- CAPO XV - Dell'orazione mentale.
- § l. - Necessità morale dell'orazione mentale per le religiose.
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CAPO
XV - Dell'orazione mentale.
§
l. - Necessità morale dell'orazione mentale per le religiose.
1.
La vita delle religiose ha da esser vita d'orazione. Una religiosa che non è
amante dell'orazione, è difficile, diciamo meglio, è moralmente impossibile che
sia buona religiosa. Se vedete una religiosa tepida, dite: Costei non fa
orazione, e direte la verità. Il demonio in ciò si affatica colle religiose, in
far loro perdere l'amore all'orazione; e se in ciò le vince, vincerà tutto.
Dicea S. Filippo Neri: Una religiosa senza orazione
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è religiosa senza
ragione.1 Aggiungo io: Non è più religiosa, ma un cadavere di
religiosa.
Senza orazione, per 1. non
vi è luce.
- Chi tiene chiusi gli occhi, dice S. Agostino, non può veder la via che
conduce alla patria.2 Le verità eterne son tutte cose spirituali, che
non si mirano cogli occhi del corpo, ma solo cogli occhi della mente, cioè col
pensiero e colla considerazione. Or chi non fa orazione mentale, non le vede, e
perciò neppur vede l'importanza dell'eterna salute, né i mezzi che dee prendere
per ottenerla. Questa è già la causa della perdita di tante anime, il trascurar
di considerare il gran negozio della nostra salute, e ciò che dobbiamo fare per
salvarci: Desolatione desolata est omnis
terra, quia nullus est qui recogitet corde (Ier. XII, 11). All'incontro dice
il Signore che chi tiene avanti gli occhi le verità della fede, cioè la morte,
il giudizio e l'eternità felice o infelice che ci aspetta, non caderà mai in
peccato: Memorare novissima tua, et in
aeternum non peccabis (Eccli. VII, 40). Accostatevi a Dio, dice Davide, e
sarete illuminati: Accedite ad eum et
illuminamini (Ps. XXXIII, 6). In altro luogo ci avverte il nostro
Salvatore: Sint lumbi vestri praecincti,
et lucernac ardentes in manibus vestris (Luc. XII, 35). Queste lucerne,
dice S. Bonaventura, sono appunto le sante meditazioni: Oratio est lucerna;3 poiché nell'orazione il Signore ci
parla e c'illumina per accertare la via della salute: Lucerna pedibus meis
verbum tuum (Ps. CXVIII, 105).
2.
Dice di più S. Bonaventura che l'orazione mentale è come uno specchio che ci fa
vedere tutte le macchie che abbiamo nell'anima.4 Scrisse S. Teresa al
vescovo d'Osma (Lettera 8):
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Sebbene
ci pare che non si trovino in noi imperfezioni, quando però apre Iddio gli
occhi dell'anima, come suol farlo nell'orazione, ben compariscono queste
imperfezioni.5 Chi non fa orazione, neppure conosce i suoi difetti,
e perciò non gli abborrisce, come dice S. Bernardo: Se ipsum non exhorret, quia non sentit.6 Neppure conosce i
pericoli della sua salute ne' quali si trova, e perciò non pensa neppure a
liberarsene. Ma chi si mette all'orazione, subito gli si fanno avanti i suoi
difetti e i pericoli di perdersi, e vedendoli penserà a rimediarvi. Davide,
meditando l'eternità, moveasi a praticar le virtù ed a purgarsi da' vizi:
Cogitavi dies antiquos et annos aeternos in mente habui... et exercitabar et
scopebam spiritum meum (Ps. LXXVI, 6 et 7).
Dicea
lo Sposo de' Sacri Cantici: Flores apparuerunt in terra nostra, tempus
putationis advenit; vox turturis audita est in terra nostra (Cant. II, 12).
Quando l'anima, qual solitaria tortorella, si ritira e si raccoglie
nell'orazione a parlare con Dio, allora appariscono i fiori, cioè i buoni
desideri; ed allora vien anche il tempo della puta,7 cioè della riforma
de' difetti, che nell'orazione si fan conoscere. Puta, dice S. Bernardo, tempus
putationis adesse, si meditationis praeivit (De cons., lib. II, c. 6).8
Poiché, altrove dice il santo, la meditazione questo opera, regola gli affetti,
indirizza le azioni e corregge i difetti: Consideratio regit affectus, dirigit
actus, corrigit excessus (S. Bern., ibid., lib. I, c. 7).9
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3.
Per 2. senza orazione non v'è forza di resistere alle tentazioni dei nemici, e
di esercitar le virtù cristiane. - L'orazione è come il fuoco a rispetto del
ferro, il quale allorch'è freddo, è troppo duro e difficile ad esser lavorato;
ma posto al fuoco si ammollisce, e facilmente il fabbro ne fa quel che vuole: Faber ignitum ferrum ictibus mollire satagit,
scrisse il Ven. Bartolomeo a Martyribus (De gradu doct. spir., c.
26).10
Per
osservare i divini precetti e consigli, bisogna avere un cuor tenero, cioè
docile e facile a ricever le impressioni delle celesti ispirazioni, e pronto a
metterle in esecuzione; ciò era quello che Salomone domandava a Dio: Dabis ergo
servo tuo cor docile (III Reg. III, 9). Il nostro cuore al presente, per causa
del peccato, da se stesso è indocile e duro, poich'essendo tutto inclinato a'
piaceri del senso, ripugna alle leggi dello spirito, siccome se ne lagnava
l'Apostolo: Video autem aliam legem in membris meis repugnantem legi mentis
meae (Rom. VII, 23). Ma l'uomo ben si rende poi docile e tenero agl'influssi
della grazia, che gli si comunica nell'orazione; ivi al considerare la divina
bontà, il grand'amore che Dio gli ha
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portato e gl'immensi benefici
che gli ha fatti, s'infiamma, s'intenerisce, e così rendesi facile ad ubbidir
poi alle divine voci. Altrimenti senza orazione il cuore resterà duro, restio,
disubbidiente, e così si perderà: Cor durum habebit male in novissimo; et qui
amat periculum, peribit in illo (Eccli. III, 27).11 E perciò S.
Bernardo esortava Eugenio Papa,12 a non lasciar mai l'orazione per
causa degli affari esterni: Timeo tibi,
Eugeni, ne multitudo negotiorum, intermissa oratione et consideratione, te ad
cor durum perducat; quod se ipsum non exhorret, quia non sentit (S. Bern.,
Lib. 1, de Cons. ad Eugen.).13
4.
Sembrerà a taluno tempo ozioso e perduto il tanto trattenersi che fanno l'anime
divote all'orazione, potendolo spendere, come dicono, in opere fruttuose. Ma
non sanno che l'anime nell'orazione prendon forza, per vincere i nemici ed
esercitar le virtù. Ex hoc otio,
scrisse S. Bernardo, vires proveniunt.14
Perciò il Signore ordinò che la sua sposa non fosse disturbata dal sonno che
prendea: Ne suscitetis neque evigilare faciatis dilectam, donec ipsa velit
(Cant. III, 5). Dicesi donec ipsa velit, perché il sonno, o sia riposo che
prende l'anima nell'orazione, è tutto volontario, ma insieme è necessario per
la vita spirituale. Chi non dorme, non ha forza poi di faticare e di camminare,
ma va cadendo per via. La persona che non riposa e non prende forza nell'orazione,
non ha forza poi per operare il bene e per resistere alle tentazioni,
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e va cadendo per via. Si legge nella vita della Ven. Suor Maria
Crocifissa (L. II, c. 8) che, stando ella in orazione, intese che un demonio si
vantava di avere fatta mancare una monaca alla orazione comune, e che poi,
seguitando il demonio a tentarla in cosa grave, la povera sorella già stava in
pericolo di cadervi; onde la Serva di Dio subito accorse, e col divino aiuto la
liberò da quella rea suggestione.15 Vedasi in qual pericolo si mette
quella religiosa che lascia l'orazione! Dicea S. Teresa che chi lascia
l'orazione mentale, non ha bisogno de' demoni che lo portino all'inferno, ma
ch'egli ci si mette da se stesso colle mani sue.16 E l'abbate Diocle
dicea: Chi lascia l'orazione, tra breve
diventa o bestia o demonio.17
5.
Senza le nostre preghiere Iddio non concede i suoi aiuti, e senza i divini
aiuti noi non possiamo osservare i precetti; perciò l'Apostolo esortava i suoi
discepoli a pregar sempre: Sine
intermissione orate (I Thess. V, [17]). Noi siamo tutti poveri mendici: Ego autem mendicus sum et pauper (Ps.
XXXIX, [18]). Tutta l'entrata de' poveri è il chieder la limosina a' ricchi; e
questa è ancora la nostra ricchezza, il pregare,
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mentre col pregare
otteniamo da Dio le sue grazie. Senza pregare, dice il Grisostomo, è
assolutamente impossibile il viver bene: Simpliciter
impossibile est absque precationis praesidio cum virtute degere.18
E donde mai, dicea il dotto mons. Abelly, deriva tanta rilasciatezza di costumi
che si vede, se non dalla mancanza dell'orazione?19 Dio ha tutta la
buona volontà d'arricchirci delle sue grazie, ma, come scrive S. Gregorio,
vuole esser pregato e quasi forzato dalle nostre preghiere a donarcele: Vult Deus rogari, vult cogi, vult quadam
importunitate vinci (S. Greg., In Ps. poenit. 6).20 Chi attende a
pregare, è impossibile che cada in peccato: Impossibile
est hominem congruo precantem studio umquam peccare, dice il Grisostomo
(Hom. 79, ad pop. Antioch.).21 Ed in altro luogo dice che i demoni in
veder che preghiamo, subito lasciano di tentarci: Si nos compererint deprecatione munitos, illico resiliunt (Chrys.,
Lib. 1, de orando Deo).22
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6.
Da questa assoluta necessitá che abbiamo di pregare, nasce poi la necessità
morale dell'orazione mentale; poiché, non meditando la persona e distraendosi
in affari di mondo, poco conoscerà i suoi bisogni spirituali, poco i pericoli
della salute, poco i mezzi che dee usare per vincer le tentazioni, e poco
conoscerà ancora la stessa necessità che abbiam tutti di pregare: e così
lascerà l'esercizio della preghiera, e, non pregando, certamente si perderà.
Il
gran vescovo monsignor Palafox nelle sue annotazioni alle lettere di S. Teresa
(alla Lettera VIII, nel num. 10) scrisse così: Come può durar la carità, se Dio non ci dà la perseveranza? Come ci
darà la perseveranza il Signore, se non gliela chiediamo? E come gliela
chiederemo senza l'orazione? Senza l'orazione non v'è comunicazione con Dio per
conservar le virtù.23 E secondo lo stesso sentimento, diceva il
cardinal Bellarmino esser moralmente impossibile a chi non medita, il viver
senza peccato.24 Dirà taluno: Io non
fo orazione mentale, ma dico molte orazioni vocali. Ma in ciò bisogna
intendere, come avverte S. Agostino, che per ottener le grazie non basta pregar
colla sola voce, ma bisogna ancora pregar
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collo spirito. Scrivendo il
santo su quelle parole di Davide: Voce
mea ad Dominum clamavi (Psal. CXLI, [2]), dice così: Multi clamant, non voce sua - cioè non colla interna dello spirito
- sed corporis. Cogitatio tua clamor est ad
Dominum. Clama intus, ubi Deus audit (S. Aug., in Ps. V, 30).25 E ciò
appunto è quel che esortava l'Apostolo: Orantes
omni tempore in spiritu (Ephes. VI, 18). Le orazioni vocali per lo più si
fanno distratte, colla voce del corpo, non del cuore, specialmente se son
molte, e più specialmente poi se son fatte da chi non fa orazione mentale; e
perciò Dio poco le sente e poco l'esaudisce. Molti dicono il rosario, l'Officio
della Madonna, e fanno altre opere esterne di divozione, e pure sieguono a star
in peccato; ma chi seguita l'orazione mentale, è impossibile che seguiti a star
in peccato: o lascerà l'orazione o lascerà il peccato. Diceva un gran Servo di
Dio: Orazione mentale e peccato non possono star insieme. E ciò si vede colla
sperienza che quei che fanno l'orazione, difficilmente cadono in disgrazia di
Dio; e se mai per disgrazia qualche volta vi cadono, seguitando l'orazione,
presto si ravvedono e ritornano a Dio. Siasi un'anima rilasciata quanto si
voglia, dice S. Teresa, s'ella persevera nell'orazione, il Signore ben la
ridurrà in porto di salute.26
7.
Tutt'i santi in somma si son fatti santi coll'orazione mentale. L'orazione è
quella beata fornace, in cui si accendono l'anime nel divino amore: In meditatione mea exardescet ignis
(Psal. XXXVIII, 4). Dicea S. Vincenzo di Paoli che sarebbe un miracolo vedere
un peccatore, che sente le prediche nella missione o negli esercizi spirituali,
e non si converte; e pure chi predica e parla negli esercizi non è altri che un
uomo; ma nell'orazione mentale quegli che parla all'anima
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è Dio
medesimo:27 Ducam eam in
solitudinem et loquar ad cor eius (Osee II, 14). Dicea S. Caterina di
Bologna: Chi non frequenta l'orazione, è
priva di quel legame che stringe l'anima con Dio: onde non sarà difficile che
'l demonio, trovandola sola, la faccia sua. Dicea la santa: Come intenderò che si trovi amor di Dio in
quell'anima, che poco si cura di trattar con Dio nell'orazione?28 E
dove mai i santi si sono tanto accesi d'amor divino, se non già nell'orazione?
Per mezzo dell'orazione S. Pietro d'Alcantara giunse a tale ardore che una
volta buttossi a refrigerarsi in uno stagno gelato, e quell'acqua gelata
cominciò a bollire come bolle l'acqua d'una caldaia posta sul fuoco.29
S. Filippo Neri nell'orazione tanto s'infiammava
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e talmente tremava,
che facea tremare tutta la stanza.30 S. Luigi Gonzaga nell'orazione
s'infiammava tanto di divino ardore, che ne appariva infiammata anche la
faccia, e 'l cuore gli battea sì forte che parea volesse uscirne dal
petto.31 Ex oratione, scrisse
S. Lorenzo Giustiniani, fugatur tentatio,
abscedit tristitia, virtus reparatur, excitatur fervor, et divini amoris fiamma
succrescit (De casto connub., cap. 22, n. 4):32 Per virtù
dell'orazione si discaccia la tentazione, si allontana la mestizia, si dà
riparo alla virtù offesa, si sveglia il fervor raffreddato e si aumenta
l'amabil fiamma del divino amore. Perciò con ragione dicea S. Luigi Gonzaga che
chi non fa molta orazione, non mai arriverà ad un grado eminente di
virtù.33
8.
Un'anima di orazione, dice Davide, è come un albero piantato vicino alla
corrente dell'acque, che dà frutto a suo tempo, e tutte le sue azioni van
prospere avanti a Dio: Beatus vir, qui...
in lege eius meditabitur die ac nocte! et erit tamquam lignum quod plantatum
est secus decursus aquarum, quod fructum suum dabit in tempore suo, et folium
eius non defluet; et omnia quaecumque faciet, prosperabuntur (Psal.
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I, 1-3). Notate la parola in
tempore suo, cioè in tempo di dover sopportare quel dolore, quell'affronto,
ecc.
S.
Giovan Grisostomo paragona l'orazione ad una fontana che sta in mezzo ad un
giardino: quel giardino che vien sempre innaffiato dall'acque d'una fonte, oh
come si vede sempre con fiori e colle piante verdi!34 Tale appunto è
un'anima d'orazione; la vedrete sempre crescere ne' buoni desideri e ne' frutti
di sante virtù. Dond'ella mai riceve tanti beni? Dall'orazione, da cui viene
continuamente irrigata: Emissiones tuae
paradisus malorum punicorum cum pomorum fructibus... Fons hortorum puteus
aquarum viventium, quae fluunt impetu de Libano (Cant. IV, ex v. 13). Ma
fate che nel giardino manchi la fontana, ecco come seccano subito i fiori, le
piante e tutto; e perché? perché è seccata l'acqua. Vedrete quella persona, che
quando facea l'orazione era tutta modesta, umile, divota e mortificata. Fate
che poi lasci l'orazione, e presto la vedrete immodesta cogli occhi, superba,
che si risente ad ogni parola, indivota, che poco più frequenta i sagramenti e
la chiesa, poco più attende a mortificarsi; e la vedrete attaccata alle vanità,
alle conversazioni, a' passatempi ed a' piaceri terreni; e perché? è mancata
l'acqua, e perciò è mancato lo spirito: Anima
mea... sine aqua tibi... defecit spiritus meus (Psal. CXLII, 6, [7]). Ha
lasciata l'orazione, e perciò è seccato il giardino, e la misera va da male in
peggio. Quando l'anima lascia l'orazione, il Grisostomo non solo la dà per
inferma, ma per morta: Quisquis non orat
Deum nec divino eius colloquio cupit assidue frui, is mortuus est... Animae mors est non provolvi
coram Deo (Chrys., lib. I, de orando Deo).
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35
9.
Dice lo stesso santo dottore che l'orazione è la radice di quella vite che
fruttifica: Radix vitis frugiferae.36
E S. Giovan Climaco dice: Oratio est
propugnaculum adversus impetum afflictionum, virtutum scaturigo, gratiarum
conciliatrix (S. Clim., Gradu 28).37 Ruffino dice che tutto il
profitto spirituale dell'anime deriva dall'orazione mentale: Omnis profectus
spiritualis ex meditatione procedit (In Psalm. 36).38 E 'l Gersone
giunge a dire che chi non medita, senza miracolo non può viver da cristiano: Absque meditationis exercitio nullus,
secluso miraculo Dei, ad christianae religionis normam attingit (Gers., de
medit., consid. 7).39 Parlando dell'orazione disse Geremia: Sedebit solitarius et tacebit, quia levavit
se super se (Thr. III, 28). Viene a dire che l'anima non può prender sapore
di Dio, se non si ritira dalle creature, e non siede, cioè se non si ferma a
contemplare la bontà, l'amore e l'amabilità del suo Dio. Ma quando ella
solitaria si raccoglie nell'orazione e tace, cioè si ritira da' pensieri del
mondo, allora si solleva sopra se stessa, levavit
se super se; ed esce dall'orazione, diversa da quella che vi è entrata.
Dicea S. Ignazio di Loiola che l'orazione mentale è la via breve per giungere
alla perfezione.40 In somma chi più s'avanza nell'orazione, più
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s'avanza nella perfezione. Nell'orazione l'anima si riempie di santi
pensieri, di santi affetti, desideri e risoluzioni sante, e d'amore verso Dio.
Ivi gli sagrifica le sue passioni, i suoi appetiti, gli attacchi alla terra e
tutti gl'interessi dell'amor proprio.
In
oltre nell'orazione possiamo salvare molti peccatori, pregando per essi, come
faceva una S. Teresa, una S. Maria Maddalena de' Pazzi41 e come fanno
tutte le anime innamorate di Dio, che nell'orazione non lasciano mai di
raccomandargli gl'infedeli, gli eretici e tutti i poveri peccatori; pregando
anche il Signore che dia spirito a' sacerdoti operari, acciocché li convertano.
Nell'orazione
possiamo ancora guadagnare il merito di molte opere che non facciamo, col solo
desiderio di farle; giacché il Signore, siccome punisce i desideri cattivi,
così rimunera all'incontro ogni buon desiderio che abbiamo.
10.
Bisogna poi sovra tutto avvertire a non andare all'orazione per aver
consolazioni e tenerezze, ma solo per piacere a Dio, e per intender da lui come
vuol esser da noi amato e servito. Diceva il P. Baldassarre Alvarez: L'amare Iddio non consiste nel ricevere i
suoi favori, ma nel servirlo solo per dargli gusto.42 E soggiungeva
che la consolazione divina è a
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guisa del rinfresco che prende il
viandante per la via, non già per fermarsi ivi, ma per passare avanti con
maggior lena.43 Quando dunque vi ritrovate arida nell'orazione, e, con
tutto il tedio che vi provate, costante la seguite, allora sappiate che molto
gradite allo Sposo e fate grandi acquisti di meriti. Dimandategli allora: Gesù
mio, perché mi trattate così? Voi m'avete privata di tutto, di robe, di parenti
e di volontà, ed io ne sono stata contenta per fare acquisto di voi; ma ora
perché ancor di voi mi private? Ditegli ciò con umiltà di affetto, ch'egli vi
farà intendere che tutto lo fa perché v'ama e per maggior vostro bene. Diceva
il P. Torres: Il portar la croce con Gesù
senza consolazione, fa correre anzi volare l'anima alla perfezione.44
1«Diceva
che un uomo senza orazione è un animale senza discorso.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 5, n. 19.
2
«Quomodo enim nihil prodest aperire oculos, si sit quisque in tenebris: ita
nihil prodest esse in luce, si clausi sint oculi.» S.
AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. XXV,
Enarratio 2, n. 14. ML 36-196. Parla S. Agostino del cristiano che vive male, il quale «in
luce quidem est nonnisi Dei, sed clausis oculis».
3 «Est autem oratio sicut lucerna viam
demonstrans.» Diaeta salutis, tit. 2, cap. 5: inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668
(iuxta editionem Vaticanam), VI, 284.- Autore: «Fr. GULIELMUS
DE LANICIA, O. M.» Cf. Opera S. Bonaventurae, ad
Claras Aquas, VIII, 1898, Prolegomena.
4
«Oratio est quasi speculum: nam clarius fatic hominem agnoscere defectus suos,
vel profectus, quia conscientia lucidius ibi se sibi repraesentat.» De prof.ctu religiosorum, lib. 2, cap.
66: inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni,
1668, VII, 603. Autore: «Fr. DAVID AB AUGUSTA O. M.». Cf. Opera S. Bonaventurae, ad Claras Aquas, VIII, 1898, Prolegomena.
5
S. TERESA, Obras, IX, Epistolario, III, pag. 280: Cartas apocrifas, Carta 5, a un Prelado
de la Iglesia.- Che questa lettera «a D. Alonso Velazquez, Obispo de Osma» non
sia di S. Teresa; che però sia dottrina della Santa Madre scoprirsi a noi nell'
orazione i nostri difetti nascosti: vedi nel nostro vol. I, Appendice, 52, pag. 455.
6 «Multo prudentius te illis (nempe
nimiis occupationibus) subtrahas vel ad tempus, quam patiare trahi ab ipsis, et
duci ce te paulatim quo tu non vis. Quaeris quo? Ad cor
durum... Solum est cor durum, quod seipsum non exhorret, quia nec
sentit.» S. BERNARDUS, De consideratione,
lib. 1, cap. 2, n. 3. ML 182-730.
7 Potagione.-
Le edizioni
Remondiniane hanno potazione.
8
«Tibi iam praecessisse meditatio debet: tempus faciendi prae manibus... Age
ergo, puta tempus putationis advenisse, si tamen meditationis praeivit. Si cor
movisti, movenda iam lingua, movenda est et manus.» S.
BERNARDUS, De consideratione, lib. 2,
cap. 6, n. 13. ML
182-749. Parla qui S. Bernardo al pontefice della estirpazione dei vizi e degli
scandali dal mondo. Vale lo stesso per noi: il campo affidato alle nostre cure
non è già tutto il mondo, ma l' anima nostra.
9 «Et primum quidem ipsum fontem suum,
id est mentem, de qua oritur, purificat consideratio. Deinde regit affectus,
dirigit actus, corrigit excessus, componit mores, vitam honestat et ordinat;
postremo divinarum pariter et humanarum rerum scientiam confert. Haec est quae
confusa disterminat, hiantia cogit, sparsa colligit, secreta rimatur, vera
vestigat, verisimilia examinat, ficta et fucata explorat. Haec est quae agenda
praeordinat, acta recogitat, ut nihil in mente resideat aut incorrectum, aut
correctione egens. Haec est quae in prosperis adversa praesentit, in adversis
quasi non sentit: quorum alterum fortitudinis, alterum prudentiae est.» S.
BERNARDUS, De consideratione, lib. 1,
cap. 7, n. 8. ML 182-737.
10 «Si faber ferrarius nequeat solus in varios
usus ferrum mollire, convocat alios ut malleis ferreis concurrentes,
quamplurimis ictibus, in quodlibet velint opus, ferrum aptare possint: sic cum
propriae voluntatis duritia a nobis frangi nequeat, oportet plures convenire
tribulantes et nostri contemptores, qui nos affligere et mortificare valeant.
Item ferrum rubigine multa contectum, si in ignem mittatur, primo a rubigine
contracta purificatur, secundo rubescit, colorem rutilum ignis assumens, tertio
liquescens ad quamvis formam ab artifice imprimendam aptum redditur: sic anima
inordinatis affectionibus scatens, si divini amoris igne succedatur, primo
quidem purgatur, secundo rubescere ac clarescere incipit, sanctis
meditationibus, aspirationibus et caelestibus desideriis quasi colorem sucipiens:
si demum in hoc divino igne perduret, mollescit ac liquescit expulsa duritia
voluntatis, eiusque proprietate in divniam voluntatem transformata, habilisac
flexibilis redditur, et apta, ut in ea divinum fiat beneplacitum tam in
secundis quam in adversis.» BARTHOLOMAEUS A MARTYRIBUS, O. P., Archiepiscopus
Bracarensis, Compendium mysticae
doctrinae, (al. Compendium
spiritualis doctrinae), pars 2, cap. 26.
11.... et qui amat periculum, in illo peribit. Eccli. III, 27.
12
Le ediz. napoletane, per evidente errore di trascrizione e in contradizione con
la esatta citazione latina, hanno Gregorio.
13
«Hinc prorsus, hinc tibi timui semper et timeo, ne, dilato remedio, dolorem non
sustinens, periculo te irrevocabiliter desperatus immergas. Vereor, inquam, ne
in mediis occupationibus, quoniam multae sunt, dum diffidis finem, frontem
dures, et ita sensim te ipsum quodammodo sensu prives iusti utilisque doloris. Multo prudentius te illis subtrahas vel ad tempus, quam patiare trahi ab
ipsis, et duci certe paulatim quo tu non vis. Quaeris
quo? Ad cor durum. Nec pergas quaerere quid illud sit: si non expavisti, tuum hoc est.
Solum est cor durum, quod semetipsum non exhorret, quia nec sentit.» S. BERNARDUS, De consideratione, lib.
1, cap. 2, n. 3. ML 182-730.
14 Forse allude S. Alfonso a questo
passo dell' Abbate GILLEBERTO, (inter Opera
S. Bernardi, Epistola 2, ad quemdam Adamum, n. 4, ML 184-293): «Otiosumne
tibi nostrum videtur et iners silentium.... in quo et traditur et exercetur ars
quaedam velut directam ad lineam progrediendi in Deum, transformandi et
transmutandi se in novum hominem....? Perennes omnino hic et fere in promptu
sunt radiantes omnino metalli venae, si tamen in altum quis fodere maluerit,
quam foris mendicare.»
15
«Trovandosi nell' orazione comune, giunse a ferirle.... l' orecchio una
terribile voce, che... tre volte articolò....: Fa guerra, fa guerra, fa guerra.... Argomentò che fosse del nemico:
onde sollecita implorò.... il solito patrocinio di Maria, e da questa le fu...
rivelato che quel demonio di cui... aveva udita la.... voce, tenea per ufficio
nel monastero di tentar le religiose nelle piccole trasgressioni; che assalita
tal Sorella... n' era uscito vittorioso, inducendola a mancare dall' orazione comune...
Or fattosi il passo per l' apertura di quella difettosa minuzia, voleva
avanzarsi a maggiori guadagni....: al che bisognando l' aiuto d' altri suoi
infernali compagni, invitavali alla guerra.» Ubbidiente al cenno della Vergine,
si porta Crocifissa alla cella della pericolante sorella. Le impedisce l'
ingresso il demonio, in figura d' uomo bruttissimo, colle braccia distese in
forma di croce. Crocifissa, nel vedere il segno sacrosanto della croce, niene
curando di chi lo figurava, disse: Per
signum crucis, de inimicis nostris libera nos, Deus noster. A quest' atto,
con grida e minacce sparve il tentatore, ma, nel dipartirsi, diede una forte
spinta a Crocifissa, la quale per molto tempo ne risentì gravissimo dolore nel
braccio. «Restò con questo libera dalla rea suggestione quella religiosa, e
lieta oltre modo... dell' ottenuta vittoria la Serva di Dio.» Girolamo TURANO, Vita della Ven. Suor Maria Crocifissa della Concezione, O. S. B.
(+1699), lib. 2, cap. 8.
16
«Hizome en est gran bateria el demonio, y pasè tanto en parecerme poca umildad
tenerla (la oraciòn), siendo tan ruin, que... la dejè año y medio, al menos un
año....; y no fuera màs, ni fuè, que meterme yo mesma, sin haber menester
demonios que me hiciesen ir a el infierno.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 19. Obras.
I, 139.
17
«Mens quae cogitatione recessit a Dei contemplatione, fit vel daemon vel
bestia.» Vitis De Patrum, lib. 8.
sive Historia Lausiaca, auctore
PALLADIO, cap. 98. ML 73-1190.
18
«Et fieri quidem omnino non posse ut sine precibus (sine precatione) vita cum
virtute ducatur, perspicuum esse omnibus existimo.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De precatione, oratio 1. MG 50-777.-
Questa oratio, e l' altra che segue, de precatione, sono ormai, con ragione,
tenute per genuine (Cavallera, Indices in
MG pag. 62, col. 2), quantunque ne abbia dubitato il Montfaucon (MG 50-775 et seq.), il quale però confuta i principali
argomenti degli avversari. Espone qui il Grisostomo, colla solita efficacia ed
eloquenza, la stessa dottrina che nei suoi Sermones
de Anna (MG 54) ed altrove.
19
«Et sane si attente inquirere volumus unde tanta in plerisque sacerdotibus
inopia virtutum, unde inordinatio vitae, unde morum corruptela, unde alii
quicumque defectus, non erit difficile tot malorums caturiginem deprehendere,
scilicet orationis neglectum. Sicut enim, iuxta D. Augustini effatum, «ille
novit recte vivere qui novit recte orare», sic, in sensu contrario dicere
possumus quod ille nescit recte vivere qui nescit recte orare.» Lud. ABELLY, episc. Ruthenensis (Rodez), Sacerdos
christianus seu Manductio ad vitam sacerdotalem pie instituendam, pars 2,
cap. 3. Tertia
in Germania editio, Coloniae Agrippinae, 1698.- Viene tanto più a proposito
questo testo, che il pio vescovo parla qui della preghiera: tratta poi dell'
orazione mentale nel seguente capitolo.
20 Expositio in VII Psalmos Poenitentiales, in Ps. 6 (Ps. CIX), n. 2.
ML 79-633.
21 «Impossibile enim, impossibile
est, inquam, hominem, qua decet alacritate precantem, et assidue Deum orantem,
umquam in peccatum incidere.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De Anna, Sermo
4, n. 5. MG 54-666.
22 «Siquidem septos nos precibus
viderint (daemones), continuo tamquam fures ac scelesti resiliunt, qui gladium
militis capiti appensum cernunt.» IDEM, De
precatione, oratio 1 (autentica, come si è detto di sopra, nota 18). MG
50-780.- «Cave ergo ne daemon... animam invadat tuam; ac cum praesentem
videris, diligenter ad Dominum confugias. Si enim te oscitantem et segnem
viderit, ut desertum diversorium invadet; sin vigilem et intentum caelisque
haerentem, ne intueri quidem audebit... Tibi consule, animaeque tuae aditum
daemoni occlude. Nihil autem perinde ipsi ingressum ad nos occludere solet,
atque oratio et supplicatio assidua.» IDEM, De
incomprehensibili, contra Anomaeos, hom. 4, n. 5. MG 48-734.
23
«Come può durar la carità, se Iddio non ci dà la perseveranza? come ce la darà
il Signore, se non gliela chiediamo? come gliela chiederemo senza l' orazione?
Come dunque può farsi questo sì gran miracolo senza di essa, tolto il canale
dell' influenze divine all' anima, ch' è propriamente l' orazione? per qual
parte correrà quest' acqua dello Spirito Santo? Dunque senza l' orazione non v'
è communicazione con Dio per conservar le virtù acquistate, nè per acquistar le
perdute, nè vi è altro mezzo, e, sto per dire, altro rimedio per aver bene». Lettere di... S. Teresa... con le
Annotazioni di Mgr. Gio. di PALAFOX
E MENDOZA, Vescovo di Osma. Parte 1, lettera 8, (non autentica: vedi sopra,
nota 5), annotazione 10.
24
«Ut bene vivamus, fieri non potest sine auxilio Dei, cum scriptum sit: Sine me nihil potestis facere (Io. XV,
5) et Non sumus sufficientes cogitare
aliquid a nobis, quasi ex nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est (II.
Cor. III, 5). Igitur auxilium Dei per orationem proprie dictam pelere necesse
habemus... Quare... oratio.... mentalis et vocalis necessariae sunt, et de iis
verba Domini et Apostoli intelligi debent.» S. ROBERTUS BELLARMINUS, De controversiis, tom. 4, Ultima Controversia principalis, lib.1 (de Oratione), cap. 3.- «Questa
meditazione stimò egli tanto necessaria a qualsivoglia fedele, che una volta
alla sua Corte disse come non credeva esser alcun crisiano che non vi spendesse
almeno un quarto d' ora al giorno, non parendogli che si potessero ben ordinare
le azioni senza l' invocazione del favor divino.» Giacomo FULIGATTI, S. I., Vita,
2a ed., Roma, 1644, cap. 35.
25
«Multi enim clamant ad Dominum, non voce sua, sed voce corporis sui... Non ubi homo audit, ibi Deus audit: nisi voce pulmonum et laterum et
linguae clames, homo te non audit; cogitatio tua clamor est ad Dominum.» S.
AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 141, n.
2. ML 37-1834.- «Clamor ad Deum non est voce, sed corde. Multi silentes labiis,
corde clamaverunt: multi ore strepentes, corde averso, nihil impetrare
potuerunt. Si ergo clamas, clama intus, ubi audit Deus.» Enarratio in Ps. 30, sermo 3, n. 10. ML 36-254.
26
«Si en ella (en la oraciòn) persevera, por pecados, y tentaciones y caidas de
mil maneras que ponga el demonio, en fin, tengo por cierto la saca el Señor a
puerto de salvaciòn.» S. TERESA, Libro de
la Vida, cap. 8. Obras, I, 56.
27 «Donnant un jour aux siens quelques
avis touchant l' oraison, il leur dit que «l' oraison était una prédication que
l' on se fasait à soi-même pour se convaincre du besoin qu' on avait de
recourir à Dieu et de coopérer avec sa grâce pour extirper les vices de notre
âme et pour y planter les vertus....» ABELLY, Vie, lib. 3, ch. 7.- «Expliquant la différence qu' il y a entre les
pensées qui viennent de nous-mêmes et celles qui nous sont inspirées de Dieu:
«Voyez, dit-il, la difference qu' il y a entre la lumiére du feu et celle du
soleil; pendant la nuit notre feu nous éclaire, et par le moyen de sa lueur
nous voyons les choses, mais nous ne les voyons qu' imparfaitement, nous n' en
decouvrons que la superficie, et cette leur ne va pas plus avant: mais le
soleil replit et vivifie tout par sa lumiere; il ne decouvre pas seulement l'
extérieur des choses, mais par une vertu secrète il pénètre au dedans, il les
fait agir et les rend même fructueuses et fertiles, selon la qualitè de leur
nature. Or, les pensées et les considérations qui viennent de notre entendement
ne sont que des petits feux qui montrent seulement un peu le dehors des objets,
et ne produisent rien davantage; mais les lumières de la grâce que le soleil de
justice répand dans nos âmes, découvrent et pénétrent jusqu' au fond et au plus
intime de notre coeur, qu' elles excitent et portent à faire des productiones
merveilleuses. Il faut donc demander à Dieu que ce soit lui-même qui nous
éclaire et qui nous inspire ce qui lui est agréable.» ABELLY, Vie, liv. 3, ch. 7. section unique.
28
«Fu sentita dir più volte....: «Quando vedrete una persona religiosa che non si
dà all' orazione, non fate gran fondamento sopra di lei... Chi non frequenta l'
orazione, e chi non ne gusta, non ha in sè quel legame che ci tiene annodati e
stretti con Dio; onde non sarà gran fatto che il mondo e il demonio, trovandolo
così solo, l' inducano a collegarsi con loro.... Chi mi darà ad intendere che
in quell' anima si trovi l' amor di Dio, se ella non si cura di trattar mai con
lui nell' orazione; se le rincresce di pensare alle cose di Sua Divina Maestà;
se le par lungo e malamente speso quel tempo che si spende in conversare
famigliarmente e trattenersi seco; se le viene nausea e tedio per la prolissità
delle divine lodi?....» Giac. GRASSETTI,
S. I., Vita, lib. 3, cap. 2.
29
«Quadam die huius incendii divini fiamma etiam corpus sibi correptum sentiens,
procurrebat in hortum, ibique se totum usque ad collum congelato stagno
promptius immersit: tanto vero temporis spatio in eodem permansit, quanto
cuicumque alteri ad exstinguendum omnem calorem naturalem, ispsamque etiam
vitam certo suffecisset: miro tamen divinae caritatis prodigio visum est gelu
resolvi, stagnumque instar ferventis ollae ebullire.» LAURENTIUS A S. PAULO, Vita, lib. 4, n. 221: inter Acta SS. Bollandiana, 19 octobr.
30
«Gli cominciò la palpitazione del cuore, durandogli per tutta la vita;
solendogli occorrere solamente quando faceva qualche azione spirituale, come in
far orazione, in dir Messa....: cagionandogli un tremore così veemente, che
pareva che 'l cuore gli volesse uscir fuori del petto: facendo alle volte
tremar la sedia, altre volte il letto, e tal volta ancora l' istessa camera,
come se fosse stata agitata, per così dire, dal terremoto.» BACCI, Vita, lib. 1, cap. 6, n. 4.
31
«Tra il giorno ed in mezzo delle occupazioni, era visitato da Dio con
grandissime consolazioni, le quali non erano solamente di passaggio, ma
duravano alle volte un' ora e più; e gli riempivano l' anima in modo, che
ridondando nel corpo pareva che tutto avvampasse di celeste ardore, e mostrava
nel rossore della faccia il fuoco che di dentro aveva. Altre volte se gli
accendeva in sì fatto modo il cuore di questa divina fiamma, che coll' assiduo
ed importumo palpitare, pareva gli volesse saltare fuori dal petto.» CEPARI, Vita, parte 2, cap. 8.
32
«Ex munda oratione depuratur animus, exhilaratur affectus, pascitur caritas,
appetitus dilectionis augetur, certificatur fides, convalescit spes, exsultat
spiritus, viscera quatiuntur, pacificatur cor, ignis accenditur, veritas
aperitur, fugatur tentatio, abscedit tristitia, renovatur sensus, virtus
debilitata reparatur, excitatur fervor, fugatur tepor, vitiorum rubigo
consumitur, caelestium desideriorum scintillae emicant, et divini amoris fiamma
succrescit.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De
casto connubio Verbi et animae, cap. 22. Opera, Venetiis, 1721, pag. 166.
33
«Soleva dire che «chi non è uomo d' orazione e di raccoglimento, è quasi
impossibile che arrivi a perfetta vittoria di se medesimo, ed a grado eminente
di santità e di perfezione, come l' esperienza stessa dimostra.» CEPARI, Vita, parte 2, cap. 7.
34 «Nobis... vita est in precibus
traducenda, iisque mens perpetuo irriganda: non enim minus, quam arbores aquis,
illis nos indigemus universi. Nam neque illae possun esse fructuosae nisi
humorem radicibus ebibant; neque nos pretiosissimae pietatis fruges fundere,
nisi precibus irrigemur.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, De
precatione, oratio 1. MG 50-779.
36
«(Profiteor) deprecationem caput esse bonorum operum, basim ac radicem vitae frugiferae.» S. IO.
CHRYSOSTOMUS, De orando Deum, lib. 1.
Opera, V, Venetiis, 1574 fol. 111,
col. 2, 3: Opera, V, Parisiis, 1581.-
De precatione, orantio 1: MG 50-778.
- S. Alfonso, nelle sue note, avrà scritto o letto vitis frugiferae invece di vitae
frugiferae: errore senza importanza, non essendo cambiato il senso.
37 «Oratio, si ipsius... spectes.... vim
seu efficaciam, (est) mundi conservatio, Dei reconciliatio, mater macrimarum et
iterum filia, propitiatio peccatorum, pons tentationum, propugnaculum adversus impetum afflictionum, officium angelorum,
omnium spirituum alimentum, futura laetitia, actio sempiterna, virtutum scaturigo, gratiarum divinarum
conciliatrix, profectus spiritualis, nutrimentum animae, mentis
illustratio, securis desperationis, spei demonstratio, tristitiae solutio,
divitiae monachorum, thesaurus solitariorum, irae diminutio, speculum religiosi
profectus, dimensionum index, status declaratio, futurorum significatio,
gloriae futurae indicium.» S. IO. CLIMACUS, Scala Paradisi, gradus
28. MG 88-1130.
38
In LXXV Davidis Psalmos Commentarius, (opera
d' incerto autore, attribuita da parecchi a Rufino),
in Ps. 36, v. 30. ML 21-782.
39
«Absque meditationis exercitio nullus, secluso miraculo Dei speciali, ad
perfectionem contemplationis dirigitur aut pervenit, nullus ad rectissimam
christianae religionis normam attingit, imo vix se componit.» IO. GERSONIUS, Tractatus consolatorius de meditatione, consideratio
7. Opera, III, Antwerpiae, 1706, pag.
451.
40
«Il N. P. Ignazio diceva (come riferisce il P. Diego Mirone, uno de' suoi più
cari figli), che la meditazione e l' apparecchiamento dell' animo, lega in
certo modo le mani alla natura troppo licenziosa, onde poi riesce agevole il
vincerne le viziose inclinazioni senza gran ripugnanza.» BARTOLI, Vita, lib. 4, § 37, Torino, 1825, pag.
163.
41
Per santa Teresa, vedi YEPES, Vita, lib.
3, cap. 25, 26; RIBERA, Vita, lib. 4,
cap. 11; per santa Maria Maddalena de' Pazzi, PUCCINI, Vita, Venezia, 1671, dal cap. 98 al cap. 103. Del resto, queste due
sante furono così sollecite nel guadagnar anime a Dio e nel comunicar l' ardore
del loro zelo, che potrebbe dirsi essere stata questa la loro propria
vocazione. In prova di ciò, tutto dovrebbe riferirsi delle loro vite, come pure
delle Opere dell' una e delle rivelazioni dell' altra.
42
«Insegnava a coloro che con lui trattavan di spirito, ed altamente sentivan
pungersi il cuore, per parer loro di non
amare Dio con fervore, insegnava, dico, che anche in questo stato ch' erano,
incominciassero ad amarlo: prima col tolerarlo, se giudichino esser da lui poco
ben trattati; secondo, contentandosi di ciò che loro concede ed avendolo a dono
singolare; terzo, sieno anche contenti, quantunque sien per aspettarlo nelle
sue tardanze, nè giudicar le debbono troppo lunghe, ma brievi ed opportune, e
come ricchi testori, giacchè quegli delle anime pure e limpide non consistono
in aver beni da Dio, ma in tener Lui soddisfatto; quarto facendogli i maggiori
servigi e più frequenti che potranno, con intenzion pura pura di piacergli.
Avvenganchè in quella guisa che un' onestissima consorte mostra il suo amore al
suo sposo facendo quanto può per piacergli, e, se si adorna e si rabbelisce, il
fa per piacere a lui solo, e non altrui....: non in altra maniera l' anima che
ama Dio con attenzione, tutte le sue contentezze ha poste in ciò ch' ei sia
soddisfatto, e se brama gli adornamenti delle virtù, delle scienze, e d' altre
grazie, non è per piacere agli uomini, o perchè la stimino, perchè ciò stima
una certa specie di tradimento nel santo spiritual coniugio, ma solo per
piacere al suo Sposo Iddio, e per aiutar altri, i quali gli piacciano; che se
Iddio le toglie le consolazioni, i favori, le grazie, datele senza suo merito,
ma per mera bontà di lui, e benchè sia calpestata e dispregiata, nulla perde
del sereno del cuore e del tranquillo del volto, perchè così vuol Dio, nel cui
beneplacito ha stabilito tutto il suo bene: et
sic placens Deo, erit dilectus: e quegli che in questa maniera piacerà a
Dio, sarà l' eletto e diletto di Dio, e s' avvantagierà nell' eccellenza dell'
amor suo, e nelle dovizie e ricchezze che da lui si diramano.» Ven. Lodovico DA PONTE, S. I., Vita, cap. 49, pag. 493, 494.
43
«Un' altra volta dice: «Intesi che Iddio ristrigne la sua benefica mano nel
regolare le sue spirituali consolazioni, perchè è così conveniente al suo
ossequio. Imperciocchè tanto più l' anima è preparata e disposta, quanto più si
rassomiglia al suo Redentore, ilq uale, mentre visse tra noi, tutta passò la
sua vita di pena in pena, e la sua benedettissima anima fu un continuo ricetto
di desolazioni e maninconie. La consolazione debb' essere a guisa del rinfresco
che il viaggiante prende all' albergo in campagna, non per fermarsi quivi, ma
per passare innanzi con più animo e vigore.» Op. cit., l. c., pag. 492.
44
«Il portar la croce con Gesù senza consolazione, non fa perdere lo spirito, ma
fa correre, anzi volare l' anima alla perfezione. Disce dunque pati fortiter et
Christiformiter; nè si sgomenti, np si lamenti più.» Lod. SABBATINI d' Anfora,
Vita, lib. 4, cap. 1.
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