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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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CAPO XVII - Della lezione spirituale.

1. Alla vita spirituale forse non è meno utile la lezione de' libri santi che l'orazione. Dicea S. Bernardo che la lezione c'istruisce insieme all'orazione ed alla pratica delle virtù: Lectio nos ad orationem instruit et ad operationem (Serm. 50, De modo bene viv.).1 Onde concludea che l'una


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e l'altra sono l'armi, colle quali si vince l'inferno e s'acquista il paradiso: Lectio et oratio sunt arma quibus diabolus expugnatur, beatitudo acquiritur (Ibid.).2

Non sempre possiamo avere il padre spirituale accanto, che ci consigli in tutte le nostre operazioni e specialmente ne' dubbi; ma la lezione ben supplirà a tutto, somministrandoci ella i lumi e la guida per fuggire gl'inganni del demonio e del nostro amor proprio, e per accertare insieme la divina volontà. Quindi dicea S. Atanasio che non si vedrà niuno, che attende di proposito a servire il Signore, il quale non sia dedito alla lezione spirituale: Sine legendi studio neminem ad Deum intentum videas.3

E perciò tutt'i fondatori han molto raccomandato questo santo esercizio a' loro religiosi. S. Benedetto fra gli altri ordinò che ciascun suo monaco ogni giorno facesse la sua lettura, e che due stessero assegnati ad andare in giro visitando le celle, per vedere se tutti l'osservassero; e ritrovandosi alcuno in ciò negligente, volea che fosse penitenziato.4


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Ma prima di tutti l'impose l'Apostolo al suo Timoteo: Attende lectioni ([I] Tim. IV, 13). E si noti la parola attende, la quale significa che quantunque Timoteo stesse molto occupato, per esser vescovo, nella cura del suo gregge, pure voleva S. Paolo che non già di passaggio e per breve tempo || ma di proposito e per lungo tempo |5 attendesse alla lettura de' libri santi.

2. Quanto è nociva la lettura de' libri cattivi, altrettanto è profittevole quella de' buoni. Siccome questa spesso è stata la causa della conversione di molti peccatori, così quella per contrario tuttodì suol essere la rovina di molti giovani. Il primo autore de' libri divoti è lo Spirito di Dio; ma de' libri perniciosi l'autore n'è lo spirito del mondo, il quale spesso usa l'arte con alcune persone di nascondere il veleno, che v'è in tali suoi libri, sotto il pretesto di apprendersi ivi il modo di ben parlare e la scienza delle cose del mondo per ben governarsi, o almeno di passare il tempo senza tedio. Ma parlando specialmente delle monache, io dico non esservi cosa per esse più dannosa che il legger libri cattivi.

E per libri cattivi non intendo già solamente i libri proibiti dalla S. Sede, che parlano d'eresie o di materie turpi, ma intendo ancora tutti i libri che trattano di amori mondani. Che spirito mai potrà avere una religiosa che legge romanzi o commedie e poesie profane? Qual raccoglimento potrà ella avere nell'orazione e nella comunione? Dovrà costei chiamarsi sposa di Gesù Cristo o più presto una mala sposa del mondo? giacché ancor le donzelle del secolo, le quali soglion leggere questi libri, difficilmente soglion essere buone secolari.

3. Mi dirà taluna: Ma che danno fanno i romanzi e le poesie profane, dove non sono parole immodeste? Che danno, voi dite? Eccolo; ivi si accende la concupiscenza de' sensi, si svegliano specialmente le passioni, e queste poi facilmente si guadagnano la volontà o almeno la rendono così debole che, venendo appresso l'occasione di qualche affezione non pura verso qualche persona, il demonio trova l'anima già disposta per farla precipitare. Dice un saggio autore che per le letture di tali libri perniciosi l'eresia ha fatti e fa tutto


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giorno tanti progressi, perché ella così ha data e più forza al libertinaggio. Il veleno di questi libri entra a poco a poco nell'anima; prima s'impadronisce dell'intelletto, indi infetta la volontà, e finalmente morte all'anima. Il demonio non ha forse mezzo più valido e più sicuro per mandare in perdizione una giovane che la lettura di tali libri avvelenati. Oh che desolazione farà questo veleno, se mai s'introduce in una comunità! basterà un sol libro cattivo di questa sorta a metterla in rovina. Sposa benedetta del Signore, se mai avete per le mani qualche libro di questi, presto buttatelo al fuoco, acciocché più non comparisca. E se mai siete superiora, procurate quanto potete di estirpare simili libri dal monastero. se non volete darne gran conto a Dio.

4. Avvertite in oltre che alcuni libri non saranno già di materia peccaminosa, ma saranno inutili al vostro profitto; e questi anche saranno per voi nocivi, perché vi faran perdere il tempo, che potreste impiegare in occupazioni utili all'anima. Scrisse S. Girolamo alla sua discepola Eustochio per istruzione di lei che, mentr'egli stava nella sua solitudine di Bettelemme, amava e leggea spesso i libri di Cicerone, ed all'incontro aveva un certo orrore a' libri sagri, per lo stile incolto che in questi ritrovava. Accadde che gli venne una grave infermità, nella quale si vide presentato al tribunale di Gesù Cristo; ivi gli dimandò il Signore: Dimmi, chi sei tu? Egli rispose: Son cristiano. - Menti, ripigliò il giudice: che cristiano? tu sei Ciceroniano, non cristiano. E comandò che in quel punto fosse flagellato. Il santo allora prometté di emendarsi, e ritornato in sensi, si ritrovò in fatti colle spalle tutte livide ed impiagate per lo castigo ricevuto in quella visione, e da allora in poi lasciò i libri di Cicerone e diedesi alla lettura de' sagri.6


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È vero che in certi libri di tal sorta anche alle volte ritrovasi qualche sentimento utile allo spirito; ma lo stesso S. Girolamo saggiamente scrisse ad un'altra sua discepola così: Non necesse habes aurum in luto quaerere (Epist. ad Furiam).7 Che bisogno hai di andar cercando un poco d'oro in mezzo a tanto fango, quando puoi leggere i libri divoti, dove troverai tutt'oro senza fango?

Parimente libri inutili ordinariamente sono, ed alle volte anche nocivi per le religiose, i libri di Teologia morale, poiché ivi facilmente possono inquietarsi colla coscienza, o pure apprendere ciò che lor giova non sapere.

Anche nociva può esser a taluna la lettura de' libri di Teologia mistica, giacché può essere ch'ella s'invogli dell'orazione sovrannaturale, e così lascerà la via ordinaria della sua


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orazione solita, in meditare e fare affetti; e così resterà digiuna dell'una e dell'altra, poiché niuno dee intromettersi nella contemplazione, se Dio chiaramente non ve l'introduce. Per ciò S. Teresa dopo morte apparve ad una sua religiosa ed ordinò che si proibisse dai superiori alle monache il leggere i suoi libri di visioni e rivelazioni dicendo ch'ella non s'era fatta santa colle visioni e rivelazioni, ma coll'esercizio delle virtù.8

5. Ma veniamo al punto nostro. Oh quanti beni apporta la lettura dei libri sagri!

In primo luogo, siccome la lettura dei libri cattivi, secondo abbiam detto, riempie l'anima di sentimenti mondani e velenosi, così all'incontro i libri sani riempiono la mente di santi pensieri e buoni desideri.

Una religiosa che spende buona parte del giorno in legger libri curiosi e profani, che le mettono in testa mille idee di mondo ed una turba d'affetti terreni, come mai può star raccolta in santi pensieri? come tenersi alla divina presenza e fare spesso atti buoni verso Dio? Il mulino macina quel grano che riceve; se riceve grano cattivo, come può render farina buona? Anderà quella monaca, che ha impiegato un buon pezzo di tempo a legger qualche libro curioso, anderà, dico, all'orazione, alla comunione, ed ivi in vece di pensare a Dio e di fare atti d'amore e di confidenza, vi starà tutta distratta; poiché ivi se le affacceranno alla mente tutte le specie di quelle vanità che ha lette.

All'incontro colei che tiene la mente ripiena di specie divote, come di documenti di spirito e di esempi virtuosi de' santi, non solo nell'orazione, ma anche fuori dell'orazione, quei pensieri l'accompagneranno e la terranno quasi sempre unita con Dio. S. Bernardo dichiara ciò con un'altra bella similitudine; spiegando egli quel passo di S. Giovanni (XVI, 24): Quaerite et invenietis,9 dice: Quaerite legendo, et invenietis meditando; lectio quasi cibum ori apponit, meditatio masticat (S. Bern., Scala cla.):10 Cercate voi colla lezione


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de' libri divoti, e così troverete quel che cercate nella meditazione; poiché la lezione mette alla bocca quel cibo, che poi dalla meditazione vien masticato.

6. In secondo luogo l'anima ch'è imbevuta di santi pensieri nella lettura, sarà più pronta a discacciar le tentazioni interne. Questo era il consiglio che dava S. Girolamo a Salvina sua discepola: Semper in manibus tuis sit divina lectio, ut cogitationum sagittae huiusmodi clypeo repellantur (Epist. ad Salvin.):11 Procura di aver sempre nelle mani libri divoti, acciocché con questo scudo possi difenderti da' mali pensieri.

In terzo luogo la lettura spirituale serve per vedere le macchie che abbiamo nell'anima, e così da quelle mondarci. Il medesimo S. Girolamo scrisse a Demetriade che si fosse valuta della lettura spirituale, come d'uno specchio: Lectionem adhibens speculi vice (Ep. ad Demetr.).12 E volea dire che


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siccome lo specchio serve per vedere le macchie, che abbiamo nel volto, così i libri santi ci fan conoscere i difetti, che abbiamo nella coscienza: Ibi foeda, dice S. Gregorio parlando appunto della lettura spirituale, ibi pulchra nostra cognoscimus; ibi sentimus quantum proficimus (Mor. lib. 2, c. 1):13 Ivi scorgiamo le nostre perdite ed i nostri avanzi nello spirito; ivi osserviamo lo scadimento o il profitto che abbiam fatto nella via di Dio.

In quarto luogo nella lettura de' libri santi ricevonsi molti lumi e chiamate divine. Dice S. Girolamo che quando oriamo, noi parliamo a Dio; quando poi leggiamo, Dio parla a noi: Oras? Loqueris ad Sponsum: legis? ille tibi loquitur (Epist. 22).14 Lo stesso dice S. Ambrogio: Illum alloquimur cum oramus; illum audimus cum legimus (Lib. 1, De offic., C. 20):15 Nell'orazione Dio ascolta le nostre preghiere, ma nella lezione noi ascoltiamo le voci di Dio. Non sempre, come dissi di sopra, possiamo avere a lato il padre spirituale ne sempre possiamo udir prediche di santi oratori, che ci dirigano e diano lume per ben camminare nella via di Dio; i buoni libri ben suppliscono per le prediche. Scrive S. Agostino che i libri santi sono come tante lettere amorose che c'invia il Signore,16 dove ci avverte de' pericoli, c'insegna la via della salute,


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ci anima a soffrire le avversità, c'illumina e c'infiamma nel suo divino amore. Chi dunque brama di salvarsi e d'acquistare l'amor divino, dee spesso leggere queste lettere di paradiso.

7. Quanti santi colla lettura di qualche libro spirituale han lasciato il mondo e si son dati a Dio! È noto che S. Agostino, stando egli miseramente incatenato dalle sue passioni e vizi, colle lezioni d'un'epistola di S. Paolo, illuminato dalla luce divina, uscì dalle sue tenebre e cominciò a farsi santo.17 Così ancora S. Ignazio di Loiola, essendo soldato, per la lettura d'un libro di vite de' santi, che a caso prese a leggere affin di fuggir la noia del letto, in cui allora si trovava infermo, intraprese una vita santa; onde divenne poi padre e fondatore della Compagnia di Gesù, d'una religione che ha recato tanto bene alla Chiesa.18 Così ancora S. Giovanni Colombino, in leggere a caso e quasi contra sua voglia un libro divoto, lasciò il mondo e si fece santo, fondando ancor egli un'altra religione.19 Di più narra S. Agostino (Confess. lib. 8, cap. 6) che due cortigiani dell'imperator Teodosio entrando un giorno in un certo monastero di solitari, uno di loro si pose a leggere a caso la vita di S. Antonio abbate, che trovò in una cella, e cominciò talmente ad imbeversi di santi pensieri, che allora appunto si risolse di licenziarsi dal mondo; indi parlò con tale spirito al suo compagno, che tutti due rimasero in quel chiostro a servire Iddio.20 Si legge di più nelle Croniche de' Carmelitani Scalzi che una dama in Vienna si era apparecchiata una sera per andare ad un festino, ma perché quello poi non si fece, stando perciò in collera, prese per divertirsi un libro spirituale che le venne alla mano, dove apprese il disprezzo del mondo, ed in fatti lo lasciò e si fece teresiana.21 Lo stesso avvenne alla duchessa di Montalto in Sicilia, la quale anche a caso prese un giorno a leggere l'Opere di S. Teresa, ed indi tanto si adoperò che ottenne dal marito, cui trovavasi allora ligata,


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il consenso per farsi ancor ella carmelitana scalza, come in fatti seguì.22

8. Ma la lettura de' libri spirituali non solo ha giovato a' santi nel principio della loro conversione, ma in tutta la loro vita, per conservarsi e vie più avanzarsi nella perfezione. S. Domenico glorioso abbracciava i suoi libri divoti e caramente gli stringeva, dicendo: Questi mi danno latte.23 E come mai i santi anacoreti passavano tanti anni vivendo ne' deserti, lontani da ogni commercio umano, se non coll'orazione e coll'uso de' libri spirituali? Il gran Servo di Dio Tommaso de Kempis non potea aver maggior consolazione che nello starsene in un cantone della cella con un libro che gli parlava di Dio.24 Già si è riferito prima in altro luogo che il Ven. Vincenzo Carafa dicea non saper egli desiderare altro stato più felice in questo mondo, che menar la sua vita in una grotticella con un tozzo di pane ed un libro divoto.25 San Filippo Neri in tutte l'ore


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vacue che poteva avere, si occupava a legger libri spirituali e particolarmente Vite di santi.26

9. Se poi mi domandate qual libro sarebbe migliore per voi che siete religiosa, primieramente vi dico: Leggete quei libri dove l'anima vostra ritrova più divozione, e da' quali vi sentite più mossa ad unirvi con Dio. Ben atte sono a tal fine l'Opere di S. Francesco di Sales, di S. Teresa, del P. Granata, del P. Rodriguez, del Sangiurè, del Nieremberg, del Pinamonti ed altre simili, e specialmente gli Avvisi a' religiosi de' padri di S. Mauro e 'l Direttorio Ascetico del P. Scaramelli, libro moderno, ma molto dotto e divoto. Del resto, generalmente parlando, vi consiglio a lasciare i libri difficili; e procurate di legger quelle materie, che conoscete più utili per la vostra perfezione.

Leggete spesso tra gli altri le Vite de' santi, e specialmente di quelle sante e santi che sono stati religiosi, come di S. Teresa, di S. Caterina da Siena, della B. Sciantal, della Ven. Suora Francesca Farnese, della Ven. Suora Serafina da Capri, di S. Pietro d'Alcantara, di S. Giovanni della Croce, di S. Francesco Borgia, di S. Luigi Gonzaga e simili. Leggete ancora spesso le Vite de' santi martiri, particolarmente di tante sante verginelle, che han data la vita per Gesù Cristo; ed a questo fine potete prendervi le Vite de' santi date alla luce dal P. Croiset,


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le quali vanno a parte in tre tomi divise dall'opera sua grande degli Esercizi di pietà.

Oh quanto giova la lettura delle Vite de' santi! Ne' libri d'istruzione circa le virtù si legge quel che si dee fare, ma nelle Vite de' santi si legge quel che han fatto già tanti uomini e donne, ch'erano di carne come noi. Onde il loro esempio, se altro utile non ci recasse, almeno fa umiliarci e metterci colla faccia sotto terra; leggendo ivi le gran cose che han fatte i santi, ci vergogneremo certamente del poco che noi abbiam fatto e facciamo per Dio.

10. Confessa di sé S. Agostino, e dice: Exempla servorum tuorum congesta in sinum cogitationis nostrae urebant et sumebant torporem nostrum, et accendebant nos (Confess., cap. 1).27 Mio Dio, diceva, gli esempi de' vostri servi da me considerati consumavano la mia tepidezza e m'infiammavano del vostro santo amore. Scrive ancora S. Bonaventura di S. Francesco (In Vita, c. 9) che il santo ex recordatione sanctorum, tamquam lapidum ignitorum, in deificum recalescebat incendium:28 col ricordarsi de' santi e delle loro virtù, quelle, come fossero tante pietre infocate, l'accendevano di nuovo amore verso Dio. Narra di più S. Gregorio (Homil. 15) che in Roma vi era un certo povero, chiamato Servolo; questi era infermo e andava mendicando per vivere, e delle limosine che poi raccoglieva, parte ne dava ad altri poveri suoi pari, e parte ne comprava alcuni libretti divoti. Servolo non sapea leggere, ma se gli facea leggere da coloro ch'esso ammetteva ad albergare nella sua casetta ove dormiva. Dice S. Gregorio che col sentir leggere quei libri acquistò una gran pazienza ed insieme un'ammirabile scienza delle cose divine. Conclude finalmente il santo e dice che, venendo questo povero a morte, pregò i suoi amici che gli seguissero a legger quei libri, ma prima di spirare interruppe poi la lettura e disse:


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Tacete, tacete, non sentite come risuona di canti e d'armonie tutto il paradiso? E così dicendo dolcemente finì la vita. Spirato che fu, subito in quella stanza si sparse un grande odore per segno della santità di quel mendico, che partì da questa terra povero sì di ricchezze, ma ricco di virtù e di meriti.29

11. Ma per ricavar gran frutto dalla lezione, in primo luogo, avanti di cominciar la lettura, bisogna raccomandarsi a Dio, acciocché egli c'illumini la mente in quelle cose che leggiamo. Già si è detto che nella lezione spirituale il Signore è quegli che si degna di parlarci, e perciò in prendere il libro bisogna pregarlo: Loquere, Domine, quia audit servus tuus:30 Parlatemi, Signor mio, perché io voglio ubbidirvi in tutto ciò che mi farete intendere che volete da me.

In secondo luogo bisogna leggere non per sapere né per curiosità, ma solo per avanzarci nel divino amore. Il leggere per sapere, non è lezione spirituale, ma è studio inutile in tal tempo per l'anima. Peggio è poi il leggere per curiosità, come fanno alcune monache, le quali divorano i libri, non attendendo


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ad altro che a terminarli presto ed a pascer la loro curiosità. Queste che profitto ne vogliono ricavare? Tutto il tempo speso in tali letture sarà tutto tempo perduto. Dicea S. Gregorio: Multi legunt, et a lectione ieiuni sunt (Hom. 10 in Ezech.).31 Molti leggono e leggon molto, ma dalla lezione si alzan poi digiuni, come se niente avesser letto, perché han letto solamente per curiosità. E di ciò appunto il santo riprese Teodoro medico, perché quegli, leggendo i libri sagri, li scorrea con occhio veloce senza profitto.32

12. Per trarre profitto dai libri spirituali, bisogna leggerli posatamente e con riflessione. Nutri, diceva S. Agostino, animam tuam lectionibus divinis (Lib. de Op. mon.):33 Nudrisci l'anima tua colle letture divine. Or per ritrarre da' cibi buon nutrimento, non giova il divorarli, ma bisogna ben masticarli: e così in terzo luogo si avverta che per ricavare abbondante frutto dalle lezioni divote, bisogna masticare e ben ponderare34 ciò che si legge, applicando a se stesso quel che ivi s'insinua a praticare. E quando ciò che si legge fa maggiore impressione, consiglia S. Efrem che si ritorni a leggere: Non pigeat, dice il santo, saepius eumdem repetere sensum.35 In oltre quando nella lezione


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si riceve alcun lume speciale in leggere qualche documento o atto di virtù che penetra il cuore, molto giova allora il fermarsi ed alzare la mente a Dio con fare qualche risoluzione o pure qualche atto buono o fervorosa preghiera verso Dio. Dice S. Bernardo: Oratio lectionem interrumpat (Serm. ad Frat. ec.).36 È bene allora che si tralasci la lettura e si frammetta l'orazione, e che ci fermiamo ad orare sin tanto che dura quel vivo sentimento che ci ha commossi; e così facciamo sempre a guisa dell'ape, che non passa dal primo al secondo fiore, se non quando ne ha raccolto, tutto il mele che v'ha trovato. E non importa allora che scorra e finisca il tempo determinato della lettura, perché così quel tempo viene ad essere speso con maggior profitto dello spirito. Talvolta può avvenire che la lettura d'un solo verso frutti più che se letto si fosse un foglio intiero.

In oltre, terminando la lettura, bisogna scegliere qualche sentimento più divoto che si è ricavato da ciò che s'è letto, e portarlo seco, come si porta un fiore da un giardino, dove si è stato a diporto.




1 De modo bene vivendi, cap. 50, n. 119: inter Opera S. Bernardi. ML 184-1272. Opuscolo d' ignoto autore.



2 «Lectio et oratio sunt arma quibus diabolus expugnantur; haec sunt instrumenta quibus aeterna beatitudo acquiriturIbid.



3 Dopo aver ricordato l' astuzia degli eretici nell' abusare della Scrittura per ingannare i semplici, S. ATANASIO (Epistola ad Episcopos Aegypti et Libayae, n. 4: MG 25-547) aggiunge: «Orare et convenit et necesse est, ut gratiam discernendi spiritus consequamur, ut unusquisque, quemadmodum monet Ioannes, cognoscat, quinam quidem reiiciendi, quinam vero tamquam amici et eiusdem fidei consortes, sint admittendi. Multa sane in hanc rem liceret scribere, si cui ista accurate tractare esset animus. Nam facile apparebit quam multa variaque sit haeresum impietas ac perversitas, quamque metuenda falientium astutia. Verum quia divina Scriptura longe ceteris omnibus praestat, idcirco his qui plura hac de re habere voluerint, auctor ipse sum ut divinos libros sedulo legant.» Altro testo, più, adatto, del santo Dottore, non abbiamo trovato.



4 Regula S. P. Benedicti. Caput 4: «Quae sint instrumenta bonorum operum.... 56. Lectiones sanctas libenter audire.»- Caput 48: «Occupari debent fratres... certis... horis in lectione divina... A pascha usque ad calendas octobris... ab hora... quarta usque ad horam quasi sextam lectioni vacent. Post sextam autem, surgentes a mensa, pausent in lectis suis cum omni silentio; aut forte qui voluerit legere, sibi sic legat ut alium non inquietet.... A calendis autem octobris usque ad caput Quadragesimae, usque in horam secundam plenam lectioni vacent.... Post refectionem autem, vacent lectionibus suis aut psalmis. In Quadragesimae vero diebus, a mane usque ad tertiam plenam, vacent lectionibus suis.... In quibus diebus Quadragesimae, accipiant omnes singulos codices de bibliotheca, quos per ordinem ex integro legant.... Ante omnia sane deputentur unus aut duo seniores, qui circumeant monasterium hors quibus vacant fratres lectioni, et videant ne forte inveniatur frater accidiosus, qui vacet otio aut fabulis, et non est intentus lectioni, et non solum sibi inutilis est, sed etiam alios extollit... Dominico item die lectioni vacent omnes.» ML 66-295, 297, 703, 704.



5 Nelle ediz. napoletane 1768 (Di Domenico) e 1781, e in quella veneta (Pezzana) 1771, manca questa frase.



6 «Cum, ante annos plurimos, domo, parentibus, sorore, cognatis, et, quod his difficilius est, consuetudine lautioris cibi, propter caelorum me regna castrassem, et Ierosolymam militaturus pergerem, bibliotheca, quam mihi Romae summo studio ac labore confeceram, carere omnino non poteram. Itaque miser ego lecturus Tullium, ieiunabam. Post noctium crebras vigilias, post lacrimas, quas mihi praeteritorum recordatio peccatorum ex imis visceribus eruebat, Plautus sumebatur in manus (al. manibus). Si quando in memetipsum reversus, Prophetas legere coepissem, sermo horrebat incultus; et quia lumen caecis oculis non videbam, non oculorum putabam culpam esse, sed solis. Dum ita me antiquus serpens (al. hostis) illuderet, in media ferme Quadragesima medullis infusa febris corpus invasit exhaustum, et sine ulla requie- quod dictu quoque incredibile sit- sic infelicia membra depasta est ut ossibus vix haererem. Interim parantur exsequiae, et vitalis animae calor, toto frigescente iam corpore, in solo tantum tepente pectusculo palpitabat. Cum subito raptus in spiritu, ad tribunal iudicis pertrahor, ubi tantum luminis, et tantum erat ex circumstantium claritate fulgoris, ut, proiectus in terram, sursum aspicere non auderem. Interrogatus de condicione, Christianum me esse respondi. Et ille qui praesidebat: «Mentiris, ait, Ciceronianus es, non Christianus; ubi enim thesaurus tuus, ibi et cor tuum (Matth. VI, 21.).» Illico obmutui, et inter verbera- nam caedi me iusserat- conscientiae magis igne torquebar, illum mecum versiculum reputans: In inferno autem quis confitebitur tibi? (Ps. VI, 6). Clamare tamen coepi et eiulans dicere: «Miserere mei, Domine, miserere mei.» Haec vox inter flagella resonabat. Tandem ad praesidentis genua provoluti qui adstabant, precabantur ut veniam tribueret adolescentiae, et errori locum poenitentiae commodaret, exacturus deinde cruciatum, si gentilium litterarum libros aliquando legissem. Ego qui in tanto constrictus articulo vellem etiam maiora promittere, deierare coepi, et nomen eius obtestans, dicere: «Domine, si umquam habuero codices saeculares, si legero, te negavi.» In haec sacramenti verba dimissus, revertor ad superos, et, mirantibus cunctis, oculos aperio tanto lacrimarum imbre perfusos, ut etiam incredulis fidem facerem ex dolore. Nec vero sopor ille fuerat, aut vana somnia, quibus saepe deludimur. Testis est tribunal illud, ante quod iacui, testis iudicium triste, quod timui: ita mihi numquam contingat in talem incidere quaestionem. Liventes fateor habuisse me scapulas, plagas sensisse post somnum, et tanto dehinc studio divina legisse, quanto non ante mortalia legeram.» S. HIERONYMUS, Epistola 22, ad Eustochium. ML 22-416, 417.



7 «Quando comedis, cogita quod statim tibi orandum, illico et legendum sit. De Scripturis sanctis habeto fixum versuum numerum; istud pensum Domino tuo redde... Post Scripturas sanctas, doctorum hominum tractatus lege: eorum dumtaxat, quorum fides nota est. Non necesse habes aurum in luto quaerere; multis margaritis, unam redime margaritam... Amorem monilium atque gemmarum, sericarumque vestium, transfer ad scientiam Scripturarum.» S. HIERONYMUS, Epistola 54, ad Furiam, De viduitate servanda, n. 11. ML 22-555.



8 FRANCESCO DI S. MARIA, Riforma degli Scalzi di Nostra Signora del Carmine, lib. 7, cap. 30, n. 2.- Vedi Appendice, 6.



9 Petite et accipietis. Io. XVI, 24.- Quaerite et invenietis. Matth. VII, 7.



10 «Quaerite legendo, et invenietis meditando.... Lectio quasi solidum cibum ori apponit: meditatio masticat et frangitScala claustralium sive Tractatus de modo orandi, cap. 2. ML 184-475.- Questo trattato s' incontra tra le opere ora di S. Agostino, ora di S. Bernardo, quantunque non possa attribuirsi all' uno all' altro. In un codice di Colonia, viene intitolato: Epistola Domini GUIGONIS, Cartusiensis, ad fratrem Gervasium, de vita contemplativa. Questi è quell' illustre Guigone, Priore quinto della Gran Certosa, «Legislatore» del suo Ordine, ed amico intrinseco di S. Bernardo. Cf. LE COUTEULX, Annales Ordinis Cartusiensis, I, pag. 299-300.



11 «Semper in manibus tuis sit divina lectio, et tam crebrae orationes, ut omnes cogitationum sagittae, quibus adolescientia percuti solet, huiusmodi clypeo repellantur.» S. HIERONYMUS, Epistola 79, ad Salvinam, mulierem nobilissimam, n. 9. ML 22-730, 731.



12 Tutte le ediz. precedenti al 1781 (Napoli, Stasi) e anche qualcuna delle postume hanno erroneamente: Il medesimo S. Bernardo scrisse a Demetriade. Abbiamo ammessa la correzione dell' ediz. del 1781, poichè S. GIROLAMO scrisse difatti a Demetriade, ed assai le raccomandò le sante letture. Nell' Epistola 130, (ML 22-1107 et seq.) si legge: Num. 7, col. 1113:

«Unum illud tibi, nata Deo, praeque omnibus unum

Praedicam, et repetens, iterumque iterumque monebo,

ut animum tuum sacrae lectionis amore occupesNum. 15, col. 1119: «Statue quot horis sacram Scripturam ediscere debeas; quanto tempore legere, non ad laborem (di questo ha parlato or ora: quot horis.... ediscere debeas), sed ad delectationem et instructionem animaeNum. 20, col. 1124: «Ama Scripturas sanctas, et amabit te sapientia.»- Però le parole riferite da S. Alfonso sono cavate da una lettera a Demetriade, ma scritta dall' eresiarca PELAGIO (ML 33-1099 et seq., inter Opera S. Augustini, Epistola 17, inter supposititias, cap. 23, col. 1115): «Optime uteris lectione divina, si tibi eam adhibeas speculi vice, ut ibi velut ad imaginem suam anima respiciat, ut vel foeda quaeque corrigat, vel pulchra plus ornetBelle parole: non poche ne ha il Pelagio, il più lusinghiero forse degli eretici.- Questa sua lettera fu attribuita anche a S. Girolamo (ML 33-1099, in Admonitione de Epistola), ma più a S. Agostino, tra le cui Opere tuttora si ritrova. S. Agostino, invece, ne fu il primo impugnatore, e subito, con Alipio, scrisse a Giuliana, madre di Demetriade, per risaperne l' autore, e per mettere in guardia tanto la figlia quanto la madre contro gli errori opposti alla dottrina cattolica sulla grazia (Epistola 188, ML 33-848 et seq.)- Il paragone dello specchio l' ha usato anche S. AGOSTINO: «Si orat Psalmus, orate: et si gemit, gemite; et si gratulatur, gaudete; et si timet, timete. Omnia enim quae hic conscripta sunt, speculum nostrum sunt.» Enarratio in ps. 30, sermo 3, n. 1, ML 36-248. «Et quid intuens, inquis, me videbo? Posuit tibi speculum Scripturam suamEnarratio in Ps. 103, sermo 1, n. 4. ML 37-1338.



13 «Scriptura sacra mentis oculis quasi quoddam speculum opponitur, ut interna nostra facies in ipsa videatur. Ibi enim foeda, ibi pulchra nostra cognoscimus. Ibi sentimus quantum proficimus, ibi a provectu quam longe distamus.» S. GREGORIUS MAGNUS, Moralia in Iob, lib. 2, cap. 1, n. 1. ML 75-553.



14 «Semper te cubiculi tui secreta custodiant, semper tecum Sponsus ludat intrinsecus. Oras, loqueris ad Sponsum: legis, ille tibi loquitur.» S. HIERONYMUS, Epistola 22, ad Eustochium, n. 25. ML 22-411.



15 «Cur non illa tempora, quibus ab Ecclesia vacas, lectioni impendas? Cur non Christum revisas, Christum alloquaris, Christum audias? Illum alloquimur cum oramus, illum audimus cum divina legimus oracula.» S. AMBROSIUS, De officiis ministrorum, lib. 1, cap. 20, n. 88. ML 16-50.



16 «De illa civitate unde peregrinamur, litterae nobis venerunt: ipsae sunt Scripturae, quae nos horiantur ut bene vivamus.» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 90, sermo 2, n. 1. ML 37-1159.- «Peregrinamur enim, suspiramus, gemimus. Venerunt ad nos litterae de patria nostra, ipsas vobis recitamusEnarratio in Ps. 149, n. 5. ML 37-1952.



17 «S. AUGUSTINUS, Confessiones, lib. 8, cap. 12, num. 28-30. ML 32-762. - Vedi Appendice, 7, A.



18 Petrus RIBADENEIRA, Vita, Lugduni, 1595, lib. 1, cap. 2.- Vedi Appendice, 7, B.



19 FEO BALCARI, Vita, Roma, 1659, cap. 2.- Vedi Appendice. 7, C.



20 S. AUGUSTINUS, Confessiones, lib. 8, cap. 6, n. 14, 15. ML 32-755, 756.- vedi Appendice, 7, D.



21 Lod. Ant. MURATORI, La Vita del P. Paolo Segneri iuniore, S. I., Venezia, 1743, pag. 367.- Vedi Appendice, 7, E.



22 FRANCESCO DELLA CROCE, Disinganni per vivere e morir bene, Terza parola (vol. 3), Napoli, 1711, pag. 35, 36.- Vedi Appendice, 7, E.



23 «San Domenico prendeva i libri spirituali e se li stringeva al cuore, dicendo: Questi mi danno latte; quindi mi vien forza allo spiritoLod. Ant. MURATORI, Vita del P. Segneri iuniore, (Esercizi spirituali esposti secondo il metodo del P. Paolo Segneri iuniore). Venezia, 1743, pag. 86.- THEODORICUS DE APPOLDIA, O. P., Acta S. Dominici, pars 8, cap. 24, (inter Acta SS. Bollandiana, die 4 augusti, nn. 414 et 415): «Sedebat quietus, et expandebat librum aliquem ante faciem suam, munitus signo crucis; et legebat, et afficiebatur mente dulciter, ac si audiret Dominum loquentem.... Et quasi cum socio disputaret, nutibus et mente modo impatiens videbatur, modo quietus auditor disceptare et luctare, et arridere simul et fiere, et figere intuitum, et submittere, et iterum loqui silenter, et tundere pectus... Et cum sic solitarius legeret, venerabatur librum, et inclinabat libro, et osculabatur quoque librum; maxime si erat codex evangelicus, vel si legeret verba quae Christus ore suo protulerat. Quandoque vero faciem abscondebat, et avertebat alio, vel deponebat faciem in manibus suis, aut modicum velabat eam caputio suo; et etiam tunc fiebat totus anxius, et plenus desiderio, et etiam, quasi redderet gratias personae excellenti de perceptis beneficiis, modicum reverenter assurgebat, et inclinabat, et totus refertus et factus quietus in se ipsum, iterum legebat in libro



24 «Ostenditur adhuc eius (Thomae a Kempis) effigies, sed admodum deformata paeneque obliterata, cum hoc insigni symbolo: In omnibus requiem quaesivi, sed non inveni nisi in hoexkens ende hoexkens: hoc est, in abditis recessibus et libelliusFRANCISCUS TOLENSIS, Canonicus Regularis, Vita Thomae a Kempis, n. 12. Thomae a Kempis Opera omnia, edita ab Henrico Sommalio, S. I., Coloniae Agrippinae et Coloniae Allobrogum, 1759, tom. 1.- Il detto di Tommaso da Kempis si ritrova ancora nella bocca degli Olandesi, sotto questa forma: «In een hoekske met een boekske»; cioè «In angulo cum libello».



25 «Diceva che il suo paradiso in terra sarebbe stato una selva, una grotticella, un libro, e tanto di pane e d' acqua quanto è necessario per vivereBARTOLI, Vita, lib. 2, cap. 6.



26 «Nel leggere le Vite de' Santi erano talvolta più le lagrime che spargea, che le parole che pronunziavaBACCI, Vita, lib. 2, cap. 4, n. 4.- «All' orazione aggiungea Filippo la lettura de' libri spirituali, ed in particolare delle Vite de' Santi: dicendo che non vi era cosa più a proposito, per eccitar lo spirito, di questa.... Dava poi per ricordo univerale, tanto per l' orazione, quanto per lo studio, massimamente alle persone di Congregazione, ed a quelli che dovevano ministrar la parola di Dio, che leggessero i libri di quegli autori i nomi de' quali cominciano per S: cioè di S. Agostino, di S. Gregorio, di S. Bernardo, e d' altri SantiOp. cit., lib. 2, cap. 5, n. 12.- «Molte volte li conduceva (i giovani) in qualche luogo aperto, e quivi li facea giuocare insieme a diversi giuochi.... Anzi egli medesimo solea dar principio al giuoco, e poi si ritirava da un canto in qualche boschetto o luogo eminente, o a leggere, o a meditareOp. cit., lib. 2, cap. 7, n. 2.- Quando ebbe lasciati gli studi per darsi totalmente agli esercizi spirituali, «si prese per divozione d' andar ogni notte alle sette Chiese, ed in particolare al Cemeterio di S. Callisto... solito a portarsi solamente un pane, e con quello sostentarsi tutto il giorno, portando sempre seco ancora qualche libro... Quando poi avesse talora trovato le chiese serrate, era solito di mettersi ne' porticali di esse, dove bene spesso fu veduto porsi a leggere al lume della luna, e particolarmente a Santa Maria Maggiore ed a San PietroOp. cit., lib. 1, cap. 5, n. 4, 5.



27 «Exempla sanctorum tuorum, quos de nigris lucidos, et de mortuis vivos feceras, congesta in sinum cogitationis nostrae, arebant et absumebant gravem torporem, ne in ima vergeremus; et accendebant nos valide, ut omnis ex lingua subdola contradictionis fiatus infiammare nos acrius posset, non exstinguere.» S. AUGUSTINUS, Confessionum lib. 9, cap. 2, n. 3. ML 32-764.



28 «Ex recordatione Sanctorum omnium tamquam lapidum ignitorum (Ezech. XXVIII, 14 et 16) in deificum recalescebat incendium.» S. BONAVENTURA, Legenda S. Francisci, cap. 9, n. 3. Opera, VIII, ad Claras Aquas, 1898, pag. 530.



29 «In ea porticu quae cuntubus ad ecclesiam beati Clementis est pervia, fuit quidam Servulus nomine, quem multi vestrum mecum noverunt, rebus pauper, meritis dives, quem longa aegritudo dissolverat. Nam a primaeva aetate usque ad finem vitae paralyticus iacebat. Quid dicam quia stare non poterat? Qui numquam in lecto suo surgere vel ad sedendum valebat, numquam manum suam ad os ducere, numquam se potuit in latus aliud declinare. Huic ad serviendum mater cum fratre aderat, et quidquid ex eleemosyna potuisset accipere, hoc eorum manibus pauperibus erogabat. Nequaquam litteras noverat, sed Scripturae sacrae sibimet codices emerat, et religiosos quosque in hospitalitate suscipiens, hos coram se legere sine intermissione faciebat. Factumque est ut, quantum ad mensuram propriam, plene sacram Scripturam disceret, cum, sicut dixi, litteras funditus ignoraret. Studebat in dolore semper gratias agere, hymnis Deo et laudibus diebus ac noctibus vacare. Sed cum iam tempus esset ut tanta eius patientia remunerari debuisset, membrorum dolor ad vitalia rediit. Cumque se iam morti proximum agnovit, peregrinos atque in hospitalitate susceptos admonuit ut surgerent, et cum eo psalmos pro exspectatione exitus sui decantarent. Cumque cum eis et ipse moriens psalleret, voces psallentium repente compescuit, cum terrore magni clamoris: «Tacete: numquid non auditis quantae resonant laudes in caelo?» Cumque ad easdem laudes quas intus audierat aurem cordis intenderet, sancta illa anima a carne soluta est. Sed exeunte illa, tanta illic fragrantia odoris aspersa est, ut omnes illi qui aderant inaestimabili suavitate replerentur, ita ut per hoc patenter agnoscerent quod eam laudes in caelo suscepissent. Cui rei monachus noster interfuit qui nunc usque vivit, et cum magno fletu attestar solet quia quousque corpus eius sepulturae traderetur, ab eorum naribus odoris illius fragrantia non recessit.» S. GREGORIUS MAGNUS, Homiliarum in Evangelia lib. 1, hom. 15, n. 5. ML 76-1133, 1134.- Dialogorum lib. 4, cap. 14. ML 77-341, 344.



30 I Reg. III, 10.



31 «Multi etenim legunt, et ab ipsa lectione ieiuni sunt... quia, etsi mente intellectum sacri verbi percipiunt, obliviscendo et non servando quae audierint, haec in cordis visceribus non reponunt.» S. GREGORIUS MAGNUS, Homiliae in Ezechielem, lib. 1, homilia 10, n. 7. ML 76-888.



32 «Erga dulcissimam mentem gloriosissimi filii mei domni Theodori habeo aliquam querelam, quia donum ingenii, donum rerum, donum misericordiae atque caritatis a sancta Trinitate percepit: sed tamen saecularibus indesinenter causis astringitur, assiduis processionibus occupatur, et quotidie legere negligit verba Redemptoris sui. Quid est autem Scriptura sacra, nisi quaedam epistola omnipotentis Dei ad creaturam suam? Et certe sicubi esset gloria vestra alibi constituta, et scripta terreni imperatoris acciperet, non cessaret, non quiesceret, somnum oculis non daret, nisi prius quid sibi imperator terrenus scripsisset, agnovisset. Imperator caeli, Dominus hominum et angelorum, pro vita tua tibi suas epistolas transmisit, et tamen, gloriose fili, easdem epistolas ardenter legere negligis. Stude ergo, quaeso, et quotidie Creatoris tui verba meditare.» IDEM, Epistola 31, ad Theodorum, medicum imperatoris. ML 77-706.



33 «Lectiones divinas et in ecclesia sicut consuestis, libenter audite, et in domibus vestris relegite. Si aliquis ita fuerit occupatus, ut, ante refectionem, Scripturae divinae non possit insistere, non eum pigeat in conviviolo suo aliquid de divinis Scritpuris relegere: ut quomodo caro pascitur cibo, sic anima reficiatur Dei verbo.» S. CAESARIUS ARELATENSIS, inter Opera S. Augustini, in Appendice, Sermo 141, n. 5. ML 39-2022.



34 La I ediz. napoletana e quella del 1764 (Napoli, Flauto) e tutte le ediz. Remondiniane hanno: considerare.



35 «Porro cum leges, studiose et accurate legas, magna cum tranquillitate atque industria percurrens versum. Et non studeas dumtaxat libri folia evolvere, sed si opus fuerit, non pigeat etiam bis, terve, ac saepius eumdem repetere versum, ut vim orationis intelligasDe patientia et consummatione huius saeculi, ac de secundo adventu, necnon de meditatione divinarum Scritpurarum, et quae quantaque sit quietis silentiique utilitas. S. EPHRAEM, Syri, Opera graece et latine, tom. 3, Romae, 1746, pag. 101.



36 «Hauriendus est saepe de lectionis serie affectus, et formanda oratio, quae lectionem interrumpat, et non tam impediat interrumpendo, quam puriorem continuo animum ad intelligentiam lectionis restituatEpistola seu tractatus ad Fratres de Monte Dei (Cartusienses), de vita solitaria, cap. 10, n. 31. ML 184-328.- Se questo opuscolo aureo si debba restituire a S. BERNARDO, vedi nel nostro vol. precedente (XIV), Appendice, 3, A, pag. 483-488.






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