemici; di nuovo ricorse alla sua liberatrice ed ella di nuovo apparendogli lo prese per la mano e lo condusse per mezzo a' nemici accompagnandolo sino alle porte di Trevigi, e disparve. Egli fece la visita, lasciò a' piedi dell'altare di Maria i ferri della sua prigionia, ed indi si diede ad una vita santa; onde ha meritato ultimamente d'essere posto dalla S. Chiesa tra 'l numero de' beati (In vita).

80. *

Un sacerdote molto divoto di Maria addolorata, spesso in una chiesetta ivi chiuso se ne stava solitario a compatire i dolori della sua Signora, e solea per affetto di compassione con un pannolino asciugare le lagrime di una statua della Vergine addolorata che ivi stava. Or questi una volta in una grave infermità fu disperato da' medici; ma mentre stava vicino a spirare, si vide innanzi una bella signora che lo consolò colle parole e con un fazzoletto dolcemente gli asciugò il sudore della fronte e con ciò lo guarì. Allora il sacerdote, vedendosi sano, disse: «Ma, signora, chi siete voi che mi usate tanta carità?» «Io sono, rispose Maria, quella a cui tante volte hai asciugate le lagrime,» e disparve (Cantipr., l. Apum, ap. Sin., cons. 9).

81. *

Una nobil signora che aveva un unico figlio, un giorno fu avvisata che il figlio era stato ucciso e l'uccisore si era rifugiato a caso dentro il suo medesimo palazzo. Ella allora considerando che


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Maria perdonò a' crocifissori del Figlio, volle ancor ella perdonare quel reo per amor di Maria addolorata. E non solo lo perdonò, ma lo provvedé di cavallo, danari e vesti, acciocché potesse salvarsi. Indi le apparve il figlio e le disse ch'esso si era salvato, e che per quell'atto generoso da lei fatto col suo nemico, la divina Madre l'avea liberato dal purgatorio, in cui altrimenti sarebbe stato a penare per molto tempo, e che già se ne andava in paradiso (P. Thausc., de SS. Mar. dol., l. 2, c. 26).

82. *

Un simile atto eroico fece la B. Bionda. Alcuni nemici uccisero a costei un unico figlio che tenea innocente, solo per odio che quelli portavano al suo già morto padre. E con barbarie inaudita diedero occultamente a mangiare alla povera madre il cuore dell'ucciso giovinetto. Or ella, ad esempio di Maria SS. si pose a pregar per gli uccisori e a far loro quanti benefizi potea. La divina Madre gradì tanto quest'atto, che la chiamò ad aggregarsi al terz'ordine de' Servi, dove ella meritò di far vita così santa che in vita ed in morte operò più miracoli (Ann. Ord. Serv., cent. 2, l. 4, c. 13).

83. *

S. Tommaso Cantuariense ritrovandosi un giorno, mentr'era giovine, in una conversazione d'altri giovani, de' quali forse ciascuno si vantava di qualche pazzo amore, il santo giovinetto palesò ch'egli ancora amava una gran signora ed era da lei amato, intendendo parlare


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della SS. Vergine. Indi gli venne qualche rimorso d'essersi di ciò vantato. Stando in quest'angustia ecco l'apparve Maria e con dolce grazia gli disse: «Tommaso, di che temi? hai avuto ragione di dire che tu m'ami e che sei amato da me. Confermalo a' tuoi compagni, e in segno dell'amore che ti porto, porta loro a vedere questo dono che ti fo.» Il dono fu una cassettina, dove stava una pianeta di color di sangue, in segno che Maria per l'amore che gli portava, gli aveva ottenuta da Dio la grazia di dover essere sacerdote e martire. Come in fatti avvenne, poiché prima fu fatto sacerdote e poi vescovo di Canturberì in Inghilterra, dove perseguitato una volta dal re se ne fuggì in Francia nel monastero Pontiniaco cisterciense, ed ivi volendo esso rappezzarsi la camicia di cilicio che solea portare per essersi quella scucita, ed essendo poco pratico a ben farlo, gli apparve la sua amata regina e con affetto straordinario gli tolse di mano il cilizio e glie l'accomodò come si dovea. Indi ritornato a Canturberì morì martire, essendo stato ucciso in odio del zelo ch'egli avea per la sua Chiesa (In Vita et ap. Bov., t. 4, es. 36).

84. *

In un luogo dello Stato del Papa una certa giovane divota di Maria s'incontrò con un capo bandito; temendo ella di qualche oltraggio, lo pregò che per amore della SS. Vergine non l'avesse molestata. «Non temere, quegli allora le rispose, giacché m'hai pregato


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in nome della Madre di Dio: voglio solo che a lei mi raccomandi.» Ed in fatti egli stesso l'accompagnò per la strada e la pose in salvo. La notte seguente apparve al bandito in sogno Maria e, ringraziandolo di quell'azione fatta per suo amore, gli disse che ne avrebbe avuta memoria, e che a suo tempo glie l'avrebbe rimunerata. Fu preso poi dalla corte il ladrone e condannato a morte. Ecco la notte antecedente al dì destinato della giustizia, di nuovo la B. Vergine gli si fe' vedere in sogno, e prima gli dimandò: «Mi conosci chi sono?» Rispose quegli: «Parmi d'avervi veduta un'altra volta.» «Io sono, ella ripiglia, Maria Vergine che sono venuta a renderti quello che allora facesti per me. Tu domani morrai, ma morrai con tanta contrizione che verrai subito in paradiso.» Si svegliò il condannato e sentì tal dolore de' suoi peccati, che diede in un pianto dirotto, ringraziando ad alta voce la Madonna. Si fece chiamare presto il confessore, a cui si confessò con molte lagrime, narrando la visione avuta, e lo pregò che da per tutto avesse pubblicata questa grazia fattagli da Maria. Andò alla morte con grande allegrezza, dopo la quale si narra che la faccia spirava un'aria di beato, facendo credere a tutti avverata la promessa della divina Madre (P. Recup., de Sign. Praed., Sign. 12).

85. *

Il B. Gioacchino Piccolomini divotissimo di Maria sin da fanciullo visitava tre volte il giorno un'immagine di Maria addolorata che stava in una chiesa, e 'l sabbato in suo onore non provava cibo d'alcuna


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sorta. Di più egli di mezza notte si alzava a meditare i suoi dolori. Ma vediamo come lo rimunerò Maria; per prima ella gli apparve essendo giovine e gli disse ch'entrasse nella religione de' suoi Servi, come già fece il beato. Indi verso gli ultimi anni di sua vita di nuovo se gli fe' vedere con due corone in mano, una di rubini in premio della compassione ch'egli avea coltivata a' suoi dolori; l'altra di perle in premio della purità a lei consagrata. In morte finalmente ritornò a comparirgli, ed allora il beato le dimandò la grazia di morire nel giorno che morì G. Cristo, e la SS. Vergine lo consolò dicendogli: «Orsù apparecchiati, perché domani venerdì santo morirai come desideri, e dimani sarai meco in paradiso.» E così avvenne, poiché nel cantarsi in chiesa il Passio di S. Giovanni, alle parole: Stabat iuxta crucem Iesu mater eius, egli ebbe gli ultimi deliqui. Ed in dirsi: Et inclinato capite tradidit spiritum, il beato anch'egli rendé lo spirito a Dio; e nello stesso punto la chiesa si riempì di un grande splendore e d'un soavissimo odore (Rossign., Pietà osseq.).

86. *

Il P. Alfonso Salmerone della Comp. di Gesù essendo stato divotissimo della B. Vergine morì dicendo: «Al paradiso, al paradiso;


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benedetta l'ora che ho servita Maria; benedette le prediche, le fatiche, i pensieri che ho avuti per voi, Signora mia; al paradiso»1 (In Vita).

87. *

A S. Romualdo fu presentato da un principe chiamato Farnulfo suo figlio Guido giovinetto che desiderava farsi camaldolese. L'accettò con piacere il santo fondatore. Un giorno apparve Maria a questo buon giovine suo divoto con Gesù bambino in braccio; egli stimandosi indegno di tanta grazia, stava timoroso: «Che dubiti, allora gli disse la divina Madre fattasi a lui vicina, di che temi, Guido? io sono la Madre di Dio, questi e il mio figlio Gesù, il quale vuol venire a te.» E così dicendo glie lo diè tra le braccia. Indi non erano anche finiti tre anni che Guido stava nella religione ch'egli venne a morte; allora vide S. Romualdo che il povero giovinetto tutto si contorceva e tremava, dicendo: «Oh Padre, non vedete quanti mori in questa cella?» Figlio, gli disse il santo, ti ricordassi di qualche cosa non confessata? «Sì, Padre, rispose, mi ricordo di non aver fatta l'ubbidienza


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del priore di raccogliere certe scope; ora me ne confesso.» S. Romualdo l'assolvé, e dopo si mutò la scena; fuggirono i demoni ed apparve di nuovo la Vergine con Gesù, alla cui vista Guido tutto consolato morì (Franc. Lolli, in vita).

88. *

Una monaca cisterciense in Toledo, chiamata Maria, stando in morte le apparve la divina Madre; ella allora le disse: «Signora, la grazia che voi mi fate di visitarmi, mi fa ardita a chiedervi un'altra grazia, di morire nella stessa ora che voi moriste ed entraste in cielo.» «Sì, rispose Maria, ti voglio compiacere; in quell'ora morirai e sentirai i canti e le lodi, con cui i beati accompagnarono la mia entrata in cielo: via apparecchiati.» E ciò detto disparve. Le religiose in averla intesa parlare fra sé, dubitarono che delirasse; ma ella riferì loro la visione e la grazia promessa. Stava dunque aspettando l'ora desiderata, la quale giunta - lo scrittore non dice quale fosse stata - in sentir suonare l'orologio: «Ecco, disse, l'ora predettami: ecco già sento le musiche degli angeli; in quest'ora salì al cielo la mia regina: restatevi in pace, ch'io or la vado a vedere.» E in dire ciò spirò. E spirando, gli occhi se le fecero splendidi come due stelle e la faccia si vestì d'un bel colore (Menol. cist., alli santi d'ag.).

89. *

Nella città di Ses in Francia verso l'ottavo secolo visse S. Opportuna figlia di signori di sangue reale. Questa santa vergine, divotissima di Maria, fatta religiosa in un monastero poco di là distante


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e venuta a morte, una mattina verso l'aurora si vide avanti S. Cecilia e S. Lucia: «Sorelle, allora disse, siate le benvenute; che cosa mi manda a dire la mia regina?» Quelle risposero: «Ella t'aspetta in paradiso.» Dopo ciò le apparve il demonio, e la santa animosamente lo scacciò dicendo: «Brutta bestia, che hai che fare con me, che son serva di Gesù?» Giunta poi l'ora predetta da lei stessa di sua morte, dopo preso il SS. Viatico, rivolta verso la porta disse: «Ecco la Madre di Dio che viene a pigliarmi. Sorelle, a lei vi raccomando; addio, non ci vedremo più.» E così dicendo, alzò le braccia in atto di abbracciare la sua Signora e dolcemente spirò (Surius, die 22 aprilis).




1 In tutte le edizioni finora pubblicate si legge: «Aggiunta di vari esempi...»; nella Bassanese S. Alfonso invece di Aggiunta corresse Raccolta.

2 «Vi sono alcuni che si fanno onore di non credere cosa alcuna, e vogliono passare per ingegni elevati, col non prestare ai miracoli alcuna fede. Confesso che vi è della leggerezza nel credere tutto ciò che vien detto; ma io attribuisco ad una debolezza o ad una stupidità di mente la risoluzione determinata, che hanno alcuni, di non voler credere alcun effetto soprannaturale; perché un intelletto ragionevole e cristiano non può negare che Iddio possa fare delle cose, che superino le forze della natura; ed un uomo civile non darà mai una mentita ad una persona di probità e di merito, che produce la testimonianza di un fatto, che ha veduto cogli occhi proprii. È facile il negare; ma bigogna esser insensato per negare senza ragione, e sfacciato per negare contro ragione. - Ora qual ragione può avere uno spirito libertino di negare un miracolo? Non può, senza offender la fede, dire che ciò sia impossibile. Non può, senza temerità e senza sfacciataggine, negare un fatto che ha buoni mallevadori.» CRASSET, La vera divozione, parte 2, tratt. 6, pratica 10. Venezia, 1762, II, p. 712, 713.

3 «Est enim media tenenda via, ut in Marianis miraculis admittendis et confirmandis neque nimium faciles, neque rursus pluc aequo difficiles ac morosi esse velimus... Etsi enim omnia, quae in hoc genere leguntur, eiusdem non sunt ponderis et auctoritatis... tamen, quia caritas non est suspicax et temere aliena iudicare prohibet Christus, sapidique cibi ob vitium palati pro insipidis nonnumquam habentur, et demum paucorum est sacris de rebus solide diiudicare, minus in eo quidem erit periculi, si a bonis probabiliter narrata, et a doctis non reiecta, quae ad piorum aedificationem faciant, recipiantur, quam si eadem fastidioso et contentioso praefractoque animo repudientur.» S. PETRUS CANISIUS, Alter tomus Commentariorum de verbi Dei corruptelis... De Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosancta, lib. 5, cap. 18. Lugduni, 1584, pag. 542, col. 2.

* Esempio 1. - AURIEMMA, Affetti scambievoli tra la Vergine Santissima e suoi divoti, parte 2, cap. 7. Bologna, 1681, II, pag. 116-118. Dice S. Alfonso, con Auriemma, Ann. Soc. 1650. Probabilmente: IO. NADASI, Annales Mariani Societatis Iesu, ab anno 1521 usque ad hodierna tempora. Romae, 1658. Ma il fatto riferito non s'incontra all'anno 1650.



* Esempio 2. -AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 7. Bologna, 1681, II, pag. 131. - IO. NADASI, Annales Mariani Societatis Iesu, Romae, 1658: n. 404, anno 1605, pag. 225-227. Quel giovine, nobile Genovese, si fece Carmelitano.

* Esempio 3. - IO. BONIFACIUS, S. I., Historia Virginalis, ovvero De Divae Virginis Mariae vita et miraculis, libri V. Coloniae, 1610. Lib. 2, cap. 6, pag. 228, 229. - IOANNES MOSCHUS, Pratum Spirituale, cap. 45: ML 74-142; MG 873-2899. - Venne citato due volte questo fatto, dal Prato spirituale, nel Concilio Ecumenico settimo, secondo di Nicea: Actio quarta, Mansi, Collectio Conciliorum, XIII, Venetiis, 1776, col. 59, 62; Actio quinta, ibid., col. 194. Venne citato però sotto il nome di S. Sofronio, Patriarca di Gerusalemme, sia perché l'opera era il frutto delle comuni peregrinazioni di Sofronio, allora monaco, col suo maestro Giovanni Mosco; sia perché Giovanni dedicò il libro al suo discepolo Sofronio (ML 74, col. 121-124; MG 873-2851) e da questi due venne pubblicato e propagato.

* Esempio 4. - Pietro GISOLFO, Vita del P. D. Antonio de Colellis, Napoli, 1663, cap. 31, § 5; Del P. D. Onofrio d'Anna, p. 376-378.

* Esempio 5. - PACIUCHELLIUS, O. P., Excitationes dormitantis animae, In Salutationem angelicam, excitatio 3, n. 10. Venetiis, 1720, p. 400, 401. - Magnum speculum exemplorum: Appendix exemplorum huic volumini recenter adiecta, exemplum 113. Venetiis, 1618, pag. 765-769. Vien presa la narrazione dalla «Legenda S. Dominici» scritta dal P. Giovani Martin (+ 1495), O. P., religioso professo del Convento di Valenciennes. - Da questa Appendice exemplorum prese il racconto Abramo BZOVIO, Annales Ecclesiastici, an. 1213, n. 12. Antverpiae, 1617, pag. 166-168. - VADINGO, Annales Minorum, an. 1213, n. 22, Romae, 1731, I, pag. 297, 298, rimprovera bensì allo BZOVIO una qualche reticenza, meno favorevole ai Francescani; ma ammette anche lui l'autenticità del racconto. - Questi ed altri uomini gravi e dotti, non escluso il Collettore dell'Appendix exemplorum, furono tratti in errore dal titolo della Legenda ossia Vita di S. Domenico, di Giovanni Martin, il quale attesta aver preso la sua Legenda «ex quatuor Vitae ipsius (S. Dominici) Scriptoribus: ex FF. Iordano, Constantino, Umberto, et Theodorico de Apoldia, ordinis Dominicani viris piis et doctis». Ora, Costantino d'Orvieto (Vita S. Dominici, n. 34) ed Umberto di Romans (Acta S. Dominici, cap. 41) descrivono bensì la liberazione di un indemoniato, «obsessus diversis daemonibus,» fatta da S. Domenico, ma senza tante circostanze qui riferite, ed altre ancora; né si fa menzione alcuna del rosario. Fonte anteriore alla Vita (in francese) del Martin non si trova. - Vedi i Bollandisti, 4 agosto, De S. Dominico confessore, pag. 408, n. 267-270.

* Esempio 6. - BONIFACIUS Ioannes, S. I., De Divae Virginis vita et miraculis (oppure, come viene ripetuto a tutte le pagine: De historia virginali), lib. 4, cap. 4, § De quadam virgine sanctimoniali. Coloniae, 1610, pag. 604-608. - Fonte indicato dall'autore nel margine: Alanus Rupensis. - B. ALANUS RUPENSIS, De ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae eiusque Confraternitatis, pars 5, cap. 65: De moniali conservata et monasterio reformato per Psalterium. (Il B. Alano non usa mai il termine di Rosario.) - Si possono considerare gli scritti del B. Alano, col dottissimo P. Echard, O. P., come «pie meditazioni» od anche «parabole». Si può pure, col non men dotto P. Mortier, dare a quel che chiama le sue «rivelazioni» il nome di «ispirazioni», almeno quanto alla sostanza della sua missione. E collo stesso autore, si può, anzi, a parer nostro, si deve conchiudere: «Alain de la Roche a-t-il eu une révélation directe de la sainte Vierge qui lui commanda de prêcher le Rosaire? On ne peut l'affirmer historiquement, puisque ses écrits n'ont qu'une autorité relative. Mais, à tout le moins, je crois fermement qu'il eut une inspiration divine, et je le crois parce que le succès du saint Rosaire, les grâces infinies de sainteté personnelle dont il a été la source, les bienfais miraculeux pour la salut de l'Eglise qui lui ont mérité la reconnaissance de la chrétienté, attestent, à n'en pas douter, une grâce extraordinaire, universelle, qui, selon les lois de la Providence, se communique, à l'origine, par une intervention divine, immédiate. Sans cette motion surnaturelle de la bonté de Dieu, un homme ne peur créer un mouvement de grâce comme a été le mouvement du Rosaire, et comme il demeure, plus vital que jamais, après quatre siècles. C'est une preuve post factum, je le sais, mais preuve évidente, à qui a des yeux pour voir.» MORTIER, O. P., Histoire des Maîtres Généraux de l'Ordre des Frères Prêcheurs, IV, Barnabé Sassone, chap. 2, Le mouvement du Rosaire au XVe siècle, pag. 645, Paris, 1909. - Il B. Alano non ha creato il Rosario; ne ha rinnovato e maravigliosamente propagato l'uso: l'odierna universale divozione al Rosario fa capo principalmente a lui; è sua poi la geniale creazione della Confraternita del Rosario. Quanto però ai suoi scritti, bisogna pur confessare che contengono cose manifestamente false, né possono, nella narrazione dei fatti, esser considerati come documenti storici, qualora manchino altre autorità anteriori; pur avviene che un fatto storico venga, in quegli scritti, trasformato, ed adattato all'intento dell'autore. Tutto ciò, forse, anche per questa ragione, che gli scritti di Alano non ci sono stati tramandati genuini. «Les écrits d'Alain de la Roche, dès leur première édition à Stockholm en 1498 (23 anni dopo la morte di Alano), et depuis, dans celle de Coppenstein, en 1619, ont été considérablement modifiés. Ils y ont perdu, surtout pour les faits surnaturels, une grande partie de leur valeur historique.» Mortier, l. c., pag. 634.

* Esempio 7. - DIOTALLEVI Alessandro, S. I., Trattenimenti spirituali per chi desidera d'avanzarsi nella servitù e nell'amore della SS. Vergine. Parte 2: Domeniche dall'Avvento sino a Pentecoste, Domenica di Quinquagesima. Venezia, 1723, pag. 206-212. - Ferdinando DEL CASTIGLIO, Istoria generale di S. Domenico e del suo Ordine, parte 1, lib. 1, cap. 35, Palermo, 1626, pag. 69, 70. - Accettano questa narrazione Bzovio, Annales ecclesiastici, an 1221, n. 10; Malvenda, Annales Praedicatorum, an. 1218; Giovanni di S. Maria, nella sua Vita di S. Domenico, lib. 3, cap. 30; e molti altri. - Ma sembra che la prima fonte - assai sospetta: vedi la nota precedente - sia: B. ALANUS RUPENSIS, De ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae, eiusque Confraternitatis, pars 5, cap. 59, Venetiis, 1665, pag. 417-422; Forum Cornelii, 1847, pars 5, Exempla devoti sexus feminei, exemplum 1, pag. 275-278.

* Esempio 8. - AURIEMMA, S. I., Affetti scambievoli, parte 2, cap. 11. Bologna, 1781, II, pag. 201-203. - B. ALANUS RUPENSIS, op. cit., pars 5: Venetiis, 1665, cap. 67, pag. 457-460; Forum Cornelii, 1847, Exempla devoti sexus feminei, exemplum 9, pag. 301-303. - Vedi la nota dell'esempio 6, pag. 363.

* Esempio 9. - IOANNES DE CARTHAGENA, Ord. Min. de Observantia, Homiliae catholicae de sacris arcanis Deiparae et Iosephi, tom. IV, Romae, 1616, liber ultimus (XIX, con nuova paginazione), § 114, col. 196-199. - Comincia così: «F. Ioannes Montanus, Divi Dominici comes et assecla, de vita et miraculis S. Dominici, et Ferdinandus Castellanus, libro primo, tomo primo de rebus S. Dominici, cap. 43» (nella traduzione italiana, Palermo, 1626, pag. 90). Ora, quel Ioannes Montanus oppure de Monte è uno dei due autori - l'altro è Thomas de Templo - i quali vengono citati negli scritti di Alano, e di cui non si trova traccia altrove. Quanto a Ferdinando del Castillo, fu storico grave e prudente, ma fu tratto a prender qualche abbaglio, non già da Alano, ma da chi cita Alano senza nominarlo. - B. ALANUS RUPENSIS, op. cit., pars. 5, cap. 43: Venetiis, 1665, pag. 405-407; Forum Cornelii, pars 5, Exempla quindecim brevissima circa Ave Maria: immediatamente segue Exemplum XVIII, De Petro Barone, pag. 267-268. - Vedi la nota dell'esempio 6, pag. 363.

* Esempio 10. - Theophilus RAYNAUDUS, S. I., Metamorphosis Latronis in Apostolum, cap. 15, n. 12. Opera, IX (Hagiologium exoticum), Lugduni, 1665, p. 567, col. 2, 568, col. 1. (Ex Caesario.) - CAESARIUS, Heisterbacensis monachus, Ord. Cist., Dialogus miraculorum, distinctio 7, cap. 58 (al. 59). Coloniae, 1851, II, p. 76-78. Comincia così: «In vicina (leggi vicinia) civitatis Tridentinae, sicut mihi retulit quidam Abbas...» E conchiude: «Ab illo tempore usque hodie vix aliquis adultus in illa provincia invenitur, qui eius exemplo diem sabbati in honorem Dominae nostrae non ieiunet.»

* Esempio 11. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 17. Bologna, 1681, I, 246, 247. - MARRACCI, Familia Mariana, VI, Principes Mariani, cap. 6, n. 8. Summa aurea, XI, col. 195, 196. - S. Alfonso dice: «Un divoto di Maria in Portogallo». Fuori del nome e della dignità di principe, del nome della dignità di principe, non poté indovinare dall'Auriemma, né l'avrebbe potuto dal Marracci, quale santo fosse quel «divoto di Maria». Egli è il Beato Ferdinando, infante di Portogallo, quinto figlio del re Giovanni I. Da fanciullo e da giovane fu modello di tutte le virtù. «Solo pane et aqua utebatur omnibus sabbatis.» (Acta, a Ioanne ALVARO, secretario Sancti et captivitatis socio, cap. 2, n. 10: Bollandisti, 5 giugno, vol. XXI, mensis iunii I, p. 556, col. 2.) Sotto il regno di suo fratello Edoardo, nell'infelice spedizione di Tangeri, si diede volontariamente in ostaggio, per assicurare il libero ritorno verso le navi ed in patria al fratello Enrico ed all'esercito. Trattenuto per frode sei anni in prigione, dopo molti ed acerbi patimenti sopportati con angelica pazienza, morì nelle catene il 5 giugno 1442. Poche ore prima di morire, come si seppe dal suo confessore a cui affidò questo segreto, ebbe la consolantissima visione di Maria SS., accompagnata da molti santi, tra i quali egli riconobbe S. Michele e S. Giovanni Evangelista. Questi domandarono alla loro Regina, a favore del suo e loro divoto, la pronta liberazione da tanti mali; e la benigna Signora, fissando sul morente un dolce e grazioso sguardo, rispose loro che, quel medesimo giorno, l'avrebbero con sé in paradiso. (Acta, n. 99, 100, pag. 575, col. 1). Di lui appena spirato, disse il suo più crudele ed accanito nemico: «Se vi è qualche cosa di buono in questi cani rinnegati di Cristiani, l'ha avuto questo che ora è morto. Se egli fosse Moro, per le sue eminenti virtù, dovrebbe tenersi per Santo.» Più anni dopo, fu restituito il corpo del Santo ai Portoghesi.

* Esempio 13. - THOMAS CANTIPRATANUS, episcopus, O. P., Miraculorum et exemplorum memorabilium sui temporis libri duo, lib. 2, cap. 29, n. 24: «Magistro Richardo Normanno, viro per omnia litterato et pio, narrante, cognovi, sed et in scriptis cuisdam Fratris Ordinis Praedicatorum in Belvaco legisse me memini, quemdam in Normanniae partibus...» Duaci, 1605, pag. 306, 307. - Quel «Frater Ordinis Praedicatorum» può essere che sia Vincenzo di Beauvais, il quale racconta, non già quel fatto, ma un altro simile: Speculum historiale, lib. 7, cap. 116: Venetiis, 1591, pag. 90, col. 1. Il ladro di cui parla Vincenzo fu impiccato, e trovato ancora vivo dopo due giorni: conosciuto doversi quel prodigio all'intervento di Maria, il ladro fu del tutto liberato, si fece monaco, e visse santamente. - Nacque Vincenzo verso il 1200, Tommaso nel 1201; morirono ambedue verso gli anni 1263, 1264.

* Esempio 14. - BOVIO Carlo, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria, detti nella Chiesa del Gesù di Roma. - Parte 3 - Venezia, 1749, pag. 74-80. «Tutto questo racconto è del medesimo P. Perlino.»

* Esempio 15. - NADASI, S. I., Annales Mariani Societatis Iesu, Romae, 1658, n. 588, ad annum 1618, pag. 310-311: «Cortraci (Courtrai, Kortrijk, nella Fiandra Occidentale), quidam capitis damnatus, furenter ad Dei tribunal citabat iudices; adeoque ne nostri quidem ad pedes abiecti verbis et lacrimis movebatur...»



* Esempio 16. - Tom. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 6 (fine). Bologna, 1681, I, pag. 67, 68. - Gio. Eus. NIEREMBERG, S. I., Trophaea Mariana, lib. 4, cap. 37, Antverpiae, 1658, pag. 183, 184: «Referam magnum Virgineae protectionis argumentum, cuius ego testis sum. Peccatorem novi nulli non scelerum generi addictum; itaque a rebus sacris, quibus poterat ad meliorem frugem redire, aversum, ut sui suique Creatoris omnino oblitum dixeris; hoc tantum christiano nomini, quod indigne gerebat, quotidie addere solitum, ut B. Virginem semel Angelica salutatione veneraretur; sed piissima Mater foenus modici huiusce obsequii plene reddidit. Quo enim tempore peccator ille annis onustus, maioribusque scelerum tenebris circumfusus, veluti omni lucis auxilio destitutus, iacebat sepultus, Deiparae sensit opem. Dormienti enim visa est sanctissima Virgo oculos in eum defixisse, mox abiisse. Experrectus illico, praesentius expertus est benignae Matris auxilium: nam cor in peccatis obduratum, ita emollitum persensit, ut e lapideo in carneum mutatum invenerit; unde in lacrimas resolutus ille, peccatorum veniam implorare non desistebat; et quod demirationem auget, tam distincte tot annorum peccata eius memoriae obiecta animadvertebat, ut nisi peculiari Dei gratia, naturaliter eorum cognitionem tam brevi assequi non posset. Sequenti die, cum e lecto surgere vellet, sacramento poenitentiae peccata subditurus, gravi pressus valetudine, non potuit gaudere. Unum e nostra societate accersiri curanti, affui ego, qui cum maiorem in eo praeparationem quaererem, ille non differendam instabat confessionem, ad quam Dei Parentis ope ita se paratum fatebatur, ut nil desideraretur. Et quidem ita reperi: nam adeo perfecte et distincte omnia aperuit, ut vix posset idem exsequi Theologus post longam praeventionem; eumque, utpote iam capacem, et vim lacrimarum profundentem, absolvi. Emisso tandem voto Religionis habitum induendi si sanitati restitueretur, quam Deo inserviendi causa desiderabat, post quintum diem e vivis excessit, et in caelesti Religione immortalitatis et gloriae habitum induit.» - Lo stesso P. Nieremberg racconta questo fatto, con più commoventi particolari, nella sua Vida de S. Ignacio, cap. 33.

* Esempio 17. - BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine... detti nella chiesa del Gesù di Roma. Parte 5, esempio 7. Venezia, 1749, pag. 67-73. - Magnum speculum exemplorum, dist. 9, exemplum 107. «Refert Doctor Iacobus de Paradiso, Carthusiensis...» Venetiis, 1618, pag. 623, 624.

* Esempio 18. - CAESARIUS, Heisterbacensis monachus, Ord. Cist., Dialogus miraculorum, dist 3, cap. 13. Coloniae, etc., 1851, I, pag. 125-127. - Avendo questa monaca, per nome Aleide o Adelaide, usato vari mezzi con poco profitto, «una ceteris sororibus aetate maturior atque prudentior, suasit ei, quatenus daemonem propius accedere sineret, et tunc alta voce salutationem angelicam in eius faciem iacularet. Quod cum fecisset, diabolus, ac si sagitta esset percussus vel turbine impulsus, aufugit, nec umquam propius ex illa hora accedere praesumpsit... Sanctimonialis vero tali iaculo munita, daemonem ab illa hora vidit sine terrore, et audivit sine timore.» Però continuò a vederlo e udirlo, quantunque più da lontano. Come altrove lo ricorda S. Alfonso, non fu del tutto liberata, se non quando, secondo il consiglio di un pio religioso, ebbe fatta una nuova confessione generale presso il Priore da cui dipendeva il suo monastero. - Cesario conchiude così la sua narrazione: «Haec mihi relata sunt a domino Hermanno Abbate Loci Sanctae Mariae. Cum talia, fama divulgante, cognovisset de praefata femina, sibi, cum esset Bonnae canonicus, optime nota, ad locum (Langwaden, presso Wevelinghoven, nella diocesi di Colonia) per se ipsum accessit, et eo ordine, quo dicta sunt, ab illius ore cuncta audivit.»



* Esempio 19. - CRASSET Gio., S. I., La vera divozione verso Maria Vergine, stabilita e difesa, parte 2, trattato 6, pratica 1. Venezia, 1762, II, pag. 612, 613. - B. IACOPO DA VARAZZE, O. P., Arcivescovo di Genova (Iacobus de Voragine, meglio de Varagine, + 1298), Legenda aurea, Vratislaviae, 1890, cap. 51, De Annuntiatione Dominica, n. 3, pag. 221, 222. - Magnum speculum exemplorum, dist. 8, exemplum 60 (ex Iacobo de Voragine, in festo Annuntiationis B. Virginis). Venetiis, 1618, pag. 567, 568. - Riferisce questo fatto anche il B. Alano, De ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae..., pars 5, exemplum 56, Venetiis, 1665, pag. 411, 412; Forum Cornelii, pars 5, exemplum 21, pag. 270, 271; e la riproduzione è esatta, senza aggiunte, anzi alquanto più breve. Soggiunge solo, senza intrometterla nel racconto, la sua propria esortazione, per alro brevissima, alla recita quotidiana del Salterio, cioè del Rosario.

1 È stato solito.

* Esempio 20. - Acta Sanctorum Bollandiana, die 16 maii, De B. Francisco Senensi, Ord. Servorum B. Mariae: Vita, ex Chronico servorum, MICHAELIS FLORENTINI, ad annum Christi 1326. - Archangelus GIANIUS, Annales Sacri ordinis Fr. Servorum B. M. V., I, Lucae 1719, Editio secunda, cum... additionibus... Aloysii M. Garbii de Florentia, Centuria 1, lib. 7, cap. 10, pag. 249-253. Nell'Indice, pag. 656, il Beato vien chiamato «B. Franciscus Patrizzi.» - «Puerilem aetatem attingens... media nocte ad Deum laudandum surgebat, quingenties Virginem salutando.» Michael Florentinus, Vita, n. 3; Gianius, pag. 250, col. 1. - Gli venne annunziato il giorno della sua morte, e morì in quel giorno. Michael Florentinus, Vita, n. 5; Gianius, pag. 251, 252. Nella seconda edizione del Giani, si aggiunge: «Sanctissimo refectus Viatico, quod e lectulo surgens suscepit, et in eo postea repositus, cui antea, et Beata Virgo cum Filio in sinu apparens, haec dixerat: «Quam tibi gratiam referemus, Francisce, cum me tam vehementer dilexeris?» «Dignum est, Filius respondit, ut qui nos dilexit, nobiscum suprema in patria versetur.» Et in eamdem vocem, «Veni, veni,» proruperunt, statimque alma Francisci anima... ad caelestia regna transivit.» - Del giglio uscito dalla bocca del Beato, così parla il Giani, pag. 252, col. 2, le cui parole vengono riprodotte quasi integralmente dai Bollandisti, Vita n. 8: «Vix spiritum Deo reddiderat B. Franciscus, quando - ut nonnulli ex maioribus nostris dixerunt, et aliquibus antiquissimis monumentis affirmarunt - ex eius ore lilium prodiit, in cuius quolibet folio aureis litteris legebatur Ave Maria; quod a Christianissimi regis Galliarum legato postmodum suppliciter a Senensium Republica et Religiosis illis Patribus impetratum fuit. Illud autem quam maxime venerentur Galli, tamquam Lutetiae Parisiorum monumentum insigne, usque ad haec nostra tempora (1618), patet, cum olim multi ex ipsis Italiam peragrantes Senasque transeuntes, saepe postulaverint: «Ubi est corpus, ubi est corpus B. Francisci, Ordinis Servorum B. Mariae?» Quare licet coniicere quam huius beati viri fama in regionibus illis esset tunc promulgata, necnon et asserere quidquid de lilio hactenus dictum est.» - Dopo quattro secoli, il corpo era ancora incorrotto. Giani, p. 252, col. 1.

* Esempio 21. - CRASSET, La vera divozione, parte 2, tratt. 6, prima pratica. Venezia, 1762, II, 592, 593. - THOMAS CANTIPRATANUS, Miraculorum et exemplorum memorabilium sui temporis (altri titoli dell'opera: Apum Respublica, Bonum universale), lib. 2, cap. 29, n. 9. Duaci, 1605, p. 281, 282. - Chrysostomus HENRIQUEZ, Ord. Cist., Menologium Cisterciense notationibus illustratum, Antverpiae, 1630, pag. 367-368, die 31 octobris:  «In Polonia, beatus Ladislaus Conversus, qui in simplicitate cordis diu in Ordine Cisterciensi Deo servivit, ex cuius post obitum corde pulcherrima arbor foliis Mariae nomine decoratis, videntibus et mirantibus cunctis, pullulavit.» Nota c), p. 368: «In catalogo Sanctorum Poloniae, hoc de ipso legitur: «Ladislaus, Cisterciensis Conversus, seu Frater laicus, Deiparam Virginem miro fervore coluit. Ex eius iam defuncti corde arbor prodire visa est, in cuius foliis dulce Mariae nomen aperte apparebat.» Historiam hanc latius prosequitur, licet suppresso nomine, CAESARIUS, parte 2 Homiliarum Dominicalium, hom. in Dominicam 9 post Pentecosten, his verbis: «In Polonia laicus quidam in Ordine nostro conversus est, nullam omnino sciens orationem. Est enim consuetudo gentis illius, ut cum intrant ecclesias, caput pavimento allidant et pectus tundant, sicque recedant. Cumque instruendus esset Conversus, neque Miserere mei Deus, neque Orationem Dominicam discere posset, proposita est ei Salutatio angelica, ad quod ita respondit: «Tam dulciter sonat, spero quia bene discam.» Quid plura? Citius illam dicit; quam sine cessatione diu noctuque, dummodo vigilaret, et cum delectatione multa, ruminavit. Nuper mortuus est homo, et sepultus; et ecce arbor pulcherrima, ramis et foliis decenter ornata, de illius tumulo egressa est. Mirantibus cunctis quidnam hoc esset vel quid portenderet, ad consilium plurimorum, etiam laicorum qui tunc aderant, qui scire desiderabat de quo loco radices eiusdem arboris exirent, reiecta terra, viderunt omnes quod pincipalis radix de corde hominis egrederetur. Nec ignorabant causam, qui eius noverant vitam; nam in singulis foliis, distinctis litteris Ave Maria apparuit, etc.» Et inferius: «Haec nobis narrata sunt a Domino Godefrido Abbate de Bergis, qui hoc anno in eadem Provincia visitavit.»



* Esempio 22. - Alessandro DIOTALLEVI, S. I., Trattenimenti spirituali per chi desidera d'avanzarsi nella servitù e nell'amore della SS. Vergine - Parte prima - Infine (p. 275 e seg.) Aggiunta d'alcuni esempi più memorabili, esempio 8, pag. 318-324, dove anche viene citato il Nuovo Tesoro delle grandezze del Rosario, lib. 4, mirac. 17

* Esempio 23. - CRASSET, La vera divozione, parte 2, tratt. 6, pratica 4. Venezia, 1762, II, pag. 644-646. Questo soldato fu ferito nella sanguinosa battaglia di Senef (12 agosto 1674) e ritrovato sul campo di battaglia il terzo giorno dopo. «Dopo la prima impressione di questo libro, soggiunge il Crasset, ho veduto il Signor Marchese di S... (il detto testimonio), il quale mi ha confermato tutto ciò che ho riferito, e mi ha raccontato un altro miracolo del quale è stato testimonio di vista, e me lo ha dato anche in iscritto;» ed è quello di cui si tratta nel num. seguente.

* Esempio 24.- CRASSET, l. c., pag. 646, 647. «La palla aveva colpito in uno scapolare ch'egli (il soldato) portava, ed erasi schiacciata senza forarlo, e senza toccare la carne, ma solo coll'averla un poco calcata. Il Signor Marchese stesso trasse la palla e la fece vedere agli altri ufiziali... (Due Padri Minori Osservanti, accorsi dal vicino Convento) presero l'attestazioni dei signori ufiziali, ch'erano presenti, e che hanno sottoscritto il processo verbale, che n'è stato disteso.»



* Esempio 25. - Eskillo, o meglio Eskil (Eschylus o meglio Eskilus), vescovo di Roskilde nel 1134, arcivescovo di Lund dal 1137 al 1177; fu il primo dei grandi arcivescovi (succedendogli Absalon, 1177-1201, e Andrea Suneson, 1201-1222) che fecero di Lund il centro religoso della Danimarca. Ebbe Eskil parte importante anche nella vita politica della Danimarca; ma principalmente fu il gran promotore della vita claustrale nei paesi nordici. Amicissimo di S. Bernardo, Eskil venne a visitarlo a Chiaravalle, ove si ritirò dopo la morte del Santo, dimettendosi dalla sua carica di arcivescovo (1177); ed ivi santamente morì nel 1181. Per quanto riferisce qui di lui S. Alfonso, vedi Exordium magnum Cisterciense, dist. 3, cap. 25, ML 185, col. 1085-1088. - Cf. Chronicon Claravallense, ML 185-1249, 1250, ad ann. 1181. - Menologium Cisterciense (cum notationibus HENRIQUEZ, Antverpiae, 1630, pag. 116), die 10 aprilis: «In Gallia, beatus Eschillus, Ludensis Archiepiscopus, Daniae ac Sueciae Primas, qui Ordinem Cisterciensem per Septemtrionem propagavit, et pro ecclesiastica libertate gravissimis perturbationibus agitatus, in exsilium mittitur; et tandem, dignitate deposita, in Claravalle habitum Cirsterciensem suscepit, ubi sanctissime vixit et piissime obiit, multis post mortem miraculis illustris.» - BOVIO, Esempi e miracoli della SS. Vergine, parte 5, esempio 6 - Venezia, 1749, pag. 59-65. - La città di Lund è situata nella Scania, che forma una penisola nel Mar Baltico, separata dalla Danimarca dall'öresund. Per tutto il Medio Evo, appartenne alla Danimarca; fu, nel 1658, conquistata, e presto assorbita, dalla Svezia, di cui è la provincia più meridionale ed una delle più fiorenti. Lund decadde rapidamente dopo l'introduzione del protestantesimo; è tuttora città universitaria, e sede vescovile, ma evangelica.

* Esempio 26. - AURIEMMA, Affetti scambievoli; in fine della seconda parte, Motivo per amar Maria (pag. 238-428, 14 capitoli), cap. 2, § 4, pag. 264, 265 (Bologna, 1681, II): Questo fatto «da Francesco Rodriguez, nel Libro degli esempi cavati da varie istorie ecclesiastiche, rapporta il nostro Andrada, De baptismo Virginis, pag. 126.»



* Esempio 27. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 6, Bologna, 1681, II, pag. 91, 92. - Dola, Dôle, citta della Franca Contea, attualmente capoluogo di circondario nel dipartimento del Giura, Francia. - «Quidam ex Sodalitate Iurisperitorum Dolana ardentissima febri iactatus, cum aliquot dies iacuisset, festoque die, horas recensendo, eam in animo designasset qua in Sacellum conveniunt Sodales, sic morbum fugavit: «Egone, inquit, ceteris convenientibus decumbam, et hic otiabor iners?» Surrexit impiger, et - dictu mirum - ex tam molesta aegritudine alacriter emersit, aliitque illico Deiparae in sociorum conspectu gratulaturus.» Anno 1604. Gaspar LECHNERUS, Sodalis Parthenius, lib. 3, cap. 7, n. 4. Ingolstadii, 1621, pag. 624, 625.

* Esempio 28. - AURIEMMA, op. cit., parte 2, cap. 5, pag. 76. An. 1610, dice Auriemma. - Gaspar LECHNERUS S. I., Sodalis Parthenius, sive libri tres quibus mores Sodalium exemplis informantur, lib. 1, cap. 5, n. 14, Ingolstadii, 1621, pag. 120, 121: «Cum... Neapoli Sodalis quidam supra modum caedendo processisset et nonnihil valetudinem oblaesisset, ut a victu parando diebus aliquot impediretur: cum primum potuit, piscatum profectus est. Et secum: «O Virgo, inquit, iactum adiuva, ut rei familiaris damnum tua causa acceptum compensem.» Iecit rete; tantamque piscium copiam contraxit, quantam ad id locoram numquam coëgerat.» - Auriemma, contro l'uso suo, da una parte non indica la fonte, e d'altra parte aggiunge qualche particolare più preciso al raconto di Lecnero: tra altri, l'anno, 1610. La ragione ci par questa: Auriemma, nato e morto a Napoli (1614-1671) ebbe a sua disposizione i documenti della «Congregazione dei Marinari, nel Borgo, detto volgarmente di Chiaia» che «frequentava quel pescatore.»



* Esempio 29. - «Neapoli sodalis pro suis familiaribus aere alieno pressis sponsor factus, cum nexui tradendus esset, caeli Reginam auxilium poposcit; sensit: nam subito sex creditorum animus ita immutatus est, ut communi mente debitum remiserint.» Anno 1598. Gaspar LECHNERUS, S. I., Sodalis Parthenius, lib. 3, cap. 6, n. 1. Ingolstadii, 1621, pag. 582. - AURIEMMA, op. cit., parte 2, cap. 5, II, pag. 79. - L'indicazione della fonte - presso Auriemma: An. Cong. 1598, e presso S. Alfonso; Ann. Congr. an. 1598 - ci fanno pensare ad una documentazione diretta negli Annali, ossia documenti (anche soltanto manoscritti) conservati nelle Congregazioni di Napoli: vedi la nostra nota precedente. «Pregia la nostra cità di Napoli d'aver tanta moltitudine di divote adunanze, sotto la custodia della Vergine Madre, e per tacer delle altre, nelle nostre sole Case (della Compagnia di Gesù), se ne numerano da venticinque d'ogni stato di persone.» Così Auriemma, l. c., pag. 75.

* Esempio 30. - LECHNERUS Gaspar, S. I., Sodalis Parthenius, editio secunda, Dilingae, 1628, lib. 3, cap. 3, n. 14, pag. 486-489: «Rem ex aliis cognitam, gravis quidam sacerdos ad me perscripsit. Ne in notitiam quis personae deveniat, locum historiae praetermitto, annum signare contentus (1613). Sic autem ille memorat: «Adolescens quispiam vitae paulo liberioris, ob neglectas Sodalitii leges, post tertiam et quartam admonitionem, expunctus est e Sodalium numero. Abierant ab eiectione menses aliquot, illeque simul in peiores abibat mores, et non pedetentim, sed per saltus, et magnis itineribus properabat ad inferos. Quadam nocte, dum continuis infestatur somniis, ut sunt semper turbulentae malorum conscientiae, nec, adulta iam nocte, quietis partem aliquam capere posset - haec aiunt evenisse circa ferias Corporis Christi - proripit sese e lectulo circa horam secundam matutinam, ac, ut fastidium illud mentis tumultusque lancinantis conscientiae infringeret, coepit aberrationem animi in lectione nescio cuius foeculenti libelli quaeritare: dum legit, ecce tibi fragore ingenti cubiculi ostium concuti, recludi, intrare exinde gigantea mulier horrido vultu hispidoque habitu, manibus pedibusque in ungues desinentibus, furiarum aliquam crederes. Hiare, tremere adolescens, ac imo se angulo in cumulum colligere, invocare caelites, ac Mariam nominatim inclamare. Hic mulier - daemonem loqui putato: «Frustra, inquit, es, frustra eam appellas, a qua, ubi Sodalitium deseruisti, vicissim desertus es, meaeque potestati concreditus. Meministine haec et illa scelera toties et toties a te perpetrata, neglecta Sacramenta, etc.?» Ivitque longo ordine per omnia adolescentis flagitia etiam occultissima, eiusque conspectui universa simul obtrusit, addens hoc epiphonema: «Itaque, ob haec et similia demerita, mihi traditus es, iam iam ad inferos rapiendus.» Et his dictis exsertabat ungues infelix monstrum, impacturum illas in miserum: cum tandem adolescens, metu exanimis et sudore diffluens, ad orationem Sodalitatis, tamquam ad ultimam anchoram, confugit, et magna voce inclamat: Sancta Maria, Mater Dei et Virgo, ego te hodie, etc. Vix orationem finierat, cum extemplo aperitur cubiculi fenestra, intratque hac honesta matrona velata - neque enim dignus erat adolescens Marianae pulchritudinis aspectu - iussoque monstro facessere ac arrepta adolescentis dextera: «Bono, inquit, animo esto: propius equidem abfuisti a periculo, sed vade; confide, confitere, redde te Sodalitati, meliorem posthac vitam institue.» Ille ad collegium advolat, et quarta matutina, tumultuanter aere campano pulsato ianitorem per omnes caelites obtestatur, Directorem Sodalitatis advocet. Venit ille, et cum videret adolescentem etiamnum toto corpore contremiscere, atque adeo pallore deformatum ut e sepulchro recens egredi crederes, facile et fidem habuit dictis et in Sodalitium admisit; sed et gravis odor in cubiculo relictus, et impacta atque impressa, a fronte camini et ligno transverso, a monstro per spiraculum abeunte, luculenta unguium vestigia, dubitationem facile omnem eximebant.»



* Esempio 31. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 4. Bologna, 1681, II, pag. 60-62. - Dice Auriemma: Ann. Soc. 1550. Così viene citata da lui l'opera del NADASI, Annales Mariani Societatis Iesu, ab anno 1521 usque ad hodierna tempora. Però non abbiamo trovato quel racconto nel Nadasi all'anno 1550, nell'edizione di Roma, 1658.

* Esempio 32. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap 7. Bologna, 1681, II, pag. 101-104. - Giov. Eus. NIEREMBERG, S. I., Pratica del Catechismo Romano, parte 2: (dopo il capitolo 48) Esempi per la dottrina cristiana, Esempi della «Salve». Opere, III, Venezia, 1715, pag. 197-198.

* Esempio 33. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 8. Bologna, 1681, II, pag. 156-157. - «Memini, et meminisse delectabile est, qualiter ad commendandum miseris (al. nobis miseris) unicum patrocinium tuum, cuidam tuo servo, agenti in extremis, revelasti memorabile nomen tuum. Apparens enim ei, cum esset in angustiis, et requirens utrum te agnosceret, cum ille: «Minime Domina,» tremens responderet, tu ei pro benignitate tua quam blande, quam familiariter, tu, Domina, dixisti: «Ego sum misericordiae mater.» S. ANSELMUS, Oratio 49 (al. 48), ML 158-942, 943. - Vedi anche ML 133-71, Vita S. Odonis Cluniacensis, - Il fatto, raccontato da S. Anselmo, ha potuto rinnovarsi, come infatti fu rinnovato col fratello Leodato (o Leo Dacus), Domenicano di Montpellier (Gerardus de Fracheto, Vitae F.F. Ord. Praed.: Berthier, Monumenta Ordinis, I, Lovanii, 1896, pag. 55, § XIX). Colle circostanze qui riferite da S. Alfonso, l'abbiamo cercato, secondo l'indicazione di Auriemma, Lansp. Opusc., negli opuscoli di Lanspergio, senza però aver la fortuna di incontrarlo.

* Esempio 34. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 7. Bologna, 1681, II, pag. 125. - Nota dell'Auriemma: A. Mar. 19 iul.; nota più precisa di S. Alfonso: Ann. Mar. 19 iul.: cioè Annus Marianus del P. Paolo de Barry. - Aggiunge Auriemma, l. c.: Questo fatto vien «riferito dal nostro Barrio (P. de Barry), come testimonio di veduta.» - L'Annus Marianus - che non abbiamo finora potuto scoprire - non sembra sia stato scritto dal P. de Barry, ma cavato dalle sue opere. Si legge infatti, nella Bibliothèque des Ecrivains de la Compagnie de Jésus, dei fratelli De Bacher, I, Liège, 1853, pag. 48, col. 2, n. 23: «Le P. Alain Schirmbeckh a encore publié: Annus Marianus, auctore P. de Barry, Monachii, 1659.» Ad ogni modo, il fatto qui riferito non può esser altro che quello raccontato dal P. DE BARRY, nella sua bella e divota opera, tanto ingiustamente messa in ridicolo, con spirito giansenistico e sotto l'ispirazione di Nicole, da Pascal, nelle sue «Provinciales»: Le paradis ouvert à Philagie par cent dévotions à la Mère de Dieu, chap. 14, Paris, 1868, pag. 350 (prima edizione: Lyon, 1636): «Je connais un religieux de notre Compagnie qui, ayant été en sa jeunesse, durant quatre ans, au service d'un grand seigneur en qualité de page dans toutes les occasion d'une vie libertine, sans aucune dévotion ni prière, sauf de dire une fois tous les jours l'oraison Sub tuum praesidium, n'ayant retenu que cela de nos écoles qu'il avait quelque peu fréquentées, se résolut quelque temps après de reprendre ses études et de quitter le monde: ce qu'il exécuta fort heureusement. Il n'attribuait son changement de vie et le bonheur de sa vocation qu'au soin maternel que la sainte Vierge eut de lui pour avoir dit la susdite oraison à la manière que je viens de raconter.» - Quando venne pubblicato l'Annus Marianus (1659), viveva tuttora il P. de Barry (+1661) e poté da lui sapere il P. Schirmbeckh chi fosse quel religioso, ed esser egli vissuto 50 anni esemplarmente in religione.

* Esempio 35. - «J' ai vu a Tournon, en Vivarais, un hérétique malade - c'était l'an 1610 - obstiné en son erreur. Comme toute sa vie il avait été hérétique, jamais il n'avait invoqué la Vierge, selon qu'il le déclarait. Ayant été prié à importunité de l'invoquer une seule fois, après avoir longtemps résisté, il consentit enfin à la prier une seule fois. Il ne dit que ces paroles: «Mère de Jésus, assistez-moi.» O merveille! il n'eut pas sitôt fait cette petite prière jaculatoire, qu'aussitôt après il dit qu'il voulait se convertir. Ce qu'il fit. Il abjura donc son hérésie, reçut les sacrements, et mourut ainsi bien disposé. Ce changement s'opéra en deux heures. Pourtant, durant huit jours, des jésuites, qui le visitaient successivement, l'avaient engagé, mais en vain, à revenir à Dieu. Ce ne fut que lorsqu'un d'eux parvint à le faire prier la sainte Vierge qu'il se convertit. Et j' ai été témoin oculaire de ce fait.» Paul de BARRY, S. I., Le paradis ouvert à Philagie par cent dévotions à la Mère de Dieu, 8 février. Paris, 1868, pag. 91, 92.

* Esempio 36. - PATRIGNANI, S. I., Menologio di pie memorie d'alcuni Religiosi della Compagnia di Gesù, 18 settembre: Del P. Luca Cavallero, ucciso dai barbari Indiani (1711), n. 12. Venezia, 1730, III, pag. 158 (del mese di settembre).

* Esempio 37. - RHO Giovanni, S. I., Sabbati del Gesù di Roma, Bologna, 1679, Esempio 71, pag. 408-411. «In Madrid eravi, l'anno decimo del secolo cui corriamo, un cittadino di mezzana condizione, ma di lodevolissimi costumi, e divotissimo in particolare di una famosissima immagine di Nostra Signora, cui spagnuolmente dicono dell'Antiochia. Ella è di antica e greca maniera, e leggonsi lettere greche, le quali dicono Theotocos; ma il volgo ignaro, già sono secoli, alterando barbaramente la pronuncia, come io vi ho detto, Antochia [De Atocha] la chiama...» - Alonso de ANDRADA, S. I., Discursos del bautismo de Nuestra Señora, Madrid, 1639.

* Esempio 38. - Valenza «in Fiandra», cioè Valenciennes, attualmetne capoluogo di circondario nel dipartimento del Nord, in Francia. - Hal o Halle, pellegrinaggio assai celebre a Maria SS., a poca distanza da Bruxelles. Il rinomato letterato Giusto Lipsio (+ 1606) scrisse un opuscolo intitolato: Diva Virgo Hallensis: beneficia eius et miracula fide atque ordine descripta. Opera, III, Vesaliae, 1675, pag. 1235-1292. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 1. Bologna, 1681, II, pag. 25, 26. - AURIEMMA segna l'anno 1613, e An. Soc.: non s'incontra però questo racconto all'anno 1613, negli Annales Mariani Societatis Iesu, del Nadasi, Roma, 1658.

* Esempio 39. - Menologium Cisterciense, 22 dec.: «In Saxonia, beatus Adam, monachus beatae Mariae de Luka. Qui in ipsa infantia, cum necdum verba pronuntiare perfecte valeret, salutationem angelicam dicit, et eam balbutiendo, incredibili tamen affectu, saepissime repetebat. Cumque in eo pia affectio erga Deiparam in dies augeretur, ab eadem Regina angelorum visitari, et familiarissimo perfrui colloqui meruit...» Nota d): «Cum nocte quadam ante templum quoddam divam Virginem salutasset, illico fores divinitus reseratae sunt. Quid autem in templo... viderit, sic ipse narrat: «Tanta erat in ecclesia claritas, ut fulgori meridiano assimiletur; quam cum stupidus intrassem, vidi ante maius altare septem matoronas pulcherrimas residentes, unam in medio quae ceteris clarior erat; quae me vocans, cum propius accessissem, post alia verba, ait: «Nosti quae sim?» Cui cum dicerem: «Non, Domina,» respondit: «Ego sum Mater Christi, et Domina huius oratorii: quia mei memoriam solitus es habere, ego tibi curam adhibeo,» etc. Et subiecit: «Ad me accede, Adam;» quod et feci. Flectente me coram ea genua, manum super caput meum ponens, ait: «Ab hac hora, usque ad diem mortis tuae, non dolebis caput,» etc. Plura vide apud Montalbum,» (Barnabam de Montalbo, Chronicorum tom. 1). Menologium Cisterciense notationibus illustratum, auctore R. P. Chrysostomo HENRIQUEZ, Ord. Cist., Antverpiae, 1630, pag. 425. - Cesario (CAESARIUS Heisterbacensis, Dialogus miraculorum, dist. 7, cap. 24 (al. 25), riferisce pure il fatto, narrato a lui dallo stesso Adamo, di passaggio nel convento di Heisterbach. Succedette il miracolo quando Adamo era ancora fanciullo ed andava alla scuola. «Cum, inquit, essem puer, ita caput habebam scabiosum, ut, prae foetore putredinis eius, mecum sedere vel legere scholares recusarent.» Supplisce poi Cesario, colle parole di Adamo, agli etc. di Henriquez. In vece di «post alia verba», e degli etc., leggiamo: «Ait: «Bone puer, quare non adhibetur cura capiti tuo?» Respondente me: «Domina, satis circa me laboraverunt amici mei, sed nihil profecerunt;» subiunxit illa: «Nosti quae sim?» Cui cum dicerem: «Non, Domina;» respondit: «Ego sum Mater Christi, et Domina huius oratorii. Quia mei memoriam sollicitus es habere, ego tibi curam adhibebo. Accipe fructus ligni fusilis, et fac tibi hodie ex eo lavari caput tribus vicibus ante missam, in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, statimque curaberis.» Et adiecit: «Accede ad me.» Quod et feci. Flectente me coram ea genua, manum super caput meum ponens,» sulla testa tutt'ora scabbiosa del fanciullo, non avvezzo a simili carezze, «ait: «Ab hac hora usque ad diem mortis tuae non dolebis caput.» Mane vero cuidam feminae, quae me nutrivit, omnia haec retuli. Quae in vallem proximam descendens, et ostensos fructus colligens, praedicto modo caput meum lavit, statimque convalui. Dolorem vero capitis numquam ab illa hora passus sum, cum tamen hoc in Ordine satis sit miraculosum.»



* Esempio 40. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 1. Bologna, 1681, I, pag. 6, 7. - Fonte: Chron. Min., tom. 4, lib. 5, c. 23. Queste indicazioni non corrispondono colle «Croniche dei Minori» che conosciamo.

* Esempio 41. - RHÒ, Sabbati del Gesù di Roma, Bologna, 1679, Esempio 29, pag. 177-182. - LABBE Philippus, S. I., Nova bibliotheca manuscript. librorum, I, Parisiis, 1657, pag. 319:«(Post Chronicon Dolense) delatum est ad me... membraneus alter codex de Miraculis B. Mariae Dolensis, ab eiusdem celeberrimi Monasterii religioso iam olim conscriptus...» Il primo dei miracoli riferiti è questo: «Ansealdus de Barbanso, famosissimus eques in satellitio profano, expertus est in se virtutem Dei Genitricis, et ita nobis confessus est. Ante quatuor annos, in expeditione quadam Comitis Richardi vulneratus sum faciem spiculo quadrato, quod ossi maxillae superioris ita vehementer intersutum est et inhaesit, ut omnium medicorum manus... desperaret. Quid plura? Cicatrix vulneri obducta est. Septimana autem hac evoluta, gravis aegritudo me vehementer afflixit. Hesterno vero sabbato, videlicet quod praecessit Nativitatem sancti Ioannis Baptistae, dum cruciarer aegritudine et ferrum chirurgi maxillae meae formidarem, repente converti me ad implorandum perpetuae Virginis auxilium, votoque et fide dixi me esse hominem illius, et per singulos annos vitae meae argenteum nummum pro servitute illi solutum ire professum sum. Continuo ferrum illud quadratum divinitus motum est et sine dolore eccidit in os meum: aperto ore sumpsi illud et adstantibus ostendi. Mirantur omnes et magnificaverunt Genitricem Dei, cuius pietas tanta beneficia etiam non merentibus impertitur. Mox equum ascendi iuvamine meorum, nam morbi infirmitate longoque ieiunio mihi macerato defecerant vires. Ad hunc sanctum locum veni; pignus hominii mei, unum scilicet argenteum, obtuli super lapidem sacrum. Retuli Monachis quae circa me gesserat Mater Domini benignitate consueta. Monachi vero responderunt mihi quod hodierna Dominica huc redirem, mecumque deferrem spiculum ad argumentum mihi beneficii collati. Ego autem spopondi, si vires sufficerent, ita me facturum. Sic ingrediar ad altare Dominae meae, ibique reddam vota mea et profitebor biennii censum. Itaque fultus utroque latere gradus altaris utrosque superavi. Igitur, oratione completa censuque soluto, sensi me penitus aegritudinis molestia exoneratum. Et aio fulcientibus latus meum: «Dimittite me, adminiculo vestro non indigeo: virtus Dominae meae restituit mihi sanitatem. Nunc vere scio, quia crastino visitabo locum istum, et sermonis mei deferam argumentum.» Ego vobis illud ostendo et sicut mente spopondi, ita coram confiteor, et sacrilegam militiam in perpetuum abiuro.» Haec illo prosequente, multitudo equitum copiosa..., et plebs immensa, magnificabat Deum, eiusque Matris virtutem glorificabat.»... - Su quella immagine miracolosa, vedi il nostro vol. precedente, Appendice, 4, pag. 355-358.

* Esempio 42.- Adrianus LYRAEUS, Trisagion Marianum, lib. 2, modus octavus, pausa duodecima. Antverpiae, apud Meursium, 1646, pag. 223, 224.  «Locupletissimum... testem habeo P. Alphonsum de ANDRADA, lib. 2 de Imitatione Virginis, cap. 23, § 1, ubi sic scribit: «Annus agebatur a Christo nato 1622, cum in loco non ignobili regni Toletani quidam e primoribus, qui a teneris devotioni erga Deiparam assueverat, pristini fervoris immemor, tum in cetera iuventutis vitia, tum in foedas libidines sese profudit, et quamquam de fervore remitteret in cultu Virginis, frequentabat tamen eius sodalitates, ac festos dies sedulo colebat, ad haec sacellum quoddam honori Virginis dedicatum, quo accolae convenire solebant, restaurare instituit, eiusque imaginem ornatiore cultu donavit. Sed fregit animum iuvenis, diaboli fraus, eumque in consanguineae cuiusdam amores sic immersit, ut eam domo receptam publice matris, privatim concubinae loco haberet.» Quindi visione di una pia vergine; incredulità del confessore, persuaso poi con un segno datogli per ordine di Nostro Signore; avvisi molteplici al giovane, di lasciare il peccato e di fuggir l'occasione; ricadute, per le arti della sfacciata e scaltra complice; congedo dato al confessore, il quale però, l'ultima notte, pronto ad accorrere, vien chiamato dai servi: «repentino aliquo malo exspirare dominum, cum concubina lecto decumbentem. Neque segniter sacerdos accurrit. Spirabat etiamnum miser, atque in hanc vocem erumpebat: «Vae mihi, cor iaculo transfixus emorior!» Inutili sforzi del sacerdote per ottenere un qualche segno di contrizione, e morte infelice del misero; morte conosciuta in quella stessa ora dalla pia vergine, «ipso Iudice fatale telum in eum emittente». - L'opera del P. Andrada viene intitolata: Guia de la virtud y de la imitación de Nuestra Señora para todos estados. Uscì alla luce in Madrid, in tre volumi: il primo nel 1642; il secondo nel 1644; il terzo nel 1646, lo stesso anno che il Trisagion Marianum del Lireo. Nel 1671, il P. de Andrada publicò un'altra opera di simile argomento, ma più breve: Escuela de Maria Santissima. Morì ottuagenario nel 1672.

* Esempio 43. - RHÒ, S. I., Sabbati del Gesù di Roma, Bologna, 1679, esempio 42, pag. 252-254. Il giuocatore si chiamava Masaccio di Vigenzone. «Si arrese monaco Cisterciense nel monastero famosissimo di S. Ambrogio in Milano.» Il fatto avvenne nel 1242, «nel giorno della Nunziata.»

* Esempio 44.- SINISCALCHI Liborio, S. I., Il martirio del cuore di Maria Addolorata, considerazione 38, Venezia, 1784 (la prima edizione è di Napoli, 1735), pag. 268, 269. Il Siniscalchi cita come fonte un tal Pietro del Pezzo, Dolori di Maria Vergine, Speculazione 7.

* Esempio 45. - Il Ven. Servo di Dio CESARE SPORTELLI, fu uno dei primi e più cari figli di S. Alfonso. È incredibile quanti peccatori abbia adescati con quella «esca dolcissima» che è Maria SS. In pubblico ed in privato, soleva dire: «Corri, corri, peccatore, che la Mamma t'incappa.» E veramente la «Mamma» finiva coll'«incappare» il povero fuggiasco. S. Alfonso stesso cominciò a prender note per scrivere almeno un compendio della vita del Servo di Dio, e fece i primi passi per l'introduzione della sua causa di beatificazione, la quale speriamo sia per giungere finalmente a felice termine.

1 L'aggiunta chiusa fra le due lineette s'incontra la prima volta nella II edizione, 1756, essendo morto il Ven. Sportelli il 19 aprile 1750 all'età di anni 48.

* Esempio 46. - Acta Sanctorum Bollandiana, die 21 mensis augusti, vol. XXXVIII, mensis aug. IV (Parisiis et Romae, 1867), pag. 475 et seq., Vita (B. Bernardi Ptolomaei), collectore anonymo, quae ex Actis tum latinis tum italicis excepta est. - Il B. Tolomei, senese, chiamato Giovanni al battesimo (1272) e Bernardo nel prendere l'abito religioso (1319), indotto da circostanze straordinarie, si era ritirato nella solitudine allora detta di Acona (1312), con due compagni, i beati Ambrogio Piccolomini e Patrizio Patrizi, senatori di Siena, a menare vita eremitica. Dopo sei anni, accusato come eretico od almeno novatore presso il Papa Giovanni XXII, fece il viaggio di Avignone per giustificarsi, ed insieme esporre al Pontefice i suoi progetti di vita religiosa. Benignamente accolto, e riconosciuto non solo innocente ma degno di grandissima stima, fu rimandato dal Papa al vescovo di Arezzo (essendo in quel tempo Acona - oggi di Pienza - della diocesi di Arezzo). Il vescovo «Guido Petramalius», incaricato di sottometterlo ad una delle Regole approvate nella Chiesa, prescrisse a Bernardo ed ai compagni un triduo di digiuno e di pubbliche preghiere. «Novissima nocte, Petramalio inter summa silentia quiescenti adest caelorum Regina... Sic illum amicis compellat verbis: «Mihi Acconensis eremus sacra, meis auspiciis surgit recens familia. Divino proinde decreto placet Congregationem meo nomine appellari sanctae Mariae a Monte Oliveto. Benedicti Regulam custodiat, candidis vestibus et hisce insignibus (e porse lo stemma della novella Congregatione) utatur.» (Vita, cap. 2, n. 20, pag. 478, 479.) - Vita, cap. 3, n. 34, pag. 481, col. 1: «Illucescente assumptae Virginis solemni die,» il Beato meditava quel grande mistero, «scire interim cupidus num ea quae solvebat officia, sibi et Filio essent accepta, quidque de sua post exitum anima esset futurum. Prolixam post orationem, ipso oriente sole splendidior apparuit ei beatissima Virgo et... his ultro verbis compellat: «Bernarde, perfice inceptum cursum; accipies inter electos paratum tibi bravium a constitutione mundi.» Atque his prolatis, candidissima nubes eam e conspectu sustulit. Ipse autem de praemio securus, et viriliter... cursum prosequitur, et mortem postea vix explicanda oblectatione degustat.» - Morì nell'anno 76 di età, 35 dalla conversione, 29 dopo ricevuta la Regola e l'abito, 27 di prelatura, 1348 della Redenzione, il 20 di agosto, festa di S. Bernardo, come gli aveva annunziato S. Benedetto nel giorno della propria festa, 21 marzo. Vita, cap. 3, n. 41, pag. 482, col. 1: «Eadem hora, nempe tertia, qua Beatus Bernardus e vita migravit, quinque monachi vitae austeritate praeclari... diversis e locis viderunt Christum descendentem, inter Virginem Matrem suam et archangelum Michaelem, comitantibus D. Benedicto et D. Bernardo... aliisque beatis mentibus, animam decedentis excipere et duplici diademate coronare.»

* Esempio 47. - Magnum speculum exemplorum, dist. 5, exemplum 61. Venetiis, 1618, pag. 318, 319. - Fonte: THOMAS CANTIPRATANUS, O. P., Miraculorum et exemplorum memorabilium sui temporis libri duo, lib. 2, cap. 29, n. 21. Duaci, 1605, pag. 300-304. - Agnese aveva dovuto fuggire dal suo convento, completamente distrutto in una guerra. Quando fu liberata dalle mani del demonio, rimase cinque anni presso una ricca ed onesta signora ebrea, di nome Sara, la quale, per opera di Agnese, venne istruita nella fede cattolica. Il marito, per questo, diede tre mortali coltellate ad Agnese, la quale fu, da Maria SS., o preservata dalla morte o risuscitata, e fuggì da quella casa. Sara, sequestrata per due anni, riuscì anch'essa a fuggire, ricevette, con alcuni suoi figli, il battesimo, e prese il nome di Geltrude. Dopo qualche anno, ritrovò Agnese, che erasi ricoverata in un convento, e da essa creduta morta: riconobbe le cicatrici delle coltellate. Morì santamente Agnese nel 1265. Geltrude viveva tuttora in una città della diocesi di Colonia, «miro fidei calore succensa,» quando scriveva il Cantipratano.

* Esempio 48. - IACOBUS DE VORAGINE (de Varagine, da Varazze), O. P., Archiepiscopus Genuensis, Legenda aurea, in festo Assumptionis B. M. V., - Magnum speculum exemplorum, dist. 8, exemplum 61. Venetiis, 1618, p. 518, 519.

* Esempio 49. - PATRIGNANI, Menologio, 8 luglio (1717), Del P. Gianmaria Salvaterra, n. 23. Venezia, 1730, III, pag. 71 (del mese di luglio).

1 Parrucca.

* Esempio 50. - NIEREMBERG, Trophaea Mariana, lib. 2, cap. 14, Antverpiae, 1658, pag. 36: «Regnabat Toleti Alcmeon, perfidus et cruentus Christianorum hostis; qui tamen fuit pater S. Casildae. Hic in Christianorum odium et vastationem misit cum ingentibus copiis filium eximium ducem, vocatum Petranem, iubens illum ut omnia Christianorum oppida vastaret. Quod egregie praestitit ille, innumeram christianorum captivorum praedam secum abducens usque ad oppidum Itam, atque in valle vicina decrevit spolia dividere, captivosque inter suos milites distrahere. Miseri Christiani SS. Deiparam continuo planctu invocabant; iamque cum ad divisionem accederet dux Maurus, apparuit caelestis Regina cum magna maiestate et splendore super arborem ficum; unde Petranem alloquens dixit, christianas illas gentes suas esse, atque sub patrocinio suo habere; quaptopter eas relinqueret liberas. Incertus autem ille quaenam esset illa pulcherrima femina, interrogavit eamdem Virginem; quae palam respondit se esse Virginem Mariam, quae peperit Filium Dei in humani generis remedium, ac propterea ipsam quoque esse Advocatam peccatorum, praesertim illorum, qui eius implorabant auxilium. Sauciarunt haec verba Sarraceni cor et emollierunt, ut non solum libertatem concederet captivis, sed ipsum se quoque tradidit Christo captivum, summopere desiderans baptismo regenerari. Mirum dictu et factu! Ipsa B. Virgo instruxit illum in doctrina christiana et mysteriis; ipsaque ducens illum ad proximum fontem, sua manu baptizavit, iussitque Romam adire, summoque Pontifici praesentari, et factum illud exponere. Tanto beneficio attonitus Petran gratusque, aedificato ibidem sacello, decrevit deinceps, post reditum ex Romana peregrinatione, soli Christo militare, et servire Matri eius continuis orationum et ieiuniorum obsequiis, collocans in sacello imaginem Deiparae, quae adhuc multis mirabilibus claret, vocaturque Domina nostra de Sopetran. Exstat nunc ibidem coenobium Ordinis S. Benedicti. Fons quoque, ubi virginea manu baptizatus fuit Petran, adhuc perstat, et miracula per illius aquam potatam, gloriam SS. Virginis ostendunt. Haec historia certissima et nota est;: constatque, praeter traditionem, ex Annalibus Benedictinis; eamque perspicue testatur Pereda in sua Historia, lib. 4, c. 3. Ego saepe sacellum illud visi, et ex fonte potavi.»

* Esempio 51. - Sermo de conceptione B. Mariae, inte Opera S. Anselmi, ML 159-321: «In pelago Gallico, canonicus quidam, ordine sacerdos, solitus B. Mariae horas canonicas decantare, a villa quadam, ubi cum uxore alterius fornicatus fuerat, rediens, ad oppidum in quo morabatur tendere curans, et pelagus Sequanae (cioè l'estuario o imboccatura della Senna) transmeare cupiens, solus navem ingressus Dominicae Matris horas navigando canere coepit. Cumque invitatorium, Ave, Maria, gratia plena, Dominus tecum, diceret, et iam in medio fluminis esset, ecce turba magna daemonum in profundo pelagi, una cum eius navicula eum praecipitavit, et eius animam rapuit ad tormenta. Die autem tertia, locum quo daemones eum tormentis afficiebant, venit Mater Iesu cum magna angelorum societate, dicens eis: «Ut quid animam famuli nostri ita iniuste affligitis?» «Nos, inquiunt, eam debemus habere, et merito, quoniam in nostris operibus capta est.» Quibus Mater Iesu: «Si illius debet esse cuius opera faciebat, ergo nostra debet esse, quoniam matutinas nostras, dum vos eum peremistis, decantabat; unde magis rei estis, qui iniqua contra me egistis.» His dictis, daemones huc illucque dispersi fugerunt, et beata Maria animam reduxit ad corpus, et hominem ab utroque funere suscitatum per brachium arripiens, aquam a dextris et a sinistris quasi murum stare iubens, de profundo pelagi ad portum incolumen reduxit. At ille gaudens pedibus B. Virginis prostratus ait: «Carissima domina mea, et Virgo speciosa Christo carissima, qiud tibi tribuam pro tantis beneficiis quae mihi fecisti? Liberasti me de ore leonis, et de tormentis inferni gravissimis animam meam.» Cui Mater Iesu ait: «Precor te ne de cetero in adulterii peccatum cadas, ne fiat tibi novissimus error peior priore. Precor te iterum de cetero festum conceptionis meae devote celebres annuatim VI Idus decembris, et ubique celebrandum praedices.» Mox ut id dixit B. Virgo Maria, eo cernente caelos ascendit, et ipse eremiticam vitam ducens, quod sibi acciderat cunctis audire volentibus narravit, et postea, quamdiu vixit, illud festum conceptionis solemniter et devote celebravit, et celebrandum praedicavit.» Nelle sue Homiliae, pars 2, Coloniae, 1572, il Clictoveo (Iudocus CLICHTOVAEUS) ha quattro Sermones in festo conceptionis B. M. V., pag. 9-33. Ivi non riferisce questo fatto, ma bensì nel suo trattato De puritate conceptionis B. M. V. (con tre altri trattati dello stesso autore), Parisiis (Henricus Stephanus), 1513, fol. 20, a tergo, fol. 21, a fronte. «Cap 15. Quod ex divina revelatione et miraculis, conceptionis festum praeceptum est celebrari. Vicesima octava ratio.» E dopo aver riferito due altri miracoli, presi dal medesimo Sermone ch'egli crede di S. Anselmo, soggiunge questo terzo: «In pelago Gallicano sacerdos ob impuritatem vitae a daemonibus aquis obrutus, et sacratae Virginis Mariae praesidio postea eorum manibus ereptus atque vitae restitutus, iussus in suscepti beneficii compensationem a sacra Virgine singulis annis celebrare et celebrandam denuntiare immaculatam ispius conceptionem.»

* Esempio 52. - Vedi Appendice, 13, pag. 566 e seg.

* Esempio 53. - Sermo de Conceptione B. Mariae, inter Opera S. Anselmi, ML 159-320, 321: «Tempore namque Caroli regis Francorum illustrissimi, clericus quidam, ordine diaconus, Hungariae regis germanus...» Si narra in fine che, fattosi monaco, diventasse patriarca di Aquileia, ed ivi istituisse la festa della Concezione di Maria. -AURIEMMA, Affetti scambievoli, Bologna, 1681, parte 1, cap. 8, pag. 110, 111. - SPINELLUS, S. I., Maria Deipara thronus Dei, Neapoli, 1613, cap. 39, pag. 565: «Et sane benignissima Virgo eam pietatem (di recitar l'Officio della Madonna) miraculis aliquando comprobasse legimus, ut videre licet in fratre regis Hungariae, quem tempore Caroli Francorum regis horas has dicentem clementer visitavit, a carnalibus nuptiis, quas solum contraxerat, ad castitatem in religione servandam traduxit, eique festum Conceptionis celebrandum edixit, quod fusius in tractatu de festis Deiparae ex Iacobo de Voragine et ex Epistola Anselmi retulimus.» - IDEM (nello stesso volume, continua la paginazione), Tractatus de festis ac templis Deiparae, pars 1, n. 2, pag. 676. - Lo stesso fatto viene riferito nella Summa aurea, Migne-Bourassé, XI, col. 1118, 1119, «ex Petro Antonio SPINELLO», con alcune circostanze però che non sono dello Spinelli. Il giovine non è più fratello del re d'Ungheria, ma «commoratus aliquo tempore in aula regia Hungariae iuvenis quidam regio sanguine inclitus, quem Caroli Galliae regis fratrem complures opinantur;» e pur diventa erede del regno, cioè, a quanto sembra, di quello d'Ungheria; e vien fatto «Aglariensis in Friulia episcopus ac patriarcha.» - IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, cap. 131 (al. 126), De Nativitate B. M. V., n. 8, Vratislaviae, 1890, pag. 593: «Fuit quidam clericus, qui beatam Mariam valde diligens, horas eius sedulo decantabat. Cum autem parentes eius morerentur, alium non habentes heredem, eidem hereditatem dimiserunt. Compulsus est igitur ab amicis, ut uxorem acciperet et hereditatem propriam gubernaret. Quadam autem die, cum ad celebrandas nuptias tenderet, in itinere quamdam ecclesiam reperit, et recordatus servitii beatae Mariae, in ipsam ingrediens, horas eius dicere coepit. Et ecce beata Maria eidem apparuit, et quasi severius ei dixit: «O stulte et infidelis, cur me amicam et sponsam tuam relinquis, et mihi feminam aliam anteponis?» Ad hoc ille compunctus ad socios rediit, et totum dissimulans, celebratis nuptiis, media nocte omnibus relictis de domo confugit, et monasterium intrans, beatae Mariae devote servivit.»



* Esempio 54. - Non abbiamo incontrato, presso S. Gio. Climaco un monaco per nome Carcerio, né ritrovato il fatto nel Prato fiorito. - Però S. PIER DAMIANI riferisce un fatto simile, Epistolae, lib. 6, Epistola 29, ad Stephanum monachum, ML 144-420: «Sororis meae filius Damianus, religiosae videlicet indolis adolescens, dum haec coram eo scriberem, retulit, quod apud Gallias in litterarum studiis constitutus, fama vulgante, cognovit. Clericus quidam Nivernensis Ecclesiae, morbo depressus elanguit; iam iamqe superexcrescente molestia, moribundus ad extrema pervenit. Hic plane regulam sibi sanctae servitutis indixerat, ut beatae Dei Genitrici quotidiana per singulas horas laudum vota persolveret; cumque de vita illius iam nemo pene confideret, et velut egressurus in eius pectore spiritus anxie palpitaret, ecce gloriosa Mater Dei sibi visibiliter astitit, et sacri uberis papilla lac exprimens, eius labiis instillavit; et divinae virtutis antidoto protinus ille, resumptis viribus, ex infirmitate convaluit, et mox clericalibus ornamentis indutus, ecclesiam adiit, seseque psallentium fratrum choro laetus interserens, mirum videntibus spectaculum praebuit. Dicitur etiam quod adhuc tunc in labiis eius quaedam lactis videbantur vestigia. Quae autem sibi verba B. Virgo protulerit, quamvis mihi utcumque dicantur, quia certus non sum, non adhibeo fidem, quoniam in veritatis lineam vel leviter impingere pertimesco: quamvis per hoc coniici possit, quoniam iisdem labiis, quibus eam ille laudavit et coluit, gloriosa Virgo lac salutis immulsit.»

* Esempio 55. - Carlo BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria, detti nella chiesa del Gesù di Roma. Parte 4, esempio 5. Venezia, 1749, pag. 45-53. - Nota il Bovio (p. 53): «Tutto questo racconto, che si ha nelle nostre Lettere annue, è dell'istesso P. Diego di Acosta; lo rapporta anche il P. Giovanni Sebastiano, della nostra Compagnia, nel tomo 2 del Bene dello stato sacerdotale, e più stesamente il P. Alonzo di Andrada, Nel suo Itinerario, al grado settimo.» - Io. SEBASTIANUS PARRICIUS scrisse De bono, excellentiis et obligationibus status clericalis et sacerdotalis, lib. IV. Così Ribadeneira, Alegambe et Sotvellus, Bibliotheca Scriptorum S. I., Romae, 1576, pag. 503, col. 2. - Alonzo de ANDRADA, Itinerario historial, que debe guardar el hombre para caminar al cielo: Madrid, 1648; Madrid, 1657, 2 tom.

* Esempio 56. - CAESARIUS Heisterbacensis, Dialogus miraculorum, dist. 7, cap. 23 (al. 24). Coloniae, etc., 1851, II, p. 31-33; Antverpiae, 1604, p. 411, 412. - Cesario non segna esattamente l'anno; dice soltanto: «Ante hos annos...» Dopo la mutilazione, il compagno del sacerdote lo condusse «cum multo labore Cluniacum,» ove successe il miracolo, ove pure il sacerdote restò, fattosi monaco. Cesario conchiude così il suo racconto: «Cum Ioannes scholasticus Xantensis circa idem tempus esset in provincia Albiensium cum exercitu Domini, audiens de tanto miraculo, in reditu Cluniacum venit, iam dictum monachum sibi ostendi petivit et obtinuit, linguam vidit, ab eius ore, quae dicta sunt, audiens. Sicut nobis retulit idem Ioannes, reliqua carne candidior est, in loco praecisionis servans cicatricem. Huius miraculi testis est universus Cluniacensium conventus, usque hodie.» - Sembra probabile che, all'anno 1228, debba sostituirsi l'anno 1208 incirca. L'anno seguente entrò in campo l'esercito dei Crociati contro gli Albigesi.

* Esempio 57. - DIOTALLEVI, Trattenimenti spirituali (sulla servitù ed amore di Maria SS.), parte 1, Venzia, 1723; in fine Aggiunta d'alcuni esempi, esempio 4, pag. 293-299. - Carolus SIGONIUS, De regno Italiae, lib. 1, Agilulfus Rex: Opera omnia, II, Mediolani, 1732, pag. 51. Sigonio riferisce il fatto con tutti i particolari tramandati dalla tradizione; e conchiude: «Quo viso, Gregorius exhilaratus, converso ad populum ore: «Bono omnes, inquit, animo estote; nam optatus divinae irae ac furentis iampridem pestilentiae finis, Deo ipso annuente, ostenditur.» Atque ita, ut ille praesensit, ipse deinde morbus elanguit. Ab hac re, moli S. Angeli nomen est inditum. Haec ita ut in Ritualibus scripta sunt retuli.» Tutti sanno qual nome si sia meritato il Sigonio per le sue diligenti ricerche e sagaci interpretazioni dei documenti. - BARONIUS, Annales ecclesiastici, an. 590, n. 13, Venetiis, 1739, VIII, pag. 7: «Habent veteres Rituales libri... ultimis litaniis esse processum ad basilicam Apostolorum principis Petri, atque ab eodem Gregorio sanctam imaginem Deiparae magna veneratione delatam: fiusse autem illa traditur, quae hactenus exstat in basilica S. Mariae ad Presepe (S. Maria Maggiore), et a populo honorifico cultu frequentatur: eam tum a S. Gregorio in processione delatam, Ordo Romanus, quem pluribus exemplaribus Vaticana bibliotheca custodit, affirmat: quibus maior procul dubio adhibenda fides est, quam cusis haud pridem Venetiis. Tunc vero et mirandum illud accidisse, tradunt, ut, cum pervenisset procedendo Gregorius ad molem Hadriani Tiberi adiacentem, in signum reconciliati Numinis, visus fuerit angelus nudatum gladium in vaginam reponere, eoque symbolo morbum cessasse significare voluisse, quemadmodum, ut superius ex eodem Gregorio dictum est, per sagittas visas caelitus lapsas idem fuerat divinitus praemonstratus. Sic itaque in tempore concitatae divinae iracundiae, ut scriptum est (Eccli. XLIV, 17), factus est reconciliatio, cum averterit ipse divinam indignationem a populo: cuius rei gratia in litaniis illis, quae annua celebritate in Ecclesia antiquo usu recurrunt pro omnibus avertendis malis, idem Gregorius preces indixit cum gratiarum actione pro tanto accepto beneficio. Exstat eius indictionis formula...» - I moderni critici non hanno messo fuori alcun nuovo documento che cambiasse lo stato della questione: questa sta nei medesimi termini che ai tempi di Sigonio e di Baronio. Ci sia dunque lecito di avere, per quella tradizione romana, il medesimo rispetto che questi due grandi critici: non più, ma non meno. - Gli argomenti degli avversari non sono convincenti, e neppur ci sembrano persuasivi. Fanno valere il silenzio dei due primi biografi di S. Gregorio, quello dei diligenti relatori anglosassoni dei fatti del gran Pontefice, e, più di tutto, il silenzio pure di S. Gregorio di Tours. «La maggiore difficoltà, scrive H. GRISAR, S. I., Roma alla fine del Mondo antico, parte 3, Roma, 1899, pag. 33, nota 1) che abbia la critica ad ammettere l'apparizione dell'angelo, si toglie da ciò, che il vescovo di Tours ricorda solamente come Gregorio continuasse instancabilmente a predicare, e non fa neppur da lontano allusione alla cessazione della peste; mentre pure aveva raccolto le notizie di quanto allora accadeva in Roma dalla bocca del suo diacono, il quale era stato testimonio oculare de' fatti.» - I due biografi, quantunque i primi, sono di molto posteriori ai tempi di S. Gregorio Magno. Il primo, Paolo diacono, scrisse la Vita del gran Pontefice, per altro brevissima (comprende soltanto 29 numeri, poco più di otto pagine della ML), alla fine del secolo VIII; il secondo, Giovanni diacono, dedicò l'opera sua a Papa Giovanni VIII, eletto nel 872. Questo secondo biografo scrisse bensì a Roma: ma né l'uno né l'altro era Romano; lo stesso notisi dei relatori anglo-sassoni, i quali, lontani da Roma, hanno conosciuto i documenti scritti, e facilmente han potuto ignorare le tradizioni locali. In quanto poi al diacono di Tours, principale appoggio degli avversari, la cosa è assai più chiara. La peste scoppiò in Roma alla fine del 589; nel febbraio 590, morì della peste il Papa Pelagio II; venne consacrato S. Gregorio Magno il 3 settembre dello stesso anno. Viene provato da documenti certi che vi furono più processioni, almeno due: l'ultima, quella che presagì la fine del flagello, fu a Pasqua del 591. Ora, il diacono di Tours eragià pronto alla partenza quando morì Pelagio II, nel febbraio 590. Venuto a Roma non per altro che per aver reliquie, le aveva ricevute, per ordine del Pontefice, da Gregorio, allora diacono. Trasportate queste reliquie con solennità al porto, tornò a Roma per assistere alla consacrazione di Gregorio: 3 settembre 590. Assistette bensì alla prima processione, prescritta da Gregorio, eletto, ma non ancora ordinato; e da lui abbiamo questo particolare, che, in quella processione, nello spazio di un'ora, ottanta uomini caddero morti (Baronius, an. 590, n. 12, pag. 7, col. 1; S. Gregorius Turonensis, Historia Francorum, lib. 10, cap. 1, n. 1, ML 71-529). Ma dove apparisce il menomo indizio o sospetto che il diacono di Tours sia rimasto a Roma fino all'aprile 591? Tutto ciò vien confermato dal testo di S. Gregorio di Tours, l. c., non già contrario, ma favorevole alla nostra sentenza: «Sed non destitit sacerdos praedicare populo, ne ab oratione cessarent. Ab hoc etiam diaconus noster reliquias sanctorum, ut diximus, sumpsit, dum adhuc in diaconatu degeret... Sed nec destitit diaconus noster, nisi ad episcopatum eius de Porto (al. de portu) rediret, et qualiter ordinatus fuerit, praesenti contemplatione suspiceret.» - Notiamo però che Baronio, e, quindi l'Ordo Romanus citato da lui, parlano dell'apparizione dell'angelo, ma tacciono del canto dell'antifona Regina caeli: questa ultima circostanza rimane dunque assai più dubbia.

* Esempio 58. - Discipulus, cioè Ioannes HEROLT, O. P., Sermones Discipuli, Venetiis, 1598: Promptuarium Discipuli de miraculis B. M. V., Exemplum 82, pag. 35. L'autore rimanda allo Speculum historiale del Bellovacense. - VINCENTIUS BELVACENSIS, O. P., Speculum maius, tom. IV qui Speculum historiale inscribitur, Venetiis, 1591, lib. 7, cap. 83, fol. 85, col. 2: «Est quoddam municipium Aurelianensi civitati proximum, quod Avenon nuncupatur, ubi ecclesiam in honore B. Mariae Virginis cives aedificaverant. Qui cum aliquando obsessi ab hostibus intra oppidum gemerent, magis in Dei Genitricis Mariae quam in viribus propriis confidentes, cum parvulis et mulieribus ecclesiam petierunt, et imagini Sanctae Virginis devote assistentes, cordis et oris clamore eius auxilium deposcunt; completisque precibus lacrimosis, redeuntes imaginem secum deferunt, et ad tutelam sui ac terrorem hostium in porta statuerunt. Quidam autem ex civibus stans in portae custodia post imaginem, mittens in adversarios iacula, magnam stragem de hostibus faciebat. Hunc latentem quidam hostium aspiciens: «Nequissime, inquit, mortem non effugies. Nec iam tibi subvenire poterit effigies, nisi portam deserens urbem aperire festines.» Cumque vibrasset hostis iaculum in civem illum sagittarium, mirabile dictu, imago genu erexit, et iaculo se obiiciens illud excepit, sicque hominem sibi devotum ab imminenti periculo defendit. Qui gaudens per Virginem se mirabiliter liberatum, statim sagittam in adversarium dirigit, blasphemum deiicit: dispersus per ora populi rumor facti miraculi, ad hostes quoque pervenit. Tum clamatur ab omnibus quod Sancta Dei Genitrix pugnet pro civibus loci illius. Audientes hoc hostes, stupore simul et tremore permoti, arma proiiciunt, paci annuunt, ecclesiam Dominae nostrae adeunt, et magna donaria offerentes, de cetero se nihil loco illi nocituros sub testificatione promittunt. Usque in hodiernum diem imago illa permanet in eodem loco, iaculum adhuc gerens in poplite erecto.» - Avenum, oppure Avenon, era in quel tempo - cioè nel 896 o 897 - un borgo, colle proprie mura, separato dalla città di Orléans, ma vicinissimo: oggi fa parte integrante della città e si ricorda l'antico nome con quello di una via detta di Avignon. Gli assediatori erano i Normanni. Vuole la tradizione che la statua fosse stata trasportata in quel luogo nel quinto secolo da una colonia venuta dalla Siria. Era grandemente venerata, e molto più dopo il fatto miracoloso che liberò anche la città vicina, ridotta agli estremi. L'antica statua venne bruciata, il 21 aprile 1562, dai Calvinisti. Non per questo cessò l'avita divozione verso la Madonna, che si era meritato, e si merita tuttora, il nome di Notre-Dame des Miracles. Anziché scemarsi, si è rinvigorita, in questi ultimi decenni, tale divozione. Nella chiesa parrocchiale di S. Paolo, edificata nel recinto dell'antico borgo di Avenon, e nella quale si venera quella Madonna, si celebra ogni anno, in onor suo, una solennissima novena; e risponde tuttora Maria SS. con molte ed insigni grazie alle preghiere e alla fiducia dei suoi divoti, i quali ricorrono a lei anche da regioni lontane, come ci attestò l'attuale parroco di S. Paolo, Canonico Delahage.

* Esempio 59. - Carlo BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine... detti nella Chiesa del Gesù di Roma, parte 4, esempio 3. Venezia, 1749, pag. 27-32. - Il Bovio (p. 27) dice: «(Questo racconto) si ha da una lettera del P. Eusebio Nierembreg scritta al P. Giovanni di Alloza, il quale lo riporta nel suo Cielo stellato di Maria, al lib. 3, cap. 5, esempio 26.» L'opera dell'ALLOZA viene intitolata Cielo estrallado de mil y veinte y dos exemplos de Maria, Paraiso espiritual y tesoro de favores... Madrid, 1654. - S. Alfonso avrebbe potuto qui riferire un fatto in cui egli stesso, in tempo di sua gioventù, fu testimonio e parte. Viene narrato così dal TANNOIA, Vita, lib. 1, cap. 4: «Aveva D. Giuseppe (padre di Alfonso), come capitano delle galee, vari schiavi al suo servizio. Di questi uno, il più ben disposto che vi fosse, riccamente vestito, destinollo al servizio di Alfonso. Non passò gran tempo che lo schiavo disse da sé volersi far cristiano. Dimandato come e perché una tale risoluzione? rispose: «Mi son mosso dall'esempio del mio padrone: non può esser falsa, soggiunse, questa religione, nella quale il mio padrone vive con tanta onestà e divozione.» E come disse, così fece: fu costante nel suo proponimento, si fece cristiano, e tra poco se ne morì con segni patenti di predestinazione.» Nella nota poi si legge: «Il P. Mastrilli, girolimino, parente di Alfonso, udendo le buone disposizioni che questo moro aveva di farsi cristiano, lo chiese ad Alfonso, ed Alfonso glielo diede, per maggiormente vederlo istruito. Caduto infermo lo schiavo, il P. Mastrilli lo mandò raccomandato all'ospedale della Pace. Una sera, verso le quattro della notte, cominciò a strepitare dicendo che voleva il suo padrone, e tanto inquietò, che posto sossopra lo spedale, si dovette chiamare il Mastrilli. In vederlo il moro chiese di essere battezzato e disse: «Mi sono comparsi la Madonna, S. Giuseppe e S. Gioacchino, e mi han detto che mi battezzi tantosto, perché mi vogliono in paradiso.» Gli rispose il Padre l'infermità non essere grave, e lui non essere abbastanza istruito. Al che quegli ripigliò: «Mi dimandi vostra paternità, che le risponderò;» ed in fatti a tutto rispose con franchezza. Avendolo il Padre battezzato, gli disse che ormai poteva riposare, vedendosi consolato. «Non è tempo di riposo, replicò lo schiavo, perché or ora dovrò esser in paradiso.» Risero gli astanti a queste parole, non essendovi alcun segno di vicina morte: ma a capo di mezz'ora, il moro con aria ridente spirò la sua bell'anima in seno a Dio.»



* Esempio 60. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 7, Bologna, 1681, II, pag. 119-121. - Laurentius CHRISOGONUS, S. I., Mundus Marianus, pars 2, Maria speculum mundi caelestis, Patavii 1651, Discursus 5, pag. 186, 187, n. 96: «Simili pene inconstantiae tentatione in Ordine Praedicatorum pulsatus fuit in Gandavensi Monasterio novitius Balduinus de Axella, ut refert Choquetius, lib. de Vis. B.V., cap. 21. Qui cum in saeculo parochi officio, pluribus annis, magna proximorum aedificatione, multa bona opera patrando, largiendo pauperibus eleemosynas, curae animarum se totum diligenter impendendo vixisset, et postmodum animum ad Praedicatorum Ordinem applicuisset, in eoque gravibus tentationibus esset appetitus, de Ordine deserendo cogitare coepit, ea potissimum de causa, quod sibi vitam otiosam, respectu illius in saeculo in cura animarum transacta ducere videretur. - Itaque, antequam ex monasterio pedem efferret, pro ea qua erga Dei Matrem veneratione amoreque ferebatur, ad ipsius aram Rosario sacram, afectu pio simul atque urbano, velut supremum vale dicturus sese in preces prosternit. Precanti suavis lenisque somnus obrepsit, in quo Virgo duabus virginibus scyphos in manibus gestantibus stipata apparuit, quorum alterum caelitum Regina illi hauriendum obtulit, «Balduine, inquiens, satis hactenus laborasti: bibe modo.» Quam potionem cum ille primoribus labris degustasset, et vultum corrugasset, quaesivit Virgo quid ita horreret? Respondit Balduinus, potum insipidum faecibus permixtum esse. Tum illa alterum scyphum capit, inquiens: «Etiam hunc degusta.» Quod ut fecit, fassus est quaerenti Deiparae «vinum prorsus optimum, dulcissimum, et defaecatum se bibisse.» Ad quem mox illa: «Sicut, inquit, inter has potiones maxima est distantia, sic maior est disparitas inter vitam bonam, quam ducebas in saeculo, et quam inchoasti modo. Nequaquam igitur abiicias animum, sed persta: ego enim tibi praebebo auxilium.» Quibus verbis in divino servitio corroboratus, in sua vocatione constans, maxima cum sanctitatis opinione perstitit.»



* Esempio 61. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 7, Bologna, 1681, pag. 121, 122. Dopo riferito il fatto di Balduino d'Asella, Auriemma continua: «Il simile accadde ad un altro novizio del medesimo Ordine in Parigi...». Per il racconto di Balduino, segna come fonte: Ex Chron. Ord.; per questo: Mund. Mar., d. 5, p. 2, n. 96. Crisogono, l. c., parla del Balduino, non dell'altro novizio.

* Esempio 62. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 4, Bologna, 1681, I, pag. 31; - Motivo per amar Maria (dopo la seconda parte degli Affetti scambievoli, continuando la paginazione), cap. 3, Bologna, 1681, II, pag. 299, 300: ma qui per errore vien detto fratello laico domenicano. - «Fra Clemente de' Caponi, nobile fiorentino, discepolo del B. F. Tommaso (cioè del Tommaso da Firenze, laico, + 1447), che in questo tempo (1478) passò di questa alla beata vita, sopra le altre virtù... l'umiltà e carità esercitava; perciò si fece laico per servire agli altri... Una volta, essendo molto occupato nel servire i Frati, non poté finire le sue orazioni avanti che mangiasse; onde, mentre stavano alla mensa i Frati, egli se n'andò in chiesa avanti l'altare della Nunziata per dar fine alle sue divozioni... Dall'immagine di quella Madonna gli fu detto: «Figliuolo, vattene al refettorio, e sii conforme agli altri, che dopo mangiare finirai le tue orazioni; perché io mi contento della tua buona volontà, mentre sei dall'ubbidienza e carità impedito.» MARCO DA LISBONA, Croniche (Francescane), parte 3, lib. 6, cap. 31, n. 96. Napoli, 1680, pag. 420. - Ben. MAZZARA, Leggendario Francescano, 2 dicembre, Venezia, 1722, XII, pag. 19, vol. 1. - F. Clemente vien chiamato Venerabile, non Beato.

* Esempio 63. - RHÒ, S. I., Sabbati del Gesù di Roma, Bologna, 1679, Esempio 75, pag. 428-434. - BOVIO Carlo, Esempi e miracoli della SS. Vergine... detti nella chiesa del Gesù di Roma, parte 5, esempio 37, Venezia, 1749, pag. 319-324. - Vita (S. Angelae), ex expressis parte 4 Speculi Carmelitani, pag. 533, collata cum alia ms. P. Segeri Pauli, Carmelitae Coloniensis: inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 6 iulii, tom. XXIX, mensis iulii II, pag. 356-359 (Parisiis et Romae, 1867). - Su questa Santa e sulla sua Vita, vi sono non poche né lievi difficoltà: vedi Acta Sanctorum, l. c., Commentarius criticus, pag. 350-356: § I, Proponuntur ea quae S. Angelae Acta confirmant; § II, Proponuntur ea quae contra B. Angelam faciunt. - Il tempo in cui visse la Santa sarebbe o il secolo XII, o il XIII; il primo biografo sembra sia vissuto nel secolo XV.

* Esempio 64. - S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogorum lib. 4, cap. 17, ML 77-348, 349: «Sed neque hoc sileo quod praedictus (cap. 12: qui nunc in hac urbe monasterio praeest quod appellatur Renati) Probus Dei famulus de sorore sua, nomine Musa, puella parva, narrare consuevit, dicens, quod quadam nocte ei per visionem sancta Dei Genitrix semper Virgo Maria apparuit, atque coaevas ei in albis vestibus puellas ostendit. Quibus cum illa admisceri appeteret, sed se eis iungere non auderet, beatae Mariae Virginis voce requisita est an velit cum eis esse atque in eius obsequio vivere. Cui cum puella eadem diceret: «Volo», ab ea protinus mandatum accepit, ut nihil ultra leve et puellare ageret, et a risu et iocis abstineret, sciens per omnia quod inter easdem virgines quas viderat, ad eius obsequium die trigesimo veniret. Quibus visis, in cunctis suis moribus puella mutata est, omnemque a se levitatem puellaris vitae magnae grativatis detersit manu. Cumque eam parentes eius mutatam esse mirarentur, requisita rem retulit, quid sibi Dei Genitrix iusserit, vel qua die itura esset ad obsequium eius indicavit. Tunc post vigesimum quintum diem febre correpta est. Die autem trigesimo, cum hora exitus eius appropinquasset, eamdem beatam Genitricem Dei, cum puellis quas per visionem viderat, ad se venire conspexit. Cui se etiam vocanti respondere coepit, et depressis reverenter oculis aperta voce clamare: «Ecce, Domina, venio, ecce, Domina, venio.» In qua etiam voce spiritum reddidit, et ex virgineo corpore, habitatura cum sanctis virginibus, exivit.»



* Esempio 65.- A questa principessa Gonzaga, ristauratrice dell'Ordine dei Servi di Maria in Germania, consacrò il Giani tutto il capo 10 del lib. 8, Centuria 4, dei suoi Annales Ordinis, II, 1721, pag. 494-538. Figlia del duca di Mantova e del Monferrato, nata nel 1566, Anna Caterina - più tardi chiamatasi in religione Anna Giuliana - sposò, quindicenne, l'Arciduca Ferdinando d'Austria. Ebbero, nei tre primi anni di matrimonio, tre figlie: Eleonora, morta bambina; Maria, la quale, ricusata la corona di Spagna, si fece monaca colla Madre, da cui prese il nome di Anna Caterina; Anna, sposata dall'imperatore Mattia, fratello e successore di Rodolfo II. Vedova in età di 29 anni, ricercata in matrimonio prima da Rodolfo e poi da Mattia, «supremum in terris fastigium honoris, infra Dei ac Deiparae obsequium... habuit (Giani, op cit., pag. 503, col. 1)». Più tardi, già monaca, quando le venne annunziata l'incoronazione, come imperatrice, di sua figlia (non sorella) Anna, rispose all'ambasciatore imperiale: «Gaudeat sane filia mea sibique gratuletur tantum honorem aditum, quem a Deo... faustum ei ac diuturnum (fu brevissimo) precor. Ego quidem religioso hoc velamine - superposita eidem dextera - quo me tamquam praeclarissimo diademate Magna Dei Mater coronavit, longe cumulatius mihi placeo (op. cit., pag. 517, col. 1).» - Per ispirazione divina, fece costruire in Innsbrück un gran convento, diviso in due parti, una per le claustrali, l'altra per le Terziarie da lei dette «le Regolari», con speciali Regole, approvate da Paolo V fin dal 1608. Colla figlia Maria - ormai Anna Caterina - ed altre pretendenti «Regolari», prese l'abito il 2 febbraio 1612, e fece la professione il 21 novembre 1613. Sopravvisse 8 anni, e, piena di meriti, morì santamente il 3 agosto 1621, in età di 55 anni. - Nella sua vedovanza, «dimissis pretiosis vestibus aureis, et gemmeis ornamentis abdicatis, nigra et humilis illi vestis erat. Capitis vero ornamenta et vittae e nigro peplo, sacrarum virginum velamina pene imitantia. E collo rosarium nigris sphaerulis, interposita vitae et Passionis Christi mysteria expressa praeferens, pendebat, eoque incessit cultu constantissime, donec sacrum Ordinis nostri (Servorum B. M. V.) habitum suscepit. Interrogata vero in familiari colloquio quid sibi vellet pendulum illud e collo rosarium, respondit «illud comitem esse vitae suae individuum, in infantia pro crepundiis in deliciis fuisse, in adolescentia pro pietatis ac religionis rudimentis, in difficultatibus coniugii solatio, unum vero in statu viduitatis ornamento mihi ac decori esse»... Hinc... originem duxere alia quaedam rosaria ad huius rosarii imitationem ab eadem excogitata ultimo vitae suae anno, quae filiabus suis spiritualibus magno ad incrementa pietatis momento hereditatis loco reliquit.» (Giani, op. cit., pag. 502, 503.) Per questi ultimi rosarii, forse vi saranno nel Barchi particolari non riprodotti dal Giani. Tra i documenti adoperati, il Giani (pag. 538, col. 2) cita in primo luogo quel che scrisse «Ioseph Maria BARCHI», confessore della santa donna per gli ultimi 18 anni della sua vita, il quale consideravasi più come suo discepolo che come suo maestro (Giani, pag. 503, col. 1). - Ebbe Anna Caterina - ossia Anna Giuliana - più apparizioni della B. Vergine: Giani, op. cit., pag. 496, col. 1; 509, col. 2; 512, col. 2; 520, col. 2.

* Esempio 66. - Speculum magnum exemplorum, distinctio 4: ex Speculo historiali Vincentii Belvacensis, etc., exemplum 2. Venetiis, 1618, pag. 236, 237. - VINCENTIUS BELVACENSIS, O. P., Speculum historiale, lib. 7, cap. 87. Venetiis, 1591, fol. 85, 4.

* Esempio 67. - RHÒ, Sabbati del Gesù di Roma, Bologna, 1679, Esempio 14, pag. 86-89. - HUGO, Abbas Flaviniacensis, Chronicon, (detto Chronicon Hugonis, ed anche Chronicon Virdunense o Virodunense, essendo Ugo nato a Verdun e monaco in San Vitone di Verdun, prima di esser abbate di Flavigny), lib. 1 (verso la fine), ML 154-191, 192. - Il fatto successe verso l'anno 970. Berengario fu vescovo di Verdun, e vescovo di grande virtù ed operosità, dal 940 fino ai tempi di Ottone III, dunque almeno fino al 983. Ugo parla più volte di lui, con particolare compiacenza ed anche competenza, essendo stato Berengario, non solo vescovo della sua patria, ma anche fondatore di quel monastero di San Vittore nel quale Ugo fu educato fin dall'età puerile e prese l'abito monacale. Anzi in quello stesso monastero si ritirò Berengario, pochi giorni dopo il fatto qui raccontato, pur continuando a governare la diocesi, giacché né il clero né il popolo volevano altro vescovo, finché lui vivesse. Per altro, l'incontro notturno tra il vescovo ed il pio «praepositus» della chiesa di Santa Maria, e la riprensione di Maria SS., ebbero felici effetti per ambedue: furono più amici di prima e più santi. - Parla Ugo secondo la tradizione tuttora viva tra i monaci: «patrum dicta sequentes explicabimus». Nacque Ugo nel 1065, e quando fece professione in San Vitone, non era trascorso ancora un secolo dalla morte di Berengario (o Berengerio che sia), né poteva mancare qualche memoria scritta. Venne poi avvivata senza dubbio la tradizione da quanto succedette sotto il governo dell'abbate Riccardo, di quel santo abbate di cui dice Ugo (Chronicon, lib. 2, col. 199): «Si quid sumus, cum nihil simus, totum post Deum et sanctos eius adscribendum est meritis ipsius.» Avendo Riccardo restaurata ed ampliata la chiesa, «necessarium fuit ut corpora quorumdam sanctorum pontificum transmutari debuissent... Corpus autem domni Berengerii episcopi et monachi in ingressu claustri, tamen infra monasterium repertum, incorruptum inventum est, excepto pede qui in vita aruit; et casula cum sandaliis ab eius corpore abstracta est, et in thesauris ecclesiae cum reliquiis reposita. Corpus vero eius sanctissimum superius versus cancellos chori transmutatum est, casula nova et sandaliis honeste procuratum, et e regione sepulcri altare sancti Firmini, quod ipsius tempore ab eo inventum est, positum.» (Chronicon, lib. 2, col. 208).

* Esempio 68. - THOMAS CANTIPRATANUS, O. P., episcopus suffraganeus Cameracensis, Miraculorum et exemplorum memorabilium sui temporis libri duo (ossia Bonum universale, e De apibus), lib. 2, cap. 29, n. 6. Duaci, 1605, pag. 276-278. - Comincia così in Cantipratano il suo racconto: «Iuvenem fuisse prope nostra tempora in Germaniae partibus, certa relatione didicimus.» E del giovane dissipatore: «Hereditatem praeclaram in ludo tesserarum et tabernis totaliter dissipavit. Hinc vagabundus et miser per patriam ferebatur: qui, etsi alias stultus, castitatem tamen corporis conservavit.» La prova durò tre anni. Il primo anno, lo zio domandò, e, con qualche difficoltà, ottenne che recitasse cinquanta volte ogni giorno la salutazione angelica. Il secondo anno, disse al nipote, già ravveduto e contento: « Servitium tuum Christi matri in salutationibus duplicabis.» Il terzo anno: «Auxiliatricem tuam in salutationibus quinquagesimae tertiae sedulus honorabis;» promettendogli allora, se fosse perseverante, di procurargli «honestas nuptias». Mantenne la parola lo zio. Già era pronto il convito ed il giovane era seduto accanto alla sposa, quando si ricordò di non aver in quel giorno, «alias occupatus», pagato il suo debito alla Vergine. Ritiratosi col permesso dello zio, adempie la promessa, con grandissima divozione, animato a ciò dalla riconoscenza per i benefizi ricevuti. «Nec mora, ubi extremam salutationem tertiae quinquagesimae iam complevit, apparuit ei gloriosa Virgo lucidior super solem, tres thecas in tunica sua iuveni ostendens. «Ecce, inquit, salutationes tuae litteris scriptae, quibus me in tribus quinquagenis sedulus honorasti. Et quoniam in tuo corpore, licet varius et vagus, virginitatis munditiam conservasti, mox te febris lenta corripiet, et ad me die tertia sine ulla carnis corruptione pervenies.» Hoc dicto, gloriosa Virgo disparuit.» Torna il giovane nella sala da pranzo, prega gli invitati di star allegri, ma di dispensarlo dall'assistere al banchetto, non avendo egli nessuna voglia di mangiare. Va quindi a mettersi al letto, e, finito il pranzo, alla sposa, allo zio, ai parenti ed amici convenuti, e da lui stesso chiamati allora presso di sé, racconta tutto l'accaduto. «Mortuus est ergo iuvenis die tertia, ut praedixit; sponsa vero eius, nulli postmodum nubere volens, in sancta virginitate permansit.»



* Esempio 69. - Il segreto per ogni grazia scoverto dalla verace divozione al Rosario di Maria Vergine, dall'amor tenero verso questa gran Signora, dalla divozione al SS. Sagramento e Sagro Cuore di Gesù. Napoli (per Benedetto Gessari), 1753, Quarto giorno, Lezione spirituale, pag. 93. - È molto probabile che S. Alfonso abbia conosciuto «il divoto autore» del «Segreto per ogni grazia»: il Gessari stampò pure opere di S. Alfonso; la presentazione del libro ai lettori è fatta da D. Giulio Niccolò Torno (o Torni), allora Canonico della Chiesa Metropolitana di Napoli, e poi vescovo di Arcadiopoli, il quale insegnò la teologia a S. Alfonso e fu sempre tenuto in grandissima stima e venerazione dal suo già discepolo. - L'edizione citata è quella del 1753, non la prima        . L'opera era finita di scrivere nel 1744, giacché uno dei racconti - quello riferito da S. Alfonso sotto il numero 71 - comincia così: «Nell'anno scorso 1743...» Si potrà dire che l'autore forse non diede subito il manoscritto alle stampe: ma l'avrà dato certamente prima del 1748, giacché, in quell'anno, alla fine del libro Il Parroco di villa, cioè Industrie per santificare le terre e villaggi, proposte... da un fratello della Congregazione del P. Pavone, in una Nota di libri... che possono servire per un prete di villa, viene raccomandato dall'autore - anzi due volte - Il Segreto per ogni grazia. - Il pregio speciale di questa operetta, come nota S. Alfonso al num. 75, era di presentare ai lettori esempi moderni. Però tutti gli esempi attinti da S. Alfonso a questa fonte, sono, toltone il primo, dell'aggiunto Brevissimo ragguaglio d'alcune grazie prodigiose ottenute ai tempi nostri per mezzo della vera divozione al Rosario di Maria Santissima. - Quanto al fatto di S. Vincenzo Ferreri, forse si tratta di quello riferito dal P. TEOLI, Storia della vita e del culto di S. Vincenzo Ferreri, lib. 2, trattato 2, cap. 4 (fine), Roma, 1735. Un moribondo, «più invecchiato ne' peccati che negli anni,» non vuol sentirsi parlare di confessione. Il Santo dice e fa quanto può; ma il morente gli dà risposte «da disperato qual era». Finalmente si lascia vincere dalla promessa - fatta dal Santo a voce e in iscritto - di ottenergli il perdono da Dio colle sue orazioni e di abbandonargli tutti i propri meriti. Ne seguono - alla morte del penitente e dopo - circostanze prodigiose.

* Esempio 70. - Brevissimo ragguaglio..., pag. 351.

* Esempio 71. - «Nell'anno scorso 1743, sono avvenute moltissime di queste conversioni... Avea un peccato disonesto stese per modo le radici in una persona, che l'abito sembrava impossibile a togliersi; e questa difficoltà altrettanto parea insuperabile quanto che il peccato abituato le somministrava il modo da vivere. Le fu consigliato che ricorresse alla divozione del rosario di Maria. Vi ricorse e priegava tutto giorno la Vergine che le facesse ritrovare qualche maniera da sostentarsi, affinché si avesse potuta liberar da quel mal abito, il quale avea contratto, non per suo compiacimento, ma per la sola dura necessità di non vedersi morta di fame; ed a questo fine giuocò nel giuoco che qui dicesi della benifiziata. Ma che! Mentre ella in una notte dormiva, s'intese in sogno un rimprovero con cui la Vergine del Rosario la sgridò insieme e l'incoraggiò a non perdere la fidanza in lei, la quale non l'avrebbe fatto mancare il sollievo nella sua povertà, e ch'era tutta macchina dell'inferno il farle apprendere che senza l'abito disonesto non avrebbe altrimenti potuto procacciarsi il pane. A tal rimprovero svegliossi dolente insieme e confidente la buona donna: si buttò il mattino a' piedi di un confessore, e fattasi una buona confessione generale, lasciò del tutto il mal abito, ed oggi giorno non fa altro che piangere la mala vita passata e goder di quel sostentamento che non le fa mancar Maria SS.» Il segreto... Brevissimo ragguaglio... pag. 368-370.

* Esempio 72. - «Erano due sacerdoti de' quali uno era tepido, l'altro peccatore, e forse amendue viventi... Il peccatore era per altro predicatore tenuto in molta stima, e perché non fidavasi vivere continente, dopo intraprese varie divozioni, deliberò finalmente non tralasciar mai di recitar il rosario tutto intero ogni giorno, forse più per esperimentare se con questo mezzo avesse potuto vincere il senso impuro, che per altro. Lo vinse forse? Che dico forse? Lo vinse, l'espugnò, l'abbatté, l'atterrò, che da quel tempo in poi non è caduto più in peccato sensuale; ed egli medesimo questo buon sacerdote ha voluto che per la gloria del SS. rosario si fosse dato alle stampe questo gran fatto, e non s'è curato sostener tal rossore con manifestarlo ad un Padre per farlo mandare alla luce...» Il segreto... Brevissimo ragguaglio... pag. 370, 371.

* Esempio 73. - «Era una persona (nel 1743) da più anni abituata in una pratica disonesta con un ecclesiastico: costei desiderava di rompere quest'attacco; ma perché non se ne fidava, s'appigliò al mezzo di recitar ogni giorno il rosario a Maria. Non andò lungo tratto di tempo che sentissi poco a poco l'antico amore cambiarsi in odio verso di quel peccato; il quale anche poco a poco, con la sua resistenza, incominciò a scemarsele, quantunque non del tutto: onde accrebbe la fiducia al SS. rosario; e quando, per la gagliardia della tentazione, cadeva in nuova colpa, non cessava, con umiltà mista di confidenza, ricorrere con maggior impegno a recitar con maggior divozione il rosario. Che si avvenne intanto? Non passò un anno che si sentì interiormente con tanta efficacia mossa, che infiniti assalti, promesse, offerte, minacce ed altre invenzioni somministrate e suggerite dal demonio all'ecclesiastico non furono mai bastevoli a farla cadere di nuovo neppur una fiata.» Il segreto... Brevissimo ragguaglio... pag. 367-368.

* Esempio 74. - «Ultimamente accadde in Napoli cosa che altre volte era altrove avvenuta, cioè si accese fiera guerra dimestica tra marito e moglie; ed erasi tanto avanzata, che, ridotta la donna in pericolo prossimo di morire, anche in questo pericolo scagliava fiere imprecazioni contro al consorte. Vi si ritrovò presente un padre spirituale, che mi ha raccontata questa storia; e con tutta l'arte, dolcezza, maniera, minacce, vi usò, non poté indurre quella moglie a farla arrestare da tali imprecazioni e pacificarsi col suo marito; e già se ne moriva coll'odio nel cuore e colle imprecazioni nella bocca. Ma illuminato dal Signore, questo buon Padre si ritirò in un cantone della camera, e, giunto con un altra persona, recitò il rosario a Maria Vergine per quella moribonda. Che avvenne? Avvenne che, nell'ultima posta, la donna entrò in se medesima, conobbe l'errore, se ne pentì, e perdonò il marito.» Il segreto... Brevissimo ragguaglio... pag. 360, 361.

* Esempio 75. - «Confermo tutto ciò con quel che avvenne ad alcuni che si ritrovavano dentro la Galea di Napoli, ivi condannati per gli loro delitti. Non vollero costoro mai confessarsi in una missione che io feci in quest'arsenale. Terminata la missione, non perdei di vista la confessione di tali condannati; perloché mi vi portai di nuovo e gli scrissi alla Compagnia del rosario: cosa che volentieri essi fecero, promettendomi recitarlo ogni giorno. Ma oh Dio, oh Maria, oh rosario! appena si ebbero recitato uno, che nel giorno seguente conducendomi altra volta da detti condannati, ritrovai che molti di loro vollero confessarsi, e si confessarono, i quali d più anni non eransi confessati. Damandai il perché, finita la missione, eransi indotti a confessarsi, laddove nel tempo di detta missione non vi si poterono mai indurre? Mi risposero che, avendo io ascritti i loro nomi alla Compagnia del rosario, e dando principio a recitarlo, riconosceano la Vergine SS. aver ispirata tal volontà di confessarsi, e che fin a quel tempo già si tenevano per disperati a potesti salvare.» Il segreto...Brevissimo ragguaglio... pag. 365.

* Esempio 76. - «Fuit vir vitae venerabilis, Bonifacius nomine, qui in ea civitate quae Ferentis dicitur episcopatum officio tenuit, et moribus implevit.» S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogorum lib. 1, cap. 9, ML 77-189. Fu vescovo di Ferento d'Etruria, antica città Romana, distrutta alla fine del secolo XII dai Viterbiesi. - Di S. Bonifacio fa memoria il Martirologio Romano ai 14 di maggio: «Ferenti in Tuscia, sancti Bonifacii episcopi, qui, ut refert beatus Gregorius Papa, a pueritia sanctitate et miraculis claruit.» A pueritia: op. cit., l. c., col. 197. Si spogliava delle sue vesti per darle ai poveri. Riempì colle sue preghiere il granaio che aveva vuotato colla sua carità: del che fatta testimone la madre, cessò dal rimproverare al figlio la sua generosità; anzi cominciò ad imitarla. Il santo fanciullo ottenne da Dio che una volpe riportasse la gallina che avea rubata, e cadesse morta sotto i suoi occhi. - Sul miracolo riferito da S. Alfonso: op. cit., l. c., col. 193-196. L'avaro nipote, «Constantius presbyter», vendette il cavallo «duodecim aureis». Non riuscendo il santo zio a calmare il suo sdegno per la cassa rotta ed i danari spariti, «beatae Mariae semper virginis ecclesiam ingressus est, et elevatis manibus extenso vestimento, stando coepit exorare, ut ei redderet unde presbyteri furentis insaniam mitigare potuisset. Cumque subito oculos ad vestimentum suum inter extensa brachia reduxisset, repente, in sinu suo duodecim aureos invenit ita fulgentes, tamquam si ex igne producti eadem hora fuissent. Qui mox de ecclesia egressus, eos in sinum furentis presbyteri proiecit, dicens: «Ecce habes solidos quos quaesisti; sed hoc tibi notum sit, quia post mortem meam huius ecclesiae episcopus non eris propter avaritiam tuam.» Ex qua sententia veritate colligitur, quia eosdem solidos presbyter pro adispiscendo episcopatu parabat.» E di fatti, Costanzo «in presbyteratus officio vitam finivit».

* Esempio 77. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 7. Bologna, 1681, II, pag. 113, 114. Fonte, presso Auriemma: An. Soc. 1656. Non si trova questo racconto negli Annales Mariani Societatis Iesu (Romae, 1658) all'anno 1656.

* Esempio 78. - SINISCALCHI, S. I., Il martirio del Cuore di Maria Addolorata, Considerazione 15, Esempio. Venezia, 1784, pag. 113, 114. (Citazione manifestatamente erronea: Ex libro Apum Thomae Cantipratani.) - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, cap. 14, Bologna, 1681, pag. 217. - Zacharias BOVERIUS, Annales Minorum Capuccinorum, II, Lugduni, 1639: anno 1592, n. 13-20, pag. 477-479, Vita et gesta Fr. Bartholomaei Caesenatis, sacerdotis. I due peccatori amici erano due sacerdoti: «Hic (Bartholomaeus), una cum altero illius urbis (Caesenae) sacerdote, cui amicitia coniunctissimus erat... effraenem vitam ducebat.» Il compagno, nonché imitarlo nella sua tal quale divozione a Maria, «deridebat eum saepe». Nella visione, Maria gli porse la mano, e l'invitò a presentarsi al divin Giudice per ottenere il perdono. Due volte fu respinto. Allora Maria l'accompagna, e finalmente gli ottiene di essere perdonato, colla condizione però che si emendi. Proprio nel finire di quella visione, riceve una lettera del proprio fratello, che gli annunzia l'infelice morte dell'amico. Si fa Minore Osservante, e, dopo alcuni anni, Cappuccino. Con tutti i buoni desideri, non diede però dapprima grandi esempi di virtù, essendo specialmente poco curante dell'ubbidienza. Una nuova visione, in cui interviene ancora Maria SS., lo converte, non più solo ad una vita onesta, ma ad una vita santa. Praticò quindi esimie virtù; fu esemplarissimo ed espertissimo maestro dei novizi; ebbe aspri combattimenti contro il demonio, che gli apparve visibilmente sotto varie forme; ricevé molte grazie soprannaturali, e fece pur qualche miracolo; infervorò molti nella pratica della perfezione religiosa; e finalmente, carico di anni e consumato dalle austerità, morì con meritata fama di santo, nel 1592.

* Esempio 79. Aug. TURTURA, Congregationis Somaschae Praepositus Generalis, Vita Hieronymi Aemiliani, Congregationis Somaschae fundatoris (1481-1537), cap. 7-9, num. 23-30: inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 8 februarii, tom. V, mensis februarii II (Parisiis et Romae, 1864), pag. 225-227. - COSTANTINO, dei Chierici Regolari di Somasca, vescovo di Veglia, Vita di S. Girolamo Emiliani, Padre degli Orfani, cap. 7-9, Prato, 1894, pag. 23-32. - Fu beatificato da Benedetto PP. XIV (1747); canonizzato da Clemente PP. XIII (1767).

1 Treviso.

* Esempio 80. - SINISCALCHI Liborio, S. I., Il martirio del Cuore di Maria Addolorata, Considerazione 9, Esempio. Venezia, 1784, pag. 75, 76. Anche qui, come al n. 78, il Siniscalchi indica erroneamente come fonte: Ex libro Apum Thomae Cantipratani.

* Esempio 81. - TAUSCH Gaspar, S. I., De SS. Matre Dolorosa, libri tres. I: Magnitudinem dolorum B. V. M. explicat. II: Ideam absolutissimam christianae perfectionis in ea proponit. III: Eiusdem B. V. M. colendae praxes et modos adfert. Coloniae Agrippinae, 1645. (De Backer, Bibliotèque des Ecrivains de la Compagnie de Jésus, II, 626, col. 2, n. 2.)- Paolo SEGNERI, S. I., Il Cristiano istruito nella sua legge, parte 1, Ragionamento 20, § 2, Opere, Venezia, 1742, III, pag. 187, 188: «Nella città di Bologna, v'è tuttavia una strada che chiamasi strada Pia, per memoria di un miracolo di carità che quivi intervenne...» Però, il Segneri racconta solo l'atto eroico di quella madre, e non fa parola di quello che succedette dappoi. Così pure il Nicius, da cui prese questo fatto il Segneri: Ianus NICIUS Erithraeus, Exempla virtutum et vitiorum, Coloniae Ubiorum, 1614, § 8, pag. 11. L'aggiunta sarà probabilmente presso il Taush, che non ci è stato dato di ritrovare.

* Esempio 82. - GIANIUS, Annales Ordinis Servorum B. M. V., Centuria 2, lib. 4, cap. 13, De gestis et obitu B. Biundae de Veruculo (+ 1411), nostri Ordinis Tertiariae. Lucae, 1719, I, p. 378, col. 2, 380.

* Esempio 83. - Martyrologium Romanum, die 29 decembris: «Cantuariae in Anglia, natalis sancti Thomae episcopi et martyris, qui ob defensionem iustitiae et ecclesiasticae immunitatis, impiorum hominum factione, in basilica sua gladio percussus migravit ad Christum.» - Del cilizio risarcito: CAESARIUS Heisterbacensis, Dialogus miraculorum, distinctio 7, cap. 4, Coloniae, etc., 1581, II, pag. 5, 6: «Retulit mihi quidam Abbas de Ordine nostro, de sancto Thoma Cantuariensi, qui nostris temporibus martyrizatus est, quiddam satis delectabile, quod nec in eius Passione legitur, neque in libris Miraculorum eius reperitur...» - THOMAS CANTIPRATANUS, Miraculorum et exemplorum memorabilium sui temporis libri duo, lib. 2, cap. 29, n. 12. Duaci, 1605, pag. 285-288. Si conchiude così il racconto: «Secretum autem miraculi quod narravi mansit incognitum usque ad supradicti obitum capellani. Non diu autem post, annis ferme tribus postquam corpus sancti Thomae elevatum est, mihi a fide dignissimis revelatum est, qui conscripsi.» - BOVIO, Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria detti nella Chiesa del Gesù di Roma, parte 4, esempio 36, Venezia, 1749, pag. 330-337. - Magnum speculum exemplorum, dist. 8, ex. 77. Venetiis, 1618, p. 516. - Del dono fatto da Maria a Tommaso ancora giovane: Magnum speculum exemplorum, dist. 9, ex. 122, pag. 634. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 1, cap. 1, Bologna, 1681, pag. 11, 12, racconta l'uno e l'altro fatto, riferendo però anche quello del cilizio agli anni giovanili di Tommaso: il che non è conforme alle primitive relazioni.

* Esempio 84. - RECUPITUS, S. I., De signis praedestinationis..., cap. ultimum (cap. 20), signum 12, Neapoli, 1643, num. 282, pag. 507, 508: «Non omittam recentissimum exemplum, quod mihi tamquam sibi compertum narravit episcopus spectatissimae fidei, de quodam duce latronum, cui, cum paucis ante annis prope urbem Italiae celeberrimam in ditione Pontificia grassaretur, adducta est a sodalibus egregiae formae adolescentula. Haec ab illo supplex petiit, ne circa eam impurum aliquid attentaret, idque postulavit enixe propter amorem Mariae. Vicit ardorem libidinis quidam in latrone erga Mariam religiosus igniculus: neque solum intactam dimisit, sed etiam ne ab aliis ullam subiret iniuriam, ad certos usque fines duxit incolumem: illud, cum dimitteret, rogans, ut se illi commendaret Mariae, cui tantopere esset addicta. Nocte proxima per quietem apparuit illi augustissimo vultu Regina: quae benignis eum intuens oculis, et comiter alloquens, placuisse sibi dicebat id quod ipse pridie in sui gratiam gesserat, seque illius opportune et in loco recordaturam. Evanuit mox somnus ab oculis, somnium e mente: quod ille inane et fortuitum existimavit. Paulo post captus atque in carcerem coniectus est. Nocte quae antecessit supplicium, iterum Regina eadem se in somnis exhibens, interrogavit an eam agnosceret. Respondenti meminisse se aliquando eamdem imaginem sibi obversatam, revocavit in mentem quae antea dixerat; aperuitque illi se Mariam esse, caeli ac terrae reginam: in cuius obsequium ab adolescentulae sui studiosae contactu religiose abstinuerat. Advenisse se ut operi pretium redderet, nempe post supplicium, aeternam gloriam. Excussit rei magnitudo somnum ex oculis; et iam divino ille instinctu factus certior et Reginam sibi caelorum apparuisse et aeternam salutem esse pollicitam, prae laetitia exsiliens urgebat ut quamprimum duceretur ad suspendium ac trabem, quam noverat evasuram sibi esse pontem ad vitam. Mirari omnes in eo mixtum summo dolori par gaudium, cum et incredibilem poenitudinem exhiberet de culpis, et non imparem alacritatem afferret ad poenam. Duci ad necem crederes non latronem, sed martyrem. Detexit ille confessario causam insoliti tum doloris, tum gaudii, potestate facta ut rem omnibus aperiret. Quod mox ille e scalis praestitit, summa populi gratulatione... summam Deiparae misericordiam acclamantis: cum interea cadaver pendere conspiceretur e trabe, vultu quodam augustiore ac beatitatem spirante...Hereditaria... est Mariae misericordia in latrones, ex quo Iesus e cruce latronem vocavit ad regnum.»



* Esempio 85. - Carlo Gregorio ROSIGNOLI, S. I., La pietà ossequiosa alle feste principali dell'anno, La Vergine Addolorata, Esempio. Opere, III, Venezia, 1713, pag. 261-263.- GIANIUS Archangelus, Annales Ordinis Servorum B. M. V., Centuria 1, lib. 4, cap. 2, Lucae, 1719, pag. 112, an. 1273, (il Beato è ricevuto nell'Ordine, in età di 14 anni, da S. Filippo Benizi, e prende il nome di Gioacchino); e principalmente lib. 6, cap. 8, pag. 205-210, an. 1305. - Nacque a Siena nel 1259, «Claromontensis nomine, ex Pellacanorum, sive, ut quidam recentiores malunt, Piccolominaea gente». Giani, l. c., p. 112. - Fu beatificato da Paolo PP. V: Acta Sanctorum Bollandiana, die 23 augusti, Vita S. Philippi Benitii, cap. 12, n. 156, pag. 691. - Cf. Acta Sanctorum Bollandiana, die 16 aprilis, De B. Ioachino Senensi, Ord. ServorumB.M. pag. 450-461.

* Esempio 86. - RIBADENEIRA, S. I., Vita P. Iacobi Laynis, Coloniae Agrippinae, 1604. - Lib. IV: De vita et obitu Alphonsi Salmeronis, pag. 249, 250: «Mox sese colligens, et blande suaviterque cum Deo colloquens, versus aliquot e Psalmis usurpabat, ut illum: Satabior cum apparuerit gloria tua; et Quemadmodum desiderat cervus... Et id genus complura... Rogavit «equando octavus esset a B. Agathae festo dies;» «Cras», inquit socius; tum ille: «Hic vitae nostrae terminus est.» Nocte quae subsecuta est, identidem illud balbutiens iteravit: «In vitam aeternam;» et: «Hodie vitae aerumnis tandem eripiar.» Usurpabat et illud: «Laetabitur anima mea in Deo meo.» Quid ita hilaris esset interrogatus: «Quod, inquit, misericordiae vias patefecere incoeperit Deus.»... Cum vox iam defecisset, labia agitare, crucisque signum manu effingere; deficientibus tandem membris, oculos in Christi de cruce pendentis Deiparaeque Virginis effigiem defigens acquievit: quibus tandem oculis fractis clausisque, placide in Domino obdormivit... Erat is dies iduum februarii anni 1585, aetatis vero septuagesimi.»

1 La I ed. ha in fine: Paradiso, paradiso!

* Esempio 87. - Questo santo giovinetto è il B. Guido da Monte Marte. Ne descrive la morte S. PIER DAMIANI, Vita S. Romualdi, cap. 38, ML 144-988, 989. - «Nonnulli quoque nobilium filii, contemptis parentibus, ad virum beatissimum (Romualdum) fugiebant. Ex quibus etiam filius Guidonis comitis fuit (al. Guido comes filius comitis Pharulfi fuit), qui in ipsa pueritia, non longo tempore postquam monachus factus est, ad mortem veniens, vidit duos iniquos spiritus, quasi nigerrimos vultures, terribiles in se oculos infigentes. Cumque hoc assistenti sibi B. Romualdo puer ediceret, protinus addidit: «Ecce, magister, tanti nunc Aethiopes intrant, ut iam totum aedificium repleant.» Exhortatur autem ut confiteretur quid deliquisset; hoc solummodo crimen felix ille peccator cum magno terrore confessus est, quia iussus fuerat a priore nescio quot scopas accipere, quas necdum acceperat. Romualdo igitur sibi tanti facinoris veniam indulgente, in pace defunctus est. Postera vero die, caecus quidam, praebendarius videlicet patris eius, ad sepulcrum illius venit, et altiori voce clamavit: «Hem, domine, inquit, meus, si cum Deo es sicut credo, preces pro me ad eum funde, et oculorum mihi lumen restitue.» Et hoc dicto, statim illuminatus est. Nonnulli quoque aegroti, ad eius tumulum venientes, redditi sunt sanitati. Nam et ipsum eius sepulcrum velut multis plenum aromatibus redolebat. Et ita a Deo meruit honorari post mortem, qui pro eius amore, dum viveret, carnalium parentum sprevit hereditatem.» - E quella eredità era pingue: di Farulfo, padre di Guido, scrive lo stesso S. Pier Damiani, Epistolarum lib. 8, Epistola, 19, ML 144-401: «Pharulphus, Urbisveteris comes, qui centum millia mansos habere dicebatur...» - La Vita del B. Guido fu scritta da Francesco LOLLIO, e data alle stampe a Bologna, nel 1659, «una cum Vitis B. Reginaldi, Ordinis Praedicatorum, et B. Angelinae, Tertii Ordinis S. Francisci, de eadem Montis Martis gente» (ML 144-988, nota, 989). - È cosa accertata che il B. Guido era figlio del conte Farulfo: se da S. Pier Damiani vien detto «Guidonis filius», o è errore di copista, o deve intendersi «filius» nel senso di «nepos», giacché il padre di Farulfo chiamavasi pur Guido.

* Esempio 88. - Chrysostomus HENRIQUEZ, Menologium Cisterciense notationibus illustratum, Antverpiae, 1630, pag. 265. Die 15 augusti: «Toleti in Hispania, in Monasterio S. Clementis, piissimus obitus beatae Mariae, eiusdem Coenobii sanctimonialis, aetate iuvenis, sed moribus et virtutibus provectae. Quae admirandis praecedentibus visionibus, eodem die et eadem hora qua Angelorum Regina caelos conscendit, ipsa carne soluta, angelicis choris in hymis et canticis caelestibus exsultantibus, in aeternam patriam introducta est.» - Nota c): «...Et ab ea hora (della promessa della Madonna, il 14 agosto), usque in sequentem diem, horam resolutionis exspectans, in gratiarum actionibus et mira cordis exsultatione perseveravit. Ut autem horologium audivit: «Iam inquit, migrandi tempus exoptatum advenit, tali hora gloriosissima caeli Regina super choros Angelorum exaltata, ad aetherea regna conscendit. Dominam ancilla sequatur.» Et mira vultus iucunditate et mentis suavitate omnibus valedicens, purissimum spiritum reddidit Creatori. Post obitum facies ipsius instar Angeli pulchrior apparuit, color vividus, oculi splendidi, multaque alia miraculosa signa felicem huius virginis transitum secuta sunt.»



* Esempio 89. - Nacque S. Opportuna nella prima metà del secolo ottavo, di stirpe regia, in Oximum, oggi Exmes, allora città importante e sede vescovile, nell'attuale diocesi di Séez, in Normandia. Monaca, poi badessa di Monasteriolum, oggi Montreuil, morì nel 770, pochi mesi dopo il fratello san Godegrando o Crodegando, vescovo della diocesi e martire. La sua vita fu scritta da S. Adelino (Adelhelmus, Adalhelmus, Adahelinus, Adelinus), vescovo di Séez, ove era stata trasferita la sede vescovile. Viene questa Vita riprodotta tanto dal Surio quanto dai Bollandisti ai 22 di aprile. Per le tre apparizioni, prima di S. Cecilia e di S. Lucia, poi del demonio, e finalmente di Maria, vedi, presso i Bollandisti, il capo 3 della Vita, n. 20, 21, 22 (tom. III di aprile, pag. 67, col. 2). Quest'ultima apparizione fu proprio nel momento della morte (l. c., n. 22): «Dum clerus, in exitu sanctae illius animae, et adstantes sanctimoniales psalmos decantarent, et ipsa cum eis decantaret, respiciens ad ostium domus, dixit his qui psalmos decantabant: «Ecce advenit Domina mea beata Virgo Maria, cui vos commendo, quos in hoc saeculo amplius non videbo.» Extendente autem ea brachia, quasi matrem Dei vellet amplexari, sancta eius anima carne est soluta, et vivit cum Christo per aeterna saecula.» Fu sepolta presso la tomba del fratello, vescovo e martire, come aveva domandato.




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