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S. Alfonso Maria de Liguori La vera Sposa di Gesù Cristo IntraText CT - Lettura del testo |
1. L'esercizio della presenza di Dio giustamente si chiama da' maestri di spirito il fondamento della vita spirituale, la quale consiste in tre cose: nella fuga de' peccati, nella pratica
delle virtù e nell'unione con Dio; e questi tre effetti appunto cagiona la divina presenza: libera l'anima da' peccati, l'induce a praticar le virtù, e la muove ad unirsi con Dio per mezzo del santo amore.
2. Ed in quanto al primo effetto della fuga de' peccati, non v'è mezzo più efficace per domar le passioni, per resistere alle tentazioni, e così evitar le colpe, che la memoria d'esserci presente Iddio. Dice l'Angelico: Si Dominum praesentem cogitaremus, vix aut numquam peccaremus (Op. LVIII, cap. 2):1 Se pensassimo sempre che Dio ci vede, non mai o quasi mai faremmo cosa che dispiaccia agli occhi suoi. E S. Girolamo scrisse che la memoria di Dio presente chiude la porta a tutt'i peccati: Memoria Dei excludit omnia peccata (In 4 Ezech.).2 Ed in fatti se gli uomini alla presenza de' loro principi, padri o superiori non ardiscono di trasgredire i loro ordini, come mai potrebbono rompere le divine leggi, se pensassero che Dio li vede? Narra S. Ambrogio che un paggio di Alessandro il Grande, tenendo in mano una torcia accesa, mentre Alessandro sagrificava nel tempio, si lasciò prima bruciar la mano che commetter l'irriverenza di lasciarla cadere. Onde il santo poi soggiunge a nostro proposito: Tanta in puero disciplina reverentiae ut naturam vinceret! (Lib. 3, de virg.).3 Se tanto poté
in quel giovinetto la riverenza al suo principe che, per non offenderla, vinse la natura, quanto più varrà in un'anima fedele il pensiero della presenza di Dio a superare ogni tentazione e soffrire ogni pena, prima che perdergli il rispetto in faccia di lui medesimo?
3. Tutt'i peccati degli uomini derivano dal perder essi di vista la divina presenza. Tutto il danno ci viene, dicea S. Teresa, dal non riflettere che Dio ci sta presente, ma credere che sta lontano.4 E prima lo disse Davide: Non est Deus in conspectu eius; inquinatae sunt viae illius in omni tempore (Psal. X, 5 secund. Hebr.).5 Il peccatore perché si scorda che Dio lo vede, perciò l'offende in ogni tempo. Giungeva a dire l'abbate Diocle (Ap. Pallad. c. 9): Chi si distrae dalla memoria della presenza di Dio, o diventa bestia o demonio.6 E con ragione, perché allora subito sarà assalito dagli appetiti o sensuali o diabolici, a' quali non avrà forza di resistere.
4. All'incontro i santi col pensiero che Dio li vedea, hanno fatto petto a tutti gli assalti de' nemici. Questo pensiero diè coraggio alla santa Susanna di ributtare i vecchi che la tentarono, ancorché le minacciassero la morte, ond'ella con fortezza rispose: Melius est mihi absque opere incidere in manus vestras, quam peccare in conspectu Domini (Dan. XIII, 23): È meglio cader nelle vostre mani, e morir senza peccato che peccare avanti gli occhi di Dio. - Questo pensiero ancora
convertì una mala donna, la quale ebbe l'ardire di tentar d'impudicizia S. Efrem; poiché il santo le disse che, se volea peccare, fosse venuta a trovarlo in mezzo alla città. Ma come è possibile, ella rispose, peccare alla presenza di tanta gente? Ma allora ripigliò il santo: E com'è possibile peccare alla presenza di Dio che ci vede in ogni luogo? Inteso ciò, la povera peccatrice diede in un pianto dirotto, e prostrata a terra cercò perdono al santo, e lo pregò a metterla nella via della salute. S. Efrem la pose in un monastero, dov'ella visse santamente piangendo i suoi peccati sino alla morte (Metaphrast. in Vita S. Ephr.).7 - Lo stesso avvenne all'abbate Pafnuzio con un'altra peccatrice chiamata Taide. Questa lo tentò un giorno, dicendogli che in quel luogo non v'era chi li vedesse fuori di Dio. Allora il santo con voce severa le disse: Dunque tu credi già che Iddio qui ti vede, e vuoi peccare? Taide, ferita da questo tuono, ravveduta, cominciò a detestare la sua mala vita, ed indi, radunando in un fascio tutte le sue robe, vesti e gioie, che avea la misera guadagnate col suo infame mestiere, in una pubblica piazza le bruciò e poi ritirossi in un monastero, dove digiunò ogni giorno in pane ed acqua per
tre anni continui, ripetendo sempre questa preghiera: Qui plasmasti me, miserere mei: Mio Dio, che m'hai creata, abbi pietà di me. E dopo questi tre anni felicemente terminò la vita con una santa morte. Indi fu rivelato ad un discepolo di S. Antonio abbate, nominato Paolo, che quella felice penitente era in cielo collocata tra' santi in un gran trono di gloria (Sabellic., lib. V exempl., cap. 2).8
5. Ecco quanto giova la memoria della divina presenza per fuggire i peccati. Preghiamo sempre dunque il Signore, come lo pregava Giobbe: Pone me iuxta te, et cuiusvis manus pugnet contra me (Iob XVII, 3). Mio Dio, mettetemi alla vostra presenza, cioè ricordatemi in ogni luogo che voi mi vedete, ed allora vengano ad assalirmi tutti i miei nemici, che sempre li vincerò. Quindi conchiude il Grisostomo: Si ita nos ipsos disposuerimus, nihil mali cogitabimus, nihil mali faciemus (Hom. VIII, ad Phil. 2).9 Se noi ci terremo sempre alla presenza di Dio, niente di male penseremo, niente diremo e niente faremo, considerando ch'egli vede tutt'i nostri pensieri, ode tutte le nostre parole ed osserva tutte le nostre azioni.
6. In quanto poi al secondo effetto della pratica delle virtù, egli ancora è un gran mezzo la divina presenza. Oh con qual valore operano i soldati alla presenza del loro re! Il solo pensiero che li vede il lor principe, quegli che solo dee punirli o premiarli, comunica loro un grand'animo e forza. Così anche quella religiosa, quando sta alla vista della superiora, con qual modestia ed umiltà tratta colle sorelle, e con quanta attenzione eseguisce le ubbidienze imposte! E perciò tutte le religiose, se elleno pensassero che quanto fanno, in tutto le sta
osservando Iddio, tutto farebbero bene, e tutto con retto fine, senza badare a compiacere altri che solo Dio, senza rispetti umani. Dice S. Basilio che se taluno si trovasse alla presenza del suo re e d'un villano, certamente metterebbe egli tutto il pensiero a contentare il re, senza fare alcun conto di quel che desidererebbe il villano; e così chi cammina alla divina presenza, non bada a contentar le creature, ma attende solamente a piacere a Dio che lo vede.10
7. In quanto poi al terzo effetto che cagiona la presenza divina, di unire l'anima con Dio, è regola infallibile d'amore che l'amore sempre cresce alla presenza dell'oggetto amato. Ciò avviene anche tra gli uomini, ancorché con essi quanto più si conversa, tanto più si scovrono i loro difetti. Quanto più crescerà l'amore d'un'anima verso Dio, se continuamente lo terrà presente, essendo che con Dio quanto più si conversa, tanto più egli si fa conoscere bello ed amabile?
Non basta l'orazione della mattina e della sera per tener l'anima sempre unita con Dio. Dice il Grisostomo che l'acqua, benché bolla, se poi s'allontana dal fuoco, presto ritorna alla sua natural freddezza;11 e perciò dopo l'orazione bisogna conservare il fervore colla presenza di Dio, rinnovandogli i nostri affetti.
Narra S. Bernardo di se stesso che quando egli era nel
principio della sua conversione, e si ritrovava inquieto o raffreddato nello spirito, bastavagli ricordarsi di qualche persona santa defunta o lontana, per subito così serenarsi ed infervorarsi nel divino amore: Ad solam defuncti seu absentis memoriam stabat spiritus,12 sono sue parole. Or quanto più sarà valevole ad un'anima che ama Dio il ricordarsi ch'egli le è presente e le sta chiedendo il suo amore? Ciò appunto dicea Davide che, ricordandosi del suo Dio, si ritrovava tutto pieno di gioia e di consolazione: Memor fui Dei, et delectatus sum (Psal. LXXVI, 4). Siasi un'anima afflitta e desolata quanto si voglia, se ella ama Dio, ricordandosi del suo amato Signore non può non consolarsi e restare afflitta. Quindi l'anime amanti di Dio vivono sempre col cuore tranquillo in una continua pace, perché in tutti i loro avvenimenti ed in tutte le loro azioni cercano di viver sempre e di operare a vista di Dio, a guisa di quei fiori detti girasoli, che stan sempre rivolti colla faccia verso del sole. Dicea S. Teresa: Il vero amante sempre si ricorda dell'amato.13
8. Ma veniamo ora alla pratica di questo eccellente esercizio della divina presenza. Questo esercizio consiste parte nell'operazione dell'intelletto e parte della volontà: dell'intelletto in riguardare Dio presente; della volontà, in unirsegli con atti buoni di abbassamento, di adorazione, di amore e simili, di cui qui appresso più particolarmente parleremo.
E primieramente, per ciò che spetta all'intelletto, in quattro modi può praticarsi la presenza di Dio.
Nel primo modo figurarci presente il nostro Redentor Gesù Cristo, che ci accompagni e ci veda in ogni luogo dove stiamo.
Possiamo per tanto rappresentarcelo ora in un mistero, ora in un altro: per esempio, ora che giace da bambino nella mangiatoia di Bettelemme, ora che va da pellegrino nel viaggio d'Egitto, ora che lavora da garzoncello nella bottega di Nazaret, ora che patisce da reo nella sua Passione in Gerusalemme, flagellato o coronato di spine o trafitto in croce. S. Teresa molto lodava questo modo della presenza di Dio.14 Bisogna non però avvertire che quantunque sia buono questo modo, nulladimeno non è il migliore né sempre giova; prima perché non è in fatti secondo la verità, mentre Gesù Cristo, come Dio ed uomo insieme, in verità non è sempre a noi presente, se non solamente dopo la comunione o quando stiamo alla presenza del SS. Sacramento dell'altare. In oltre questo modo è soggetto ad illusioni o almeno può rovinarci la testa colla forza della fantasia. Onde se mai vuol praticarsi, bisogna adoperarlo soavemente, e solo per quanto giova, senza che ci affatichiamo a figurarci nella mente le fattezze proprie del nostro Salvatore, il volto, la statura, il colore: bastando rappresentarcelo sol confusamente, com'egli stesse osservando tutto ciò che noi facciamo.
9. Il secondo modo più sicuro e più eccellente è quello ch'è fondato sulla verità della fede, ed è il mirare cogli occhi della fede Iddio a noi presente in ogni luogo, che ci sta dintorno e vede ed osserva quanto operiamo. Che importa che noi non lo miriamo cogli occhi di carne? l'aria neppur la vediamo, e pure sappiam certo che noi da per tutto dall'aria siam circondati ed in mezzo a quella viviamo, poiché senza lei non potressimo né respirare né vivere. Non vediamo Dio, ma la santa fede c'insegna ch'egli sempre ci
sta presente. Numquid non caelum et terram ego impleo? (Ierem. XXIII, 24): Forse non è vero, dice Dio, ch'io riempio colla mia presenza il cielo e la terra? Siccome una spugna in mezzo al mare sta da ogni parte circondata e concentrata dall'acqua, così, disse l'Apostolo, noi viviamo in Dio, in Dio ci muoviamo e in Dio abbiamo l'essere: In ipso... vivimus, [et] movemur et sumus (Act. XVII, 28). Egli poi questo nostro Iddio, dice S. Agostino, sta così attento ad osservare ogni azione, ogni parola, ogni pensiero di ciascuno di noi, come se, scordato di tutte l'altre sue creature, non avesse a rimirare che noi soli.15 Indi osservando egli quanto facciamo, diciamo e pensiamo, tutto nota e scrive per chiedercene conto nel giorno de' conti e per darcene a suo tempo il premio o il castigo da noi meritato.
Questo secondo modo della divina presenza non istracca già la mente, poiché basta per esercitarlo ravvivar la fede con affettuoso consenso, dicendo: Mio Dio, io credo fermamente che voi mi state presente. Al quale atto facilmente poi possono unirsi gli atti di amore o di rassegnazione o di rettitudine d'intenzione, e simili.
10. Il terzo modo di conservar la memoria della presenza di Dio è di riconoscerlo nelle sue creature, che tutte da esso hanno l'essere e la forza di servirci. Iddio è nell'acqua per lavarci, è nel fuoco per riscaldarci, nel sole per illuminarci, ne' cibi per nutrirci, nelle vesti per ricovrirci, e così e in tutte l'altre cose da lui create per util nostro. Quando vediamo un bell'oggetto, un bel giardino, un bel fiore, pensiamo ch'ivi riluce un picciol raggio dell'infinita bellezza di Dio, che dà l'essere a quell'oggetto. Se trattiamo con un uomo santo e dotto, consideriamo che Dio è quegli che comunica a colui una picciola parte della sua santità e sapienza. Così parimente in udir qualche armonia, in sentir qualche odore, in gustar qualche dolcezza ne' cibi o nelle bevande, pensiamo che Dio e quegli che colla sua presenza partecipa a noi quei diletti, affinché da quelli c'innalziamo ad aspirare alle delizie eterne del paradiso.
11. Avvezziamoci pertanto a riguardare in ogni oggetto Iddio, che in quello ci si presenta: e facciamogli allora atti di ringraziamenti e d'amore, considerando ch'egli sin dall'eternità ha pensato di crear tante belle creature, acciocché noi l'amassimo. Disce amare, dicea S. Agostino, in factura Factorem, ne teneat te quod ab illo factum est, et amittas eum a quo et ipse factus es (In Psal. 39).16 Impara, dice, ad amare nella creatura il tuo Creatore; né mettere affetto a quella cosa che da Dio è stata creata, acciocché non ti attacchi alla creatura, e perdi colui dal quale tu ancora sei stato creato. Ed in fatti così praticava poi il santo: egli dalla vista delle creature sollevava il cuore a Dio; onde esclamava con amore: Caelum et terra, et omnia mihi dicunt, ut amem te.17 Rimirando il cielo, le stelle, i campi, i monti, sembravagli che tutti gli dicessero: Agostino, ama Dio, mentre Dio ha creati noi, non per altro fine, se non perché tu l'amassi. - Così parimente S. Teresa, quando guardava le campagne, le marine, i ruscelli o altre simili belle creature, pareale che tutte le rimproverassero la sua ingratitudine
verso Dio.18 - Così anche S. Maria Maddalena de' Pazzi, tenendo in mano qualche bel fiore o bel pomo, rimirandolo, sentiva rapirsi dall'amor divino, dicendo tra sé: Dunque il mio Dio ab aeterno ha pensato di crear questo fiore, questo pomo per amor mio e per darmi un segno dell'amor che mi porta!19 Narrasi ancora di S. Simone Salo che, andando egli per la campagna, e trovando ivi fiori ed erbette, le percuoteva col suo bastoncello, dicendo loro: Via su, tacete, non più, tacete. Voi mi rimproverate ch'io non amo quel Dio che vi ha fatte così belle per amor mio, acciocché io m'inducessi ad amarlo, ed io non l'amo. Ma già v'ho intese, quietatevi, non mi rimproverate più, tacete.20
12. Il quarto modo e 'l più perfetto di mantener la divina presenza è di considerare Iddio dentro di noi. Non abbiam già
bisogno di salire al cielo per trovare il nostro Dio, basta che ci raccogliamo dentro di noi, ed in noi stessi lo troveremo. Il trattar con Dio nell'orazione come da lontano è cosa che apporta molta distrazione. Dicea S. Teresa: Io non ho mai saputo che cosa vuol dir fare orazione come si dee, sino che Dio m'ha insegnata questa maniera d'orare; in questo raccoglimento dentro di me ho ritrovato sempre gran profitto.21
Per venire alla pratica bisogna intendere che Dio sta in noi d'un modo diverso che nell'altre creature: in noi sta come in suo tempio ed in sua casa, secondo scrisse l'Apostolo: Nescitis quia templum Dei estis, et Spiritus Dei habitat in vobis? (I Cor. III, 16). Perciò disse il nostro Salvatore che in un'anima che l'ama vien egli col Padre e collo Spirito Santo, non a trattenervisi di passaggio, ma a dimorarvi per sempre e a stabilirvi la loro perpetua abitazione: Si quis diligit me... Pater meus diliget eum, et ad eum veniemus et mansionem apud eum faciemus (Io. XIV, 23).
13. I re della terra, benché abbiano i loro gran palagi, nulladimeno han sempre le loro stanze particolari, dove per lo più dimorano. Iddio sta da per tutto; la sua presenza riempie già il cielo e la terra; ma egli con modo particolare abita poi nell'anime nostre, ed ivi si trattiene a deliziarsi, quasi in tanti giardini di suo diporto, secondo egli stesso ci fa sapere per bocca dell'Apostolo: Inhabitabo in illis, et interambulabo inter eos, et ero illorum Deus (II Cor. VI, 16).22 Ed ivi vuol esser da noi amato e pregato, mentr'egli sta in noi tutto pieno d'amore e di pietà, per sentire di là le nostre suppliche, per ricevere i nostri affetti, per difenderci, illuminarci, governarci, comunicarci i suoi doni, e soccorrerci in tutto quello che può giovarci alla salute eterna.
Pertanto noi procuriamo spesso, ravvivando la fede di questa verità, di annientarci da una parte a vista di tanta
maestà che si degna di abitare in noi; e dall'altra attendiamo a far atti or di confidenza, ora di offerta, ora di amore verso la sua infinita bontà: ora ringraziamolo de' suoi favori: ora compiacciamoci della sua gloria: ora domandiamogli consiglio ne' nostri dubbi: consolandoci sempre di possedere questo sommo bene dentro di noi, senza timore che niuna potenza creata ce lo possa mai togliere, o ch'egli da noi si parta, se prima noi volontariamente non lo discacciamo.
14. Questa era appunto la celletta che si avea fabbricata dentro di sé S. Caterina da Siena, dove continuamente se ne stava ritirata con Dio in amorosi colloqui; e così ella riparavasi dalla persecuzione de' suoi parenti, che le aveano proibito di potersi più ritirar nella sua stanza ad orare. Ed in questa celletta fece la santa maggior profitto, perché dall'antica stanza bisognava uscirne più volte al giorno, ma da questa cella interna ella non usciva mai, ed ivi stava sempre raccolta con Dio.23 Quindi S. Teresa, parlando di questa presenza divina nel nostro interno, dicea: Quelle che in tal modo potranno rinserrarsi in questo picciolo cielo dell'anime nostre, dove sta colui che le creò, credo ch'elle camminano per una eccellente via, perché fanno gran viaggio in poco tempo.24
In somma con quest'esercizio della presenza di Dio giunsero i santi ad acquistare il gran tesoro de' loro meriti. Così faceva il Profeta Reale: Providebam Dominum in conspectu meo semper (Psal. XV, 8): Io procurava di aver sempre Dio presente, che osservava tutte le opere mie. Il B. Errico Susone si applicò con tanta attenzione a questo santo esercizio, che quanto operava, tutto lo faceva alla divina presenza e cosi egli poi continuamente se ne stava conversando col suo Dio con teneri affetti.25 Similmente S. Gertrude acquistò talmente
il buon abito in quest'esercizio, che nostro Signore, parlando di lei a S. Metilde, disse: Questa mia diletta cammina sempre alla presenza mia, cercando sempre di far la mia volontà e indirizzando tutte le opere sue a gloria mia (Lib. I, S. Gertr. cap. 11).26 Così anche praticava S. Teresa; ella in qualunque occupazione in cui trovavasi, non perdea quasi mai di vista il suo amato Signore.27
15. Se dunque mi chiederete quante volte al giorno dovreste ricordarvi della presenza di Dio, io vi risponderò con S. Bernardo che dovreste farlo ogni momento. Siccome non v'è momento, dice il santo, in cui non godiamo noi de' benefici di Dio, così non v'ha da essere momento, in cui noi non ci ricordiamo di Dio, e gli attestiamo la nostra riconoscenza.28 Se taluno sapesse che il suo re pensasse sempre a lui ed al suo bene, ancorché questo suo affetto in fatti non gli giovasse a niente, pure non potrebbe scordarsi di lui e non amarlo intieramente. È certo che 'l vostro Dio sta pensando sempre a voi, e continuamente vi benefica ora con lumi, ora con soccorsi interni, or con visite amorose; non è dunque un'ingratitudine lo starvene qualche tempo dimenticata di Dio? È dovere dunque che attendiamo a ricordarci sempre, o almeno quanto più spesso possiamo, della sua divina presenza.
Questo fu l'avvertimento che 'l Signore diede ad Abramo: Ambula coram me et esto perfectus (Gen. XVII, 1): Procura di camminar sempre alla mia presenza, e sarai perfetto. Lo stesso avvertimento diè Tobia al figlio: Omnibus diebus vitae tuae in mente habeto Deum (Tob. IV, 6): Figliuol mio, in tutta la tua vita abbi sempre Dio avanti gli occhi. Questo medesimo esercizio della divina presenza raccomandò sopra tutto S. Doroteo al suo discepolo S. Dositeo, che lo pregò a dirgli che cosa doveva fare per farsi santo: Cogita, gli disse, semper Deum tibi praesentem:29 Pensa che sempre Iddio ti sta presente e ti vede.
E scrisse poi lo stesso S. Doroteo che questo suo buon discepolo eseguì così bene il suo consiglio che in tutte le sue occupazioni, anche nelle infermità estreme che patì, non perde mai Iddio di vista. E così da soldato e giovane dissoluto ne' vizi, qual prima egli era, fra lo spazio non più che di cinque anni giunse ad una tal santità che dopo morto fu veduto sedere in cielo del pari cogli anacoreti più santi.30
16. Diceva il gran Servo di Dio il P. Giuseppe Anchieta - il quale con tal mezzo della divina presenza giunse ad una gran perfezione di vita - che da questo esercizio non può altra cosa distoglierci che la poca attenzione che vi mettiamo.31 Pertanto ci avvisa il profeta Michea: Indicabo tibi, o
homo, quid sit bonum et quid Dominus requirat a te: utique... sollicitum ambulare cum Deo tuo (Mich. VI, 8): O uomo, io ti dimostrerò qual sia il tuo bene e che cosa il Signore ricerca da te; eccolo: egli vuole che sii sollecito e metti tutta la cura in fare ogni cosa che fai alla sua presenza, perché così tutto riuscirà ben fatto. Quindi scrisse S. Gregorio Nazianzeno: Nec enim tam saepe spiritum ducere quam Dei meminisse debemus (Orat. de cura pauper.).32 Disse che tante volte noi dobbiamo ricordarci di Dio, quante respiriamo; e soggiunse che, facendo ciò, faremo tutto. Dice un altro divoto autore che la meditazione in qualche caso può lasciarsi, come sarebbe in tempo d'infermità o di affari rilevanti che non patiscono dimora; ma all'incontro l'esercizio della presenza di Dio si dee sempre praticare per mezzo degli atti buoni, di rettitudine d'intenzione e di offerta e d'altri simili, come appresso più a lungo noteremo.
17. Sin qui abbiam parlato dell'operazione dell'intelletto; parliamo ora dell'applicazione della volontà a questo santo esercizio della divina presenza.
E prima bisogna intendere che lo stare sempre innanzi a Dio, colla mente sempre fissa a lui, questa è felicità de' beati; ma nello stato presente è moralmente impossibile il mantener una presenza di Dio continua senza alcuna interruzione. Perciò dobbiam procurare di averla, per quanto si può, e ciò neppure
con una certa sollecitudine inquieta e sforzo indiscreto della mente, ma con soavità e pace.
Tre sono i modi per renderci facile l'applicazione di volontà a questo esercizio.
Il primo modo è di alzare spesso il cuore a Dio con brevi, ma ferventi giaculatorie o sieno affetti amorosi verso Dio presente, i quali possono praticarsi in ogni tempo, quando vi comunica, quando si lavora, quando si sta a mensa, quando si sta in ricreazione. Questi affetti possono essere poi di elezione, di desiderio, di rassegnazione, di offerta, di amore, di rinunzia, di ringraziamento, di preghiera, di abbassamento, di confidenza e simili. In qualunque occupazione vi troviate, chi v'impedisce di voltarvi da quando in quando a Dio, e dirgli: Mio Dio, voi solo voglio e niente più. - Altro non desidero che di esser tutta vostra. - Fate di me e di tutte le cose mie quel che vi piace. - Tutta a voi mi dono. - V'amo più di me stessa. - Voglio solo ciò che volete voi. - Rinunzio per amor vostro ad ogni cosa. - Vi ringrazio di quante grazie mi avete fatte. - Aiutatemi, abbiate pietà di me. - Datemi il vostro santo amore. - Signore, a quest'ora dovrei stare nell'inferno. - Mi compiaccio della vostra felicità. - Vorrei che tutti vi amassero. - Non permettete ch'io mi separi da voi. - In voi tutta confido. - Quando sarà ch'io vi veda e v'ami da faccia a faccia? - Sia tutto per voi quanto fo e patisco. - Sia sempre fatta la vostra volontà.
I Padri antichi faceano gran conto di tutte queste brevi orazioni, le quali molto più vagliono a conservar la presenza di Dio che le orazioni lunghe.33 E S. Gio. Grisostomo dicea che chi si avvale spesso di queste brevi preghiere o atti, chiude la porta al demonio, acciocché non venga a molestarlo co' mali pensieri: Si crebris precationibus te ipsum accendas, non dabis occasionem diabolo et ullum ad suas cogitationes aditum (Hom. 4, de Fide).34
18. In certi tempi poi più speciali bisogna più specialmente ravvivar la fede della divina presenza. - E per 1. nella mattina in cui ci svegliamo, con dire: Mio Dio, credo che mi state e mi starete presente in ogni luogo, dove oggi anderò; perciò da per tutto custoditemi, e non permettete ch'io v'offenda avanti gli occhi vostri. - Per 2. nel cominciar tutte le nostre orazioni o mentali o vocali. Diceva il Ven. cardinal D. Innico Caracciolo che chi fa l'orazione distratta è segno ch'è stato negligente in far bene l'atto di fede della presenza di Dio.35 - Per 3. in occasione di qualche tentazione d'impazienza o d'impudicizia, per esempio se vi assalta qualche dolore acuto, se ricevete qualche grave affronto o se vi si presenta qualche oggetto scandaloso, subito allora aiutatevi colla divina presenza e prendete coraggio col rammemorarvi che Dio vi mira. Così si aiutava Davide per superar le tentazioni: Oculi mei semper ad Dominum: quoniam ipse evellet de laqueo pedes meos (Psal. XXIV, 15). Io terrò gli occhi al mio Dio, ed egli mi libererà da' lacci tesi da' miei nemici. - Così anche bisogna che fate quando vi occorre di dover esercitare qualche atto di virtù molto difficile, come appunto fece la gloriosa Giuditta, che, avendo già sguainata la spada e afferrata la chioma di Oloferne che dormiva, prima di dare il colpo, si rivolse a Dio e disse: Confirma me, Domine [Deus], in hac hora (Iudith XIII, 9). E così poi con fortezza gli recise la testa.
19. Il secondo modo di conservare cogli atti della volontà la presenza di Dio è che nelle operazioni distrattive rinnoviate sempre l'intenzione di farle tutte per dare gusto a Dio. E perciò nel principio d'ogni negozio o d'altra azione, o che mettete mano al lavoro o andate a mensa o alla ricreazione o al riposo, dite: Signore, non intendo in questa cosa il mio gusto, ma solamente di fare la vostra volontà. Nel progresso poi dell'atto procurate di rinnovare la stessa intenzione: Mio Dio, sia tutto a gloria vostra. Con far così ben si conserva la presenza di
Dio, senza stancar la mente; poiché lo stesso desiderio di piacergli è una memoria amorosa di Dio presente.
Giova ancora determinare certi tempi o segni particolari per ricordarsi della divina presenza, come quando suona l'orologio, quando mirate il Crocifisso, quando entrate o uscite dalla cella. Taluni sogliono metter nella stanza qualche particolar segno, per ricordarsi con quello della presenza di Dio.
20. Il terzo modo è che quando nella giornata vi troviate troppo distratta e colla mente affannata dalle faccende occorse, vi procuriate la licenza della superiora di ritirarvi almeno per qualche poco nel coro o nella cella a raccogliervi con Dio. Se mai in qualche giorno voi vi sentiste venir meno col corpo per ritrovarvi molto affaticata e da molto tempo digiuna, non procurereste di prender qualche rifezione, per poter così tirare avanti la fatica? Quanto più dovete ciò praticarlo coll'anima, quand'ella si sente venir meno nello spirito e raffreddata nel divino amore, per essere stata molto tempo digiuna, cioè priva d'orazione e di raccoglimento con Dio? Replico, come ho riferito di sopra, quel che diceva il P. Baldassarre Alvarez, che l'anima fuori dell'orazione deve stare come un pesce fuori dell'acqua, quasi in uno stato violento;36 onde dopo ch'è stata molto tempo tra gli affari e distrazioni deve procurar di andar per dir così a pigliar fiato nella solitudine, raccogliendosi ivi in Dio con affetti e preghiere.
La vita beata nel cielo consiste nel vedere ed amare Dio: e perciò conchiudo che la felicità d'un'anima in questa terra consiste anche nell'amare e nel vedere Dio, non già alla scoverta, come si fa nel paradiso, ma per mezzo della fede mirandolo sempre a lei presente; dal che poi acquisterà ella una gran riverenza, fiducia ed amore verso l'amato suo bene. Chi fa così comincia anche in questa valle di lagrime a far la vita de' beati, che sempre vedono Dio: Semper vident faciem Patris (Matth. XVIII, 10). E così disprezzerà tutte le cose terrene, conoscendo innanzi a Dio che tutto è miseria e fumo; e comincerà sin da questa vita a possedere quel sommo bene, che contenta i cuori più d'ogni altro bene.