- CAPO XVIII - Della frequenza de' sagramenti della confessione e comunione.
- § 3 - Della comunione. Ed in fine si parlerà anche della comunione spirituale e della visita al SS. Sagramento.
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§ 3
- Della comunione. Ed in fine si parlerà anche della comunione spirituale e
della visita al SS. Sagramento.
1.
Tra tutti i sagramenti il più eccellente è il SS. Sagramento dell'altare. Gli
altri sagramenti contengono i doni di Dio; ma il sagramento dell'Eucaristia
contiene lo stesso Dio. Quindi dice il Maestro angelico (3. p. q. 73, a. 3) che
gli altri sagramenti sono stati istituiti da Gesù Cristo, tutti per disponere
gli uomini o a ricevere o ad amministrare la santa Eucaristia, la quale, come
parla il santo, è la consumazione della vita spirituale; perché da questo
sagramento proviene tutta la perfezione dell'anime nostre.1 La ragione
si è, perché tutta la perfezione sta nell'unirci con Dio, e non v'è mezzo da
meglio unirci con Dio che la santa comunione, per la quale diventa l'anima
quasi una cosa con Gesù Cristo, com'egli stesso disse: Qui manducat meam carnem... in me manet, et ego in eo. (Io. VI,
57). Onde scrisse S. Gio. Grisostomo: Corpus
suum in nos contemperavit, ut unum quid simus (Hom. 61).2 Gesù pose
il
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suo corpo sotto le specie di pane, acciocché così diventassimo una
cosa con esso. E S. Cirillo Alessandrino disse che chi si comunica, si unisce
con Gesù Cristo come si uniscono insieme due cere liquefatte: Ut unum quid ex utrisque factum videatur
(S. Cyr., lib. 10 in Io., c. 13).3 E perciò il nostro Salvatore istituì
questo sagramento in forma di cibo, per darci ad intendere che siccome il cibo
diventa nostro sangue, così questo pane celeste si fa una cosa con noi: ma con
questa differenza, che il cibo terreno si converte in nostra natura, ma,
ricevendo quel cibo divino, noi veniamo a convertirci nella natura di Gesù
Cristo, come gli fa dire Ruperto: Comedite,
et eritis vos gratia quod ego sum natura (In Exod. lib. 3, c. 12):4
Cibatevi di me, e sarete per la grazia mia ciò ch'io sono per natura. E lo
stesso fe' intendere a S. Agostino: Non
ego in te, sed tu mutaberis in me.5
2.
L'effetto principale di questo sagramento è il conservare in noi la vita della
grazia. Perciò si chiama pane, perché siccome il pane terreno conserva la vita
del corpo, così questo pane celeste conserva la vita dell'anima, ch'è la grazia
di Dio.
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L'Eucaristia è quella gran medicina, a dire del Concilio di
Trento, che ci preserva dalle colpe gravi e ci libera anche dalle veniali: Antidotum quo liberamur a culpis
quotidianis, et a peccatis mortalibus praeservamur (Trid., sess. 13, c.
2).6 - Questo sagramento, a guisa d'un ruscello d'acqua, smorza
l'arsura delle passioni che ci consumano. Chi si trova acceso da qualche
passione, vada a comunicarsi, che subito vedrà in sé quella passione o morta o
molto mortificata. Dicea S. Bernardo: Si
quis vestrum non tam saepe, non tam acerbos sentit iracundiae motus, invidiae,
luxuriae, gratias agat corpori Domini, quoniam virtus sacramenti operatur in eo
(Serm. de bapt. in coena Dom.).7 Se taluno di voi non prova così
spesso né così violenti i moti d'ira, d'invidia o d'incontinenza, ne ringrazii
il SS. Sagramento che opera in lui questo buono effetto.
In
oltre la santa comunione, dice l'Angelico, ci dà forza di vincere tutti gli
assalti de' demoni: Repellit omnem
daemonum impugnationem (3. p. qu. 79, a. 1).8 Dice parimente il
Grisostomo che quando noi ci comunichiamo, i demoni si mettono in fuga, e gli
angeli corrono ad assisterci.9
Di
più questo sagramento cagiona in noi una gran pace interna, una grande
inclinazione alle virtù, ed insieme una gran prontezza a praticarle, e così ci
rende facile il camminare nella via della perfezione.
3.
Sopra tutto la santa comunione, come dice anche S. Tommaso, infonde in noi la
carità verso Dio.10 Si protesto
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Gesù Cristo ch'egli non era
venuto nel mondo che per accendere ne' nostri cuori il santo fuoco del suo
divino amore: Ignem veni mittere in
terram; et quid volo, nisi ut accendatur? (Luc. XII, 49). Ma diceva il Ven.
P. D. Francesco Olimpio teatino che il nostro Salvatore in niun mistero della
sua vita c'infiamma più ad amarlo, che nel sagramento dell'altare, dove ripone
tutto il suo ardore, donandoci ivi tutto se stesso.11 Che per ciò
scrisse S. Giovanni, parlando dell'istituzione di questo sagramento: Sciens Iesus, quia venit hora eius, ut
transeat ex hoc mundo ad Patrem, cum dilexisset suos qui erant in mundo, in
finem dilexit eos (Io. XIII, 1). Spiegano gl'interpreti le parole in finem
dilexit, ci amò sino all'ultimo segno. Onde poi disse il Concilio di Trento che
in questo sagramento Gesù quasi cacciò fuori tutte le ricchezze del suo divino
amore verso dell'uomo: Divitias divini
sui erga homines amoris velut effudit (Sess. 13, cap. 2).12
Quindi
la santa comunione era chiamata da S. Tommaso Sacramentum amoris (Opusc. 58, c. 25);13 e da S. Bernardo Amor amorum (Serm. in coena
Dom.).14 E S. Maria Maddalena de' Pazzi chiamava il giorno della
comunione il giorno
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dell'amore; e dicea che quando un'anima
si è comunicata, può dire quelle parole che disse Gesù Cristo stando per finire
la vita sulla croce: Consummatum est,
cioè, avendomi Dio dato se stesso, egli non ha più che darmi, ed io non ho più
che desiderare.15
4.
Posto ciò, qual altra cosa dovrebber tutti desiderare, che di ricevere quanto
più spesso Gesù nella comunione? Sappiamo già che ne' primi secoli tutt'i
fedeli si comunicavano ogni giorno, come ce ne avvisa S. Luca, scrivendo: Quotidie quoque perdurantes unanimiter in
templo et frangentes circa domos panem (Act. II, 46). La versione Siriaca,
in vece di frangentes panem, legge frangentes munus benedictum, ch'esprime
più chiaramente il pane consagrato.16 Del resto comunemente i sagri
interpreti intendono per tal pane la santa Eucaristia.
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Quindi non
dubita S. Tommaso di asserire per certo (p. 3, q. 80, a. 10, ad 5) che allora
tutt'i Cristiani, che assisteano alle Messe, ricevevano la comunione;17
come già l'avea prima attestato S. Dionisio l'Areopagita (Hier. eccl., cap.
13).18 E S. Girolamo, come scrisse a Lucino ed a Pammachio, asserisce
che a' suoi tempi perseverava lo stesso pio costume in Roma ed in Ispagna.19
In
progresso di tempo cominciò a raffreddarsi la pietà de' fedeli, e si raffreddò
talmente che Fabiano Papa ebbe ad ordinare che almeno tre volte l'anno si
facesse da tutti la comunione, cioè nella Pasqua, Pentecoste e Natività del
Signore;20 ed indi giunse a tal segno la freddezza che Innocenzo III
diè precetto che ciascuno si comunicasse almeno una volta l'anno nella Pasqua,
sotto pena a' trasgressori di non poter entrare in chiesa;21 il quale
decreto fu poi confermato dal Tridentino
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(Sess. 13, c. 9).22
Ciò nondimeno non già prova che non sia molto lodevole la comunione frequente;
prova solo che col tempo s'intepidì il fervore che prima fioriva nella Chiesa.
5.
In quanto alla pratica odierna, so bene che de' padri spirituali alcuni più,
altri meno inclinano alla frequenza della comunione. Io per me mi unisco co'
primi, perché tale mi pare essere ancora il sentimento de' SS. Padri e della
stessa Chiesa, come ben prova il dottissimo P. Petavio nel trattato che ne
scrisse contra il severissimo Arnaldo.23
In
quanto a' SS. Padri, lascio ciò che ne dicono gli altri; dico solamente di S.
Basilio, che il santo scrisse ad un amico ch'era somma la sua consolazione in
vedere che tutt'i fedeli della sua diocesi di Cesarea si comunicavano almeno
quattro volte la settimana.24 E dico di S. Agostino, il quale, parlando
della comunione quotidiana, sebbene in un luogo disse: Quotidie Eucharistiae communionem percipere nec laudo nec reprehendo
(De eccl. dogm.);25 nulladimeno riflette un dotto
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autore che
facilmente ciò lo disse il santo perché allora nell'Africa non era in vigore
l'uso della comunione frequente, e molti tal uso lo riprovavano; del resto in
altro luogo egli ben l'approva, anzi l'esorta: Iste panis quotidianus est; accipe quotidie, ut quotidie tibi prosit (De
verb. Dom., serm. 28).26 Narra S. Antonino a tal proposito che una
volta un certo prelato si pose a riprendere S. Caterina da Siena, perch'ella si
comunicava ogni giorno, quando S. Agostino, parlando della comunione
quotidiana, né la lodava né la vituperava. Dunque, rispose la santa, se S.
Agostino non la vitupera, perché tanto mi riprendete ch'io la
pratichi?27
In
quanto poi al sentimento della Chiesa, leggo nel Tridentino (Sess. XXII, c. 6)
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che molto desiderava il Concilio che tutt'i fedeli assistenti alle
Messe sempre ivi si comunicassero.28 Di più in un decreto, comunemente
noto, che abbiamo della S. C. del Concilio dell'anno 1679, ai 22 di febbraio,
approvato da Innocenzo XI, ivi, tra l'altre cose, affermasi che l'uso della
comunione frequente ed anche quotidiana sempr'è stato nella Chiesa applaudito
da' SS. Padri; indi ivi s'insinua a' vescovi che in quei luoghi do ve sta in vigore
una tal divozione, ne rendano grazie al Signore, e procurino di alimentarla; e
si proibisce poi così a' vescovi come a' parrochi di limitare generalmente a
tutti i loro sudditi i giorni della comunione nella settimana, dicendosi che
ciò dee totalmente rimettersi all'arbitrio de' propri confessori.29
6.
In conformità poi di ciò, si legge nella vita di S. Margarita da Cortona averle
detto il Signore ch'egli volea molto premiare il di lei confessore, perché
l'avea consigliata a comunicarsi spesso.30 Parimente si legge nella
vita del Ven.
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D. Antonio Torres ch'il Servo di Dio comparve dopo sua
morte già glorificato ad una persona, e le disse che Dio gli aveva accresciuta
la gloria in cielo per la comunione frequente che aveva data alle sue
penitenti.31 Un'altra volta disse il Signore alla Ven. Suor Prudenziana
Zagnoni, monaca di S. Chiara in Bologna, queste parole: Se frequenti la comunione, mi scorderò di tutte le tue ingratitudini.32
Scrive
all'incontro Lodovico Blosio (Monil. spir., cap. 6, §1) che Gesù Cristo,
lamentandosi un giorno con S. Gertrude di coloro che dissuadeano gli altri dal
comunicarsi spesso, le disse queste parole: Essendo
la mia delizia lo stare co' figliuoli degli uomini, per li quali a tal fine ho
istituito il SS. Sagramento
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dell'altare, chi allontana le anime dal
ricevermi, egli m'impedisce le mie delizie.33 Quindi dicea il P.
Avila che quelli i quali riprendono chi frequenta la comunione, fanno l'officio
del demonio, che molto odia questo Sagramento, perché da esso l'anime ricevono
gran fervore per avanzarsi nella perfezione.34
7.
Ma per venire più al particolare,35 non ha dubbio, dice S. Tommaso (3.
p. q. 80, a. 10), che la comunione frequente ed anche quotidiana in sé è
utilissima, ma in quanto a chi l'ha da ricevere, ella non conviene
indistintamente a tutti, ancorché si ritrovino in istato di grazia, ma
solamente a chi
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v'è disposto e preparato.36 Perciò S. Agostino,
dopo aver detto: Accipe quotidie, ut
quotidie tibi prosit; soggiunge: Sic vive ut quotidie merearis accipere
(Ser. 28, de verb. Dom.):37 Ricevi ogni giorno la comunione, acciocché
ogni giorno ti giovi; ma tu dei vivere in modo che meriti di comunicarti ogni
giorno. Per tanto a coloro che commettessero peccati veniali avvertiti in dir
bugie volontarie, vestir con vanità, conservar qualche rancore o qualche
affetto terreno verso d'alcuna persona, o facessero altri difetti simili, che
già vedono esser loro d'impedimento alla perfezione e non curano d'emendarsene,
a costoro il più che può concedersi è che si comunichino ogni otto giorni,
acciocché almeno ricevano forza per non cadere in peccati gravi. Ed io avrei
molta difficoltà a dar la comunione frequente ad una persona, che volesse
perseverare in qualche difetto, il quale, benché non fosse chiaro peccato
veniale, nondimeno fosse certamente contra la perfezione, e specialmente se
fosse in materia di poca umiltà o di poca ubbidienza.
Del
resto, s'ella non ha affetto ad alcuna cosa di colpa veniale, e s'astiene da'
veniali volontari, ed attende all'orazione ed alla mortificazione delle
passioni e de' sensi, ben può il confessore farla comunicare tre, quattro, ed
anche cinque volte la settimana. E quando l'anima fosse giunta a qualche
notabil grado di perfezione e facesse più ore di orazione, ed in oltre, come
dice S. Francesco di Sales (Introd. alla vita div. c. 20), avesse superata la
maggior parte delle sue male inclinazioni, ben può, dice il santo, comunicarsi
ogni giorno;38 perché
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questa è la perfezione, secondo parla
S. Prospero, che può aversi in terra, attesa la fragilità umana.39
Aggiungo quel che insegna l'Angelico: Si
aliquis experientia comperisset ex quotidiana communione augeri amoris fervorem
et non minui reverentiam, talis deberet quotidie communicare (In 4. sent.,
dist. II, qu. III, a. 1, solut. 2).40 Dice il santo dottore che chi
ha sperimentato colla comunione quotidiana aumentarsegli il fervore dell'amor
divino, e non diminuirsegli la riverenza al Sagramento, costui dovrebbe
comunicarsi ogni giorno. Sicché il confessore nel concedere la comunione, più o
meno frequente, dee principalmente regolarsi dal profitto che ne osserva ne'
suoi penitenti. E la stessa regola si assegna nel decreto approvato dal Papa
Innocenzo XI riferito di sopra, dove dicesi: Frequens accessus (ad Eucharistiam) confessariorum iudicio est
reliquendus, qui, ex conscientiarum puritate et frequentiae fructu, quod
perspiciunt eorum saluti profuturum, id illis praescribere debebunt.41
8.
La regola per altro dunque di comunicarvi o più spesso o più raro, non si
appartiene a voi, ma spetta al vostro direttore che vi guida; a voi solamente
s'appartiene il ben prepararvi, affinché il padre spirituale possa vedervi
disposta a farvi spesso comunicare.
Due
sono gli apparecchi necessari per la frequente comunione: il rimoto ed il
prossimo. - L'apparecchio rimoto
consiste
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nel viver con distacco dalle creature. S. Agostino,
scrivendo sovra il salmo 131, dice così; Se mai dovesse venir in vostra casa un
gran personaggio, e sapete che a lui sono abbominevoli alcune cose, voi non le
rimovereste dalla casa per quando egli dovesse venire? E così volendo ricevere
Gesù Cristo, dovete rimuovere dal vostro cuore tutti quegli affetti terreni che
sapete dispiacergli.42 Bisogna dunque a chi vuol comunicarsi spesso,
vuotare il cuore di terra. Ciò appunto disse un giorno il Signore a S.
Gertrude: Non altro voglio da te, se non
che venghi a ricevermi vuota di te stessa.43 Per l'apparecchio prossimo poi, convien che sin dalla sera
antecedente vi prepariate con atti d'amore e di desiderio. Nella mattina,
quando vi svegliate, pensate che in quella avete da ricevere Gesù Cristo, e
subito con un sospiro fervoroso invitate lo Sposo a venir presto nell'anima
vostra. Immediatamente poi prima di comunicarvi, ancorché abbiate fatta
l'orazione, bisogna che ravviviate in voi la fede, l'umiltà e 'l desiderio.
9.
E per 1. la fede, pensando chi è
quegli che avete da ricevere. Se la fede non ce ne accertasse, chi mai potrebbe
credere che un Dio volesse farsi cibo d'una sua creatura? Ma la santa Chiesa ce
ne ha assicurato con tanti concili, e specialmente con quello di Trento (Sess.
XIII, can. 1), che nell'Ostia consagrata vi è realmente Gesù Cristo nostro
Redentore, vivo e vero.44 Fu bella la risposta che diede S. Luigi re di
Francia
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a chi lo chiamò a vedere nella sua cappella Gesù, che un
giorno nel pane consagrato appariva in forma di bambino nelle mani del
sacerdote: Vada a vederlo, disse il
santo re, chi nol crede per fede; io lo
credo più che se lo vedessi cogli occhi. E non volle partirsi da dove
stava.45
Per
2. l'umiltà, pensando chi siete voi
che avete da ricevere un Dio nella vostra bocca e nel vostro petto. Diceva il
Ven. P. Paolo Segneri che l'affetto più proprio d'una persona che si comunica,
dee esser lo stupore, dicendo: Come! un
Dio a me! un Dio a me!46 Che direbbe un misero pastorello se
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vedesse il re venuto nella sua mandra a starsene seco? E voi che
dite, vedendo il re del cielo che viene nel vostro petto quando vi comunicate?
Ditegli almeno allora, con vera umiltà: Domine,
non sum dignus ut intres sub tectum meum.47 All'umiltà unite un
atto di pentimento, e poi un atto di speranza, confidando che Gesù Cristo,
entrando in voi! abbia ad arricchirvi delle sue grazie.
Per
3. bisogna ravvivare il desiderio.
Questo pane celeste richiede fame. Chi lo riceve con maggior desiderio,
maggiori grazie ne riporta. Dicea S. Francesco di Sales che solo per amore si
dee ricevere chi solo per amore a noi si dona.48 Disse un giorno il
Signore a S. Metilde: Quando ti
comunichi, desidera tu di avere il maggior amore che mi hanno portato i santi,
perché, a riguardo di questo tuo desiderio, io allora accetterò il tuo amore,
come tu vorresti che fosse.49
Per
ricordarvi poi di questi atti, prima che vi comunicate, basterà che pensiate: Chi viene, a chi viene e perché viene.
Viene un Dio d'infinita maestà: viene a voi miserabile peccatrice, e viene per
essere da voi amato.
10.
Dopo che vi siete comunicata, procurate di trattenervi con Gesù Cristo quanto
più potete. Dicea il P. Maestro Avila che bisogna far gran conto del tempo dopo
la comunione, perch'è tempo prezioso da guadagnar tesori di grazie.50
S. Maria
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Maddalena de' Pazzi dicea similmente: Il tempo dopo la comunione è il tempo più prezioso, che abbiamo in vita,
ed è il più opportuno per trattare con Dio ed infiammarci del suo divino amore. Allora non abbiamo bisogno di maestri e di
libri, perché Gesù Cristo medesimo c'insegna come abbiamo da amarlo.51
Parimente dicea S. Teresa: Dopo la
comunione non perdiamo così buona occasione di negoziare. Dio non suole mal
pagare l'alloggio, se gli vien fatta buona accoglienza.52 In altro
luogo lasciò scritto la stessa santa che Gesù Cristo dopo la comunione siede
nell'anima, come in trono di grazie, e par che allora le dica, come disse
vivendo in terra al cieco nato: Quid vis
ut tibi faciam? Anima dimmi: che desideri da me? giacché a posta son venuto
per farti quelle grazie che mi domandi.53
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Tengono
molti gravi autori come il Gaetano, il Suarez, Gonet, Valenza, Lugo ed altri,
che mentre durano le specie sagramentali nella persona che si è comunicata,
quanto più ella si mantiene unita con Gesù Cristo, ed accresce gli atti buoni,
tanto più in lei si aumenta il frutto e l'amor divino; poiché questo cibo
celeste opera per se stesso nell'anima i medesimi effetti, che opera il cibo
terreno, il quale quanto più dura nel corpo, tanto maggiore e il nutrimento e
'l vigore che gl'influisce.54
Molte
religiose si comunicano spesso, ma poco è il profitto che ne ricavano, perché
poco si trattengono con Gesù Cristo. Disse un giorno il Signore a S. Margarita
da Cortona: Io tratto come mi trattano.55
Per tanto quando voi vi comunicate, se non siete costretta a far altra cosa da
qualche dovere
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di ubbidienza o di carità, procurate di trattenervi
con Gesù Cristo almeno per mezz'ora: dico almeno,
perché il tempo proprio sarebbe per un'ora. Non lasciate poi allora di
esercitarvi in atti buoni di accoglienza, di ringraziamento, d'amore, di pentimento,
di offerta di voi e delle cose vostre; ma sovra tutto occupatevi in chiedere
grazie a Gesù Cristo, e specialmente la perseveranza e 'l santo amore; e questo
appunto è quel negoziare che dice S. Teresa. E quando vi trovaste arida e
dissipata di mente, procurate di aiutarvi con legger qualche libretto di
affetti divoti verso Dio. Ed in tutta quella giornata, in cui vi siete
comunicata, dovete seguire a starvene più raccolta con Dio. S. Luigi Gonzaga
dopo la comunione procurava per tre giorni di trattenersi a ringraziare Gesù
Cristo.56 Né perché voi vi comunicate più spesso, dovete diminuire il
raccoglimento; anzi quanto più spesso ricevete il Signore, maggiormente dovete
conservarvi con esso unita.
11.
Ma che diremo di quelle monache, che hanno già la comodità di comunicarsi
spesso, hanno ancora l'esempio delle altre che frequentano la comunione, ed
esse per trascuraggine la lasciano? Vediamo le scuse che adducono se sieno o no
ragionevoli.
Dice
colei: Io non mi comunico spesso, perché
non me ne conosco degna. Sorella mia, se valesse per voi questa ragione,
bisognerebbe concludere che non avreste da comunicarvi mai; poiché dicea S.
Ambrogio: Qui non meretur quotidie
accipere, non meretur post annum accipere: (Lib. V, De sacram. c.
4):57 Chi non è degno di comunicarsi ogni giorno, neppure n'è degno
dopo un anno. Ma chi mai può essere degno della comunione? Solo Gesù Cristo,
ch'era uomo e Dio, si comunicò degnamente, perché solo Dio è degno di ricevere
un Dio. Dite che non ve ne conoscete degna? ma non sapete che quanto più vi
trattenete a comunicarvi, tanto più ve ne rendete indegna? perché quanto più
state lontana dalla comunione, più
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crescono i vostri difetti,
mancandovi l'aiuto che la comunione vi darebbe. Diceva una santa domenicana: Io, perché mi conosco indegna, perciò vorrei
comunicarmi tre volte il giorno; perché comunicandomi più spesso, spererei di
rendermi meno indegna.58 Dimanda Cassiano: Chi mai è più umile: una
persona che si comunica spesso o un'altra che di rado? e risponde esser più
umile quella che spesso riceve Gesù Cristo, perché conoscendosi più inferma,
cerca più spesso il rimedio de' suoi mali.59 Cosi parimente scrive
l'Angelico che, sebbene l'astenersi dalla comunione per umiltà e timore piace a
Dio, più nonperò gli piace l'amore e la confidenza che gli usa un'anima col
riceverlo: Amor tamen et spes, ad quae
semper Scriptura nos provocat, praeferuntur timori (3 p. q. 8, a. 10, ad
3).60
12.
Ma non so se sto in grazia di Dio. Ma
ditemi: Per saper voi che stiate in grazia di Dio, e per comunicarvi, che cosa
aspettate? aspettate forse che venga a dirvelo un angelo dal cielo? e non vi
basta che ve lo dice il confessore? Quando che voi dovete star più sicura di
ciò che vi dice il ministro di Dio, di quel che vi dicessero tutti gli angeli
del paradiso; poiché nel sentirlo dagli angeli potrebbe esservi illusione, ma
nel sentirlo dal confessore, che sta in luogo di Dio, non v'è timore d'inganno.
Sempre dunque che 'l vostro padre spirituale vi ha data la comunione,
guardatevi di farvi vincere
- 252 -
dal demonio, con lasciarla per causa de'
vostri scrupoli e timori. E sappiate che non v'è disubbidienza più perniciosa
per un'anima di questa, di lasciar la comunione, perché è disubbidienza che
procede da difetto d'umiltà, mentre voi pensate allora di meglio intender le
cose che non l'intenda il vostro direttore.
13.
Io non mi fido di comunicarmi spesso,
perché sempre cado in difetti e non vedo emenda. A questo che ora mi dite
già sta data la risposta di sopra al num.
7, ed è che se voi conoscete che i vostri difetti son pienamente avvertiti, e
non avete pensiero di liberarvene, né io né altri vi consiglieranno a
comunicarvi spesso. Ma se non avete affetto a' peccati veniali, né solete
commetterne di pienamente deliberati, ed all'incontro amate l'orazione e
desiderate d'avanzarvi nella perfezione, ubbidite, vi dico, al vostro
confessore, e non andate facendo più difficoltà. Quanto più vi vedete inferma,
tanto più dovete cercare il rimedio, che vi si porge nella comunione, secondo
parlava S. Ambrogio: Qui semper pecco,
debeo semper habere medicinam (Lib. de sacram., cap. 6).61 Alle
mura che pendono, vi si mettono i puntelli, non già acciocché si
rizzino,62 ma acciocché non cadano. Voi dite che non vedete emenda; e
se non vi comunicate, vi emenderete? farete peggio. Diceva il P. Granata nel
suo Trattato della comunione: Chi
desidera di guarirsi dalle sue infermità, non dee allontanarsi da questo gran
rimedio.63 S'altro non fosse, il solo dire: Stamattina mi son comunicata: domani m'ho da comunicare, questo
solo pensiero quanto fa star la persona più cautelata e attenta a sfuggire i
difetti. Oltreché lo stesso sagramento per se apporta più luce e più forza
all'anima. Dicono comunemente
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i Teologi che la comunione reca più
grazia che tutti gli altri sagramenti, perché ivi sta il proprio autor della
grazia, ch'è Gesù Cristo. Quando un principe dà ad alcuno un dono di mano propria,
sempre il dono è più grande di quelli che dispensa per mano d'altri.
14.
Ma io mi sento distratta, fredda e senza
divozione. Dimando: Che cosa voi intendete per divozione? Se intendete il
fervore sensibile, questo non è necessario, basta64 che abbiate una
volontà risoluta di eseguire quanto conoscete esser di gusto di Dio; questa è
la vera divozione e il vero fervore che Dio cerca da voi. Ed ancorché non
conosceste in voi questo fervore di volontà, pure dovete comunicarvi, affin di
ottenerlo per mezzo del Sagramento; altrimenti, dice il Gersone, chi s'astiene
dalla comunione per non sentirsi fervorosa, farebbe come colei che, avendo
freddo, non volesse accostarsi al fuoco, per non sentirsi caldo.65
Oltreché scrive S. Lorenzo Giustiniani che tal volta questo Sagramento opera
senza che noi ce ne accorgiamo.66 Per tanto dice S. Bonaventura: Benché
vi sentiate tepida e senza divozione, non lasciate di accostarvi alla
comunione, confidando alla divina misericordia; poiché quanto più vi trovate
inferma, più avete bisogno del medico: Licet
tepide, accede fducialiter; quia quo magis aeger, magis indiges medico (S.
Bon., De perf. rel. c. 21).67 Né vi faccia apprensione
- 254 -
il
parere che forse proviate più divozione, quando vi comunicate di rado; chi
mangia di rado, si ciba, è vero, con più appetito, ma con minor giovamento; e
così, comunicandovi di rado, forse sentirete un poco più di divozione
sensibile, ma sarà più scarso il vostro profitto, essendo mancato all'anima il
cibo, che le dava forza a fuggire i difetti. Non badate dunque alla divozione
più o meno sensibile, badate solo a comunicarvi per unirvi più a Dio; e
persuadetevi che, comunicandovi a questo fine, sempre ne caverete gran frutto.
15.
Io lascio la comunione per non essere
censurata dall'altre, che, vedendomi così imperfetta, a ragione poi mi
riprendono, se mi comunico spesso. Rispondo: Sempre che voi vi comunicate
col consiglio del direttore e per buon fine, come ho detto, di avanzarvi nel
divino amore, o almeno di star più lontana dai difetti, comunicatevi pure, e
lasciate dire alle altre quel che vogliono. Già scrissi di sovra quel che
diceva il P. M. Avila, che coloro i quali riprendono chi si comunica spesso,
fanno l'officio del demonio,68 e voi costoro volete stare a sentire?
Udite quel che vi dice S. Francesco di Sales: (Introduz. ecc. cap. 21): «Se vi
dimandano perché vi comunicate spesso, dite loro che due sorte di persone
debbonsi spesso comunicare, i perfetti e gl'imperfetti: i perfetti per
conservarsi nella perfezione, e gl'imperfetti per poter giungere alla
perfezione: i forti acciò non diventino deboli, e i deboli acciò diventino
forti: gl'infermi per esser guariti, ed i sani acciò non s'infermino. Ed in quanto
a voi, come imperfetta, inferma e debole, avete bisogno di spesso
comunicarvi.»69 E poi conclude il santo: «Comunicatevi spesso, Filotea,
col consiglio del vostro padre spirituale, e più spesso che potete; e credetemi
- 255 -
che le lepri diventano bianche nelle nostre montagne, perché non si
cibano che di neve; e a forza di mangiar la purità in questo Sagramento, voi
diverrete tutta pura.»70
Un
giorno, S. Francesca romana mentre stava per comunicarsi, il demonio le disse: Come ardisci di ricevere l'Agnello
immacolato tu che sei così piena di macchie di peccati veniali? La santa,
vedendo che il nemico voleva distoglierla dalla comunione, lo discacciò,
sputandogli in faccia. Dopo ciò le apparve la santa Vergine e lodolla di quel
che avea fatto, soggiungendole che i difetti non debbono impedirci la
comunione, ma più presto spronarci a farla, mentre nel Sagramento troviamo il
rimedio delle nostre miserie.71 E ciò è secondo quello che dice
- 256 -
il Catechismo romano (De Euchar. p. II, n. 52), cioè che per mezzo
della comunione si rimettono i peccati veniali,72 o pure, come dice
l'Angelico (3. p. q. 79, a. 4) colla comune dei Dottori, per mezzo della
comunione si eccitano nell'anima gli atti d'amor divino, per cui vengono poi
rimesse le colpe veniali.73
16.
Ma io non ho tempo d'apparecchiarmi alla
comunione, come dovrei. Rispondo: Se voi spendete il tempo in faccende o
discorsi inutili, questa scusa non può valervi. Ma se voi non avete il tempo
che vorreste, per causa dell'officio o d'altre incombenze datevi
dall'ubbidienza, sappiate che se quegli impieghi voi l'adempite con fine retto
di piacere a Dio, tutti sono apparecchio alla comunione. Avrete già letto
altrove che S. Maria Maddalena de' Pazzi, trovandosi una volta facendo il pane,
intese il campanello della comunione, e andò in estasi, e cosi estatica andò a
comunicarsi coi pani di pasta in mano.74 Quindi la santa diceva alle
sue sorelle: Offerite a Dio per
apparecchio tutte le azioni che fate, fatele con intenzione di piacere a Dio, e
comunicatevi.75 Pertanto voi non dovete mai lasciar
- 257 -
la
comunione, per non aver avuto tempo d'apparecchiarvi, sempre che l'avete speso
in servire la comunità o pure in assistere a qualche inferma o in fare qualche
altra opera di carità, che non pativa dimora. Procurate nonperò allora di
sfuggir tutti i discorsi e trattenimenti non necessari, per quanto potete; e
quando prevedete che nella mattina seguente non avrete tempo d'apparecchiarvi,
procurate almeno di far qualche apparecchio nella sera antecedente, con leggere
qualche libro divoto e far quegli atti che dovreste far la mattina; o pure
nella stessa mattina siate un poco più sollecita a levarvi, per prepararvi
almeno allora per quel poco tempo che avete.
17.
Ma il mio confessore non inclina a farmi
comunicare spesso. Se il confessore non vuole, dovete far l'ubbidienza.
Supplite allora con raddoppiare le comunioni spirituali, e dite a Gesù Cristo:
Signore, io vi riceverei più spesso, ma l'ubbidienza non vuole. E 'l Signore
ben gradirà il vostro desiderio e la vostra ubbidienza. Ma se il confessore non
vi dà la comunione più frequente, perché voi non gliela domandate? Il
domandarla non ripugna già alla perfezione dell'ubbidienza, anzi giova; poiché
i confessori così si regolano in conceder la comunione più o meno spesso, dal
vedere il desiderio che ne dimostrano le loro penitenti. Questo cibo divino,
come dissi di sopra, ricerca fame, per recare gran giovamento a chi lo riceve:
ed all'incontro poco egli giova all'anime svogliate. Voi non volete cercar la
comunione, e così ne dimostrate poco desiderio, e per questo il confessore si
trattiene a darvela più spesso. Perché non fate come facea S. Caterina da
Siena, che, vedendosi negata dal confessore la comunione, Padre, gridava e replicava, date
all'anima mia il cibo suo, date all'anima mia il cibo suo.76 Se
ancora voi dimostraste, ma con umiltà e rassegnazione,
- 258 -
questa santa
fame, il confessore vi tratterebbe altrimenti: ma vedendo egli la vostra
freddezza, e che così facilmente voi vi accomodate alla sua renitenza, perciò
prudentemente non vuole astringervi a comunicarvi più spesso.
18.
Oh che grande e continuo avanzo nel divino amore, come fa vedere la sperienza,
fanno quelle persone che con buon desiderio e col permesso del lor padre
spirituale, frequentano la comunione! Oh come il Signore le va mirabilmente
tirando al suo santo amore! benché spesso non lo dia loro a conoscere, per
mantenerle più umili e rassegnate, lasciandole in oscurità, senza alcun
conforto di divozione sensibile. Ma appunto per queste anime desolate dice S.
Teresa non esservi migliore aiuto che la comunione frequente.77 Dicansi
altri quel che si vogliano, quello ch'è certo è che i monasteri più osservanti,
ordinariamente parlando, sono quelli ne' quali più si frequenta la comunione; e
quelle monache ne' monasteri sono le più fervorose ed esemplari, che più spesso
si comunicano.
19.
Eh Dio mio, a che servono tante scuse insussistenti! Quella religiosa che a
raro si comunica, dica la verità, dica che non vuol comunicarsi spesso per non
impegnarsi a vivere con maggior ritiratezza dalle creature e maggior distacco
dalle sue soddisfazioni. Ella ben conosce che non convengono insieme comunioni
frequenti e grate, amicizie, vanità, attacco alla stima propria, attacco alla
gola, e simili imperfezioni; e perciò lascia di comunicarsi spesso. Ella non si
fida di soffrire i rimproveri del suo vivere disordinato, che le fa Gesù Cristo
ogni
- 259 -
volta che lo riceve nel Sagramento. In somma ella perciò lo
riceve così di rado, perché vuol vivere con maggior libertà.
Che
dite, sorella benedetta, siete voi di questa fatta? Se siete tale, anch'io vi
dico che non vi conviene prendere tanto spesso Gesù Cristo, giacché tanto poco
l'amate, e poco desiderate d'amarlo. Ma state attenta, vi aggiungo, che questa
vostra tepidezza ostinata, a cui potete e non volete dar rimedio, un giorno non
vi faccia trovar caduta in qualche precipizio. Eh via alzatevi da questo stato
così miserabile, datevi a Dio in questo resto di vita che vi tocca, il quale
non sapete quanto sia, e può essere che sia poco; andatevi riformando come meglio
potete, e cercate di comunicarvi più spesso; e se 'l confessore ve lo concede,
comunicatevi, senza andar facendo più dubbi, e lasciate dire all'altre quel che
vogliono. Né temete di averne a dar conto a Dio in punto di morte, come mi
state a dire. Io vi dico e vi assicuro che in punto di morte non vi pentirete
già di quelle comunioni, che avete fatte colla dovuta licenza, ma di quelle che
potevate fare, e per vostra negligenza le avete lasciate.
S.
Maria Maddalena de' Pazzi una volta vide una persona defunta che pativa nel
purgatorio per aver lasciata una comunione per sua trascuraggine;78
perciò la santa poi, come si narra nella sua Vita, quando alcuna sorella
lasciava la comunione per negligenza, ne avea tal disgusto che più volte fu
veduta piangerne per la pena.79 E sappiate che fra tutte le vostre
- 260 -
divozioni, voi non potete far divozione più cara a Gesù Cristo che
riceverlo nella santa comunione. La ragione si è perché tutta la perfezione
d'un'anima consiste nell'unirsi perfettamente con Dio; e perché la comunione è
quell'azione che più ci unisce con Dio, perciò l'anima non può far cosa di
maggior suo gusto che comunicarsi. Quindi dicea la medesima S. Maria Maddalena:
Io vorrei prima morire che mancare ad una
comunione concessami dall'ubbidienza.80
È
bene parlare qui appresso della comunione spirituale, molto usata da' santi.
1 «Eucharistia.... est quasi consummatio
spiritualis vitae, et omnium sacramentorum finis, ut supra dictum est (qu. 63,
art. 6; cf. qu. 65, a. 3): per sanctificationes enim omnium sacramentorum fit
praeparatio ad suscipiendam vel consecrandam Eucharistiam.» S. THOMAS, Sum. Theol., III,
qu. 73, a. 3, c.
2 «Necessarium est, dilectissimi,
mysteriorum discere miraculum, quid tandem sit, et quare sit datum, et quae rei
utilitas. Unum corpus sumus, et membra
ex carne eius et ex ossibus eius (Ephes. V, 30). Sequamur autem initiati,
quae dicuntur. Ut itaque non tantum per caritatem hoc flamus, verum et ipsa re
in illam misceamur carnem, hoc per escam efficitur, quam largitus est nobis,
volens ostendere desiderium (vehementem amorem), quod erga nos habet. Propterea
semetipsum nobis immiscuit, et corpus suum in nos contemperavit, ut unum quid
efficiamur, tamquam corpus capiti coaptatum: ardenter enim amantium hoc est.»
S. IO. CHRYSOSTOMUS, Ad populum
Antiochenum homiliae 80, Bernardo Brixiano interprete: hom. 61, ex Ioannis
Evangelio, De sacrorum participatione
mysteriorum (principio). Opera, V, Venetiis, 1574, fol. 315,
col. 3.- In
Ioannem, hom. 46 (al.
45), n. 2, 3: MG 59-260.
3 «Animadvertere est operae pretium,
Christum non dicere se dumtaxat in nobis futurum secundum relationem quamdam
affectualem, sed et per participationem naturalem (physicam). Ut enim si quis
ceram cerae indutam igne simul liquaverit, unum quid ex ambolus efficit, ita
per corporis Christi et pretiosi sanguinis participationem ipse quidem in
nobis, nos autem rursus in eo simul unimur. Nec enim aliter vivificari potest quod natura sua
est corruptibile, quam si corporaliter unitum sit corpori eius qui secundum
naturam suam est vita.» S. CYRILLUS ALEXANDRINUS, In Ioannis Evangelium, lib. 10, cap. 2.
MG 74-342.- «Quemadmodum enim si quis ceram cerae coniunxerit, utique alteram
in altera esse videbit: eodem quoque, opinor, modo, qui Salvatoris, nostri
carnem suscipit et bibit eius pretiosum sanguinem, ut ipse ait, unum quiddam
cum eo reperitur, commistus quodammodo et immistus ei per illam
participationem, ita ut in Christo quidem ipse reperiatur, et vicissim Christus
in ipso... Quemadmodum
ergo Paulus ait modicum fermentum totam
massam fermantare (I Cor. V, 6), sic minima eulogia totum nostrum corpus in
se miscet, propriaque replet efficacia.» Id. op., lib. 4, cap. 2. MG 73-583.
4 «Tentati... sunt primi homines a
diabolo dicente: Comedite et eritis sicut
dii (Gen. III), et crediderunt ei plus quam Deo... Proinde tentetur (homo)
a Dei Filio dicente de pane et vino: Comedite,
hoc est corpus meum, hic est sanguis meus (Matth. XXVI); comedite, et
eritis filii Dei; et credamus verbo eius... et ita iniquam credulitatem
parentum nostrorum pia credulitate in nobismetipsis evacuemus.» RUPERTUS, abbas
Tuitiensis, De Trinitate et operibus eius
libri 42: in Exodum lib. 3, cap. 12. ML 167-662, 663.
5 «Inveni longe me esse a te in regione
dissimilitudinis, tamquam audirem vocem tuam de excelso: «Cibus sum grandium:
cresce, et manducabis me. Nec tu me in te mutabis, sicut cibum carnis tuae; sed
tu mutaberis in me.» S. AUGUSTINUS, Confessiones,
lib. 7, cap. 10. ML 32-742.
6 «Sumi autem voluit (Salvator noster)
sacramentum hoc... tamquam antidotum, quo liberemur a culpis quotidianis, et a
peccatis mortalibus praeservemur.» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 13, de Eucharistia, cap.
2.
7
«Si quis vestrum non tam saepe modo, non tam acerbos sentit iracundiae motus,
invidiae, luxuriae aut ceterorum huiusmodi, gratias agat corpori et sanguini
Domini, quoniam virtus sacramenti operatur in eo; et gaudeat quod pessimum
ulcus accedat ad sanitatem.» S. BERNARDUS, Sermo
in coena Domini, n. 3. ML 183-272, 273.
8
«In quantum est quoddam signum Passionis Christi, per quam victi sunt daemones,
repellit omnem daemonum impugnationem.» S.
THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 79,
art. 6, c.
9 «Hic sanguis digne acceptus daemones
procul pellit, angelos ad nos advocat... Daemones quippe fugiunt, ubi vident
sanguinem Dominicum; accurrunt autem angeli.» S. IO. CHRYSOSTOMUS, In Ioannem hom. 47 (al. 46), n. 3. MG 59-261.
10 «(Augustinus) dicit....: O
sacramentum pietatis, o signum unitatis, o vinculum caritatis. Per hoc
sacramentum... perficitur spiritualis vita ad hoc quod homo in seipso perfectus
exsistat per coniunctionem ad Deum.- Hoc sacramentum confert gratiam
spiritualiter, cum virtute caritatis. Unde Damascenus comparat hoc sacramentum
carboni quem Isaias (VI, 6) vidit... Per hoc sacramentum, quantum est ex sui
virtute, non solum habitus gratiae et virtutis confertur, sed etiam excitatur
in actum: secundum illud II Cor. V, 14: Caritas
Christi urget nos. Et inde est quod ex virtute huius sacramenti anima
spiritualiter reficitur per hoc quod anim adelectatur et quodammodo inebriatur
dulcedine bonitatis divinae.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 79, a. 1, c. et ad 1
et 2.
11
«Soleva dire che non v' avea cosa che più vivamente infiammasse l' affetto e l'
amor degli uomini, che questo ineffabile Sacramento, che sotto un sottil velo
di poche specie sacramentali, racchiudea la più pura midolla del cielo, le
delizie della divina carità, gli alimenti della vita, e il medesimo Dio.» Giuseppe SILOS, Vita, lib. 2, cap. 5.
12
«Ergo Salvator noster, discessurus ex hoc mundo ad Patrem, sacramentum hoc
instituit, in quo divitias divini sui erga homines amoris velut effudit.»
CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio XIII, Decretum
de SS. Eucharistiae Sacramento, c. 2.
13
«Tertio, corpus Domini nominatur sacramentum
caritalis: et secundum hoc tres habet effectus, quia tria maxime bona
operatur in nobis, scilicet Spiritus Sancti veram participationem, ipsius
Christi certam inhabilitationem, in similitudinem imaginis Dei
transformationem.» S. THOMAS, Opusculum 58,
De Sacramento Altaris, cap. 25. Opera, XVII, Romae, 1570.
14
«Potesne aestimare quale vel quantum est hoc Sanctum sanctorum, et sacramentum
sacramentorum, amor amorum, dulcedo omnium dulcedinum?» De coena Domini alius sermo: Opera S. Bernardi, Basileae, 1552,
col. 188. Di questo sermone, che
comincia così «Panem angelorum manducavit homo», non fa menzione il Mabillon, nè per conseguenza la Patrologia di Migne.
15
«Parlava di questo Santissimo Sagramento con gran tenerezza d' amore; e il
giovedì, che fu quel giorno in cui fu da Gesù istituito, lo chiamava «il dì
dell' amore», ed aveva particolar desiderio che in questo giorno le sorelle si
comunicassero.» PUCCINI, Vita, Venezia, 1671, cap. 92, pag. 152.- «Rapita in
estasi, mentre ch' ella contemplava quelle parole che disse Gesù Cristo in
croce, consummatum est, tosto si
sentì attrarre e fecondar l' animo d' alti concetti e divoti sentimenti: onde,
così piena di grande affetto, proruppe in queste parole: «Quando l' anima ha in
sè ricevuto il Pane di vita nel Santissimo Sacramento dell' Altare, per quella
unione stretta che in esso ha fatta con Dio, può ben ancor ella dire: Consummatum est. In quel celeste cibo
tutti i beni son raccolti, quivi tutti i desideri in Dio son adempiti: e che
altro può l' anima volere, se ritiene in sè quello che ogni cosa contiene? Se
ella desidera la carità, avendo in sè quello che è la perfetta carità, Deus caritas est, vien ad aver in sè la
perfezione di essa carità.- Così della viva fede e della speranza, della
purità, della pazienza, dell' umiltà, della mansuetudine; perchè Cristo nell'
anima, mercè di questo cibo, produce tutte le virtù. E che può più volere e
desiderar l' anima, se tutte le virtù, doni e grazie che ella possa volere e
desiderare, sono raccolte in quell' ammirabile Dio, che sta veramente sotto
quelle sacramentali specie, come in verità sta sedendo alla destra del Padre in
paradiso? In quo sunt omnes thesauri
sapientiae et scientiae Dei.- Oh, oh, quanto bene adunque, avendo e
possedendo l' anima questo Dio in sè, può dir con verità: Consummatum est. Altro ella non vuole, altro non desidera, altro
non brama, che lui, il quale allora tutto se l' è dato, communicandole con se
stesso tutti i suoi beni.» PUCCINI, Vita,
Firenze, 1611, parte 4, cap. 4, pag. 225.
16
«Et frangentes circa domos panem, (graece?,
id est circa domum, puta Dei, hoc est
templum, ait Oecumenius) qui proinde cum multis aliis censet panem hunc quem in
templo frangebant, fuisse Eucharistiam. Unde pro panem, Syrus vertit munus
benedictum, puta panem consecratum et transsubstantiatum, Deoque quasi mincha in sacrificium oblatum.Idque est
valde probabile, quia Eucharistia a Paulo et Luca vocatur fractio panis.» CORNELIUS A LAPIDE, S. I., In Acta Apostolorum, cap. 2, v. 46. Commentaria in Scripturam Sacram, XVII, p. 108: Parisiis, 1861.
17
«In primitiva Ecclesia, quando magna vigebat devotio fidei christianae,
statutum fuit ut quotidie fideles communicarent.» S.
THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 80,
art. 10, ad 5.
18 «(In sacris celebrandis, post
psalmorum melos et sacrarum Scripturarum lectionem), sacro ambitu arcentur
catechumeni, et cum eis energumeni ac poenitentes, illis qui divinorum aspectu
et communione digni sunt remanentibus... Exhibitis divinorum operum muneribus,
ad sacrosanctam eorumdem communicationem cum ipsemet (pontifex) accedit, tum
ceteros invitat. Accepta denique dataque divina communione, in sacram desinit
gratiarum actionem.» DIONYSIUS AREOPAGITA, De
eccleisastica hierarchia, cap. 3, II, Mysterium
synaxeos seu communionis.- MG 3-426.- «Sumpta.... ac tradita divinissima
communione, unacum totius ecclesiae sacra plenitudine in sacram desinit
gratiarum actionem.- Id. op., cap. 3,
III, Contemplatio, § 14. MG 3-443.
19 «De Eucharistia, an accipienda
quotidie, quod Romana Ecclesia et Hispaniae observare perhibentur, scripsit
quidem et Hippolytus vir disertissimus, et carptim diversi scriptores e variis
auctoribus edidere.» S. HIERONYMUS, Epistola 71, ad
Licinium, n. 6. ML 22-672.- «Scio Romae hanc esse consuetudinem, ut fideles
semper Christi corpus accipiant.» IDEM, Epistola
48, ad Pammachium, n. 15. ML 22-506.
20 «(Item Fabianus Papa ait:) Et si non
frequentius, saltem in anno ter laici homines communicent- nisi forte quis
maioribus quibuslibet criminibus impediatur- in Pascha videlicet, et Pentecoste,
et Natali Domini.» Decretum Gratiani, pars 3 (De consecratione), dist. 2, c. 16.- Solo nel Decreto di Graziano ed in altre Collezioni di Canoni, si legge che
il Papa San Fabiano (+253) abbia promulgato un simile editto. E come mai
avrebbe potuto farlo, mentre sappiamo da S. Girolamo (vedi la nostra nota 19),
il quale visse più anni a Roma, che, a suo tempo, vigeva tuttora nella Chiesa
Romana la consuetudine della comunione quotidiana? Venga dunque restituito
questo decreto al terzo Concilio di Tours
(a. 818). Cf. MG 10-182, n. 8, e 10-200, VI.
21
Decreta Generalis CONCILII
LATERANENSIS, IV, (a. 1215, sub Innocentio Papa III), cap. 21: «Omnis utriusque
sexus fidelis, postquam ad annos discretionis pervenerit, omnia sua solus
peccata confiteatur fideliter, saltem semel in anno, proprio sacerdoti...
suscipiens reverenter, ad minus in Pascha, Eucharistiae sacramentum.... Alioquin et vivens ab ingressu Ecclesiae arceatur, et moriens christiana
careat sepultura.» LABBEUS, Concilia, XIII.
22 «Si quis negaverit omnes et singulos
Christi fideles utriusque sexus, cum ad annos discretionis pervenerint, teneri
singulis annis, saltem in Paschate, ad communicandum, iuxta praeceptum Sanctae
Matris Ecclesiae: anathema sit.» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 13, De Eucharistia, canon 9.
23 De
la pénitece publique et de la préparation à la communion par le P. Denys PETAU, S. I.- In fine: Abrégé de la doctrine du livre «De la
fréquente communion» (de Monsieur Arnauld), et de sa réfutation comprise dans les libres «De la pénitence publique
et de la préparation à la communion» du R. P. Denys PETAU.
24 «Singulis etiam diebus
communicare.... honum est et perutile, cum ipse (Dominus) perspicue dicat: Qui comedit meam carnem et bibit meum
sanguinem, habet vitam aeternam (Io. VI, 55). Quis enim dubitat quin vitae
continenter esse participem nihil aliud sit quam multiplici ratione vivere? Nos
quidem quater singulis hebdomadibus communicamus, Dominica die, quarta die, in
parasceve et sabbato, et aliis diebus si sancti alicuius memoria recolatur.» S. BASILIUS MAGNUS, Epistola 93, ad Caesariam patriciam. MG
32-484.- Questa lettera viene pure intitolata: ad Caesarium patricium. MG, l. c., not. 53.
25
«Quotidie Eucharistiae communionem percipere nec laudo nec vitupero. Omnibus
tamen dominicis diebus communicandum suadeo et hortor, si tamen mens in affectu
peccandi non sit.» De ecclesiasticis
dogmatibus, cap. 23 (al. 53): ML
42-1217, inter Opera S. Augustini, in
Appendice spuriorum.- Accortamente
nota S. Tommaso, Quodlibetales
quaestiones, Quodlib. XII, art. 10: «Ille liber non
est Augustini, sed Gennadii.» A Gennadio, prete di
Marsiglia, viene attribuito da molti: è certo che non sia di S. Agostino. Ciò
nonostante, le anzidette parole vennero riferite per secoli, come sentenza di
S. Agostino. Anzi furono inserite nel Decretum
Gratiani, De consecratione, dist. 1, c. 13.- Come lo vedremo nella nota
seguente, e meglio nell' Appendice, 12,
S. Agostino fu uno dei più zelanti fautori della comunione quotidiana.
26 «Si quotidianus est panis, cur post
annum illum sumis, quemadmodum Graeci in Oriente facere consuerunt? Accipe quotidie, quod
quotidie tibi prosit. Sic vive, ut quotidie merearis accipere. Qui non meretur
quotidie accipere, non meretur post annim accipere.... Qui
vulnus habet, medicinam requirit. Vulnus est, quia sub peccato sumus: medicina est,
caeleste et venerabile Sacramentum.» Queste parole- come pure tutto il
«Sermone» da cui son prese- sono di S. AMBROGIO, De Sacramentis, lib. 5, cap. 4, n. 25: ML 16-452. Vennero
attribuite a S. Agostino (Sermo 84,
inter supposititios, n. 3: ML 39-1908, 1909); con più ragione però che quelle
di Gennadio, perchè tale era il suo insegnamento: vedi Appendice, 12.- Circa l' uso delle Chiese di Oriente però, meglio
che a S. Ambrogio, si crederà a S.
Basilio, di cui abbiamo riferito or ora la testimonianza nella nota 24. In
Oriente- ed anche in Occidente, come qui se ne lagna S. Ambrogio- vi saranno
stati dei neghittosi, a cui bastava la comunione annua: ma l' usanza generale
della Chiesa era contraria. Questa era di comunicarsi quattro volte la
settimana, oltre i giorni, certamente non pochi, in cui si faceva la
commemorazione di qualche santo.
27 S. ANTONINUS, Chronica, pars 3, titulus 23, cap. 14, § 8.- «Per pruovare le loro
stolide proposizioni, alcuni de' Satrapi sopraddetti, spogliati d' ogni
divozione, e lontani affatto da' sentimenti delle sagre Scritture, adducono a
lor favore un detto del Beatissimo Agostino, il quale dice che non loda, nè in
alcun moto vitupera, il prendere ogni giorno il Sagramento dell' Eucaristia,
quasi dica quell' eccellentissimo Dottore, ch' è bene il prenderlo, ma che
potrebbe esser dannoso, ed egli però il lascia al divino giudizio... Che se un
tanto eccellentissimo Dottore, anzi l' esimio fra' Dottori, non s' attenta in
alcun modo di dar giudizio sopra un tal punto, io non so veder con qual fronte
coloro, che qui allegano le sue parole, presumano sopra a questo formar
giudizio. Onde a questo proposito mi sovviene d' una certa risposta, che la
stessa Caterina fece una volta ad un tal Vescovo, me presente, il quale allegava la detta autorità d' Agostino contro
a coloro, che si comunicano ogni giorno. Disse dunque Caterina: «Se Sant' Agostino
non li biasima, perchè, o Messere, volete voi biasimarli? Mentre voi allegate
Agostino, v' opponete a lui.» B. RAIMONDO DA CAPUA, O. P., Vita, parte 2, cap. 12, n. 3. Siena, 1707, pag. 327.
28
«Optaret quidem sacrosancta Synodus, ut in singulis Missis fideles adstantes
non solum spirituali affectu, sed sacramentali etiam Eucharistiae perceptione
communicarent, quo ad eos sanctissimi huius sacrificii fructus uberior
proveniret.» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio
22, Doctrina de sacrificio Missae, cap. 6.
29
Decretum S. Congregationis Cardinalium
Concilii Tridentini interpretum, datum die 12 februarii 1679. «Frequens
quotidianusve sacrosanctae Eucharistiae usus a sanctis Patribus (fuit) semper
in Ecclesia probatus.... In hoc.... pastorum diligentia potissimum invigilabit,
non ut a frequenti aut quotidiana sacrae communionis sumptione, unica praecepti
formula, aliqui deterreantur, aut sumendi dies generaliter constituantur, sed
magis quid singulis permittendum per se aut parochos seu confessarios sibi
decernendum putet: illudque omnino provideat, ut nemo a sacro convivio, seu
frequenter seu quotidie accesserit, repellatur; et nihilominus det operam, ut
unusquisque digne pro devotionis et praeparationis modo rarius aut crebrius
Dominici Corporis suavitatem degustet.» (Quindi dopo aver parlato delle
disposizioni per la comunione frequente o quotidiana, la S. Congregazione
prosegue:) «Episcopi autem in quorum diocesibus viget huiusmodi devotio erga
Sanctissimum Sacramentum, pro illa gratias Deo agant, eamque ipsi, adhibito
prudentiae et iudicii temperamento, alere debebunt.»- Abbiamo riferito il testo
integrale di questo Decreto nel
nostro vol. I, Appendice, 20, pag.
417-419. Sarà utile a leggersi, da chi vorrà intendere come S. Alfonso vi abbia
trovato insieme stimolo e freno al suo zelo per la comunione. Si legga pure il
brevissimo n. 19 della stessa Appendice, l.
c., pag. 416.
30
Fr. IUNCTA BEVEGNATIS, Vita, Siena, 1897, cap. 4, n. 10 (in Actis SS. Bollandianis, cap. 4, n. 65):
«Quia fervorem saepe communicandi, prae reverentia illius inaccessibilis lucis
interponere nec retardare valebat, dixit: «Offendo te, Domine mi, in illa siti
avidissima, quam de frequenti communione Corporis et Sanguinis tui concepit?»
Respondit Dominus dicens: «Quia valde mihi de ipsa places, benedico confessori
tuo et baiulo, cui gratiam faciam specialem (Bollandiani: gratialem), qui hoc tibi facere consulit, et te in tuo
timore confortat.»
31
«Il seguente successo è pervenuto a notizia nostra per relazione che a noi ne
ha fatta il P. D. Giuseppe Cianci, Rettore di questa nostra casa di S.
Niccolò.» Dopo morte, si fece vedere ad una monaca, già sua penitente,
travagliatissima dagli scrupoli: lì esortò ad eseguire tuttora i suoi ordini;
le disse aver egli veduto le sue pene; ed aggiunse: «Ti esorto ad aver pazienza
nelle persecuzioni; e ti dico di più che io ho due gradi di gloria più
prticolari in cielo; uno per la pazienza che ho avuto nel sopportar le
calunnie, in particolare di chi avea io in vita maggiormente beneficato; l'
altro per essere stato amico de' sacramenti, che ho condotte le anime de' miei
penitenti come tante colombe a satollarsi di questo mare immenso.» «Mentre il
servo di Dio le parlava, parve alla medesima di veder dinanzi a lui un gran
mare cristallino, ed intorno innumerabili bianche colombe. Il servo di Dio le
fè sapere inoltre che quelle colombe erano tutte le anime ch' egli avea portate
a Dio per mezzo de' santi sacramenti; e parve alla medesima che vi aggiungesse
questo motto: Saturabuntur.» Lod. SABBATINI
d' Anfora, Vita, lib. 5, cap. 2,
Napoli, 1732, pag. 376.
32
Vi furono in Bologna due sorelle Zagnoni, illustri per virtù, Leona e Camilla,
nate l' una nel 1583, l' altra nel 1586. Nel vestirsi dell' abito di Terziarie
Francescane, presero i nomi di due sante sorelle: Pudenziana e Prassede. Morta
Pudenziana in concetto di santa (1608), entrò Prassede com ecorista nel
monastero delle Clarisse, ove domandò, per divozione alla sorella defunta, ed
ottenne di chiamarsi pur essa Pudenziana. Di questa sorella minore parla qui S.
Alfonso. Morì nel 1662, in età di 76 anni. Nei suoi molti e gravi travagli, non
ebbe miglior conforto che le apparizioni ed i consigli della sorella. Fu molto
tormentata dagli scrupoli, specialmente riguardo alla comunione, per la quale
tante volte vi bisognò il precetto di santa ubbidienza. Le assicurò la sorella
averle impetrata la grazia di essere libera da quelle angustie, e da quel
giorno in poi andò alla sacra mensa sempre tranquilla. Dopo una comunione,
Nostro Signore le disse: «La maggior offesa che tu m' abbi fatta, è stata
andare di rado alla santa comunione. Ti dico che se frequenterai coll'
ubbidienza questo Sacramento, io mi scorderò di tutte le tue ingratitudini.»-
Per questa sorella minore, vedi Benedetto
MAZZARA, Leggendario Francescano, Venezia,
1722, XII, 23 dicembre, pag. 329 e seg.; per la comunione, pag. 358; per la
sorella maggiore, La stessa opera, II,
14 febbraio pag. 224 e seg.
33
BLOSIUS, Conclave animae fidelis,
pars 2, sive Monile spirituale, cap.
6, n. 1.- Il fatto viene così narrato dalla Santa stessa: «Quaedam persona...
quandoque commovebatur adversus quasdam alias, quas ipsa apud se iudicabat
minus paratas vel devotas, saepius tamen ad communionem accedere. Et hoc quandoque palam ipsis opponens, quasdam..... effecit pusillanimiores
ad communicandum. Pro qua dum ista (Gertrudis) orans Dominum interrogaret,
qualiter ipse hoc in ea reputaret, Dominus respondit: «Cum deliciae meae sint
esse cum filiis hominum, et ego hoc Sacramentum ex tanto affectu in mei
commemorationem retractandum et sedulo commemorandum reliquerim: haec insuper,
per hoc me cum fidelibus remansurum usque ad consummationem saeculi
obligaverim; quicumque aliquem qui, cum non sit in peccato mortali, verbis vel
suasionibus retraxerit, ille quodammodo meas delicias, quas in his habere
possem, impedit vel interumpit: ad similitudinem cuiusdam severioris paedagogi,
qui filium regis durius compesceret, vel retraheret a consortio et
collusionibus coaetaneorum suorum ignobiliorum vel pauperiorum, in quorum
consortio filius regis multum delectaretur, eo quod iudicaret invenculo suo
magis congruere quod regali frueretur honore, quam quod cum pilo vel
consimilibus luderet in platea.» Tunc illa: «Domine, si homo ille proponeret istud de
cetero cavere, numquid tu illi ignosceres quidquid hucusque in illa causa
deliquit?» Respondit Dominus: «Nons olum ipsi dimitterem, sed etiam in tantum
hoc ab eo acceptarem, sicut filius regis acceptaret a paedagogo suo, si cum
serena blanditate reduceret sibi coaetaneos suos praedilectos ad secum
ludendum, quos paulo antea cum dira repulerat severitate.» S. GERTRUDIS MAGNA,
Virgo O. S. B., Legatus divinae pietatis:
opus integre editum, Solesmensium O. S. B. Monachorum cura, Pictavii et
Parisiis, 1875, lib. 3, cap. 78.
34
«E' voce di un predicatore cristiano sollevare i cuori caduti con questa
parola: Levati sù, e mangia di questo sacratissimo pane....: come, per lo
contrario, è voce del demonio sviare i Cristiani dalla frequenza di questo
divino mistero.» B. GIOVANNI AVILA, Trattati
del SS. Sacramento dell' Eucaristia, trattato 19, Roma, 1608, pag. 422.-
«Si trovano uomini, i quali, senza vedere la coscienza di coloro che s'
accostano alla comunione, giudicano e dicono che è male, e lo mormorano: questi
tali tengono l' officio del demonio, poichè abborriscono e disturbano le opere
di Dio.»
35
Per ben comprendere la mente ed il merito di S. Alfonso, in quanto dice qui ed
altrove circa le disposizioni richieste per la comunione frequente e
quotidiana, vedi Appendice, 13.
36
«Circa usum huius sacramenti, duo possunt considerari. Unum
quidem ex parte ipsius sacramenti, cuius virtus est hominibus salutaris. Et
ideo utile est quotidie ipsum suscipere, ut homo quotidie eius fructum
percipiat... Alio
modo potest considerari ex parte sumentis, in quo requiritur quod cum magna
devotione et reverentia ad hoc sacramentum accedat. Et ideo, si aliquis se
quotidie ad hoc paratum inveniat, laudabile est quod quotidie sumat.... Sed
quia multoties in pluribus hominum multa impedimenta huius devotionis
occurrunt, propter corporis indispositionem vel animae, non est utile omnibus
hominibus quotidie ad hoc sacramentum accedere, sed quotiescumque se homo ad
illud paratum invenerit.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 80, a 10, c.
37
Vedi sopra le note 25 e 26, e l' Appendice,
12.
38 «Pour communier tous les huit jours, il
est requis de n' avoir ni péché mortel ni aucune affection au péché véniel, et
d' avoir un grand désir de se communier; mais pour communier tous les jours, il
faut, outre cela, avoir surmonté la plupart des mauvaises inclinations, et que
ce soit par avis du père spirituel.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la Vie dévote, partie 2, ch. 20. Œuvres, III, 129, 130.
39 «In hac vita, quae tota tentatio est,
etiam in sublimissimis sanctis, non apprehenditur illa perfectio cui non
supersit ascensio.» S. PROSPER Aquitanus, Liber
sententiarum ex operibus S. Augustini delibatarum, sententia 102.- «Dum
praesentis vitae cursus agitur, etiam si valde proficiat cuius exterior homo
corrumpitur et interior renovatur, necesse est tamen ut, dum conditioni subiacet
mortis, labores toleret vetustatis. (Aug. in Ps. 38, nn. 8 et 9).» Ibid.,
sententia 103. ML 51-441.
40 «Si aliquis experimentaliter
cognosceret ex quotidiana sumptione fervorem amoris augeri et reverentiam non
minui, talis deberet quotidie communicare.» S.
THOMAS, In IV Sent., dist. 12, qu. 3, art. 1, ad secundam quaestionem dicendum.
41
«Multiplices... sunt conscientiarum recessus, variae ob negotia spiritus
alienationes, multae e contra gratiae et Dei dona parvulis concessa: quae cum
humanis oculis scrutari non possimus, nihil certi de cuiusque dignitate atque
integritate, et consequenter de frequentiore aut quotidiano vitalis panis esu,
potest constitui. Et propterea, quod megotiatores ipsos attinet, frequens ad
sacram alimoniam percipiendam accessus, confessariorum secreta cordis
explorantium iudicio est relinquendus, qui ex conscientiarum puritate, e
frequentiae fructu, et ad pietatem processu, laicis negotiatoribus et
coniugatis, quod prospicient eorum saluti profuturum, id illis praescribere
debebunt.» S. CONGREGATIONIS CONCILII decretum, 12 febr. 1679.
42 «Si vellet apud te hospitium
habere aliuqis senator, non dico senator, procurator alicuius magni secundum
saeculum, et diceret: «Offendit me quiddam in domo tua:» etsi amares hoc,
auferres tamen ne eum offenderes, ad cuius amicitiam ambires. Et quid tibi prodest hominis amicitia?.... Securus opta amicitiam Christi:
hospitari apud te vult, fac illi locum. Quid est: fac illi locum? Noli amare
teipsum, illum ama. Si te amaveris, claudis contra illum; si ipsum amaveris,
aperis illi: si autem aperueris et intraverit, non peries amando te, sed
inveneris cum amante te.» S. AUGUSTINUS, Enarratio
in Ps. 131, n. 6. ML 37-1718, 1719.
43 «Alio quoque die Parasceve (nota marginalis: Communio in die
Parasceve olim usitata), dum communicatura oraret Dominum ut se digne
praepararet....(ait): «Et quali dignitate obviabo tibi, cum tam largifluus
dignaris venire ad me?» Respondit Dominus: «Nihil ailud requiro a te, quam ut
evacuata venias ad recipiendum; quia omne quod placeret mihi in e, hoc per
donum meum totum accipies.» Hinc intellexit quod evacuatio illa fuit humilitas, qua se reputavit
omnino nihil habere de meritis; in nullo etiam aliquid posse, nisi gratuito
dono Dei; et insuper omne quod facere potest, pro nihilo reputare.» S.
GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae
pietatis. Pictavii et Parisiis, 1875, lib. 4, cap. 26.
44 «Principio docet Sancta Synodus, et
aperte ac simpliciter profitetur, in almo Sanctae Eucharistiae Sacramento, post
panis et vini consecrationem, Dominum nostrum Iesum Christum, verum Deum atque
hominem, vere, realiter, ac substantialiter sub specie illarum rerum
contineri.» CONCILIUM
TRIDENTINUM, Sessio 13, Decretum de SS.
Eucharistiae Sacramento, cap. 1.- Cf. ibid.,
Canon 1.
45
Il fatto viene riferito a quel modo da Giovanni
VILLANI, (Croniche, lib. 6, cap.
64, al. 66), il quale visse nel
principio del secolo XIV, non posteriore di molto alla morte di S. Luigi
(1270). Segue il Villani lo Spondano (Henricus
SPONDANIUS, Annalium Baronii
continuatio, a. 1257, n. 9). Così il Villani: «Nei detti tempi, regnando in
Francia il buono re Luis, avvenne uno grande miracolo del corpo di Cristo; che
celebrando uno prete il sacramento in una cappella di Parigi presso alla sala
del re, come piacque a Dio, apparve in sulle mani del prete alla vista delle
genti, in luogo dell' Ostia sacra, uno piccolo fanciullo molto bello e
grazioso, il quale veduto da molti, pregaro il prete il sostenesse infino ch
eal re Luis fosse fatto assapere, e che 'l venisse a vedere.... E essendo ciò
detto al re Luis, e ch' egli v' andasse a vederlo, rispuose: «Vadalo a vedere
chi nol crede, ch' io il veggio tuttavia nel mio cuore.» Per la quale risposta
fu commendato molto il re di grandissimo senno e di cattolica fede.» Più sicura
è la testimonianza di JOINVILLE, (Vita S.
Ludovici, pars 1, cap. 2, n. 18: inter Acta
Sanctorum Bollandiana, die 25 augusti), il quale riferisce il fatto- tolta
la circostanza della forma di bambino- come succeduto, non già a S. Luigi, ma
al celebre Conte di Montfort (conduttore della crociata contro gli Albigesi), e
come raccontato a lui stesso (Joinville) dal santo re. Dice il Joinville, l. c.: «Rex sanctus mihi retulit, quod aliquando in tractu Albigensi
incolae regionis venerint ad comitem Montfortium, qui tunc Albigensium terram
pro rege custodiebat, eique dixerint ut veniret visurus Domini nostri Corpus,
factum in sacerdotis manibus carne et sanguine conspicuum; quod vehementer
admirabantur. Comes autem iis dixit: «Vos illuc itote, qui de eo
estis dubii. Quantum
enim ad me, perfecte ac sine dubitatione
credo sacrosanctum altaris sacramentum, uti mater nostra sancta Ecclesia id
nobis testatur et docet. Quare spero huius fidei coronam me in caelo habiturum
maiorem angeli, qui eum facie ad faciem nituentur, adeoque credunt necessario.»
46
«Avendo io chiesto questa mattina al Signore dopo la santa Messa, che degnasse
di suggerirmi quale affetto dopo la comunione fosse più conveniente e più
proprio da esercitare per dargli gusto,... mi parve che sopra tutti debba
essere l' affetto dello stupore... Dio a me? Dio con me? Dio in me? Che posso
io fare pensando a ciò, se non solo restare attonito, restar morto, restare
assorto da un infinito stupore?» Giuseppe
MASSEI, Breve ragguaglio della vita
del P. Paolo Segneri, n. 53.
47 Matth. VIII, 8.
48 «Votre grande intention en la
communion doit être de vous avancer, fortifier et consoler en l' amour de Dieu;
car vous devez recevoir pour l' amour ce que le seul amour vous fait donner.»
S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la
vie dévote, partie 2, ch. 21. Œuvres,
III, 121. Annecy, 1893.
49
«Ponendo una volta il segno per comunicarsi, disse al Signore: «Scrivi, o
dolcissimo Signore, il nome mio nel tuo cuore, e segna parimente nel mio cuore
il tuo mellifluo nome per una continua memoria di te.» A cui disse il Signore:
«Mentre ti vuoi comunicare, ricevimi con tale intenzione, come se tu avessi
ogni desiderio, ogni amore, col qual giammai alcuno umano cuore in me si
accresce; e così in quello altissimo amore, con cui possibil sia che il cuor
umano ami, accostati a me. Ed io quell' amore riceverò in te, non in quanto che
in te sia, ma come s' egli fosse tale e tanto, quanto tu volevi che fosse.» Libro della spiritual grazia, delle
rivelazioni e visioni della B. METILDE, diviso in V libri, raccolto dal R.
P. F. Gio. Lanspergio, Monaco della
Certosa - Venezia, 1750. Lib. 3, cap. 23, pag. 86.
50
«Finita la Messa, si starà da sè una mezz' ora, o un' ora intiera, rendendo
grazie al Signore... supplicandolo di qualche grazia, essendo solito a farne
tante.» B. GIOVANNI AVILA, Lettere
spirituali, Roma, 1669, parte 1, Lettera
8, ad un sacerdote, pag. 52.- «E' usanza di lui pagar bene gli ospiti
suoi... Ricevi questo Signore, e rimantene per suo, e sperimenterai quanto egli
sappia ben coltivare la sua possessione, e con quanta cura pasce le sue
pecorelle.» Trattati del SS. Sacramento, Roma,
1608, trattato 25, pag. 503, 507.
51
«Diceva (alle sue novizie).... che il più opportuno tempo ad avanzarsi nella
perfezione della vita spirituale è quello dopo la comunione, non volendo perciò
che le sue novizie così presto andassero agli esercizi comuni, dopo che s'
erano comunicate.» PUCCINI, Vita, 1611,
parte 1, cap. 65.- «Soggiungeva parimente: «Se desiderate, o figliuole, di
pervenire in breve a gran perfezione, prendete per vostro maestro il
Crocifisso; tenete attente l' orecchie alle sue parole; perchè del continuo vi
parla al cuore, e particolarmente in quell' ora quando avete ricevuto il
Santissimo Sacramento.» Op. cit., l.
c.- «Diceva che quello (il tempo dopo la comunione) era il tempo più prezioso
che abbiamo in questa vita, e più opportuno per trattare con Dio e dargli luogo
per purificare, illuminare e santificare l' anime nostre: e che però si doveva
spendere in affetti amorosi, in lode, ringraziamenti, ed offerte di se stesso a
Dio: e che non si può trovare mezzo più efficace per perfezionare un' anima,
quanto il consumare questo tempo dopo la comunione in questi santi esercizi:
perchè chi impara da Gesù, diceva ella, non ha bisogno d' altri libri o
ammaestramenti.» PUCCINI, Vita, Venezia,
1671, cap. 94, pag. 155, 156.
52
«Estaos vos con el de buena gana; no perdàis tan buena sazòn de negociar, como
es el hora (la hora) después de haber comulgado. Si la obediencia os mandare,
hermanas, otra cosa, procurà dejar el alma con el Señor.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 34, Obras, III, 165.- «Pues si cuando andaba
en el mundo, de sòlo tocar sus ropas sanaba los enfermos, ¿qué hay que dudar
que harà milaglos estando tan dentro de mi, si tenemos fe, y nos darà lo que le
pidiéremos, pues està ea nuestra casa? Y no suele Su Majestad pagar mal la
posada, si le hacen buen hospedaje.» Op.
cit., l. c., 164.
53
Sembra che S. Alfonso alluda alle parole della Santa Madre, da noi riferite
nella precedente nota: «Pues si cuando andaba...» In quanto alla visione di
Gesù come in trono di grazie, non sappiamo nulla; a meno che il santo Dottor
non abbia interpretato com trono di Gesù Sacramentato, quel primo dei due troni
che la Santa Madre Teresa vide (Libro de
la Vida, cap. 39: Obras, I, 355)
mentre entrava in chiesa, dove andava per comunicarsi, spinta da desiderio
ardentissimo.
54
«Intelligo, in tota hac materia, per tempus sumptionis Eucharistiae, non illam
solum morulam qua deglutitur, sed cum consequente temporis spatio quo Christi
corpus sacramentaliter in sumente perseverat.» CAIETANUS,
Sum. Theol. D. Thomae. III, qu. 79,
a. 1. Commentaria, II. Fra tutto quel tempo possono prodursi certi
effetti dell' Eucaristia. E' sentenza dell' illustre teologo che per gli
effetti, o almeno per alcuni effetti, dell' Eucaristia, si richiede la
divozione attuale, ma che l' anima
viene efficacemente inclinata a questa divozione dalla stessa recezione dell'
Eucaristia, giacchè (ibid., IX)
«Eucharistia sacramentaliter sumpta... pro primo contactu animae habet
excitationem caritatis.... Ex parte vero animae, primus
contactus est ipsa manducatio actualis, quae est actus caritatis; et magnam
latitudinem habet, iuxta latitudinem actum caritatis et graduum illorum.» Quindi, grande facilità, in
qualche modo necessità (ad effectus Eucharistiae), e somma utilità ed efficacia
degli atti che vengono prodotti, mentre dura, colla presenza sacramentale di
Cristo in noi, la refezione spirituale.- Franc.
SUAREZ, De Sacramentis, pars 1,
disputatio 63, sectio 7, 3°: «Si eo tempore quo Christus est realiter praesens
intra hominem, ipse homo sese magis ac magis disponat, valde probabile est
augeri in illo sacramentalem gratiae effectum.» I. B. GONET, O. P., Manuale
Thomistarum, pars 3, tractatus 4, cap. 9, v. Quaeres secundo: «Respondeo valde probabile esse quod, si eo
tempore quo species sacramentales remanent in stomacho, homo novos ac
ferventiores.... virtutum actus eliciat, quibus magis et magis se disponat,
recipiet gratiam ex opere operato maiorem ea quam ab initio recepit.»- Gregorius de VALENTIA, S. I., Commentariorum theologicorum tomus 4,
disp. 6, qu. 7, punet, 1: «Quod autem post sumptionem et comestionem, toto
tempore quo incorruptum manet (sacramentum hoc), possit, saltem per accidens,
habere effectum, si homo quidem tunc disponatur, puto esse valde probabile.»- Ioan. de LUGO, S. I., Disputationes
scholasticae et morales. De Sacramento Eucharistiae, disp. 12, sect. 2, n.
46: «(Haec sententia) licet olim male audierit, iam tamen communiter recipitur,
et est magis probabilis et pia.»
55 «Avari enim me fecerunt avarum, duri
me sibi reddunt asperum, non quod sim avarus et asper, sed in se talem merentur
experiri effectum.» IUNCTA BEVEGNATIS, O. M., Vita, Siena,
1897, cap. 4, n. 20. Inter Acta Sanctorum
Bollandiana, cap. 4, n. 79.- Però, in quel luogo, non si parla della
comunione.
56 «Quamlibet hebdomadem ita
partiebatur, ut tres primores eius ferias... agendis tribus Personis SS. Trinitatis sigillatim, pro tam eximio....beneficio, gratiis consecraret;
tres item posteriores.... iisdem Personis seorsim singulis orandis impendebat,
ut facultatem sibi praestarent, ita ut oporteret, proximo consequenti die
Dominico, caelestis convivii ineundi.» CEPARIUS, Vita,
lib. 2, cap. 2, n. 135: inter Acta
Sanctorum Bollandiana, die 21 iunii.
57 S. AMBROSIUS, De Sacramentis, lib. 6, cap. 4, n. 25. ML 16-452.
58
Non ci è stato possibile conoscere chi sia la santa domenicana a cui qui allude
S. Alfonso.
59
«Nec tamen ex eo debemus nos a Dominica communione suspendere, quia nos
agnoscimus peccatores: sed ad eam magis ac magis est et propter animae
medicinam et purificationem spiritus, avide festinandum: verumtamen ea
humilitate mentis ac fide, ut indignos nos perceptione tantae gratiae
iudicantes, remedia potius nostris vulneribus expetamus.... Multo enim iustis
est ut cum hac cordis humilitate, qua credimus et fatemur illa sacrosancta
mysteria numquam pro merito nos posse contingere, singulis ea dominicis diebus
ob remedium nostrarum aegritudinum praesumamus, quam ut vana persuasione cordis
elati, vel post annum dignos eorum participio (id est: participatione) nos esse credamus.» IO. CASSIANUS, Collatio 23, cap. 21. ML 49-1278, 1279, 1280.
60 «Reverentia huius sacramenti habet
timorem amori coniunctum: unde timor reverentiae ad Deum dicitur timor
filialis... Ex
amore enim provocatur desiderium sumendi; ex timore autem consurgit humilitas
reverendi. Et ideo utrumque pertinet ad reverentiam huius
sacramenti, et quod quotidie sumatur, et quod aliquando abstineatur... Amor tamen
et spes, ad quae semper Scriptura nos provocat, praeferuntur timori; unde et,
cum Petrus dixisset: Exi a me, Domine,
quia peccator homo ego sum, respondit Iesus: Noli timere.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 80, a. 10, ad 3.
61 «Si quotiescumque effunditur sanguis, in
remissionem peccatorum funditur; debeo illum semper accipere, ut semper mihi
peccata dimittantur. Qui semper pecco, semper debeo habere medicinam.» S. AMBROSIUS, De Sacramentis, lib.
4, cap. 6, n. 28. ML 16-446.
62 Le ediz. Remondiniane e le prime
napoletane hanno: non acciocchè si
rizzino; quella di Napoli del 1768 (Di Domenico) ha erroneamente: acciocchè non si rizzino. Abbiamo
seguito il testo dell' ediz. napolet. del 1781.
63 «Hoc xenodochium quoddam regale
est institutum... ut sit universale refugium omnium infirmorum... Quia infirmus sum, si
sanitatem desidero, magis contringor et impellor illuc accedere: quoniam si
infirmus sum, illic me curabunt.» LUDOVICUS GRANATENSIS, O. P. Memoriale vitae christianae, lib. 3: De modo praeparandi sese ad sacram
communionem, cap. 4 (versus mediam).
64
Nelle ediz. napoletane precedenti il 1768 e nelle Remondiniane si legge: basta che abbiate il fervore nella volontà,
cioè....
65
«Contemplabatur (Maria) tales qui nolunt accedere, nisi sint actualiter devoti
et fervidi, similiter agere, quasi frigidus nolit ad ignem proximare, nisi
prius calidus sit; nec sordidus, nisi sanus.» Io. GERSONIUS, Collectorium
super Magnificat, tractatus 9, de Eucharistia,
super illud: Esurientes implevit
bonis, partitio 3. Opera, Antwerpiae, 1706, IV, col. 422.- «Frigidus sum,
dicis, aut tepidus. Saepe suscipit initium celebrationis hominem parum devotum
et frigidam, quem in fine calescentem dimittit et fervidum. Corpus Christi
ignis est spiritualis, accede fiducialiter ad hunc ignem, calesces facilius.» IDEM, Tractatus de praeparatione
ad Missam. Consideratio
4, Opera, Antwerpiae 1706, III, col.
327.
66
«Non debet a sancto Domini convivio repelli indevotus iuste vivens, virtuose
conversans, humiliter se agnoscens, pure confitens, et reverenter accedens. Talis quippe insensibiliter ac spiritualiter hoc sacramento nutritur et
vivit.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, De
disciplina et perfectione monasticae conversationis, cap. 19. Opera, Lugduni, 1628, pag. 123, col. 1.
67 «Et licet quandoque tepide, tamen
confidens de misericordia Dei fiducialiter accedat: quia, si se indignum
reputat, cogitet quod tanto magis aeger necesse habet requirere medicum, quanto
magis senserit se aegrotum.» De profectu
religiosorum, Lib. 2, cap. 77. Inter Opera S.
Bonaventurae, VII, Lugduni, 1668. L' autore è il B. DAVIDE D' AUSBURGO, O.
M. Cf. Opera S. Bonaventurae, VIII,
ad Claras Aquas, pag. XCV, col. 2.
68
Vedi sopra, nota 34, pag. 242.
69 «Si les mondains vous demandent
pourquoi vous communiez si souvent, dites-leur.... que deux sortes de gns
doivent souvent communier: les parfaits, parce qu' étant bien disposés, ils
auraient grand tort de ne point s' approcher de la source et fontaine de
perfection, et les imparfaits, afin de pouvoir justement prétendre à la
perfection; les forts afin qu' ils ne deviennent faibles, et les faibles afin
qu' ils deviennent forts; les malades afin d' être guéris, les sains afin qu'
ils ne tombent en maladie; et que pour vous, comme imparfaite, faibla et
malade, vous avez besoin de souvent communiquer avec votre perfection, votre
force et votre médecin.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie dévote, partie 2, ch. 21. Œuvres, III, pag. 121, 122.
70 «Communiez souvent, Philothée, et le
plus souvent que vous pourrez, avec l' avis de votre père spirituel; et
croyez-moi, les lièvres deviennent blancs parmi nos montagnes en hiver, parce
qu' ils ne voient ni mangent que la neige; et à force d' adorer et manger la
beauté, la bonté et la pureté même en ce divin Sacrement, vous deviendrez toute
belle, toute bonne et toute pure.» Méme
ouvrage, l. c. Œuvres, III, p.
122.
71
«Un giorno, stava per comunicarsi santa Francesca Romana; un demonio le
suggerì: «Come mai tu, creatura meschina, che sei carica di tanti peccati
veniali e commetti tante imperfezioni, ardirai di ricever l' Agnello
immacolato?» La Santa gli sputò in faccia: le comparve la Santissima Vergine, e
le disse: «Hai fatto bene,» perchè i peccati veniali e le imperfezioni, non
devono essere d' impedimento per accostarvi frequentemente alla comunione, anzi
devono spronarvi ad essa, perchè nella comunione troverete il rimedio per le
vostre miserie.» S. LEONARDO DA PORTO MAURIZIO, Manuale sacro, parte 2, § 5, Roma, 1734, p. 54.- Il fatto viene
narrato a questo modo dal MATTIOTTI, confessore della Santa, Vita, inter Acta Sanctorum Bollandiana, (die 9 martii), lib. 3, cap. 2, n. 19:
«Quodam alio tempore, postquam ista Deo devota in dicta capella recepit
sanctissimum Sacramentum, more solito rapta fuit in extasim, in qua vidit
visiones beatificas: a quibus separata, in suis reversa fuit naturalibus. Et
quidam malignus spiritus ad eam accessit, imputando ei quod se communicaverat
in peccato mortali. Ipsa vero viriliter et animose exsistens genuflexa
respondit eidem: «Quare venis, ut mihi des impedimentum? Tu mentiris, sicut
solitus es.» Deinde
adiecit ter: «O Domine, salvam me fac.» Deinde dixit: «Ego confitebor, sed tu
non dicis verum.» Ex quo praedictus malignus hostis, qui venerat in sua forma
horribili.... confusus, miser et tristis recessit.» Altri biografi raccontano il
fatto allo stesso modo. Si legge pure che, qualche altra volta, la Santa abbia
sputato in faccia al demonio: che, dopo respinti insulti diabolici, sia stata
rimunerata da Dio con mirabili visioni; che abbia avuto molte apparizioni della
Madonna, la quale più volte le mise nelle braccia il suo divin Pargoletto: ma
niente di tutto ciò in questa circostanza.- Un incoraggiamento di Maria SS. a
disprezzare gli scrupoli nel comunicarsi, lo ebbe S. Metilde: «Stando un giorno dopo Matutino in orazione, cominciò a
dubitare se, la sera innanzi, ella aveva detto, o no, Compieta della Madonna.
Laonde perciò contristata confessava a Dio la sua negligenza; e subitamente
disse Compieta. Dopo questo, disse cinque Ave
Maria, le quali era solita dire avanti che ella ricevesse il Corpo di Gesù
Cristo..... Vide allora la Beata Vergine che le stava dinanzi, e sentì ch' ella
con abbracciamenti la stringeva. Ma essa cominciò ad accusarsi e lamentare
della sua negligenza; addimandando se aveva detto la sera Compieta. A cui disse
la Beata Vergine: «Quando non sai d' averla detta, così è dinanzi al mio
Figliuolo come se nullo difetto fosse.» Libro
della spiritual grazia, delle rivelazioni e visioni della B. METILDE,
vergine, raccolto dal R. P. F. Gio.
Lanspergio, Certosino, lib. 1, cap. 59. Venezia, 1710, pag. 55.
72
«Remitti vero Eucharistia et condonari leviora peccata, quae venialia dici
solent, non est quod dubitari debent.» Catechismus Romanus, pars 2,
cap. 4, n. 51.
73
«In hoc sacramento duo possunt considerari: scilicet ipsum sacramentum et res
sacramenti. Et ex utroque apparet quod hoc sacramentum habet virtutem ad
remissionem venialium peccatorum. Nam hoc sacramentum sumitur sub specie cibi
nutrientis (ad restaurandum id quod in nobis quotidie deperditur per peccata
venialia quae diminuunt fervorem caritatis)... Res autem huius sacramenti est
caritas, non solum quantum ad habitum, sed etiam quantum ad actum, qui
excitatur in hoc sacramento: per quod peccata venialia solvuntur.... Peccata
venialia.... caritati... contrariantur... quantum ad fervorem actus, qui
excitatur per hoc sacramentum. Ratione cuius peccata venialia tolluntur.» S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 79, a. 4, c. et ad 1.
74
«Ogni esercizio che ella faceva, ancorchè faticoso, le era preparazione alla
comunione. Anzi negli stessi esercizi fu talvolta rapita in estasi, e così
estatica andava a comunicarsi. Il che intervenne in particolare una volta che
ella faceva il pane: nel qual mentre sonando il cenno della comunione, ella
sbracciata, e con due pani di pasta in mano senza accorgersene, andò a
comunicarsi.» PUCCINI, Vita, 1671,
cap. 92.
75
«Quando vedeva alcune che per pusillanimità e per soverchio timore di non
sapersi preparare a ricevere questo SS. Sacramento, s' astenevano da quello,
dava loro animo, e diceva: «Offerite a Dio per preparazione tutte le azioni che
fate, e fatele con intenzione di piacere a Sua Divina Maestà, e andate con
purità di cuore, e con umiltà, in memoria della sua Passione, come egli ci
ordinò.» La stessa Opera, cap. 94.
76
«Ella aveva preso per costume di dire: «Padre, io ho fame; date per l' amor di
Dio il cibo all' anima mia.» B. RAIMONDO
DA CAPUA, Vita, parte 2, cap. 12, n.
4.- «Ella, voltandosi a me, disse: «Oh! se sapeste, o Padre, quanto ho io
fame!» Ed io intendendolo dissi: «E' già quasi passata l' ora di celebrare, ed
io son così stanco, ch' appena potrei dispormi a celebrare.» Ciò inteso, ella
per un poco si tacque, ma dopo un breve spazio di tempo, non potendo celare il
suo desiderio, di nuovo disse d' avere una gran fame. per la qual cosa io volli
compiacerle... Celebrai la Messa, ed avendo consagrato una piccola ostia per la
sua comunione, dipoichè lo aveva già preso il Sagramento... sol colla mente
dissi: «Vieni, o Signore, alla sposa tua.» Nè io so in qual modo pensassi a
queste cose, ma subito che io ebbi formato un tal pensiero, l' Ostia sagra,
prima ch' io la toccassi, per se stessa si mosse e venne verso di me.» Ibid., Op. cit., l. c., n. 6.
77
«Si no es por nuestra culpa, no moriremos de hambre, que de todas cuantas
maneras quisiere comer el alma, hallarà en el Santisimo Sacramento sabor y
consolaciòn. No hay necesidad, ni trabajo ni persecuciòn que no sea fàcil de
pasar si comenzamos a gustar de los suyos.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 34. Obras,
III, 162.- Dopo averci descritto le sue angoscie e tentazioni e l' intimo
martirio dell' anima sua, la Santa Madre soggiunge: «Algunas veces, y casi
ordinario, almenos lo màs contino, en acabando de comulgar descansaba, y aun
algunas, en llegando a el Sacramento, luego a la hora quedaba tan buena, alma y
cuerpo, que yo me espanto.» Libro de la
Vida, cap. 30. Obras, I, 244.
78
«Vidde (nell' anno 1589) l' anima d' una monaca del suo monastero defunta,
coperta d' un ammanto di fuoco, e di sotto vestita d' una candida veste; la
quale stava adorando il SS. Sagramento... Intese che quella veste le era stata
conceduta da Dio in premio della verginità....; l' ammanto di fuoco.... l' era
dato in pena d' alcuni suoi difetti; e lo stare con detto ammanto avanti al SS.
Sagramento, l' era dato in pena dell' avere più volte in vita sua tralasciato
per negligenza la santa comunione; ed intese che per questa negligenza doveva
stare ogni giorno per un' ora in detto modo avanti il SS. Sagramento... Non
molto tempo dopo, la vidde andare gloriosa agli eterni riposi.» PUCCINI, Vita, 1671, cap. 64.
79
«Quando sapeva che alcuna avesse lasciato di comunicarsi di propria volontà....
andava a trovare quella tale... e diceva: «Voi non sapete, sorella, di quanto
bene vi siate privata: oh! quanto bene avete perduto questa mattina!» PUCCINI, Vita, 1671, cap. 94.- «Mentre che vedeva
esser (la mensa eucaristica) frequentata freddamente e con poca diligenza,
restava sopraffatta da gran cordoglio, e diceva: «Io son pur certa che una
comunione fatta con vero spirito e
sentimento, è atta a far che l' anima venga a gran perfezione di vita.» Altra
volta chiamava a sè qualche sorella, e con molti sospiri e lagrime diceva:
«Preghiamo il Signore, o sorella, che ci conceda lume a non esser tanto
agghiacciate e fredde nel servizio suo, e particolarmente nel frequentare il
cibo di vita.» Op.
cit., l. c.
80
«Io vorrei anzi morire, che mancare una sol volta alla comunione, se l'
ubbidienza non contradice.» PUCCINI, Vita,
Venezia, 1671, in fine: Detti e
sentenze, § 1, n. 32.
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